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MVSEO COSPIANO
ANNESSO A OyELLO DEL FAMOSO
VLISSE ALDROVANDI
E donato alla Tua Patria dall’ IlIuftriEimo Signor
FERDINANDO COSPI
PATRIZIO DI BOLOGNA E SENATORE
Cavaliere Commendatore di S. Stefano^ Ball d’ Arezzo, e March, di Petriolo,
FRA’ GLI ACCADEMICI GELATI
IL FEDELE,
E PRINCIPE AL PRESENTE DE’ MEDESIMI.
DESCKIZIONE
2>/ LORENZO LEGACI CREMONESE
"Dottor -Filofofo , Medico j e Pubblico Profefpìre delle Lettere Greche t» Bologna ,
f^ccadentico ApatiPtAj e Anjiofo .
AL SERENISSIMO
FERDINANDO III.
PRINCIPE DI TOSCANA-
IN BOLOGNA, per Giiiconio Monti. MDCLXXVII. Con licenza de’ Snpenori .
A
. ^ .
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in'2013 •
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http://archive,org/details/museocospianoannOOIega
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I
’ Alta Providcnza , che m’ avea dcftmato a nafeere,
e vivere Servidore del Scrcnifs. Gran Duca Ferdinando li. Gloriola Me¬
moria, il compiacque provedermi ancora di un genio, e di una inclina»
zione alle curìolìta naturali , a feconda del genio, e dell * inclinazione di
queir Altezza, altresì che in ogni cofa,in quello fapere celebre, e prò-
digiofa a tutto il Mondo ^ £ perche non ebbi il talento, fé non a mifura
+ 3 della
della condi‘zione> e inferiore a quello di si Gran Principe , quindi c > che
non potei darne , fé non debole ancora , il faggio fra gli angufti confini
della mia Cafa> e in quel folo pezzo di Mufèo, che alla Patria donai,
tal quale ci fi fofTe , con gradimento de’ miei Signori Colleghi nel
Senato. Ma in oggi il Nome diVoftra Altezza Scrcnifsima, che forte
rumoreggia fra gli uomini, mi dcfta le fpcranze a bramar gloria alla
mia inclinazione: e rifolvo efporla dedicatale in iftampa, perche , su ’l
volo alla fua Serenifs. Fama, (corra gli occhi di lontani Pacfi,e rifplen*-
da fotto quc’ medefimi titoli, che Tempre diedero il luftro alle mie più
gradite fortune . Furono divertimenti della mia gioventù : c so non
avere altro merito di confervarfi nelle Stanze unite al famofo Mufeo
Aldrovandi, ò di comparire in pubblico, che nelle belle cofc donatemi
dalla generofa bontà de’ Serenifsimi Principi di Tofcana*, Nulladime-
no fupplico umilifsimamentc 1’ Altezza Voftra a contentarfi di dar vi¬
ta col fuo Nome a quefta mia leggiera cofa, e a gradirne nel Libro
1* imagtne, come imagine della mià riverenza alla Gloriola -Memoria
del Serenilsimo fuo Grand’ Avo, particolarmente da me venerata nc’
Filofofici, e virtuofi divertimenti di Voftra Altezza Serenifsima, alla
quale con tutto il cuore pregando dat Dio, Salute, Vita , e Felicità
profondifsim amente m* inchino.
Di V. A» Serenifsima *
Di Bologna li ó. Aprile 1677.
i ■<) ,
■ 1. ^
VmiliTsimo Servo
. FirÀwandt^Cofpi»
Dic 28. lunii iè6o. .
«
Ongregatis ìlluftrifsimis Dominis Rtformatorihus Status £i-
htrtatts Civitatis Bononia m Aula eorum (olita COngre»
gationts , Refidentu in numero vigtnti /ex Inter epfos
mfrafcrtptum partitum pofitumy legitime obtentum fuit,
videlicet .
P. C. facultatem , atque omnimodam auctoritatem in Dominos MunimiT
ni PrafsBos i per (ufragta ,Viginti quatuor affirmativa , collatam efSe
voluerunt concedendi , feu potius af signandi tn perpetuum D. Balivo
Adarchioni Ferdinando Cofpio Senatori unum Conclave adharens Stu¬
dio Aldrovando in publico Palatio Bonon. cum duabus Manfiunculis
udem Conclavi contiguis i eaque ad cuflodtam Studii Adifcedaneorum,
quo idem O- Marchio muntffcè agens erga liluCirt/simum Senatum
Publicam rem donavit , qua quidem inftgni liber alitate meriti/stmi
Collega P. C. permoti, eas manfiones Stemmate gentilitio Gentis Cofpia
dtilingui, ea/demque Cofpias tn avum denominari vdmrunt , monu¬
mentumque fuperinde in ipfis apponi mandarunt , DoCtori autem, cm
Studii Aldr ovandi pro tempore fuerit commtffa cu^odta feparqùm ta¬
men, ^ ad partes diligenti perhabita de/criptione Typis imprimenda
omnium , fingularum rerum in eifdem Manfiontbus contentarum
jiat traditio , iis etiam fuper additis , qua tempore obitus dtóìt D. Mar^
chionis Ferdinandi adiséìa tunc compertum fuerit , cum obligatione
etujdem Dodorts mhil unquam amovendi , omniaque fint [uppofita
JlluQrtfsimt Domini pro tempore txtUtferi lu/litia , Cf Dominorum
Archigy mna fio Bonon. Praf edorum patrocinio là qmbus Tàominu Pra-
jeCtis unicam /altem quotannis e tu/dem Studii vifitationem , cumque
Inventario, [eu de/criptione praiida rerum omnium collationem mt~
mor in largitorem pietas exigat. Contrariis non ob flantibus qmbu/^
cumque, CSCc,
Ita eli Cofmus GuaUndus Illtifirifs, Senatus Bonon. Secretarias ,
L. ^ S.
Vidit
APPROBATIONES.
Vidit D. Carolus Gorranus Re£^:o^ Poenitentiarice pro Eminentiis. 6c
Rcvcrendirs. D. Hieronymo Card. Boncompagno Archiepifc. Bo¬
nonia? 3c Principe, (S:c.
D. Doftor Bonfiliolos Revifor^Sanfti Officii videat, Sc referat.
Fr, S$xt. Ctrch, Inqmfit, (S^c.
Mufci Cofpiani Libros Quatuor ab eruditifsimo Viro Laurentio Lega¬
to eleganter conftru£fos, pro Reverendiis. Patre Inquifitore Bonon.
vidi ego Silvefter Bonfiliolus Ph. 3c Med. D. 8c SS. Inquifitionis
Revifor, Sc Imprefsione , & immortalitate dignos cenfui .
Hujufce Mufci Librum Quintum , & ultimum vidit Valerius Zanus
pro Reverendifs. Patre Magiftro F. Sixto Cerchio Inquifitore Ge¬
nerali Bononia?, Sc Typis imprimi pofTc cenfuit.
Imprimatur
Fr. Sixtus Cerchius Ordinis Pra?dicatorum Sacra? Theologia? Magift.
ac Inquifitor Generalis S. Officii Bononia?.
/*
/
. q7« dei 'SÌg. Marchep, Bali Bérdìnando Cpffi mi dedicare il di lui Md-fm ^
ALL’ ALTEZZA SERENISSIMA
DI PER D I N A N D O TERZO
PRINCIPE DI 'toscana.
Del Sig. Vincenzo Maria Marefcalchi fra ’ Gelati il Ritenuto.'
Vlgido Sol. d' Etruria, o come poco
Vario fei Tu dal Sol, ch’i lampi luoi
Manda à l*Efperio Mar da i lidi Eoi,
£ da i Climi del gelo à quei del foco.
S’ei gran Duce è de gli Aftri: in pari loco
Sei Tu gran Prenze de’ più chiari Eroi,
Onde, à ragion, propizir i lumi Tuoi, ’
Quai d’altro Apollo, à le mie Mvse invoco;
= .. 'P ^
Quantunque humil, non ifdegnar 1’ omaggio:
Ch’il Sol baffo vapore anche talhora
Trahe de de Stelle ad emulare il raggio: r
T
Le ftille imperla n Sol, gli atomi indora;
Nè ’l farai Tu, che con sì gran vantaggio
/ Spieghi di Meraviglie i Mondi à Flora?
mi*
7« ferfona del fudetto Signor Marchefe
ALLA MEDESIMA SERENISSIMA ALTEZZA
Del Sig. Don. AlelTandro Barbieri fra' Gelati l’Anelante.
AVoij Gran Sire, al cui crefeente Impero,
Quant’ è, del Mondo un Globo fol non bafta, ^
11 cui gran Senno fui fiorire intero.
Ben degno parto è d’ una Mente Vada.
A Voi, per cui Sorte a Virtù contrada,
Marte, eh’ anco riforge Anteo più fiero,
A Voi Adrea Nume di chi fovrada.
Trofeo di cori innalzeranno Altero.
A Voi, perche da me ciafeuno impare,
Confagro con ofiequio il più profondo
De la mia Fè, quede reliquie care.
Fernando à Cosmo Figlio, e non fecondo.
Ben è dover, che torni il rivo al Mare,
£ eh’ offra à Voi quanc’ hò di raro al Mondo.
Del
Del Sig. Canonico Ca Carlo Ccfafc MalvàGa fra’ Gelati I* Afcofo.
- T ‘ i /\ *
Setra il Mufeo Cèfvuno , " '
ODA.
INgcgni, o voi, che di Natura amici
I fuoi profondi arcani ita cercando, :orii <
Venite, ove fi prende il gran Fernando
De gl’intelletti à prò cute felici.
Cumulo tal di Maraviglie ignote
Con Regio dono à la fua Patria aduna.
Che portento maggior lotto la Luna
11 Sole ifiefib rimirar non puote.
Ciò che lungo tenor di freddo Cielo,
Ciò che d’orrido Mar lungo tenore
Impetri, congelò, qui per ftupore
Fà di pietra ciafeun, rende di gelo.
Ciò che mandano mai ftranìeri Liti,
Ciò che accolgono mai Rupi (Iraniere,
Ciò che chiudono in fen cupe Miniere,
Sono del luo defio Voti efaudici.
Qui partorifee il fuol, vomita l’onda
Le lofianze più occulte, c le pili rare,
E non hà più la Terra , e non hà il Mare
Cola, che nieghi l’un, l’altra nalconda.
Qui gli ElenKetitiihan tiu6Vi pugtìa» e quiti ^
Il primato cialcun chiede, e procura,
E qui di litigar con là Natura
Spiega in mill’ Opre lue l’Arte i motivi J
Vola intanto la Fama, e que’ litigi.
Danno a la Tromba d* or fiati eloquenti;
L’ ifteffa Lode entrando in que’ portenti.
Non sd più terminar, che ne’ prodigi.
Se fù già foto un * Aldrovandd Vusse
De’ Portenti il Maefiro, ànfei de* Móstri,
Non è più fol, nè per i tempi noftri
11 non più oltre ài luo Mvseo ptéferifTe.
Che, s’egli era in quel fécólo fecondo
Fenice, e Sol de’ più elevati Ingegni,
Oggi moftra Fernando a rami legni.
Che più d’uti Sole, c due Fenici hà il Mondo;
oftru»
Del Sig. Floriano Malucz^, " ! : ' l i
Ì)iJfervo il' gran concorfo di 'PAffaggteri al Mttfeó còp'fojìffimfr \
deir Illttlirifs, Sig. Marchefe Bali Ferdinando Cofpii\
FAtto r Huotn peregrin valica i Mari,
E ‘per .vario fenticr le piànte indura.
Palla d’Alcide gli ultimi Ripari,
' A’ (velar 1’ Opre d’Arte, e di Natura^
il genio à fatollar vota gli Erari»
E ftanco ancor di ripofar non cura.
Che più dolci à lui fon, quanto più amari
Quei, che Menfa ofpital cibi procura, i '
Batte del Mondo or quella parte, or quella.
Di novi Mondi Éfplorator fecondo, ^ '
Nè inclemenza di Cielo il piè gli arreda.
Ma fermo qui, 1* odo efclamar facondo
Che. di duo Mondi meraviglie apprefla' "
Vn fol Myseo, eh’ è Meraviglia al Mondo.
{ ■ . ...
Del 5igr Abbate Roberto Malu^zzi»
{.yfpojlrofe alle Medaglie de' Cefari \ che nel Mn/èo dell' Illufigìfs, Sig,
Marchefe Cofpi f feorgono egregiamente fcolpite , con allttfione
a i tre, Monti Infegne dèi fudetto Cavaliere , - ''
I Meliti Eroi, che de 1* Etade a feorno
1 fulmini d’ oblio fchernite illeli,
-Voi, che à glorie, e trofei mai Tempre intefi
Verdi allori inneftate al crine adorno. 1
Dite, come di voi Ranno a l’intorno , *
Odii inulti, e furor? Come inoffeli i
De’ Claudii, e de’ Neron gli (degni accefi
Tran nel Cospio Myseo dolce foggiorno?' ' |
Ab che ftupQr non è, stanche queV Monti,
Che a’ Giganti appreRar tomba d ’ orrore
A grandezze Reai v * han ricongionti . j
i ■ . ■
E ben dovean, fe già inegual fplendore,
Sette Colli vi dicro, hor l’alce fronti
Di Trk* Mosn à yoj dàr hpnorc .
Del Sig. Mana Maridm fira* Gékti T Addormentato.
Ter la Galeria delle ^refìnti turlofìta di Naturs^t'^d'^ Arkf^
che tutta abbellita d' ero ^ t^ene il Nome di Mufeoe
alludendo^ inoltre a i Monti dell' Arme Cofpi ,
: i ■ ’ TT
CHi 1« pace ad ApoUo è mai che fura? d
Chi le Mvsb involar da Pindo ottiene?
Chi d’ ogni Arte con lor , chi di Natvra
Trafporta il fior sù le Felfinee arene?
Fernando egli è, che di tradurre ha cura
In riva al picciol Ren tutto Ippocrene.
E di riporre in leggio d’ or procura
Col luminofo Arder 1’ alme Camene*,
> »
;
Ei (ol con regia Man 1’ Aferee Donzelle
Da gli angufti dirupi ornai fprigiona.
Che Parnallo in due cime erge a le Stelle;
’ *'1
A FeboT Egli apre un più bel Fonte, e dona
,,A le tre volte tre Ninfe Sorelle
In sù Tre Monti fuoi novo Elicona.
' '' ■ ' ' - " *#.'1
Del Sig. Dottor Frdncefco Scarfelli;
c^/’ lllnUrifì. Sig. MÒrchefe Cofpi per lo fuo Mufeo . .
FERttANDo fdrfe a tributar la Croce,
Che con vampe d’ honor t*arde nel petto.
Mandò da Regni fuoi SÙ Fin veloce
Quanto il Mondo, eh* è nuovo, hà di più eletto.
Dove fiamma di Sol l’Etiope coce^
Dove hà Scitico gelo horrido afpetto.
Dove alberga Nettun liquida foce.
Dove hà l’Arabo Augel per tomba il letto.'
Ivi per te fudò l'Arte, e Natura,
E il tuo braccio adunar 1' opre poteo ,
•Chiamando al Nome tuo Gloria, che dura.
Onde ripieno io pur d ’ Eftro Febeo
Dirò del Mondo, anco a l’età futura;
Che l’ottavo Prodigio è il tuo Mvseo,
AdUlu
Ad Illudriillmum > ampIilHmum , Se genero/ilHtnum Senatorem
FERDINANDVM COSPIVM
TVNC TEMPORIS DIGNISSIMVM BONONIA VEXILUFERVM .
mèg
JDe Chripoportiai Csjpia dono data Illufirifftmo Senatui Bononia ab eodentla
lllujirifs. Viro , d* de Petra Salis ^ feti Sale Lapideo donato eidem
lllnBriffimo Senatori a Carolo T ajj^ono .
CARMEN.
CLaufit, ut exiguo Archimedes magnus in Orbe
Quicquid prodigii fydera, & Axis habent;
Sic generofe heros, Auguftum germen honorte
Medicea gentis, Felfineumque lubar.
Claudis in excelfa quicquid modo cernitur Aula
Quod mirum Tcllus continet. Aura, Thetis.
C^uod vegetane planate , quod fenfu animantia gignunt
Quod foifile cavis contegit in latebris.
Quicquid portenti ceflit feniore Vetuftas
^vo, feu fceptri, aut Religionis opus.
Majores vivos menti tua cella perennat.
Contrahit, ac una tempora prifea bafe^
Quicquid ab Euphrate, Iftro gemmifero , vel Tdafpe
1 Aut calido , aut rigido vertice Zona vehit .
Quicquid alit Maurus, difiunóìus ab Orbe Brytannus,
Quicquid Belga, Scytbse, Celta, & Idum» colit.
Qux rerum ingeniofa parens portenta fatigat,
\ Seu arcana diu praemeditata parit.
Qu£ Paradifalis volucris, corallia, concha.
Seu nutrit. Cinerum aut Principis Vrna capax;
Kumina feu veterum, Rom^evè Numifmata , nigra
Seu coralia ferant, armavè Mars cumulet.
Nautica quodquè lapit ventorum confeia forma,
Quodquè bilancis opus condidit Indus, habet ^ ^
Forfitan Augur erat prsfentis munens Indus
luRiticC Signi, quod modo lance geris.
' Prodigijs milcere tuis Sale Petra coadla
Sc gaudet, vires pandere & ipfa fuas.
Reliquia forlan ligni, quod prodidit olim
Loth Vxor, quando reddita imago Salis!!
Hoc mirum falcem, folidae tuae munera mentis
Exprimet, ut lapis eR, utquè falinus, habet ^
’ ■ ' Humillima devotionis, &: fui, fuorumquè oblationis erga
Deditiflimus Servus
Carolus Tajfonas Thil. Med. TioElor , olit» in Alm» Arehi-
gymni^Jio Pifano Theor. Medie. Lelier Primarius , nime in
Sononienfi PraBha Profejfor Ordinarius .
liluftrifTimo , & Excellcntifsinio D. Marchioni
E». FERDINANDO COSPIO
FELSINEO DYNASTA.
De fróperAndo ad pralum Mufaum CofpUmm <* qttond. Il tufi, D. Laureati» Legat» f
iam Archiatro Excellentifsmi D. Pri/tcipis Novellare , defcriputn .
HVius adorandse noéìis dùm miror honores,
Qua Deus in Cunis incipit elle brevis.
Effe brevis, folita nec majeftate recedir.
Imo gygantefcic plùs breviatus Amans;
Arbitror effe meum, multam tibi, ferre falutcra
Carminibus paucis, pauca fed iffa lege.'
Nec tibi pauca falus , fed Coelo audiore triumpha
In Virtutis Equo, qua: manifeila nitet .
A’ Paulone meo legi tua lumina mentis
Angelici Speculo ffexa, reffexa , mihi.
H»c, recolendo, colo: Mufa?i gloria crefeat
Prajlorum auxilii; Nobile furgat opus.
Phoebefeat Mundo. Legati lumen odoro
Ingenii dodlas parturientis opes.
»
Non ignota cano, Legatvm credis ademptum?
Haud equidem: in Lauro plùs viret illa fua.
Hanc igitur Laurum Phoebeam fparge per orbem,
Vt videant omnes, quam fit amxna comis.
Omne feres pundium, raiflum dabis utile dulci:
Surgat Lautus, habes. Gloria crefeat, alis.
Nicis noóix noftri i^yó. imo 77.
• 4
Pronus, Promptus, Perennis Servus
Petrus Andreas Trimherius /. C,
AC Leéfor Va» - Hic anus .
Adnaod.
_ Admod. R, F. Sigifmmdi Reguli Coceapani à S* Siherio
Cler. ReguL Scholarum F earum •
AD ILLVSTiUSSIMVM DOMINVM
PERDI NANDVM COSPIVM
Patritium, Se Sepatoretn Bononienfem Petrioli Marchionem,
in Sacra Divi Stephani Militia Commendatorem >
Aretiique Balivum .
^
Mufeum ab eo confinici um magna pra fe mentis indicium ferre .
Amofe cultor nobilis Ingcn;,
Decus diferte, Cospe, Bononia?}
Cui fors merenti deftinatas
Impofuit capiti coronas;
Seù Te decoro nobilitas finu,’
Seù doctiorunji Calliope Choris }
Seù nutrit infìgnem beata
Mercurialis amor Pal«efira:
Seù Te vel Aftris efferat inclytum
Illuftriorum Progenies Avum,
O qualis affurgis. Tuarum
Materies operofa laudum?
Inter Dynaflas Felfina Patrios
Negotiolis Falcibus inierit.
Tuoque vibrandas lecures
Arbitrio, generofiorem
Experta mentem, tradit, & arduum
Vulgus lacratis lubdere legibus
, Te mandat, ut lufti tenacem
Propofiti, Icclcrumquè vires
Iniuriolas indocilem pati;
Quem Ijepè Virtus inter amabiles
Mirata Cives, traxit alta
'Mente graves agitare curas.'
Hinc grande Nomeo^fama per Italas
Evexit Vrbes; hinc ut honoribus
Eas Etrufeorum per alci
Divitias Animi beatusi*
Hinc & falubri confilio porens
Te tolle amico faidere Porfenas
Adufquè Tyrrhenos aviti
Imperii Dominos, & inter
Heroas Arni Flora venuftior
j^quata dulci forte Bononise
.Te fronte feftiva fequatur
Purpurea Cruce Candidatum.
I nunc vetuflo major Avo Nepos,
Trophaea claris adde Penatibus,
Vel purpuratis appetenda
Regibus, atque animo refertus
Sublimiori, digna canentibus
Farana Mulis altifonum locas
Mufea: quid plus allaboret
Ingenux tua cura mentis^
Qui gurges, aut qux flumina, vel folum
Non CospiANis debitor Atriis,
Artifve, Nacuixve nifus
Infolttos properavit? Imo
Qnte mira narunt xquora , fludibus
Ducium profundis hofpita? qux finu
Telluris hxferunt opaco
Divitibus lodata glebis
Metalla? lucis quod fuit exteris,
Scù per cavorum vifcera montium,
Lignumve, lucidumve marmor
Cum nitidis radiante gemmis
Colore? quod non indè popofcerit
In Teda ferri Cospia, & inclyta
Mvsea FtRNANDi laturum
Pcrpctux monumenta laudis ?
Quxfitor illi fludibus arduis
V'itrà fonantcm Navita Bolphorum,
VJtràquè Calpen, excitato
Remigio fupcravit undas;
Ditefquè magnx Tethyos infulas
Mercator audax Circuit, & freti
Luflraror Eoi feraces
Memnonidum populavit oras.
jEgyp'us
e
'^gypms illi, dives & India,"
Arabafquè cunda non fine Perfide,^
Et Medus, extremiquè SiniE,
Et refugi pretiofa Seres
Mìfere. Dulci tangere barbiton
PJeólro fuetus, quid refides mora^
Legate, facundum fuada?
Lumen, Apoilìnerequè, Cyrrhìe?
Demitte lingure frsena licentius
Exuberanti, pangat ut aurea
Mvsbaj cum vada ruentes
Materie fuperabit annos.
Sepulchra notre barbara Mempheos,
Vel refluofi littoris horridus
Ceù pontus obludans arena
Foemineutn mihi cellìt olim
Furva» lacertum pellis, aridum;
Hunc mitto : Nigris hifce coloribus
Verentis, ò Fernande, noftri
Accipias animi nitores.
(
3
A!i'
I
All’ llludrifs. Sig. Marchéfe Bali
FERDINANDO COSPI
PER LA STAMPA DEL SVO MVSEO
DEDICATA
;
ALL’ ALTEZZA SERENISS.
DI FERDINANDO TERZO
PRINCIPE DI TOSCANA .
«ussi» '
Ran cofe , almo Signor , gran cofe havetc
Difpofte qui con (ingoiar ftruttura i
E a guardar di Virtude ogni coltura
Argine invitto c quello Libro a Lete.
Qui raccolto vantar voi ben potete
Ciò . che raro han nel Suolo Arte, c Naturaj
Nè bevanda bramar potea piu pura
Dì quell’ inchioftri un’erudita fete.
Tutte gran cofe in ver degne d’ Eroi!
Cofe da oprar, eh ’ ampio (lupore inondi
Chi non (apra, ch’il tutto opra è di voi.
Che, per altro, ftupor non è, che abbondi
Di tai cofe un Signor, eh' a’ merti fuoi
Liberali s’ammira ha ver SEI MONDI.
Benedetto Ciuf efpe Balbi .
Pro-
(
Ì^RDTNJ^ÌyVS CoSPlVS Patritius, at Senator Bononiensis,
l^fairhioPetinoIi%^es,Cornendator Sancti Sl^hani^amliuusAretiniis,
etinead/SacniMilitia e^e,acinterCuhiculmos SerìtPDucisPtruri^Decamis
f'iiusiiis S-upterrrutì-L -rjirvx : -^-ttatLs SUC \jLj.rùinus ^3~lM.lluech fciiLp:
IIIIHIIIIIMIIII
Protetta di D. Teodoro Bondoni a Chi legge.
Ivo fuor d' ogni dubbio ,o Lettore , che al tuo perfetto intendimento non s afconda
■punto, eJJ'er ella fenten'^ da buon numero d' Autori ricevuta, e [opra tutti daFi-
loJlrato,che que' luoghi, in cui fi veneravano le Mufe,col nome di Mufeifì chiama f-
fero\ So che avrai parimente iniefo , che fe bene gran parte degli Antichi appro^
vb felamente quejio nome di Mufa per tutelare del Canto , e della Foeda , nondimeno molti al-
trivellerò comprenderfi fottountal nome tutte le Scienze , mentre appunto il nome Moro,,
Mufa, à f*<«V qujEro, querere;Mufaenim vulgo exponitur inquifirio ab in-
quifitione Sapienti^, quòd doctos rtudium faciat,^ purequzCi didas Mufas
volunt, quòd uno nexu omnes difciplinse teneantur, atque fiat encyciopediai benché
altrivogltanojche derivi 2l docere, inftituere, b pure à ^ quatenus eil incitor,
il che altro appreffo de' Greci non vuol dire , che infegnamento delle Scienze, incitamen¬
to a gli Studii , e invcjìigamento di quanto vien prodotto dalla Natura »
T u lo fai, ed io fo lamento ho pretefo di ridurtelo alla memoria, perche t'abbia a perfuade-
redellaragione , per cui portai'n fronte iltitolo di MVSEO quefio Libro, nel qtialefìdano»
tizia di molte notabili cofe radunate inferno , con lungo tempo, e indufiria,ein luogo op-’
portano , conbella fer ie ordinat e , ad ammirazione , eproftto de gl' ingegni Hudiofì d' in-
vefigare le (ìngolari manifatture dell' Arte , e l' opere curiofe della Natura .
Ho detto cofe notabili , con lungo tempo , e induflria raccolte , e con bella ferie ordinate ; ne
già intendo difdirmene , perche tali elle fono . Solamente ho da pregarti di moderare alquanto
la tua efpetta^ione, e di perfuaderti di non aver a portarti alla vifla di un Mufeo alimetato da
una magnifeenza Reale , e coltivato da una indefeffa applicazione di Frofeffori Antiquari! .
7" u hai da ojfervare un Mufeo ridotto a quell ' ejfere , in cui fi trova dalla virtuofa incltna •
zione d' un gener ofo Cavaliere , che lo comincib per nobile pafatempo nella fiua fanciullesca
alla Corte , ma poficia col ere fiere degli anni , venendo addofifato alla di lui grande abilita il
pefo continuo di varie cariche , e maneggi, tanto in fervigio di Serenijftme Altezze , quanto
della V atria ,per inter effi del Publico , e beneficio de' privati , come e noto , non ha mai potuto
fruire dell' ozio proporzionato a fimile applicazione, onde filamente feti e potuto prevalere
per breve , e interrotto divertimento . Tubai da dijìinguereunarifirvagione di molte co-
fi fingolari ,ma perb da riputarle come avanfi- di un' animo gener ofo ,che non ha mai vo¬
luto ritenere per fie medefimo cofa,che pojfit ejfer piacciuta ad altri, T u in fine hai da cofiderare
il tutto, non per un' opera compita di Profefiore erudite , ma per compitiamo faggio della
gener ofia inclinazione delSig. Mar chef e Bali Ferdinando Cofipi, Cavaliere di tanta filma , e
impiego apprefio i Sereni fimi diT ofiana , e apprefio la Patria , il quale altro oggetto non ha
avuto nella raccolta di quefie curiofitafi non difioddisfate al debito di gratitudine verfo l 'il*
lufirifs. Senato di Bologna , in cui ( non ha molto ) fi trovava aggregato, avendo per fuQ ripofo
rinùfiato la Dignità Senatoria ( per Breve Pontificio impetrato coll' inter ce filone delSerenifis,
Gran Duca di Tofana fuo Signore) ad uno della propria Famiglia, refi andò perb onorato dal
medefimo Senato di dimoUralfiof^o di fentimento per tal volontario difiacco , perchevi era
molto amato, e Itimato . Offerendo perdo dette curiofità, come ha fatto , in opportuno aumento
del Mufeo del famofo Vlifife Aldr ovandi , appreffo il quale , in contigue Stanze,fiono appunto
fiate collocate per ordine dello siejfo Senato , e poficia ivi difipofie con nobile j e ben intefio or¬
namento dalla munificenza del Sig. Mar chef e medefimo .
Non ha dunque gran tempo , eh' egli dal parere di molfi fuoi buoni amici fit indotto a ere •
dere degna del publico aggradimento una tale offerta ,e per db molte cofe ragguardevoli la-
fiiofiirapire dall a violenza del fuo gemo di farne dono a chi le rimirb con affai di compiaci¬
mento j che fe prima aveffe nodrito un tal fine , avrebbe col m'oderarfì nelle private cortefie
potuto rendere pittdovi'^o fa la fua publica liber alita. Tuttavia conceda pure SuaDivina
Madia a quefio Cavaliere quel felice allungamento divita,che daficuno, che lo conofee, e obli¬
gato a defiderargli, e far a ben cura del virtuofio fuo genio,meritamente patrocinato da fublimi
Perfo-
Ferfom^gt ^ e in particolare dalla Sereni/sima C afa Medici , il fecondar e con notabile ac¬
ero fcimcnto di coCe peregrine l' erudita paHur a preparai a nel detto Mufeo y ed afaggiatafi
era con particolar gudo di tutti gl' Ingegni , e Cittadini , e siranieri ,
.^indi farai, o corte fe Lettore àn debito di credere ciò, che (ìnceramente deggio avvi far ti ^
cioè , che non ambiziofoftirnolo divanagloria afirinfe il Sig. Mar chef e alla ftampa diquefto
Libro , ma che ne lo confglib un folo motivo di commodità^ indirizzato a provedere ne' di lui
fogli d' un femplice inventario la Httdiofa curiofitd ài chi pofeia avrebbe gradito foddisfarfi
colla villa dello Beffo Mufeo .
Porge , e vero , diverfo indizio di db , il modo conciti ft tejje il prefente Volume , quale fe
ben r {fretto a materie , come fi conviene , trattate in compendio ( che per altro richiederebbo-
no ci tfchedttna i Volumi) refla nondimeno accompagnato da tali fenfate pondera'fioni,e fpojt-
zioni erudite, che viene a moflrare dife tuit' altra fìgur a^che d'un femplice, e nudo Inventario,
T* ajftcuro ,pere , che fenza eferne punto complice l' intenzione del Sig, Marchefe , il tutto
proviene da virtuofo traf porto del già Sig. Dottore Lorenzo Legati Cremonefe , il quale dopo
una glorio fa Carriera di Filofofici , e Medici Studii appre/ì in quella Patria , avendo anche
alle fudettc difcipline accompagnato il profitto d' una non ordinaria erudizione , fu richieflo
dal fudetto Signore di adoperarfì in tale Inventario j ma non feppe quefli contenerfl nella fem-
plice efectizione di quel fine , che aveva tlSig Marchefe , ed avendo ritrovata abbondante
/’ efea per l' erudito fuoguUo , volle in ogni modo foddisfarfene tn quel pih,chegHeflato per»
mefo dalP immaturo termine di fua vita feguito a Novellar a , dov era Medico condotto ; ac.
ci dente, che privando il commercio virtuofo dell' efpettativa di sì degno foggetto , hà inter¬
rotto, c fofpefo per qualche tempo il compimento di quell'opera , Mancato qn.fi nello Beffo
tempo il Sig. Dottor G io'. Battisi a Capponi, CuBode dello Studio Aldr ovandi , gl' llluBrifmi
SignoriCommijfarii di effo Studio fur rogarono in tal poBo il Sig. Dottor SilveBro Bonfi-
gli uoli , foggetto di non men rara, che univerfale erudizione , sì per effere nelle materie , c
nel taglio Anatomico verfato a maraviglia , come nelle Matematiche di non ordinario t alen¬
to, ol tre alla cognizione de Semplici, e de’ Minerali da efo poffeduta -, prerogative, che perfero
al Sig. Marchefe l' opportunità dicono/cere , e prevalerli, per mezo delle fne benigne richtefie,
di un tal foggetto , abile a riparare la perdita del Sig Dottor Legati , in quell' ottima gufa ,
che pub vederfì nella par te di qufio Libro, dove fi tratta de gl idoli-, di che rimafiafommamen-
te appagata Sua Signoria lllufirifs. come ancora della indttjlriofa, erudita applicafione , colla
quale tl detto Sig Dottore indefef amente travaglia all' aumento , ó' ornato del detto Studio,
hà con infinito contento fuo fidato al medefimo le Chiavi del proprio Mufeo congionto a quello
dell' Aldrovandt, con raccomandarlo alla fua amorevolezza, difpofia a ben confervar glielo .
E quefto e quante indifpenfahilmente io doveva portarti a mtifia, o erudito, e cortejc Let¬
tore , perche tu fappia su qual grado dt ammirazione ti convenga aggitid are il compaffo del
tuo giudizio per ben mifurare quello Libro , come so che farai, riflettendo fempre al genio di
nobile Cavaliere , niente antiquario di profefone , e poco proveduto di tempo per applicare a
ftmili materie , benché molto inclinato per genio a dilettarfene .
Mi refla folamente d' avvertirti , che le Memorie , (fi ogn altra cofa di quello Libro, fi fono
deferi tte in quel modo , che fono . <^indi b che non devi afer ivere ad imperizia di chi l' ha
compofto , fe vi refi affi qualche da te fiimato errore , b lati ni fimo non coftumato , perche C im¬
pegno di chi fcriffe richiedeva il riferire le cofe in quel modo appunto , che f ritrovano .
.y Hperfiuo poi fi e Bimato l' aggiugnere la T avola degli errori , perche chi legge non ftiole
per lo piu volerfi afioggettire alla briga di ricorrere al confronto, ma piu toflo coll' esercitare
atti di vera cortefia f -tol tollerare, correggendo fpontaneamente ,i trafeorlì difetti ,
Rifguar dando dunque, o cortefe Lettore, con occhio benigno quefi ' Opera, reiterai ficuro,che
l Autore nelB aver ragionato delle Deità de gli Antichi, e nell'efferficon tale occ afone fervito
de' nomi di Divino , di Santo , e di altri attributi , che gl' idolatri davano a quelle Deità , che
riputarono degne d' adorazione, hàintefo fempre di par lare nel fenfo comune della Gentili¬
tà ,fapendo beni fimo, che quelle Deità altrettanto furono mendaci , (fi indegne de gli accen¬
nati nomi , quanto empii quegli , che le adorarono . Vivi felice , IN-
INDICE DF CAPITOLI
Contenuci nel prefente Mufeo.
LIBRO PRIMO.
"PN E’ Corpi Humani Conditi, e del-
JLJ le varie forti di Mumia. pag. I.
3. De’Moftri Humani. 5.
3. Divifione de gli Animali Bruti. 8.
. 4. Degli Animali Terreftri, e prima de’ So¬
lidipedi . ivi.
5. De’ Bifulci. ij.
Ó. De’ Quadrupedi Digitati Vivipari. 21.
7. D’ alcuni Moftri nel genere de’ Quadru¬
pedi Digitati . 26.
8. De’ Quadrupedi Ovipari . 30.
5>. De’ Quadrupedi Ovipari armati di Cor¬
teccia, òfìa delle Teftuggini . 37.
I o. De gli Animali Aerei, ò fia de’ V olatili , e
prima dell’Aquila Manucodiata, Cico¬
gna, e Gallo d’ India Pennachiuto . 40.
1 1 . D’ alcuni Vccelli Moftmofi . 44.
1 2. Delie Ova diverfe • 4J.
ij. D’ alcuni Infetti . 48.
LIBRO SECONDO.
Cap. I. Ivifione de gli Acquatili del Mu-
feo. pag. 53.
3. De gli Acquatili Sanguigni, e prima de’
Ceti, ò Balene. 5J.
3. Del Delfino. <5o.
4. De’ Pefoi, prima de’ non Ifcagliofi.
Della Spada. 71.
5. De’ Pefci Cartilaginei , e prima de’ Lun¬
ghi. Delle Canicole. 72.
6. De’ Cartilaginei Rotondi . In cui de gli
Orbi Marini . 77.
7. De’ Cartilaginei Piani . In cui delle Pafti-
nàche Marine, delle Raje, ede’Bafi-
lifchi Fittizii . 79.
8. De’ Pefoi Scagliofi. Del Nibbio, Pefce
volante, e del Capretto del Brafilo .
pag. 85.
9. Delle Teftuggini di Mare. 88.
IO. De gli Acquatili Efangui , e prima de’ Te-
ftacei in genere . 89.
I I. De’Turbinnati, e prima delle Porpore.
pag.
92.
12. De’ Murici.
94.
13. Delle Buccine .
95.
14. De’ Turbini.
100.
1 5. Delle Conchiglie .
104.
i5. De’ Nautili.
IO>.
17. Delle Chiocciole.
108.
18. De’ Bivalvi, e prima delIeConcheMar-
garitifere. 114.
Cap. 19. Delle Pinne. 119,
20. Delle Conche Coralline , Imbricato,
Striate , Pettini , & altri Bivalvi . 120.
21. De gli Vnivalvi, e prima delle Conche
Veneree. 121.
22. Delle Patelle , Orecchie, & Ombelichi
Marini, Se altri Vnivalvi. 125.
23. De’Croftacei. 125.
24. De’ Coralli diverfi , & altre Piante Ma¬
rine. 128.
2 j . Delle Piante di T erra , e loro Parti, e pri¬
ma delle Naturali . 133.
25. De’ Moftri nel genere delle Piante . 140.
27. Delle Colè Pietrificate . 147.
28. De’ Teftacei Foflìli , & altri Corpi con_»
fembianzad’ Animali Acquatili, ò par¬
ti loro. ' 155.
£^29. Scolture della Natura in alcuni Saffi rap-
prefentanti Parti d’ Animali Tcrreftri,
ò altre ftravaganze. 154.
30. Pitture della Natura in varie Pietre .173.
3 1 . De’ Follili Magnetici , e Cofmetici , & al¬
tri. 177.
LIBRO TERZO.
Cap. I. Ella continuazione deir Opera, e
JL-/ divifione delle Cofo Artifiziofe
contenute in quefto Libro., pag. 183.
2. De’Libri, Volumi, Carte, e Scritturo
Efori che. 184.
3. De gli Strumenti Matematici , Aftrono-
mici. Geometrici. 194.
4. De gli Horiuoli . 199.
5. De gli Strumenti Ottici, e d’acciajo, di
criftallo, edi vetro. 207.
5. De gli Strumenti Fifico - Matematici , &
altre cofedi criftallo, e di vetro. 215.
7. De gli Strumenti Muficali. 220.
8. De gli Strumenti Bellici in genere, che
cola habbino da far colle Mufe , quan¬
do , e da chi , e perche inventato ?
pag. 223.
9. Delle Armi da difefa . 227.
I o. Delle Armi da ofFefa, e prima delle Clave,
Magli , Picchi , Acce , ò Scuri, & Afte .
pag. 229.
11. Delle Spade, e Pugnali diverfi. 330.
1 2. De’ Coltelli diverfi da Sacrifizio, da Men-
fa, e d’altri ufi. 238.
13. De gli Archi, Baleftre^ Faretre, e Saet¬
te. 240.
14. Delle Armi da fuoco , e cole ad effi fpet-
tanti . 242.
15. Di
INDICE DE'
Cap. 15. Di varie Spoglie Militari, & altre
Colè tolte a’ Turchi nella prefadi Clit
fa , e nell’ affedio di Zomonicco l’ an¬
no 1647. 350.
1 6. D’ alcuni Striiqienti di ferro di figura , ò
d’ ufo fingolare . 353.
17. De gli Smimenti Nautici. 354.
18. Della materia de’ Vali in genere, c loro
utilità i e de’ Vali fatti dalla Natura,
pag. 357.
19. De’ Vafi di Metallo . 359.
20. De’ Vafi di Pietra. 362.
2 1 . De’ V afi di T erra , de’ Pregi loro , e della
Plaftica. 255.
32. De’ Vafi delle Terre Medicinali. 266.
23. De’ Vafi di Porcellana . 272.
34. De’ Vafi delle Terre vulgari , di non vul¬
gare artifizio . 377.
35. De’ Vafi di Vetro, ò di Criftallo,e loro
materia lodata . 381.
35. De’ Vafi,& altre colè artifizioiè di legno,
e d’ altre parti di Vegetabili. 285.
37. De’ Vafi, & altre cofe artifiziate di parti
d’ Animali. 292.
28. De gli Strumenti da Giuoco. 301.
39. De’ Sepolcri antichi . 507.
3 o. Delle V rne Sepolcrali , e d' un Coperch io
d’Vrna di bronzo, con Figure, e Ca¬
ratteri dell’ antica Etruria . 310.
3 1 . Delle Lucerne antiche di terra cotta , e di
metallo. 325.
32. De’ Marmi Sepolcrali, con Ifcrizziòni.
pag* 337>
LIBRO Q^V ARTO.
Cap. I. "TN Eir utilità, che reca lo ftiidiodel-
JL/ le Medaglie antiche, pag. 339.
2. Delle Medaglie Imperiali . 341*
3. Delle Medaglie di Donne Augufte. 391.
4. Delle Monete Confolari , & altre antiche
Romane . 3 96.
5. Delle Monete Confolari d’ argento . 3 97.
6. Delle Monete Latine antiche di bronzo.
pag. 401.
7. De’ Pefi antichi Latini . 404.
8. Delle Medaglie d’Huoinini Illuftri Lati¬
ni. 4f^5*
9. Delle Medaglie Greche Regali . 406.
10. Delle Medaglie Greche non Regali. 409.
1 1 . Delle Medaglie Incerte Greche . ivi.
1 2. Delle Monete Greche , & altre Curiofità
fimili. 410.
13. Delle Medaglie Ebraiche. 41 1.
14. Delle Medaglie moderne , e prima de’
Sommi Pontefici . ivi.
15. Delle Medaglie d’ Eminent, flìmi Cardi¬
nali. 418.
i5. Delle Medaglie d’ Arcivefeovi , e Vefeo-
vi. .djO.
CAPITOLI.
Cap. 17. Delle Medaglie d' Imperatori , o
Regi. 43t.
18. Delle Medaglie de’ Duchi, e Princicipi.
pag. 42(5.
19. Delle Medaglie di Regine, e Principefie .
pag. 434.
30. Delle Medaglie d’ Hiiomini Illuftri . 43(5.
31. Delle Medaglie delle Donne Illuftri. 441.
22. Delle Medaglie di Legno coniato. 443.
33. Delle Medaglie di Madreperla. ivi.
34. Delle Medaglie facre , e profane , e Sigilli
di bronzo. ivi-
25. Delle Monete diverfe de’ Secoli prece¬
denti . 44(5.
25. De’ Baffi -rilievi Sacri. 448.
37. De’ Baffi -rilievi profani . 449.
LIBRO CLV I N T O .
Cap. I. T^El principio dell’ Idolatria. 455.
2. .JL/ De gli Dii dell’ Afia , e dell’ E-
gitto. 459.
3. Della Imaginc d’ Ifide, ed’ Ofiride. 463.
4. Del Simolacro del Bue . 4<54*
5. Della Figura del Capro. 465«
5. Della Imagine d’ un Lupo. 455.
7. Della Statua di Ofiride rappreièntant(ì.,
Priapo. 458.
8. Della I. Figura dello Sparviere . 459.
9. Della Imagine della Civetta. 470.
10. Del Simolacro di Scimiotto. 471.
11. Della Figura colla faccia di Cane rappre-
fentaute Anubi ,
12. Della Imagine del Leone.
13. Della Figura del Cavallo
14.
^5*
15. Dello Sparviere
17*
478*
475-
475.
ivi .
477*
47S*
D’ Altre Imagini Egizie di terra d’anima-
Della Imagine di una Tigre.
Delle Sfingi.
li volatili. 479.
1 8. Della Imagine d’ Ifide . ivi.
1 9. Della Imagine di Mercurio Infernale.480.
30. Della Fisura di terra cotta dilineata in tre
O
faccie , rapprefentante Oro . 483.
De gli Dii Greci, e Latini^
21. Della Statua di Giove. 487.
3 2. Della Imagine di Apollo. I488.
23. Delle Imagini di Mercurio. 490.
34. Dellalmagine di Venere. 492.
35. Della Imagine d’ Ercole» 494-
35. De’ Gladiatori . 495’.
37. Della Imaginc di Bacco. 495.
28. Della Imagine d’ un Baccante. 498.
De' Sacrificii , e de’ Profani Sacerdoti Antichi .
29. Dell’origine de’ Sacrificii de’ Gentili. 501.
30. Della Imagine d’ uiu Vertale . 505.
31. Della Imagine d’ altra Sacerdotefia. 507.
32. Della Imagine di Sacrificante co’ Vafi da
gli odori. 512.
DEL
[ 4pcl.Ghtif,
i ■ 3*
■. aS. 5».
Jf Vfufarf.
lim. liriche
3- fi- =•
i
I
DAN TEI
MACHINAMENTA AD EXCITANDAM ANTIQ\nTAT[S F EKDlN ANDVS E^- BA'fYD ARRETII MAK. PETRIOU SENArOR(^DE COSPISv
matvfa
EPXDITAH^-^
.TUITATl
'-i n.,,M,
A^MtS
IV
MVSEO COSPIANO
LIBRO PRIMO.
Nel quale brevemente fi tratta de gli Animali Pcdeftri, e Voktilii
che nel fudetto Mufeo fi confervano.
Z)tf’ Cor fi Humani Conditi » e delle varie forti di Mumia]
Caf. I,
A Dignità deir Fiuomo, eh’ è il maggior miracolo, che vanti
rVniverfitàdelleCofevifibili, com’ epilogo di tutte le per-
f:zzioni della Natura, e viva Imagine dei fuo Divin Facitore,
ben và meritevole , che le prime rifleflìoni.di chi meco prende
a palleggiare in quelli Fogli il MVSEO COSPIANO, cadano
fopra il Corpo Humano, e lue Parti, che ivi fi confervano Tro¬
fei delTempo, e Monumenti dell' Antichità, i quali col rammentarci gli sforzi
ingegnofi de gli Egizzii per eternare con artifizio i Cadaveri , ci recano a memo¬
ria quel frale , di cui fiamo compofti , tanto più ollervabile, quanto più ftupenda
n’èlaFabrica,laquaIeconfiderataa minuto da Galeno, che ben conobbe noi
effere simulacro il fin hel de la Natura ^ lo fece di Notomifta diventar Teologo,
mentre offervandone a cento, e più doppi i prodigi, che le membra, profeffava
di comporre vii’ Inno di vera lode a D o, che ne fù T Architetto, per cui opra,
come vàfaggiamentedifeorrendo Ippocrate, divenuto Poeta, preffo l’ Orazio
di Montalcino , France/co Alfonfo Donnoli .
V Haomo Gemma e del Mondo ,
Ne fiu di vagOi e fin di bel non gode]
Ne di miglior di lui ricca Natura,
Ei con or din frofoado
Ne le attioni fue degno di lode
De le cofe tra noi fatto e mi fura:
A Egli
Ct^et.Ghtlf,
K.oJf. P. 3.
C. a*. 5«.
De Ffufart'.
hb, 17. e, 1.
iim. tirich.
04*1. fi. 2.
StrAp, CAp.
304.
Exerc. 104.
Ferrài. Jmp.
N.N /.14.
tAp. 8.
.Andr.Chioc.
in Mu/.CaU
ceol, /ell,6.
p. 696.
01 t^n'orm.
Muf. I I,
ftn. I. f.i j.
& uh.
J^ud. M(rfc.
tn Adnfeo
/.3 c.^6.
Paul. M.
Terfag. &■
Pttr.M.ScA.
rab.tn Muf.
Sept, c- 2j,
jindr. C<e.
/aip. de Ue.
tAÙ.t.i.e.}x.
•Petr.CArrim
rAi.i.ep.ioo
L. 9. Pharf.
Dau.BArlet.
Geoir. Mor,
CAp. 24.
Cap. 30.
a M y S E 0 C 0 S P 1 A N 0
Egli fola ajficura
La Verita gite in terra y e co» piu lingtie
In pronta difcipltna opraj e dtflingue ,
a Ma perche il mcntovaro Corpo Humano, e le parti d’ alcuni altri, chequi
fi veggono ,fono condite in Mumia , vediamo , che cofa (otto quello nome s’ in¬
tenda , non efsendo lenza perplelfità le Scuole Mediche nel dithfjirlo .
3 Alcuni lotto quella voce di Mumia, eh’ è Arabica, intendono il Bitume
Giudaico delcritto da Diofeoride lotto il nome Greco d’ Asfalto. Nè quindi
molto fi dilunga Serapione , che per elsa intende il Pilsasfalto, concrezione di
Bitume, non lenza qualche odor di pece, che in molti luoghi diftilla da’ Monti ,
e nelle loci de’ vicini fiumi rapprefo galleggia , come notò lo Scaligero in difela
di quello Autore. Che però da taluni chiamali la Mumia di Serapione, e porreb¬
be anco chiamarli Mumia Naturale , a differenza delle lufseguenti , che ammet¬
tono!’ artifizio , Tale èia Mumia fcpolcrale de gli Arabi, de gli Egizzii , e de*
Siri , che altro non è , che la Conditura de’ Cadaveri humani fermentata col fu¬
go, che da quelli traluda . E quella è molto più utile nell’ ufo Medico , che le
precedenti . Quantunque di elsa le ne trovino due forti , l’ una in virtù tanto lu-
periore all’altra , quanto più preziola ri è la compolìzione . A vvegnache la più
perfetta fi è quella, che li cava da’ Cadaveri alla grande conditi di Aloe, Mirra,
Balfamo, & altre Drogherie prcziole, e lolo ulìtate in lervigio de’ corpi de’ No¬
bili. L’ altra rilulta da’ Cadaveri dt’ Plebei, conditi di Bitume di minor dilpen-
dio, edipiù facile ritrovamento, e perciò d’ufo più commune. La quale è quel¬
la, che nell’Europa più frequente fi porta, non efsendo cosi facile il levar da
quelle Provincie il Cadavere d’ alcun Primate, mentre fono con gran diligenza
cufloditi.e lo Icavarli s’alcrive a delitto capitale. Altri ancora fpacciano per
Mumiaunacompofizionefattadipece, c di bitume lenza millura d’humidità
humana, più meritevole del nome di Pilsasfalto, che quello, che fi dilsefiillar
da’monti ,ma meno utile di tutte le precedenti oeli’ufo delia Medicina , e che di
più della Mumia di Serapione nonhà, che la pece. Preiso taluni finalmente
palsa per Mumia lo lle/so Cadavero humano lotto l’ arena fepolto, e da’ più
fervidi raggi de! Sole dilseccato, come quello, di cui Icrille quel Poeta Siciliano:
Viator Mgyptius arena obrutus.
Nil potui vivens agro conferre falutis:
Nunc plures reddo mortuus incolumes.
Fugit inexpertus fape e fpumante procella'.
Pulvere mergor , ubi nulla pericla patent .
Vt mergat, trahit unda moras miferata cadentem,
Sxvior , ut mergat , terra repente tegit .
II che avviene nellelolitudini de gli Ammonii fit nate tra Cirene, & Alelsandria,
che lono il maggiore, & il più fiero Moftro dell’ Africa: nelle cui fterminate
piante ,vuoredi tutt’alrro, che di mobiliffima rena, tiranneggia di manierail
Libecchio , che ben dille Lucano , che quivi
/Feliam rabiem tetis exercet arenis .
Pofciachead ogni loffio fi Iconvolgequel Mare di terra incollante, e inferocen*-
do ne follie va, e tralporta per aria i cavalloni sì grandi ,che lembrano montagne
volanti, le quali ,riialciate da’ turbini, che le portano , cadendo, opprimono fo¬
vente le Carovane intiere de’ miferi paffaggieri,che ne rimangono prima lepolti,
che morti, /-tà, come fcrilse Solino, r/z/r»; continens natur am maris patitur : nec
interefl ubi pottus fint procella , cum ad exitium vi antium elementis congruentibus in
terris flabra f&viant , in mari terra. Onde ne nacque il proverbio ulato da quel
noftro.
L^l XÉ n o ^ M Ù.
I,
■'B
am multa aut Ze^hyro^' Lybìa turbentur < arma.
Della qual natura è fama, che fia parimente ia /abbia d’alcuni deferti de l’ Ara¬
bia raccordati dal Taffo ove fcriffe, che^ I
Gaz,a è Citta de la Giudea nel fine^t
Su quella via., che in ver Telujto menai
Vojta in riva del Mare, ^ hà vicine
Immenfe folitudini d^ arena, .
Le quai, com' Aujtro fuol P onde marine,
Mcfce il ‘Turbo ffir ante i onde a gran pena'
Ritrova il peregrin riparo , b /campo
Ne le tempere de P inB ab il campo
E de gli uni , e de gli altri il Bargeo , che con più fincerità Iftorìca , e con non mi¬
nor lode del Taffo maneggiò heroicamente Io fteffo argomento del Conquido
di Terra: Santa.
1. B. Oliva
Cremon, in
Panag. de
rtH-ASliacà
V. 48.
Gérup.Camì
.^uam multa lihyco turbentur littore arena ,
Eurus ubi, Zephyrufque mari incubuere profundo .
Aut etiam Arabia in media , cum pulveris atri
Infurgunt campis nubes, ^ lucis egentem
Aera condenfa picea caligine condunt ,
4 Quindi apparifce, che cinque forti di Mumia fono date conofciute, cioè
^una naturale, che è quella di Serapione , la quale è il Piffasfalto fcolato da’ mone¬
ti , che prcITo i più intendenti è in concetto , & ufo più tofto di fempiice bitume,
cbediMumia ; c quattroartihziali ; Cioè l’ Arabica de- Nobili f e quella de’ Ple¬
bei, il Piifasfalto fattizio, e ’i cadavere fccco fotte l’arena, tutte utili nella Me¬
dicina, ma la prima affai più della feconda, Se ambe anco più vigorofe delle; due
fuffeguent! , le quali però'oon fi traìafciano in mancanza delle prime . Alle qua¬
li fi può aggiungere lafefta, che è ia Mumia de’ moderni, chefifàcon le carni
d’ un cadavere di giovane morto violentemente, efpofte al Sole, e poi all’ombra,
éfpàrfe di polvere di Mirra, ed’ Aloe, e pofciafpruzzate d'acquavita, e rifec-
cate ali’ ombra; e ferve quando non fe ne habbiano delle precedenti . L' ufo della
qualifiè, òin bevanda, ò applicate di fuorine’malifreddi, contro il dolore an-
tiGOidel capo , la paralifi , le vertigini, l’epiplefia, il fingulto , le palpitazioni del
‘Cuore , e la toffe ; ma particolarmente giovano per fermare le fluifioni più preci-
picofedel fangue,e confolidare le membra rotte; che però fpecialmente fe ne
dà a quelli , che fono d’alto caduti , Di quelle Conditure la più preziofa fi offer-
vaneila
Synad. /.
v.^ì.
5 TESTAd’HVOMOdigrandezzapiùcheordinaria,chequìfivedecon-
dita ali’ £giz2ian‘a', e fàfciatagiufta i’ufanza antica di quella Provincia, con fot- E
fe più di cento braccia di naftrò bianco di filo , aggiuftato con tale.artifizio , che Cafalf. tee.
fembra un gtan pezzodidrappo conteffuto ,e ridotto in figura, come di Vifiera,
e fono forfè due decine di fecoli,chein tal modofù difpofto. E che la di lei con¬
ditura fia della più nobilcfcioè fatta di-Mirra ,Balfamo, & Aloe , n’ è chiaro in¬
dizio l’odor foavlffìma, e balfamioo, eh’ ella fpira. Ilchefà congetturare, che
fuffe iJ capo di qualche gran Pèrfonaggiojgiàche l’ufodel Balfamo,edeile Dro¬
gherie di canlfimocofto, era difpefa tbiefabilcfolo da’ Nobili, i quali he men
do'ppmorcevoievanòrfcofdaffi dèlie mondane delizie, mentre pretendeuano
goderle fin nel fepolcro.*, epilogare me’bàlfami , e ne gli aromati più preziofiji
Confefvafi queftS.in. una gran caffa di criftalló-, nella cui bafe potrebbe fcriverfi
per documento morale parte di quell’ Epigramma d’Antifilo^®/»*?'*» e Gra. vtrf.
nella maaiecaichefù da Cofmo.Anifio tradotto. 4 4;
" A 2 Val.
4
Mrteeks Pei.
mat.td.Pe/.
ing.p.
Frane. Cd.
meran. iru
JHeftdtdl.
r«ii.
M y S E 0 C 0 S P i A N 0
Vdllum animi defer tun , mortis non tumulata
Relliejttia • te nos profetfuimur lacrjmis ,
PONIMVS IN^LOCO CELEBRI. TUy cerne, Vutor ,
.^jiid, quantum vita credere conveniat.
Sopra il qual motivo Pietro Adriano Vanden Broecke publico ProfcfTore di Let¬
tere Vmane in Fifa cfcUmò con gran ragione.
^uid fumus ^ htc faltem mortales temnere fafitte
Incipe mortalis? vider/ hoc exangue cadaver.
^jia tetra effigies, aut vultu pallidus horror
Incubuit ?
Olezzano parimente per la medefìma fpecic di conditura .
6 BRACCIO SINISTRO colla fua Mano diftefa, con tutte le fuc parti cosi
illefe^ come le di frefco fuffe Rato condito, quantunque (ìano molte ccntinaja
d’ anni , che fù imbalfamato. Dall’ oliatura , ch’è gentilillìma , può congetturai li
levato dal cadaverod’una Donna più tolto che d’un' Vomo. Ne fece dono al
Signor Marchefereruditilfimo Padre Sigifmondo Regolo Coccapani di S. Sil-
verio , Chierico Regolare della Congregatione delle Scuole Pie , Letterato * che
sà ornare di nuovi lumi la Poelìa, come palefanoi di lui fpiritofilRmi componi¬
menti inferiti nell’ ARTE EPIGRAMMATICA del P. Carlo da S. Antonio di
Padova, fuo Conchierico; è l’ Oda, con cui accompagnò sìnobil regalo, pre-
fiUa a quelli fogli: nella quale pure notò quello edere un braccio di Donna,
cantandone .
Septilchra nota barbara Mempheos ,
Eeemineum mihi ceffiit olim.
Vel afltiof littori s horridus
Furva lacerum pellis, aridum.
Ceu pontus oblu/tans arena
Hunc mitto , ^c.
7 MANO SINISTRA parimentediftefa, c non meno confervata dei Brac¬
cio fudetto . L’ olTarura più grolla la fà credere più torto d’ Vomo, che di Donna.
Così dura ella benché lenza fpirito, fpiritofo geroglifico delle fatiche umane;
giache nell' Egitto a tal fine folevanlì figurare le Mani , come Fabriciere di quan»
lo mai d’ artifiziofo feppe inventare la Mente Ingegnerà . E ne toccò i motivi piu
importanti, chi cantò.
Humanam gens prifea Manum dum pingeret, omnem
, Omne laborantem fignifeabat Opus .
An quia nervofi funto quicuuque laborant?
An quia funt agi lesi an quia carne leves i
An quia fe digito fcalpit , corrodit & ungues,
Quisquis Cecropia fudat in arte Beai
An quia non uno articulo , qua magna , geruntur ,
Attamen arBatur fumma operator ope?
An quia moflranda artificis, quandoque tegenda ejl
P ir tus i ecce patens, illicb claufa Manus.
8 PIEDE Destro bellillìmo, che hà proporzione di grandezza con la
Mano Indetta , per farli congetturare parte del medefimo Cadavere , da cui quel*
la fù fpiccata , mallìme effendo d’ egual confervazione con ella .
9 PIEDE DESTRO più piccolo del precedente come di Fanciullo di quat¬
tro in cinqu’ anni. Fù donato dal fopramentovato Pi Sigifmondo Regolo.
Della feconda fpecic di Muinia fepolcrale de gli Arabi fembra la conditura del
IO CA-
Intana $
io C ADA VERO intiero d’ un FANCIVLLO,cheilJefoficonfcrvainpié-
'di in una caHadicriftallo . Hàtuttelefue membra beniiTimo formate, di gran¬
dezza fuffiziente a farlo Gonofcere Parto perfetto , benché da taluni ila Rato giu¬
dicato Aborto, e per tale mentovato nell’ Indice di quello Mufeo Rampato in Bo¬
logna del 1 66^. in i z. Comunque però fia, egli lempre è un Volume della Mife-
ria Vmana ,che tanto più chiaramente la prova , quanto men vide la luce, fe pur
la vide: eflendo pur troppo vero ciòi che n’avifa la Moral Mula di Lorenzo
Graffo, ciocche
V» gran Libro di Morte è I' Huomo eftintOt
A caratteri in cui d' atro fallere
LeggeJÌ de U Vita il rio tenore ■,
Sottopoìia de” mali a un Laberinto , >.
Ma fe quelli Corpi fono ragguardevoli non tanto per la conditura , quanto per
r antichità , e confervazione loro , non perciò portano feco maggior curiofità di
quella , che generano fe fiano confidcraci, i feguenti
Cralf. Votf^
•i.td.p. 142.
%
Mofiri Hitmani , Cap, li.
'N
On fono altro iMoRri, che Miracoli Filici, accadenti come direbbe un
Poeta,
Centra il fermo voler de la Natura.
cioè ógni qua) volta la Natura opera fuori del fuo confueto , Il che avviene, al-»
loferivere d’Empedocle,òperecceffo,òper difetto di materia, ò pcrtrafpofi-
zione di parti nello Reffo , ò in diverlì generi . Della prima forte di MoRri nella
fpezie Vmana olTervalì nel Mufeo lo
2 SCHELETRO d’un FANCIVLLO, che nacque con DVE CVORI, e
DVE POLMONI nel Mefed’ Aprile dclMDCLX. in Bologna, e morì poche
hore dopo eiler nato, feguendo la Madre, che fpirò l’anima nell’ atto del par¬
torirlo , quali che non lì potdTe dare alla luce un Parto cosi Rupendo, lenza eom-
peràrnè la nafeita con la morte . Fù quella una offervazione Anatomica del Dot¬
tor Berlingiero Celli di b. m. che nedonò lo Scheletro Indetto con le fue vilcere
moRtuofe al noRro Ssg. Dottor Montalbani, il quale pofeia regalandomi di
quella Offarùra,prelso di fe ne ritenne il Cuore ,& il Polmone raddoppiato , di
cui ne publicò la Figura nelle fue Cure Analitiche ( le quali fervono di Paralipo¬
meni alle Opere deii’AIdrovandi)conqueRidiRici, che la maraviglia mi cavò
dalla penna.
Valva/, iti'
la Caccia
Cam.ijì.sì,
EmfcÀoei.
ap. Partam
tn H&g. nat,
l. 2. f. 24.
Non vixit natus gemino curn Corde Puellus ^
Vita haud fat fecium qui/pe Menar cha pati ,
& in perfona de) Fanciullo .
Cor gerat mi m , nec non Pulmonis Vi f cera binar
T exere vix una mi potuere diem , ^
g Di queRa geminaz one però de’Cuori,edc’Polm<toi,come nefù cagione
il foverclìio della materia feminale nella generazione di qucRo Feto , non. altri-
mentc, che d’altre moftruoiirà in genere d’eccefso fi crede: così è facile il giu*
dicarfi la di lui morte accaduta dalla confulione nell’ operare di quelle membra
raddoppiate . Io però non poffo perfuadermi ciò così certo , che non mi fembri
anco verifiraile i’haver egli potuto morire fubito nato per una di quelle molte
cagioni, che mandano (otterrà poco dopo nati tanti altri bambini beniffìmo con¬
formati: è perciò probabile , che, tolta queRa, chepuòefsereil foverchio pati¬
mento nel nafccre egli. havefse potuto vivere con quelle vifccrc duplicate, o
A3 mafiime
NoH. jiftt.
i6. e. Jf.
f. io.
Jf^antalb.
toc.ctt.p.i,^,
e5“ Itb. tnfcr.
J’ Hon. dell’
Arte p.8i.
Alàr. de
Alonftr.e.l,
/>.39. (^■f- 9'
p. 60Z, 60}.
éo4t dr 606.
6 M ys E 0 C OS P l A KO
iT.afsiine con que’due Cuori, quali è ncccfsario che nel corpo della Madre facef-
fero le loro funzioni giufta l’ eligcnza della Natura , fe con ciTi ville fino ai tempo
.delnafcere,&ancpraalcune bure dopo. Ne mancano efempli d’altri animali
perfetti trovati con il cuor doppio ,'ò con due divifi , come le Perdici della Pafla-
gonia-, fe crediamo a Teofrafto , e ad Aulo Gellio , che le raccordano provifte di
due cuori j e fe volcifimo l’ cfpcrienza de’ noli ri giorni , ce la fomtniniltra il men¬
tovato Dottor Montaibani nel lungo (opra citato, riferendo d’ ha verne ollervato
due in un Pollo di Gallina, trinciandolo cotto alla menfa; & io ben pollo con#,
fermarne il luo detto, già che m’hebbe per commenfale. Con fimile figura di
due Cuori lo wiernrai d’haver veduto un Limone doppio, che perciò mi lugger ì
quello fentimento , portato dal fudetto Montalbani^ ove fopra .
Munera Cordis erunt geminat qtt* Medica Malus i
Optima nam gemino f anguine Vita calet,
Curiofirà, che parimentefùoflervata in alcune Noci di Garuglio doppio cordi-
forme , figurate dallo Hello Montaibani , e raccordate nel leguente Libro cap. 25.
num. I o.
4 Alla feconda fpezie de’ Mollri , che luccede per difetto di materia , fi ridu¬
cono que’ Parti, che conleguifconofiatura notabilmente inferiore a quella de
Genitori, come fono i Nani dclSig. Marcliele Cofpidè’quali qui h conlcrvano
le Imagini , cioè.
5 RITRATTO al naturale di Sebafiiano Biavati, Nano ragguardevole non
tanto per la bene incela proporzion delle membra , bcnilfimo corrifpondenti alla
natura, che non paiìa trentadue onde, clTendo egli d’età d’anni LVII. quanto
per edere nato di Padre, e Madre di giuda grandezza , che prima, c poi genera¬
rono altri Figliuoli, che crebbero quanto loro fu d’huopo per elTcr huomini d’or¬
dinaria datura . E‘ dipinto di buona mino , & ornato d’ affai bella cornice : e , co¬
me rapprefenti , chi hà in cudodia la ricchilTìma Galeria del Palazzo del Sig.
Marchefe Colpi , è collocato , quafi in pollo di cuftodire il Mufeo , foprala por¬
ta , per cui s’ entra in elio .
• 6 RITR ATTO al naturale di Angelica Eiavati, Sorella del fopradetto Seba-
ftiano, parimente Nana,d’cgual fimmctria delle membra beniffìmo proporzio¬
nare alla di lei datura, che non giunge a trenta onde Romane, con tutto ch’ella
fia d’età d’ anni LV. vivendo col fratello al Icrvigio dcJSig.Marchcle. Come
quedo Ritratto fia dato fatto per accompagnamento del precedente , ,è col-
locato in faccia al medefimo fopra la porta, per cui fi paffa alla feconda Stanza.»
delMuleo: & hà da piedi queda Ilcrizzionc motseiot 4>TAAKi22A,peraddit-
tarne, queda non men del fratello, in podo di CVSTODE 1) iL MVSEO.
7 Nacquero quedi Nani nel Commune di Bagnarola del Contado di Bolo¬
gna, in uno de’ Poderi del mentovato Sig. Marchelc Colpi . E perche i loro geni¬
tori furono, comes' è detto, di giuda datura, padri d’altri figliuoli, che ale def-
fi furono fimili nella grandezza , è da giudicarli originata altronde , che da elfi , la
cagione della picciolezza di quelli Parti, Modruofi in quanto non generati da
Nani . E queda non gitra fu, che la maligna qualità d’ un cibo, che può dir¬
li, che drozzaffe in ellì la virtù del crefeere . Poiché ne gii anni più tene¬
ri mangiarono de’ Polli morti per haver divorato quantità di frumento pu¬
trefatto; dopo di che gonfiatoli loro il corpo, giacquero infermi Io Ipaziodi
quattro anni , finche efpugnata la malignità di quel veleno guarirono colla perdi¬
ta della facoltà aumentativa del corpo, al riferire del dottiflimo BartolómeoAm-
brofini,chedi quelli Nani favella in più luoghi della Illoria dc’Modri dell’Al-
drovandi, e ne porta le figure àpag. 60 j. e 604. facendo fempre riguardevole
menzione
L I B R 0 'P R l M 0, CAP, II. 7
menzione del Sig.Marchefe Cpfpi , il quale gli fece educare , e fempre pofeia gli
hà trattenuti al fuo fcrvigio.
$ Della Femmina, che in giovinezza fù affai graziofa d’afpetto, è fama che s’in¬
tenda Gio. Leone Sempronio , il Vigilante nell’ Accademia della Notte di Bolo¬
gna ( fotto il cui Cielo colti vò lungo tempo i Lauri di Febo ) nel feguente Sonet¬
to , che fi legge nella prima Parte della di lui Selva Poetica, aamoata in Bologna
del 1648. 12. p. 5 5. intitolato LA BELLA NANA.
Pi?/' afeendere al del folli Giganti
Fecer col gran Tonante alte contefe :
E per, far guerra a. mille Cori amanti
La bella Nana mia dal del difeefe .
E certo la fe tal de^in cortefe ,
Perche quaT hor mi offerì fc e avanti,
Tel Corpo ftto con le mie luci accefe
Tutt' io rimiri in un fol guardo i vanti.
Ma convien. per veder fra qttai confni
Ha podi il Paradifo i fuoi tefori,
che gli altri inalz^in gli occhi , e eh' io li . chini .
E, s' io vb vagheggiar la Tea de' cori ,
Non la pofjb mirar , eh ' io no» m ' inchini ,
Non la pojfo inchinar , eh' io non I' adori .
g Argomenta parimente difetto fe non di materia , di virù formatrice nel Ca¬
po il Feto fuffeguente,che coireftremità delcorpo camina (otto il terzo genere
de’ Moftri , havendole di fpezie differenti dalla propria . Vedefi efpreffo quello
nel
10 RITRATTO al naturale d’ un FANCIVLLO MOSTRVOSO , che di
Madre Francefe di belliflìmo afpetto, nacque in Bologna del MDCLXVII. por-
tandouna MASSA* ROTONDA DI CARNE INFORME inluogodi TE¬
STA, con tre picciolo cavità nella parte anteriore, difpofte triangolarmente^
r una nel fico del nafo ,.le altre due orizonrali nell’ efiremità dei (ito della bocca ;
eledetaco!leugnetantodellemani,quantode'piedi, aquiline: non mal for¬
mato , e colorito nel rimanente . Morì prima di nafcerc , come ie havelTe rinun¬
ziato al benefizio della vita, fe quella doveva farlo conofeere un’huomo imbe-
ftialito; òche la Natura pentitali dello sbaglio fatto nel copiar la Madre di leg-
giadrilfime fattezze in un Parto sì de forme, neguallaffe il trafunto prima d’ef-
porIoaquellalucp,dicuinon havrebbe potuto godere , s’ era lenz’ocAi. Fù
quella Tavola dono del Sig. Dottor Carrodori, come dalla feguente Ifcrizzio-
hefottonotatavi apparifee.
MONSTRI ^OD PROTIIT EXANIME EX MVLIERE GALLA PORM/E
SPECTABILIS, JET A.TIS ANNORVM XXX. BQNONIM TIE IL MAH
MORA XXII. ANNO MTCLXII. imaginem MVSEO ILLVST RISS. SE.
NATO BIS MARCHIONIS FERDINANDI COSPIT TONO TETIT AL-
BERTVS CARRODORIVS METICINJE. PROFESSOR BON;
1 1 -Potrebbefi in quello luogo foggiungere la menzione delle Pietre Veficali,
come generate nel corpo humano, e che in riguardo a gl’ individui, ne’ quali li
trovano hanno del-mollruofo, per formarvifi oltre, ogn’ intento della Natuua,
giufla il fentimento di Galeno. Ma fe ne rimette la deferizzione nel Trattato
delle Pietre diverfe, come luogo più opportuno. Così parimente d’altri Mo-
ttri occorfi in altri generi d’ Animali, come, ne’ Quadrupedi, ne gli Vcccllì, e
nelle Piante, fi fawellarà ne’ loro particolari Trattati,, oon:cflendo fpedicnre
il
So'idip.
t, 9.
.1.1. re.
r. 576.
8 ^ y S E O C 0 S P l A.N 0.
il Icpararli da quella fpczie , in cui , quantunque per errore , nacqaero per unir*
glia’giidclcritti , Intanto palliamo alla . . :
D 'rjiJìone de gli “Antm.ili Bruti . Gap. Ut. '<• •
1 \ Corteggio deli’ Huomo , eh’ è il Principe de’ Viventi Corporei ,
XjL feguono i Bruti luoi fudditi .tanto più lontani dal ribcJlargiilì, come
già fecero nel principiodel Mondo, quanto più conformi nell’ offcquiarlo, men¬
tre fpogiiatid’ ogni naturale fierezza anche i più intrattabili, riconofeono tutti
dallo ’ngegno humano quella feconda vita, che godono nel Mufeo , dovein^
quantità, e qualità ragguardevole fi confervano di lóro, ò i Corpi intieri, ò le
membra più olfervabili , per isforzo d’ induftria refe immortali .
a Ma per non gire confufamente vagando nel riferire tanta quantità d’ Ani¬
mali Bruti, ò loro parti, non fiadifdicevole il prefcriverci qualche ordine, che
riefcaapropofito. E tale fembra, che mica dalla divifione, che ne fa la Natura ,
Madre commune, havendone prodotti altri cittadinidclla Terra, altri deH’Aria,
& a'tri dell'Acqua. Onde compartendoli in Terrefiri , in Aerei , ò Volatili, &
in Acquatili, per tralafciare tutte le altre divifioni, che ne portano i Naturali; de’
Terreftri ragion vuole , cheli favclliin primoluogo, come più vicini aH’Huo-
moperpopolarequeirElemento, di’ eglibabita. Iqualiancora per «lleretutti
grcllìli a differenza de’ Rettili potiamo chiamar Pedcftri .
.>
De gli Animali Terrefiri , e primi de' Solidipedi , Gap. IV,
I Li AnimaliTcrreflridelMufeo,trattenepochiInfetti,fonotutti Qua^
VjT drupedi; tra quali cade molto in acconcio la divifione , che ne porta
rAriltotele Bolognefc, cioè il dottilfimo Aldrovandi, che gli diftingue in haven-
ti l’ugna intiera, ò diciamola tutta d’ un pezzo, come il Cavallo, ò fella in due
parti, come il Bue: ò proveduti di più deta in tutti quattro! piedi , come il Ca¬
ne; chiamando i primi Solidipedi, i fecondi Bilulci, e gli ultimi Digitati. Nel¬
la prima clade militano l’ Elefante, c l’ Vnicorno, Tributarii dell* armi loro,c d’al¬
tro ancora al Mulco.
- 2 L’ELEFANTE, che tra’ SOLIDIPEDI vien collocato dall’ Aldrovandi,
con gran ragione precede tutta la Squadra de’ Quadrupedi del Mufeo (dove lì
vede effigiato in alcune medaglie , cioè di Tiberio , c di Filippo I. Imperatore , &
in altri bronzi ) ferra’ quanti ne creò la Natura non v’hà ,ò’l maggiore, ò l’egua¬
le a quello, che quanto gli fupera nella portentofa mole del corpo , che ralTembra
un Monte aldird’Oppiano, come lofà parlare Gio.Bodinofuo Interprete, non
elTendomi bora alle mani iITcfto Greco .
rt Jì illum videas dum immania corpora verfat i
Exeeljt montis procera cacumina credas.
altrettanto gli vince nelle maravigliofe doti dell’animo, colle quali più di tutte
s’ accolla airhuomo,anzi in molteTagguaglia, per non dire, che inalcunclo
forpalfi . Perche dove 1’ Huomo dotato di ragione a gran pena giugne a renderli
cfemplare ne’ coflumi, anche fcorto da gli altrui infegnamenti , quello Bruto per
folo illinto di Natura v’ arriva . Onde Marco T ullio Berci gentil Poeta Bologne-
le, così ne cantò
Elephas y ijuo non prudentior tilla ferarum efi^
Miraque virtutis» qui documenta dedit.
Immanes artus t immania vifcera quamvis ^
NOfi
9
LIBRO R I M 0. CAP. IK
Non tamen immenfo ’uu.lt fatttrare cibo,
PabuUejue ajptetis r eie it fuper addita: 0“ ittde
V or Jit an incoiami tarda fenecia venit .
Maxio è poco in riguardo alle altre fue virtù numerofe, che fuggcrlfdono copTo-
fa materia di nobili Imprefe a gl’ ingegni più ameni . Efienim Elephas , per dirla
con l’Aldrovandi, ingenita munificentia nobilis, temperantia in/ignis, aequitate fiam»
ma confpicuus , pracipaus declinator infanta , vaniloquentia hoHis , cultor pietatis >
^ ea celebris manfuettidine , ut alienam etiam crudelitatem abhorreat , contra minus
validas feras pugnare de dignetur , in iram , aut nunquam ejferatur , nif acerbitate
iniqua, enormique aliqua in]ur ia concitatas , deniqne regalem ipfe animum , »o
omnia hic accumulem , in omnibus referre videtur, heminis amantiffimas item , hero-
L.6. Ruflie.
V. 1 17.
loe. cih
que fide lifs imus , (fi acerrimus, ubi necejfe eil , protector , & qui hoHes ab amicis
optime dtftinguit . Che però a gran ragione, fin là nelTlndia, dove hà copia di Phii.Picin.
quelli Animali , ftimafi tanto!’ Elefante , che vien creduto felice , chi ne pollìedc
alcuno: e, come chepiù del Leone fi feopra meritevole del prindpaco tra’
Quadrupedi, così vien giudicato il più degno da farlcne donativo ad un Rè .
Ondeinalcune diquelle vaftiflìrae Provincie, al rifetire di Lodovico Varto- .
manno, recali a grand’honorechiunque di qualche membro di sì gran corpo
può regalarne il luò Rè . Dal che fi Icorge non effere, che regio il dono fatto àl-
l'Illuftrilfimo Senato dal Sig.MarchefeCofpi deile fuffeguenti parti d’ Elefan¬
te, che vedonfinel Mufeo.
j PVNTA DEL DENTE D’ ELEFANTE., di più che mediocre gran¬
dezza, come lunga più di mezo braccio , e grolla nel fondo più di quattro deta
candidilTima ; s’hebbequefta da Venezia, lecita per la più bella, che fuffe nel
rinomato fondaco de’ Tedefchi, del quale fà menzione il Mattioli. Ma più che /« Dìofe. l.
altro.rn effaèriguth-devole l’efficacia di giovare a molti mali, havendo quelli
Denti facoltà refrigerante , ed eficcante , in virtù della quale ufafi la loro limatu¬
ra per corroborare le vilcere, e trattenere l’impeto delle foverchie effùfioni de'
fucchi utili nel corpo humano , in qualunque maniera fia prefa . Oltre di che lo¬
dali ancoracontro il doloradello llomaco,, l’ itterizia, e le più contumaci oftruz-
2Ìoni, e la lebbra. Ned è tnen pfegiabile per ['altitudine, che tiene a lavorar-
fene, ò fregiarfene qualunque più elquifita fattura deli’ Arte, riufeendo in tutto
altrettanto durevole per la fodezza , che dilettevole per il candore, il quale emù*,
landò la bianchezza della carnagione più vaga, è cagione, che i Poeti fovente
chiamino Avario le carni più candide , come da Mula amica fù efpreffo in quelli
verfi . L.L.inNeà
vixerat: ^ viridi \aculum de csfpite fumens , Caflàv.j^^.
Concita per medium pectoris egit ebur-,
Et in quelli altri
Del piu puro candor, che il Ckl colori.
La, ve P alma Giunon fparfe il fm latte, in Poe f.
Lidia, le mani, tue, cred' io, fon fatte,
SÌ bianchi fon quegli animati Avori,
Così , perche anticamente nella Meonia , e nella Caria , per atteftato d’ Onie-
ro ,ia candidezza deU’Avoridfoleva alterarli col fanguigno della porpora , della
vaghezza diqucfticonfnfi.eolQrififcrvc tal voltala Pitturacanora per efprime-
re al vivo la più modella verecondia d’ un volto, comedi Lavinia Virgilio
s^ccepit vocem lacrjmis Lavinia meuris
Flagrantes perfufa genas , cui plurimas ignem
S uh jecit rubor f (fi calefacta per ora me ttr riti
Indum
10
ling. lat.
pi. /.8. &
& 18.
Z,. I, ef. 73 '
. M S E 0 C : 0 SPIANO
rndum faiiguineo z’elutt 'violaverit ofiro
Si quts Eb:ir ,
L.i,mtt.& II che felicemente imitarono Ovidio, e Stazio, & altri . E Domenica Chicfa,
2. Amor, Gran Giurifconfulto, e Poeta Genovele con tutta leggiadria lo trapportò dal
, . profano al facro, mentre nelluo ANTRO BETLEMIO più ricco aliai di qual-
fìvoglia fuperbiflimo Palagio j de gli Angioli fcendenci al corteggio del nato
Ahu. Be, Verbo cantò
^PrcUd^i'^ candidulos lambii vaga purpura vultus , ,
Vt cum Indum rofeus f anguis Ebur violat ,
4 DENTE D’ ELEFANTE di color fulvo. Se non ne fulTe ftata levatala
- punta, farebbe lungo poco men di tre braccia, Fù di dentro tutto artifìziofa-
mente /cavato , perche fembraHe un Corno . Senza l’ ajuto però deli’ Arte e’ po¬
teva parimente chiamarli Corno, giàche così pute nominano qutftc formida-
Pauf.l.i, bili armi dell'Elefante Paufania, &£liano, Varrone, eGiubacitato daPhnio,
^arr'l ^ Pl'f’ìo ^ Marziale , che in tal maniera motteggiò la vecchia , e /dentata
'Egle.
Sic dentata (ibi videtur Mgle
Emptis ofsibus t Indicoque CORNV. ^ ?
* E D. Antonio Mulcettola , Principe di Spezzano , e Gloria delle Mufe Tofeane,
in un’ Oda a D. Camillo de’ Notari , parimente Poeta di gran nome .
Sbf che' l manto inojlrar Sidone , e Tiro
trionfanti Confoli di Roma^
186. j E le Belve tutt' or de l' India doma
f EBTRNEE CORNA a le lor fedi offrivo .
E ne affegnacurio/a ragione Oppiano nel /uo nobiliflìmo Poema della Caccia,
con avvertire, ch’è Dente ciò /o!o, che di duro c/cc dalle mafcelle de gli Anima-
li,nè più /opra è piantato: e Cornociò,chcloro/puntadalla{ominità del ca¬
po, come egli alTentifce di que (ti dell’ Elefante, i quali radicati nelle tempia del¬
l’Animale , di/ccndono interiormente per le mascelle , e quindi e/cono com-
eia^Can^^' parabilmente maggiorici tutti i Denti (benché fiìlìero J^afCorna, e non Zanne^
//.^13®.”^*^* come di quelli d’uno fmi/urato Cinghiale cantò Era/modi Valvaloiic, l’ Op¬
piano Italiano, imitando inciòCalfurnio, che/crifle
.AncohAcet.’ vidi genus omne ferarum.,
7» V. f8. Hic , niveos lepores , (f non fine cornibus apros )
con l’abilità, che (ì di(/e,.di lavorar/ene ciò, che fi voglia, come delle altre
Corna/uccede. Ilchc nonriefcene’ven Denti, i quali/onointrartabili, e più
•x. tolto che lafciar/ì dilatare dall’Arte, quantunqu' diligente, vanno in ilcheg-
gie. Sentimenti e/preffi dal di lui interprete Rodino in que lli verfi.
Deinceps immenfos Elephantes , Dtva, canamus I
CORNIBVS armatos immanibus , ante refloeis,
NancjHe duo tollunt indentia fpicula malis
e^d caslnm, exertis omnino dentibus aqua,
^u£ vulgus re fccans , dentes extflimat effe.
' Non fic appellare placet, fed Cornua dici.
Cornea cum virtus itlis videatur ineffe i
.. i €^anquam per paucis (ni fallor ) fign^t probantur ,
N.am quacunque feris tendit propago fuperne
Jnfummts adnata genis, id nuncupo Cornu,
S in minus à, malis vergat propago deorfum >
Dens Appellati, non Corntt debuit illa,
:-,V.A - fc . . ^ - .
Opp he. cit,
!'• 547. .
LIBRO P T( I M O. CAP. IK il
m vi . ■
His vero geminum Cerna radicibus altis
E cerebro derivatis primum arboris inffar
Et Fagif capitts fulcitur vertice vaBo.
Htnc varios trahit anfraBus per tempora repens
Sub cute t tum malas fubit , hinc apparet ab ore
i^rdua contorquens apices ad fdera fummo s ,
pluribus hoc Dentis fallacem prabuit anfam ,
Efl tamen hoc multo quoque clarius argumentum .
Dens omnis rigidus manet intraclabilis arte^
Non artus i non artificis folertia prodeB .
Nam , fl dilatare velis , parere recufat y
Si violare paras y in frufia abrumpitur ultro
validis curvi fiunt e cornibus arcus y
Quaque illi Dentes vocitant , Eborarius illa
Perpolit y exercet y variofcque refleElit in ufus.
La qual varietà a’ ufi prr appunto fi Icorge nelle molte, e
5 Diverfe MANIIFATTVRE d’ AVORIO, che nel Mufeo fi vedono, e
nel Trattato delle Cole Artifiziali del medefimo dirtintamente fi noteranno.
6 OVE PEZZI di GAMBA d’uno ELEFANTE IMPIETRITO, che
fu ritrovato nelle Chiane d’ Arezzo, c d’ordine del Serenifs. Granduca Ferdi-
nandoll.fattodifsepelire. Dellacui antichità , che giudicali di poco raenche
XlX.Secoli fi porterà qualche congettura nel Trattato delle Cole Pietrificate
deiMufeolib.2.cap.27.nUo8. Intanto ofserviamo un _
7 PELO, ò più tolto SETOLA della coda d’ un’ Elefante . E' lunga poco
meno di due palmi, e grolsa nel fondo il doppio della corda del Bafso nel Violi¬
no, di materia quali olsea, ma pieghevole, bianca anzi che nò, e diafana , non in
tuttorotonda,macomprclsa,echeapocoa poco fi alsottiglia. Merita particolar
riflclfione, per non ilpecificarfi da gli Autori antichi le l’Elefante in alcuna parte
del corpo habbia peli, ònò; mallime pronunziandone apertamente Solino la
negativa , coll elcluderli fino dalla piccola lor coda , mentre ne Icrifse . Setarum
nullum tegumentum , ne in cauda quidem prafìdium abigendo tedio mufcarutn^
(namque idy & tanta vaflitas fentit .) E prima di lui così giudicò anche Piinio ,
ma fi cangiò poi di parere, notando. Indi mire gaudent longitudine eorum ( parli
de gli Smeraldi ) folofque gemmarum effe pr&dtcant y qui carere auro malint; ob
id perforatos Elephantorum SET IS religant ,
8 Dal colore di quello PELO può congetturarli che fufse d’ un’Elefante del-
l’ Etiopia, elTendo quelli bianchi, Guafiimc verlo la Zosa torrida, dove, come
olTervò Io Scaligero , è cofa notabile , che confervino la bianchezza , le quivi il
Sole fervidifiimo imbruna le carni de gli huomini; e che pofcia nelle altre re¬
gioni fiano neri , come nella Libia, òalmenoiblchi, come nell’ India . Ne con¬
ferma la congettura la di lui lunghezza, che non giugneadue palmi, ficome gli
Elefanti Etiopici lono minori de’ Libici, e de gl’ Indiani, c’ hanno il pelo alquan¬
to pù lungo, feri vendo Luigi Cadamolto d’ bavere ftrappato di limili peli ad
un’Elefante nero , che perciò erano fofchi , e quali eccedevano la mifura di due
palmi . Tali riferifee d’ haverne veduto anco il Gillio, portati dal Mondo Novo .
Adiviene però, ma di rado, che anco nella coda de gli Elefanti folchi, tràle
letole nere ,Te ne trovi qualchedunadelk bianche , di cui nelTIndie Orientali
fe ne fà ftima ben grande , credendofi da que’ Popoli valevole a guarire la fordi-
tà, fe ne fia portato un pezzetto a guifa di tafta nel forame delle orecchie. Cre.
dono eziandio y come fcrive il dotcilSmt} Francefeo Redi , Filofofo efperimentale
/.29,
L, 33' 5*
Effirit».
^atur.
f.78.79.
DcHt.i2.Pf.
11.77.91.
Fartom tn
Jttn. tx£-
th*«p. i. i.
c. 19.
Cadam, ict»
tìang.t.^o.
De Quady,
Soli dtp. l.i,
p. 40^.
HymHi Dii
Ftl. V. 1^6.
12 U V S E 0 Qoseiano
di primo nòmCt che donò qucftaalMufeo, che chi porta al braccio un maniglio
di effe fetale rejlt libero dalle vertigini ^ le quali piu non ritornino > e non pojfa^
ricever nocumento dall' arie maremmane , infette -, e pejìilen'^iofe , Sono pero da
giudicarfi inutili, e vani quelli riincdii , mentre ad efiì ripugnano ic pelato
di quel grand’ huomo. E’ degno di (ingoiar riflelTione anco li
9 CORNO di MONOCEROTE, òlla VNICORNO, dal volgo chiamato
t^licorno^ Lioncorno, e Lionfante\ che qui li conferva, come parte d’ Animale
più di tutti controverfo , mercè T edere rarilTimo , e , come p ù de gli altri folita-
rio, e felvaggio, non di veduta, ma folo per relazione defcricto da gli Antichi ;
della cui fpczie appena tre, ò quattro legitimi Individui fono giunti alla veduta,
c cognizione de’modernì Scrittori , che mi liano conti . Onde non è maraviglia,
che taluni lì lìanopcrfualì, che quella razza di vivente non altro fulTe, che un’
irragionevol’ente di ragione , una lognata chimera . G iudizio , che per ifcempio
viene proc laniato, e dalle (acre carte, che in più d’un luogo mentovano l’ Vni-
corno , e dal Vartomanno, ò Bartcma, c Cadamollo , che di veduta ne tellifica-
no le fattezze come d’ un Cavallo . Non eccedendo quello Corno quattro palmi
in lunghezza , non mollrando altro che i primi rudimenti delle volute , piu che
altrove cfprclfe nel fondo , h palefa (piccato dalla fronte di un Monocerote , che
non palTava l’anno havendolo per appunto di tallunghezzaqucH’ Vnicornodi
fimi l’età, che in fecondo luogo vien deferitto dal fopracirato Bartema, da lui ve¬
duto in un Serragliodella Mecca, per cola rarilfima, con un’altro maggiore,
mandato in dono ai Sultano di quella Città da un Rè dell’ Etiopia . Non è con-
tuttociò la di lui grolfezzafprezzabile, come che nel fondo polla occupare lo
fpazio contenuto tra l’indice, e’I pollice nellafommiràcongiunti . Ildiluifu-
fto, eh’ è diritilfimo, bianco, ScolTeo, tutto fpugnofo, & alquanto cavo, vien
circondato da una grolTa corteccia molto denfa , la quale per edere di fuperfizie
nera , lifeia , ò lucente , come l’ ebano , e nella bafe per lo fpazio d’ un palmo an-
neilata, fi manifcda alterata dall’arte j elTendo condizione de’ corni di Monoce¬
rote non alterati , come infegna l’ Aldrovandi , che fiano del colore dell’ avorio
vecchio, tutti flriati, e Iodi; particolarità, che penfo debba intenderli non di
quelli, che di poco (puntarono dall’animale di non molti meli, come quello,
ma de’ più perfetti , che giungono a molto maggior lunghezza, come vedefi dal
10 DISEGNO, e mifura d’un CORNO d’ ALICORNO, che fi trovava in
Venezia del MDCLXVI. nel Fondaco de’ Tedefchi , lungo piedi VII. dipinto al
naturale nel cielo del Mufeo. Era valutato alcune decine di migliaia di Scudi .
11 Mala maggior nobiltà di quelli Corni confille nell 'edere valorofilfimi
contravelenijcomeproval’ Aldrovandi nel doctilfimo Trattato, che nefcrilTe,
acuirimetto il Lettore, ballandomi di notarne il fondamento de’ Naturalilli,
(piegato dalla fclicillìma penna di MonfignorVidanollro ne gl’inni, dove per
tale virtùcollituifceil Monocerote nobililfimo Simbolo di Crillo, cantandone
Ecce Ter US , Cerve affimilis , Capreave fugaci
Montis ab aerei decurrens vertice fummo»
Tramite declivi f altus pratervolat altos,
lamque fugam per plana tenens» ingentia campi
T ranf mittit fpatia , ér volucri volat ocyus aura »
Convertere oculos commota armenta repente
■ fonitum » atque viam venienti abdu^a dederfl
Ille lacum ingrediens longo ferit aquor a cornu»
Fronte quod in media folum gerit . Ilicet omnis
" _ k^d tafttim fubitis fervoribus afluat unda»
Exultat
*3
libro ^ R i M 0, CAP, IV.
Exultuntque fpumifque incamtit atnms ,
Nec moray yyojilvtre Ter a Jìmul undiqae in itndas]
SecftrAqtié mali medtcatum haufere liquor ent >
Egli però è d'avvertire, che il nome di Monocerote y ò à' Fnicor no y proprio di
quello Quadrupede, così chiamato per eccellenza, è talvolta epiteto d’ altri Ani¬
mali dalla Natura d’ un folo Corno provifti, come i’Orige Africano, e l’ Ona¬
gro Indiano , di cui il V'^alvafone
E fol /’ Indico Onagro altero incede
T>' un Corno in fro-ate y e yur I' unghia non fende,
E certa razza di Buoi , parimente ladian i , della fpezie de’ quali forfi è il Bifonte
di Celare con lembianza di Cervo da lui veduto nella felva Ercinia, e così de-
Icrirto dalla nobil Mulad’ Anlaldo Ceba
t^Jvi ved' ella un Bue , che porta in fronte
Era I' uno y e I' altro orecchio un Corno folo ,
che par che fi follevi , e che formante
o/ Jcompigliar del Ciel /’ alato ftuolo\
E y come varii rivi ufeir d’ un fonte
Tal' hor fi vede a mormorar su 'I fuoloj
Così diverfi rami a /’ aria intorno
Sparge del Bue Cervin I' ecc elfo Corno,
A’ quali s’aggiungono 1’ uno,e Taitro Rmocerote, cioè il Quadrupede, di cui
poco dopo favellali, e ’l volatile ,ch’è una razza di Scarafaggi, dicuileneram-
menta uno nel Gap. XII. di quello Libro, & una fpezic di Cetaceo Settentriona¬
le, figurala, e dekritta dal Vormio nei fuo Muleo.
De* Biftdci , Cap, V,
I Ra’Bifulci, ò liano glr^nimali, c’hanno le ugne felle in due parti,
X vengono il Rinocerotè , 1’ Alce , il Cervo, la Gazzella , & il Bue lelvag-
gio,edimeftico, de’quali>èggonli nel Muleo alcune parti ragguardevoli, e
prima.
^ CORNO di RINOCEROTE, ò fiaNARICORNO , così chiamato dal
nafcergli fopra dei nalo il Corno, dicui li favella , per io quale taluni loconfulcro
col Monocerote, animale di gran lunga divtrlo. Quello , di follanza molto
denfa , e ponderola.,e di colore , come di giuggiola ben matura , per ellere poco
più lungo d’ un palmo, e quali altrettanto largo nel diametro della baie ( dove è
a quanto Icavato ) e che , rotondo , non molto curvandoli, finilce in pun> a ottula,
fa dubitare , che ,ò non lia crefeiuto a baftanza , ò non fial’ intiero Corno del na-
fo : quando più tollo non falle il fecondo Corno d’ un Rinocerotedi quella Ipe-
zie, che ne hà più d’uno. Poiché, quantunque Tertulliano gli ricordi d’un_.
Corno lolo , Ieri vendonc non utique defiinabitur Rhinoceros unicornis , non man¬
cano Scrittoli ,che atteftino elTervene con due Corna , il maggiore lopra le nari¬
ci , 1* altro nella cervice , ò più tollo piantato poco più sù del primo, come vedeli
nella Medaglia di Domiziano, improntata nel riverfo dell’Imagine d'una di
quelle '
' Belve da, /paventare ogni huomo altero,
riferita da Pierio nc* Geroglifici . In propoli'odi che lalciò fcritto Euchcrio an¬
tico Autore Terribilis fera Rhinoceros , cui Gemina in naribus cornua . E Marziale
favellando de gli Spettacoli di Roma .
Sollicitant pavidi dum Rhinocerota magiBrit
‘ Se-
Ter^ag. &
Scarabel.tn
Muf.septat.
c. 28.
L 6. Com-
ment.
Caccia Cuti
4,^.
L.e>,Comm.
Xd* 5* c. I
p. 282.
Mq. \
L, i.eoKtra
Praxeam ,
Lama Cài,
I.//. 13.
L. 2. hier.
S^elì, ^p.22.■'
JU
DÌ9d. /.4.
Bibiteth.So’
hit.Pely htft.
e.6i.
fi. 1.1%. e.\.
jSEltAtt. L
ìj.t. 44>
De Fendt.
4. 1. ». 6iZt
Crece Rdcq;
l. Il, II. 4f.
&c.
. M rs E 0 C 0 S P ì A N 0
Seque din magnà. colligit ir.x ferét»
Defgtrabantnr promijfi prxlin Martis ,
Sed tamen ts redtit cognitus ante furor ,
Namque gravem GEMINO CORNV fìc extulit Vrumt 1
Ja£iat ut impoftas Taurus in afra pilas.
Il che fc fù vero, non fia da maravigliarli, che il Rinocerote , di cui fu fcritto
nunquam vi^us ab hojle redit ^ riefea formidabile fino all'Elefante, con cui di'
forze eguale, e di deprezza talvolta fuperiore, benché di corpo minore, com¬
batte per innata antipatia, e, come taluni efprelTero, per la difefa de’migliori
pakoii : c le non viene sù le prime legato dalla probofeide dell’ A vverfario , co»
me Icriflero Diodoro, e Solino, col tremendo luo Corno invefte nelventio
l’Elefante , e ne Iquarcia , per grolla, e dura che (ìa la pelle, levifcerc, ripor¬
tandone in tal modo la vittoria , come teftifica Oppiano,© ve favellando di que¬
lla Fiera , del fito ,r della forza del di lei Corno , così difeorre , fecondo il Bodi*
nofuo Interprete
Rhinoceros Oryge esl aliquantum corpore major.
Huic fummo nafi fuccrefeit acumine Cornu
Tunellum y gladius pra acuta cufpide teter.
Nam ferrum infringit , fs adigat penetrabile telum ,
Hoc feriens cautes abrumpit y duraque fax a.
Sape etiam validos Elephantes marte lacejfens
Semineces tandem difufa fiernit arena,
II che per appunto fuccede nel combattimento, di quelli animali propoflo daJ
Emanuele Rè di Portogallo nella Città di Lisbona del MDXV. Simile pugna de-
fenfle leggiadramente il Bracciolini, favellando de gli Spettacoli dairimperator’
Eraclio dati a’ fuoi Eferciti là nella Perfia contro Cofdra accampati. Ma d’ella
in CIÒ fùdiverfol’efito, che ambe le Fiere vincitrici, e vinte caderono vicende¬
volmente traffittc a morte, com’ efprcffe il Poeta , facendone quello racconto .
Et ecco ornai y che nel teatro è peflo
Grand' Elefante a gran contefi efpcjlo.
Et a r impetto a I' Elefante immenfo
Non minor punto un fier Rinoceronte
Viene a la pugna y f, tranne I' ira, e ' l fenfoy
Mover direfti un contr' un' altro Mente:
Di qua fpir/iy e di là lo f degno accenfo y
Vif burnente a I' una, e I' altra fronte ‘y
Par che ceda la terra , e non Jofienga
Si vafte moli , e mobile divenga.
Due volte , e tre la meglio armata Fera
Batte col corno a l Elefante il feno y
E r apre si con I' afpr a punta y e fera,
che sn fanguinofo Mar cangia il terreno t
La probofeide a f har y ihe quaf cera
S' arrende y al Corno del fuo fangue pieno
Ravvolge ei tutta y e sì tenace implica j
che fi rende prigien I' arma nemica,
E I' divori e pungente al lato manco
De /’ Àvverfafio y e quattro volley & etto
Rtptreotcndt y e ripafando il fianco
D' acerbe piaghe orribilmente hi rottox _
Ma
'•ìtà:
. r-
I ■/:.- ;
l i . o. y
* ^ » 7 •'
i rn it 0 9 m Mo. ìàp. y.
Ma M6f$ •vini» però f non però fianco t
’ Me ‘ Ceder vmi y He vuole andar di fatto i
Ma con mille rivolte ^ e mille fcefie
' file erefeendo il furor , crefeon le pojjè ,
Indi con violenza a fe tirando
Il ' Cor no i a I' Èl fante il laccio fpezzal
E poi contro cjfo iratamente urtando
Tiaghe non fi fer mai d' eguale af prendi
Vanfi di qua , di la dilacerando
Le Belve j e tale in lor fu la francherai
che ambe morirò, e terminar non lice
^^al fi fufie di lor la Vincitrice.
^ Cori avveròffi del Rinoceroteciò, che, portandolo per corpo d’lniprefa,gli
fà dire Monfignor Paolo Arefio (che quantunque Milanefe fi feriva, poffo dir
noftro , efiendo nato in Cremona in tempo, che Marc' Antonió fuo Padre vi efer-
citava la carica di Podeftà del 1574.) cioè mori potivs , ^AU SVBDT,
eavaco dalle facre carte, per infinùare, come nota l’ Abbate Picinelli , animo ge-
nerofoin un Guerriero, ed invitta coftaóza in un Martire .
3 La mano , che intraprefe , ma non finì di fcavar quello Corno , pretendeva
forfi di fabticarne un nappo da bere, giàche è fama ( bugiarda però giuda le ac¬
curate cfperienze del Sig. Redi ) che quelli Corni habbiano virtù aleififarmaca,
per cui talvolta fi riducono in Vali preziofi da bere, come quelli di Monocerote.
Roma però lene fervi anco ne’ bagni per vali da ogliojufati folo da' più ricchi.
Ne fà menzione il fatirico d' Aquino.
Sic pedo conturbat, Matho deficit: exitus hòc efi*
Tongilli, magno cum Rhinocerote lavari
folet , ér vexat lutulenta balnea turba.
Se ne fà gran conto anco ne’ Regni dell’Etiopia nell’ Africa, di Bengala, nell’Afia,
e nel Mondo Novo, tuttoché villano frequenti quelli Animali, come riferilco-
no il Boterò, e’IBonzio, &alcri, e l’accenna il nòllro Lami, che deferivendo
l’imagine della Gola , v’ efprcfle
—■li il nafo bave a, che tate
i^l Rinocerote Indo non fi mira,
4 CORNO, come fembra, d’ ALCE, ò fia Gran Bcdia, difullocurvo,
alquanto fchiacciato , e partito in dodici rami comprelfi . Dove comincia a di¬
latarli , lo feorre un folco profondo , che fi dirama in altrettante propagini, quan¬
ti fono i rami , che ne vengono folcati nel mezo .
5 Due CORNA della mcdefimafpezied’ Animale, maminori, comedivi-
fe foto in dieci rami , parimente folcati , come nel precedente.
6 GAMBA con tutto il Piede, el’VGNA d’ALCE, di perfetta grandez¬
za , come non minore delle Gambe dell’ Alce , che trovali intiera nel Muleo del-
l’ Aldrovandi , più alta d’ un gran Cavallo , la quale fù di Sigifmondo Batteri Rè
di Polonia. Nel qual Reame fù prela anco l’Alce, di cui era la Gamba fudetta,
che tutta fornita d’argento in una gran cada di criftallo qui fi conferva, come
prcgiatilfimo dono dell’ Emincntilfimo Sig. Cardinale Pietro Vidoni, Legato di
Bologna , da lui recata di Polonia, quando ritornò dal la Nunziatura Apolfolica,
clercitatapielTo la Maeltà diCafimiro: c donata al Sig. Marchele del ió6j. co¬
me awilano quelle lettere intagliate in una lallrad' argento, che circonda il di
lei nobilidìmopiedeifallo: EX DONO EMINENTISS. CARD. PETRI FIDO*
mi MARCH. FERDINANDFS COSPIVS SENAT, et BArVLirVS 166^.
b z Delle
PieintS. in
At ben. Me¬
diai. & l. t.
in Lyceo
Hercuhs .
2. Macbabl
14..42.
PietneS.
Aiund. Syno
»«.439.
Ked. Eff,
Mat.p.y^.
iSat.y.v.i io
Beter.RelaK
Afr.p. 144.
Cane. 4.
fi- S9’
PicinelU
Mund-Sym’
boi. t. 5. c-i.
nu, IO»
Dt Bifutc,
l. 1. c, 32.
Red. Effir.
p. 99.
100.
■ i
L. 3. de v(»,
flMt. V> 330.
Red, Effer,
Km, f,ioi,
&/eqq.
Cyref.v.i^it
Sueel, ic, 5,
V. 89.
L,6, Ru/lic,
v.ii.
|> E Ol C O ^ PIA N 0^
Delle ugne di queftoAninlale, non sò perche folo adunar delle poftcriori, che
fecondo alcuni è la deftra , fecondo altri la Gnìftra » fi debbi attribuire quella ma-
ra vigl iofa virtù , predicata fin dal volgo * di giovare contro il mal caduco ? onde
nc fù fatta Imprefa cól motto da Emblema ET MINIMA tROSVNT>. Perche
fc partecipa la medefima facoltà la foftanxa delle Corna di quefto Animalc(come
nota il Vormio) non pare verifimilci che tie debbano efler prive le ugne anteriori,
che fono molto più lìmiJidi temperamento, a quelle di dietro, che le Corna; Ri-
fleffione, che vienfatra ancora dall* eruditiflìmo liaron Dempftcro nel Trattato
deir Alce dell’ Aldrovandi . L’Efperienze però fatte dal Sig. Redi, nelle Cor¬
na di queftaBellia, trovate inutili pe’l mal caduco, perfuadono il diftinguerlc
nella virtù delle ugne. Di quella razza d’animali pare che fia rim3gine,che nel
Mufeo fi vede ne' riverii d’ alcune medaglie d’amenduei Filippi, battute per gli
Giochi fecolari, per eflcre in elTi fiate propofte di limili Beftie, comedatrac-
conto di quelle a fuo luogo fi feorge ,
' 7 CORNO di CERVO, forfi PLATICEROTE , (ingoiare per la fua ftrut-
tura; perche non è rotondo , ma piano, e non molto fopra la radice fi dilata io
modo, che eccedendo di poco la lunghezza di tré palmi , occupa quali altrettan»
rodi larghezza, e fi divide in cinque più tofio raggi, che rami» difpofti perla
circonferenza con difianze quali eguali . E’ di fofianza molto ponderofa , quali
deir avorio vecchio . Pare, che di quelli Cervi s’ intenda Oppiano, fcrivendonc »
come Io fpiega il Bodino .
Sknt quos nonmllì Eurycerotas nomine diennt ^
Cervis omnino fimtles ; nAm cornua lata
Suc.crefcunt illis Cervorum cornibus aqua ^
Domine dijfimiles, natura frorfus eadem,
8 Due CORNA di CERVO commune, le quali benché non più lunghe di -
due palmi , e di vile in non più che fei rami per ciafeheduna, non però è certo che
fiano di Cervo giovanetto , potendo anco sì brevi edere fiate divelte dalla fronte
di Cervo attempato , come rinatevi, non perfezionatevi, mentre è chiaro che
queft i animali le mutano-, cadendogli ede fpontaneamentc , come dall’ albero un
frutto maturo. Perche oltre federe ramigliofe, fono di fofianza tutta loda, c
perciò pelanti , il noftro Giulio Cretti, mentovando la favola d’ Atteone, con
ragione le chiama --ramofa pondera frontis.
Quantunque di quelle fe ne trovi gran copia, per la moltitudine dc’Cervi, fo»
no fempre preziofe , come quelle che non cedono punto nelle virtù più alclTifar-
mache, a’ denti d’ Elefante, & a’ Corni di Monocerote ; e che folo con l’ odore lo*
ro difcacciano i Serpenti pi ù velenofi , come avvila Calfurnio .
Lurida conveniet fuccendere galbana feptis y
Et tua Cervino Itifrare mapalia fumo,
obfuit ife malis odor anguibus: ipfc videbis
Serpentum cecidife mtnas: non Hr ingere dentes
Vlìa potefl uncos , fed inani debilis ore
Marcet , df ohiufo ]acet exarmat a veneno ,
El’accenna Marco Tullio Bcroi gentil Poeta Bologncfe,ovenota
Nec parcet fuffire Cedro , atque accendere Cervi
Cornua ; fi fit opus galbana , ^ ufi a yivant .
E quand* altro non le dichiarane meritevoli di riflcfiìone, non farebbe inde¬
gno motivo da confcrvarle tra le più rare cofe d’ un Mufeo, l’cder’ elleno orna¬
mento proprio de’ foli mafehi della fpczie Cervina, flante che alle femmine que¬
lle non nafeono, come notò il Filofofo nella Poetica , e nel Libro 111. cap.ii,
delle
L I 1 R 0 ^ R l M 0, CAP. V.
>7
delle Partìde gli Animali. Che però di poca avvedutezza fono tacciati molti
Poeti , che deicri vono le Cervie cornute : come tra' Greci Pindaro Oda III. delle
Olimpiche, Strofe XI. Euripide nell’Èrcole Furente, Sofocle, Anacreonte, e
Callimaco; ecra’LaciniSilio Italico, e Valerio Fiacco, il qualèfinfe la Cervia
di Frido con ie corna d’oro. ^Ad imitazione di cui il Petrarca lafciò fcritto
V»a. candida Cerva fopra r herba
Verde m ’ apparve con DFO CORNA T> ’ ORO .
dove le corna d’ oro di quella Cerva egFintende le treccie dorate della fua Laura, Jw. T/s!*
di cui favella fotro quella Tderafora. Così dovei! Marini nel fuo maggior Poe¬
ma, favellando d’ una Cerva, fcrilTe quelli verfì citati, e difefi dal Sapricio nel
VerarroP.lI.p. 3’.
Ma pilo eh' altra mirabili a vedere
Son de la fronte in lei le lue id' offa,
Son tutti i rami de le corna grandi
T>el più fin ’ or , che /’ Oriente mandi .
E dove il Valvafone nel fuo nobil Poema della Caccia mentova
■ la gran Cerva d' Arturo, 118.158.165’
C’ ha tutte di rubin le CORNA belle, Cant.^.p.z,
L ’ unghie di ferro rifon ante , e duro ,
E fimi le al Monton di Trijfo , ed' Helle
Il vello d ' oro rilucente , e puro .
poiché amendue troppo fi feoftano dal verifimile, non che dal naturale i non
fanno autorità da Storico, deferivendo un’ Animai favolofo, copiato, nonhà
dubbio dal Cervo d’Èrcole, che taluni dilTero edere fiata una Cerva colle corna
d’oro, e’ piedidi bronzo, che non ebbe altra cfiftenza, che la preftatali dalfinr
gere de’ Poeti , a’ quali , come a’ Pittori
J^idlibet audendi femper fuh aqua potelias. Hor,%nA.V
g CORNA, conunp.ezzodi CRANIO di CAMOZZA, ch’è il Horco di
Diofeoride, e la de’ Latini, da taluni chiamata Caprea, prima fpez’e
delle Capre felvaggieappredol’Aldrovandi. Sono lunghe Xll.dcta, nere, ro- DtBifulc i,
tonde, e quafi parallele, enelia fommità egualmente curve, come un’uncino, i.c.n.p.jzì
acutidìme ,e non men lode , come fatte perToftenere il quadrupede , che le por¬
ta ,qualor fuggendo l’ impeto de’ Cacciatori fi getta da qualche balza , e con effe
s’ appicca ad inaccelfibiii rupi ( di onde pare, che abbia tratto il nome ) come ac¬
cennò Marziale, cantandone
Vendentem fummà Capream de rupe videbis,
Cafuram fperes : decipit illa canes.
Poco però giova talial va in quefti tempi, ne’ quali dove non giungono i Cani,
giungono i fulmini de’ Cacciatori , che fono le palle fcagliate da gli archibugi : e
quando anco quefte nóbafladeroafar cader le Camozze in predadi chi le perfe-
gue,fupplircbbe il digiuno col domarle,factndoIe precipitare, per non poter’cJle-
no così fofpefeajutarfi . Al che fembra d’alludere Gilberto Ducherioinque*
verfi. Ergo ut flveJires perdunt fitta cornua Capras,
sic dominum perdunt intima dona fuum ,
Se più tofto quello Poeta non inccle il male, chefifanno le Camozze colle cor-
na, grattandoli la fchiena: perche talvolta penetrano tanto addentro nel pro¬
prio dorfo colla punta di quelle , che non ponno cavarle , come notò lo Scalige¬
ro . Onde , ò cadono nelle mani de’ Cacciatori , ò fi raojono di fame . Fù quefto
pajo di Corna portato dal Titolo , ne’ cui monti hà gran copia di quefti Animali.
Per Io che il GheJfucci ne fcrilfe .
B 3 Ttrol
X.ij.fp.is»
Kofar. P. I.
C.5.
Mdr. de BU
fui /.I. f.19,
Bell,ob/'. l.z.
c. 19. er fi.
A'-d,loc .citi
cag, 25.
BUC»l.£cl. 7.
0,59.
Crac, Racq.
1, 3Z./?,4i.
Ghelfnt* C,
5. 6:.
Ig C 0 S P l A N 0
Tirol d' argento, e di Camoz.ze in feno
Folto .
10 CORNO di CAPRIOLO MARINO, lungo otto dcra, e groflo qiiafi
due. Si di vide in due rami acuri, cmoflra il principio del rerzo; parrc de’ qua¬
li , con tutto il fufto ,e ladi lui corna radicale , fono Ipariì di f. c quenti verruche .
Di quello Corno, c di tutto l’Animale ne porta bella figura il Gionftoni, Tav.
XXXIII.de’ Qijadriipedi, deferivendofo a Ino luogo.
11 CORNA, con parte del CRANIO di GAZZELLA. Animale del ge¬
nere delle Capre filvcftri,c che per la Capra de! Mufehio vico propollo daH’Al-
drovandi : e dal Bcllonio , che nell’ Egitto ne vide nutnerofe torme , giudicali lo
dello con l’Origc de gli antichi Greci , per cui intendo il Bicorne a dilfercnza di
un’ altro Vnicorne, famigliare dell’ Africa, fopramentovato . Sono quelle
Corna non più grolle ù’un dito, lunghe poco più d’ un palmo ,neri(Tlme , lilcie,
c lucide , come l’ Ebano , ripiegate in dietro poco meno, che quelle di Camoz *
za, con la punta fimiirnente acutiflfìma .
12 CORNO di BVE SELVATICO, c, come parmi , di quella fpezie,
che con nome più particolare chiamali BISONTE, di verfo d.Tl) ’ VIU), che
non c barbato , e giubato ,comc quello , che appunto qual’ è ci viene clprctlo da
Calfurmo in que’ vcifi.
Vidimus ^ Tour OS, ejuiitis , a ut ccrz'ice levala
Deformis feafulis torus eminet : asit rjreihus hirta
laBantur fer colla ]uha: (jnibus afferà mento
Barba jacet , tremulifque rigent falcarla fetis .
Non così viene fcritto dell’ VrOjdi cui favellando a parte l’Eroica Mula del Brac¬
ciolini , non mentova in clTo le giube , mafolo il pelo rabbuffato , cantandone .
Corre il Tauro felvaggio, e le gran Corna
Minace ian fuor del rabbuffato felo,
che su dal tergo a la cervice torna,
J{e ’/ fotria fenetrar lancia, ne telo.
Verde ha P occhio crudel, quantunque aggiorna.
Di ^amma e fofeia a /’ imbrunir del Ciclo,
Strage è del bofeo, e non è tronco, b faffo,
che arreftar fojfa a T emfia fera il fajfo.
E prima il Ctba, infidendo nella deferizzione di Celare, ne haveva lafciato
fentto. I
Scorge d' un' altra farle un* altra Fiera,
che s* erge quafi a far d' un' F. le fante,
E che oltre ad ogni fé sii i fie leggiera
Prefenta a gli occhi altrui Taurin ftmb tante.
Alza due corni in sii la fronte altiera.
Cui ferdon d' ogni Bue le corna avante,
£, fe non cade in fen di qualche fojfa,
Romfe ogni ffiedo, e vinee ogni fere offa,
E benn hà rcfpcrrcnza • il Tranf Ivano
Che caccia I' VRO.
Altriraente però di quefta Caccia nc fcrive il Columella Bologne fe , cioè Marco
Tullio Beroi , notandone.
Immanefqne VROS , ìmmanfuetofque BISONTES
C ajfibtis , ^ fovea , ferrefìernitque , cafitque .
Contuttociò molti confondono infieme quelle due forti di Tori felvaggi, c trà
LIBRO rp R I M 0. CA?. V, 19
gli altri Erafmo di Va! vafone gentil Poeta , che nel terzo Canto della fua Caccia
con vivi colori celi dipingein conformità del difegno lafciacocì da Celate nel
fello dc’fuoi Commeiitari della Guerra di Francia.
Eran le Cacci e fue d' Fri, e Bifonti {
Sparger il /angue, e far molle il terrena;
Vi /rane caccio immanfueto af petto t
E di mortai periglio afpro diletto.
Grandi fon come gli Elefanti , il volto,
E le membra han di Bue, ma fon piu fieri,
E più lunghe del Bue le corna han molto,
fot come il Cervo al corfo fon leggieri:
Va. la cervice un lungo vello, e folto
Cade loro a coprir gli omeri alteri:
T orvo lo /guardo , ^ infiammato /pira
Orgoglio /pavento/) , orribil' ira,
0/ lor muggiti fi /paventa , e /cote
La grand’ Ercinia, e trema il Lupo, e l’Or fot
Cedon le J^ercie, e gli Orni, ove percote
L’ impeto lor, quando fon mejfi in corfo.
Come il Mar Sride, e fiar fermo non puote
Ve la mojfa Balena interno al dorfo.
Cosi Bride ancor /’ aria, e V fuol tremante
Bomba /otto a le lor feroci piante .
Virejli, quando il lor natio furore
Li traggo a imperverfar per la campagna,
eh’ un’ alto fcoglio per lo falfo humore,
0' per terra correffe una Montagna'.
./jiando cade dal Ciel, maggior horrore
Non ha il fio Igor , ne ’l tuen , che 1’ accompagnai
Non il vapor, eh' ufeendo al Ciel jùperno
Crolla Pluton con tutto l’ antro inferno,
T ali eran forfè quei , che ’ l vello d' oro
Furon pofii a guardar dal Re di Coleo,
La dove a farne il grande acquifio fòro
I Greci Heroi /otto Giafon bifolco',
eh’ ardenti fiamme da le nari loro
Solean gettar, ne fatto havean mai folco'.
Vi ferro erano 1’ unghie , e de le tempie
Vi ferro ttfeian le corna acute , & empie .
I 3 II Corno fudetto è lurrgo quali lei palmi , & adunco a guifa delle unghie
de, gli uccelli rapaci, quale appunto teftifìca il Geinero clTere flato qu^l Corno
purdi BjlontCjch’egli vide prelTo un’Orefice, ch’era per legarlo in argento, e
da gl’ imperiti giudica vali cficrc un piede di Grifo . A cui pure quello è fini le
nel colore, eh’ è nero. Non c rotondo^comc quelli de’ Buoi nollrali , ma più
tollo fchiacciato, con la circonferenzaeftetiore molto ineguale, e di lotto per il
lungoalquanro fcavato,
14 CÒRNO limile, ma più breve del precedente. Chele fulfero eguali po-
trebbono lervire perche le ne componete un’arco nobile, come 'già ufofli ne’
tempi antichi. Al che leggiadramente allufe quel bello Ingegno di Gregorio
Porcio , quando fcrilTe
Hi
20
Cyropiti'
com. l. i.v.
p*26i^'
u4ccl. 3.
V. 47.
CdTit. y.
fi. 25.
^ y S E 0 c 0 S P 1 J N 0
Hi lunata ferunt pro flexis arcubus , Vri
Cornua , feti T auri DiHats pendula nervis ,
Oggidì in alcune parti dei Settentrione coftumafi bere in iLndi Corna , capaci di
ben larga bevanda . II che purefù ufanza de gli antichi,come nfVrifcono Celare,
Plinio , Solino, & Ateneo : d’onde avvenne, che i Poeti nnlcro Bacco cornuto.
Così Elchilo nei PerebiOjindulTe i Perebii beventi nelle corna di Bue . E gli
Arcniefi , che gradivano la figura di limili nappi , ma non ne approvavano la ma¬
teria , bevettero nelle Corna d’ argento , come notò Stefano Negri ( Crcrnonele,
giufla le prove , che s’ adducono nei noftì o Ljceum Herculis , flve de Scriptoribus^
CremonenflbiiSyQonixo chi raficriicc Mdanefc) ncireruditifìimo (110 Tra tato dc^
^//<e/«,v-»,eftratto da Mufonio Filofofo Greco. Allufero a cjuefto coftu-
me Ncmeiìano , ove de’ Satiri beventi .
Cantharon hic relinet , CORNV bibit alter adunco .
& il nofiro Alcifandro Lami , che tra’ Vinolenti, eh’ egl 1 bialìma nel fuo Poema,
introdulTe Ennio con uno di qucfti Nappi alla mano, cantandone.
Non bora mi Tlupifco d' Ennio, eh' era
Optivi con d' VRl un ricco CORNO in mano ,
15 VITELLO di CINQVE PIEDI, nato sù ’l Bo'ognefc pochi anni ad¬
dietro , di cui qui trovali la parte molli noia, cioèlaCokia iinifira delle pofte-
riori , la quale fopra il ginocchio (ì divide in due gimbe , l’ una fopra cui li reg¬
geva , e caminava l’animale, corrifpondente in lunghezza , e conformazione al-
r altre tre naturali: l’altra un poco puì corra , col piede fello in tré unghie, òfia
coir unghia fella in tre parti , come fi vede nella Figura , che le ne porta .
D’onde fi può congetturare , clic lavatura nel’a genrrrzione di quello Moflro
intendeva fabricar due gemelli ; nè in ciò havr; bbi- errato , le , com’liebbc ma¬
teria da principiarne il fecondo; così ne bavelle havuro a lutiìcienza daperfez-
zionarlo. il che pure da più intendenti fu uiu cato di quel mollruofo Toro,
che gli anni palTati fù guidato a Bologna, e publicamente mollrato da u ’ Monta-
inbanco ,chc lo cavalca va ; poiché quello perimente ha ve va cinque gambe : ma
la quinta (che doveva ellcrc una delle polle- 1< ri del fecondo gemello, fe fi fulfe
perfezzionato , già che ha ve va l’ aggiunta di Ilo fcroro ) gli ufciva da una fpalla ,
&havcva l’unghia nel piede così lunga, & adunca, per non clTere mai giunta,
come l’ altre , a confuinatfisù’i terreno , ch’emulava per appunto le Corna del¬
lo flelfo animale.
16 Diverfe OVA di BVE, come ’e chiamò il Cardano. Qncfle non han¬
no di mollruofo altro che il nome , non ellendo fuori deli’ ordine della Natura la
fabrica loro: emoltopiùacconciamcntcs’appclieiebbono Palle ,òGlobi , non
havendo colle Ova altra fimiglianza, che di figura, fe tanto puòdirfi d’un corpo
più tolto sferico, che ovato, Fofeiache qutflc non fono altro, che certe mafie
rotonde
LIBRO 7 R IM 0, C A F, V,
tt
L. i»c. 57»
£ i) de Sh
/ule,e. i.f.
defcriptio»
Imp.l. 28.
p. 790.
Mu[. Cule:,
f.70}.
Seal. Exere.
ybrm. 1. 1.
p. 60.
rotondfc di pelo, e leggieriffime, che talvolta fi tro\rano nel fecondo ventricolo
de’Buoi, e delle Giovenche: quantunque Plinio, che ne fà menzione, appel¬
landole TOPI, afferiicafolo trovarfi nelle femine di quella fpezie, con dire:
-JnyfveJicarum fecundo ventre piUrotund* nigricans T ophus , nullo pondere tfhgu*
iare iUt putant itemedium agre par ientibus ffi tellurem non attigent. Sonofera-
predi quel colóre, di ciii è l’ainmalè, in cui fitrovanoi e la ragionefi èpérchc
fi compongono di que’ peli , che nel leccarli, mentre ruminano , quelii giumen¬
ti, raccolgono j & inghiottifeono , e col tramifchiar vi della laliva a poco , a poco
riducono in forma d’ovo . Così la Natura Icherza, facendo in tal maniera fem*
brare,chc i Buoi partorifeano delle Ova , Non è contuttociò vero , che fe ne tro¬
vino nell' utero delle Giovenche, come altrove lafciò fcritto Plinio , notato in
ciòdaldottifiimo Aldrovandi, che ne figaro due; attefoche raccogliendoli la
loro materia nel ventricolo , da quello aila matrice non v’ è llrada capevole di li¬
mili palle , le quali fe devono cfcluderfi naturalmente da quc’cotpi viventi , non
hanno altra via,chequella del retto inteftinov Nè folo nelle Giovenche, e ne’
Buoi trovanfi di quelli Globi (de'quali, oltre TAldrovandi, ne figurò alcuni
rimperati , & altri ne mentovò il Chiocco nel Mufeo del Calceolario) ma in al¬
are forti d’animali ancora, come ne’ Cavalli per tellimonio dello Scaligero , e
ne’ Montoni, Pecore, e Capre , giulla Ieoirervazionidel Vormio.
17 La maggiore di quelle del Mufeo è perfettamente rotonda, di fuperficic
ineguale, ma lifeia, per cagione eh’ è circondata d’una membrana, ò pellicola
lottile leonata , la quale dove è rotta , lafciaapparire i peli ’fottopofti , de’ quali
tutta la mafia è fabricata . Le altre poco variano di figura » havendo ò del bislun¬
go, ò, del comprefio.
Dé^ Quadrupedi Digitati t^ivipari. <Cap. VI,
I Quadrupedi , c’hanno i piedi compartiti in più deca , e che perciò da
Naturabili fi chiamano Digitati, alcuni partorifeono animai vivo, co¬
me li Cane , onde Vivipari s’ appellano : altri cfcludonole Ova , còme le Lucer¬
tole , d’ onde Ovipari s’ add imandano, de’ quali fa velleràfiì nel Capitolo leguen-
te. De’jVivipari qui fi vedono intieri l’ArmadilIo del Mondo Nuovo, l’Armcl-
lino del Settentrione , il Molcardino , un’ Animale incògnito , Se il Cranio d’uno
Ippopotamo.
2 ARMADILLO, come lo chiamano gli Spagnuoli , Animale del Brafile»
ove appellali T atou , congenere de’ Conigli , ò più rodo de gli Echini , & Indivi¬
duo di quella fpezie , che gl’ Ind iani appellano A]atochtli , la quale a giudizio del N.N.E. 1.9^
P, Nierembergo è la più mirabile in tutto il gcncredi limili Viventi. Nonè
maggiore d’ un Can gentile , cioè non più lungo d’ un palmo, e mezzo, non com-
prelavi la coda . £' tutto coperto di ladre durifiime , le quali fono piramidali nel
dorfo , e difpode come i triangoli deilo Icacchiere , ma in undici ordini trafverfa*
li , mobili ,e i' uno all’ altro foprapodi , benché di quedi fe ne veda minor nume¬
ro nella Figura , che fe ne porta : nelle fpalle , e per la groppa fono feutiformi , e
difpode come in molti pavimenti a Mufaico . Per tutte egli fembra un Cavallo
armato, onde nc riportò il nome d’Armadillo; anzi pare, che daluifia prefoil
modello, di quelle Armatufe di ferro, che il Bracciolini chiamarebbe fabricate
Dt pi afre aggiunte, e di cemmefe maglie,
. Qual di pefei tra /’ onde umido coro
S' arma di fquamme , e di minute faglie,
Hà la coda lunga , rotonda , c laminata , che finifee in acntoi efiendo però incur¬
vata
Croce Katq,
/. 7. 6U ^
fertuf. in
7“ ramUtig-
mk^jnutUi
ai . ^ VS E OUCiO s P I A NO .
vata^iopra la fchicna : le gambe non molto grofle , veftite di lunghi , e fotrili peli
dicoior caftagno , co' piedi anteriori feili in quattro deta, e’ poftei iori in cin¬
que ; con r ugne lunghe ,c così rob ullc , che con elle , non alrrimentc , che i Co¬
nigli! icava profondamente la terra, e con tanta preltezza , che in una notte s'apri¬
rà lottoterra una lega di ftrada. Nel qual’ atto potrebbe fe vire di corpo di no¬
bile Imprefa, che animata dal Motto IGNOTVM PT PENETRET , \nàìC2i{{Q\dL
brama d’ un’ Animo , che non perdona a fatica per giungere a qualche aftrufa co-
gnizione, tenendo per fermo con Alcffidc, giufta l’efpofizionc di Giano Pelu-
bo» che il i
Nil tam tenebris » obfitHm ,
i r-" ^lod invenire non queas,
. . Si te laboris non piget, &c,
Humana nulla res erit
Sic claufa , teSla , ó" abdita
Vt inveniri non queat.
Anzi, fottofcrivendocil’INTENTO, ftimo lecito il valermene nella nobilif-
fima Accademia de’ Signori ANSIOSI di Gubbio, alla quale hebbi fortuna^
d’ effere aggregato per opera del gentili/lìmo Sig. Vincenzo Armanni , il Tircfia ,
anzi r Omero de’noftri tempi , come nel feguente Epigramma, Icritto per la Ifto-
ria della famiglia Capizucchi m’ingegnai di provare.
gltif Sritrir kyjhKÌ dfirtf
hh.htiS'Qt HfaAf , Aapittfiiciy TtVlpi(i»vc .
Ttùtìi K*Tg Zi/j^owf faiAolav ,
Keu KAlof tu'pdirtif, Mffif i 7v^\oe tiftpt
Olirà ^fivptditp TuppxYtKot ìrìt' ipi-oloi ,
Ka."AAor h Apnàff^ SftOK cfixpoY ipù . ^
TtSt» ìiieàri j ^ufiTActTTH «-«AAa’ 'xÌKa*X,
TlctVT* Kiu ù'i'^vS'ìte ovTOf «Vaata >/>«?«•
AìktÌov df ìio' , 7o7t EAAHr/4"’^®'*' AMS»'f
Ofpct MtMigiyifue Aurtnlaiffi ^r«A«'.
3 CHIRQyiNCOdclla Nuova Spagna. 'Qu.elto cuna fpezie d’Armadillo
diverlo dall’ antecedente , di cui anco è maggiore . Nella di lui fpoglia , che qui
b conferva lenza il collo , che manca con la reità , e la coda , di cui non li vedono
chetrègiridifquame, fi offerva la fchicna lunga due palmi, e mezo, feorfa»,
trafvcrlalmente da nove giri di ladre piramidali , ordinate come nel precedente .
La groffezza del tronco è maggiore di quanto polla in una fiata comprenderli
con ambe le mani, ma nel principio della coda non eccede quanto polla cingerli
col pollice , e l’ indice . Le fpalle , e tutta la groppa , fono armate di fcagiie feuti-
formi grandi, c piccole, difpode a guifa di Molaico. Hà la cute del ventre non
pelofa, come l’altro, ma fornica di lame feutiformi: & i piedi di dietro molto
limiliaquellidelleteduggini, felli in cinque deta, de’ quali quello di mezzo è
non folo il più lungo, maanco il più groffo. I piedi anteriori non hanno, che
quattro deta, come nell’antecedente j cioè due lunghe, con 1’ unghie acnre, c
due come fproni . E’ animale così attuto , che fe piove, fi corca lupino , per rice¬
vere r acqua nella cavita del ventre contenuta tra le crolle de’ lati , c ftà così fer¬
mo per lo fpazio d’ un giorno , finche giunge qualche Cervo firibondo , che ac-
coftatofi per bere , & immerfi vi i labbri , dal Quirquinco , che fubito fi rillringc ,
reità preio, nè vien lafciato , finche per l’aogultia dello fpirito non rimanga luf-
focato il Cervo. Nello feoprimento di quelti Animali incogniti a gli antichi,
dicefi , che la Medicina habbia rinvenuto un rimedio maravigliofo per la fordicà,
per lo tinnito, e dolore de gli orecchi ic che quello facilmente ceda col mettere
r
l tB K Ò •3» K l M O, C A K PL aj
inefliì unofcrùpoló di polvere fatta delToflb della coda di quelli, come teftimo-
nio d’efperienza.aflerifce il Monarde . Che ciò però lìa una mera favola ,|è afler-
zione fondata foprale^iudiziofc EfperienzedclSig.Francéko Redi diligentif-
fimo efaminatore delle vere, e falfe virtù attribuite a diverfeCofe naturali , che
ci fono portate dalF Indie. Degli Arm idilli ne fcrivono dottamente i* Oviedo ,
che fù il primo a favellarne, e io chiama BARDATO, il Géfnero, il Beiionio,
TAldrovandi,^ il Giulio, il GionRoni, il Laet, il Vormio nel fuo Mufeo, e ’l
Terzago,eio Scarabei! ine! Mufeo Scttaliano.
4 ROSTRO, comefembra , di VOLPE del Brafiilé,defcritta dal Margfac-
ciofottonomedi CaHgaeja, chiamata dal Nicrembetgio Cer/gona, dal LeriO
Sarigoy^ dallo Ximcne da altri Ittpàti^ifnay della grandezza d’ un
Gatto ordinario , e col mufo limiimente barbato , ma molto più aguzzo che nelle
Volpinoftrane, e con coda alquanto pelofa nel principio, nel retto glabra. E'
quello Rottro lungo quali tré deta, e largo poco più d’uno fotto il litodegli
occhi , & a poco a poco alfottigliandolì và a finire in acuto . £' armato di tre lor^
tididenti, cioè due Canini nella punta dei Mufo più lunghi di tutti, e molto
aguzzi : e tra quelli cinque inciforii minimi , & otto mediocri triangolari , quat«
tro per parte triangolari molto fodi. Mancano! Molari, che dovrebbono ett^ere
altrettanti, col rimanente del Cranio, Con quelli Tanimal vivo fà gran ftragè
de gli Vccelli , infidiando loro fopra gli alberi , e di galline , rubbandole al foiitó
delle Volpi noftrane . E'conficcato nel principio d’ una gran coda d’ Aquila, ò di
Pattinaca marina , di modo che tutto quel corpo fembra un’orrido Serpente , che
inette fpavento non tanto con gli aculei frequenti, de* quali tutto è fparfo , quan¬
to per la fierezza de* denti , che l’ armano .
5 ARMELLINO, ò ERMELLINO, Quadrupede, che da’ Latini appellafi
TdufieUalbAy perelfereunafpeziedi Donnola , ò Benola, come dicelì in Cre¬
mona mia Patria , dall’ Arabico BeluU yZQ\xìt l’efpone il Silvatico : la candidezza
dei cui pelo fà fede elfere egli parto del nevolo Settentrione, tanto più degno da
tonlervarfi in quello Mufeo , quanto più mirabile è ’l cottumédi limili animali ,
d* amar rantola purità del ior candore , che più rotto , che imbrattarla di fango ,
ò d’altro , fi lafciàno morir di fame , ò divenir preda de’ Cacciatori . Onde pafsò
in limbolo della Cattità, e come tale fù figurato neli’Imagine del Trionfo, che
necantò il Petrarca, Quindi il Ghelfucci parlando della Pudicizia
■ E d* un ricco ARiiELLINO , o'Hd' havéa V fanco
Cinto t ricinfe al cor là bella Tfi^a.
In propolìto di che, né-ir AMOR CONVINTO , Iddio del Sfg. Co. Carlo Mal¬
vada , per lo Monacato di D. Alma Eller Malvalla , Nipote del Sig. Marchefo
Colpi , fi legge ^ '
Di candido ArmelUno , >
Move la puritade entro ’ / tuo feno
Scandefeenze y e furori.
Virtù , che tra’ Poeti fù così cuftodita da Michele Verini , 1* Autore de’famofi
Dittici Morali (e perciò ben degno figliuolo d’Vgolino il Poeta Iftorico di Fio¬
renza ) che meritò che nel di lui fepolcro s’ intagiialTero quelli verfi del Polizia¬
no allufivi a’Cottumi deH’Armellino.
' I' ytrinus Michael florentibus occidit annis,
, . Moribus, ambiguum, major, an tngefiio.
ViHicha compofuit doSlo miranda parenti,
claudunt gyro ^andia fenfa trévi.
Sola Fenus potefat leJito fuccu^r^eY^ niotbo,^
■ 2iB
Monard.
l. C » 2»
Ked. Efy.
Nat. 67.
Bello», /.3.
obf. c. ult.
Aldr. de
Quadr. Di'
Cluf.l. f.
Exot. c. ly.
lonjt. i, i.c.
zi.dèQuad,
Rernt. l. 3,
e. 23.
lo. l, att. l.
Muf. Set-
tal. c. 3®-
Marcgr.t 6.
C * z*
Jonfion. de
Qttadr.Dfg,
7 ab. 63.
'Aldr. de
Quadr Di¬
git l 2.f.i5;
P.J20.
PiciHiU,. in
Mmd Syin
bel.l, ^.(.4.
Rof. P. t. e,
2. 87.
V. 481*
»4
^Aìdr: de
Q^/td. Dig.
^ S*
id^tbu. ;2>
Aldr. de
Quad. Dig-
Vtvtf. l, I.
C. II.
Bucai, ad»
7. v.^5.1
M y S B 0 C à s P 1 A H 0
NE SE fOLLVERET MALVIT ILLE MORI.
Hic ']acet , he» > patri dolor , é‘ decus , unde juventus
Exemplum t Vates materiam capiant.
Di Iui parimente nel noftro Ateneo de’ Poeti fi legge quello Epigramma
Moribus Angelicus moralia diHicha panxit
Verinus Michael ^ Vate probata Patre.
Contemni timuit fanSlo mors carmine •, & % inquit»
Corripiens puerum : Dijlichon ecce breve.
6 TESCHIO d’ARMELLINO, col roftro più acuto di quello rapprefenti*
no le imagini addotte dall’ Aldrovandi .
7 MOSCARDINO, ò fia Sorcio dell’ Avellane, così chiamato per pafeerfi
piùdiquefto Frutto, che d’altro, Confcrvafi quivi in un crillallo, altrettanto
amico deir Armellino , quanto prima n’era nimico ( per eflfere naturalezza di
quello il cacciare avidamente i Topi per divorarfegli) non temendo divenirne
cibo, mentre quella vita, che quivi godono per indudria humana nonhabilo-
gno d' alimento , mantenendoli folo per alimentare d’ accordo l’ erudita curiofi-
ta di chi gli mira per faggio diporto dell’animo .
8 ANIMALE IMCOGNITO, le cui fattezze, per quanto apparifee dalla
fpoglia, chequi ficonferva, mollranlo non molto difflmile ad un Cane, quan¬
tunque però d I rutt’ altra fpezie lo dichiari la coda tutta fcagliofa , e fimigliantif-
fima a quella del Catlà , che defcrivcrafii nel Capitolo feguente : da cui lo mani-
feda digerente di fpezie non folo la diverfità della fembianza, ma ancora, o
principalmente il cuojo non ifcagliofo, ma pelofo , come congetturali edere
flato quello, in cui fcorgonfi,fe non ipeliconfumatidairetà, almeno le velli-
gladi elfi. Era lungo poco più d’ un palmo, col ceffo , e piedi canini . La Vec¬
chiezza di queda fpoglia non lafciadidinguere altro. Mi perfuado non fia per
anco dato deferitto quedo Animale , non trovando tra quanti Autori hò veduto
figura, ò deferizzione alcuna , che lo rapprefenti .
9 CRANIO d ‘IPPOPOTAMO, olia Cavallo Fluviatile , così chiamato,
non perche fia Ipezie di Cavallo, non edendo nè meno razza d’ animai Solidi-
pede ,comc quello, cioè con l’ unghia tutta d’ un pezzo, havendola feda in quat¬
tro parti; ma percheedendo Quadrupede, c’habita per lo più i Fiumi, aggua¬
glia, e tal volta fupera la grandezza d’un Cavallo: dalla cui leggiadra figurg
molto divello lomanifeda la fconciatura delle proprie fattezze, accennato dal
Coridone di Calfurnio là , dove cantò ,
— ■■ àquoreos ego cttm certantibus Vrfis
^ Spellavi vitulos» ^ equorum nomine dignum»
Sed deforme pecus, quod in illo n afe i tur amni »
^jii fata riparum venientibus irrigat undis .
Per Io qual Fiume s’ intende il Nilo, in cui molto frequente fi trova queda Fiera .
L’Ippopotamo , che perciò vien figurato nelle Imagini di quel Fiume , e talvolta
n’è geroglifico , quale appunto s interpreta la di lui Statua nel Vaticano ,con un
Crocodilo in bocca . Q^xaà'ìC avallo del Nilo c.h\zzr\cì\\Q il Bargeo, ove deferi-
vendo lo Scettro da Colomano Rè di Polonia mandato in dono a Goffredo , af-
lufe al codume de’ Rè dell’Egitto, i quali nella parte inferiore de’loro Scettri fa¬
cevano figurare l’ Ippopotamo , e nella fuperioic la Cicogna , denotandofi in tal
modo inclinati alla Pietà j e nemici dell’ Empietà lignificata in quedo Quadru¬
pede. Così il Poeta.
Tum vero, quando ille aliud nil majus habebat
Goffredo jubet inclufum , fulvoque decorum
/Ere
25
L l ^ n 0 ^ R I M 0, € A P FI
JEre darà Scepirnm, cH'yis pars ima frementer
Befuper urget E.^VM NILI Genitoris alumnum.
Benché non folo nel Nilo fi trovano di quelle Fiere , ma fe ne vedono ancora nel
Zaire > e nel Bamboto dell’ Africa ,e nell’ Indo . Anzi non folo dimora ne’ Fiumi,
ma habira fimilmence in alcuni Mari . Per Io che taluni lo chiamano Cavallo Ma¬
rino tComc^WEgizzVx medelìmi, tra’quali s’appella Eoras Flehar^ lignifican¬
do in quella lingua Foras il Cavallo , e Bar il Mare . Vedefi fedelmente fcolpito
nel Mufeo in una Medaglia di Marcia Ocacilla, per ellere flato propoftone’
Giuochi Secolari da Filippo di lei Marito.
10 Queflo Cranio , quantunque nudo , e non de’ maggiori , con tutta la Man¬
dibola luperiore, la quale nell' Animai vivo fola fi muoue, come ne’ Crocodili,
è lungo quattro palmi, & ove più fi dilata fopra il fitodpgli occhi, largo due ,&
in elio fi contano venti rotonde cavità de’dcnti dalla partedeflra , e deciotto dal¬
la finiflra, le maggiori delle quali fono d’ un’ oncia di diametro. Nel mezzo del
roftrojch’èrotondofchiacciaco, edifottocavo, e largo un paimo,hàunfolo
pertugio naturale, rotondo, di due oncie di diametro, in cui finifeono i due canali
delle narici. Dalla partefiniftra del quale fi fporge in fuori una prominenza of-
fea, ma fpugnofa , grolla quanto una noce, natavi forfi per qualche gran ferita
ricevuta dall’ Animale : che pure hà coftume di ferirli da fe medefimo , quando è
infermo, agitandoli fopra i bronchi , ò gli ftécchi acuti delle Canne tagliate , fin¬
che verfa il fanguef quali maeftro di quella operazione chirurgica all’huomo)
cfenteallcggcrirfiilmale. Nel quarattofomminiftrò materia a due Emblemi
del Camerario , che portano in fronte CONTRARIA FROSVNT , z. VyLNEKE
RECREoRy 8c ad alcune Imprcfe riferite dal Picinelli,una delle quali hà per mot¬
to DOLEAT VT VALEAT, altra IN VFLNERE SALVS, & un’altra ,ch’ è
del P. Abbate Giacomo Certani Bolognefe,hà per anima
Con le ferite fue compra la vita.
Per pafeerfi d’erbe al confueto di tanti altri Quadrupedi, s’è ragionevolmente
collocatotrà gli animali terreflrh béche veramente fia più toflo di natura anfibia,
comerefprenfe Alcibiade Lucarini, proponendolo per corpo d’ Imprefa, col
motto t^^A T ERRALE FOLLET.
11 DENTE d’ IPPOPOTAMO, lunato , nella fua maggior dimenfione
lungo Xll. oncie Romane, quantunque manchi non poco della fommità confu¬
mata dall’ ufo . Hà figura quali triangolare , e viene feorfo da un capo all’ altro di
molte fcanalature profonde : e nella cima per lo fpazio di quattro deta è fpianato
in maniera , che fembra limato . Nel fondo è vuoto , e nel rimanente tutto fodo,
c di color d’ Avorio . Se n’ hà bel la figura appreflfo J’AIdrovandi . Ne fù regalato
il Sig. Marchefe Cofpi dal Sereniflìmo Principe Cardinal Leopoldo de’ Medici .
Di quelli denti, e delle offa del Cavalmarino fi raccontano virtù mirabili, fe
fallerò vere, cioè che applicati, ò portati addoITo, ftagnino ogni più dirotto
fluffo di fangue , e giovino molto a reprimere i movimenti carnali; anzi che ren¬
dono gli huomini impotenti alle operazioni Veneree , non altrimente di quello è
fama, che vagliano le ofl'a, & i Denti de'Pefci DONNE, così chiamati da’
Portoghefi . Non riufeendo però quello Dente all’ una , e all’ altra prova , come
non riufeirono quelli , de’ quali fece più volte efperienza il dottiflìmo Francefeo
Redi , ne fegue che tali facoltà non habbiano altro fondamento, che l’ opinione
del volgo, che coftando per lo più d’ huomini di buona palla, crede facilmente
cuttociò.chediprodigiofogli vien raccontato. Così mi perfuado con quell*
accuratifiìmo olTervatore delle Cofe naturali , tuttoché apertamente ne feriva in
contrario il P. Michele Boim Giefuita da lui citato .
C
Syrìad. *.4.
'£',231.
ìnterp.
r/fttph. ftLj
Avib,
Mùnà.Sim%
Efper. Nat^
intorno alle
cojedtU' ]n,
d1e.pA5.y9.
D' alcu.
I
M y s E 0 c 0 S p I 4 N 0
aIchhì MoHri nel genere de' i^^adrupedi Digitati, Cap. VII.
t, I- Sylv,
ViU V, »5»
^•3. C, 1^.
De Monfìr.
p.6f5. 6j(5.
De V Ht9.
l.i.p.598 ed.
Hag.i'ii'i.'è.
Dei genere de’ Quadrupedi Digirati fi redono nel Mufeo tré Moftrl 1 che
per la ftra vaganda loro meritano , che fe ne fa velli a parte , Sono qocfti
^n Cane Acefalo , un Cane Pentapodc , & un Gatto di due corpi .
2 CANE ACEFALO, ò
fia SENZA CAPO, così na¬
to in Bologna del MDCLX,
per derogare a quel dotto ìen-
timento del mio riverito Van-
den Broecke
fr imipio capite in fummo ,
velut arce fuprema
Mens habitat cusio s, Ó" felix
hofpita regnat.
Errore veramente notabile,
ma involontario della Natu¬
ra » la quale impedita dalla
mancanza della materia lafcìò
quefto Animale fproveduto
di quel'a perfezione, che fe gli
doveva , concedendola fuori
diptopolito, benché giufta la
particolar difpofizionc del iu-
bjctto ,ad altri , che non la ri¬
chiedevano; comcaquel Vi-»
te Ilo di due corpi , che al rife¬
rire d' Vbcrto Storico di Po¬
lonia; nacque in Caldfia del
1269. due capi di Cane
volti l’uno a Levante, l’altro
a Ponente, mentovato , e figu¬
rato ncll’Ifioria de’Moftri dcl-
l’Aldrovandi; ò a quell* altro
Moftrc.chedcl ii 2(5. nacque
nell’ Albania con due corpi
nella fpina congiunti , 1’ uno
humano , l’ altro canino , qua¬
le appunto deferivefi un’altro,
non so dove , comparfo al
Mondodeir 854, ambo come
veri , così più degni di memo,
ria , di quello fiano que’favo-
lolì Popoli di Luciano, ch’egli
fcrilTc abitar la Canicola , e'di
vantaggio non humanis y fed
caninis vultibus , fuper alatas
glandes pugnare y come che {e Vi «fS'fft nuuTpofUTti irì |6AA<V»r
. Da’ quali per avventura ( fe non da’ Cinocefali , razza di Scimieaftu-
tiliimc } furono copiati quegli huomini con tefta di Cane , che Marco Polo fcriflc
abitar
t no T Kì M 0, ^
abitarheirifolaAngatnan, & ilLicodene A. D. nell’Etiopia Aquilonare gran
nimici de’ Tartari, al riferir di Vincenzo nello Specchio lìlorico, quantunque
altri gli atceflimofudditi del gran Cane di Tartaria ; Gente al mio credere non.,
tnen vera, di quello fiano tutti! Popoli riferiti dai mentovato Ateiflia nella fua
veralftoria. E molto più degne da ricordarli mi fembrano quelle ftravaganze»
chea quello pròpolìto, benché in altro genere , fovviemmi d’haver veduto in
Bologna del MDCLXV. in due Fiori di Melo Granato, ambo colti nello fteùo
Albero , con la lembianza di ben formata Telia di Cane , l’ uno però con la boc¬
ca chiula^T altro col ceffo in atto di digrignarci denti. OlTcrvolli anco il Signor
Dottor Montalbani, il quale ne fece menzione, e li figurò nel primo Volume
della Dendrologia dell’ Aldrovandi, foggiungendovi quello Ichcrzo, che mi
fuggerirono in difefa di si bcll’Opera , alludendo alla favola di Froferpina
C&e * / diginn rotto al Melagrano havea .
cioè. Ne temere hac carpas y ne fis nova fabulo 'Mundo y
Latrat ab Elyfìis horridus ijle Canis.
3 Maritorniamo al nollro Cane Acefalo fopra tutti i MoUri mentovati mara-
vlgliofo . Era di membra perfettillime lino ai collo , il quale terminavain roton¬
do, cornei’ ellremità dello 'nteftino cieco, fe non haveffe havuto un rilalto di
carne , groffo come un cece fopra la prima vertebra , con la pelle quivi tutta con¬
tinuata, e fenzavelligio di pertugio alcuno. Ville alcuni momenti ,ufcito matu¬
ro dall’ utero materno , e per avventura farebbe vilfuto affai più^,fc bavelle havu¬
to qualche fpiraglio , ò llrumento atto a ricevere l’ aria per la refpirazione , com’
era il Tubulo nella fommità delle fpalle di quella Fanciulla , che pacque in Villa^
ftancadi Guafeogna del 1 5 da. e vien figurata neirilloria de’Móllri dell’ Aldro¬
vandi. La di cui mancanza, manifella più di quello ammirabile quello Mollro
Canino. Nè folo viffe qualche poco dopo elfer nato, ma hebbe moto, e fenfo,
perche quantunque lenza capo , eh’ è l’atrio de’ lenii , & in confeguenza lenza il
cielabro, che ivi rifiede, prima origine de’ nervi, che fono gli llrumenti del fenfo,
c del moto , gli ballava l’havere la fpirale midolla, che non effendo altro, che fu-
fianza di cielabro diflefa per le cavità delle vertebre, dalle quali trafmette molte
coppie di nervi, fuppliva il difetto di quello. Così lenza capo fervi perche in
elfo faceffe capo la maraviglia, che traffe a llupirne quanti l’oflervarono, e mi
dettò quello Poetico fentimento in perfonadi Mollro così ragguardevole. ^
Non habui Cerebrum, at vixi; hinc, Itcet abfyue Cerebro,
Me Cerebrofa magis BeBia nulla fuit.
4 Nel qual fenfo fi fi inrendere efclufoda quella nora di Galeno, che feriae;
fdti'Ira tàv et’voMTovTs «t<TvvÌ7ar ^ «aa’ tKttvtf (th u’jtt.VTiie
J'tfK irkarfaiffiv, lyKÌ(?a.\ct (fctaivt cioè nullum ftolidum, aut imprudentem ,
excordem dici , fed tllos quidem omnes vacuos cerebro. AI che allule GlibettO
Ducheno Poeta Francefe , che motteggiando un tale , ne cantò^
illi nec caput effe, nec cerebrum.
Non così havrebbe potuto vivere 1 nza Core, elfendo quelli il principio della
vita : t ui mancando , era neceiTar io , che mancaffero tutte le funzioni della Natu¬
ra . Onde la vita di qnefto Mollro , quantunque breve , fù un lungo argomento ,
che vivamente provava nt gli animali effere maggiore la necelfìtàdel Core , che
delCielabro: come porta l’opinione di molti, difefa tra gli altri da Paolo Bel-
miffero Poeta Laureato , nell’ V ndccima di quelle Conclufioni, che publicamen-
tefoftenne in Bologna alla prefenza di C emente VII. fuo Mecenate , Stampate
C a nel
Alàr. Dea^
drol.l i.c.l»
Mottjir.fcii
2 j .652.653.
èyj.
Dendrel, in
Proleg.p.B^.
tir 1. 2. c. 6.
f.614. t :
Valva/, delft,
la Caccia U
5"/?. 48.
De Jllongrl
p. 401.
Told, Co/l»
pani. C. v;
Jt, II.
Gal.de u/%»
part.l.iz.
De Piaci
Hipp &
Plat.l.'^.
L,l.Ìp,22^
'tl M V S M 0 e 0 S P l A N 0
-* nelfinedclledilul Pocfie,laqualcficC4^«/»tf«^^rrff//*««» Mgmiruiff $ (pii*
gaca inqucfti ver(i.
Stimi ff. in Sallitur erga_magis capiti dans munera prima%
ffiePotmat, Vecors fi cerebrum munera cunSta gerat,
f.ioS. E ciò perche inanzi have va ferino. Animam primo efife tn Corde,
Et ponens totam ipfiam in toto torpere primo t
j^um meliora prius munera corda gerant,
5 Del qual parere fù difeniore ancora Stefano Fafcafio Avvocato Parigino»e
Poeta di gran nome» che più diifufamente a qued o propoiito laiciò da leggcrfi DC^
fuoi Poemi . Cum Corpus Capite » & Caput Cerebro ,
Inter c ater a membra noOra confiet ^
Et fiedes Cerebrum putetur
Mentis, \udicii , K^Eftimationis ,
^ui fit, ut veteres putent in ipfo
Corde fifiere cogitationes^
,^od, (fi- Pagina Sacra \udicavit.
Et cum fe meminiffi ait Latinus,
Verbo k Corde dato. Recordor , inquit i
Et dum fie memorem ejji velle ^aelat.
Per Cor difeere Gallicanus ufus
Dicit fignificantiore voce ,
Cordatum quoque , Corculumque nobis %
Olim pro Sapiente pradicarunt.
Et vecordem itidem virum Latini
Pro bardo, ér fiolido', an quod hi putarent
Cor nofirum Sophia Domum efie folam^
Cyft immb hoc ita credo dictitatum.
Inductos, if* hanc opinionem
NoFtros, (jr Latios viros fuijfe,
^uod fi a corpore dempferis Cor ipfum,
Ntl, nifi Saniem, excreationem ,
In fumma , nifi Pus tibi relinques .
6 FÙ quello Moftro donato al Mufeo dal Dottor Ovidio Montalbanidib.m.
che vi notò di fua mano nella bafc dei Vafo, che loconfcrva, quella Ilcrizzione:
CANIS ACEPHALOS , WEST SINE CAPITE, OBSERVATIO HABITA AB
OVIDIO DE MONT ALBANIS ANNO DOMINI MDCLX. E di vantaggio ne
favcllòncllelucCureAnalitichc.ove ne propofe l’addotta Figura.
7 Di limili Moliri Acefali fe ne vide uno nel genere humano, nato in quella
fioritilTimaCittàdiBoIognadelMCCCCXXXl. nellallradadiTorlionc: e ne
venne alia luce un’altro nel di lei fertililTimo Tenitoro dei MDCXXIV. l’uno,
e r altro riferiti dall’eruditillimo Bartolomeo Ambrofini nell' Illoria de’ Mollri
deir Aldrovandi. E tale racconta Ctelia Gnidio nelle memorie di Perlìa, che
fulle un Fanciullo, che nacque di Rodane Moglie del Rè Cambile. Ne mento-
Aldrjoe. va un’altro il Licollene A. D. nato in Vitreberga nel MDXXV. è Giobbe Fince-
lio nel Libro de* Miracoli de’ nollri tempi ne delcrive un’altro nato del MDLIV.
I quali Feti, fe tra noi s’ hebbero per Mollri, farebbono forli padati per corpi per¬
fetti in quella Regione dell’ Alia , che vien dominata dal Monte Milo verlo Oc¬
cidente , le fude vero , che quivi , come fcrille Plinio il Giovane , vi vede una Ipe-
zie d’Huomini lenza capo, quali appunto riferilced’haver veduto nell’ t fiopia
il Santo Vclcovo Agoftinoferivendo: Ego jam Epifeopus Hipponenfis eram,
cum
LIBRO rp R I M 0, CAR. Vll 19
cum quibu/dam Chrisii Servis ad MthioptAm ijerrexi^ut eis Chrifii Ev angellum pre¬
dicar em , & vidtintis ibi multos homines » & Mulieres capita non habentes , fed ocu ¬
los inpeBorefixQs ^cateramembra habentes nebis aqualia quefta razza d’huo-
minl c verifimile che fuUcro genti più tofto lenza colio , che lenza capo , cioè col
capo immediataniente.piantatosiì lefpallc: e che per tanto veduti da lungi lem-
bralTeroin tutto lenza capo, con gli occhi nel petto: come appunto giudicò il
dottilTimo Aldrovandi, elponendo quello pafiò di S. Agoftino .
8 CANE PENTAPODE, òfianatocon CINQVE PIEDI, il quintode’
qualicon tutta la gamba perfetta è accoppiato a’ due pofteriori dalla parte delira.
Di che fi come ne fù cagione il foverchio della materia leminale , così mi rimet,
roaciòchcinfimilcpropofico s’è detto di lopra nel Cap. V. nu. parlando
del Vitello da cinque piedi: badandomi qui d’accennare, che limile llrauagan»
za in altri animali parimente accaduta fi legge , oltre quello Cane, e ’l mentovato
Vitello di quedo Mufeo, cioè in un Bue, in un Cavallo, & in un Gallo figurati ne’
Modri deli’ Aldrovandi: & in due Agnelli, l’uno nato nel Territorio d’ Alcoli
del Secolo padato, l’altro a’ nodri giorni sù’lBolognele ne’ Beni deli' Illudrils.
Tomaio Colpi; ma il quinto piede di quedo gli ufei va dal dorfo . Anzi egli have-
va due capi, e due code, come offervò i’ erudicilfimo Monta!bani,che ne commu¬
nico la relazione al Sig. Ambrofini, il quale ne fece menzione nell’! ftorU fopraci-
tata de’ Modri dell’ Aldrovandi .
~ 9 GATTO di DVE COR*
PI.’ con un lol capo, uniti fino al-
l’umbilico, quale appunto è quel¬
lo , che propone il Montalbani
nelle lue Cure Analitiche, nato
del MDCLX. Simile a cui ne
giunle alle mie mani un’ altro na¬
to del MDCLXVIII. della quale
modruolìtà è probabile ne fia ca¬
gione la facilità di confonderli,
& unirli in uno Individuo le ma»
terie deftinate alla generazione
di due corpi didinti: maffime tro¬
vandoli quede in un’ utero ferti-
liffimo , & in tempo , che vi fi for¬
mino diverfi altri Embrioni , co¬
me nelle femine di queda Ipezie ,
che lovente in un lol parto elpon-
gono alla luce quattro , e lei feti .
Cosìoccorfe in Bafilea,ove, al
riferire del Licollene A. D. del
MDLIl. nacque tràmoltid’uru
partOjUn Gatto di due corpi uni¬
ti, come quedo, folo nel capo^
Cosi altrevolte è accaduto in
Bologna, ove oltre i precedenti
Modri di queda fpczie, nacquero
parimente que’ due, che figura
l’ Ambrofini neH’Illoria de’Mo-
Rri dell ’ Aldrovandi > cialcuno
Serm. 37,
De Mentri
So
P-5J7- 54®-
543- 5Ó0.
L.i.g. 3!;
'so
^ r S E 0 COSE 1 A N 0
Jildr. àt
Aionfly. /.I,
t. II. 620.
6ii.de Qua'
eirup. Digit.
Vtvip. L 3,
». 11.
Jo, Per Atius
Utfhch. VAr,
^óc.
Thomafttt,
in fetrarchÀ
Redivivo .
uint. Qu*r,
Rhapf. VAT,
carm. l. j.
f.miht 171.
con due corpi uniti non folo nel capo, ma anco nel petto, come è parimente
quello» che iì trova figurato nel Volume de’ Quadrupedi Digitaci dello fteffo
Aurore,
I o Ma fe quelle ftravaganze per loro cagione lortirono la fovrabbondanza ,
e confufione del la materia: a! contrario d’effe, dal mancamento di quella èda
dirli, che pendeffe la mollruofità da non tacerli^ d’ una Gatta, che fù del Sig. Dot¬
tor Monralbani , nata con tre foli piedi , due pofteriori , & uno anteriore , la cui
gamba piegandofegli alquanto lotto il petto, lemhrava ufcirgli di mezo lo fter-
no. Nonollante però il difetto del q narro piede, corre va, e faltava con agilità
incredibile, e faceva grandiffima ftragc de’ Topi, avverando per la lua parte quel
Dillico di capricciolo Poeta ,
Ff//s Sorte firn; haud felix Jìc Dives oh aurum.
Vt felix Felis y murihus altus erit ,
II Figliò quella più volte, ma come di natura feroce, divorò Tempre ì pro¬
pri Parti , Agitata pofeia un giorno dalle furie d’ amore , fi fmarrì, nè più lafciòffi
vedere nella cala lolita , con parricolar dilgullo del Sig. Montalbani , che brama-
vadi ferbarne lelpogIie,comegià feceil Petrarca quelle della lua Gatta , che an¬
che a* nollri tempi fi confervano , come feri ve Monfig. Filippo Tomafini nella di
lui vita , delle quali così Icherzò Antonio Quercnghi gentiliffìrao Poeta .
I, Fatis amor Fufei Felis t quid facra tot annos
Extin^o vita lumine te&a colisi
Divinos domini pergg fervar e lihellost
Terrifico injiciens Muribus ore metum.
j, ^..ydrcebam facro vivens à limine Mures y
Ne Domini exitio fcripta diferta forent.
Incutio trepidis eadem defunSla pavorem.
Et viget exanimi in corpore prifca (Ides .
Etrufeus gemino Vates exarfit amore y
Maximus ignis ego , Laura fecundus eras ,
J^id vides? Divina illam fi gratia forma.
Me dignam eximio fecit amante fides .
Si numeros y geniumque f acris dedit illa Libellit,
Caufa ego, ne favis muribus efca forent.
De' .^adrupèdi Ovìpari, Cap. FUI.
I Ra’ Quadrupedi , che propagano la loro fpezie , non efcludendo Animai
i vivo, come i precedenti, ma partorendo le Ova, come gli Vccelli,d’on-
dcOvipari s'appellano, cade quella principal divifione , chealtri fono vclliti di
cutefcmplice, òlifeia, come le Rane, ò ruvida, come i Crocodili: altri fono
armati di corccccie ben forti, come leTelluggini, delle quali nel Capitolo fe-
guentc . Sotto la feconda differenza caminano quattro forti d’ Animali , che veg-
gonfi nel Mufeo , riducibili al genere delle Lucertole ,cioè i Crocodili , i Catlà ,
i Scinco idi, & i Camaleonti. Tra quefti il maggiore fi è il
2 CROCODILO PRIMO, il quale, fe bene è razza di vivente, che non
conqfce meta nel crefeere, non però eccede due braccia di lunghezza, & ha di
particolare, e d’offervabile, due denti di più del numero prefiffoli da Éliano, e
notatodalGefnero A.D.che ve ne contò folo feffanta, forfi per non haverne
trovato maggior quantità in altri ancorché ve ne fiano di quelli, che ne hanno
fettanta.corac uno de’ maggiori , che fi vede nel Mufeo dell’ Aldrovandi , lun¬
go
L hrs R a ^ R l M 0. € A P. m 31
go Piedi XII. De* quali denti raccontafì virtù memorabile , fe fuffiftcfTe alla pro¬
va: cioè che coHolotoccamento lanino il dolore de’ denti, e li prefervino dal
guadarli . li che però è fallo, come infegnano le accurate Efperienze del Sig. Re¬
di . Il cuójo del ventre di quefto Crocodilo , eficndo bigio, ò corrreo, lo diver-
fifica dal fulTeguente . Nel rcfto concorda bcniifimo con le defcrizzioni addotte
dall’ Aldrovandi, e dalGionlioni: Succede a quefto il
3 CROCODILO SECONDO, più piccolo del precedente, come quello
che non è più lungo di quattro palmi, non poco ragguardevole per la coda ri¬
torta, che finifce in una pinna lunga otto dita, olTervata dal Gcfnero per cola
inen’ordinaria,havcndoiCrocodilifolounafiladi crefte eminenti nella fom-
micà della coda , che di lotto lino al fine è rotonda , la quale rotondità nella coda
di quefto non giunge, che alla metà delia lunghezza, rimanendo nel rcftanto
ftiacciata, e fcarna, col degenerare nella pinna fudetta. Hà ’l ventre giallo, a
dift'erenza del primo , che l’hà bigio, E l’uno, e l’altro fono ftimati cagione,
ehe nel Mufeo non vedanfi de’ Topi ; effendo opinione d’ alcuni , che trà quelli ,
c quelli paffi naturale inimicizia, come accennò Teruditiffimo Paolo Macci ne'
fuoi Emblemi, atteftando che per tal fine vengono fofpefi in divertì luoghi , &
in particolare nelle Chiefe , col cantarne
Suf pendi Templis fertur Crocodilus in altis 3
Arceat ut vifu noxia Monlira fuo.
Sic terrere malos esi confuetudo malorum ^
Moribus improbitas^ fìc inimica malis.
4 Hanno fimilmentequefti Animali antipatia co* Delfini , co’ quali fovente
combattono alle foci del Nilo . Quindi Toldo Goftantini da Serravalle , Poeta ,
chemirabilmente imitò Dante Alighieri, & in alcune invenzioni Io trappafsò
di giudizio , nel fuo Giudizio Eftremo notò per effetto di cagione occulta , che
Con la Fera del iV//, che forte ha I' ugna,
5 Così all’ Huomo, di cui fono amiciffimii Delfini, fono nemiciffimi quelli
Bruti , i quali , coraggiofi rincalzano , s’éi fugge , c tìmidi Io fuggono , s’ ei loro
incalza. Onde Francefeo Bouffueto, che compendiò in verfi i’Iftoria de gli
Acquatili del Rondelezio , cantònne .
Inflantem fugit hac Fera 3 prófequìturque fugacem 3
Anzi per divorarlo l’infìdiano, eperterra,e peraequa. Che però l’humana
induftria inventò diverfe maniere di pigliare i Crocodili , e trovò riufcirgliil
farne preda nell’ acqua co’ facci, e gli barai, e le reti ben robufte ; e nella terra col¬
le trappole, come coftumafi nell’Egitto, eco’ pali ben’ aguzzi, cacciatigli giù
per la gola, come ufafi nella Florida. Ma più curiofo è il modo praticato da’
Tentiriti, braviflìmi Notatori, che nell’acqua prendevangli col faltar loroa
fa vallo , cacciandogli a guifa di freno un pezzo di legno a traverfo della bocca ,
cui pofeia reggendo quinci, e quindi con ambe le mani , guidavangli , quali de-
ftrieri imbrigliati , alla riva , come fece quel valorofo guerriero, di cui Sigifinon-
do Boldoni Milanefe, Medico, e Poeta di gran merito , cantò .
Nudo le forti membra, e diede al noto
Le braccia nerborute al Lago ignoto.
Ma dilungato poco erA dal Itto ,
che r armento crude l corfe a la preda ,
Si che 3 de 1' onde il rimbombare udito.
Forza e che fa nel rifehio, e a pena il veda,
eia dal fen cupo tm Coca drillo ufeito^
che
Ff{. Nat.
P* 77*
Aldr. de
jQuadOvip.
/. I. c. i
■/ìn/t.l.i^.c.2,
jp. 209.
EmbL 37.
C<WM8.f34
Jo. LeenJ.^ ',
aifr.
Cad. de\
Longobardi
Cant. 5.81.
3»
iof. Aeofl. l.
j Htft.Nat,
ind. f.aji
^nthol.Lil
M r S E 0 C 0 SP ì A N 0 ’
C^e le rive del Nil tutte depreda ^
Jìifjirrìt la voragine profonda-.
He vai, eh’ egli fe »' f»gga, o fi n afe onda,
il gener ofo all’ hor , guizz^ando in alto ,
Si lancia fopra 1' onde, e fchifa il morjox.
Poi, come Jlral, con fubitaneo falto
Stt la belva s ’ afide , e fegue il corfo .
E perch' ella non tenti un novo afallo.
Come fnfe deflrier, le pone il morfox
Vn ramo, che fornata a l’ onde, ei prende,
E r una, e 1’ altra mano a i capi iìende,
E mentre il Cocodrillo il capo leva,
E la bocca apre, e’I'Cavatier minaccia:
Ei con le braccia il ramo alto folleva ,
E , come fren , fra le mafi elle il caccia :
Si che indarno hor s’ abb affa, hor f rileva.
Ne cjuel morfo già mai da fe dife accia:
Ne chiuder può , ne piu le fauci aprire ;
E fianca in van le forze, e f pande l’ ire.
Stanco cosi, dopo piu giri, intorno.
Come Defiriero, il fier garzon lo guidai '
E torna al lido,
6 Altri però gli uccidono nel noto> cacciandoli loro focto, e ferendoli nel
ventre , ove hanno la pelle altrettanto tenera , quanto duro è il cuojo della Ichic-
na , che refifte anco a i colpi più gagliardi del ferro , e potrebbe fervire di barba-,
ra armatura «come appunto quella del mentovato Guerriero > di cui ilniedciìmo
Poeta ,
De la belva del Nilo il cuojo duro
L’ arma-, e l’ acuto roFtro ha per cimiero.
Cesi fra, Lande, e Spade et va feuro,
7 E perch’ è fama, che quelli Animali, avidilfimi della carne humana, pian¬
gano per ifpezzar colle lagrime i Cranii, che loro awanzano, non poflo paffar
lotto fìlenzio quanto ciò vano mi fembri, mentre indarno ccrcarebbono d’am¬
mollir con le lagrime terfiilìme un olTo affai duro, cui facilmente porrebbono
fminuzzare , non che rompere co’loro denti robuftiffìmi . Nè men favolofo è da
credcrfi, che piangano per dolore d’haver uccifo l’huomo, c’hanno divorato;
non regnando lenii di pietà verlo l’huomo in una Ficra,chc con effo lui tiene par-
tjcolar’antipatia , come s’èderto ; e l’accennò quell’anonimo Greco, che de¬
plorandole ca’amita deli’ humana vita, fuolpczial nemico vi aflegna il Croco;
dilo, Iclaraando . / •
sS ineSf jS/JOTfc (latino* dtn'ixtft, -rc^vra. <ri
ntifT»\(Tap . TetrTj) èicS'i'x^Toi' et
H>' tVì ySf ^eu'yHf, AitKoe . Lu ìì -rpòt u4<ie
j aVirif J'e.ft virìp a'Kpt/xa'yuy ,
IlHpa.fHf Ktù NwAor, e J'* «»' Flvit Kfons'ifnA#
tì{ SitpA imeuoTATor ,
Che quali col medelìmo ordine delle parole così una volta traduffi .
O Erutis Nomo plus infelix \ omnia perdens
Omnibus ipfe odio es, morsque te vbique premiti
Si ftgis in ter r am-, lupus eH prope -, fi vel in altos
Con-
55
L t È KO •P K l M 0] CAPI Vili
Cettfcendis ratnos arboris ^ afpis adefi ,
Si Nilum tentas 3 Crocodilum in vortice nutriti
<^o non in]uiiis ytfiior ulla leta eji .
8 Comunque però ftiafi , non è fenza fama il Proverbio delle Lagrime diCrà^
eodiloi ches’addatta agripocriti, come motiva il noftro Lami la dove men¬
tova
Vi Cocodril d* humana carne vagol
£’I Benamati» parlando d’ un Traditore
tace 3 e ver fa il ciglio humil torrente^
Crocodilo 3 che il vero innanzi ha morto,
E i’efprefle la faceta Mufa di Gio. Perazzi in quel difticoad uno Ipocrita •
Listo 3 non humili conf urnis lumina fletu.
Sic Stygis 3 haud Nili tu Crocodilus eris ,
9 Mahabbia quelli ravvilato un Crocodilo d’ Inferno, eh’ io dirò d’haver ve?
dutodiquelli degli Orti deH’Efperidi. Furono quelli due Limoni dalla Natu¬
ra con tal bizzaria effigiati, che uno puntualmente rallembrava il capo, con la
bocca Iquarciata , l’aitro il piede unghiuto d’un Crocodilo: i quali per eflere
(lati figurati dal Sig. Montalbani nell’ llloria de gli Alberi dell’ Adro vandi trà il
Cedro, & il Cotogno.furono cagione che (opra di loro così prendefii a Icherzare
Vnguibus 3 Ore ferox Crocodile , Cydonia ferva 3
Citr iaque , Hefperius flc quoque T utor eris .
Al fecondo de* quali Frutti non molto dilfimile fovviemmi d’haver veduto un*
altro Limone, il quale meglio che d’ un Crocodilo figurava il piede d’ un Leone,
mentovato parimente dal Montalbani nelle Cure Analitiche con quella nollra
(ottoferizzione .
Protea non fi^um quis credat in Jrbore? Limon
Proteus efl : Dubitas ? Notus ab ungue Leo ,
10 CATLA', Quadrupedcdelgenetcdelle Lucertole, lungo dal principio
del capo fino àH'eflremità della coda cinque palmi , cioè uno dalia fommità del
roflro per tutto il fito delle fpaIle,un*altrodaquefte fino alle cofeie didietro,
dalle quali , e dalla coda s’ occupa il redo . 11 di lui tronco , o ve è più groffo , è di
fette onzie d’ambito. Li rendono alquanto afpro il cuojo certe minute, e fre-
quentiflirae prominenze cmule delle fcaglie, difpofte in tanti circoli , che tutto il
corpo ordinatamente circondanò, e fono rotonde, & ovate nel capo, lotto la
gola , e per le gambe: triangolari nel collo , e quadre bislunghe nel rimanente,
e maffime nella coda, eh’ èrotonda, & a poco, a pocoaffottigliandofi và a finir
molto acuta, e fimigliantiflìma a quella dell’ animale incognito l'opra delcritto
nelCap, VI. E' tutto di color giallo, ma feuro nelle parti (oprane, chiaro, òfia
di color di paglia , nelle fotrane ; con quella differenza di più , che levandofeli a
poco a poco la prima fpogIia( quale hà commune con le altre Lucertole , che la
depongono, e di prima vera, e d’autunno, al dir del Filofofo) in quelle parti
non s’ altera il colore , ma lolo in quelle di lopra , ove refta più folco ; onde fem-
bra variegato di giallo per le particelle rimanevi di quella. E perciò chi noita
rolTervaffeattentamentepotrcbbecrederlodellaftefla fpezie con la prima Lu¬
certola Indiana figurata dal Giulio, e dal Vormio,dacui però è diverfo, come
fi moftrarà. Nel capo non è molto dilfimile a’ Crocodili (e non perciò è da
fofpcttarfi a loro congenere , non elfendo fcagliolo , e non portando alcuni tube¬
ri nel dorfo , e nella coda ,come quelli ) havendolo ,e lungo , e largo , con gran
taglio di bocca , che giunge fino a i fori de gli orecchi , i quali non altro fono che
una
Cant,^àl'
0- 17*
/,13 90,
Vifiich.Sn^
tyr. 81.
Dtndrol, l,
2.^.4. tn f,
h 534*
I.' V, hune
[tnf, apud
Petr, fiere,
Bello]um tn
Exwott Leo,
f. 35. y8.»3.
Arifl. l. 8,
IJfft. Ani.
maU r. 17«
Cluf,l.^, , ^
Exet, e. 20.
F^trm, tn
Muf. i, 3.
e. iZt
dt
'^ad.Ov$p.
i • l* C» li»
jìÈL Hji.
e. 5.
fl.t.S. c.ii,
’Jon.ten. de
Suad.ttful,
T*b. 19.
34 MySEO C OS PIANO
unapiccìolafeflfura, come ne’ Cordili, òBatticode, al dire di FrancefeoBouf-
(ueto, che figuratolo ne canrò.
Cordylus effìgie hìc tali depingitur ipfa^
Qualis, & in terris i (fr fere degit atijuìs ,
< Inter ^adrupedes rimam unam , atcjue foramen ■■
Poft eris ricium (refpice) folus habet.
lì Benché però habbiaqucltònotabil legnaie, non perciò fi fà conofeere^
della fpezic delle Bacticorde, non havendo, come quelle, il capo, e*l collodi-
Teftuggine, e la coda fquamata, e fpinofa , come fi vede in elle, giufta la defcriz>
zione, c figura addotta dall’Ambrofini nel Volume de’ Quadrupedi dell’Al-
drovandi. Le mafcelle fono tutte della ftelfa lunghezza: variano però nella fi¬
gura, effendo quella difetto più aguzza della fuperiore. L’una, e l’altra è for¬
nita di denti molto fottili , & acuti ,c curvati in dentro , poco maggiori di quelli
delle Vipere; dc’quali non lene vedono in quello Animai lecco più di venti¬
tré. Si conofceperò,chc ne mancano alcuni. Della lingua, che inquelloCa-
davero è lecca, e contratta, non pollo dire, fe non eh’ ella fembra lottile. Così
de gli occhi pur lecchi non puòffi affermar’ altro , le non che fiano di pofitura li¬
mili a quelli de’ Majali. Havendo quattro gambe, come le altre Lucertole , e
quelle aliai grolfe ,co’ loro gomiti, fi regge lopra quattro piedi felli in cinque de-
ta, negli anteriori proporzionate a quelle d’ una mano humana: ne’poltcriori,
col deto corrilpondente al mignolo, fituato nel tallone, che lembra uno Iprone di
gallo : tutte armate d’ unghie lunghe , Se adunche, le quali fembrano d’ Aquila ,
e tirano al gialliccio.
12 Finalmente in tutte le lue parti è molto limile alla mentovata Lucertola
Indiana figurata dal Giulio , e dal Vormio ne’ luoghi fopracitati ,e potrebbe cre¬
derli della medefima Ipezie, le havelfe il rollro più lungo della malcella inferio¬
re , i denti lodi , l’ unghie nere , e le macchie gialle , e bianche , parte quadrate ,
c parte romboidi nella Ichiena, e ’l ventre pur folco , ma non tanto come il dorlo,
e parimente variegato di bianco . Oltre di che per farloconolcer diverlo , non è
vano indizio la diverfità della Patria, elléndo quello del Giulio Animale India¬
no ,c quello Babiloncle . Di piùilClufio, chenon vide il luo, le non dipinto,
quale lùgli mandato da Giacomo Plateau, e ’l Vormio, che nedefcrille il cada-
vero, non ilpecifìcano, che fulTe animai nocivo. Di quello all’incontro rac¬
contò, chi lo prcle, conolciuto degno di fede, c donòllo al Sig. Marchele, che l;a
così velenofo, che uccide col fiato, e che lenza eflcre munito d’ottimi alelTifar-
maci , non fi polla pigliare , nè maneggiar morto , e ridurli nella forma, che fi tro¬
va quello, che fù con particolar diligenza Iventrato per la coda, reltandovi ap¬
pena il legno . Onde forfi non s’ ingannerebbe chi lo giudicalTe poter’eflerequcl-
r animale, che da gli Antichi fù chiamato Catoblepa, e da taluni per laluagran
velenofità è flato creduto lo Hello col Bafilifco , fi come nell’ Illoria di quel pclti-
ieiitilfimo auimale nota l’Aldrovandi -, mallime flante raffiniti de’ nomi , potendo
quello dìCatoblepa facilmente ellere degenerato in Catlà . Sia però ciò congettu¬
ra , non allcrzione: non cflendomi intanto ignoto , che col nome di
Eliano intele una razza di Bue lei veggio, che è l’ Vro della Libia, da Piiuio caia-
ma perche tien fempre gli occhi fitti in terra.
ij Fù quello Catlà prclo ne’ Deferti di Babilonia d’Egitto. Della cuivele-
nolafpezie torfifùquell’ Animale jchecon nome di Lacerta nera mordaciffima
vien mentovato da Ericio Poeta Greco, rammentando il calo di qucU’infelice
Taglialegna , che morficato in un tallone da fimil pelle , ne perdè tutta la gamba ,
necelfitato per minor male a lalciarlela tagliare , come Ipiegafi nel legucntc Epi¬
gramma . AeV
LIBRO CAP. PUU S5
Ajfje f»t ySfiArS'pvA , Kàfx/xope
^«AeeV Àpa}(t^» ifitaito'r TróS'Af
fiHtitf ÀrTic/ffAfA . J*’ eCpu^t (AiKatfit
S’i'TiS'o^tn aJpKAy Kox t^i’pAyi/Mvf 0
E’rfxtr^n J'’ «W tSs ^-i^ApCr yeifu t iteù ab topi‘^»
Mmfo^vpSa ^Au^fSe vmitÀvttn «sr/r^.
Chcgiàfovviemmi d’havere nella fcguente maniera
iradotto, come fi legge nel Trattato dell’ Oliva , Parte
del Volume II. della Dendrologia dell’ Aldrovandi,
compiuto dalla b. m, del nofiro Montalbani, non anco
publicato .
Infelix Midott\ frifet arboris agra putanti
Ligna, tibi, lavum NIGRA LACERTA pedem
obvia prorepens peracuto dente momordit.
Palluit hinc talus, eruris , & ipfa caro.
Inde genu validum felium ejt', tibi firmus Oliva
Scipio procera fupplet abinde pedem.
14 CATLA*, fventratoperillungoalcofturae più
commune, ma non riempiuto , anzi aggruppato in
modo , che fembra un Nodo Gordio. In quello fi
olTcrva tutto il dorlo affai più folco, e’I ventre mcn
giallo,che nel precedente, e la coda nera, e quadrata,
bcfufiefpiegato, farebbe lungo più di Tei palmi . Fù
prefo nell’Arabia Petrea fotto il Monte Sinai, e por¬
tato fono il nomedi Gocodrillo'd' arena, cho. non gli
conviene, quand* anco fuffe Sinonimo dello Scinco,
eh’ è il Crocodilo terreftrc, il quale è molto minore
del Catlà, non crefeendo di più d’una delle nollre
maggiori Lucertole, come notò!’ Aldrovandi, ò chi
per lui terminò riltoria de’ Quadrupedi, che parto-
rifeono rOva. E benché i Scinchi dell’ Arabia , allo^
fcriverc di Plinio, dopo gl’indiani fiano i Malfimi,
non perciò poffo perfuadermi quefto Animale Ara¬
bico effere di quella fpezie; conciofiacofache natura¬
lezza de’ Scinchi fial’haver lacodagroffa,nè più cor¬
ta del corpo . Di che tutto il contrario avviene in que¬
lli Animali, come nella precedente deferizzione fi è
ay vertito. Affai minore di quefto fi èia
15 LVCERTOLA SCINCOIDE AFRICANA,’
prefa in una Villa del Principe di Tunifi di Maggio del
MDCLX. La chiamo Scincoide per la fimiglianza ,
che tiene collo Scinco sì nelle fattezze del corpo , co¬
me nella brevità della coda. Vi s’aggiunge la diffe¬
renza della Regione, in cui nafee, per diftinguerla dal*
la Lucertola Scincoide Cipria dell* Aldrovandi , fi¬
gurata, ma non deferitta da chi terminò la di luilfto-
ria de’ Quadrupedi Ovipari .
x6 Queftaè lunga quali ott* onde, larga a mezo
il corpo , due deta , con la tefta picciola , e poca aper¬
tura di bocca , il collo breve, e la coda lunga tre onde.
hV
È
grolla
Anthol. l.i.
e£. 18.
Aldr. 1. 1
de Quaàr.
Ovtf. l. i,
e. 12.
€( l-c. 12.
f. 660.
\
23«/?. Sittyr»
77-
Poef. Uri
Od. 2.
R»f. P. I.
O. i • 4.7*
Camir.Eiff
bl- 90. cét.^.
Ex tre.
exen.c.:^.
The/. ÌH->
EtmÌI p/ert'l
Rac»n.
I
Jé UVSEO (^OSTlAno
grofla nel principio , uncleto,echepofciafinifccinacuto. Hà la cure tutta fca-
gliofa, la quale me l’havrcbbe fatta credere (pezie di Sci.nco (già che il Carda¬
no dillingue gli Scinchi dalle Lucertole per le fcaglie)fc vi ha vedi olTcrvato i de¬
li più raccolti , c n:cn finaili a quelli delle noftre Lucertole . Son quefte fue fea-
glic di figura, e grandezza di quelle de’ Cefali, & altri pefei non maggiori, in
tutto il ventre , e nella maggior parte del dorfo argentine , effendo le altre di co¬
lar ferrugineo, òfia tanè, che fàfov venirmi delle Lucertole ferruginee mento¬
vate da Plinio : e corelle fcaglic leonate le rendono la fchiena variegata di belle
macchie ondeggianti . Hà le gambe molto corte a proporzione del corpo, ef¬
fendo lunghe poco più dimez’ oncia le pofteriori,e le a iteriori ancora più bre¬
vi , co’ piedi fimili a quelli delle noftre Lucertole , fedì in cinque deca , il più lun¬
go de’ quali è il penultimo .cioè quello che occupa il fito deli’ annulare.
1 7 Dopo l’ Aldrovandi figurò, e deferide gran copia di Lucertole il Gionfto-
ni. Non mentova però quefta fpczie, di cui perciò fe n’èpropofta 1’ imagine
tale quale rcfpredcil Pittore .
18 Di grandezza poco diverfa dal qui deferitto Animale fi fà conofeere il
CAMALEONTE , Quadrupede , che dal Filofofo vien collocato fotto il gene¬
re delle Lucertole, e che per vivere lungo tempo fenza cibo (che fono gl’in¬
fetti piccioli d’ ogni forte) vien creduto pafeerfi d’aria . Onde fù prefo per firn-
bolo di chi di fola fpcranza fi mantiene .come d’un tale cantò il Perazzi .
Tu fola vivis fpe., fcijue Chamaleon aber
ì^ere te nutris , aura cibufqtte tutis ,
E d’un’ altro il Donnoli.
Cosi xel fuo difetto
più de tufo poi gode in voglia infana^
Novo Camaleonte un' aura vana.
1 9 E' opinione parimente, quali vniverfale , ch’egli s’ imbeva di tutti i colori,
che le gli accodano , fuoriche del bianco , onde maravigliandofene il Ghelfucci
Uupì
. . - ■■ i M — — Come j’ induri
L ’ Ambra , e muti ' l color Camaleonte .
Quindi in effo vien figurato i’ Adulatote , di cui perciò fù fcritto.
T urpis Adulator formas fe vertit in omnes
At verax fimilis mens manet ufque fui ,
Quanto però sbagli, chi tal mutazione fiperfuade, chiaramente lo dimoftra il
dottidìmo Scaligero . Così chi hà veduto quello Quadrupede, feorge quanto
lungi dal naturale fe lo figurino in mente quelli, che torli per haver Ietto tro¬
varli egli talvolta fopra i rami verdeggianti de* Fruttici, Arbofcelli, come
del Ranno, in cui voiontieri dimora, io credettero Animai volatile, c cosilo
confuterò con l’ Vccello detto di Paradilo,il quale, come fi nota a fuo luogo, da
taluni chiamali Camaleonte Aereo, il che hà ingannato alcuni de’ migliori i,cric*
tori di quello Secolo , come quello, che del Camaleonte , feda Figura Celeftc
delle moderne, e ventunefima delle Auftrali, rapprefentandolo per emblema
de gli Adulatori , lafciò fcritto .
Hac quoque in oppofto comperta efi axe volucris ^
^u£ prater z'cntos , pabula nulla capit .
Vna colore carens , omnes trabit una colores x
Candorem tantum difmulare nequit.
Sic, c/r Adulator, vento nutritus, in omnem
se vertit fpeciem; candidus effe ne quii ,
Ne
tll^KO *PKIM0, CAP. Vili 37
Nc ofter vò quattro forti l’ Aldrovandi tra loro differenti nel colore, cioè de' ver»
di, de’cinerizii, de’ variegati, e de’ neri. De’ quali trovo foiamentei primi due
nclMufco,cioèiI
20 CAMALEONTE VERDE dell’ Egitto, Pae/efertiliffimo di quelli Ani¬
mali , offervativi dal Bellonio in gran copia fopra i Frutici del Ranno per le fiepi
del Territorio d’ Aleffandria . Quefto havendo la bocca mez’ aperta , fa fede che
non molto s’ingannò il Gaffendo, cheattribui loro i denti in bellidìmo ordine
difpofti , fembrando veramente denti leafprezze merlate di quell’ ofTo continuo,
&incifo a guifa della lega, ch’egli hà nelle mafcelle: corrifpondendo beniflì-
tno in ciò , e nel reflante alla defetizzione addotta dall’ Aldrovandi. L* al¬
tro è il
ai CAMALEONTE CINERIZIO diPaleflina, prefo nelTcnitoro di Ra¬
ma del MDCLXVI. e lafciato morir nel Sale. Onde è ridotto in un gomitolo,
'con la coda avviticchiata al collo, chefembraefferfi ftrozzato da fe iteffo. Di
quelli Animali con gran dottrina ne fcriflero molti , c tra gli altriDomenico Pa-
narolo Medico Romano, che ne publicò l’ Anotomia da luifatta nel fuo ch/mneleo
examinatus anno 1645. die 2 5 . Martii .
Be' ^adrupedi Ovipari armati di Corteccia , ò Jìa delle Teflugini^ Cap, IX.
X E’ Quadrupedi, che partorifeono l’Ova, folamente le Teflugini (lo
I 3 quali fe in quella Citta fi chiamano CALANE, fono così dette dal
Greco d’onde il Marini ne traffe il nome di Galania, Ninfa, eh’ egli nel
luo maggior Poema favoleggiò convertita in quefla fpezie di vivente) vanno
armate di corteccia ben dura , mentre gli altri veftono, ò di cute , ò di cuojo . E di
queftevenehà delie Tcrreflri, che abborrifeono l’acqua; delle Anfìbie, che
vivono egualmente nella terra , e nell’ acqua ; e delle folamente acquatili , come
le Marine , che non ponno lungamente vivere efiratte dal Mare . Tarde tutte nel
moto , altre quanto fozze nel fembiante , potrebbono giurarli tante vive Imagi¬
ni della Pigrizia. Onde per impolfibile ne cantò il Pindaro del Tamigi, cioè
Iacopo Albano Ghibbefio
.... Aeriam prius Tefiudo pr avertet palumhem .
Ma , tuttoché vili per sì brutta idea , fi manifeftano pregievoli per la bontà del¬
le loro doti, c’hanno fervito di tante lezzioni all’Huomo. Perche, come nota
S. Bafilio, riferito da chi deferiffe il Mufeo dei Calzolari , da loro fi fono apprefe
le virtù aleffifarmache dell' Erba Prunella , da cert’ uni chiamata Confolida Me¬
dia: alla quale , provide nel medicarli, quantunque ftolide , ricorrono le Te-
ftugini offefe da qualche Animai velenofo . Dalle loro cortcccie T Arte Milita¬
re traile il modello de gli Scudi, e laconneffion loro, che chiamòffi Teftugine;
la Mùfica ne compofe la prima Cetera, e l’ Architettonica ne prefe il difegno del¬
le fabriche in volta. Che però Giorgio Giodoco Bergano, quell’ ingegnofo
Poeta, - cui Benacus molle Boema fluit, così ne fcrifle.
Bic mihi, die quantas 1 efludo prodidit artes ^
Mac validos muros cenqna^at Martius ardor',
Hu\us, dr e telià clypeos componere miles
Edidicit 5 nonne inventa hac Cyllenius ales ,
Et phahtts Cithara f pedem reperer e fonerà?
Nonne cavis concha te Ilis ede da minerva
JE.de s Ccelteolum monjlravit claudere curvo ,
E ernie e , dpc.
GajpenA, i»
vita Peircm
L-i.de Qh*'
dr. Óvtg,
C, X4»
Safrie. ye»
fatr. P. JL
f. ii6.
L. 3, Lyrie]
Od, u
L. Ltg,
€ hry forne-
leid. V,
Jcd Berg.l,
3. Betiati V.
486.
D
2 Ol-
F. Métut.
m jiàdg,
l.t. Difhttr.
£Ug.9‘
t-Ug.Didttt,
li.g.iU^‘^9
C^nt.yj,
T>e Qyddr.
L-r-vdr. £,
gigr. 123.
'^Idr. Or.
ntth. l. I. de
^qutl.in Gff*
nere p. 41.
,5g ; Mt^SEOCOSPl ANO
a Oltrecciotuttcpaffanoincibohumano, che prefo in poca quantità, ò di
rado, a molti cagiona dolor di ventre: ufato abbondcvolmente , guari/ce da
di verfe infermità; onde corre in proverbio Tefludiniscarnem^auttde , dut non^
ede. Quindi Enr.co Farnefe Eburonc alia Teftuggine cucinata in vivanda iopra-
kriilc AVT EDE, AVE NON EDE, Giova l’uio delle loro carni parti¬
colarmente a i Tifici ,cLicnofi: c le Ova conferifcono.achi patifee di mal ca¬
duco. E rolTervò tra gli altri Gio. Orfino Veronefe, Medico, c Poeta Laurea¬
to , che ne pronunziò .
Manfi, fhthfim f utrem , dr durum Tejìude Iknem
Solvit, é" Ova facro funt medicina malo.
Edaqueftopurgiovaillorofiele,comeancoa!le angine. Il cenere della cor¬
teccia dilTecca le ulceri , ed il fangue , ridotto in polvere , giudicali alleffiterico ,
e per tale vien da taluni propofto contro i morfi delle Vipere, e le punture de gli
Scorpioni .
5 Del primo genere nel Mufeo v’hà il Cadavero d* una TESTVGINE
TERRESTRE , delle maggiori , col capo , Se i piedi fporti in fuori in atto di ca¬
minare lenza quella tema, che in quelli /Animali defcrille iinoRro Lami, can¬
tandone .
^jjal TeHtigìne fcarca di timore,
che fuor del nicchio, per cibarjì Jlende
La Jlrozz.a , indi fentendo alcun rumore , ^
Quando piu fola al pafcolare attende.
In fe V accoglie, nc la f pinge fuor e.
Sin che, ceffate il grido, ardir non prende,
4 Hà la Gufeia tutta variegata di giallo, e nero, come la pelle della Sala¬
mandra (eh’ c pur Quadrupede Oviparo) nella corteccia fuperiorc molto fimi-
le alle Tellugini Marine, che fi delcriveranno . La giudico femina , haven-
do la Icorza inferiore piana, non cava, qual viene attribuita a'mafchi dall’ Al-
drovandi. Servendo loro tal corteccia di feudo ben forte, anzi di tutta arma¬
tura (mentre ONERAT, SED ARMAT , come vi foprafcriffe 1’ Arcfio
in una Imprefa, e non fi fchiaccia nè meno fe vi forpaffa un Carro ben carico )
& infieme di cafa portatile per ripararli contro le ingiurie dell’aria, è notabile,
che ciò nulla gli giovi contro gl’impeti de gli Vccelli rapaci ; onde è ragio¬
nevole la querela di quella Teftugme preffo il Carcera gentil Poeta Siciliano,
cioè .
Grandinet , atque pluat, domus ejl mihi concava Cortex,
Hojlis ab injidiis qua tegor, hac Galea ejl .
Nec taman, heu\ reparat, eum me Jovts arripit ales.
Illidit fixo, dilaceramqtie verat .
5 Che però quella, fenonfulTc memorabile per altro (benché Soggetto di
tutte l’erudizioni raccolte nell’Iftoria , che ne porta l’Aldrovandi , e per lui
l’ Ambrofini , che la terminò) lo farebbe di vantaggio , per eflere Hata della di lei
fpezie quella, che fervidi fulmine all’Aquila autrice innocente delia morto
d’Efchilo, il Padre della Tragedia, mentre vedutolo fedentcalio (coperto in
atto di fcrivere , e creduta faOo la di lui Telia calva, lafciò piombarvi fo«
pra la Tellugine, che haveva tra’ piedi, perche fi IrangelTe la di lei cortec¬
cia , da cui rimale miferamente opprelTo il Poeta , come fcrivono Valerio
Mallìmo , «Se Eliano , ed in perfona di lui vien deplorato dalla melica Mula
del gentiLlfimo Giuleppe Battifla nella Terza Parte delle fue foavilTimo
Poefie.
Scrivo
L I S K 0 •PRIMO. tAP. IX.
Scrivo lungi da I' ombre t affnche ofcuri
De le pagine mie non fiano i fenfi.
Scrivo del Sole appref^o i rat piu puriì
Ter che lumi a' miei fogli il Sol difpettfi.
Ma regio Atigel mi ruba i dì futuri, '
Navigando de /’ aria i mari immenf,
E m' avventa sii V crin fatali auguri.
Mentre ne /’ altrui fato avvien eh' io penfl
Dal muto fango de f Oblìo riforte
L' altrui Tragedie iniquo Ciel fo Henne,
che a la Tragedia mia fuf ero forte.
Come chi per morire a vita venne
Non dirà che veloce hor fa la Morteì
S' oggi la Morte mia vien su le penne?
6 Quindi argomentò difficilmente fcanfabili gl’ infortunii l' Abbate Eufebio
Sarrini Fiorentino, Ciftercienfe, che ne gli eruditiffimi ozii della fua Pallade
tràlePociìe, Epìgr. LXVI. cantò.
Mfhjlus ut caveat , quem Tata minantur acerba »
De Coelis iclum ; te eia , laremque fugit ,
Cumque fenex calvus fronte apricatur aperta .
Tefnf illift fdere lapfa caput ,
Hanc aquila ex alto jecit decepta nitore
Calvitii, hoc flicem fulva putabat avisl
Sic periit Vates Igitur folertia nulla
Nos quocunque trahunt Tata, cavere poteHÌ
^opra di che gentilmente fcherzòcon alcuni Epigrammi il P. Carlo da S. Antò¬
dio di Padova , delie Scuole Pie ,‘de’ quali cadea propoficodi queftoluogo ilfe«
gueute nelLib.TV. Fp. 25. delle fue Mufe Anconitane,
ffchyltts orbe latens fovea, manet aquore campi.
Ex alto nequid decidat, atque necet,
Vnguibus afl Aquila Tejhtdo excufa, putantis
Ntidaturn cernit quod caput , efe petram.
Percutit, effringitqiie caput , per imitque Poetam,
Seque docet cunelis Mors' habitare locis , '
7 Par che sikida a quello facto , ma tutto altro riguarda quella Tcftugine, che
tra gli artigli d’ un’ Aquila volante fula li vede nelle maellofe Porte di bronzo
dei Domo di Fifa , col motto FEROR VT FRANCAR, lìmboleGgiando la
pompa , con CUI lù ricevuto Grillo in Gierulalemme, che terminò poTcia nella
criideliffiraa Tragedia della di lui morte. Ma le qui la Teftugine è una cifra
della Pietà de’ Tolcani, altrove figurata accennò la (ingoiar Prudenza declo¬
ro Sereniffimi Principi , de’ qua i fù Emblema la Teftugine con una vela fpiega-
ta sò’J dorfo, e la lopralcritca d’ Augnilo, FESTINA LENTE: comedi
Cofimo Primo Gran Duca fù Imprela la Teftugine, che s’aggrappa alla cima
d' un Monte, col motto TARDE, SED TVTO . Sentimento, cheda Gilberto
Ducherio Poeta Francefe così fùlpiegaco in un’ Epigramma a Claudio Guerra
Lorcnele.
^ui vehemens nimium rebus ffinat agendis ,
Sapius optatis fallitur ille fuis ,
^ua T efiuào nequit greffitm domi porta citare ,
Optatum attingit tandem aliquando locum,
D a TeRina-
Picinell,
Alód, Stmb,
l. 6. c. 7.
««188.189.
190,
L.uMfz 54
Ornith.T.u
ferrar. Son.
i8.
L, 4. Chrijt.
V. IO.
40
M y S E 0 C 0 S P l A N 0
Fejl inare igitur nos , Guerra y f/aramia lenti
i^dmonet , ac fnbito non properare gradu",
8 Succedono alle Terreftri le TESTVGINI MARINE, deile quali ve n’hà
alcune di fingolari nel Mufeo . Ma perche quelle non polTono viver gran tempo
fuori dell'acqua , al contrario del Crocodilo , e dell’ Ippopotamo , che dimora¬
no in terra quanto loro aggrada, fi trasferifee il favellarne nel Trattato degli
Acquatili Sanguigni.
"De gli Animali Aerei, e fi a de* Volatili , e fri ma dell' Aquila Mamteodiata^
Cicogna , e Gallo d* India Pennachiuto . Cap. X.
1 Opo gli Animali Tcrrefiri del Mufeo ci fi olFerifcono ad olTervare gli
!..>/ Aerei , ò diciamoli Volatili , per comprenderne tutte le differenze fotto
un nome . De’ quali altri fono Animali perfetti , come gli Vccclli propriamente
chiamati, che dicevolmente fi foggiungono a’Qiiadiupedi ultimamente deferit-
ti , gii che , come quelli , partorifeono le Ova ; altri fono imperfetti , come que¬
gl’ infetti , che godono l’ ufo deH’ali . D’alcuni dc’quali , che vcdonfi nel Mu¬
feo , per la femplice prerogativa del volo lì dirà qualche cofa dopo gli Vccclli ,
quantunque 1’ ignobilita loro richicdelTe ,che non le nc faccHe memoria , le non
dopo tutti gli Animali di miglior condizione.
2 TESCHIO d’ AQVIL A,il di cui Rollro,corrifpondendo in tutto a quello,
che fi trova figurato nello Scheletro dell’Aquila Prima dell' Aldrovandi , lo ma¬
nifella levato da un'lndivìàuo di Cri/iieto,ò fia Aquila dorata, ò^ìii tollo Fulva,
Ja quale, tra le dodici diverfità fpecifichcaflcgnarcnedac]uel fecondo Arillotelc,
è la più nobile , come la maggiore , e più vigorofa.e la Regale , che per la fubli-
mità , preftczza,c durazione del volo, con cui di gran lunga forpafla tutti gli al¬
tri Vccclli, fù creduta poggiar fino al Ciclo ,c fomminillrarc i fulmini a Giove.
Per la qual proprietà non meno, che per effere
l'ijla, che contro il Sci pur ft difende.
fù pnfeia cofli'uita fìmbolo de’ più fublimi Intelletti: c perciò dalla Teologia
C n'tjana attribuita al più follcvatodegliEvan ’clilli, di cui la fclicilfima Penna
di Monlignor Vida notò a quello propofito .
..,r — MI .Mi — — attimo mortalia
Paulatim , ehlitufque hominem , penetralia Divùm
Mente fnbit , Coelum peragrans , fruiturqtte beato
Caelitum afpeBu, omnspctcntique atheris aura,
c.yldmiff'us fuperam depafei lamine lucem,
Inque Deo tota dcfi.xns monte moratur.
.^lalis ubi alta petens terris aufertur ab imis
^iiluum Regina , vagas fp aliata per auras
T)at plattfim gyro , atque in nubi la conditur alis .
AEtherca ')amque illa plaga lex is infat, cÀ acrem
Intendens aciem criniti in imtina folis
Sifpicit, obtutuque oculos fina haret acuto.
Qjjindi ofai di Icriverne .
G IOVANNI, Aquila fci , cLe , il Ciel varcato,
L' Eterno Sol a vagheggiar volafli ,
che dupor pofeia e , Je , ferivendo , hai data
Si fttbiime IL PRINCIPIO a Divin Falli?
MA-
linqucns
3 MANVCODIATA, ò fia VCCELLO di PARADISO, della prima fpe-
zie propofta dall* Aldro va.7di , con la cui defcrizzione corrilpotide in ogni par
te , fuoriche nell’ elfere Apode ^ come la chiamarono alcuni , cioè fenza piedi, co*
Hielacredelo ftcflfo Aldrovandi, con altri accennati da Antonio Marta Colpi,
Segretario dei Screniflìmo Granduca diTolcana, nel {\xoGitidkeCriminalìà»,
dato in luce dal Dottor Ottaviano Carlo Colpi, Cavaliere deirilluftriilìma, e
Sacra Religione di S. Stefano, fuo Nipote. Conciofiacofache quella, la quale
nel Muleo fi vede benilsimo conlervata lotto una campana di cnllaJIo , bà le lue
gambe, à i piedi naturali. Felsi in quattro deta, delcritte dal Vormio, con le
Ugne curve a guila de gli VccelJi rapaci , come dimoltra l’imagine , che le ne
porfa . Alcuni l’ appellano lemplicemcnte P ar adifo tcome. il Marmi in quei ver-
lodel luo maggior Poema
Di Pureidifì per pennacchio nn èofeo.
citatodal Sapricio nel Veratro. Altri Camaleonte Aereo ^ portando
opinione , ch’ella fi cangi di colore, non altrimente che venga creduto del Qua¬
drupede di tal nome. Furono quelli Vccelli incogniti agii Antichi, come Ico*
perti loìo col Mondo Novo . Si trovano per relazione del Giulio, nelle Ilole
Papue, Arou. I Principi delle Molucche gli tengono ih particolar venerazio¬
ne chiamandogli Man-codiate ^ cioè Vccelli di Dio, per la fingolar bellezza lo¬
ro; auzicredefiin quelle Ilole, che cht porta leco delle loro penne, non polfa^
elTere ferito. Il che p; elio noi Europei merita quella fede, che fi preda a’
Sogni d' Infermi, e fole di Romanzi .
E' fama che voli lopra le nuvole; a;, zi gli Allronomi l’ hanno fatto volar tant’ al¬
to, che r hanno affido al Cielo Stellato nella XVIII. Coftellaz'one Aullrale che
èia III, delle moderne , di cui Icriflfc Paolo Merula Avis Paradijì fub Triangolo ,
Stellas habet dmdecim , inter tjuas , dr quinta , fexta mag'nitudinis una ejl ob/ctira
in collo , T rigonem , Novitium minorem dorfo geflat ex trtbus Stellis quinta clafis ,
La qual Figur.^,e/prefla in lltarua ne gli Orridi Raconigi del Principe Tomaio di
Savoia, fervi al Cavalier Telaurodi corpo d’ Emblema, a cui lottokrilsc , in
conformità di ciò che nc crede il volgo.
Hac quoque ad Aftronomos alio venit Ales ab axe.
Syrmate fulva humeros , Bemmate flava caput .
Hac fomno , pedibujqtte carens , non oda pennis.
Non oculis requiem , non capit ore dapes .
Confmilis Regum volucris: quorum integra laus ejl
Cura vigit , ffeus fohrìus , haud requies,
D 3
O^nith.T.V
l 12. C‘ 22,
f. 8io.
Crim, ,
P. 2. C. J9.
»« 17. ed,
Flar.lédil 4.
£. il Muf.
t.
C, i€. 142^
Sap,-.VÌrat,
P.J/.f.ill,
in Autieri
P- 5^9-
£. z.Cel"-
megr, «ìì»
Nell' Occh,
Artftot.ver^i
f» il fine
4 Det
41 M r s E 0 C 0 S P l A 0
4 Della Manucodiaca di quello Mufeo ne fi nobii menzione il Conte Gafpa-
^*a«no^ntt Bolognefe , in vn Sonetto da lui fcritto per la vifita dello ftefso Mu-
^eofattadalSerenifs.Alfo^^oDucadiModana. Ed eccolo. /
D£/ 'Tofeano Guerrier tutti gli arne/ì ,
Di cui per M^dre e riverito Hcrede ,
chiaro Signor ^ che nel Senato ha fede ,
^ut d* intorno ne' muri bave fofpejì.
ferche tiene d' honor gli fpirti accefi ^
Con mill' altri di pregio il dono ei diede .
Doni, i più bei, che ’l fuolo , c 'I Mar concede
Sovra dorato pie volle diliefi .
Lei tanti oggetti à parte dejlra , e manca
Pien di ferenita riuolge il vifo ,
Ne di tnirar 1' ESTENSE twqua fi sì anca.
'^uf di in alto fialir , fie ben m' avvifo ,
Ogn' alma apprender pub. 1' ^<^7LA BIANCA
S' avvicina à T AFGEL di PARADISO.
Pf. 5 Gamba, contuttalaCofcia.e’l Piede d’ una CICOGNA, d’altezza più
che ordinario, per cui di vantaggio fi feorge la ragiont‘,di chi fcrifse crnre Ciconia
longo. Meritaua qui luogo non lolo perefsere parted’un’ Vcccllo, che di rado
coltili vede, e perche la nerezza della fua pelle, c d’ alcune piume, che vi lono
rimafte, fanno contrapofto all’Epiteto, che gli diede TOmcro Mantovanom
quel verfo
'iPGtetg.
fmil.
In Avib,
Syrtad. l. 4.
^.231.
AUr. Im.
£mbL i7*
Candida venìt Avis longis invifia colubris. ^
ma ancora per la fama, che gli hà partorito quella fingolargratitudine,cb’egli
ufa verfo i fuoi vecchi progenitori, procacciando, c portando loro il cibo , giuda
ifentimentidel dottilfirno Alciati nell’Emblema intitolato Gratiamrcftrcndam .
\.^erio infignis pietate Ciconia nido
Irtvefies pullos , pignora grata fovet .
T ali aqne expellat fibi munera mutua reddi,
K^uxilio hoc quoties mater cgtbit anus.
Nec pia fpem Joboies fallit , fied feffa parentum
Corpora fert humerss, prafiat ore cibos.
6 II che fù cagionejche quello Vcccllo fuifc propofto per fimbolo della Picta,
c per tale fcolpito sù la cima de gli Scettri de’Rè dell’Egitto, per contrapollo del*
l’Ippopotamo, che come Geroglifico dell’ Empietà veniva figurato nel tondo
de’ medefimi Scettri, come ne avvila lo Scoliaflcd’Ariltofanc,& il Pierio. Al
che gentilmente allufe il Poeta Bargeo , deferi vendo lo Scettro , che lù donato ?
Goffredo da Colomano Rè di Polonia .
Tum vero, quando tlle aliud nil majus habebat %
Goffredo jubet inclufum, fulvoqtie decorum
JEre dati Sceptrum, cujus pars ima frementem
.. Defuper urget Equum hili genitoris alumnum.
Parte autem in fummo, , rofireque , ctque unguibus hydrum t
Jpjiem pia defello jandudum atate parenti
cAffirat, ales habet diris invifa Colubris.
pi che il Giunio nc fece Emblema col motto Coercenda , & extìrpanda impietosi
(ottoferivendovi
Hodis colubris ales inpdet feeptro,
^ubHrata , quod Nilot Equi premit tergul
Domat
LIBRO •PRIMO. CAP. X.
Domat fu porlo Si impiofqne proculcat
sceptrum aquitatis . noxiojque confumit.
E così appunto tà la Cicogna co’ ferpenti, diftruggcndogli , ove gli trova, come
accennano i fopracitati Poeti , onde nella Tenaglia un tempo non fu men capita¬
le l’uccidere una Cicogna, cheun’huomo.
7 Si vedono frequenti nel Paefe de’ Grigioni , dove fù prefa quefta , della cui
Gamba mi regalò il Sig. Francefco Scarfelli Dottor di Leggi , Bolognefe , Segre¬
tario di Montìg. Cibo Nunzio Apoftolico in quelle parti, e Poeta, i di cui GENII
mi traflero dalla penna, ma più dal cuore quelli lenii.
ifa'yKifKt, NeW, Tiìr ivvctf tur» '
*V et vii itJvt
MnVe irha.vSit.iu, ìtav /xiAear voi inèìvoe o Aetlfiuv i
tìV fify 'io'ts 2o»/iceVwf, MAViivéKav re TIkatui»
ò fìa luvenum’, Francifcci tibi tam dexter Jpollo efiv
Vt rear ipjìus ^ quod mihi fundis . Epos,
Nec fallor, tilt duna GENIOS is fufficit omnes.
Vatibus ut T hufcis fis Plato , fis Socrates .
8 GALLO d’ INDIA, di perfetta corporatura, ma ragguardevole fopra i
nollrali per una gran Creda di penne grigie Icure , che gli orna il capo , e gli fer¬
ve e di Cimiero , per addittarlo guerriero (quali appunto deferi ve que’due, che
olfervò rivali , & ammirò con grand’ ordine combattenti S. Agoftmo ) e di coro¬
na per farlo conolcerc il più odcrvabiie nella lua fpezie , a cui di tale ornamento
iiop^oermife l’ ufo la gran Madre Natura , contenta d’ haver affido fopra il rollro
Jà! ‘1 uno di quelli Individui una Innga creda di tenera, e mobil carne, & in¬
gemmatone il colio di vivi coralli. Di tale abbigliamento privilegiato quello
Gallinaccio, di cui le ne porta la figura nella Tavola feguente al numero 1.
potè gareggiare di bel¬
lezza co' Pavoni, van¬
tando non meno d’ elli
agguerrito il capo d’ e-
minenteCimierodipiu
me, che occhiuti i vanni
per emularne, fpiega
doghila macdola p
pa ,ch’e’fanno delle 1
ro vaghifsime penne ,
già che la Madre com¬
mune a tutti
--- gemmis caudam
fellantibus implet,
così nella piumolaGhir-
landa di quedo Pollo
fembrache la Natura..,
fcherzando jhabbia
luto difcgnarci alcuni li¬
neamenti di certa razza
di Galli d’ India, che ol¬
tre la commune creda di
carne tutti ne hanno
In At.htna»
poti.
De órdine
i, c \ a.
hanc ad rem
V^M.T.Be.
ro l. 3. Rufi,
Vff; 5S* «Si
firn-
Pool, enftfs,
Smbl.yf,
iMeià
V,^zl,
altra di penne gialle: ma
fono
'44 nySEOeOSPlANO
fono di fpeiie different, di quefto , fpotgcndo, fenzo edere '■
.... d.
Gio. Carlo Cardinale , conlervandone il Ritratto al naturale nel Mule .
*
D' alcuni Vccelli Mepuofi. Cap.
XI
f. J^4
Tab. xtv.
fi 5«^.
368. ^69.
T4tb.xv.xvi
mVH.tXV$tÌ.
f.A-iS.
^/iuf .
r* iS.
Caler. Set-
Bende, /• t.
f-4*f J«3*
'1 T^OLLO d-OCA QVADRVPE, come lo dichiarano 1 QVATTRO
Jr PIEDI perfetti, che gli diede la Natura .fituati a coppia a
poco più avantfdel petto lolko, e due poco p.u dopo, 1
Lrfi pofteriori , come i precedenti, anteriori , mentre
togreLe di quefto Augello , che quando era vivo f
me de’ Quadrua pedi . come dall’ Ambrofini viene elpi ella quell Oca d quat ro
piedi , ^lui piu volte veduta in Bologna , v.lTutavi pin arm . . f gl^erco ,
come cola ftravagante, mentova, & adduce figurata nell Ittcria de Moftri del
^ ^a'^vIdrquVfto Pollo Quadrupede anco il
bafi del vafodicriftallo,chelocontlene, vinotodilua mano ^ ‘
SERINVS ^ABRVPES\ e lenon lomentovonclle lue Cure Anaoi c , »
per mio credere , perche non glie ne lo vvenne . Cunofita , che oflcrvata m qu -
fto Mufeo , non lafcia, in chi con l’occhio in ella fi fila , il de.iderio di
fpoglia di queir Oca di quattro piedi, che LI lo e da
da lui veduta : ò quell’ altre due ottervate , c raccordate da Alberto Ma^-iJ, c da
Corrado Licoftene A. D. Di fimili ttravaganze ne ha talvolta ^
genere delle Colombe , e quello de’ Cardellini , come leggefi nella ludetta Itto-
ria dell’ Aldrovandi , ove le ne vedono anci) le figure. r^vp tF<;tF e
2 POLLO di GALLINA nottrale, coi collo divilo in DV E TtM t » c
perciò proveduto di quattro occhi, e di due roliri, l’ uno, e l’altro de quali egual¬
mente lerviva all’ animale vivente , che per amendue rclpirava, e ''OC'lcrava.
Era nel rimanente perfetto; onde pare, che nella di Im africa ^ ^ didue
formare un Pollo di due cor pi , forfi per eflere ftato 1 Ovo , da cui nacq ac , d i due
rotti , ò torli ; ma unitafi infieme la materia di due . ne formo un lolo con dee ca¬
pi , meglio d.ft imi, che nel Pulcino da due Roftri figurato f !l
drovandi lotto il titolo Pullus Ejrrhimhos-. ove fi leggono gli
Polli di due capi, nari in Bologna , & altrove . Ne raccorda un fimi.e il V o rn .
ma imperfetto, come quelloche prima del tempo di r^akere mori , e lu eklu o
dal gukio. Moftruofità , che in altre forti d’animali e accaduta , e Ipezi-Im me
sù’lBologncfe nell’ Agnello lopramentovatodeirilluftnttimo Tomaio Co.pi,
che nacque tutto nero con due capi , e due code , anzi bave va cinque piedi per
tacere del Vitello di due capi, che fi conferva nel Mufeo dell Aldrovardi , o
d’ un’ altro fimigliante, che fi vede nella famo/a Calerla Settaliana. ricordato
nella deferizzione di quella .ede gli altri con limile moftruofità mentovati , e fi¬
gurati ne’ Volumi dell’ Aldrovandi. Anzi di fimi 1 ftiavaganze le ne fono ener¬
vate anco nel genere de gli Alberi , come in una pianta di Limoni , che o ve u a
in Bologna nel Giardino del Sig. Montalbani , tra le cui toglie le ne trovo una
con due capi, ò cime, eh? perciò fù da quel grand huomo chiamata a-
ItetmDicephalo» nella Dendrologia deli Aldrovandi con quefto no-
liro eitemporaneo Dittico .
Torma
45
L l 'B K 0 T K / M 0. CAP.Xll
Forma hiceps Foly replicat Limonis honores.
Scilicet ut Cerebrum, Cor que )uvare queat.
Belle Ova diverfe \ Cap. XII.
1 On gli Vccelli fono da mentovarfi l’ Ova , come Feti de ’ Volatili . Tra le
V-> quali per grandezza molto ragguardevoli fi vedono nel Muleo .
2 Quattro OVA di STRVZZOLO, che è iJ Gigante de gli Vccelli, e lolotra
tutti col piede fcffo in due unghie , che fimigliano quelle del Cervo , colle quali
talvolta lancia delle pietre contro chi lo perfeguita. Nazionale dell’ Africa, e
fpeziaimenre dell’Etiopia, vi crefce a tanta moie, che, al dire di Plinio, palla
l’alcezzad’un’huomoacavallo. fiche dall’ Aldrovandi s’intende lolo , fé lo
Struzzolo alzerà quanto più polla il capo; come potei olTervare ne’ due Struz-
z )li mafchio, e femina, ehe dalia msgnificenza del Serenifsimo Granduca di
Tofcana Ferdinando II. furono gli anni addietro mandati in dono al Sig. Mar-
chcfe Piciro Giovanni Schinchinelii , Patrizio Cremonefe; i quali erano sì ro-
bultt ,chc quantunque non havelTeropcr anco finito di crefcere,facilmenrercg-
gevanosù ie fpalle loro un Fanciullo, verificando per appunto il detto d’ Op¬
piano, che deìcrivendo quefii Vccelli, ne notò, come Io fpiega il Sodino luo
Interprete.
oZ/cj hic ufque adeb eft ingens, 0“ corpore vaBtts,
Vt puerum pojfit gejlare in terga tenellum .
3 Ma quantunque cosi fmifuraco di corpo, è animai così fcempio , in compa¬
razione di tanti Vccelli p'ù piccoli, e più alluri, che non lafciain le luogo alla
verità di quel detto ,chc ma^or virtus in ma\ori quanto conjijlit : ò come l’ efpref-
fe queii^intico Poeta Tofcano contemporaneo del Petrarca, Andrea da Pifa,
feri vendb ad Antonio Pucci Fiorentino, in quel Sonetto , che nel Primo Tomo
delle Rime de’ Poeti antichi raccolti da Monlìg. Leone Allacci gran Riftoratore
delle buone Lettere , e delle tré Lingue , Greca , Latina , & Italiana, dedicati al-
l’ Accademia della Fucina, fi kggecon quello principio .
Maggior virtute in maggior corpo cape,
E maggior corpo vuol maggior falute.
Avvegnaché quanto è più valto di corporatura quello Vccello , tanto di mente
più lloiido fi maiifeita, mentre per renderli invifibile a’ Cacciatori, quando
Ranco di fuggire lì raccomanda alio’ng’egno , non altro di fe nafeonde , che ’i ca¬
po, appiattandolo lotto un’aia , come accenna Claudiano
(i jam veBigia retro
Clara fonent , oblita fuga , fiat lumine claufo
Ridendum revoluta caput, creditque latere,
non ipj a videt .
ò ficcandolo in un folto celpuglio, come notalo Storico, ò, fe altro non fiavi,
nella rena : e credendoli in tal guila a baltanza coperto , befiia magis , quam avis,
lafcia il rimanente delfuo gran corpo in veduta di chi lo fegue,e ne diviene com»
modilfima preda, /r-?, come nedilfeTertuIliano, dumin capite fecuraefl , nuda
qua, md]orefi , capitur totacum capite . Onde lo Storico teftè mentovato non mi
nor fioliditas in tanta reliqui corporis magnitudine , cum colla frutice occultaverunt,
latere fé fe'exifiimantium .
4 La grandezza di quell’ Ova , che fono le maggiori, che pollano vederli,
agguagliando quella d’ una velica di bue gonfia, non lafcia bramadi quell’Ovo
artifiziale , che ui più ova infegna a cotriporre li Porca nella fua Magia Naturale .
- La
PLl.iOk c.i*
De Vertat,
l. 3. V. 368.
f. 8.
L. 2. in
Eutrop.
Bari, Bari.
Georg. Mo’
rat. e. 6. &.
Ktcr. del
Sav l
ISiaccar. tn
Somn.Ntab.
perad. io.
p■i^6.
Be VeUnd,
Virg.tn fitte,
PI. Icc, cit.
Worm. /.J.
Muf. C. 21.
M o/ca rd.l 3
Muf. 74«
Porta i. 2.
c. 15.
Lte. eh. V.
584.
usidr. L ì.
c. i. p. 387.
O.M.Q.A.
f. iz.
4^
^ S E 0 C 0 S P l A N 0
La loro fcoi za di color d’avorio , lucida , è dura , come fe fulTe d’ oflfo . Onde Op¬
piano l’agguaglia a quella de’ Teftacei, pronunziando dello Struzzo, fecondo
il Bodino .
Cvnm immane farti ^ quod tantus com fleat ales y
Idque tegunt quaqtiaverfus testacea faxa.
Che però è credibile quello ne fcrive Plinio, cioè che i Garamanti fe ne formaf-
fero cappelli , e zucchetti . Oggi fe ne fabricano vali da bere , de’ quali le ne ve¬
de uno nel Mufeo dell’ Aldrovandi. V’hà chi fi perfuade che le Ova di fimili
Animali , che , come afferma Galeno , ne paitorifcono da ottanta , e più , nakano
per virtù della veduta della Madre, che intentilTìma le guata: ma che ciòfiafa-
volofo, lo dimoftra i! medefi mo Aldrovandi, provando che nafeano come quel¬
li del Crocodilo , c d’altri Quadrupedi Ovipari, per lo folo calor vivifico del So¬
le ; e fe gli Struzzoli fono talvolta fiati trovati mirarle fifamente, ciò eficrcj
adivenuto percufiodirli,comecarifilmi pegni .
5 OVO di GALLINA MOSTRVOSO, poi che nella di lui feorza dalla
parte infima più larga , fino quali alla metà della fua lunghezza rilevata fi feorge
l’ effigie tortuofad’ un SERPÈNTE, come fi vede nella prefente Figura.
Di che ne può eìTerc fiata cagione l’ imaginazione della Ma¬
dre , ò perche haveffe havuto temenza di qualche Serpente
ò perche ingordamente nc haveffe divorato , ò bramato di¬
vorarne alcuno, come faggiamente giudicò Pietro VV’ctrcn-' ,
delio FilofofoTedefcod'un’Ovofimile, ma con 1’ imagine^
Serpentina diverfamente figurata, ch’egli donò all’ Eruditif-^
fimo Bartolomeo Ambrofini, da cui ne fù portata l’effigief
rei VoIumede’Mofiri dell’ Aldrovandi . Fù di fimilparere^^
il nofiro Dottor Montalbani , che nelle fue Cure Analitiche
figurò, e defcrilTe un’Ovo di Gallina con 1* effigie d’ un Lum¬
brico, nella pofiturache qui fi vede in quefia imagine la-
feiata al Mufeo . Laqual moftruofitàs’ è talvolta oHervata
anco nell’ intimo delle Ova, come notò il dottiffirao Liccti,
che allevò in fua cafa una Gallina co’ piedi di cinque dc-
ta , la quale tra molte Ova ne partorì un piccolo , in cui non
fù trovato il torlo , ma in fua vece un Serpentello ,forfi ge-
rerato della foftanza corrotta di quello . Cafo , che fucccf-
(e anco al chiari (fimo Medico Fabrizio d’ Acquapendente ,
che nel torlo d’un’Ovo cotto vi trovò un verme di riguarde¬
vole grandezza ,comerifcrifcc lo fieffo Liccti, il quale pa¬
rimente non Folli, ma Serpenti olftrvò efcliidcrfi dalle ova
d’un’altra fua Gallina domcfiica, ch’era lolita a lafciarfi
comprimere daun’Afpide . Ilche.pereffcrccflctto dell’analogia , che pafsatrà
le Galline ,& i Serpenti, tutti Animali Ovipari , ò diciarroli produttori d’ova,
in vigor della quale il Filofofo ammette facilità di pafsaggio vicendevole tra un
genere , e l’altro de’ collegati percisa , può infieme fcrvire di qualche probabili,
tà a quelli , che tengono che da un’Ovo di Gallina polla nafccrc il Bafililco , che
che ne dicano altri, che fiimano egli fi generi dall’Ovodi Gallo decrepito, con¬
tro l’opinione del dottilfimo Aldrovandi , e di chi per lui terminò l’Ifioi iade*
Serpenti; havendomcn difpofiezzaun Gallo, che non ha l’Ovaja , per partori¬
re un’evo, di quella fi havefle Leda per partorire quelle due ovafavololc, dall’
uno de’quali dicefi cfler nati Cafiore,e Polluce , dall’altro Elena, e Clitennefira.
In propofito di che non è da tacerli della Leda di quello fccolo,che fù una Donna
nella
L t 'B n 0 p n ì M 0, ,C A P. XII t47
della Norvegia, riferita dal Vormio, la quale dopo haver partorito dodici fi¬
gliuoli, de’quali alcuni oggidì vivono, infermatafi gravemente, incapo d’un’
anno, che fù del MDCXIL. con dolori ne’ parti precedenti non piùprovan',
elclufcdaii* Vtero un’Ovo, di chiaro, di rodo, c di figura in tutto fimilc a quelli
di Gallina , e’I giorno feguente n’efclufe un’ altro . Ma come che que’ dolori fu¬
rono eccitati per arte diabolica, così quelle Ova furono con preftigia fuppofte
(onde il Vormio, che figurò il fecondo di loro, come daluiconfervato tra le al¬
tre cole del Mufco, lo chiamò OVO MAGICO) ed è incredibile , che da effe
luveffe potuto nafeere animai ragionevole: Che però il Tindarodi quefta Le¬
da ben poteva , come quell’ altro , fclamarne col Carrera .
Monfiri ! duplex e con 'ytge Kajcitur Ovum .
Hic no» c noHro femine partus erit.
6 OVO di GALLINA CVRVO in forma di Citriuolo, figurato nella for-
y Di limili Ova moftruofe fi raccontano da taluni virtù magnifiche : ed io hò
conofeiuto un Perfonaggio, che ne faceva grande inchiefta , per cauarne gli
Eftratti , predicandoli di facoltà miracplofe, quali però egli non voleva mani-
fcftare. Io nondimeno mi perfuado che sì gran concetto fi rifolveffc tutto inlu-
perftizioni, da riderfene, non altrimenti, che faceffe il faggio Rè Filippo II. di
Spagna., e la fua Corte, quando, trovandoli nelTInghilterra, gli fù prefentato
queir Ovo Magico di Serpente , di cui l’Eroica Mula di Franecfeo Pietranegra
Oemonefe , che fù il Paragone delle Vene d’ oro de’ più eruditi Ingegni i nel fuo
.nobilPoemadclleNozzeBritanniche,nclafciòfcritto queftp Racconto di di-
fegnó Illorico, e di colorito Poetico, meritevole per iacuriofità d’efferequì
riferito .
Sed cape munus adhuc alijs prajl antius unttm^ ^
felix , ejuo cunei a ibis per feda heatus .
Hoc dido arredi proceres cundi ora tenebant.
Nec mora', cindum auro ful'vo Magus explicat OVVM ,
~ ^uale fere Malum modice teres exit in orbem.
OVORVM genus hoc Angues (fìc incipit il le)
Colledi in numerum Itnguis vibrantibus edunt.
Hi namque arfifei \ungunt ubi corpora nexu ,
Sive per a/iatem calidam , feu vere tepenti ,
Ova fmul fpumis glomerant y fimul ore relamhunt ^
Et tenues \adant par fìbili dira fub auras»
Tune invedus equo purus volitante Sacerdos,
i^ere dum pendent, certa per tempora Luna,
Excipi^ illa fago, ^ rabidos celer ejfugit hydros
terga
yVerm. /.j.
MuJ- c. ii,
p. 3U.3IZ.
L. x.var.
tfp.167.
Paral.p.i^$
Jhid. f. 12.
& 13.
O.M.C»
Anal.i.ii.
PJupt. Brit.
l.i» V. 33i>
O. Motdlb.
tn DenAr.
^^lA^ • /• 2*
rub.de Prob,
^tn C«r.
j4nal, ptiSt
VmI. Chy
mét. Cdrm.
tleMufc.P*
fan.v.^^ ,ad
eatcem de
Honore Bi-
felci ;
‘De' Ctvk,
Deil.ii.
JA. de duab.
Mfiimab. co-
traMMtch.
^ • 4**
4* MP S EO QO SP I AN 0
Tergn remordentes i diro mortem ore minantes.
Hoc OVVM rapido _/? merferis amne » ridebis
Protinus adverfas merfum fluitare per undas ,
t.^tque fuum contra vaga flumina flellere curfum.
x^ccipe nunc qua fit vis admirabilis OVI,
Omnis ab hoc uno belli Vici oria pendet.
Hoc duce confertas acies ^ f or tei f que phalangas
Delebis i villofque trahes in vincla Tyrannos,
Et formidatum Romana per oppida T urcam .
Hoc etiam molles aditus facit: invia pandit
Ky4triay cf ad magnos vocat in penetralia Reges .
Hoc duce vos dudttm vario fermone frementes
Detinui , facileifque aures prabere coegi .
Dixit y & antetulit confcfta per agmina grejfuniy
Seque via comitem fecit. Rex pauca locutus
Conticuit y densa proceres rifere corona y
Et vanas artes toto exclufcre theatro.
D' alcuni Infetti , Cap, XIII.
X T A Natura, che nobilitò con l’ufodell’ali gl’ Infetti, che lìeguono, gli
P a privilegiò ancora perche poteffero co’ Volatili annoverarfi , benché alla
baflezza della loro condizione fì convenire il favellarne folodopo tutti gli Am¬
mali perfetti . Fuori de’ quali ben ponno col volo follevariì quelli , fe ciò aper¬
tamente pretefe quella Propagatrice delle Mofchc odorofe di Fifa ( offervate poi
anco in Bologna del i éSq. e dal Dottor Montalbani , e da me parimente che cosi
ne fcherzai .
Mofchum fragrant Mttfca exilìere Clcaca .
Non male femper olety qticd male fempcr olet.')
alla quale in faccia d’ un Giove , fece dire l’ cruditidìmo V alerio Chimentclh .
i.^lis nos vehimur quoque y nos quoque flndimus athram.
3 MOSCA inunpezzod’AmbralavoratoafacccttCjincuifi vedono anco*
radiverfe feftuche , e peli d’ Animali . L’clTcrc quella un’Infetto, fe balta per
dichiararla vile tra gli Animali , non è fufficiente a fupprimerne il pregio in mo¬
do, che, vivente, non haveflfe potuto contendere di nobiltà con tutte le
turcinfenfate,nonefcludcndoneil Solemedcfìmo: eciònona giudizio d un
Ateifta , come fù Luciano , che ne celebrò una con un Panegirico ; ma d’ un San-
to,ed’un*Antefignanode’DottoridiSantaChiefa, come è Agoftino, il qua¬
le a vifandoche^/«y^rf^e/?ji*^w/>4//^»/V,^«<<w«)//V minimum ; plus enim formi
cularumy(^ apicularumopera ftupemus ,quam immenfa corpora balenarum y così
ne difeorre confutando i Manichei: x^tque h)c y fi forte turbati a me quat ercnt y
num etiam Mufea animam huic luci praferre cenferem ? refponderem . Etiani_i .
N ec me terreni Mujca , qubd Parva eli , fed qubd Viva , firmaret . ^u ari tur enim
quid tlla Membratam e xiguavegetet y quid huc, atque illue ypro naturali appetitu y
tantillum corpufculum ducat ? quid currentis pedes in numerum moveat ? quid vo •
lantis pennulas moderetur , ac vibret ? quod qualecunque eft , bene confider .enti¬
bus y in tam Parvo y tam Magnum eminet y ut cuivis fulgoft per It r ingenti oculos
praferatur .
3 Ma fe quella, morendOirlnnnzio alPhonore di si chiara competenza,
eftinguendofi in ella quel lume, che n’era il fondamento, non perciò perdè
tanto
L ì B R 0 ^ R i M o: €APl Xlìl 49
tanfo dì piegio jchcla fua morte non larende^fe più (limabile di quando era vi¬
va, facendola colla vita fpogiiare la corruzione , di cui fi refe incapace il fuo ca¬
davere al vefìitfi di quello balfamo , che lefcufa nonfolo di fepolcro affai più
nobile di quel li delie Cleopatre, al dir di Marziale, che d’una Vipera cafual-
mehte (benché” artifizio vi fcuopra il noftro Galli) rinchiufa nell’ambra cosi
cantò flentibus Heliadum ramis dum Vifera ferpit ,
Fluxit in obUantem fuccina gemma feram . *
.^ua dum miratur pingui fe rsre teneri^
Cener etù riguit vincla repente gelu.
Ne tibi regali placeas Cleopatra fe pule re ,
Vipera Ji tumulo nobiliore jacet.
Ma Ic ferveinfieaiediLucernaSepolcra!e,tantopiùriguardevole,qaantoche^
a! contrai io delle altre, per qualunque (con volgimento d’aria non può eftin-
^iicffiiidi lei Iplcndore, che fà feorgerfi il racchiufo corpo, quali moventefi,
mentre tutto intiero lieile lue membra ftà in atto, che fembra già già profeio-
gliereilvoio, verloicircoftanti, come la Moka d’ Omero,
quamvis iterum humano de corpore pulfa^
Vfque rediti morfu petitura,
E quella del Chimentelli .
toties depulfa petit, repetltque fugantem\
Politura, in CUI fenza dubbio quella Moka fi compok, quando inciampata, ò
cad uta in quella bituminofa foftanza , menti*era per anco liquida , procurava di
fvilupparkne prima che li congelaffe : ma riukendoli troppo tenace la pania , vi
rimale prigioniera , e prima che morta ,fontuofamente kpolta,come lalormica>
di cui parimente Marziale,
Dum Fh Atonte a Formica vagatur in umbra
Implicuit tenuem fuccina gutta feram.
Sic modo, qua fuerat vita contempta manente^.
Funeribus falda ejl nunc pretisfa fuis ,
Equcll’altra volatile, dicuikrive Iacopo Caddi, geotifPoeta dell’ Arno, che
la conkrvava nella fua Ermatena in Fiorenza .
Dum volat Heliadum Formica alata fub umbra.
Incautam ha Ucrymis deciduis capiunt.
Retia nunc valeant, lacrymis captare volantes
Si datur, aucupio non opus, at lacrymis,
& ad imitazione di Marziale.
Dumnemtis Heliadum propter Formica vagatur.
Hanc lacrymofa pii gurgitis unda tegit.
Protinus hyberno durefeens vinlla rigore
Formicam perimit gemma nova , ac tumulat.
^jiid Reges jaSlant Paria de mole fepulcrttm^
Formica radiat nobilior tumulus.
4 Diverfi MOSCHERINI, ZANZARE, e loro OVA, con altri corpic-
ciuoli di pagliuccie , fe (luche, e Iquarci di tele di ragnateili , rinchiufi in ki pez¬
zi d’ Ambra di varie figure, portati di Polonia dal Conte Gio. Carlo Ranuzzi,
Nipote di Figliuola del Sig. Marchefe Colpi ,che l’haveva pregato a proveder-
io di fimiiicuriofirà, da quel Regno, dov’ era Nunzio Apoftolico Monfig, An¬
gelo Ranuzzi di lui Zio Paterno ; quegli di cui la feliciffìma Penna
j. - - ciò che la G allia, e l'Albione
La Dania, il Belgio, e la Boemia ha in feno,
E . . Porti,
Fine'. Gali,
lib. de Epìg.
««. 2}0.
«f- S9>
iliad. 17;
Ckymtt.loc,
vit. p. 23*
|£. 6, tf, 153
L'. 2. Poemi
Ì9‘
'Jd,ihid»
L.Ltg. Pa.
ntgtrtco deli.
Equità.
?
50
J)e Nuft.
Bru. 1,1. V,
iì8.
Zj. 3* S*
Htxnm.
Cdrm, l, 2.
tifine .
/»/.
/V viti
ty£fe^.
P’ine. Gdll,
dt Eptgr.f.
ii'j.nu.ijz.
M V S E 0 C 0 S P ì A N 0
forti t Forti , e Città, Leggi , e Perfone,
TtttU co» aureo fiil defcrijje a pieno.
5 Di (imllibizzaric ne mentovano divcrfe TAldrovandi. L’ Imperati nel-
r lltoria Naturale 1. 1 4 c. 4. e 5 . Il Vormio nel fuo Mufeo I. i . c. 1 5^ Il Ceruti
nel Mufeo del Calzolari feóè.a. p. 185. 11 Terzago,e loScarabelli nel Mufeo Sct-
talianocap. io. & altri tra’quali reruditiflìmo noftro Pictranegra, che d’ un
Pefeeprefo nell’ Ambra, e donato a Filippo li. Rèdi Spagna lafciò Icritto .
•i..^ eleSiri majfat» depromp/ìt odori
Ingentem, de qua fieri quoque pocnU pofifènt,
Bitrum erat in dura claufium fplendefcere mole
pifciculum, vivo fimilem, fimilemque natanti.
&irdottiflrimoP.Chircheronclfuo Volume dell’ Arte Magnetica, favellando
delTAmbra teftifìca d’haver veduto un Rofario compoftodi varii pezzi di quella
materia, tutti ragguardevoli per altrettante Mofche rincliiufevi,e ne fà con ra¬
gione le maraviglie fcrivendone. later catera tame» admiratione dignijfima, etiam
Bof artum Beipar a granis e fuccine confcéfis elaboratum , in quibus fingulis Mufea
diverfa forma , & figura ita inferta funt , ut nihil, nifi vita iis dcefie vtdeatur
(imiliaque , qua cum apud Ioannem Baptifiam Rinalduccium I. V. D. tum alios rerum
exoticarum Hudiofos hic Roma ohfervafife memint , Ma non fi taccia di quella Rana,
e di quella Lucertola, prigioniere, e /epolte neH’Ambra, delle quali merita d’el-
luc ydica la nobil Mula d’ Antonio Querenghi , trattandone in quella guifa .
"Dicite odorati fulvo , qua tegmine fucci
Condita fpiratis vivos animalia fenfus ,
Dicite , quis tanta lato vos munere fortis
Demeruit , fragili^ ut fpolio , niembrifqut caducis
Exempta at er no eleFIri concluderet erbe^
Nunqttid ubi in glaciem folidam fe fluxilis humor
Cogeret, ^ gelida ponti concrefeeret unda
Devincit lento intercepta in glutine cafus^
K^n potius Natura parens , ut nobile lafco
Nagnanimo donum exprimeret , primordia rerum
Mifcuit , cf Vivis animavit fuccina formis?
^uicquid in efigiem vefiros hanc tranBulit artus*
Fortunata ambo, quibus ipfa in morte perennem
Jnfigni vitam licuit reparare fepuhro.
Fortunata magis, tanti quod fede recepta
Hofpitis Aonio vos dulcia carmina cantu
Her manni decorant fama immortalis honore.
5 scarafaggio RINOCEKOTE, Malfimo , che dal Gionfioni chia¬
mali Scarabaus buceros nafic ornis . Confcrvafi quivi cotefto Infetto alato per la
bizzarria di quel gran corno piantatogli dalla Natura fopra la punta del naio,
curvo , adunco, e riguardante all’ in sù , come quelli de’ Rinoceroti Q'adrupcdi,
ond’egli prefe ilcognome , che tanto piu fe gli adatta , quanto che oltre iiiawi-
farfi a quelle Belve nel corno del nafo, ne imita parimente l’audacia; perche
dove quegli franco guerreggia col maggior dc’Quadrupedi, ch’è l’ Elefante ,
quefti non teme di combattere con la Regina de gli Vccclli, l’Aquila: e dove
non giunge colla forza del corpo , ch’è picciolo , ben v’arriva con i’atìuzia,
che lorende vincitore , come prova l’ Alciati , in quell’ Emblema citato dal no¬
ftro Galli nel Trattato deir Epigramma; infegnando che alle voice fi devono
temere ancora le cofe minime ,
PelU
L ivs K 0 t K ì M 9: CAv Jan. jt
' , 3ell/t gerit ScArabmsy à" hoìiem pronocat altro.
Robore , & infer tor , confilio fuperat . £mbt. tffi
J^am plumis AquiU clam fe, neque cognitus Abdit,
j Hofiilem ut nidum fummA per afirn petet .
- OvAqtie conf odiens prohibet fpem ere f cere prolis.
Hoc que modo ilUtum dedecus ultus ubit.
Ke pcopongono bclliflimc Figure , e deferizzioni l’ Aldro vandi , l’ Imperaci,
cMfopracicatoGionftoni nelle loro Iftorie,c ne fà menzione il Vormio nel luo
Mufeo.-
6 Con quelli ci fi pone in veduta, fe non come volatile, almeno come Infct-
to, nel fuo genere molto ragguardevole perla llraordinaria grandezza lo
SCORPIONE DI TVNISI.
Lo Scorpione, che qui fi rapprefenta in Figura al naturale , fù da Tunifii
portato vivo in Tofeana del. MDCLX Vili, e campò tre meli , e mezo in_
Fiorenza. Nel Paefe natio chiatnàfi AkrAb,c, come mollra 1’ imagine è tan¬
to maggiore de‘ noftrali, che fembra vado Gigante in comparazione di pic¬
cioli Pigmei. Taluno di quella razza pela più che venti de’ noftri ordina¬
rii, arrivando alla quinta parte d’ un’ oncia , e. talvolta paffando. Così va¬
riano aitai nel colore, elfendo per lo più verdi gialli , ove i nodri fon ne¬
ricci, come gli Hgizzii, che quantunque affai magiori de gl’italiani , non
però giungono ad eflierc più che un quinto de’ mrbarefchi , a giudizio di
pelo. Anzi quelli , come nella grandezza, così gii forpalTano nella malignità
de’ velenofi aculei, maifimè he’ méfi più fervidi. Il che ogni anno ècagione
della morte di molti huomirtfc, pefrelàaiionc di chi dimora in quelle parti.
E ben n’ hanno lunga fperienza^liliabitatori di Pefeara Città dell’ Africa,
che per la copia di quelli peftifeff animali , come racconta Gio. Leone, fóno pgigf.
collretti rellate ritirarli alla Campagna, fenza che polTano ripatriare prima Afr.
del Novembre . E v’ hà chi rapporta praticarli da molti nella Libia il dor¬
mire ne’ letti, c’ habbiano i piedi polli ne’ vali d’ acqua pieni, per ripararli
da quelle vive pedi . Diligenza , che talvolta non hà giovato , narrandoli
edere accaduto, che molti Scorpioni attaccatili l’uuo all’altro , habbiano di
loro delfi compodi come una catena, pendente dal tetto della cala, fopra il
letto di chi dormiva licuro , §c in tal maniera , non potendo altrimente,
fiano giunti a pungere chi giaceva, il quale perciò ,]^come d’Orione canta-,
il Bergano,
Nepa decejfit faucius iéfu . L. 3. Beri
Di che pofeia Giovanni Ferro compole fpiritofo Emblema , animandolo col
/1 E a motto
*52. M ^ 5 E C '0 S P l A K 0
motto fcntcnziofo MAWRVM SEMRER mala CONSPiRAflO, Che però
^o’ndsi ^oScorpione, come uno de’ più frequenti , & oflervabili an mali dell’Àfri-
hoU.j.Oj. ca, fù prció per infegna di quella gran Regione , e per tale figurato nella
»«.52. ' delira della di lei Imagine in una medaglia d ‘Adriano Imperatore di nazio-
ne Africano, che fi vede nel Muleo , con quelle lettere nel riverfo AFRI.
CA S. C, di cui nel racconto delle Medaglie in elfo raccolte . Ma che ma¬
raviglia, che quelli Paefi fiano così infeftati da gli Scorpioni , le lono log-
' getti airAlteriimo di quello nome? Onde ne cantò il Fontano*
*■ T ingi» , Bocchitjue domos , habitataque Mauris
Dt fieli, , "DeofqUe humeris ^ Calumque Atlanta ferentem ^
Infgnefque auro^ pomis radiantibus hortos
Hefpertdum^ ac deferta fili Getula^ Leonumque
K^lrva fame , Mars omnipotens , ér Scorpitis ardens
Infpeilant ,
Nelle fattezze po'r gli Scorpioni di quelle parti non vanno differenti da*
noftri . Chi ne brama più minuta contezza può loddisfarfi appieno con_.
l’efatta defcrizzionc , che ne porta diligentilfimo offervatore delle curiofità
naturali il Sig. Francefeo Redi nelle fue dottiflìme Efperienze intorno alla gè»
ner azione de gl' Infetti p. 67.
\
1
DEL
DEL
MVSEO COSPIANO
LIBRO SECONDO.
In cui fi favella de gli Animali Acquatili, c loro Parti,
che in effo fi coniervano .
Divisone de gU Ac qu Atili del Mufeo',
Cap, /.
A gli Animali Aerei, a gli Acquatili, da’ Volatili , a’ Nuotanti
è molto dicevole il far paffaggio, fe quel moto , che gli
uni hanno nell’Aria, gli altri 1’ efercicano nell ’ Acqua;
onde quelli fi potrebbono chiamare Vccelli deli’ Onde, e
quelli Pelei deir Aere; Anzi v’ hàdi molti Pelei, che nel¬
le fattezze, e fovente ne’ collumi fono limili a diverfi Vc¬
celli , de ’ quali perciò ne portano il nome , come l’ Aquila,
ài Nibbio, ii Colombo, la Tortore, e la Rondine, Pelei che fi vedono nel Mu-
feo. Oltre di che molti Pelei volano fopra l’acqua, come quelli, che a nuvoli
s’incontrano da chi naviga nel Brafile, uno de’ quali , eh’ è il Nibbio fopra men-
covato, fi deferiverà a fuo luogo: c molti Vccelli nuotano, e traggono non
brevi dimore lotto Tonde, come tutti,! Palmipedi. Tra’qualinon ne mancano
di quelli, che nafeono dalle Conche generate ne’ legni putrefatti nell’Oceano
Britannico, s’egliè vero, come affai ne dubito, ciò che delle Anitre Scozzefi,
fpalleggiato da una infinità di Scrittori , notò il nollro Pktranegra nel fuo nobi-
liflìrao Poema delle Nozze Britanniche , cantando
Conceptafqae Anates patria natafque carina ^
'' inique dcrifolii duratum è Jlipite ferrum
feopulos clara ad Symplegadus Armacana
Dicere pergebat^
E 3 Prodi»
'DtNuitl
Brtt. l,
M*r, stu4r.
C.4*14'
Cdnz.ont 4
Greitr-XlV*
ft. 2.
L. J,Od.4,
4d Anicot .
L> 3- Ber»
P’ 47 J-
y. fufra his
/ub/eqmfites
vtrfHS 1. 1.
t. 9.
tL. t. Fm^,
p.2i7’
J4 M V S E 0 f05P/^?sr0
Prodigio autenticato anco dalla nobil Mula dei Padre D. Balliano Gatti , Mona¬
co Gctonimiano ,l’ Omero di Mana Stuarda ,dove raccontale prerogaci ve del¬
ie Citta, & liole della Scozia. Che però il Nierembcrgio, mirando a tanta
attìinita,Oie palla tra gli Vccclli ,&i Pelei, di quelli hebbea dirne FrateroeUnt
cum Fifctbus . Communis humor vulva, eji , ideo 0“ pifees per aquam volant , (jr
aves per aera natant , idi aves Pelagt , tjle pijces fubltmes . Similitudo inceffus ,
^ elementi conjunxit nativitatem , t. torli perciò il Tallo li congiunte in quel
verlo
Fot Pefeit e voi de I' aria Augei volanti,
2 Tante fono le diverlità de gli Aquatili , che non cedono alle fpezie quali
innumerabili delle cole, che produce la terra, etomenca l’aria, anzi n'emula¬
no parecchie nella figura. Siche ben puote dirne Le vinTorrenzio Velcovo
d’Anvcrla in un’ Ode ad Ippolito Salviano, che ne haveva Icritto ungrollo
Volume, adornato con belle figure in rame.
^^acunque magno progenerat mari
Natura , tam nunquam ìtupenda ,
T am vana ,
3 Nè folo delle opere delia Natura , ma di quelle ancora deH’Arre nella mol-
tiplicitàloroli trova ilcontronto,conqucllodivario pelò, che le nelle prime
la Natura lembrò dilccpola di le medelìma , nelle leconde tù Maeltra deli’ huo-
roo, a cui nc’ Pelei dileguò moke curiole invenzioni , perche a’ Fabbri nei ro-
ftro d’uno additò la lega, e nella Ipina doriate di tutti mollrò l’ orditura delle
Navi , e nelle Pinne i’ulo de’ remi; all’Arte Militare nc’vari movimenti delle
truppe de’ Pelei abbozzò la torma di Ichicrare gli Elerciti.nel nato d’un’Acqua-
tile le vedere la Ipada , nella coda d’ un’altro la laetta , nelle Icaglie le loriche ,
nella corteccia delle Teftuggini gli Icudi; e nelle raedelìme all’Architettura
diede il modello di fabricare in volta le cale , Ma per non gir cercando le in ven-
zioni cavate da’ Pelei , odali ciò che a quello propolito ne và dilcorrendo Gior¬
gio Giodoco Bergano , l’ Eroico Panegiri Ita del Lago di Garda , che nc cantò ,
cAdde etiam quantum dederint mortalibus olim
Coelicolis fpecimen pifees . Non terga perrerans
Spina t homines docuit pandas fabricare carinas:
, Et faSlas utrinque gravi iiabtlire fabttrra ?
Fnde ( rogo ) ftrra formam tranjmtft tn ufts
Humanos Perdix, nifi Jpina in Pijce notata?
Bellipotens Mavors acies vidiffe natantum
Dicitur, atque hi»c armigeras docutjfe phalanges
Ordine nunc reSlo , obliquo nunc tendere gyro .
Ille , é" fquammarum Jerie defenfa natantum
Corpora camper iens , fimili compagine \unStis
Loricis, docuit nocuo defendere ab itlu
Membra hominum, & clunes, & peclora quadrupedantum ,
Dic mihi , dtc quantas Teftudo prodidit artes , é'c.
4 Di quella parte di Filoloria Naturale prim i dei Salviano ne havevano trat¬
tato dilFulamente il Gclnero , il Rondelezio , & altri , che tutti poi furono lalcia- '
tiaddietrodall’Aldrovandi,!’ Arinotele Bolognele, di cui meglio che d’altri
puòdirfi con Girolamo Caravaggi, l’OvidioCremoncfe, ne’ lagriFalli:
foto quafivit in aquore Pifees,
Ojlreaque in Conchis non latuere fuis .
Avvegnaché egli lopra ogn’ altro inoltrò con quanta facondia predichino la
divina
L/BRO S È C 0 N U 0. CAP. L
55
divina potenza anche i muti animali . De’ quali ne contribuirono varie forti al
noftro Mufeo non iolo i Mari circonvicini, ma eziandio i più remoti, e l’ Oceano
Ueflo, quali gareggiando!’ Elemento dell’Acqua con gli altri due amici nell’
offerirli I fuoi Parti; che quanto bizzarri a vederli, tantoficuria toccarli, met-
tonoincurioficàdi cantarne (come de’ confervati nell’Elcuriale gentilmente
, defcritto dal noftro D, Ilario Mazzolati , Monaco Geronimiano ) con l' Apolli¬
ne del Tamigi , Iacopo Albano Ghibbefio ,
— ■■ ■ ■■ M Mónjlraque Nerei
(Armata, éf melius mortua tundre
Nufquam finis adefi,
Dovendofene dunque far menzione, perche ciò non feguafenzaconfonanza
all’ ordine intraprefo, divili gli Acquatili in Sanguigni, Elangui , lalcio
tutt’ altre divilioni , a chi ne teifc Iftoria Vnivcrfale , abbracciando tutte
— — le Belve , che nutre in mille forme
T eti , del generar fr incipio , e fonte .
E da* Sanguigni principiando, come da’più perfetti , per palfar pofcia a gli Efan-
gui, ne offervo nel Mufeo di due generi, come li diftingue il Filofofo, cioè de’
Cetacei , che lono gli Acquatili , per lo più , maggiori , fensa fcaglie , refpiranti
col mezo de’ polmoni, e produttori d’ Animai vivo ; e de’ Pelei propriamente
chiamati , de* quali s’ intende il Battifta , ove canta
Ha Lorica di Squame il Pefee avaro.
Benché non però tutti lono fcagliolì , ma molti veftono di cute , ò afpra , ò lifciaj
e tutti in vece de’ Polmoni hanno le branchie , e lì propagano di Ova ,
Z. 4. Zyr jf.
OàJX.
Boldon.Cad.
de' Lcngtb,
C.p.4i.
Poef. Mei.
P.i.Sen.^Q.
De gli Acquatili Sanguigni ^
Cap,
e prima
II,
de' Ceti» 0 Balene,
Eti chiamano i Greci le Balene , e Cetacei quegli Acquatili , che , come
V-/ le Balene , li dsftinguono da Pelei propriamente chiamati , perche a dif¬
ferenza loro partecipano molto della natura de’ Quadrupedi , havendo commu¬
ni con elfi gli ftrumenti non folo della refpirazione , cioè i Polmoni , il Collo , e
l’ Arteria , che porta il titolo d’ afpra , ma ancora quelli della generazione , par¬
torendo, com’effì, animai vivo, cui nutrifeono di latte, non mancando nelle
femine loro le poppe . Tra quali ottiene il primo luogo , Regina iniìeme di tutti
gli altri Acquatili , la
2 BALENA, Animale di così vafta mole, che al dire di Plinio, vepre,
fentatione exprimi pojfit alia , quam carnis immenfa dentibus truculenta , men¬
tre iembra uno Scoglio animato, una Montagnachenuoti,edun’lfola viva,
come la chiamò il Marini, in un verfodelluo maggior Poema, Cant. 14. ft. 118.
citato, edifelodai Sapricio nel Veratro P.ll.S.Si. e tale appunto la deferiffe
il Valvafone cantando d* un Pefeatore,
Giurava haver veduto egli Balene t f
^jtale da lungi un' if eletta appare ,
che al volger fol de le natanti fichi ene
Pacean tutto d' intorno il Mar turbare. ^
Onde facendoli conolcere la maflìma de gli Acquatili, ne vanta la fuperiorità
non folo nel Mare , ma nel Cielo ancora , ove , come canta il Battifta ^ le
Corron Delfini^ e nuotano Balene.
Ella coftituilfe la primiera delle Imagini Auftraii ; e fregiata di Stelle , e baciata
dall’onde argentee quinci deli’ Eridano 1 quindi dell’Acquario hà corteggio
di
L. 9- c. 6i
Della Cace.
Cant. 4^
Poef. Mei.
P.l.Sen.^d.
Pent.t.}.c.a..
de Steli, ór
l . 4» e. 9*
ré.
Em. Thef.
tn Entbl. ,
Jmdi.Ault.l
Btrg.l. 3.
Btn. V. 46?.
Solozn.CoJi,
l. 8. 17.
Elei. XI_.
Juven, Sat,
X. V. 14.
'L. 4. Ben.
»''74-
Cad.dc'Lon.
gob. c.m.
76*
L. T. Difier,
M V S E 0 C 0 S P l A N 0
di Pefci I che vicini le guizzano . Che però Giorgio Giodoco Bergano cantònne
— — — Eridam Fluviorum RegiSt &
Sydera, Phryxei pecoris nonne occupat ingens
In calo fpatium Jl elianti torpore Cetus?
Thracius hoc.. Nottufcjue probant , queis lupiter annum
Finit t & auricomo tribuit primordta Veri,
Et un’Epico Bolognelc, eh’ è Francclco Bologneui, i’Autcor del Coftante,'
hebbe adirne.
Infomma, e di ttelfim ^ e di Balene
.Sanivi fon I' acquei e d' altri pefci piene.
3 Se ne trovano di più iorci , & il V ormio ne numera XXII. che tutte vertono
di cuojo lenza fcaglie, òpeli, & hanno gii organi del re/piro a differenza de’
Pelei Icagliolì, e Cartilaginei i e , come lì dille, non deludono Ova, ma Feto
vivente , cui allattano a limiglianza de’ Teftacci più perfetti . La più rinomata ,
di cui ne habbiamo alcune parti , è la Balena ( come chiamali) del Volgo , la qua*
le non ha le Fiftule nel capo, che nelle altre lì rrouano, evienlovente confufa
non lolo con le congeneri, ma con tutti gli altri Cetacei . Nel Mare Britannico
crefee di modo , che Gio. Orlìni la paragonò ad un Monte , feri vendone .
Male fu A fmilis BaUna Britannica monti.
La qual grandezza fù cagione , che il Satirico pronunziane proverbialmente .
.Quanta Delphinis Balana Britannica ma]or.
E’I Bergano, comedi cola impolfibilecantalle.
Denique Felfineo prius expifcabere Rheno
Balanam , & Rubicon fcopulofam nutriet Orcam .
E nell’ Oceano li fanno cosi fterminate, che Fiinionariaeffei vene ftata trovata
una, c’havrebbe ingombrato quattro biolche di terra, concorda con lo Storico
Sigifmondo Boldoni , Poeta, e Medico di gran nome, che favellando d’ un Tem¬
pio de’ Maomettani, lìtuato '
Dove r ultima punta al Mar diltende
sii ’/ fumé Sus il Mauri tana Atlante ,
mentova Balene di non mmor grandezza , cantandone .
Di gran cofle di Foche i e di Balene
Son de I' alta Tef aggine le Travi ,
Le fpinge /’ Ocean gonfio a I' arene
Perche materia al gran lavor fi cavi ^
Di lor offa vedreHe i e di lor fchiene
Biancheggiar largamente i liti gravi .
Ciò però mi fembra uno di que’ miracoli , che li raccontano nell’Irtoria Vera di
Luciano, come pure lì c la Balena delcritta nel quarto de’ cinque Canti aggiunti
al Furiolo dell’ Ariofto , lunga più di un miglio , che afforbiva le Navi intiere ,
come quella, di cui cantò Colmo Anilio .
Inter Jlupenda audivimus miracula
t^bforptam ontiEam fiPlulis Cafia ratem
C/^' Caio in aquore Navis hic magiHer in
Tarn rebus aróiis prosici Cafiam )ubet
In Pifeis alvum y qua folutus illica
Navim egerit profluvio in xt heram lucidam '.
Tantum tn periclis confilium rapidum valet.
O quellcaltrc due mentovate da Lorenzo Lippi in quel feltivillìmo Poema, di
cui I per ellcre anccdoto , ne cica un lungo fquareiq ,Chi delcrille la Prima Parte
della
r<xi.
E
Teef.f, 19Ù
LIBRO S E C O N Ù O. CAP. II, s7
della Biblioteca Aproiìana del noftro genciliflìmo Padre Angelico , e nota a
quello proposto Cornei. Af>
EJsere in corpo a un Pefce duo Galee
Impietrite con tutti i Naviganti ,
4 Ma le quelli , come Poeti , imitarono U favolofo della Balena di Luciano ;
egli} comefacrilego ,haveva colto il fondamento IHorico di quella lua favola
dalle SacreCartcj Nelle quali farà lempre memorabile quella Balena, che in- jon.z.x.D.
gojò lenza nocumento un Giona , e dopo tré giorni vomitòllo lano nel lido del- ^mbr. i. j.
la mal fuggita Ninive. Ond’hebbc a cantarne la florida Mula d ’ Innoccnzio
Maria Fioravanti.
Cco Giona su V lido . Et, che de /’ ondx
Poiché fu tolto al* inclemeuza irata,
fua naufraga vita hebbe feconda
Di natante Balena Vrna animata.
Più invitto d ' Arion , firada profonda
che mifurb ne la procella ingrata.
Per gir di Lesbo a riveder la fponda ', ^
Quando lo tragitto Prora fjuamata.
Ninive perduta bora t'invia,
E, benché Parto de 1' Equoreo Bruto,
Richiama in lei I' humanita natia.
I falli indegni per fgridar temuto
Con zelante facondia a gente ria
Più fi renda loquace un Pefce muto .
Sopra di che il Padre Francefco Remondi Gicluita Divionefe fcherzòcon
quello nobiliflfimo Epigramma, per elemplare d'altri citato dal Padre Carlo da
S. Antonio di Pado va, della Congregazione delle Scuole Pie, nell’ Arte Epi¬
grammatica , publicata dal Padre sigifmondo Regolo Coccapani da S. Silvcrio ,
cap. V. ep. 161,
K^tientto Vates in Ceti ventre triumphat.
Naufragus innocua nobilis efca fra.
Non fuit iUe unquam pacata l&tior undà ,
Non fuit irato tutior ille freto.
Redditur at tandem facilis Pifi ricis ab alvo.
Et chartis fidis enatat hofpes aquis.
Si cupis i 0 Vates, pofihac vitare procellas .
Ad qua confugias, vifcera Pifcis habes,
5 Quindi la Balena hebbe 1’ honore di prefigurare il Sepolcro del Redentore^
già che Giona fù lìmbolo di Chrifto morto, lepolto, cnfufcicaio- Onde lino*
Uro Vida, che, come lo chiama l’ Ariollo, fu
D ’ alta facondia inefficabtl vena ,
rapprelentò quella Illoria (colpita nel Sepolcro del Salvatore, vifitato dalia
Maddalena , di cui cantò
Dum Virgo fedet , àe miratur mane Sepulcrum ,
Artificumque manus , videt ipfo in marmore fiUum
Littus arenofum , porrectum in liture Pifctm
T luliivomum , ingentem , nant aquor e qualia in alto
Mole fua ignaros nautas terrentia Cete,
Monfirum turpe, atrum, fpatiofi Bellua Ponti,
Cuyis ab undivomo Vates imperditus ori
^eddi~
C, 46. 15«
L. 6, CM2
fliad. v.3sif
I
5»
Kóvii.Sat.
Tajl. l. 5. V.
die
17. Aiaf,
M y 5 B 0 C 0 S P ì 4 N 0
'Redditus aereas rtirfutn veniebat ad auras ^
Tutn fecum i Superi nunc , 0 nunc vifa fecundent
Prafentes; veterum agmfco non vana futuri
Signa t tnquit'. nempe ut monllri deformis in atro
Tres Vates latuit luces , tres gutture no£Ìes ,
Ingluviem paffas^ vadaque voraginis antrum,
Stc heros inultum ad Superos defletus amicis,
Inclufttfque cavo faxo , terraque fepultus
Delituit , fepe ( ut memini ) pradixerat ipfe ,
Ad Ctxlum rediit , faxumqtte reliquit inane ,
6 Ghe però quefta loia, non altra Balena, meritava 1’ honore d’ effere rrale
Stelle dalla Poefia trasferita : come appunto fucceffe per vaghiflìma invenzione
d’ Ambrogio Novidio Fracco da Ferentino , che nc' fatti non meno, che neH’af-
funto cognome fù un’ Ovidio novello, ma tanto più lodevole deli’ antico , quan¬
to che tralafciandod’infcgnar vani amori, attefefolo a deferivere i Sagri Falli
di Roma, non Idolatra, come quegli, ma Chrifliana : e fe fcrilTe Trasforma¬
zioni , quefte furono (olo dell’ Erudizione profana, eh’ egli con mirale fimmetria
cangiò in facra. Di che fono faggio i feguenti Verfì a propolito della Balena
CeleRe da lui celebrata per quella di Giona .
Hinc ubi coiiyinSfas lux altera liquerit Idus
Lucifero rofeum reflituente diern:
Havita de medio Iona fpeBare profundo
Optabit Cetum, f cireque flgna volet.
Viderat ergo Senem fugientem 'yiffa per aquor
Ne^e proccllofas , quum Deus egit aquas,
Carbafa Ììridebant , dis\e£Iaque puppis ab Euris
Haurit aquas, hauflis pene fattfeit aquis.
^uifque timet, clamant, irata confeitts unda
Ille tacet pallens, oraque vefle tegit.
H avita tunc vellis: quifqtits deponite culpam,
Caufa cuyis hyems afpera tollit aquas.
< Audit ut hac Vates , faflns fua crimina, dixit:
Mergite ; turbati me petit ira maris .
Mergite, dicebat: quum jam miferata loquentem
^uarebat jujfss territa turba moram .
Tallam habet, inHabaf, quid agant', hic carmina cantat:
Mittitur in medias de rate cantor aquas.
Mira cano: pelagi vix primas impulit undas ,
Cetus ab extremis quum tulit ora vadis,
Inque loco quarit , qui pulfum fenferat aquor:
Invenit', inventus faucibus efca fuit.
Cete ferox, non fc fufeepit Ariana Delphin,
An quoque nunc Coelum tu pietate meres ?
sic erat', attulerat Pheehus tres ordine luces,
.fartus, & Eois Lucifer ortus erat:
Redditus epotus terra eli , fofpefque redivit
^ui fonai Euxinis in mari littus aquis .
lufla Dei peragit, cepit fua fiderà Cetus '.
Hac que micans facit dat monumenta diei
7 Se qui pctò la Balena fervi non folo di Nave, ma di Tomba ad un Profeta
vivo
L i M K 0 s.n è ù n ù 0, c ak it,
vivo, chefimboleggiavaChrìftofepolto, altrove fupplì di Tempio allo ftcffo
Dio, mcatreioftenne un S.Macuto, che sù’l di lei dorfo celebrò la Meffa con
la meddimaiicurezsa.che potea fuggerirgli lafcrmezzad'uno Scoglio .^11 qual
fattocosìfùdefcrittodaiJaMelicaMufadi Giufeppe Battifta nella Terza Parte
delle lue leggiadriffime Poefiè .
V dorfo navigabile del Mare
Stende d' infane fiaglie atra la fchiena^y
che d* alghe lajlricata l^ola pare
K^l piu cauto Nocchìer vafia Balena.
^nì y curvata d* arazzi iH'ufire fcena^
. -• Sacro Minifiro innalza auguflo Aliare ,,
Dove rinova in sacrosanta cena
un motto Dio le rimembranze amare..
Troppo cortejìy o Belva y havejii i Cieli y
Mentre su le tue fpalle a Tfuoly eh* e pio^f.
Voce Sacer dot al detta Vangeli.
Del Cumino Delfino urna d' oblio
Le memorie più vive: al Mondo hot celty
eh' et trajfe un' Huemot e tu fioftieni un Die\,
E benché le Balene, come s’c dctco^non babbiano fcaglie , ma folo vel^aoo
di cuojo lenza pelo? non perciò fenz^^auttorita gli attribuì le fcaglie il fopraci-
tacoPoera,che in tal modo ne accennò.! * hofridezza; havendo fatto il mede^
baio due de’ primi Poeti Epici di quello Secolo , AnfaldoCcba,. c Sjgifmoindo
Boidoai , Cantando quegli nella lua Belliflìraa Efterre ...
Da la più fiera turba y e più S AMO SA»,
Onde celi Afifitriti il dorfo appena».
^uafi per entro a la campagna ondofoi
Guizza da l* altro lato: una Balena..
E quelU nella caduta de’ Longobardi , favellando d’^unaNave da gucrra»^
Vedete quella ancor» che di Balena
Ma il naturai Jìmbiante} Acah n* e Duce,
Ove eli olle la coda oltre La f chiotta»
D' argentee S.^VAME' al Sol la poppa luce,.
E prima dì tutti Manilio ,favcllando della Balena Celelle C* cui ftimòfufle
cipolla Andromeda , eh’ è figura di chi inaocenre pericola nella Corte, giàchc m
ella, come avverti coturnata l’Eroica Mula del Conte Qroiaaio Graziani,
non mancano
f* ^
Efiher.
ield. Cadi
Le»ieb.é.^
l6i.
Ferfidi Mofiriy avide Balene».
Ber inghiottir d' ogni altro ».
Siafi antico» o nemico».
Le foUanze » la vita », e la fortuna . )
ne fcriifenelfuo Poema Allronomico»
Grazia»,
Cremtitt.
Atte .ì.S c.te».
V. 237*
^gpam propter Cetus convoèvenr S .^VAMMSA terga»
Orbibus infurgii tortis» ét fiuHuat alvo.»
Intentans morfu , fìmilis \am jamque tenenti»
Qualis ad expefiia fatum Cepheidos undh
Expulit adveniens ultr& fu a limina Pon^m»
Oltre di che Arriano-nel libro delle coic dell’India meatovò una Balena lunga
cinquanta cubiti , di cuojo fcagliofo ,per cuifù giudicala moftruola,. e dall’ Al-
dro validi , c dall’ Vter verio ,chc rerminòla di lui Ifioràde’ Peki , e de’^^Cetacei
Delle
A^ron,
t/»
I^emef. Cy
tttg, V. 166.
«(TuAer I 4*
Anibtl.
CrettJftCy
rcj,v. ii6b
So
Delle paitidisìvafto Gigante del Mare varii fono gli ufi riferiti daU’AIdro-
vandi , A pompa di queito Mufeo vi oilcryo .
8 Vnagran VERTEBRA di Balena ridotta in figura d* un’ ampia TAZZA
di giro di due piedi, con proporzionata cavità, capace d’ affai materia, manon
fluida , per l' ampiezza , e frequenza dc’pori della di lei foftanza fpungofa . Cor-
ffifponde a quella che figurafi nel Libro de’ Cetacei dell’ Aldrovandi c. 2 . p. 685.
9 PINNA dorfale della Balena, che da mano induftriola fù trasformata in
una gcntililfima Bacchetta da cavalcare . Gli accrefee pregio artifiziofa gucrni-
:ura d’argento . Ne gli attorcigliamenti è fimigliantiffima a quella , che figurafi
nel fopracirato libro de’ Cetacei deir Aldrovandi, p. 6S3. Per la fua bellezza
non ifdegnerebbe di Icrvirkne iin’AIeffandro, le cavalcaffe Bucefalo, che fole
fotto di lui
•— fleiìì facilis t Ufcivaque cella fecutns
Paret in ebfequium lenta moderamine virga ,
Ancorché Greco Poeta oc dica ,
Oò yàf aTtp ìtiCfVT*À tirirtt dylZmp
Non eni»i fine fiugello dirigitur equus ferox l
E forfi erafimilea quefta, quella che mentova Giulio Grotti Poeta Cremonefe
nella deferizzione del Cirefio , del iziofilfima Villa di Celare Gonzaga, di cui
cantò Interdum ftrepitu armorum, & clamare fonanti
Irritas pubem ejfranam, flagrantia terga
Exacuens tenui virga , lentoque flagello,
Infultat terra fonipes, & naribus ignem
Collegi um vomit , ac f urgentes excitat iras .
Tìel Delflno. Cap, IH.
I ¥ L Delfino, che tra’ Cetacei s’annovera , perche partorifee Animai vivo,
J elianto cede alla Baicna nella mole del corpo , non allongaiidofi per lo più
che fei piedi, & ingroffandofi folo quanto può con ambe le braccia capire un’
huomo; altrettanto la fupera nella nobiltà delle doti, effeudo non menvagoa
teld. Cad. vederli, che robufto, c di tanta agilità
C*\ nuota come Jlral nel proprio Regno .
Cheperòdicofa veloce proverbialmente 11 dice che movafi
■ ' - ■ 11— — — — tn fretta
Piu che non corre agii Del fin tra l* onde.
Anzi è manfueto , & amico dell’ huomo lopra tutti gli Animali dell’acqua, tra’
quali da molti egli ne viene collituito Prcncipe, come dal gran Nazianzeno, da
cui fù chiamato
Sefted.yirg.
Saver. C.^, Delphinus mannorum excellent i f.r/ius iifAr.
E dal Bergano , da cui fù detto
«I . — ■■■«» — ■ iiM rm Equoris ampli
Cenaei - ■■ .i.* — —i» Rex Delphin.
p.^6j. a Quindi in molti bronzi antichi per fimbolo del Mare effigiato fi vede , c ,
come tale collocato fovente nelle mani a Nettuno, come in alcune Medaglie
antiche,ctràl’a!treinunadi Marco Agrippa, & in altre di Nerone coi Porto
d’Oftia, cd’ Adriano, che fi vedono nel Mufeo, eli mentovano nel Racconto ,
che le nefà a fuo luogo . Talvolta s’cfprime fotto i piedi di quel raarìtimoNu-
me, come nella maeftofa Fontana della Piazza di Bologna , opera fempro
memo;
L ì ^ n. 0 S B C 0 ISI D 0. CAP, liì. tfi
memorabile di Giovajini Bologna (il di cui difcgno può vederli ne gli Emblemi
di Paolo Macci ) fatraforfi ad imitazione del Nettuno di Bronzo della Fontana
di Cprinto,cbe/al riferire di Paufania, haveva /otto i piedi, come quello, un
Delfino pur di Bronzo, che verfava.1' acqua, & inlieme accennava la trasfor¬
mazione del luo Nume in un' Acquatile di quella fpezie, feguita per impulfo
d’ Amore, all’ bora quando , ai riferir d’ Ovidio,
—— ■ ' ■■■' /èftjit Delphim MeUnthò „
Così per Geroglifico del Marcio propole Pallade Poeta Greco, quando lo de-
fcrifle ( come in alcune Medaglie fi vede) frenato da Cupido ignudo lenza l’arco
e le faci, ma con alcuni fiori nelle mani per fimbolo della Terra, li<»nificando,
eh’ egli egualmente domina nell’ uno , e nell’altro elemento . E quefti fono i di
lui fentimenti .
Toi^fie , iceJ ifip »
Ou’ yttf Tt'^oy , KeU vvfiivr*. fiika ,
OuX» fiettlut -nthtiytMf , xcu' £v^ot»
f(fp yf y*7<tp, t? ìì
I quali furono traportati dall* Alciati in qut’ Verti Emblematici, lenza però
elprimet vi jcome Pallade, il Delfino , che non da Cupido cavalcato, malore-
nuto con una mano fi vede nel la figura ivi addotta .
Nudas Amor vidett' ut ridet, placidumque tuetur f
Nec faculas, nec qua Cornua fle ci at , hahet:
Imiterà fed manuum flores gerit , altera Fife em.
Scilicet ut Terra 'ytra det, atque Mari.
Ed a tal fine appunto figuravafi quefto Animale anco nelle mani di Venere I’ im¬
pudica, fi come leggiadramente fii elprello dall’Eroica Mula di GiuleppeGa-
leanir Apolline Palermitano, che nel luo Pelagio, ò lia Spagna Racquiftatane
cantò. Due Veneri vi fon, l* una irupudica,
■ che dal Mar d ' onde ttfcì , porta il Delfino ;
L ’ altra ne ' fuoi penper cafla , e pudica
L' altrui lafcivo Amor cangia in divino.
Benché ciò per avventura non fia lenza allufione al cangiamento di Venere in
pelce, e forfi di quella fpezie, leguito nella guerra de’ Giganti, quando pcrlo*
verchia temenza, al dir d’ Ovidio
Fife Venus latuit.
ancorché il Bergano lo determini Pelce del Nilo , ove nota , che
Nilicolà fub Pifee latebas
Mater Amorum .
3 Vede quefto famolo Acquatile , come le Balene , di cuojo lenza Icaglie, ò
peli. CheperòèpiudaofTervaifi.chedaimitarfi l’epitetodi fquamofo
aflegna un Poeta della Liguria nella leguente per altro bellillìmadelcrizzionc
Sicubi pacati Libycis Delphines in undis
Exercent agiles ( S.^vAMMEA Monflra ) choros .
Marmora falcata feriunt fpumantia cauda,
Marmora fumma levi vix bene ta^a fuga,
K^gmina lunantur , concurrunt aquor e toto,
Inque vicem potas ejaculantur aquas.
Fella moventur aquis, dat forma plicatilis arcum.
Tela liquor , Zephyri clajpca , valla falum ,
Tum fufpenfa levi fe tollit in aera faltit
Turba \ fuas etiam cau ferat aquor aves .
F 4
Alacc, £m»
W.74.
6. Mtt.
V. 120.
£4, AAtfp9
£.mbl.n6.
CanuVll.^
Ov.L$.MtU
r.351.
Jod Berg.f,
l. i.Ben.v,
fi®.'
Demirtie^ab
Ecet. Antr,
Bethltm»
Fart 2.Prp‘
Itti, z.
£.|. Mtt.
Mm, V.682,
'MarimRim
M*rit.S»a.
*4*
L>l.Petm.Z
L.^M Iteli,
». I z84.
Picinel. Af.
Stmb, l, 6,
c. 17. ». 67.
Stefh. Can.
tuar.Ub.Al,
Itg.tn Gtn.
e, I.
SrMcciel.
Crne KACq,
i, 14.72^
Seld»
de' Lengcb,
C. 15. Ji-
Seeg, /. g,
Ben. ».852.
Ben Am, y.
//. I. i6.6i.
m V & E O c 0 S P l A N O
4 Nel ventre biancheggia, e nel dorfo è fofco, fi come pur tofcbc fono le Pin»
ne , che fenza aculei vigorofe t ralmettc , una per lato , oltre quella della Ichiena»
eh’ è fola , ma più dell’ altre eminente, e le due vicine alla coda lunata »come pri'
ma del fopracitato Poeta la deferiffe Ovidio, che ne cantò
— ■ ■ ■ falcata novi f ma cauda ejl ,
^jtalia dimidia f nuantur cornua Luna,
5 II Capo minore del tronco , con lunga apertura di bocca , e rofiro lungo , e
rotondo , c nel fito delle nari deprelTo , e ’l dorfo dillefo , non curvo, come accen»
na la gentil Mula del noftro Pictranegra in quel verfo ;
In triHem incurrit fande Delphine Sete']am.
fanno conofeere, che in molti marmi , e bronzi antichi, e moderni, & in altre
materie, quello Acquatile fia fiato effigiato più a capriccio , che nò, col capo fo¬
vente più grolfo del bufto, la bocca rotonda , e le labra ripiegate in fuori, e di
modo , che più torto fembra un Mortro tra Pelei, che naturale Delfino. 11 che in¬
gannò il Cavalier Marini, quando deferivendo un Delfino gli alicgnò tlrofiio
curvo(ch’èdiritto,comeinqueIlodcl Mufeo fi vede) cantandone
Curvo anco ha il rojlro , e ' mento globi attorta
La coda inalza y e col veloce corfo
Toreuta luna in su /’ cltremo ei porta,
10 però non attribuifeo ad erroj-c delTarre , le l’ elprefi'e curvo , bench’ei non fia,
denotando con tale (cordo quella /embianza , che di fe mortra , quando trefean-
do per r acqua , e vibrandoli velociffimo a capo chino s' attulfa , fi che di lui po¬
trebbe dirli con Pietro Crinito .benché in altro propolito .
, Pracipitet» fe fe tradens immergitur undis,
E tale lo dipinge il Fontano in que’V'^erfi.
Ba jano f forte procul de littore cernes
Delphinum ludentem, & terga accliva plicantem y
Nunc undis fe attolentemy nunc gurgite toto
Mergentem fe fe ,
6 Dal che i Naviganti prendono augurio di vicina temperta, come inferi, chi
ne formò corpo d’Imprefa coi motto METVENDA PROCELLA y fondato co¬
me fembra , su quel detto di Stefano Canruarienfe Ludus Ceti lignumejì tempefia*^
tis y e ratificato dal Bracciolini in querti tratti canori .
Ne men trillo prefgio il curvo dorfo
Del veloce Del fin forge tra L‘ onde ,
che fpeffo avvien , che di fue rote al corfo
Or f mo^ra del tutto, or f nafeonde,
che fia, dice il Nccchier di affanno morfo y
Sfoga Nettuno i tuoi difdegg.t altronde,
Ev’aIluferoilBergano,&il Boldoni; quefii condirne ;
Parie veder y che */ del tuoni y e balene,
E su r onde i Delfn feopran le fchiene .
Quegli notando
licet y (jr ludens verrat tua marmora Delphin,
11 che è un dir col Benamati
C h legge n Delfìni al ricco mar tempefla,
7 Se bene però talvolta s’awera tale augurro, folli perche il Delfino Tenta
alterarli dalla commozione, che s’ introduce nel Mare dalle fottcrrpncc efaìazio-
ni , ò da’ cangiamenti dell’aria , come nella terra in parecchi viventi fanno molto
lenii*
L ì •B 'R 0 SECONDO. CAP. Ili A3
fenfibile impresone le imminenti mura2Ìoni de’tempi : non perciò dal fcmpli-
ce trefcar de’ Delfini parcs che ne debba fcguir la certezza delia prelagira pro¬
cella ,effendo in elfi naturale il fovente emergere, fé non peraltro , per neceflirà
direlpiro, bavcndone gli organi ; e talvolta per curiofìtà di guardarli attorno,
ò d’ udir qualche voce , ò fuono , di cui ne fono amiciflìmi ,conie nota Filoftrato
nelle Imagini, di Greco in Latino tradotte da Stefano Negri Cremonelemento-
vando cui in Mar diede il Delfino aita
Te ’/ fuono.
In prova di che racconta il Gefnero A. D. che a’ fuoi giorni in un Porro dell’In*
ghilterrafù veduta una greggia di Delfini , che al fuono d’una Buccina curiofi
Saltellavano , verificando quel detto di Stazio .
Ad chelyn y ér blandi ficofulis Delphines aderrant,
V’allufe Monfignor Arefio noftro proponendo un Delfino per corpo d’Imprefa
a lode di S. Giacomo Minore, col motto cavato dall’ Epiftola Canonica di qucl-
i’Apoftolo VELOX AD AVDIENDVM, In conformità di che il Ceba,
x^ppreffo il dolce fiuon d' un' aurea cetra
Move contrario a quefio un gran Delfine,
che s' avanza talor , talor s’ arretra.
Secondo che 'I concento ha piu vicino,
EtilBoldoni.
Spejfo, mentre su' lite egli cantava,
Correano al dolce fiuon Foche , e De fini ,
E fimilmcntc 11 Cavaiier Marino ,
Vficir da le fitte tane umide, algofe,.
Tratto dal canto, (fi apprcjfiar 1' arena
Tefice vid' io, che con la curva fichiena
L' onde raddoppia a le campagne ondofie ,
Onde fi rende credibile ciò che del Delfino nel fatto d’ Arione feriffero Erodoto,
Luciano, Oppiano ,& altri , accennato dal mio riverito D. Antonio Mufcettola
nel Proemio delle fuegentili/fimePoefie, notandovi che
7/ canto d' Arton fiu grato al Mare ,
da Girolamo Caravaggi l' Ovidio Chriftiano della mia Patria Poeticamente rife¬
rito ne’ Sagri Fatti con quefti verfi .
Carmine quo terras omnes lujlravit Arion,
Traxerat immites in fina vota fer&s.
Moverat, fi .fiitvias , fontis remeabat .ad ora
Nilus, fi adverfias ille petebat aquas.
, Dum canit, fi Citharam digitis moderatur eburnis,
Tierides miris obBupuere modis ,
Stipe fiuam tumidi rabiem pofiuere leones ,
Et \acuere uno Tigris , fi Agna loco .
Sape domum vifia ‘ efi tarde rediilfie capella,
^tum caneret. Leporem nulla fiecuta Canis,
Lunaque carttleo firmavit in athere currus, ^
C ce per at , fi frater tardior ire domum,
i Venerat in Latias nec adhuc bene cognitus urbes,
5 . Notior in Siculis urbibus ille _
illic quafierat cantu quo' vivere pofict.
Tutius, fi patrios. jxcolufie lares.
Dumaue timet prada, navem cqnfcendit Arion,
Fa Remi»
Ntg.in lem.
Lama C. à,
64.
L, 1. Sylv,
ap. Picinell^
iec.cn. »72
DJac.i.ip.
Caduta dt'
Leni. C.7.
131.
Rim. Mariti
Seu. 24.
Lucia»,
Diat. Ma~
rn. 8.
f. 1.
L. I. Fafl.
p.45.
L.i^^nthàttj
mt
P'idd Eetl.t
MufcéH.
P»t. l. ».
£t. 1.
Z. >• An*
thtl.
<$4 M y S E 0 COSPlAìiO
Rtmigis httic fnortem ferpda turba parat.
Senfcrat , & dixit, nen vita deprecor ufum ,
Scd finite in mceHa fata referre lyra.
Vix que ea tentar at, capiti locat ille coronant,
fyfptat, ad Lyricos fila canora modos.
, Lam canit, e puppi medias jam fertur in undas,
Delphinoque fedens aquor a tuta ferit ,
Et redit tn patriam.
La quale Iftoria da Bianore Poera Greco era ftata riftretta nel feguente Epi¬
gramma.
iftUfie St' dtdhiu TupirnfiStt iyyy’ii
*efliiK.Txr aKetTi, d'/or .
AvsIkx (Alt madfii yiyvti}^i't ìl^xTo
Suu^p,r$t , is Se CuòS ÌMaTiuttte •
is-’ /VjjucaV EslAa-l Ktftròit*. if fx ixMffai
a'fHfmTàtr «?x» Smxiijipevs .
Che (o vvicromi d’ haver così tra pportato .
LSon procul à Tufico Ctthar aedum gurgite Nauta
Furaces dederant in mare pracipitem ,
^uem cum ftta^ifona excipiens tefiudine Delphin
Sfiorem caute per vada caca tulit.
Vfque Corinthiacum qua fofpite tangeret iHhmum,
Nempe viris mage fiunt mttia monllra maris.
Di che il noftro Vida, che fù il Virgilio Chriftiano.
Vos tamen, o tandem traxerunt carmina Nymphit
Neretdes , tutam cufn per vada falfa ficcar et
Suppofito Delphine viam, i>i patriamque rediret,
EGio.'Tomafo Mulconio purCremonefe.
Exceptumque fino Delphinus Ariona dorfo
Vexit ad arguta pledra canora Lyra,
9 Accrefee a ciò fede lo (tupendo racconto di quell’ Vlìgnuolo , che mentre
foa vementc cantando volava fopra il Mare , da un foffio Boreale fommerfo , fù »
come Arione , falvatodaun Delfino, che ’l df lui volo fegu iva rapito dal canto,
(opra di che Filippo Greco Poeta ne Jafeiò i fottoferitti verlì
, ÌtìVwt«^4v yrtf JKuMe,
Tlrtì yàp i(Aoì Of »'*»(■ «T/Ef sS' , ’
Kkkx (A* tLuì' /AtAiynptw atSiivx Stuart tei Tilt
^fsfìr , noi -óìUoUa i-àrTitt tnt'xti ,
rticordr^ S ifi-Tii , ToV xKvir**
NituTtw 7« clfAXTQt iy'iì Ktìotpif,
ttptflLau M^diTtt **i Moy'tiitir ufAiròtt
HVvrsf . O» 4*rfrif fiSSif A'pte’ritf .
I quali, quali col raedefimo ordine ridotti a metro Latino Tuonano'.
Reprehendens Boream fuper aquor a falfa volabam.
Nam nec Threicii mi favet aura foli.
Sed me dulcifionam fufeepit Aedona dorfo
Delphin, (fi volucrem bellua vexit aqua,
Remtge tam fido tranfvetla, mcum fine remis
Nautam demulcebam oris ego cithara,
- Crd-
libro secondo. C AP. Ili <J5
Gratuito femper Mufas Delphitìes honorant
Remigio. Haud mendax Fabula Ar ionia.
. jo Ovidio però io mento va come Favola mera, ove chiamando il Del-
^Do(bcnchctale veramente non fia, come quello, che eftratto dai Mare geme
alìmiglianza d’un’huomo, e tra gli altri Toffervò reruditiflinio Jiartolomeo
Botta nel Commento alla Chriftiade del noftro V ida ) ne IcriiTe
J^amvis muttts erat , -joci favijfe putatiir
Pifeis Ario ni £ Fabula nota Lyra,
AI che fi fottoferifie il Bracciolini preffo di cui fi legge
«■ i— — ■■■ Hor d' Arione
Taccia la fanjolofa antica etade .
1 1 Dello ftefl'o parere fii Strabone, ftimando che Arione rimanere fommerfo
daNaviganti. Con tutto ciò la Statua a cavallo del Delfino drizzatali in Tena
ro da Periandro , che al tempo d’ Arione regnava in Corinto , prova il contrario.
Ne fà menzione Erodoto, la di cui autorità vien confermata da Bianore con que¬
llo Tctraftico.
ÉVwffÉf Tltfita.rS'foe Rplovoe einoroc. rat tZ<ìi ,
Kai 7o» à^orh.v(Avu rutìpopta. vtiSaptivor
JLiraMtv Aerp7nt . Aiyet A’plevt
Krurtpay àr^pàfott ^ ,
Ghe potrebbe in tal modo tradurli .
Effigient fiatuit Periander Arionis ifianit :
< ^uieiHe celer nabat cum f ereunte fimuly
'Mquereum Delphina-, fuperqae hic Arione fermo efi ,
Demerfum Pifees eripuere Viris,
Onde ne dedulfe pofeia l’ Alciati quell’ Emblema contro gli Avari .
Delphini infdens vada e arula fulcat Arion,
Hocqtte aures mulcet, franai, (ffi era fono.
.^jiam ft Avari hominis, non tam mens dira Ferarum ef,
t ^^ique Viris rapimur. Fife ibus eripimur,
t a E Ia memoria di quella Statua fi vede eternata in alcune Medaglie , ò Mo¬
nete antiche di bronzo , una delle quali fi vede nel Mufeo, con l’effigie d’ Arione
a cavallo del Delfino da una parte, e dall’altra una belliffima Conca Pettine,
lenza ifcrizzione alcuna. Il che me la fà congetturare più tolto moneta , che Me¬
daglia. Nè mancanoperconfermazionedclla pietà di quello Acquatile ufata
verlo Arione gli elcmpli d’ altri Delfini , c’ hanno campato altri da’ naufragii , ò
precipizii di Mare, come di S. Calcillrato Martire, racconta il Mctafralle; ò
portatone i corpi morti al lido , come quello di S. Luciano , al riferire dello Hel¬
lo Scrittore; c queir altro (le pure nonfù il medelìmo) di cui Icrillc Antifilo
quello Epigramma .
Rrlpa Sm'p, ;^f/j«raò«r •* Tt’rrtte , iwttv , tpiTnvf ,
A'pitittti Ao?*»? vyplt »Vef5i ttKvv ,
S*; ine'ptio't'A . to' j'ì 7Mor , dAce iìe yUu
Kn^diAifoe , (JLtriitf tjptt òufATtv ,
^gjfitra. y cLAAt'Aaf if piìv tndtx
, ini, T»V y diro' yot , fx-rafi risfpo'r tjfaf,
òfia^ Terrefirem undivagans , hominem fera, flamine Caflum
Refpirans, dorfo firata per uda tuli.
Littore donec eum hoc po/ui; fed ut arida eepit
Me, nauli f ratium tri He, obeundo^ .
p j 'MAtld
Bottainl.u
Qhrifitad.
P-J3-
Ovtà. l.^,
de Ar.
Croce Racq_.
i.iz.fi. 33.
Strab.l.16,
ca^. flit.
L, Anth,
Emhl. 90.«
Aldr. t. li
Cef. e. 7,
Stnf. Me»
tafh. afnd
Ltfom.
T em, 6.
i2St I • Afttft.
66
PicintR, M.
Stmb /» 6.
c.ij.ntt.Su
Hor. in A.
P.
Ogter.l, i.
Stiv.v ili.
tAl. Nifi.
2. e,
5. «5" /.II.
C. 12.
Pi,l.9.e.S.&
/. ii.f.37*
PitM. /uh.
epftei. Md
Cahih.
/• t,
de Ctt.e.-j,
Lamprid,
Od. 20.
EEofì, Att.
/. 7. e, S.
G aerar d.Uì
CArm. 1 1 |.
Sttph, Nig.
de ntm.vtte
imx» (, 368.
M y S E 0 C 0 s P l A N 0
Mutati Jìt forte ambo deceffìtnus: ìllum
S,i tnea lytn^a necat , tne fua terra necat ,
1 1 Non però è da crederli che lubito^che toccano terra , muojanoi Delfìni,
come pare che accenni non folo Antifìlo ne’fudccti verfi,maanco qucU’ Anoni*
mojche iafciò a’ poli eri quelfo F/aftico,
Kùlitt-ra. j ial TftiXa'f (il KK^'S'mr Ìt) yifvof trvfnv
Kottòr opa/i» 'ru\ut .
A’Kk' ÌtÌ ftìr ycuut , fXea» toVo^ . ( «/ yttp IS'o'me
Éùòvf Tfts TUfi^or fjL ìetpor ìvfiMte •)
NCi' ìf TtKovfa. S«'A*77«t iiÙKitt . tìt •nifi Teffii
nir/e, oV ou’J'" ììitif pirtiro 9ut7f*pU< •
Che fù tradotto, e riftretto dall* Alciato nel feguente Tctraftico Emblemati¬
co , da cui feinbra cavata l’ imprefa d’ Enrico Farnefe , col Delfino moribondo
su la (piaggia del Mare, & il motto IN ALTO VITA,
Delphinum invitum me in littora compulit aflui ^
Exemplum^ infido quanta pericla mari.
Nam fl nec propriis Neptunus parcit alumnis t
.^jtis tutes homines navibus efle putet ?
Pofclachchavcndo 1 Delfini gli organi della refpirazione, fc non ponno cfcrci-
tarne le funzioni che emergendo col capo dall’acqua , ben ponno vivere fuori
di quella , come infegna col Filofofo 1* efpericnza , che facendone talvolta vede¬
re de’ vivi lungi dal Mare ( mentre anco nelle Città mediterranee gli hanno in¬
trodotti i Pefeatori ) feufa in parte l’errore di coloro , che, al dir d’ Orazio >
Delphinum fllvis appingant *
fenza riflettere con Simone Ogieri, che
Non currit Delphin , fi fpoliitur aquà
1 4 Ma ritornando al fatto d’ Arione , per comprovarlo , abbondano le Iftoric
de gli Delfini , che invaghitili de’ fanciulli d’ età innocente gli hanno lungo tem-
polerviti di fecuro corridore ne’ Mari , come fcrivonoTeofrafto, Eliano» Pau-
fania, Ateneo, Oppiano, l’uno, e l'altro Plinio, Solino, Zeze, & altri riferiti
dall’ Aldrovandi . Onde Benedetto Lampridio Cremonefe , il primo, chcv|ar-
rifehiafle a fcrivere Odi Pindariche Latine , dopo haver cantato
^ ■■■'■» volucri praterit impetu
Dephin Haleyonas fretum ]ocofà
Penna legentes ;
foggiunfe — — ■ —Il ■ — —— adnatantent
Delphina fpectes alterum ^
Dorfoque repando ut puer harens |
Gaudeat ire per altum,
j 5 D’ uno di quell/ cali luccelTo a Pozzuolo , giulla la relazione d* Appione»|
e di Gellio , lalciò Pietro Gherardi quella xMenzionc |
In Delphinum Amantem,
Dum puerum Delphin expeclo in littore fruHrk , I
Hic mi fer interii deficiente anima,
E ciò perche gli Amori ludcttihauevanolcritto che il Fanciullo amato da queB
Delfino , eralì infermato , e morto . Il che più credibile mi fembra di quello , che
nota Eliano del Fanciullo d’Ialo, cioè che morifle punto da un’ aculeo della Pini
na dorale del Delfino , che al folito Io portava , come fenile pur Daride,ò lia Da
rete Frigio , riferito da Mulonio Filofofo Tirio, ncHibro del foverchio lullo del
la Vita, portato di Greco in Latino da Stefano Negri Cremonefe, Polciachc
come
L l 'S R 0 SECONDO. CAP. Ili 67
come s’è accennato di fopra , non hanno i Delfìni aculei in parte alcuna del cor-
po i e ravvisò ilGhelfucci, chechiamò
Senza fpina i Delfin cafii, e benigni,
fe però coir Aldrovandi non voleffimo chiamar’ aculeata la fudetta Pinna, per
edere alquanto rigida, come odervò il Rondelezio. Con che può difenderfi
queir imprefa di iMonfignor Arefio noftro , in cui rapprefcnta un Delfino lotto il
ventre d’un Crocodilo, col motto SVBEST , sEd obest ^ & infieme quei
nobile Epigramma d’ Aurelio Orfi fopra la Fontana del Delfino,
Hic puer implicitus Delphino lujìt in undis ^
Hajìt y in dorfo Pifcis amantis amans.
Sed cum confuetos iteraret in aquore cur/us t
Infelice ! fpina concidit iSitis acu ,
indoluit y voluit que mori Delphinus , 0“ ambo
Marmoreo obilricii diriguere gelu,
Hunc quoque flet puerum amplexus Delphinus in undis i
Ety quibus interiit y vivere gaudet aquis.
E forfi da quelli cali dedulTe 1’ Alciati la ragione di proporre U Delfino fcolpi-
ro in un fepolcro per (imbolo di chi muore d’età immatura, come in quelFEm-
blema in Mortem prapr operam .
J^i teneras forma allexit y torftque puellas y
pulchrior y & tota nobilis Vrbe Puer:
Occidit ante diem nulli mage flendus y Arefiiy
^uam tibty cui cado junclus amore fuity
Ergo illi tumulum tanti monumenta doloris
{^^/fliruisy dr querulis vocibus ajlra feris.
Me fine abisy dileEleì neque amplius ibimus una^
Nec mecum in Hudiis oda grata teres ì
Sed te terra teget, fed fati y Gorgonis ora ,
Delphinefque tui figna dolenda dabunt .
X ^ Mà torniamo a’ Delfini vivi . A quella loro mirabile inclinazione di por«
tar gli huomini per Io Mare gentilmente allufe Bafilio Zanchi, feri vendo a Gentil
Delfino Iflorico Romano .
Suppofito quondam fervavit Ariona dorfo y
Et charam Delphin pertulit in patriam.
Tu nunc clara tua monumenta abfcoudita Roma
Pandis y è vadis eruis aggeribus y
Et quacunque fitus y quacunque annofa Vetuflas
obruit y infolita tollis ad afra via.
p’t merito , Delphine , queam tibi dicere : debes
^^am P atria y tantum Patria Roma libi.
Ma più leggiadramente maneggiò quefta metafora il noftro Gio. Luigi Pieci-
nardi in un’ Oda fcritta a Gabriel Baba, che difendeva ilcorfo dellefueFilofofi-
che fatiche (otto gli aufpicii dì Monfignor Gio. Delfini Patriarca d’Aquilea, &
bora Eminentifs. Cardinale , di cui fi può dire con Francefeo Spinola Milanefe
Vt micat hic Venetos inter Delphinus y inter
K^rdebit fuper lucida figna Poli,
Cosìil Piccinardi
PORTtM y facratus teque DELPHIN
Tam dubias regit inter undas.
DELPHIN quieti litteris ad plagas
Ducit , II
Ghelf. Rtf.
C.u. (i.ii.
Alar. loc.
cit.
Artf.ap.Pi*
sineU- 1.6.
M. Stmb.
c. x^.m. if
Vrf.L
ii-
Llj. Poemi
L. l'.Epig.
104.
7 id, Pott,
Cj tfi. i o.
68 M y S E 0 COSPIAHO
Céler» Favì
il.
TtQ.Od»
ix. *7-
irV.
QA.^i. 9*
Ilchepurd’Arioncegli motivò nel Proemio della prima Parte delle fuegen-
tililsime Poefie Tofeane , cantando
Belle Dee di Fermerò ^
Da le cui cetre hchbe Ariene in forte
Di navigar fovra i Delfini i Mari,
1 7 Sopra il qual fucceilo Ichcrzando il Cavalier Marino , non sò vedere per¬
che chiamaffey^w/?;»/^/^ il Delfino, che, come s’c detto, non hà /caglie alcune,
ove IcrifTe a Giulio Donnabclla , che l’ haveva per eccellenza dipinto .
Guiz^zaicr S.^AMOSO^
che manfueto in sh la curva ffalU
Per lo J>elago endofo ,
Giulio y il fnerfio Arion conduce a aalia.
Sai' perche quafi pien d' human difeorfo
€li fa foggio del dorfo^
Non creder tu, che tanto
L ' alletti il dolce canto ,
guanto il fa per mostrar che ‘ l tuo difegno
Seppe darli col moto anco I' ingegno .
Nelchefùfe guitodal Tcfti, cantante del fatto d’ Arione
Ma pietefo Delfin , che già l ’ afpetta
In me"^ a 1* acque, il dorfu
Volontario fuppone a sì bel pefo ;
Ne sì veloce mai da l ’ arco tefo
Ttigge Jlral, come il corfe
Lo S,^VAMQSO deflrier per I' acque affretta.
Ma forfi con quell’ epiteto vollero quefti due Cigni imitar Manilio, che favei»
landò del Cclcftc Delfino , paragonò le di lui Stelle alle kaglie , cantandone .
Caruleus Ponto curn fc Delphinus tn afira
Erigit, (fi S^VAMMAM Steli is imttantibus exit,
- 1 8 Qual fegno Aglaoftene finfc.che fufle uno de’ Tirreni da Bacco trasforma¬
ti in Delfini , come nelle Imagini di Filolfrato fi legge . De’ quali la gentil Mufa
d’amico Poeta, che è Francclco Alfonfo Donnoli, l’ Orazio di Montalcino,yn
un’Ode diretta al Co. Vincenzo Marefeotti, il Pindaro Bologncfe.
I Nocchieri di Tebe her peregrini
Si purgano nel Mar muti Delfini,
Altri però quello honore artribuilcono al Delfino d’ Arione , come il Co. Ema¬
nuel Telauro ne gli Emblemi del Giardino di Raconigi del Principe Tomalodi
Savoja : ove alla Statua rapprefentante il Delfino Celeflc , deciinafettima Figu¬
ra Boreale, fottofcrifl'e .
if«». Vhef.
Cafinecth.
Art(foH.
P‘672.
ii. I. tajfor.
67.
Ionium dives Pelagum dum fulcat Arion ,
K^ylmia niifer Comitum ptrfidtofa pavet.
Confugit ad Citharam Cithara modulamine e aptus.
Per medias Delphin de nece fervat aquas.
Divitia damno Virtus fuit una faluti :
fiiua fine fiunt inopes , quas colit Orbis opes.
E prima di lui il r.oftro Caravaggi .
lam canit, e puppi medias \am fertur in undas.
Delphinoque' fiedens aquor a tuta ferit.
Et redit in patriam : Caelo Delphina locavit
luppiter , fy meritis debita regna dedit.
19 Pi&
LIBRO SECONDO. CAP. 111. 69
ip Più leggiadio peròfcmbra il penfierod’Ambrofio Novidio fracco da Fe¬
rentino, il quale nel tempo ftcffo, che ’I mentovato Caravaggi fcriveva i Sagri
Falli ,compofe un Volume della ftefla, materia, & ifcrizzione , e parimente di¬
pinto in Xil. Libri di Verfi Elegiaci, Pofciache quelli con artifizio degno di
Poeta Chriftiano, attribuii’ honore del Delfino trapportato in Cielo ad uno di
quelli Acquatili , che, come Tufferò partecipi deirhumano dikorfo, nel Porto
di Rirainiconcorkro ad uditela Predica del Taumaturgo di Lisbona, thè con
l’attenzione de’ Bruti Vditori convinle la più che brutale pertinacia d’alcuni
oftinari Eretici. Così fpiegòflì quel Poeta.
ffar , ^ Ifauta die , fi fpeclat fiderà , Tietphin
Protinus a cauda mane 'videndus erit .
(..editerà caufa manet , nec prima: dijjona , fignix
^uam dedit à Padua., qui fihi nome» habet ,
Voce fua docius Delphinas traxit Arion,
Mulcet dum nautaS per mare voce Lyra,
Hic quoque cum toto \am carmine notus in orbe
P^et , & afficeret pecora iniqua f acris ;
\^d facra non fidas quo vertat carmine gentes,
t^driacum ad littus concinit ore Deum,
Voceque cceteHi Delphinas ab aquor e traxit:
Gens quibus infpellis vera, ait , ipfe canis .
Tunc Delphina Deus, tetigit qui littora primus.
Tollit, bifque polo fiderà quinque facit,
E ce ne addita il fito<iiodoco Bergano in que’ verfi .
Rex Delphin denis fignatus tergora Stellis , ; TT
Vicinas lovis armigero , Hercule aque fagittst
Emicat , ■ v' ■
E ce ne (copre !a natura humida>e piovofa Marco Tullio Beroi v il Varrone Bo-
lognefe , motivando
.^uot glomeret nimbos gavifus Arione Delphin,
20 Ma già che s’ è mentovato queffo Afferifmo , che ben può dirli
Pifeis in atherei qui ludit fitiminis undis ,
Offerviamooela deicrizzione d’ Arato nc'Fenomeni, che trapportata in Verfi
Latini dal Padre della Romana Eloquenza merita d* effer letta , fei bacali dali’in-
gordigiadelTempo ne gli Scritti di Prikiano.
Tum magni curvus 'Capricorni corpora propter
Delphinus \acet , haud nimio lufiratu nitere ,
Prater quadruplices Stellas in fronte locatas ,
^uas intervallum binas difierminat unum.
Cetera pars late tenui cum lumine fer fit.
Illa , quA fulgent luceS ex ore corufeo ,
"■ Sunt inter fortes gelidas Aquilone locata,
L^que inter ffatium, & lati veHigia Solisi
pars inferior Delphini fufea videtur
''Inter Solis iter , fimul inter fi amina venti
Viribus erumpit qua fammi fpiritus Auftri,
21 Se fono però fòkhe nei Cielo , come ne’fudetti Verfi Cicerone dimoRra,
le glorie del Delfino, non fono ofeure nella Terra , ove hà dato il nome , e le in-
(egne non (olo alle Famiglie intiere, ma alle Cittadi ,a!lc Provincie, & a' Prin¬
cipi
Novid. lib.
XJl. Sacr.
Faft.v.i^u
G.lod.Beri,
i.3. Senae.
V. 465.
L.q. Pubici
V. 133.
Vatmar.l.^,
damsnem.
«.210.
Cfc. in fa.
raph. Pha.
nom.Arati,
ap.Prife.1.6
70
M V S E 0 .C 0 S P l A N 0
L.i.Benaci
P- 39J*
1» Hymtt.
S Brunenti
».75.
l/Ci.il*
Capace. \neì
Prtncii e
.avzferi.i^j
Embl, \ 14^.
3. ..
cipi ben grandi , Perche fe s’onora de’ Porporati Delfini la Regina dell’Adria¬
tico , pregiòflì prima Delfi d’efiere denominata da Apolline cangiato in Delfino,
acuì perciò da taluni lù dedicaro quefto Acquatile, di che il Bergano
w— — • Kunc lafcivus in aquor e Delphi?*
Creditur .
F fe Dclfinato fi chiama vna parte della Francia .rammentata da Pietro Adria¬
no Vaiiden Broecke Lettore d’ Humanita in Pifa ,
Lt?n Dclphi?tatum ir?/ìg??i pietate Sacerdos,
Dat ttbi.
Delle cui Infegne Gio, Orfini .
cAllobrogurn valeant Delphi?JÌ lìtfJgnia Terra.
Quefto Regno altresi col nome di Delfino rivcrilce i Primogeniti de' Tuoi Mo¬
narchi. In propofiro di che Monfignor Filippo Gerì Piftojclc , Vefeovo prima_»
d' Ifchia ,e poi d’ Aflìfi, tra varie lue Poclic Latine , e Tofeane , che conlcrvo
MS. per darle una volta alia publica luce , lafciòqucrto Epigramma.
De nato Galliarurn Delphino
Provincias rebelles .
Non fecus ac Pelagi è Ptagnis extollit ad auras
Delphinu?n fuperas cum nigra turba caput.
Pradicit tempejlates , ventofqtie furentes
Nu??etat , atqite imts Jlagna refufa vadis,
sic fuperas ortus Delphin rnoào Gallus ad auras
.... dura ttbi pralia fgmfeat.
Nanque undarum astus, atque atri turbinis infar
Irruet hoftlts per tua regna niantts .
Hebbe perciò luogo il Delfino nell’ Arme di que’ Regi , dipintovi alla finiftra de*
Gigli , ma nulla più di loro fimilc al naturale . E veramente egli è fimbolo degno
de’ Regi , che nacquero più che a fe fteftì ,alla falutc del Popolo , comecoH’Em-
bkma del Delfino avviticchiato all’ Ancora (che fù fimbolo prima de gli antichi
Rè Scleuco, c Nicanore, e pofeia de gl’imperatori Ottaviano, e Vefpafiano,
colmotto FESTINA LENTE) và moltrando 1’ Alciati in que’ Vcrfi .
Titanii quoties e ont urbani aquor a fratres.
Tum mijeros nautas Ane hora ]a6fa juvat.
Nane pius erga homines Delphin ceniplccittur , itnis
Tutius ut pojfit figicr tlla vadis.
^uam deeet hac memores gesi are Infgnia Meges ,
K^nchora quod nautis, fe. Populo effe fuo.
2 2 Se dunque per tanti motivi è ragguarde volc.qucfto Animale , ben merita
d’elTere tra le altre pregiate cofe del Multo Colpiano oftervato lo
SCHELETRO intiero del DELFINO , lungo cinque piedi , nella cui fpina
fi contano cinquantaduc vertebre, e nel Telchio novantadue denti, limili a quel¬
li dc’Cani tcrreftri , quarantaquattro nella mafcellainferiore, e quarantotto nel-
la luperiore ; ne’qurli èeuriofo l’olfervare quanto facilmente fi Icorzino , e po*
feia fi fendano pe *1 lungo in due parti eguali > feparandofi prima da loro la prima
corteccia , che è bianca ,ò, per dir meglio , del colore dell’ Avorio, ma friabile
come il Tartaro. In altri Delfini fi vede, maggior numero di denti, come in quel¬
lo de) Mufeo dell’ A Idf ovandi , in cui fono più fiftì ,e palfano cento , benché al¬
cuni ne manchino. I quali denti, quanto nume oli, tanto forti ne’ Delfioi vivi,
comelirendonoformidabiliai Pelei (manfime a’Tonni, òca’Ccfali, de’ quali
fono a vidifs.mi , come notò quel Foeta , che fetifle .
I»
7*
L i S ii O SECONDO, CAP. III.
In mare non tantas mugilam Crex rumpere tentai
E patulo. Callis fpeci antibus , ore Later nn
/Eoius ttt faciles Aquiloni laxat habenas.
Migrantem quum fpe prade favo agmine Delphin
Impetit, ér mugilem non aquo marie lac e fit.)
€osi gli fanno temere da’ Pcfcatori, che talora ne deplorano (quarciate le reti»c
podi in libertà la.preda , quando non yi fiano coiti in modo, che rellino fuifocati Ceyn. in
per l’impcditorefpiro. Onde ne cantò il Medico Goinco ■ t,
Perniciem Delphin raris ut retibus infert ,
Dum petit optatos velox in pabula Mullos .
dd ii Bargeo — — monjlr atque natantem SyriàL L ii
Delphinum, medio, qui captet in aquor e pradas, v.6oi.
• Retibus inclufas pradas inclufus , ipfe.,
E quibus ut primum libuit fe parcere rupto
Liberet, iutas referat fe tuius in undas.
Benché però cosi ingiuriolo a' Pelcatori • talvolta s’addomelHca in modo , che
loro conduce nelle retri Tonni, & altri Pelei in abbondanza, come accennò il
Bracciolini introducendo chi dide. /. 3.1. 5x.
Tornerò qual Delfin, che /èco ha tratte
Greggia fquamofa a la predace rete.
E cosi avvezzo ad ajucare la pelea gione, di rado, ò non mai reftaprefo ai laccio, Della Caee.
cheperòcomeun miracolo notò d’ un Fefcatoreìl Valvalone, che Cant.^.ij.
m I I /e la vttlgar fama a noi non mente.
Si come Cervo, ò-^ Capriol s’ allaccia.
Ne la bocca d' un Porto un giorno tefe
SÌ bene un laccio , che un Delfin vi prefe i
G.lod.Seri,
l. y.Benae.
X. x8f.
De ’ Pefei , e prima de * non ifcagliof ,
Della Spada, Cap, IV.
I O Otto il nome de’ Pefcì con Arinotele non s’intendono confufàmente tutti
^ gli Acquatili, come taluni credono, e tra quelli alcuni de’ lopracitati Poe¬
ti , & in particolare il Gheifucci , che ne cantò
Pefei armati di fc agita, altri di pela.
Altri a volta di pietra hanno il mantello,
cjdltri han di dura fqttama orrido il velo.
La Locu/la di crofie ornato il vello .
ma fi comprendono propriamente folo quelli , che , a differenza de’ Cetacei ref-
piranci, invece de’Polmoni, hanno le branchie, che danno l’adito all’acqua,
ma non traggono l' aria , la quale non bifogna loro , come che non habbiano tan¬
to langue , e tanto calore , quanto i Cetacei ; onde non ponno vivere gran tem¬
po fuori dell’ acqua . Di quelli, altri vellono di cure, chfe è ò lifeia , ò afpra : altri
difcaglie. Del primo genere a!trrhannoleoCfa,comela Spad2,altriin vecedi
olla le cartilagini , come le Canicole . E quelle , c quella fi loggiungono a’Ceta-
cei, perche molto s’accollano ad elfi.
2 IlPESCE SPADA, così vien detto dal roftro lungo, & acuto a guifa di
Spada , per cui da Greci fù chiamato, voce che da Plinio , e prima da Ovi¬
dio fù communicata all’Idioma Latino, Icrivendo quegli Xiphiam , ide/l Cla-
dtumrefiro mucronato ef e : e quelli 1 k
o-iir durus Xiphias ictu non mitior enfs.
Onde
Rifar, P.%,
C • X4* 3^*
£$m ^1» Co I*
Jn Habtifi.
«'.97-
e4d. de' .
Xjcngeb.C.^
42.
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JL* 2. r* 27 •
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r. 11.
K. 15. c,(>.
l/.^. Mari».
Rtm .Marte,
Seft‘ 9.
Picinell. 1.6
Adòd.Simb
f.44. ».171.
172.
71 u y s B 0 Q 0 S B l A N 0 v
Onde le nepoLe Icrvirej eneH’uno; e nell’ altro linguaggio, -tjuahmque /ìalì,
quellaMula , cheriderrò ■“ ■
AÌtKelSpo^rTet Marlx*v$ ym7n '•
llofTc»', w Tadfu St^ia - - -
Q (ìa Fudit i/j terras lovis ira Ppntum '
Sic , ut in T auro Xiphias nataret .
Edi qncfto intcfe Sigifmondo Boldoni Epico Poeta Milanefc, quando rrà diver*
fi Acquatili ranunentò ^ .
— >-i» quel) Citi brande' acuìo ' anna la fronte
Eprima il Bergano r
-I ?tec fp'icttU dira minact
Fxpedient mento Giàdii.,
3 E* Pefce aliai grande , come quello, che non fo!o avanza i Delfìni, allo fcri-
vercdi Plinio, ma agguaglia le navicelle, al dir di Strabone. Che però da taluni
tra Cetacei fu annoverato, confenttndolo la di lui grandezza, non la natura, che
havcndoloproviftodibranchie,efecondatod’Ova, l'hà in rutto fcparato da’
veri Cetacei . Di quefto , che a baftanza è noto per la cagion del fuo nome , len¬
za che minutamente fe ne riferifeano le fattezze, pende nel Mufeo la parte prin¬
cipale , che lo diftingue da tutti gli altri'Acquatili , ed è il
4 ROSTRO DEL PESCE SPADA, lungo due cubiti , eh’ c la maggior
cftenfione,che l’Aldrovandi preferiva a’ Rodri di quefti Pefei. Nella parte,
che era più vicina al capo, da cui però non fù recifo intiero, è largo più di quat¬
tro deta, e perciò maggiore di quelli, che deferive il Vormio nel fuo Mufeo.
Sembra compoflo di due Lame porofe , ma pelanti di color bigio , che a poco , a
poco alTottigliandofi , finifeono in punta acuta , ma così loda ( come pure è il ri¬
manente , che ben perfuade a chi non ne hà veduto l’efpericnza , che fia facile a
quefti Pefei con arma così forte il pertugiar le Navi. Di che ne porta vari efempi
r Aldrovandi . Have vano per tanto ragione di temere più da quefti, che da Del¬
fini , lo fquarciamcnco delle Reti , e la perdita della preda que’ Pefeatori , che , al
dir d’ElianOjfupplicavan Nettuno a tenerli dalla loro pefeagione (ch’era de’
Tonni) lontani, perle che ben potè cantarne il Marini
O terror d' ogni rete , e di ogni nafa
Pefce G uerrier , che la lucente Spada ,
Vibri per /’ acque , e de 1' alga fa lirnda
Cerchi la parte piu rtpoHa , e buffa .
Nel qual’ atro di lìracciar le reti lo propofe Monfignor Arefio noftro per cor¬
po d’Imprefa di Soldato infoiente, col Cartello DISCERPENS EXIT. Penfie-
ro, che tirato a buon fenrimento , fervi all’ Abbate Picmclli per formarne Im-
prefa, variata nel motto VICTORIA VICTO. con cui fimbolcggiò Chrilto,
ukente dal Limbo, conducendo feco l’ Anime pie colà trattenute.
De * Pefei Cartilaginei , e prima de ’ Lunghi .
Delle Canicole. Cap. V.
I E’ Pefei, che adornano il Mufeo, quelli che Cartilaginei s’appellano,
ÌlJ per bavere delle Cartilagini in veccd’ofra,fonoòLunghi,comeleCa-
nicole: ò Rotondi , come gli Orbi del Nilo, ò Piani, come le Raje. Giulia la
qual divifione ( che riefee molto commoda in quefto luogo , per lafciare le altre,
a chi ne fà piena Iftoria ) do vendofi dir qualche cofa partiramcntc di tutti , ci fi
prefentano in primo luogo le Canicole, come quelle, che tra’ Cartilaginei più di
tutti 5’ accollano a’ Cetacei. a Ma
LIBRO S E C 0 N ^ 0^ CA P. K
75
cioè i!
a Molti fono gli Acquatili, che di Canicole, Ò Cani portano il nome, perla
{imiglianzadelcc&), come molti, che altrimentechiamanfiGalei, & altri, ap-
pellati Centrine, pienamente dcfcrittidairAldrovandi; Oltre i quali trovo an-
chea’ Delfini accomniunato lo fteflo nome, come in queirEpigramma Greco
di Filippo.
i-reiyoiAfi/iit ùntw
ìrt^ttytue r’ ip^^vfeiyoi o’KtiMKtf ,
<r«' Kuaf S^upa) Ketrauf ìt6KÙ9ci,e ,
. ACffuopat , tit tiri ytu! «V Cu^o'r i^t^oper. 2^. Jnthl
tHht'To ì’ (t>f^oTplti{- Sriptie . tv .yip tAtt^foV e/f ^£a ,
TlctfTaf t7< «* S'pa'iAof ir irihi^yet .
Ludebant cele-em circum faliendo triremem
Delphines j Pelagi Pifcivori CATVH.
C/f/ capricida Canis , Jìmile ratus hoc ferar um^
‘ /« Mare t terram, proh mifer 1 influit.
Sic alienigena venatus occidit ergo , '
Non facile in pelago eB currere cuique CANI.
l Quelli però , che coinraunemence Cani%' appellano,.non fono, come il Del-
fino , fpezie di Cetaceo , ma Pelei Cartilaginei ,* ancorché di quefti il maggiore, Arnm. e. si
che perlamoltipliciti ,e vigore de’ Denti , dal.Filofofo vien chiamato Carcaria
(effendo che prelfo i Greci lignifica ciò , che acuto , 5e afpro diciamo )
da taluni tra’ Cetacei s’annoveri. Il che avviene, non perch’egli, come quelli,
fia lenza branchie, ma sì perche , quantunque a difFerenza loro partorifea le Ova,
da quelle , fe lubito fi rompono , elee animai vivo : come perche giunge ad egua¬
gliar nella mole del corpo non pochi de’ maggiori Cetacei, crefeendo talvolta
al pefodi quattro milla librejcome atte Ila Pietro Gillio d’uno prefo in Marfiglia.
4 E’ curiofo ciò che fcrive Plinio della generazione di quefti animali, cioè
che le femine generino, e partorifehino lenza concorfo malchile. Il che pure
afferma Oppiano del Rinocerote. Ma la Natura, che anco in quella fpezie ha opf.Bodin.
prodotto i Mafchi, non (acendo cofa alcuna indarno, convincedimenzognasì Lidevtnat
Ipeziole tradizioni . Che però trà le Imprefe fondate sù la favola è d’ annoverarli
quella del Felce Cane d’ Alcibiade Lucarini ,colmotto ABS.^'E MARE EOE--
CENO A , fpiricofa però a maraviglia per l’ applicazione , che riguarda la Madre
femprc Vergine , la quale fola
IntaBa NESCIENS VIRVM
Virgo CONCEPIT T ilium
5 Per conofeerequefta razza di Pelei ben degna del nome di Cane, balla rav*
vlfarla limile a quel (^adrupede non tanto nel ceffo, quanto nell’avidità della
carne, come ben moftrò Germanico Celare, deferivendo ne’ IcguentiEpigram-
Rii Greci il calo di quella Le pre m lerabile , che perleguitata in terra da un Cane,
fi gettò nel Mar** ove B divorata da uno de’ Guizzanti dello fteffo nome.
P rudent, in
HymU’
Qtu'ptas sf wV«£To/9 Aatj-ffiV Tir» tr -rati Cty^ae,
E' KTpaf^y^'' o^S'lrra Kuuùt
A’a\’ «v e af lÌAu^e KAKÌr i^apay. durUa. ytip y.if
fji.a'p'la-e TVttipLAiot àp(petytttr
E*» Topit OÀvàii Ttne U ^\éyAf. ^ fe! et lalptuó
K)»’» ÀM> »»> X'P'T? ^f’1'1'* *»'««•/ fioptif.
E’i itiwa'f hki KÓtBV jite. 7/ to' Ibof; alt ^«ptt
r’yoiì, *«' TS^aì Svf*a'i> 'ixootiy trio.
pa, KBtiròy CaroV. àW.« ^atlaynm
. o’upcavì, KM ai7 fipm éapa'tyra »wr*.
L. I. Anth,
tìt .
Tt^aì,
0' come
Ltc. dt-
Stn. uE^iti
16.
L.i. Fajlor,
V. 1^9.
l»'. t. JÌnth.
74 M y s no C'^^o SPI ano
9
O'jcotnc iopergeniolitrapportava. , ' ‘ ' -r
la Mare deciderat Lepus alto eX' monte profundum t i. -f-*
ì^fpera contendens epfugere ora Canis. --4
Sed ne^ue fc fatnm evaft; nam protinus ipfum • • ^
^.quoreus rapuit, cotnrninuitque Canis.
Sic flammas ex igne fubis: te fcilicet efcam
i^ift Maris, aut Terra Jors \ubet ejfe Canum .
Aliud .
B Canis ore Canem illabor', quid pe\us ? eodem
In me animo T erra cerno , Marifque feras .
^uà. Lepores, re fi abit iter, nifi in athcreì ai athra
Formidanda quoque es , fers ubi, & ipfa Canes.
Lo fteffo accidente fù defcritto anco da un cerco Tiberio ( che forfi fù l’ Impe¬
ratore, come può congetturarli dall’identità, e del nome, e dell’ argomento
maneggiato quali a gara del Germanico Celare , il Figliuolo addotti vo di quell’
Augufto.edalla vicinanza de’ componimenti dell’uno, e dell’ altro di quelli
Poetinel Florilegio) ne’ verlì ,che lieguono.
A/Jtri/sr tK^fooKtfT* woKu'^KéKty eip7i Kayattf
2»ut Kt/av àtpfiitt ij^t'69-ir aKvTo'S'Lu/ ,
TptiXuà 0' iurtioae vuyct , if Ca^it TtfTo
clKyrndl^ar xCiaa, Tapaicrlìitr .
Wnihiot ra'r Kvaf Gpvy^tiS'op ùfoOrt
auoì rKn'inar Uà àp’
I quali parimer te fowiemmi d’haver tradotti in quella forma, . ^ . S
Retibus elapfum Leporem , pedihufque volantem ^
Fone fequebatur fervidus ufqtte Canis .
Jlle celler collis declinans afpera , in altum
Defluit pelagus, littore iitque procul.
Hunc mox corripuit Canis aquor is ore frementi.
Nempe mifer fuerat debita prada Canum .
Sopra il quale argomento Ichcrzòpolcia anco Aufonio in quefto modo.
Trinacrii quondam currentem in littoris ora
e^nte Canes Leporem certi letis rapuit.
cMt Lepus : in me omnis terra , pelagi que rapina esi', = '
Torftan, dt Coeli, f Canis aslra tenet.
AI che pure alludono que’ Verii Allronomici dei nollro Carravaggi .
Cernis iitrumque Canem, Leporem petit alter, & unco
Ore feram fequitur . • >
6 Nè tanto appetircela carne d^’ Bruti , quanto quella de gli Huoroini, di
CUI n’ è così ingordo, che divora non folo i cadaveri , ne’ quali s’abbatte, tran¬
gugiandoli talvolta intieri , qual’ era quello del Soldato, che di tute’ arme vedi¬
lo fù ritrovato nel ventricolo del Cane fopra mentovato dai Gillio : ma s avven¬
ta ancora a’ corpi vivi , e dà molto che fare a quelli, che pefcatio i Coralli , e le
Perle ,ò avanzati a’naufragii cercano di fai varlì co! nuoto; i quali non di rado
ne divengono palio: come luccelTe a quel mifcrabilc , di cui favella il fopracica-
to Filippo in quello Ffall ico .
ìiKAròtitttf artrì ptia't Ir Jì'ttot, H’piv «StrT*
ùntoti ìSrìp (jLoJttie isuprafitroi ravlìat .
/*«r A’rTttjo'pDf TletsifpeLTòt . a’v 9ti/.aeHTt'f a
ìCt yif ùfìf J'Uit.
l l B R 0 S E C 0 Vtb 0. Cà P. V. -fj
^ , -ro'p $•' e(Ai»t .
- X»^«f bS'' vyp^ wniJiTìi* Ir iriKe^yM m
Ò’ fia , per dirio co’ metri Latini .
Effracta quondam in mediis rate fluStihus ^ unii,
. Dura ^ filler tabula , pugna duobus erat^.
I£tus ab Anthagorà Pififirattis, & /ine culpa,
Lis ubi de vita efi % curat at ijia Themis .
Hic eva/it enim , f ed eufn Canis aquor is haujit ,
Pauperibus vindex nec quoque deeft in aquis.
Ed in tanta avidità di carne humana è notabile la fcelta, che sà fare a prima ve¬
duta della migliore, avventandoli, dove liano più corpi, al più bianco imagi-
nandofelo più faporito, come più gentile, onde graziofamente il Ghelfucci
ne cantò.
E r acquatico Can ne la procella
• morder la , dov' ha piu gradi il bianco
Vie piu bramofo ,
7 Quindi è, che, come la piùformidabile, così la più oflervabile parte in
quelli Pefei ii è la dentatuira, veramente mirabile. Polciache fe a gli altri Ani¬
mali diede la Natura un’ordine folo di denti, ne provide quelli dimoiti . Ne
delcrilTe il Vormio nel fuo Muleo unafpezie, che ne bave va tre file, come le
Centrine . L’ Aldro vandi ne propofe due forti con fei ordini di denti, benché la
prima figurata ne moftri di vantaggio . lo però olTervo nel Mufeo Cofpiano
8 II CEFFO del CANE CARCARIA d’ Ariftotele, con undici file di
denti nel più acuto delie mafcelle , nella fuperiore deile quali , che è la più lun¬
ga, lene contano treccntofei , e neil’inferiore, benché più breve, trecento ot-
tantaquattro più fpelfi , in rutto feccnto novanta , oirrc aicuni , che mancano , &
altri , che non fi vedono, perche coperti dalia carne leccatavi {opra, che ne*
frefehi n’afconde maggior nunacro. Niuno de’ Indetti denti feoperti è piegato
in fuori , come quelli della prima ferie ne'Cani de gli Autori mentovati j ma tut¬
ti curvati allo’ndcntro , e difpofti in modo, che quelli d’ un’ordine ad uno, ad
uno rivolti fopra gli oppofti de gli altri ordini, collitu.fcono più tollo tante ferie
pe’I largo , e rotondo delia gengìa , che pe ’l lungo , contandofene ih quello mo¬
do quarantacinque file nellamafceila inferiore, ove fono più denfi, e quaranta¬
due nella fuperiore, altre di fei, altre di più, fino a gli undici. Sono tutti delia
medefimadurezzafchene’vivièdiverla) e molto acuti, con baie aliai larga,
non però triangolari, e ferrati, ò fra incili da lati a modo di fega, come rappre-
fentano quelli de’ loro Cani gli Scrittori mentovati, & altri ancora ; forfi per¬
che non havevanofinitodiciefcere,eflendoilceifodinon più che tré onciedi
diametro, come della grandezza efprcffa nella prima Figura deli’ Aldrovandi,
c perciò d’ Animale, che non poteva cficre più lungo di due braccia, fe pur v’ ar¬
rivava. La quale flatura è molto piccola per un Felce, che giunge a poter in-
giottireun’huomo intiero ,come provano molte Iftorie .
9 Così gran numero di denti non trovo olTervato ,chedal dottilfirao Nicolò
Stenoni , il quale in un Cane Centrina ne contò otto ordini , & in un Carcaria ne
noverò tredici file, fcrivendone nella fua curiolìffima Anatomia del Capo di
quello Animale, annelfa al Saggio del fuo Ti'attaro Geometrico de’MufcoIi.
-Poffum affer ere in media mandibula inferiori tredecim dentium ordines fuijfe , quo -
rum interiores inferiora verfns recurvati gingivarum molli , eff fungo fa carne ita
delitefcebant clauf , ut non nifi refeclis gingivis in confpcclum prodirent . Col q ua-
le Autore non sò vedere a che ieruanoraiuidciKi, e tutti cui vi, come nel ceffo
G 2 deferit-
Rafar.Cl.ì^à
\6.
pag, 87.
jlldr. l. 5.
c 2 de Pifc,
u(us in
Medicina .
ys V S E 0 e Ó S P l A N 0
deferitto ; avvegnaché quelli animali tranguggiano Tefea inriera, come dalle
Iftorie lopra toccate lì cava : e quando anco U malt.caflero , gli ultimi ordini de*
loro denti , che ne’ vivi fono coperti dalla carne , farebbero inhabib a quell* ufo .
10 Di quelli Animali giudicanlì que’ denti , che lì cavano nell’Ifola di Malta,
i quali da taluni li fpacciano per Denti di Lamia , che è Ipezie de’ Pelei Piani ;
da altri s’efìtano per lingue di Serpenti p!etrificate,da altri per pietra Ceraunnia.
Da gli Eruditi con voce Greca fi chiamano G{ol?opetr etiche è a dire Lingue dt pie¬
tra vere pietre con quella figura generate nella terra. A me pcio fi
fanno credere più rollo veri denti di Cane Carcaria, si perche non trovo nè pu¬
re minima differenza tra leGloIfopetre( fiami lecito nella nollra lingua l’ufo di
quella parola ) & i denti di quelli animali : come perche la terra , in cui oflervo
quelle, che trovanfi nel noflroMufeo, è un’ aggregato di vane lollanze, cho
m’ indica più tolto mifchiate con quella , che in ella generate le Indette GlolTope.
tre . Il che può clTere feguito in tempo , che il luogo, ove cavòlTi quella terra , tra
d’ altro fito ,e torli lotto Tacque del Mare ; già che non mancano elcmpid’lfole,
che in occafionc di prodigiofi terremoti eraerfero alTimpiovilo . Ma di quelle
mutazioni di fito, ò totali , ò parziali , leggali ciò che ne Icrive il mento va:«j Sie-
noninella digreflionc, che fà delle Gloflopetre nelTOpcra lovrccitjta, e r clla
fua dottilTima Dìdertazione De folide intr^ folidum naturaliter contento , ove ùc 1-
l’ origine de’monti ,c delle valli difeorre in mododafoddistare ogni piu curio*
fo Ingegno . Oflervo intanto nel Mufeo
11 Due DENTI di CANE CARCARIA, de’maggioti , che fi trovino,
gentilmente legati in argento per commodità di chi le ne Icrvi fecondo T ulo del
volgo , che è d’ appenderli al collo de’ Bambini , flimandoc’habbiano virtù con¬
tro i loro timori , e giovino a’denti, quando fpuntano. Sono amendue trian¬
golari, e nella baie larghi quali due oncic , nè men lunghi, e finifcono in punta
ottufa, ne’latj naturalmente incili a modo di fega. Il p;ù antico di quelli, come
dalle crene in parte confumate s’argomenta, a guila delle Pietre Dendriti è dalla
Natura bizzaramcnre fegnato di varielinec, che rapprefentano divelle Piante .
Benché habbiano la fuperfizie lifeia , efembrino compolti tutti d’unfodo, le fi
riguardano attentamente , ove la fuperficie in parte è guafla, li Icorgono fabrica¬
ti di tanti (Itati foprapofli , come le gulcie de’ Tcllacei . Il che purc s’ ollerva nt’
Denti de’ Delfini , da quali facilmente fi leva la prima Icorza bianca, ò più toflo
bolTea , come de 1 color dell’ avorio , ma friabile , come Tartaro.
1 2 Divelli altri Denti di Carcai ia ,ò , ccnT altri chiamano , Lamia , non_.
triangolari , nè ferrati , ò incili a guila di lega, ma lunghi , e lolo un poco aipri
nelle due code , i quali a (lai piegati allo ’ndentro , terminano in una punta acutif-
fima , ripiegata in fuori, al contrario di quello , che in tutti gli altri lopra deferuti
fi vede . Sono di quella Ipezie di Carcaria ,che l’ Aldrovandi figura in fecondo
luogo con lei ordini di denti, e di cui fi vede il Pefee intiero, c ben grande nel
luo Muleo .
1 3 Copiofi Denti di Carcaria, parte lunghi , parte triangolari , fofslli , come
quelli , che fono fitti in diverfi pezzi di terra oianca Maltcfe, la quale ha la lupcr-
ficie a luogo a luogo arcnola , & è com polla di molte parti eterogenee , tra le
quali fi difliPguono molti lalli di varie forti , e grandezze, conchiglie, e pietre
rotonde , limili a quelle , che li chiamano Occhi di Gatta , per ia limiglianza , che
tengono co’ lumi di quell’ Animale , oltre alcuni pezzi di legno , parte pietrifica¬
to , parte non mutato di loflanza . Le quali diverlità di materiam una medeiima
malfa fervono di motivo, per far credere, che le Gloflopetre , che con eOe loro
compongono quelle zolle , non vi fijno nate dentro, ma folo tramifchiate per
qualche accidente, come prima li è provato . 14 CA-
LIBRO S S e 0 TI h 0> ێ?. V, 77
14 CANE CENTRI!SlA,cosìchiamatodaGrecipergliacuIeipungendfli^
mi delle Pinne dorfali, coiti’ elprcffe l’ Interprete d* Oppiano in quc* verfi ,
Tugnaces inter Pifces Centrine vtcntur
Lyflter^, qmd Utmttlis eredutar noxia nigris.
Alcuni lo chiamano Felce Porco , perche a guifa de’ Majali lì ravvolge ne! 'cz-;
20, che Io fà riufcire di ftomache vole faporc . E' razza di Cane minore tra’ qua¬
li s’annovera da Eliano, con dire, come lo fà parlare lo S politore, relitfttis
duohusgeneribns Canum , alios Galeos , alios Centrines appellari /olet. E* Peke lun¬
go due palmi, e mezo, benché i congeneri crekano aliai di vantaggio: Scalco^ «
ft urne de gli altri Cani, hà più ordini di denti, ma folo nella makella fuperiorc,'
ove k ne vedono tré file , havendone pokia nell’inferiore un” ordine folo , e tut-
ci larghi , & acuti , e di figura , e grandezza limili a quelli del cello del Cane Car-
cariafopradekritto. Ne trattò l’AIdrovandi, e lo figurò il Rondelezio, con
imagine però , da cui trovo in parte ddfercnte il nollro . Pokiache quello hà gli L, 3. c.^xl
aculei ollei delle Pinne dorfali non ignudi, come fi rapprekntano in quella Fi¬
gura, ma coperti dalje membrane delle fudette Pinne; la prima delle quali co- /
minciando immediatamente dal capo ( in cui fi lente quell * odo feraicircolare, '
che è proprio de’ makhi di quella fpezie , allo krivere del Vormio ) & a poco a
poco crckendo s’innalza altre quanto è alto il Peke, e li llende lino a mezo il
dorfo; l’ altra rieke per ogni verforainore; e tutte due finikono m larghe mer¬
lature. In oltre edendo triangolare dal capo lino al principio della coda, hà il
ventre piano , lenza alcuna appendice membranofa ftefa dalle prime alle fecon¬
de Pinne , come in quella Imagine li propone . Così la cute è tutta afpra in modo,
che fe ne potrebbe polire il legno ; non è però fparfa d’ aculei così lunghi , come
s’efprimono in quella tavola . E la coda con la fua Pinna non ha figura di mezo
rombo (e mutilato) come ivi fi vede, ma d’intiero, e da due parti merlato. E
quefta a differenza delle Centrine dell’ Aldrovandi , che hanno la coda lunga , c
lottile a guifa di topo, comequella , che dckrivc il Vormio . Nel rello confronta
coll’ imagine del Rondelezio, che portali anco dall’ Aldrovandi, nella quale fc ^ ^ ^
non s’efprefTero le cinquebranchie, fu forfi per edere cavata da Peke lecco, in cui * ‘
appena fi fcorgono , come nel nollro : il quale forlì fia della raedefima fpezie con
quello, che Pierfrancefco Scarabelli neH’ameniflìma lua Parafrafi,& ampliazione ^
del MufeoScttaliano fioritamente defcritro in Latino da Paolo Maria Terzago,
vien chiamato fefee molto conjtmile al ?efce Cane, ma fin bora di nome non conofeiuto.
He' Cartilaginei Rotondi^ Cap. PI,
In cui
He gli Òrbi Marini.
I |r A Figura Sferica de’ più communi Pefei di queflo genere palefa la ragio-
1 ^ ne > per cui Cartilaginei Rotondi s’addimandiiio, a differenza dc’Lun-
ghi.c de’ Piani, benché gli Autori gli riducano alla clade de’ Cartilaginei Lunghi.
Di quelli s’ hà nel Mufeo
2 L’ORBE MARINO ROTONDO, olia, com’altri lochiamano , PESCE
COLOM BO del la prima fpezie, la di cui figura ò sferica, fe ne venga efclufa la co¬
da . Onde pare che (la tutto capo , come dide Luciilio Greco d’un tal’ Ermogene,
Tor E'p/J’Oyiv» ^iirét o' Kovptùe
tUÙ Kif auliti , ò\or oV . t,, z, jiuth.
Villo funi Hermogenem quarti unde incipiat Xonfor
Tondere caputa qui totus erat ut caput,
G 5
li
78 M V S B 0 C O S P ì A N 0 ^ :
Ilchediquefto Pcfce pronunziò anche Plinio, ove ne fece menzione , affer¬
mandolo, qual’ è , duriéìfno , e temi faglie Durtjftmum ej^ pifcem conflat td\C
C^W , qui Orhis vocetur : rotundus eH ^0“ fine fquamis , totufque capite conflat . E
jtful. Aio* tale fembrò prima ad Ennio, e poi ad ApuIejò,chelo chiamarono C4/^,*r/rf,òfia
Cranio Marino ^ s’egli è vero, come mi perfuado , e lo. congeccura infìeme il
Gcfnero, eh’ eglino con tal nome intendefTeroquefto Felce, non trovandoli al¬
tro Acquatile, che meglio di lui rapprefenti un Cranio humano, e nella gran¬
dezza, e nella rotondità, e nella figura de* denti. Air Aldrovandi però fembra
''Aldr. de P>ù torto tutto ventre , che tutto capo , dicendone . Roffro caret , capitifque nul-
fife. i. 4 . ium apparet vedigium , quin , ut Plinius ait , totus capite ( ma lim ventre) confi are
apparet . E ciò, perche veramente il capo di quello Pefee non lidiltingue dal
rcrtanteperfectamenterotondo,fenonin quanto dalla bocca, che è picciola,
(puntano in fuori quattro denti larghi , ò più torto gingive olTee : (opra la quale fi
feorgono due piccioli fori , che fono gli organi dell’ odorato ; e dell* udito , e po«
copiù in alto gli occhi mediocri .
3 La di cui cute è nera neldorfo, e biancheggiante nel rerto, molto dura,
fparfa , in vece di fcaglie ,di frequenti aculei baffi , che la rendono aliai afpra ai
tatto . Hà le Branchie con la fciflura di mezo circolo , lotto la quale da ogni lato
vi è una Pinna rotonda. Altre due Pinne della medelìma figura, poco men che
opporte , fi vedono , una (opra , l’ altra lotto la coda , la quale parimente finiicc in
una Pinna rotonda .
4 Fù portato dall’ Egitto, prefo in una bocca del Nilo. Dove pclcandofi a
calo con altri Pelei , non s’ammette nelle menfe, per eficredi carne molto dura ,
c ftomacola .* ma fi (erba folo per palcerne la curiofità de’Foraftieri ,che lo com¬
prano , non tanto per la ftravaganza della figura , come per lo mirabile magne-
tifmo, che s’oflcrva in erto, mentre folpefo dalle volte delle cale, col roftro.
Mundi ancorchemorto, indica quella parte del Cielo, da cui loffia, ò è per loffiareil
feu Catena vento. Onde gli Egizzii lo chiamano , cioc , comc attcfta
M^sP.ò. ìidottifTimo Padre Chirchero.
■ 5 ORBE, della feconda Ipczie, non rotondo, come il precedente, ma LVN-
GO, non le lolo per propria natura ,ò per l’ artifizio di chi ne riempì di bamba¬
gia la Ipoglia . Fù portato dall’ Egitto lotto il nome generico di Pefee del Nilo,
dove fu pelcato vicino al gran Cairo ;e(Tendo foliti quelli Pelei d’entrare in quel
Fiume, maffime per la Foce del Saet, ove le ne trova gran copia. Hi quelfo la
Mandibola fuperiore più prominente dei primo, e .comequello, lotto la gola,
attorno la bocca , gli occhi , le branchie , le pinne , e la coda è lilcio ; nel reflante
tutto fparlo d’aculei frequenti, come nel precedente, ma più lunghi, e curvi.
NeJfito del naie, e per tutto il dolio, fino nella coda, è nero, ne’ fianchi Iparfo
di larghe ftrilcie bianche , e nere , che parallele fi Itcndono fin nella coda. Sotto
il ventre è tutto bianco . La Pinna della coda corrifponde nelle flrifcie bianche ,
e nere a’ fianchi . Le altre, che fono quat tro , una dopo cialcheduna branchia , c
duecontrapofte , l’ una lopra , e l’altra lotto la coda , fono bianche gialliccie , e
ndet l o . E’iungo più di un palmo, che è il doppio del diametro della lua
Hifl. Ptfe. groffezza. Nc porta belbffma Figura il Gionftoni nella Tavola XXlllI. num.
f.ii. 12. Oltre qu^erto , e r Aldrovandi ne trattarono il Rondelezio, c’I Vormio, a
Form. l. 3. jjg mandato un picciolo dall’India Orientale .
Cu IO* *
De'
L l ^ K 0 S S C 0 N D O. CAP. VII, 79
Be' Cartilaginei Fiani. Cap. VII.
In cui
Belle Pafiinache Marine , delle Faje, e de' Bafilifchi Fittizii .
I nr' ORTORE tra gli Acquatili da molti eruditi fi chiama la PASTINACA
JL MARINA, Pcfce del genere de’ Cartilaginei Piani ,famoIo per il ve¬
leno del raggio della fua coda , tra gli Antichi giudicato inefpugnabiie , di cui
Eliano. Paliinac A Marina radius ab Omni medicina inviSlus exijìit'. etenim pri¬
mum ut pupugit , /latim interficit . Onde talvolta s’addattavano quegli aculei per
culpidenc’dardi, gialla l’invenzione di Circe la Maga, che ne donò uno così
aggiuftatoaTelegono.ilFigliogeneratod’Vliffe, concai, fatto Parricida in¬
volontario, uccile il Genitore Iconolciuto, mentre più anfio/o lo cercava, per
riverirlo, allo feri vere di Ditti Cretenlej Ec Oppiano della veemenza di quel
veleno cantò in quelli lenii .
Nil Trigonis diro radio exitialius ufquam efix
Martia non tela, aut nigri qua laSIeveneni
Spicula Achamenidum tinxit gens afpera hello ,
Vbere fi et quamvis fata , ér frondentibus arbos
Luxuriet ramis, vernoque virefeat honore i
Vulnere fi trifii radicem punxeris imam^
Mox labet omnis honos, coma defluit , ipfa decorem
Exuit hinc viridem crudeli faucia tabe.
Che però ne fu formato corpo d’imprefa col motto PVNGENBO VCCIDE,
©vero ^VOB PVNGIT PERIMIT, per denotarne la malignità della Lingua
d’ un mormoratore , di cui può dirli con S. Giacomo . Linguam autem nullus ho-
minumdomare potefl ,inquietummalum ,plenavenenomorttfero . In propofito di
che un Medico Olandefe, facendone Emblema col Cartello CALVMNIA DIRA
PESTIS, vilortofcriffe.
Hic radio lethifero taf} a , velut fldere, PaHinaca,
Exuttur lelfa Pyrus deciduam luxuriem comarum,
■ Haud aliter Vipereo vaniloquus denti calumniator
K.Mttalicas vertere opes , condittonemque potefl fuperham .
L’ oflervò però molto men fiero il Rondeiezio , che facilmente ne curò Certo fe¬
rito con lacenere di quella fpina. Qijcfto Pefee nella figura è molto limile alla
Raja , e , come di quella le ne trova , e di lilcio , e d'afpro , che più dillintamente
non deferivo, sì perche in ciò ne foddisfà di vantaggio la curiofiràdi ogn’uno
l'Aldrovandi.come perche nel Mufeo trovo lolamente Tellremirà d’ alcune, cioè
2 CODA di PASTINACA MARINA della feconda fpezie, lunga più di
due cubiti , ma piegata a onde , come fe guìzzaffe , tutta afpra per la moltiplicità
degliaculei.chela tendono orrida, baffi, con baie larga, rotonda, e llcllata,
quali maggiori, e quali minori, tutti molto fodi, frequenti, ma lenza ordine.
Nella parte fuperiorc, con cui congiunge vali al rimanente del corpo , è larga tré
deta , & a poco a poco alfottigliandolì , termina in punta acuta . Il Raggio , che
P arma dov’ è più grolla, e riguarda verforcllremità , nel principio è largo un
deto ,e lungo più d’ un palmo , tutto che li manchi la cufpide,oflfeo , e duriffimo,
e dall’ uno , e dall’ altro Iato molto più fottilmeftte dentato , di quello che mollra
Ja feconda coda di Fallinaca afpra, figurata dall’AIdrovandi: alla quale pari¬
mente quella c molto limile ne gli aculei, e loro ordine confofo: e forfi,Gome
quella ^haveva due raggi, l’uno pollo fopra l’altro , potendo elfervene flato uno
nella parte fuperiore di quella Coda, che non fembra intiera ,
^ 3 CO-
<iAEl.de ani‘
mai. l, i. c,
fé.
Pltn l. 9. c,
4S. Cr/.33.
e. 2.
In Halyeut,
Picin.Mùd.
Symb. 1.6.
e.2$.»u.ii6
Jacob. 3. 8.
Adr. /un.
L.% de Fife,
c.<^6.
Z. . Btr.
V, JJ4.
L.i.dePifc.
f.47*
7a«/? T 4&.
X.&XI.
Aldr, L 3.
c • 4^*
80 M V S E 0 COSPIANO
5 CODA di PASTINACA limile, da cuifù levatoil Raggio, 'del quale
folamente il veftigio fi vede , onde ne cantarebbe il Bergano
— — — ■'■■■■ ■ ■ ■ fjcc i>tilneya cauda.
Infliget T rigon ,
Nel principio c larga quattro deca ,& elTcndo tutta afpra per gli aculei baflì fo-
pradeferitti , è notabile , che ne hà taluni di baie larga un’oncia. E' lunga due
braccia , benché vi manchi l’ eftrcmità .
4 CODA limile , intiera , lenza raggio, ò vcfìigio d’ haverlo haviito . E forfi
quella c la CODA deli’AQVlLA, Pelce Cartilagineo Piano degli Antichi, i
quali ne trattano , lenza alcuna menzione de’ raggi della Coda. Certo non è
d’ alcuna delle Aquile de’ Moderni, si per la mancanza naturale del raggio, co-
mc perche è tutta armata de gli aculei lopra deferirti, che in quelle non fi ofler-
vano, come fi vede nelle figurate dall’ Aldro vandi, il quale credendole col Ron-
delezio (pezic di Paftinaca, confelsò non edere l’Aquila de gli Antichi . Nè me¬
no è Coda d’ alcuna forte di Raja,ò Razza, benché n’ habbia fin’hora portato il
nome, forfi come quella, che giuda il coftume delle Rajcnonhà raggio. E me
ne fà ragione il non vederle nell’ edremità quelle due Pinne brevi , che in tutte le
Raje fi vedono . Oltre di che, quella hà gli aculei, e di figura , c di fito molto dif¬
ferenti da quelli delle Gode delle Raje, quante ne figurano l’ Aldrovandi, e ’l
Giondoni, portandoli in tutto limili a quelli delle Code di Paftinaca, figurate
dall’ Aldrovandi con dubbio , che non fulTcro d’ Aquila . Nella fommità di que¬
lla Coda è piantato il Roftro di Volpe del Brafile, di cui fi favellò di fopranel
Libro Primo Cap. VI. nu.4.
5 B ASILISCO alato, ò per dir meglio
6 RAIA piccola del genere delle lifee, deferitre, e figurate dall’ Vterverio
nel terzo libro de’ Pelei dell’ Aldrovandi c. 49. con bell’ artifizio ridotta in forma
di Bafilifco,tale quale hà fama d’eftereiche perciò di Bafiltfco Fittizio porta l’iltri-
zione . Orrido quello nell’ afpétto , altrequanto nocente nel concetto del volgo
il di lui originale, non mai atterrito, ò atterrato, fembra vibrar la morte dagli
occhi, e fpirar fiati mortali dalla Lerna della fua bocca patente , efprelTo forfè
non men terribile di quello , che dipinto nell’ Infegna d’ un tal Capitano Filifteo
vien leggiadramente deferitto dall’Eroica Mufadi Maddalena Sai vetri Acciajoli
Gentildonna Fiorentina nelfuo Davide Perfeguitato , communicatomi dalla-,
cortefia del Sig. Antonio Magliabccchi ,
Forge r Infegna fua regale y e grande
D ’ Alleo feroce a la man forte , e fida ,
che alteramente in Campo bigio fpande
Al vento un fier Bafilifco omicida'.
Sembra vivo fpirar fiamme ammirande ^
far che col guardo veleno fo uccida-.
Mentre fptegato il gran Veffillo forge,
E in rimirando altrui f pavento porge.
7 Ned a qucfto manca la fua Infegna Regale, inalzando fui capo una fpa ven¬
tola crefta in guifa di diadema non dilfimile da quelle infami corone, con cui fo¬
levano coronarfi i Rède’Ladroni, comenotail Ceniti nel MufeodclCalzolari.
Picciolo però di corporatura, quanto creduto grande nella malignità, indicata an¬
co dal folco del colore: ftcnde due ale, che furono Pinne del Pefee, con le quali
imita mirabilmente un’ alato Dragone in atto di fpiegare il volo; anzi di queftì le
ne fingono molti efquifitamente di fimil’ Acquatile , come fi vede nel Mufeo dtl-
r Aldrovandi in que’due Dragoni, che figurati fi vedono dall’ Vterverio nel
(opra-
LIBRO S B CON D 0. CAP, PII SI
. ^opracìxato liò. j.dc’PefcideH’Aldrovandi c.48. c da Bartolomeo Ambrofini
I nelbb. j.de’Serpenti, e Dragoni parimente dell’ Aldrovandi » c. i. Termina
finalmente in una coda rivolta in molte fpine, fpirando non meno nell’ eftrcmità,
che nel capo , (pavento , Che però meglio che d’altra Raja , di quefta ridotta in
iormasìbrutta potrebbe cantare Francefeo Camerano quel Diftico regiftrato
nel (uo Calamo Aulctico , pag. 7.
^uid me, Ra]a, ]uvat , medeare quod aurihusì Audis
Tarn mAle , quod foedix, furdeo vel medie a.
8 Simile Bafilifco fìguròifi dall’ Ambrofini nel fudetto Trattar o de’ Serpenti ,
c Dragoni dell’ Aldrovandi 1.2. c. 2. Più però s’addatta à quefto moftruofo
Animale 1’ imagine , che ne porta il Ceruti nel Mufeo dei Calzolari (còl. 1 . p. 90.
I come che oltre l’enfere d’intaglio finilfimo in rame, efprimeancolepinnulc , &
» afprezze delia di lui coda , che nelle prime figure non fi offervano .
; 9 Benché però quefta manifattura ci proponga come fpezie di Dragone il
Bafilifco, non perciò mi poffo perfuadere ch’egli fia tale, non fov venendomi
d’havcf letto di alcuno, che afterifea d’haverlo veduto tale quale fi deferì ve,
come DiofeorIJe, Plinio ^Galeno., Scaltri antichi, e moderni ancora, che ne
trattano folo per relazione. Anzi non sò capire come poffa alcuno haverlo ve¬
duto , che non fia morto prima di difeorrerne , s’ egli , come fi dice , è valevole ad
uccidere in un’ attimo ogni forte d’ animale non folo col morfo , che più proba¬
bile parmi, macoi fifchiq, coll’ alito, e collo (guardo, per cui ne cantò Loren¬
zo Medici florido non men Poeta , che Principe della Città de’Fiori, c fpiendi-
do Mecenate de’ Poeti ,
j Miferi noi , fe fìffo ne mirajft
Fermando in noi le vaghe luci, e liete
il noflro Bafalifchio , è faria petre
Di noi , 0 converria /’ alma fpirajp.
Alludendo in ciò a quel detto di Francefeo Petrarca, cioè Tesmina nonaliter
tculis , quam Eafilifcus interficit , (fi ante contaéium inficiti carpit ehim vires pan»
latim urttque videndo foemina . Sentimento efpreflo dal Benamati , ove cantò
Se r occhio aggira , ingiuriofio meno
Vien che ’ / fiuo fguardo il Bafilifico adopre .
Dal che non molto fi feoftò Gio. Audeno in quel Diftico.
Tutius in filvis Bajìlificum audire frementem,
.^jiam molles cantus, fiosmineumque melos,
IO E fe pure tra Dragoni fi nova quefto Animale, non fembra. verifiraile,
eh’ egli fia così petlileme , come fi deferive . Mà più tofto col dottiflìmo Grevi-
no per Bafiiiico parmi poterli intendere quel peftifero Serpente, che chiaman-
j doli da Latini Regulus per edere coronato, non può con mie iior voce Greca elTe-
j re efooito, che di Bafilifco, eflendo in quella lingua Bita-/Wit»fdiminuciuo da-,
1 lÈMiKzvt , che lignifica il Rè, come pure tra noi 4 vien detto. II che
parimente fu parere di Nicandro, che benché Poeta, amò ne’fuoi SCritripiù il
candido della verità , che il miniato delle favole, fcrivendo che fia Serpente lun*
go tré palmi , mentre d ice
Ti 'AH cu PS <f’ òf^'iyov (Àìv , cÌTcìp TpofipiTAToV ahhov
E'p/ruray 7o' pitv lépia,c o’^unapLutof ,
SUtfòi's , i'ert Tpia, Sàpet fiiput (innat li, ned làvS .
Che giufta la traduzione di Pier Giacomo Steve Medico Valentino fuona .
‘ EjA -ago \ara parvum, fed qui pr&Jlantior om»e
Regem nofie potes,, corpus cui vertice acuto
Fiilveficit , palmo triplici procerus tthtque . 21 Del-
Diofe, l, 6ì
e uh.
PUZ.e.zu
Gal. l. IO de
firaf, med,
fac. e. I.
Matml. in
Dtofe, l. 6»
€. uh,
P$ef. p.46,'
verf* .
Viti. Nav.
/.y. 13.
L. 4,.. de Ve'
mn. c.
Pl'tc. in
Ther.
t'Ìt9‘
82
M S E 0
p. 366,
?/. 90.
Jittt fc\
C»HtAr. l.
■Antiq. Hem,
*i t)el/a quale fpezie di Serpente liferifce ci’ ha verne veduto alcuno Crifto-
meÌÀiML Eccello ; che però per vero Bafilifco figurato fi vede ne! mcntouato libro de
Serpenti, e Dragoni deli’ Aldrovandi. In propofito di che parmi faccia ilfcn/o
letterale di quel lagro detto del Salmilta . Super aff idem , 0“ BnJìHfcum ambula^-
bis i 0“ conculcabis Leonem ^ Draconem: diftingucndo efpreliamente il Bafilifco
dalli Dragoni , & annoverandolo cogli afpidi tra Serpenti, come lù fpiegato dal¬
la feconda Mufa di D. Carlo Torre Canonico Milanclc, nella lua Pellegrina
Ingrandita, introducendo Efierrc, che orando dice.
ben che chi confida
Nel tuo braccio pejfcnte
Di Libico Leo» non teme il dente ^
Ne vuoi che Afpe lo impiaghi ^
Ma fai eh' egli calpejli
La fronte a i Bafilifchi,, e ’/ dorfo a i Draghi ,
1 2 Quindi forfi non s* ingannarebbe chi credelTe più torto Serpenti , che Dra¬
goni que’ Bafilifchi, che da alcuni Santi furono miracolofamente uccifi con_
l’ orazione , come fcrivono il Sigonio , e il Contarini di Leone IV. Sommo Pon¬
tefice , che ne fece cader morto uno in Roma , che lungo tempo coll’ alito l’ bave*
va ammorbata : e’I Surio di S. Giovanni Abbate , il quale fece il limile d’ un’ al¬
tro Bafilifco trovato nel fondo d' un pozzo.
1 3 II chefàfo’/venirmid’ uncafo in parte fimilc, quafi due Secoli fà fuccelTo
fui Bo!o2nefe nel nobile Cartello di Budrio, dieci mitilia lontano dalla Città
verfo Oriente, ove cavandoli un poz^o , vi fù trovato unode’ludctti peftilentif-
fimi animali, dal cui alito caderono miferamenre morti Padre, c Figlio, che s’ afFat-
ticavano a purgarlo . Lodeferive Antonio Maria Vildomini leggiadro Poeta
Genovefe , che allora dimorava in quefta Citta , ove ftampò un Volume in 4. di
Poefie Latine Mifcclianee , che sfuggì la diligcnzadcl Soprani ne’ fuoi Scritrori
Liguri, & hà in fondo, Bononia imprejptm accurati fme, per Platonem de Eenediéris
Anno Domini MCCCCLXXXXII. Per elitre Ifioria non toccata da chi fcrillc i 1 Trat¬
tato del Bafililco tra’ Serpenti , e Dragoni dell’ Aldrovandi , e perche appartiene
a quefta Patria, non porto tralafciar di rcgirtrarJa con le parole di quel Poeta, à
pag. 37. Chi non la vuoi leggere , la parti . Dice erto
14 De luvcnc cum Patre fuu a Baf li feo interempto : (fr devi ^ ac natura nonuuD
lorntn Serpent um , ad Ioannem Dominteum Carz,olam Sarzanenfem Bononia Legihus-
indulgentem .
ì^fpice (juàm fiibitos homini mors pallida cafus
yifferat , fp qitantos precipitata necct .
Ljl locus antjquo , Butrttrm qui «emine d:clus;
Millia Felfìnea diflat ab urbe decem.
T erra ferax Bacchi est , Cereris quoque', Pallas fp tllud
** Non dedignata cfl- excolniffc folum .
Hoe fenior vitam ducebat rure colonus ,
Ama colens dura non aliena manu . >
Huic inerat febei es arte ingeniofa paterna ^
Indentes certe qua cumulabat opes.
Hic modo fac eundos pr afe indit vomere campe S':
ille per herbofam far cula ducit humum,
Dijppat hic glebas rastrorum pondere inertes ;
Hic f par git pinguem culta per arva fimum.
ille
LIBRO S^E C 0 N D 0. CAB, PII «J
ille trahit lento contextam vimine cratem i
Atque alius \aclat femina fparfa manto,
Quique minor natu fueras, ad lata juveneas
Pafcua agis teneras, specus omne tuum,
^uid de foemineo fexu ? minor illius ordo
Non erat, adque fuum non minus aptus opus.
Dum trahit hac lanas, aut telas pe£line denfaty
Detinet hanc chari fcifa lacerna viri,
^ .jlla cibos longas portat tondentibus herbas:
DefeStas raris dentibus illa trahit.
Nae ovibus teneras modo colligit arbore frondesg
Nunc eadem curat pafcere glande fues ,
Nullus iners inerat , fed cultu dodi tus omnis ^ .
Et quemcunque fuum detinet officium,
pelix b nimium felix, & lata \uventusy
Si foret hoc puteus nullus , & unda loci 1
Vnus erat , fed non ad opus , per fecula longa
Nec potus,, parvis fed quafi fccus aquis.
Ceperat exefo ruere hinc, atque undique murox
Atque erat in medio limus .» ^ herba falò,
Lqtnpha ntmis procul eB : nobis propiore paretnp^
illa loco, puteus < quam vetus tde dabit,
f urgemus puteum-, fenior fic dixit: at illi . , ,
Huic apta efficio protinus arma parant, "..7\
\Sapius e fummo , demijfa cacumine cerbts : . •
^mequid ép \humoriSi man ferat , extrahitur.
Sed .c&nofa palus fundo reUabat in imo, ~ >
Vntim qua e.x multis e]icienda vocat,
Vnus de )uvenum. turba demittitur ergo
In foveam, fed qui corpore major erat',
Infcia mens hominum morbi , pejlifque futura >
^ ^md facis ^ en tacito mors venit atra pede',
vadisi remane juvenis, funemque relinque^
Defeendis tali non rediture loco.
Mollia defeendit paulatim lina retraSlansx
Tranfierat medium nec bene tutus iter,
..^ptum capite obverfo cecidit collapfus in imumx
Excutit in medio nec fua membra fmo ,
'Talis in auxilium genitori cafus eunti
Accidit, é>‘ fìntili funere plangit humum,.
Mirantur , plorantque fìmul tum c ater a pubes:
Et petere hac, quamvis corpora chara, timent.
Tum famulus ( famulum fenior nam dives habebat^
T alia robuBo peli ore fortis ait.
Jfìuid lachrymis opus ed ^ nodo mea membra tenaci
Nell ite , ne fìmili forte timore cadam .
Sic ego paulatim depofìus herilia adibo
Corpora: fed lenti (tnt tamen uf que gradus-.
Me trahere ut citius , caderent fì talia fìgna , > '
poffitis, 0“ ab hac me relevare nece.
Hai
M r S B 0 C 0 S P I À N 0 ’
H*c ubi disfa ) cavam corbem fubit : hac que ligattis
Ora capit trifies per federata vias .
Vix bene demiftis fummas cum margine ripas •
Liquerat y & fovea vix bene tecfus erat .
cepit titubare mifer , cfunm fronte remifa ,
Deprejfitque oculis cernere cepit humum. i.
' Attrahitur fubito * fed non ut oportuit \ illa
Extinefus \acuit luce putatus humi.
Non movet hinc humeros y non illinc brachia y verbum
Sentitur tepida corde fubefe calor , tV
Yndique conveniunt narrantes multa coloni y t. ,
Et dantes variis talia fata malis . /
Inter quos fenior veftitus tempora canis
Eloquitur longa plura notata die, > a
Hunc audite viri, veHrafqae advertite mentes; ''
Mira feram, longo tempore vifa tamen ,'\
ft varias hominum fpecies natura creaVit,
^uas nutrit variis ingeniofa cibis,
Magnaque multiplici replevit , ut aquor a pifeex
Vt liquidum multis aera prapetibus .
Sic diverfa dedit folers animalia terris. ~
Pars nobis profunt x’ pars quoque fape nocent.
Inter qua voluit varium genus efe colubrum,
Pelii feris tribuit dira venena quibus. .
Sanguinolenta virum quemctinque momorderis afpis.
Sopitus certe tartara nigra petet.
Ille fti moritur , tetigit quem torrida dipfas ,
Flumineis quamvis merfus inejfet aquis .
Membra fluunt , fanieque natant , folvuntur , ^ ofa,
,^is fenflt morfus , feps nociture, tuos.
Corpora laxantur nigro tumefaifa veneno
. Flumineo prefler qua premit ere fuo ,
Ex re nomen habent therfydros ea , ammoditefque ,
Et \aculiy éf natris , atqite cerafla vagus,
Albis terga quoque efl maculis diUinifus ophites.
Et geminum portans Amphifibona caput,
^uid de te Scytalis ? vobis quid & ipfe , chelydri ,
Nunc, dicam ? an vobis vis data parva fuit ,
^uas habet, an fuperant hamorrhois afpera? mors hac
Heu heu quam multo plena cruore venit i
Nanque virum flquem' mor fu deprehenderit atro.
Sanguinis effundit corpore quicquid habet.
Scorpion exiguum vires quis credere pojf.t
T am fubtts cauda mortis habere fna ?
At fi virus in hoc , & in hcc medicina moratur x
Tale quidem fed non hoc Baflifcus habet.
^uem puto pcjlifernm vefro cum fratre parentem
Mandaffe ad Campos protinus Elyflos,
Vira lues parvi Serpentis, 0" ulta potejlasx
Non '^am biflenis longior efl digitis.
85
LÌ'BRO SECONDO^ CAP, VII
Sed fupcr»t c linci, ts ferventi eeypore pefiesx
Afflatu pallent gramina cnnSta fuo.
Afflatu viridi pallent,, ^ in arbore frondes
Cntnqne fuo amittit cortice adulta cosntrs^,
Tit Herilis Tellus ^ & eo corrumpitur Aer t
Et. folitas volucri denegat ille vias ^
illitis horrenda cunlios fugitare dracones
Voce ferunt homines , fr tremere omne pecus.
Hujus virus edax perfr angit marmora viva.
Evertit rupes, inquinat illud aquas.
Illi faftus inejh fcit fe diadema ferentem
Vertice , fcit cunei ts anguibus ejfe caput'.
Er.go multiplici corpus non ducere flexu,
Peliore nec folidam radere fuetus humuml
Sed media plus parte fui procedit in altum ,
Ereiius volvens per nemus omne caput.
O funesta lues miferis mortalibus ! b qua
Non major toto peltis in orbe fuit\
Adde quod extemplo cernenti lumina mortem
T)&t fua crudelem, flt procul ille licet,
Jfla morte jacent vejlri frater que , pater que ,
Credite’, nam, juvenes, hac Bafilifcus aqua eli.
Dixit 0“ inde canem demifit ; mortuus imo
Eli canis immiflus , fecit dr anfer idem ,
Credita dilla feni : ferroque cadavera adunco
Extracta in tumulo pofla fuere brevi .
£am famulus terra furrexeratx ac flbi quicquam
• Non, externate dicere p offe , datur .
T empora longa mifer perrnanflt muttis , idem
Mentis inops tantam vim Bafilifcus habet,
C cellcola, o tales terris avertite peflesx
Gentibus & ve/lris hoc remonete malum,
15 Nel qual racconto fe non fi fpecifica che futfe cavato il Bafilifco da quel
pozzo , e veduto da! le genti di che figura fufie , almeno giufta il probabile fi pro¬
pone per Serpente , non Dragone , dicendofene
Dira Ines parvi Serpentis, &e,
da che parimente fi confermano i motivi addotti di fopra. Allude a quefto, ò
fimil fuccello Cecco Nuccoli antico Poeta Italiano , che , fcrivendo ad un’ami¬
co, in un Sonetto de’ raccolti dall’ Allacci nel primo Tomo de’ Poeti antichi,
notòvvi nel dialetto antico .
Saper ti fb novella men che buona
El Padre el figlio fletterò a gran rifehi»
eh envelenate fuor dal Badalifchio .
L' uno c fcampaio , e de db fl ragiona, ^
Ma fempre porterà nel vifo un cifehip
Per r aldo s' oderan que Urite fona .
\6 Aggiugne fede alla fisjdettalftoria un'altro calo limile , fucceffo nelmc<
delìmo Territorio di Budrio pochi anni fono .
H
Cént. f.
3J.
lo. t^tnc.
Jmper. 6.
Fort. C*f^
iiH.y.
Jn Htrt.Ra*
con. £mbl.
fenutt p 6 J9
Cann.ArtJi.
Catti. P'J/.
fl.ì9.
.AUr. àe
P$/c l-i c.^.
tuia.
Jtn(ton. l. 4.
e.Q.de Ptfc.
86 Ai y S E 0 C 0 S P 1 A N 0
De' Pefci Scagliofi. Cap. FUI,
Del Nibbio, Pefce volante, e del Capretto del Brajìle .
1 y^Ometràgli VccclK vene fonode’ Nuotatori, così tra’ Pefci ve n'hà de’
Volanti accennati da Eraftno di Valvafone nel Poema della Caccia,
ove de gli Acquatili nota
Et s ' altri fuor del Mar , come Augel vale .
De’ quali fe ne incontrano ben nutijerole torme da chi naviga nel Brafile,cnc
volano di quando in quando ne’ legni palfaggieri , Che però di quel Mare può
dir li con una Mula tutta Imperia le, che
pi ftn Popolo di Pefci ancor è pieno,
che ha I' ali al fianco, ^ ha le fquamme al dorfo .
La bizzarria della loro natura , che li palcfa non meno Vccelli nell’ aria , che pe¬
lei nell’ acque ( onde Oppiano, come lofà parlare il Lippi fuolntcrprete,ncpro^
nunzio Hos nanti fimiles dices , fimilefque volanti )
col mettere in dubbio fe più all’ uno, che all’ altroclemento debbano attribuirli,
hà ftabilito loro un’ honore immortale, mentre hà tirato gli Aftronomi più mo¬
derni a fcioglierne la quellione , col trasferirne uno là sù nel Cielo tra le Imagi¬
ni del Polo Aulitale, ove additano il Pefce Volante, vigelima Figura delle Cc-
lelti in quella parte lin’horaconofciute, e quinta delle novamente otTetvate,
giuda la politura, che fe ne Icopre col Cannocchiale Ariftotelieo del Conte
Emanuel Tefauro, il quale ,preziolilfimo Teloro delle Mule , così nefcrilTc.
Et pelagum pinnis , 0“ pennif ^aera ^ndo ,
me Pificem , me mare credit Avem. *
De me inter geminum lis e fi contermina Numen x
Inno fuum dicit ; me T ethys ima fuum .
Me inter eà Coelum rapuit : nam fape minores
Dum certant, pradarn tertia dextra rapit,
2 Chiamanliqucrti Pelei dal Volgo e con tal nome vengono men«
tovati da bigifmondo Boldoni Medico , nel fuo nobililTimo Poema Epico della
Caduca de’ Longobardi , notandone
■ quelle , che volar sù /’ onde panno.
Rondini alate.
3 A pprelTo gli Storici Naturali però non tutti i Pelei Volanti vengono lotto
nome di Rondine , benché di quelle ve ne fiano di più forti ; ma fe ne diftinguo-
noi Cucchi (come quello del Rondclezio, di cui l' Aldrovandi: volatum infu»
per exercere non abs re quifpiamputet ) Se. i Nibbi! : a’ quali fi riduce il primo PcfcC
Scagiiolo del Mulco, cioè la
4 MIIVIPIRA , ò fia PIRABEBE, Felce volante del Braille , del genere
diquelli,cbcchiamanlìNibbii,òMilvi,havucolottonome di Pclcc Rondine,
da cui non è molto dillìmile, come quello, che non molto fi fcolla dalle due Ron¬
dini figurate dall’ Aldrovandi, ma che più conviene col Nibbio delSalviani,
che da taluni fù llimato la Rondine degli antichi Greci , la quale però al parere
dell’ Aldrovandi , non c altro , che la Lucerna di Plinio . Porta il nome di Nib¬
bio, che più di tutti altri gli conviene per la fimiglianza, che tiene con quel-
rVccello rapace nelle pinne laterali, ò fiano ale fparfe, larghe, e macchiate,
con cui non folo nuota , ma vola , portandoli fopra l’acqua per lo fpaziod’ un ti¬
ro d’archibugio , e poi tuffandoli per inumidirle .
5 E’di corpo lungo quali uncubito, cioè il doppio maggiore delle Rondini
delGiOnftoni : la di cui grolTtzza dove è maggiore , cioè dovenafeono le ale,
è di
LIBRO SECONDO, CAP. Vlìl Sy
è di fette deta di diametro , e di Tedici di circonferenza , e nel principio delia co*
da, poco maggiore d* un deto. Halateftagroffa, di foprafchiacciara, e larga
più di tré deta, e fopra gli occhi quali gonlìata in tuberi, erutta, col principio
deldorloin lunghezzad’un palmo, coperta d’ una piaftraolTea, molto porofa,
e ruvida , la quale verfo il fine dividendoli và a terminare in due lodi , e pungen-
tilfimi aculei bianchi, difoftanzaoiTea, che verfo lat:oda riguardano, trafcorfi
pe’i lungo d’ una linea retta aflfai eminente , La bocca è fotonda, non molto gran¬
de: ledicui gengie in vece di demi fono fornite di frequenti, & ammalati tu-
berculetti rotondi , non maggiori de’ grani del Panico , bianchi , lucidi , e durif-
fimi , come che di foftanza oifea . Gli occhi nel Pefce , eh’ è fecco , non fi diftin-
guono. Le loro caffè però fono affai grandi, e rotonde. Le branchie hanno
d’ offo il coperchio , il quafe finifee in due punte limili alli due aculei fopra men¬
tovati, e di non minor vigore di quello, fotco 1 quali fonolìtuate, ed hanno le
fommità bianche . Sotto quelle giacciono le ali, tré deta diftanti da gli occhi,
lunghe più d’ una fpanna , Se altrettanto larghe nell’ eftremità , ma nel principio
jnon giungono a tré deta. E quelle fonocompoftedi fottili (pine biancbe,dillc-
fe per il lungo, tra le quali (piegali una metnbrana bigia feura, fottile come la
Canada fcrivcre, variegata di macchie nere in fembianza d’occhi . Sì che di
quelli Pefei potrebbe dirli col Boldoni, benché in altro propofito ci favelli,
che occhiute Cartilagini han per penne, Canùvf,^
6 Le medefime fi dilatano , eli raccolgono come i ventagli delle Donne, a’
quali fono parimente affai limili nella figura, c nella grandezza. Nel principio
loro verfo il capo da ogni banda li feorge un’ appendice, che fembra un’ altr’ aia,
lungapiùdifeideta,mamoltollretta,dearmatadellefue (pine bianche: come
pur bianco è tutto il ventre , che è vellito di Icagiie romboidi , così difpolle , che
palpandoli allo ’ngiù il Pefce par lifeio. Ne’fianchi, e nel dorfo ove nereggia,
le fquame fono triangolari , ma fcabrofe , come che tutte di fopra hanno un dor-
(etto lungo, percuitutto il Pefce fembra feorfo di linee rette rilevate . Hàfei
Pinne, comprefavi quella della coda: due nel dorfo, una picciola difeì fpine
bianche nel mezOjO ve c un folco affai largo, e profondo; l’altra più indietro,
d’ otto Ipine, più larga: due angufte fotto il ventre , lunghe fei deca, di quattro
fpine fode per ciafcheduna , affai robulle : & una nel fondo del corpo , oppofta
alla maggiore del dorfo. L’ulcimaè quella della coda, lunga quattro dcta,&
altrettanto larga ne! fine , e biforcata , ò lunata , come quella del Nibbio, ò MiU
vo deli’ Aldrovandi, e quello del Gionllbni , e quel Pefce , che per Rondine di Aldr.dé
Plinio figurò l’ Aldrovandi, dal Bellonio propollo per Cefalo alato con cuique-
(lo parimente và molto limile nella figura. Nel retto mirabilmente confronta jonflon. Uc.
col Nibbio figurato dal Sai viani, e dal Gionlloni, ne’ libri de’ quali è al vivo cu.Tab.zz.
efpreffo . Dicefi , che non altrimente , che i Pefci Orbi , e Rondine Marina fi con- ”j^/'pab.zz:
verta magneticamente colà , onde fpirar deve il vento : ma io non hò mai veduto »«. j.
quello mutarli di fico , fe non raoffo ellrinfecamente .
7 GVAPERVA del Brafile , fpezic di Pefce CAPRO , ò CAPRETTO
dell’ Aldrovandi, che da i Portoglieli , come il Cane Cenerina , Peixe Porco fi
chiama , da altri Baleftra . E' lungo più di due palmi , e largo la metà , ma non-. Pt/c. c. s.
molto groffo, & hà’l Rortro rotondo, eia bocca limile a quella delli Dentali,
con otto denti canini nella mafcelia fuperiorc , e fei nell’ inferiore > che è più lun-
gadell* altra: de’ quali i due di mezo di fotto, e di fopra, fono più lunghi degli
altri. Gli occhi fono tré oncie dittanti dalla bocca in fito molto alto, e lefcaglie
non rotonde, ò femilunari , come rapprefcnta la Tavola del Capretto dell’ Al¬
drovandi, ma con figura di rombo, come quelle del Ciprino largo dello Hello
, . Ha Auto-
88 m y S E 0 C 0 S P I A n O
Autore >c«o$ì baHe > e foctili , che il cuojo di quello animale non fcmbra fcnglio-
(o t ma folo alquanto ruvido , con tal vigore però nella lua ruvidezza , che come
del fuo Capro attefta il Kondelezio, potrebbe fcrvire per polire il legno, o
l’avorio. Ha il dorloofcuro lenza ondeggiamenti di macchie ,per quanio lì può
dilcernerenclPelcelecco, con tré aculei nella fchiena, poco dopo gli occhi,
molto lodi j il primo de’ quali è lungo un dito, gli altri due lucceflivamcnte mi¬
nori ji quali facilmente s’abballano ne’ vivi, e s’appiattano in un folco molto
cofpicuo neldorlo. Hà le pinne nella fchiena, enei peritoneo continuate , ma
molto alte, malfime nel principio; e quelle del ventre, che biancheggia, brevi;
quella della coda, falcata; eie branchie fopra le pinne laterali d’apertura mol.
toangulla, Hebbelì quello Felce lotto nome dello S//are di Plinto ^ cui fù nc-
celTariomutarein quello di Guaptrua^ per conformarli meglio col Felce lotto
quello nome dclcntto dal Gionltoni, del quale è maggiore, che con lo Sparo
£. ga.r.ir, dell’ Aldrovandi ; malTimcche, quando anco fulTe flato Sparo, non v’era ra¬
gione, che lo perfuadelTc più tollo quello di Plinio, che d’altro Autore, non
havendonc quegli alTcgnato nota particolare , mentre nc mentovò il nudo nome.
Delle Te Bugi ni di Mare..
Cap. IX.
4^. X.
Alk, /.24.
t Rà gli Acquatili Sanguigni meritamente s'annovera la Tellugine Ma-
X rina, come quella, che non folamente hàfangne, contro il lenimento
di Gilberto Ducherio , che la chiamò clangne , Icrivendone proverbialmente
T ardius ad cclehrem poffis adf urgere famam .
.^lam Mare TeBudo SANGVINE CASSA bibat,
ma che di vantaggio iron può lungamente vivere cftrattodal Mare; ondenc
porta il cognome a differenza delle Terrellri, che aborrilcono l’acqua, come lì
dille di fopra , mentovandole nel Lib. I. Gap. 9. e delle Anfibie , che fono di na¬
tura tra quelle, c quelle mezana, abitando egualmente nella terra, c nell’acqua.
E delle Terrellri , e delle Anfibie fono di tanto maggiori le Marine , che Diodo-
ro racconta le loro Conche a’ Popoli Chelonofagi , ò diciamoli viventi di Te-
ftugini , ha ver fervito e di Tende nella Campagna , e di Navicelle nel Marc . Al
che graz ofamente allufe quel bell’ Vmore di Gregorio Porcio nella lua cnriol»
Cynopithccomachia , cantandone .
petit patulo T efltidinis erbe Melampus „
Cui promijfa vicem longi temonis obibat
Cauda , procellofas crebro jaclata per undas .
I quali ufi lì raccordano ancora da Alberto Magno. E Solino riferifee, che
nel Mar d’india ve ne frano di così Iterminacc , che due delle loro Conche driz¬
zate in piedi,e commefle nella parte di fopra , e difgiunte in quella di lotto potè»
vano fcrvire di cala capace di non poca famiglia . E v’hà chi Icrive che nell' ilo-
la di Taprobana, detto pofeia Madagafcar, & oggi di S. Lorenzo, la Conca
d' una Tcllugine ballava a coprire il tetto d’ una Cala intiera . Dalle quali fem-
bracopiata quella , di cui il Boldoni
Cai de' ir Spaventofa Te Bugine s* efl olle,
Xok.C.if.fS fplcndono i rai, come due faci.
Grande è la mole fua, che uguaglia un colle-.
Sono i piedi al camin pronti, e vivaci.
* , * quella fpczie, che nel Continente più di rado lì vede , tra le fpoglic de
gli Animali più Angolari, che fi confervano in quello Mufeo, molto notabile li
kuoprela ^ GV-
£jBe.cit,C.7‘
148.
L 1 15 R 0 SECONDO. CAP. ÌX, 89
3 GVSCI A , ò CONCA fupcrioredi una Teftugine deJr Oceano , di quella.
ioKe i che nel Bradlc iìc'iiarna lunga due braccia,e me2o,e larga due,
di fupetfiz ic anzi nera , che nò, lucida , e Jilcia, le non quanto la feorrono diver»
famentc tante linee gialiiccie , che fembrando commiffure conipc'ngono tante fi¬
gure Geooieìnehe, le quali la fanno parer comporta di quaranta pezzi di molti
angoli ; e d’ erti, quelli , che fono fopra la fpina dorfale, hanno bellilfima figura di
Scudo elagono ; come parimente tutta la'fudetta Gufeia ,effendo ovata , lembra
uno Scudo i c per tale potrebbe fcrvirc, havendone non folo la figura , ma la dui-
rezza baftante, fe non fuflfe troppo ampia, e difoverchiopefante. Onde più
corumodo ne farebbe Tufo di culla , òdi capacirtìmo la vatojo, come già ulàvafi ^
nella furchia , dove rn firaili Conche fole vano lavarli i Bambini. Di querta raz¬
za di Tartarughe favella il Margravio, là dove fcrilfe. ^^dam tefiam nigram iL.é.f.1.413^
habent , fplendentem , fiavis lineis , gr figuris egregie interliinciam . Se ne vaglio-
no alcuni Barbari di Scudo ,& altri fe nc compongono altre armature ,& orna¬
menti a di vcrfi utenfiglij come quegli Africani, de’ quali parla il mentovato ^
Boidoaiinquefti verfi, *
Vengon da Bona poi le cinqtte Tufi e
che fiegtton quei di Buggia j ér han le genti
Di Cofi aretino al fiaettar robuBe ,
Et al rotar la Scimitarra ardenti, -
De le teatie Tefiugini a /’ adufie
J^embra Loriche fian dure, e pofienti . . ' ,
D ’ ejfie ogni legno , e poppa , e prora adorna ,
Se in lente fipoglie il corfio , e • l voi fioggierna . , j
4 GVSCIA fuperiored’ una Teftugine del Mar Tirreno, più picciofa della
fudetta, come lunga non piùd’un braccio, emezq, e larga poco più d’uno, di
fuperfizie bigia , ineguale , & arata di più folchi commirturali,.che la precedente,
ferabxando comporta di quarantaquattro pezzi .
5 CRANIO di Teftugine Marina, di grandezza proporzionata alla prima
Conca defcricta,e(Tendo lungo due palmi , e largo quali uno , e mezo ,
6 TESCHIO intiero di Telìugine Marina, di minor mole del Cranio prece¬
dente , nei cui piedeftallo trovo ricordata la morte d’ Efchilo in quefte lettere di
mano del Dottor Ovidio Montalbani MSCHILI MORS , con la fottoferizzione
delfeguente verfo.
Hor chi fia , che mi /campii
. 7 Io nondimeno mi perfuado che la Tragedia d’Efchilo terminalTe col mezo
d’unaTeftugginecerrcrtre ,non elTendo verifimile, che un’ Aquila polla reggere
nel volo Animale di tanta mole , e pefo , com’ è d’ordinario la Tartaruga di Ma¬
re. Per lo che vedali ciò che a^quefto propolito s’ è notato difopra ne! Lib.I.
Cap.p. Se però ne’prccipizii di sì pigro vivente volò l’altrui morte; chiudali
fanguinolento la ferie de gli Animali Sanguigni del Mufeo; .e fe la durezza-,
delia fuafeorza ci addita i Teftacci, che fono una gran parte de gli Acquatili
Efangui , fi faccia a quelli opportuno il palfaggio .
De gli Acquatili Efangui, e prìtna de' Teli acci in generei
Cap. X.
Mtendendofi per Teftacci quegli Animali Efangui, per lo più Acquatili,
che fono vefliti di gufeia dura, e pietrola , come le Oftriche, le Chiocciole,
c limili, che da’ Greci li chiamano Ortracoderrai,e fi dividono in, Vni vaivi»
H 3 ' ' Bival-
L. 3. Her-
mton. £leg.
4*
Va». Bari.
Bicrtat. del
S*via 1. 1. ,
C’ 1 1.
Damo-
nom.t^.iyS»
Tvef j, tiit,
f. 193.
t.. r. cantra
Marc. c. 5.
Cìe.l.i. da
Orar.
Val. Max.
ì. 8. C.8.
M’T ul. Bt‘
ra) i. 3. Ru.
fitc.v. 14.
Bartol. loc.
fit.
Bibl. Apre/.
P. i.p. f.
Cant. I,
p. 4t.
Dia Céf. &
Sntt, e. 46.
90 M y S E 0 Q 0 S P ì A N 0
Bivalvi, eTurbinatijCiocd’una, òdi dueConc]u',ò fattiingiro. per fcgiiir
r ordine intraprefo di far precedere quelle cole, nella fabrica delle nnali leirìbiò
piu ftudio/j la Natura , li favellerà prima de’Turbinati , pci pafl'ar polcia a’ Bi va! •
Vi , indi a gli Vni vaivi . Dc’quali tutti n’hà fcclta copia il Mufeo ,di cui ben può
dirlicol Tibullo Crcmoncfc Giulio Grotti
No» defutìt medio felelidc ex xquore CcKch/c .
1 Nè fìa di foverchio il ragionarne forfi p ù a lungo di quello richiederebbo-
no, come gitti.chc lembrano, del Mare, avvegnaché non per tanto bfeiano
d’eflcrc miracoli della Natura , e per tali qui ratinati, afiìncbc nella vanttà, e
bellezza loro s’ ammiri quanto Ila grande Iddio anco nelle cole minime , più per
diletto, che per bifognonolirocrcate,clTendoche, come fagglamcntc cantòil
Valmaiana.
«IH— hac ectilis qu£ funi hic fnkdiia nofirisi
Parva /icet, funi grata txagis, kcc parvus in illts
Enitet Artificis decor.
Eia Moral iMufadi Lorenzo Grado Napolitano ci avvila che
chi Jetto a piedi ha ’/ Fato,
Vuoi , mentre opre si itile al Bionde fpande ,
che per quejlc ammiri am quanto et fia Grande,
E per miracoli appunto le ravvisò Tcrtuiliano,che ollcrvando con quanta finez¬
za , e magifterio fono fabricate le Gufeie delle Gonchiglie , nc giudicò una loia,
quantunque delle più abjctte , balle vole a convincere un Marc ione ( quclTApo-
ftaca .queir empio , che imaginatolì due Creatori , ne aderiva un buono , e favio,
e l’altro (folco., c maligno, e da quello prodotte le nature più vili , come da qucl-
l’ altro le nobili ) c coltringerlo a confcilarc la Somma Sapienza ct’un lolo Auto¬
re del Tutto. Vntis omnino de faptius flofculus , dilcoi leva quel grande Ingegno,
non duo de pratis ; VNA CVIVSLIBET MARIS CONCHTLA , non dico de ru-
bro\ una Tetraonis pennula; taceo de Pavo , SORDIDVM ARTIFICEM PRO-
NVNTIABIT TIBI CREATOREM?
3 Nè per tnen che mirabili conobbero le Conchiglie anco tra’ Gentili Sci¬
pione, c Lelio, quella coppia d'incomparabili amici , i quali ollcrvando in elle
verilfimo, che f£pe fta è levtbus gratia rebus inejìx lungo i liti di Cajeta , edi
Laurento le coglievano per loro virtuolo diporto . Onde nel RegnodcIIa Saggia
Ricreazione gl’introduce AleiTandro Lami, il Dante Cremorcle, cantandone
in quel Sogno, che, come nota Cornelio Alpalìo nella Prelazione della J iblio-
fcca Aproliana a chi verga quelli Fogli,/» Vigilia d' un ingegno rifzegl iati fimo
nelle lodi della Patria
E di Recreazione andammo al loco , i
Ove Scipione, e Lelio gir cogliendo, j
In fatti egregi /’ uno,' e I' altro fioco , j
Marine Conche vid' io infiem ridendo.
4 Maquanto quelli lì mollrarono faggi , per farli con quel diporto ricchi di
bei penlìeri , altrettanto pazzo lì fece cono (cere Caligola, che lolo pei ergerli un
vanilfimo trofeo , fìntoli di gir con l’ Elerciro al conquido dell’ Inghilterra, giun» !
lo a non sò quale Ipiaggia , Ipiegò , come un’altro Serie , tutte le lue loizc guer- 1
rierecontroil Marc , e dopo atteggiati gli sforzi d’ un Combattimento generale,!
come le l’ bavelle vinto in battaglia , ne fece da’ Soldati cogliere il bei uno , che t
fù non altroché Chiocciole ,c Conchiglie , quante nc capirono loto nelle mar si
quali polcia, come fpoglie di languinolìlTima guerra , volle s’appencelleroadl
un’ altillima Torre, che nel luogo Hello fè fabricare, in memoria di sì ii.emoia-.'
bile
Sm. Thef.
I» El9g.XIl
Cttfar. in
Calti.
LI^RÓ S n C 0 Ó 0, CAP. 9f
bile iinprcfa, dando inciòacono/ccre,chcben meritava la corona d’oro ^ che
egli prima de grimperatori usò j non però per la nobiltà dei metallo, ma perla
lodezza , accjòche a quel capo fbrfennato non mancaffe ben forte legamc,corae
can.ò Ji Teforo delie Mufe.
Primus Apollinea commutas fronde metallum'y
CafaYy dr aurifero sirtngis in orbe caput.
P^on fano capiti fragiles per tempora frondes
Non fat erant \ nodo te meliore ligas. Marf
5 Quanto di lui più aflfennati fi moftrarono,que’ barbari d’ Occidente, che vai *
gbi di qualche armonia, mentre d’altra non ne havevano notizia, felaprocm* A»..
ra vano dalle Conchiglie, che in lunghe filze appendevano alle porte delle loro
habitazioni , ove fcolfe dal vento , cozzandoli , rendevano un tal luono , che lo¬
ro arrecava non ordinario diletto .
6 Incomparabilmente però più loave è Tarmonia^che fanno alla mente di chi
vi riflette per ravvilare in effe i tratti di quella mano , per cui fono armoniche le
Sfere Cclefti , & ammirare ne’ loro Gufei l’ avvedutezza deli’ Eterna Providen-
za , che a quelli Animali , per natura debolilfimi , & elpoftialle ingiurie de’ Pe¬
lei , che ne fono avidillìmi , fe negò l'agilità per lottrarfene , diede una portatile
Fortezza, a chi fchietta, comea’Bivalvi,& Vnivalvi; achicon moki ricinti,
come a’ Turbinati , c’ hanno tante ritirate lempre più , e più dentro , quanti fono
i giri , in che s’ avvolgono ; Fortezza tanto più mirabile, quanto che nalce , vive,
ccrelce con elfi, ferbando fempre il difegno della figura : e, quantunque vana
in tutti d’architettura, fempre uniforme alTeligcnza d’ogn’uno , tutti nulla
rnen del bifognoalficura, & abbcllifceinfieme,riufcendo loro S ubjìdio pariter y InPf. io8i
come della Torre di David hebbe adir S Ambrogio (dicui, o quan- Ofl.8.
io s’avverano in quello luogo queir altre parole/ In feopulis quoque ipfis ,& la* jd. Prafat^
pidibus reperii Natura in quo dele6laret ywzictnéo i Tellacei parimente ne’ Icogli) ■f/*
Onde il portare la propria cala è a loro gran ventura , ove a tutcìgli altri Animali
farebbe digrandilfimo impaccio.
■ "..n — sic OBrea dura
Sic Turbo Itntus , Concha y ér Tefacea vivunt.
Sopra di che fondò bellilfima arguzia quell’ Analfila prello Ateneo , che ad uno
delle fue cofe gtlolìlfimo dille ,
A’mr»Ttpee S rSp »'«rv,
Ot iSv elvteUf rde tÌKiAe.
Cochleis tu es longe diffi dentior ,
.^ttay quia nemini credunt y circunftrunt domum,
7 Ciò però , che piu fertile di llupori può in quella materia incontrarli , fia ,
per mio avvilo, la divcrfità , e la bizzarria delle figure di tante Conche differen,
ti , mentre , per dirla cod Virgilio
wM . . . facies non omnibus una eB .
O'colGaleaoi.
K^tre han più piccia l ventre y altre più \grandey
K^ltre hany qual fiume y b lago y orlo maggiore.
Onde il Boldoni
Tanto Natura in un fembiante fiefo
Di varie forme ha i fimttlacri tmprefio .
8 Di che non è men mirabile la varietà , e bellezza de* loro colori , & orna-
mentitale, ctanra,chenonlìpuòfpiegarea ballanza, non havendo noi tanti
vocaboli, quanti elle hanno abbigliamenti, e vaghezze, degne de gli llupori
non
Oppiar!, si»
dttit /. i.de
venat.v.6}0
Jj. 2.0. 24*
Pelar, Càt.
7 86.
Cad. dt’
Lengib. ۥ?
119’
9^ r M S:E 0 C 0 SPI /l N 0
<
aonfolo de gli huomini più fenfari, che non però giungono a poterne fabricar’
una delle più dozzinali, ma della Natura medcluna.che ne tu l’ Autrice ,.efraire
a cantarne il fopracitato Boldoni
liW.C*7. jo. ^on piti durA feorfa in mille guife . >
' ■ Le Conche, in cui fcher'ilo varia Natura,
'• ' •5'/ che fra fe de' fuoi fcherzi fi rife ,
' E stupì 'I vario si il dt fina pittura,
9 Che però ben p( (To dire con uno de’ più eruditi di quefìoSecoIojf/^r forfè,
* *• / Konclp^^da me povero d eloquenza , ma da qualunque altro ne fia a grandoviziafor-
^(uà ‘ e il poter baji evoime n te deferivere do che han di maravtgliofo le C hi cedole
àtl Savio’ ne' fioro gufici : la bizzarria delle inventioni , lavarieta de gli avvolfimenti , la
l.i.e. il. vaghezza de gli ornamenti , la difpofilion de' colori, le capricciofe fior me, la me-
defima , e in tante manitre diverfificata materia , e il maefirevele fiuo Lavoro , Con
tuttftciòli dticriveranno al meglio, che fia polfibile fecondo la propofla di-
vilìone.
Saron. itu,
Genethl»
783.
'fiotm. 7>4«
nnp. l. 4,
poi in oKom
l.l de verb.
udori,
Georg Ced.
un cop. htjp.
Aldr, de
Tefi. t.
5- P- 3og.
Herc Stro^
un epiced.
Bergctti
Can. v.6i.
De' T urbinati , e prima delle Porpore, Cap. XI, • • .
* ' I Rafìfero quelli Teflacei la denominazione di Turbinati dalla (ìmiglian-
i za , che tengonocol Turbine L.uforio sì nel cono , coire ne gli attorci-
giiamenti .ch’efprimono i di lui giri, quando è rotato. Che però di queftoge-
ncie di Tcllacei può iaccnderfì quel verfod’ Angelo Baronio nel Genetliaco di
Cremona fua Patria. .
I
, i;:; Se in gyrnm pigros imitatur Turbinis orbes.
s Tra quelli met ita il primo luogo la PORPORA, come la più nobile per
quel lamofidìmo fugo, che le nc cavava per tingere le vedi de’ Principi, che
quindi tradero il nome di Porpora . Onde il Lirico di Venda dai gentiliflimo
Federigo Nomi fatto parlar Tofeano và cantando.
Le Porpore Spartane
Non traggono per me Clienti onefie ,
3 Hà quello Acquatile la gulcia molto limile di figura alle Chiocciole mag¬
giori , ma che rugofa , & afpra in fe fi Ipiega , e di vantaggio tralmctte in giro al¬
cuni raggi , ò fiano aculei , che altri per la fimilitudine chiamano chiodi , c Icm-
br ano branche, lunghe, e Icrpeggianti, comefuflero di Polpo, lenon che lo-
noimmobili , & impietrire: elporgcun canale da un Iato , per cui mcftc-fuori
la lingua, ò più rodo probofeide, con cui trae l’ alimento. Serpe come lo
Chiocciole terrcllri ,&aguilalorofifi laltradacon picciolc , c mobili corna.
Sta per Io più attaccata agli Scogli . Sta nel mezo del corpo carnolo una parte
così tenace ,che Icmbra vilchio : vicino a cui fi genera quel purpureo Licore da
taluni da altri chiamato, con cui fi tingevano le lane più fine d’in¬
venzione d’Èrcole l’Erce, allo Icrivcre di Nonno, e di Polluce l ò più tofto
d’ Ercole il Filolofo, come nota lo Storico Gedreno ; e qucfio , c quelli rappor¬
tando ciò feguito in Tiro colla ferita d’ un Cane, il quale veduta una Porpora
attaccata ad uno fcoglio, & afferratala co’ denti, le ne imporporò tutto il ceffo,
e diede a conofccrc che
Oebalis Herculeo non debet Purpura tantum
Ingenio, quantum Canibus, nec tinda rubenti
Murice fulgentes nunc lana lacefferet ignes ,
iV/ Canis aquor ea Concham infregififiet arena.
1' “ Onde
LIBRO )S n ~C O n Ù 0» C A XI. 9i
Onde pokia fervi per corpo d’Imprefa/peziofa coi motto in perfona della Sve-
naca EX NECE T RIVMPHVS ^ propofta in Ferrara nell’Efequie del Marchefe
Guido Villa .uccifod* un colpo di Cannone nell’affedio di Cremona il dì 2^.
Agodo 1^48. come rapporta Giufeppe Brefciani mio Concittadino. nell’Illoria
delle Turbolenze di quella Città. Non sò però qual trionfo recaffe a’fuoi la BrefcTurb,
morte di quel Guerriero, mentre ìFranccfi, tra’ quali militava, dopo di quella
furono aftretti a ritirarli con gran loro difcapito da queU’affcdiOjhavendoci per- -
duto più di due terzi d’ un’ Efercito affai numerofo .
E quel fugo rubicondo delle Porpore non trovali, che nelle aperte vive, ò
fchiacciate tra due fallì (comefù efpreffo in un’Iraprefa fatta per il Cardinale
Orazio Spinola, col motto COMPENDIA MIHI DISPENDIA) perche nello Pìdn.ltc.
morte fvanifce. Nèintuctelc^viyefifcuopre, ma folo nelle mediocri, che pò-»
che volte eccedono nn’ O vo di Gallina; & in quelle ancora talvolta non fi tro¬
va. Mà più appieno ne difcorrono il Rondelezio,c l’Aldrovandi . Molte di
quelle accrefeono vaghezza al nollro Mufeo, tutte per la varietà delle loro figu¬
re , e colori ragguardevoli , e tra i’ altre
' 4 PORPORA naaggiote d’un palmo per ogni verfo , con fei gran raggi nel
giro della bocca da una parte finuata, e ripiegata in fefteffa, con la fuperfizie
efferiore bianca^ fparfa di bellilfime macchie leonate a onde, e di dentro candi¬
da, fe non quanto a luogo a luogo la fanno arroffirc alcune ftrifciedicolor di
carne. Nella figura corrifponde affai a quella, che ne porta il Bellonio cori fei
rami, tuttoché V inùioW Purpura pntedaciylos ■, forfi eccettuando quel ramo,
che fa canale alla probofeide . Dal raedefimo la cavò anco l’ Aldro vandi .
5 PORPORA minore della precedente, del colore del marmo bianco fparfo
di fofche macchie, con dieci aculei, che in due ordini la circondano nella parte
gibbofa,con il tubo lungo piùdeldeto indice, circondato parimente da due ordi¬
ni d’aculei minori, tutta bianca di dentro, con l’apertura rotonda, & il labbro
fuperiore alquanto crenato .
6 PORPORA minore d’amendue le antecedenti, con fei raggi nella circon¬
ferenza dell’apertura , oltre il tubo della probofeide , nel di fuori del color mar¬
moreo della precedente, ma fparfa nel dorfo di pochi tuberi, e di dentro vaga¬
mente incarnata , ma nell’ eftremità , che fi diffonde in lungo , bianca .
7 QuattroFORPOREditcrzagrandezza,tuttcfcorfeneIdorfotranfverfal-
menrte da due ordini di punte. Servono d’ornamento al piedeftallo d’unagran
Chiocciola Rugofa .lavorata ad ufo di nappo .
8 Due PORPORINE bianche, fcorfepe’l lungo da tré ordini difpeffi aculei,
che cominciano nel cono, c tutti vanno a terminare a dritta linea nel fine del ca¬
nale della probofeide , che è lungo quali il doppio del loro corpo .
9 Alcune POR FORINE di color leonato con fafee bianche, c tré ordini di :
merli , e d’ appendici l^Ii alle vegetazioni d’alcuni faffi di Mare , diverfamente
fcaiialate ; uno de’ quali ordini occupa loro l’ orlo del labbro fuperiore , facen¬
dovi molte crefpe, eleni, òcupoletce, e capannuccì, quali coronandolo con la . • ' 1
ghirlanda, ò creila, eh’ egli lembra, di pennacchini: l’altro poco fopraillab- ^ *
bro oppollo : e ’l terzo iadiflanza quali eguale tra i primi due rendeloro afpro il
dorfo ; c tutti tre non lenza qualche obliquità le feorrono per il lungo , e vanno ’ ^
a terminare nel cono , che molto è acuto . Di dentro fono bianche , con il lab¬
bro , che non è fpinofo , porporeggiante , e ’l canale della probofeide non molto
lungo, ma quali diritto da un lato folo fpinofo, e dentro pur bianco. Niuoo,
che to habbia offervaco, fà menzione di quella forte di Porpore . Onde tanto
più ragguardevole fi feorge il regalo , che ne fece al Sig. Marchefe Colpi il Serc-
niflìmo
^4 M V S E 0 ' C 0 S P l A U 0
niflìmo Cofimo III. Granduca di Tofcana , che i’ hebbe d’ Olanda con una copia
incredibile d’ altri Teftacei fingolari, in buona parte donati a qucfto Miileo , ove
fi confcrvano difpofti in due belliflìmi Cancftn IVlarini.che fembrano di vivaci!*
fimo corallo contefti ; & a’ fuoi luoghi s’ andaianno mentovando .
IO Diverfc altre PORPORINE, che fervono di fregio ad alcune grandi Con¬
che Margaritifere. Sono di quella grandezza, e forma, ch’efprimela figura
addotta dal Rondelezio . E tutte quefte Porpore fopradefcritte, fuorché la pri¬
ma, fono conformate diffcrentementeda quelle, che figura il noitro dotrilTimo
Aldrovandi.
De* Murici, Cap, XII.
I A Llc Porpore fuccedono i Murici , come Teftacei poco da quelle di veri?
nella figura, e talvolta ancora confufi nel nome, eflendo ben loventc
flato picfo il Murice in lignificato di Porpora, come da’ miei riveriti Giufeppe
Battifta,eGiovanfrancefcoBonomi, cantando quegli nella Prima Parte delle
Meliche
• Di Sidonio Murice io non fon fa^o,
E quelli nel Siftro , Poelìe ferie , Son. X Vii. i n riprova della Corte .
Dove Eh ali a Murice Olirò tributu
Re, che preme de l* rlfria gli ori^
Difdegnu tributar votivi onori
Il culto mio y che Idolatrie rifiuta.
In propolìto diche lovviemmi d* ha ver notato nell’ Elogio di Proba la PoctelTa.'
Murice in Ajfjrio niteant , queis Gloria Murex .
Inter Centones plus Proba dar a fuos .
a Sono però di genere differenti , avvegnaché il Fiore de’ Murici non tinge
così vivo , come la Porpora, benché quelli non dirado portino il titolo di Pur^
fureo , come nell’ Iride Poetica di Gic vanluigi Piccinardi , originario della mia
Patria.
H/r tibi purpureo Murice tinti a chlamys.
In oltre i Murici vanno armati d’aculei più corrisi, ma piùgroflì, ed ottufi,
quando in vece loro non hanno de’ Tuberi , come fpciTo accade. Sono di Conca
per lo più , maggiore, piùdenfa , epiù loda , che le Porpore ,anzi di turbine più
acuminato , meno però delle Buccine : Onde , come di configurazione t rà quelle,
e quefte mezana,vengono loro frappcftijc ben foventc.pcr dirlo con un’ Ei udito,
_ giù riverfano il labbro , come i Majìini ,poi il ripiegano , r 7 tornano alquanto in fi ,
, che ha il fitto bello , e non sa dirfiene il perche . Sono d’ elquihio
fapore, e perciò hanno luogo nelle Mcnlcde’Grandi. Quindi il Bergano nelle
Nozze del Benacone cantò .
■' *'■ rutilofique ardentis Muricis imbres
Addite Renaci menfis ,
Che però Iene querelano apprello Marziale, che loro fa dire.
Sanguine de noTiro finii as y in grate, lacernas
Indulsi ér non eli hoc fiatisi ej'ca fiumus ,
Tra le varie fpezie di quelli ,ibizzarrilfimo ornamento del noftro Mufeo fi
feorge il
3 MVRICE GALEIFORME, chccosìchiamo,perhavcr*eglioaturaliffi-
na figura d’ Elmo, benché in tutto non l’efprima 1’ imagine, che fe ne porta,
E gran-
or*/! Ra^t. in
Od. ad Be.
ned. Ma.
riett.fag,
futht 31 g.
K. L. itu
Muf. Peet,^
friw.p.ji.
'Mleg. 1. ad
Lanr. Ltg.
94*t, a.
V. 11.
Pé. t . Sor .
Ì6.13*V-*7-
LIBRO SnCOUDO. eAP.Xll. 9i
B' grande poco meno delle Celate ordinarie, con la cavità proporzionata, tutta
iifeia f e del colore della cera vergine , con qualche campeggiamento di bianco ,
fi come pur bianchi , anzi candidi fono i di lui labbri , che riefeono così fparfi , c
per di (otto così piani, e lifei, che non meglio ponno rapprefentare la parte in¬
feriore d’ una Celata , nè più ingegnofa farebbe fiata T arte , fc fuffe fiato fuo bel¬
lico lavorìo . L’ ornano per di fuori con orridezza , che piace , tre ordini trafver-
fali d’aculei, nel primo maggiori .come più grolfi d’un deto, e poco men lun¬
ghi : e ne gli altri a proporzione minori . La di lui foftanza è denfa , foda , e pe-
fante non altrimente, che fefulTe di marmo, come non fe nefeofta col colore,
Ondefi manifeftafpeziede’Murici Marmorei deferitti dal Rondelezio, cdall’
A Idrovandi .quantunque nè quefti.nè altri, per mio a vvifo, facciano menzio¬
ne de’ Murici di quefta forma.
4 MVRICE MARMOREO, con un’ordine d’aculei grandi, ottufi, e varli
dorfett j ,ò protuberanze , Nella ripiegatura è lifeio , c di color bianco , che pie¬
ga nel giallo, com’ è tutta la circonferenza interiore dell' orifizio. Di dentro è
candidifilmo .
5 MVRICE MARMOREO picciolo, bianco, e rugofo, con tré ordini di
Tuberi tutti incerfecati da un folco, ò linea cava, d^una ferie d’altri tuberi, ò
doifctti.chepartendofidal terzo giro del cono lo feorrono pe'l lungo fino al
labbro , la di cui circonferenza è tutta piena di varii canaletti , rilevati nel di fuo¬
ri . Serve d’ ornamento ad una gran Madreperla ,
6 Due MYRICI MARMOREI piccioli, congeneria quello, che per Mu¬
rice Marmoreo Orientale viene figurato ,c deferitto dal Gefncro A. D. che fcrif-
fed’haver’intefo ,che in elfi fi generino delle Perle, non però di crederlo. Di¬
latano , come quello , il labbro efieriore in un gran margine , che nella parte in¬
feriore Rende un’ aculeo parallelo al cono , il quale riefee molto acuto , Sono di
color bianco fchietto nel ventre i e nel dorfotramifehiato di gialliccio, ò palli¬
do, come lo chiama il mentovato Zoografo. Neirinterno, verfo la circonfe¬
renza del labbro fono candidi , nel rimanente » quanto fe ne feopre con l’ occhio
M F S E 0 C 0 S P l A N 0
95
di vaghiamo coior di rofa : col canale obliquo della probofeide fparfo di belle
macchie amccifiinc . Vanno in ciò differenti daquellodel Gefnero,chcnon han¬
no aculei nel dorfo , ma fo!o un’ ordine di tuberi , che gli feorre per ogni (pira .
7 Due MVRICI CIMERICII con tutto il corpo aculeato, poco maggio-
ride’ Triboli jco’qualitcngonoqnalchefimiglianza di figura. Portano gli acu¬
lei frequenti jgrofii , corti , ed ottufi, di varie grandezze, nelle fommità ferru¬
ginei, nel refto cinerei . Larghi di venn e hanno l'apertura della bocca angutta ,
da unlatocrenato, dall’altro tuberofa: ina que’tuberi fono neri; com’eflì di
dentro nel redante fono bianchi. Finifeono in un cono aliai acuto, non però
molto alto. Io li credo di nova cflervazione , non trovando tra gli Scrittori
chi gli mentovi. Che però non ordinario fu il dono, che co’duc precedenti ,
& altri bclliffimi Tcftacei da deferiverfi , nefecealSig.Marchcfe la liberalità
del Sercnifsimo Granduca di Tofeana Cofimo III.
8 MVRICE LATTEO, così chiamatodalRondckzio, c dall’ Aldrovandi
per la fua bianchezza , che fi rallomiglia al latte . E'circondato di punte lunghe,
oteufe . Didentro è tutto bianco, c lifeio.
De//e Buccine, Cap, XIII.
C/tduta de'
Loni'>b C.
li I 19-
L. I. lUr.
V. 668.
L. I. Hitt.
t/.33o.
LAf»f^ìà>
Od. 20.
Picei Hard.
Od. i+.
I ^ Ono quefie Conche tra’ Teftacei Turbinati le più lunghe ,c , come le Por-
^ poro , generano liquor’ atto per tingere le vedi di purpureo, ma però me¬
no intenfo, come notò Plinio, e dopo di luiilnoftro Aldrovandi, che perciò le
deferide immediatamente dopo le Porpore, con le quali tengono qualche fi-
miglianza di figura . Sono però per lo più molto maggiori , nè portano aculei ,
& hanno il cono più acuto non folo di quelle, ma de* Murici ancora, come ac-
cennòlfi di fopra. Ondcs’aggiuftano, perche fervano di ftromentoMuficalcda
fiato , Per lo che fi dipingono nelle mani de’Tritoni , che Ranno in atto , ò d’ ac¬
collarle alla bocca, ò dilonarle, com’efpreffe il Boldoni cantando ,
Ne la Prora tm Triton col Mar confina
E gonfia la fina Conca in fuon canoro,
ScilBergano — — — — interea Triton valla aquor a Concha
* Demulcet ,
E ciò per effere que’ Moftri creduti Banditori di Nettuno, come ciavvifa Ovi¬
dio , che mirabilmente deferiffe la Buccina , ove lafciò da leggerli .
Mulcet aquas ree} or pelagi , fiupraque profundum
Extantem , atque humeros innato murice teEium
Caruleum Tritona vocat, Conchàque fonanti
infpirare \ubet , fluElufque , flumina figno
lam revocare dato , Cava Buccina fumitur illi
Tortilis in latum, qua turbine crefett ab imo-.
Buccina, qua in medio concepit ubi aera ponto,
Littora voce replet fub utroque ]acentia Phoebo,
Al che pokia graziofamente allufero il noflro Lampridio in quel verfo .
T ri tones Mare perfonant ’
Conchis , '
Et il Piccinardi nell’ Irid e Poetica , ove fcriffe .
t..Md arma pofeat Monfira Maris Tubi
Gemmante Triten, ceu Berecynthii
Cornu ad furores excitat vox
Semimares truculenta Myjlas,
EPaccer.;;
LIBRO SECONDO. CAP. XUl 97
EraccennòpurelarivericaMufadi Pietro Adriano Vanden Brocckc Publico
Profeffore di Lettere Humane in Fifa , ove cantò . Leop.
Circa Tritone! mtt Icebant £quora Conchis.
2 Ne fono femplice invenzione dell’ una , e dell’altra Pittura Muta , e Vocale
i Tritoni, giufta gli Efempi addotti da Plinio tra gli Antichi ; e le olTervaaioni de’ 5'
Moderni; e(lendo(ìdiquefl;o,cdel palTatoSecolo veduti indiverfi Man Ani¬
mali con fembianza humana dal mezo in sù , nel rimanente Pelei ; tr^’ quali
quelli, che chiamanfi da’ Spagnuoli Pefei MugertCdi noftri Pefei Donne ^ benilfi-
mocorrifpondono alle Nereidi, e Sirene de’ Poeti . Ledekriile diligentemen¬
te il Padre Chirchero, narrando trovarlene nel Mare dell’India Orientale circa
lellole Vilfaje, altrimente chiamate de’ Pittori del Dominio di Spagna. aeMagaeè.
mentova ancora il P. Filippo della Trinità Carmelitano Scalzo nel Lib. VII. de’ ^
fuoi Viaggi Orientali. E prima di lui ErafmoLeto nell’llloriadi Chnltiano iV. ÈraCmAati
Rèdi Danimarca, portò curiolìifima Relazione di certe Ninfe, ò Sirene del Mj- <»/' Oi.
re Sanfonico , le quali vefti vano di cuojo di Delfino , e parlavano , anzi predilfe •
roalcunecofeconcernentila vitadi quel Rè . Le raccorda parimente il Sig. Re- 277. ’
di nel fuodottilfimo Libro dell’ Elpericnze intorno a diverfe cole Naturali, ne-
gandoinfieme per provajchel’olTa di quelli Animali habbianoquella mirabile ^'*^*^*^7*
virtù, che da molti fi predica, di rifiagnare immediatamente ogni più rovinofo
fluirò di fangue, e di rintuzzare i libidinofi voleri . Così de’ Tritoni ne tratta fra
gli altri Damiano Goes, il quale deferivendo la Città di Lisbona, favella di quel*
li, che fi veder© in quelle parti; ScilBarleo nell’Iftoriade’fattidi Maurizio jiel
Braille difeorre de’ Tritoni , c* habitano l’ Oceano Atlantico , predo il Golfo det¬
to di Tutti i Santi, e la Provincia di Porto Securo, De’ quali par che s’intenda
il Val vafoni , dove canta .
•MM gli e ver-, che /à, dove Jt fente
Stridere il Mar, quando vi cade il Sole,
Di Ninfe , e di T riton viva una gente ,
che ajfomigliarfì a 1' Huom d' affetto fuole .
3 Non altrimente poi che venga efprelfo tra que’ Moliti Marini, fervi la Buc¬
cina di Oricalco fonoro a’ Popoli più belllcofi, come a gli antichi Tofcani,i .
quali, per leftimonio del vecchio interprete d’ Omero, l’ufarono gran tempo
prima che inventadero la Tromba. Coflume che pafsò pofeia a’ Romani, de’
quali'fù fcritto .
Buccina ]am prifeos cogebat ad arma .^mrites .
Etaquello propoli to Virgilio.
— ■ i.e bello dat dìrum rauca cruentum
Buccina .
E di lui non men nobil Poeta il noRro Vida , parlando del Concilio degli fpiriti
maligni . dedit ingens Buccina fgnum ,
fubito intonuit cacis domus alta cavernis.
Il che fù poi nobilmente imitato in limile argomento, e da Giovanfrancefeo Bo-
nomi , Vefeo vo di Vercelli , pur Cremonefe , nella fua Borromeide .
• dat dirum Buccina fgnum,
fubito, longe que omnes tremuere caverna
Telluris, totum, ^ concufum efi aquor ab imo,
Infolitifque acer fonuit clangoribus ather .
£ da Paolo Mufeonio pur nollro nella fua Mariade.
Concilium vocat horrendum cava Buccina, fgno
Pece dato Stygia procul intonuere caverna,
I
De\la Cae.
eia Cani, s»
i8.
t/£neid.iù
L, I. ChrL
fliad.v.ii^.
Z. I. Boy-
Tom, «'.414.
L, 2. Ma-
rtad>v.ii2.
4 Pafsò
L.mdv. M.
Luther.’ v.
aSb’. Mj 4p.
me ,
Lyric, 1. 1.
Od XI.
In Ertivi»
Ltonit , £p,
nd ampli fi.
Sen. Bonen.
p 5. Simile,
& p. 14I.
Bafsian.
&4tt, nell»
Mar. St,
€. 2. n*
58 y s E 0 C 0 S P l A N 0
4 Pafsò per tanto il nome di Buccina a fignificare la Tromba, ccmeinque-’
veilì di Michel Guvio dalla Mirandola, Canonico Regolar di S. Salvatore, c
gentil Poeta Latino, che fiorì del Secolo padato, clalciòun Poema diftintoin
IV, Libri d’ Efametri in deteftazione di Luterò,! quali fi trovano MI, apprelTo di
me, che potici ibi fi pubi icargli un giorno.
Non focus, atefue folent, ubi fìgnum Buccina mifìt ,
Duci or es in bella rapi ; furit undique miles . ,
Se ne valfe in tal lignificato anco il (oavilhiuo Ghibbclioin quc’Lirici .
Ingens canora Buccina Gloria
Vrbefqtie , Terrafque, df procul Infulas
(.Arrexit omnes .
come pure l’ eruditiiTima Penna di Pietro Ercole Belloi , che del Leon Bargelino
in quella Spoglia , ch'egli fregiò di tante Stelle, quante llille d’ inchioftro vi
Iparlcjfcride ut fuis rugitibus Buccinai» Fama, quàm mea raucedo non poterat, infla-
ret . Ma tornando alle Buccine di Marc , di qucltc le ne trovano di varia gran¬
dezza nel Muleo , e tra le altre
5 BVCCINA d'inlìgnegrandezza, come lunga più di due palmi, clarga
a proporzione, fafeiata , e ftriata,cioè trafvcrlalraentc Icorla di rilevate flrifcie
cquidiftanti , larghe un deto , che fembrano falciarla : delle quali nelle eftremiià
laterali fi profondano altretanti lolchi , che nella fuperfizie interiore fi palelano
in tante righe eminenti . Fa fette giri ,ò circonvoluzioni. Di dentro è bianca,
c carnea, Di fuori è alrernata di macchie bianche, e caftagne , lemilunari, che
fanno una vaghifTima vifta . Quantunque però quella Buccina fia delle più gran¬
di, e men communi, non perciò è d’eftrema grandezza nella fuafpezie, oikr-
vandofene alcune adai maggiori nella Maefiofa Fontana dei Palazzo di Città,
del Sig. MarchcfeCofpi, della quale ben può dirfi con l’Omerodi Maria Stuar¬
de, che è tutta
• — — </’ alghe, e di Conchiglie
D ’ oHreghe , e di coralli circondata ,
B di mi II' altre acquoje mera’vtglie .
6 Due BVCCINE pocominori dcllaludetta,aggiuftatenellafommitàcon
orificii di metallo per fonarli: come quelle, che animate dal fiato rendono uno
ftrepitofo rimbombo . Sono per di fuori diftinte con varii dorfetti ordinatamen¬
te difpofti , e fparfe di vai ie macchie rodeggianti , & ofcurc ; e di dentro bian*
che, e lifeie, e quafi argentine , co’ labbri interiormente aeoati, e tuberofì.
7 BVCCINA poco minore delle predette, ma per di fuori punteggiata di
nero ,e per di dentro /parla d’ alcune macchie rodeggianti .
8 BVCCINA eguale nella grandezza alla fuperiore, ma perdi fuori tutta
cofperfa di picciolilfime verruche, co’ labbri tutti crenati, e nella fuperfizie in¬
tcriore rolfeggiante , e quafi del colore delle Granate.
9 BVCCINA dalla Natura leggiadramente dipinta a onde rodeggianti , che
largamente la feorrono tutta dalla lommita fino al cono, & appari/cono più ne
gl’ uiterfiizii de’bianchi tuberi , che altrove ; e nel didentro è candidilfima.
10 BVCCINA ondeggiata di limili macchie rode , ma tutta flriata ,con pie.
ciolidimi tuberi, e così leggiadramente lavorata dalla Natura, che pare la_.
irafcorrano attorno tré cordoni così rilevati ove fembrano di più ftringerla , che
rocchio s’inganna in credergli fattura dell’Arte. ’Neli’jnterno è parte bianca,
parte di color di carne.
11 Olile le ludetre Buccine , tuttegrandi, benché chi più, e chi meno , fe ne
trovano in qucfto Mufeo ancora vane /orti dì picciole, tutte nella loro fpczie
LIBRO SECONDO, CAP, XllL S9
perfette: delle quali forfè s’intefe Plinio, quando chiamò k Buccina minor z.p.f. 3^.
della Porpora, come ne’ Tefti volgati fi legge. E di quefte fono le
12 BVCCINE PICCOLE, ma di gran ventre, Urtate, e crefpe, di varii co¬
lori: campeggiando loro fui dorfo, che tutto è afpro, c tuberolo, in iftrifcie
trafverfali il candido del latte , il vinofo deli’ ametifio , il giallo della cera vergi¬
ne ,e’l fulvo delle giube del Leone. Hanno l’ apertura della bocca quali roton¬
da, merlata, e crefpa, come la Lattuga hortenfe, di maniera che quanti Icnifà
da un lato, dall* altro mollra tanti tuberi corrifpondenti : e nella fommità fi pie¬
ga in fuori , e forma un canale affai largo , de obliquo , e verfo la fchiena incurva¬
to, per cni l’animale mette fuori la probofeide. Di dentro fono candide, e fot¬
te il labbro fuperiore, per quanto dura la prima fpira, lifeie. Nel labbro infe¬
riore apparilcono i tuberi , e la varietà de’colori della fpira fottopofta . Finifeo-
no in un cono acuto , bianco , in alcune alabaffrino , in altre cinericcio, ma che in
tutte fembra con grande artifizio intagliato , benché fia mero lavorio della Natu¬
ra . Non corrifpondono ad alcuna delle figurate , e deferitte dal Gefnero , dal
Rondelezio , e dall’ Aldrovandi . Onde appajono diverfe .
BVCCINE minori delle precedenti, ftriate, ò fcanalatepe’l lungo, ma
con qualche obliquità, e feorfe per traverfo di frequenti linee parallele roffe, e
gialle in campo bianco, le quali fi vedono folamente ne gl’ interftizii eminenti
delle ftrie , ò canali larghi , e profondi, e fimili nel colore all’acqua di Mare con
vaghi ondeggiamenti ; di maniera , che quefte Conche nell’ efterno imitano leg-
giadramente alcuni di que’ drappi vergati, che da non molti anni in quà fono
paffati in ufo quali commune di farne vefii , e maffime da campagna , di bella ve¬
duta. Hanno l’apertura della bocca fchietta, ma molto lunga, & ampia, effen-
do la prima loro fpira affai larga , ma poco ventricola , con un piccini tubero nel
fondo di ciafeun interftizio delle ftrie: le altre circon voluzioni fono anguftifli-
me, di modo che coftituifeono il cono molto baffo, ma però acuto, ccnlafom-
piità del colore, e diafaneità deU’ametifto. Didentro fono lifeie, e bianche,
con qualche trafparenza de gli efterni colori . Portano qualche fimiglianza della
feconda Buccina ftriata del Gefnero ; in ciò però da quella fi feorgono differenti,
c’hàno la prima fpira'affai più alta, e fono di cono più baffo, & infiemepiù acuto .
14 BVCCINE PICCOLE, TVBEROSE, MARMOREE: che così mi
perfuadopoterfi chiamare, per effere di conca del colore del marmo bianco , c
nonmendura,efimilmenre più groffa delle prepedenti, benché affai minore di
mole , come quella , che non eccede la groffezza d’Una Chiocciola delle medio¬
cri j alle più turbinate delle quali è affai fimile nella configurazione . Hanno la
prima fpira larga la metà della loro lunghezza , con un’ ordine di tuberi rotondi
nel principio, e che pokia s’allungano, e prendono fimiglianza de’ pinocchi
mondi, de’ quali combinat i fembrano compofte tutte le altre circonvoluzioni di
quefte Buccinette , che finifeono in un cono acutiflìmo. La loro bocca è roton¬
da, col labbro fupetiore nella circonferenza iifeio, e fchiecto,e nella fommità
largamente incifo per l’ufcita della probofeide dell’ Animale: e l' inferiore pur
lifeio, e molto fpianato in fuori, fenza eccedere il piano dell’ altro labbro . Di
modo che quefte Conche potrebbono fervire a dare il luftro , come le Veneree ,
fe forfi per tal’ ufo non difdiceffe loro la picciolezza . Di dentro fono tutte cre¬
nate, con iftrifcìe bianche, è violacee. Di fuori talvolta fono cinericcie,con
qualche macchia di color di piombò ,
15 BVCCINE PICCOLE, ma però maggiori delle due forti precedenti, &
a differenza di tutte le fopradeferitte, e da gli Autori, che hò potuto vedere,
mentovate , di fuperfizie tutta lifcia , & OMBILIC ATE . Così parmi di poterle
I 2 chia-
Ctruf. Itb.
C. ij.y?. 41.
Pergamen.
p. 14^. del
Stipfilem,
Dant. Ptt
rad. 18
Geruf.C.iU
81.
Caduta de'
Leni.C.f.76
•-£».7.
Pere, Cyna-
fithee. t, 1.
V. 303.
100 M V S E 0
chiamare, perche, oltre 1’ effere tiel di fuori tutte polite, c lucide, vicino all’
apertura della bocca hanno unacavità lìmighevole ai bellicolo humano, ma così
profonda,chc và dritto a terminare nella lommità del cono, il quale è alto ,non
però molto acuto:nel di cui centro citeriormente fìnifee un iolco affai profondo,
chelcrvendo d’intcrftizio tra un’attorcigliamento, eTaltro, fà cinque giri,
principiandogli nella parte inferiore dell’ apertura della bocca , la quale hà del¬
l’ovato ;> e nella lommità hà l’ incilura per la trafraiffione della probofeide del-
l’ariimale ,che fà diftinguerc quelle Conche dalle Chiocchiole, con le quali
tengono per certo non poco di lìmiglianza . Neldi fuori fono variegate di belle
macchie jco nate in campo latteo , le quali leggiadramente rapprefentano 1’ ima¬
gine d’ un’ Arcipelago con le fue Ifolt* , delle quali , come delle Fortunate , po¬
trebbe dirff con la fatai Donzella del Taffo , per indicarne la fit nazione , che
Tutte con or din lungo eran dirette,
E che largo e fra lor e^uafi egualmente
Quello ffatio di Mar , che • f fr amette ,
Di dentro fanno pompa del color dell’Onica milto di violaceo, con qualche
trafparenza delle macchie fottopofte, efl'endo la Conca diafana. Non trovo
dclcritte,ò mentovate da alcuno quelle quattro forti di Buccine piccole , ò al¬
meno la prima , e le due ultime . Per lo che non è che peregrino , e fìngolare il
dono, che con altre belle cole di Marc fi compiacque di farne il Serenifsimo
Cofimo HJ. Granduca di Tofeana al Sig. Marchefe Cofpi , Decano de'Cavalic-
ri del fuo Ordine, edella fua Corte.
tó Vedonfi parimente nel Mufeocopiofe BVCCINETTE STRIATE, con
molti dorfetti bianchi continuati pe’l lungo, che riefeono affai vaghi all’occhio.
Adornano quelle il Coperchio , e *1 piedeflallo della già mentovata gran Chioc¬
ciola Bugola ridotta in forma di nappo.
17 Diverfe BVCCINETTE STRIATE, fimili a quelle , che figura il
Gefnero; c quelle fervono per accrefeere vaghezza ad alcune Conche Marga-
ritifere.
. De* Turbini, Cap, XIV.
I Ra’Tcllacci Turbinati fi chiamano fpeciffcamentc Turbini folo quelli,
i che portano maggior fimiglianza del Turbine Luforio de’ Fanciulli,
chedataluniapp'^llafiMofcolo Pirlo,ò PaIeò,come dal Taffo io quel verfo.
E cade in giù , come Paleo , rotando ,
Edalfìoldoni, oveferiffe
Come Paleo le membra interno volge.
Di cui maeflofamente Virgilio.
— » torto volitans fub verbere Turbo,
.^em pueri magno in gyro vacua atria circum
Intenti ludo exercent ; ille alius habena
Curvatis fertur fpatiis : Jlupet infeia turba,
Impubifque manus mirata volubile Buxum
Dant animas plaga ,
Che nobilmente fù imitato da Gregorio Porcio in quelli verfi .
Mobile ceu torto Volitat fub verbere buxum,
^jiod pueri quatiente manu circum atria vexant
lólibus alternis . lllnd revolubile faltus
Subflit in crebros , virefque refumit eundo.
D’onde
L l È à Ò ^^0 w D 0?* lP>P. XW. -foi
P*0£ide ne formò, fpkkofo Ernbléma'Pabio Macci » in prova di quel de;to di
Plauto . vis finis fiat motte , ; > f. v : .. ■ v/ :
icrivendone* Mentre che per grand' atrio al gioco intenti '
' Battano il lieve Mofcolo i FancittUìf ^
■ Sià e^li immoto nel fio motOy e fpiat»’ . i. i
■' P* ' s/erza putrii fi volve ^ e gir* >’ ’• , ;
Betta 'in ifpatii 'ftejfiuofi, e torti , • ■ • : >? . •)
Tal fortuna crudel jfpeffo raggira "
Dentro a rapidi turbini di mali
Di magnanimo petto Alma cefi ante i .
. . Ma ella immota nel fio moto prende : \
Vigor da i colpii' e -ne* travagli afflitta . -
■Forte pi» forge, e ne I' offe fe invitta. ,
2 Di quelli Tellacei altri fono groiS col cono baffo, ma ampio , che ferve di
bafe alla piramide, ò meta, che formano, terminando in puntaacuta-j con la
bocca da un lato , lunga , & angufta . Altri fono lottili , ma di figura in tutto con-^
trariaa’ludetti, riulcendo luoghi , conlabocca nella lommità, limile a quella
delle Chiocciole: epofcia con gran numero d’artorcigliarnenti finifoono muti
jcono molto piu proliffo, & acuto, che tutti gli altri Teftacei ; Altri rielconò di
figura tra quefteduemezana, portando il cono bado sì, ma acuto, & havendo
nel fello forma di cilindro, con bocca difcendente, ma larga . In altri le prime
due figure compoltc fi trovano, lembrando formati di due piramidi con. le bali
oppolte. Dei primo genere, che dall' Aldrovandi li chiama col nome Greco la¬
tinizzato ,trovanfi nel Mufeo le fptzie , che feguono .
3 Due TVRBINI GRANDI LETTERATI , che così chiamo, perche ha¬
vendo poco men che perfetta figura di piramide (cui non altera la bocca lunga ,
come nelle propriamente chiamate Conchiglie , per effer più llretta ) nella lu-
perficie,che è lifeia, fono leggiadramente dipinti dalla Natura di varie mac¬
chiette difpofte in più linee eguali, che gli circondano, e lembrano tante righedi
caratteri majufcoli Latini , Greci , & Ebraici jieggendovifi chiaramente in molti
luoghi F. 2(7. iy.c.T". con molte lettere Ebraiche mirabilmente notate de’
loro punti , & accenti . Sono di mole quanto una mano focchiufa . V n limile nc
figurai’ Aldrovandi nel fine del cap. 1 8. del terzo libro de* Teftacei , cbiaman-
àoXoTur bine macchiato del Igilo', ma le macchie ivi efpreffe non hanno alcuna fi-
miliiudinedi carattere .
4 Alcuni TVRBINI PICCIOLI LETTERATI , della medefima figura
de’ primi , con la luperficie bianca , e IHcia , le non quanto li {corrono trafverlal-
mence alcune lince parallele dello fteffo colore. Hanno tré fa le ie di macchie
nere inclinanti al tanè , tutte d’ un’ altezza , per lo più quadrate, e limili a’ carat¬
teri Ebraici affai grandi , che rralparilcono nell’ interno della Conca , la quale hà
un circolo di tuberi bianchi nei fondo della piramide, tramezzati d’altrettante
macchie nere, che occupano tutto il depreffo deToro incerftizii . Perla propria
picciolezza, e vaghezza potrebbono quelli Turbinetti lervire di pendenti alle
orecchie di chi le ne diletta , effendo tutti df una medefima grandezza , che gii fà
conofccredi Ipezie determinata, e di (Unta da’ Turbini macchiati del Nilo lopra?
mento.vatiitanto più che quelli hanno venti llrifcie di macchie, e quelli tre foie ,
5 TVRBINE TVBEROSO, digroffezzacheriempielamano, difoftanza,
c colore de’ Murici Marmorei deleritti, ma feorfo per il lungo di varie linee, c
(parlo per traverfo di frequenti dorferti regolatamente difpofti in una fola riga ,
.che principiado nel conojdopo ha ver fatto lei giri attorno al corpo dei Turbine,
1 3 finifee
Fla, 4 fin»
Mmbh
i«» M Y ^ ^ 0 C PIANO
finifcc verfo il labbro (upcriore» Di dentro è tutto lUcio, candido, c lucente, e
nella parte, con cui lì piega in fefteflo, vi fivedono le proininenzc de* tuberi
fottoporti p ' ’
6 TVRBINE TVBEROSO, ORECCHIVTQ, maggiore del precedente,
effendo più grolTod' un grand’ Ovod’ Oca, e lìmilmcnte di figura quafi ovata,
col dorlo eminente di color caftagno,fcorfopc’l tra verfo da quattro ordini di
tuberi rotondi equidifianti ; e ’l ven tre bianco , e , come nelle Conche Veneree,
piano, e tutto lifcio,c perciò habile a dare il luRro, con l’apertura, ò bocca
lunga , anguRa , e d iri tta , ^ i labbri grolH , ma lottilmente dentati , uno , con cui
fi raccoglie in le ftelTo il Turbine a guifa delle mentovate Conche Veneree;
Taltro rpianato in fuori , quali formando un’ orecchio , peccui d‘ Orecchiuta por¬
ta Tepiteto., Hà il cono ampio ed ottulo, e di dentrdè Bianco , e violaceo.
Tiene molta fimiglianza col fecondo Turbine tubero!© orecchiuto deli’ Al-
drovandi , •
7 Del fecondo genere vi olTcrvodivcrfi TVRBINI LVNGHI, diritti, acuti,
c ftriati a guifa del vero Corno d’ Vnicorno , fcorrcndo per i loro numerofi , c
gonfi! V ol umi, da l’ un capo a l’ altro molti folchi eguali in alcuni , in altri quan¬
do maggiori, e quando minori, che li fanno fembrare diligentemente lavorati
a vite 5 anzi ne fuperano ogni artifizio , eiTendo le loro volute incolpabili ; là do»
ve r Arte non le difegna che falle , fondata (opra una regola , che lempre ingan¬
na , infegnando comporle d’ alcuna parte di circolo , mentre circolo elle non fo¬
no, quantunque circolari, Quanto procedono in lungo, tanto s’ alfottigliano,
e fino in punta digradano con ragione, conducendo fempre sì perfettamente in
ifpira le [oro linee, chein nulla fmifurando, potrebbono fervir di lezzione ad
un’ Archimede , tutto che fude l’ Oracolo di tal profelfione , Sono altri candidi ,
altri bianchi , altri cinerei , di gufeia lottile , & aliai fragile» come ne’ Tubuli Ma*,
rini; enellalommità,cheèampia, hanno l’ apertura della bocca rotonda,efi-
mi|e a quella delle Chiocciole, In alcuni vili vedono dentro iloro habitatori
Granchietti. Non eccedono la lunghezza d’ un dito, e tengono qualche fimi*
glianza col nono Turbine tuberolo dell’ Aldrovandi, figurato à pag, 354, dal
quale però in ciò variano , che lono più lunghi , & hanno gl’ interfiizii de’ volu¬
mi molto più profondi , che quella figura non moflra , Onde più tolto gli giudi¬
co della prima Ipcziede’Turbini lunghi del Vormio, che ne Ieri ve. Sfeciesunn
Yundidn efi i&’. UvÌ4 , exiguis Hriis volumivu pratuberuntin perreptantibus , pra-'
dita J in apicem ufcjue : magnitudine Ungiamo refpondet digttQ , e\ufdem tenuitatis .
8 TVRBINI TVBEROSI, lunghi un’ oncia, ò poco più , ventricoli, iSc
acuti, co’ volumi fparfi dimoiti ordini di punti, quali maggiori, quali minori.
Hanno la gufeia lottile , diafana , bianca , ma inclinante al cinericcio , con alcu¬
ne macchie piombacee , & ametifiine, che tralparilcono nell’ interno , ove if
margino della bocca è candido, e quali rotondo, con due profondi, ma brevi
canali oppoRi , come nelle Buccine , Potrebbono ridurli alla Ipczie del decimo
TurbincTuberolodell’ Aldrovandi, figurato come lopra, le nonfuRero mag¬
giori , e di ventre più ampio , di bocca più rotonda , e di canale della probolcide
più cavo, e non acuminato, S’accoRano più al quarto delcritto dal Vormio,
di cui però Inno minori .
9 TVRBINI LISCI, candidi, co’ volumi affai larghi, fparfi di molti or¬
dini di belle macchie del colore del zaffarano, per lo più quadre, ma in alcune
file maggiori , in altre minori , Non eccedono tre oncie in lunghezza , & una in
ampiezza del ventre rotondeggiante; e facendo molte volute piane, campate
r una fuori dell* altra non altrimcntc, ©he le fi attorcigliallero intorno a un fulo ,
vanno
L l 9 K 0 S E C 0 N.l> 0, €À?. XlV, loj
vanno n finir in acupo , & cfpriinpoQ la figura di quel Monte dell’ Ilolc Forrunàte
dai Talfo deferittp.
/’ xcute f ir amidi ffmbianu
Sottile inver U eima., in tuezo. grojfo .
La qual figura QlTervafi ancora in certe Vrne Sepolcrali, che fi CQnfervaoQ nel
Muieo^lc quali però all’oppofio dclld Piramidi, q mete rotonde , piantavanfi
col cono in terra, riufccndo in tal modo della configuraaionedelcritca dal Boi-
doni, —■■»« ■—NI- —■■■ che angujla in pria
Poi r’ allarga, e t' accrefie a poco a poco,.
La gufeia in alcuni è fottile , c firagililfima , in altre più grolla , e refifienre, di deo'’
trobianca, etrafparente, conTapertura della bocca lunga, non molto larga,
d’orifizio dentato nel labbro fuperiore, neir inferiore firiato, e nella lommità
incifo, formandovi lenza prominenza il canale desinato al ricevimento del cibo.
ip TVHBINI FASCIATI, LISCI, della lunghezza de' precedenti , ma
che lenza gonfiezza di ventre a poco a poco affottigliandofi formano, una perfet¬
ta meta, o piramide rotonda col conoacutilfimot Si chiamano falciati perche
tutte le loro circonvoluzioni , che fon piane, vengono Icorfc da una linea cava
parallela al margine della (pira , Onde gli (pazii, che vi fono, l’uno di lopra,mag«
giore, l’altro di lotto, minore , emulano una falcia, che li cinga a due ordini.
La loro gulcia è molto lottile, e candida, ma Iparla di macchie ondeggianti di
color di carne , cosi grandi , e Ipefie, che poco lalciano comparire la candidezza
del campo Ictcopofio , e tralpaiono nell 'interno , Hanno f apertura delia bocci!;
poco diifirailc a quella delle Chiocciole ,
Il TVRBINÌ della medefima figura, e lunghezza, c pur lifci, tna bianchi,
con tré ordini di macchie nere quadre, fimili alle note di canto fermo , i quali
tutti apparifconololamente nella prima Ipira, vedendofene due Ioli in tutte le
altre , per efierc il primo lemprc coperto dal precedente volume . ^flendo la gu-
feia lottile , e diafana trafpajono le macchie anco di dentro «
la Del terzo genere, che contiene i TVRBINI CILINDRICI ( che così
chiamo, perche effendo di cono bafio, ma però acuto, hanno nel rimanente fi¬
gura colonnare, rapprefentata dalla lemplice piegatura della pritiiu Ipira, che
per elTere larghilfima cuopre tutti gli altri volumi ) ci fono
ij Due TVRBINI MVSICALI, diverfi da quelli, chedclcrifieil Vormlo,
e fi mentovano tra le Chiocciole da gli Eruditilfimi Defcrittpri della famola Ca¬
lerla Sctraliana , Paolo Maria Terzaghi , c Pier Francefeo Scarabelli , c vengono
figurati da chi fcriiTc lo feoprimento delle IfoIeAntille, Pofciache le inquefti
non fi diftinguono egualmente che in quelli le zone compofte delle cinque lince
parallele: vi fi veggono almeno chiare le note Muficaii con le loro afccfe,e
difeefe di color azzurro gialliccio, affai minute, manon lenza regola, efpreffc
in tante falcie feorrenti pe ’i lungo della Conca, la q^uale c bianca , inclinahce ai
giallo , e terfiffimo , lunga un dito , e poco più grolla , e molto dura , e di dentro
candida , di fofianza fimile alle Conche Veneree ,e , come quelle , habile a dare
illilcio, L' apertura della bocca è lunga quanto il orbine, non poco larga,
con un labbro Ichietto, Se alto in modo, che fà lembrar quelli, Turbini oreechiu-
ti ; l’altro labbro è alquanto firiaro, di color d’avorio nella fommjcà, ove fi ve¬
de l’ incilura per l’ ulcita della probolcide dell’ animale , quando vive non difiiT
mile a quella delle mentovare Conche Veneree, lenza prominenza,
14 Qu^attro TVRBINI della medefima Ipezie, e fattezze, altjuanto minori
de’ precedenti , con le note più confale , in alcuni più gialle , in altri più azzurre.
Due di quelli ncli’interao fono violacei, con l’orlo però del labbro lupcriore
candido. I5 Due
Cam. ifi
^•34.
eaf. Il,
ttcuàel, t, 2,
c. 17.
Aldr. l, 5.
C.19.
Hicreat- del
Savia t. I.
c, I r.
.104 Ai F S E 0 C O S P I A N 0 \ ^
>5 Due TVRBINI della medeffma figura, ma che non gwiagono^àlla lum-
ghczza d’ un’oncia , & hanno la fupeifizie cinerea , e giallicccia, tort-nikiutiffime
macchie nere per il lungo, difpoftc in fijc quando di punti, quando di lettere:
tra le quali chiare fi feorgono alcune M. & N. didentro /ono bigi .
' itf Del quarto,& ultimo genere meritano d’ effere particolaimcnteollervaà
alcuni TVRBINETTI OLIVARI, co*sì chiamati da Ila figura, egroffczzalo-
ro di (uperfizie tuberofa , ma però lifeia , feorfi per lo tra vetfo alternatamente di
una zona gialla , e di una nera , con la bocca fimile a quella delle Buccine . Sono
di quelli , che trovanfi nelle fpugne . Non però li trovo mentovati da alcuno
(benché di quefto genere ne deferiva, e figuri in gran copia l’ Aldrovandi ) co*
me nè meno la maggior parte de’ già deferirti per mcmorabiii,sì per la novità lo¬
ro , come perche ( trattine i due primi , e ’l terzo ) furono gentiliflimo dono del
Sereniffimo Granduca di Tofeana Cofimo 111. c’ ha vcndogli havuti d’Olanda, ne
regalò il Sig. Marchefe Bali Cofpi fuo Agente in Bologna, e nella Lombardia,
e Gentiihuomo della fiia Camera 1
ly Oltre quelli però trovanfi nel Mufeo ancora diverfi TVRBINETTI
TVBEROSI di varie figure, limili a quelli, che vengono propelli in difegno
dal Rondelezio, e dall' Aldrovandi , a* quali fi rimette il Lettore . Alcuni di
loro fervono ad accrefeere vaghezza a certe Madriperle di non ordinaria^
grandezza.
18 Varii TVRBINETTI MVRICATI così chiamati per haver de’ Tuberi
eminenti , come ne’ Murici. Ne figura alcuni 1’ Aldrovandi.
19 Parecchi TVRBINETTI di quelli , che fi trovano nelle fpugne, figurati
in gran copia dall’ Aldrovandi . De’quali non è da tacerfi trovarfenc de' così
piccoli ,che l’occhio pena in dillingucrnc le parti ,riulcendo poco maggiori di
qnclle Chiocciolette .quali invifibiii lenza l’ajuto del Microcolpio, che intiere,
cformatifsimc chiudonlì in un granellodi rena cafualmenteincaffatevi, quando
non vi nafeano dentro , come in miniera . Ne olfervp alcune il dotrilsimo Padre
Battoli .che rapito da laggìa meraviglia ne letamò . Che occhio di fcrfpicace've^
duta , che acuti fir umenti , che mani ingegnofe , che materia ubbidiente , che fottili ,
dilicate madri y e che per itiad" arte bifognarono a c ondar sì minuto , e nondimeno
per/ettijfimo , un lavoro niente maggior d'un punto t corri cuna Chiocciola pojfibilea
chiuderjì tutta in un grano di rena ?
Belle Conchiglie. Gap. Xy.
I \ Ncorche quello nome di Conchiglia fovente lignifichi ogni forte di
X \ Conche, e talvolta quella della Perla; qui nulladimcno coll’ Aldro¬
vandi nollro, e col Rondelezio per Conchiglia s’intende folo quella fpeziedi
Teltaceo T urbi nato grande , eh’ elsi chiamano Conchylium , fenza alcuni aculei»
ò tuberi, e molto più largo verfo il cono, che nella parte oppofta, fembrando
una Piramide, con l’apertura, per cuife le vede bearne, non rotonda, comp
Jielle Porpore, e Buccine, ma lunga, come pur femprc lungo è il dileicoper-
chio . Di quello genere concorlero ad accrefeere le curiofità del Mufeo Cof-
piano la
2 CONCHIGLIA MAGGIORE, FASCIATA, con quattro Zone gen¬
tilmente rilevate in cgualdillanza, c grandezza, fparla di macchie bianche, c
Iconatc , che tendono al rollo . Onde ben potrebbe chiamaili dipinta come quel¬
le, delle qualicantò Pietro Adriano Vanden Brocef e Fiamingo , gdntilifsimo
PoetaLatino.e Proicflotcd’Eloquenza in Pila.
L l ^ a ^ 1^ C 0 U D 0, CAP. XV. 105
^uà. fi^a in CAlatliis cajhe Conchylia Nympha
Sape legunt i ripa dos ea multa fua ejl ,
Di dentro è bianca, e gialliccia.
3 Diverfe CONCHIGLIE MINORI , bianche , le quali accrefcono va¬
ghezza , e pregio ad alcune Madriperle .
De* Nautili. Cap. XVI.
t 1) En' ha ragione d’ effere ammirato queRo Teftaceo non tanto per la Ina
JD Conca in figura di bene intefa Nave, quanto per TinduRria lingolare,
:on cui naviga più toflo , che nuota . Onde meritamente li diede il nome la Nau¬
sea, fe più toRoqueRa da lui non lo prefe, fembrandone egli ilMaeRro. Po-
eiacheficome con la gufeia rapprefenta una rotonda Nave con la Poppa emi¬
nente in fe ripiegata, e la Prora roRrata: così naviga in alto Mare fpiegando
:rà le prime due braccia una membrana di maravigliofa fottigliezza, ma altret-
:anto forte, che gli ferve di vela, mentre coni’ altre braccia, con cui fi ravvila
l’ Polpi, fà r uffìzio de' remi, e con la coda in vece di timone fi regge. Così di
feRelTo, e Nave, e Nocchiero, NVLIVS , come lo rapprefenta Mon-
ìgnor Arefio, barcheggia fpedito,: non altrimcntc che fe fuffe in un leggiero
)attello ,' e per dirla col Melico BattiRa nel fcRo de’fuoi Epicedii Eroici , ben-
;he in altro propofito .
Egli fot Nave, & egli fol Nocchiero
I perigli del Mar fcanfa piu volte .
£ fe gli s’apprefenta cagione di tema, riempiendoli in un tratto d’acqua, s’im^
nerge: e moRrach’egualmentesà portarli PER SVPREMA , per IM a, comt
nferi chi lo dipinfe per idea d’ intelletto univerfafe : c volendo pofeia ritornare
l galla, permanifeRarfi TEMPESTATIS EXPERS, come in altra imprela gli
ù fopraferitto , riverfala Conca, vuotandola dal pelo dell’onda con induRria
:hc non invidia a quella, con cui l’arte fcarica le fentine. Che però Plinio tra
eprincipali maraviglie della Natural’annoverò, con tanto maggior ragione,
juantoche ladi lui Concali ferve non folo di provedutiffìmaNave ,mainfieme
li luperbiffimoPalazzo diRinto in tanti ,e tanti gemmati Appartamenti «quante
ono le concamerazioni , in cui fi di vide , come notò Giulio Strozzi nobilillìmo
wigno dell’ Arno, cantandone nel Barbarigo, ò fial’ Amico folle vato. Poema
Eroico .
II Polpo Mofe ar din , fatto Nocchiero,
Per tdinto gentil de la Natura,
Veleggiando per /’ humido fentiero
La vasiiffma fua Nave fìcura ,
Gode eglt folo un gran Palagio altero
Di gemmata , e mirabile Jlruttura ,
Ed ha , quafi a nojlr ’ ónta , ove dimori
E fale, e Stanze, e ritirate, e fori,
ria il roRro limile a quello de’ Pappagalli . Ne deferiffe di più forti il Filofofo ;
ilcune delle quali tra’ moderni paffano per Chiocchiole. Nel Mufeofi con-
[ervano
2 CONCA del Primo NAVTILO , d’AriRotele, fottilifsima come la
iurta , e non men bianca del latte , ma terfa , e fragililfima . Sembra Nave com-
JoRa di tré frammenti , cioè delle due fponde laterali , e della carina Rretta;
jcnche però fiad’ un fol pezzo. Tutta èfcanalata pe’l lungo, c qucRe flrifeit
cave
L.x Eltg.i,
Picintl. M.
Simb. l, 6.
c.26.
L.9. e.if.
Catte- j. }o.
L. 5.
r.8.
Geruf.C.i^
48.
/(<. ibiA.
L,ì.deTt^.
C.4.
L. j. Ben,
V. 556.
!/a. 54pf.
jlmAlth.
Elcg. 3.
fotf QOSPl Ano
cave terminando in acuto neH’cftrcmicà delia carina, le fanno parer dentate.
Ne portano belliilìme figure il Rondelezio, cT Aldrovandi ne’ loro Volumi de’
Tefl:acei,&i! Ceruti nc! Mufeo del Calzolari .
3 NAVTILO dcJlafecondafpcziejfccondo Ariftotelc,chetaluni chiama- ,
noGajanda. E' di grandezza non minore del primo, ma di Conca ampia , rutta j
iifeia ,c nella carina più rotonda, che nel precedente, con la Poppa più eminen* \
tc. Variegato di fuori di belle macchie purpuree, e Bianclie.fà nell’ interno lu- (
cidiffima pompa del bclliffimo color delle Perle , che acquifta anco nel di fuori , .
fe con Taceto fc ne leva la prima fottiliflima corteccia . Onde molti lo chiamano l
Conca Margaritifera , non perche vi fi generino dentro Perl&, per quanto hò po¬
tuto OiTcrvare, ma perche non cede loro nella vaghezza del colore, fembrando
appunto d’argento, e di perle impalato. Quindi con ragione lefù dato da!
Vormio il nome di Conca emula delle Margarite , e tra’ Turbinati numcròfli in pri¬
mo luogo. Nè men notabile fi e la di lui fabrica interiore, come compartita in
ben numerofe Camere in volta, tutte della medefima architettura, ma di gran¬
dezza divcrfa,elIendo le prime maggiori, e le altre lulTeguentemcnte minori;
onde non akrimcnte che del fotterraneo di quel Mago riferito dal Fallo potreb¬
be di taì Tcllaceo cantarli .
J^esìo è i/r forma di fpeco^ e tu fe contiene
Cameret e Sale.
come dell’ argentino di tutto il gufcio,che fecondo il vario rifleffo cangia colore,
& emula il brillare delle più fine gioje ; quadrarebbe il foggiungere .
£ ciò che nudre entro le ricche vene
Di piu chiaro la terra, e preziofo
Splende ivi tutto , ti n’ è in guifa ornato ,
che ogni ftto fregio è non fatto , ma nato .
E tutte quelle fpicndide manfioni fono Icparatc con pareti crafverfali , che non fi
ponnotucte difccrnere, fenonfegataper lungo la Conca, come beniffimo rap-
prefenra la figura , che ne porta T Aldro vandi , in cui fi numerano fino a quaran¬
ta interftizii.per gli quali fù da alcuni Greci chiamata cioè com¬
partita in molte flanze, che dal Bergano chiamarebbonfi
— — — pendula fornice multo
^ntra,
FÙ porrata dalla China, ove molti fi fervono di quefti vaghiffimi Teftacei per
nappi da bere. Nella noftra Europa fc ne fanno belliflìmi lavori, che ne’ più
nobili Scrigni s’ incaftrano per ornamento gentililfimo .
4 Nautilo della medefima fpczie, di grandezza eguale al precedente, ma
fpogliato della prima corteccia cfteriorc . Onde tanto eftrinfecamcnte , quanto
interiormente gareggia nelTamenitàdcl colore con le più fine Perle dell’ Orien¬
te; siche diluì potrebbe cantar TAmalteo, che fia fatto
Expleat ut miferam lucida Gemma ftim]
5 NAVTILO parimente della feconda fpezie, lungo, &alto un palmo, e
largo più della metà, fenza la prima corteccia, portato dalla China, ovetù lai
vorato nella fupcrfizieefteriore di varie figure humane a piedi, & a cavallo, c
di varii fiorami di rilievo . L' abbcllifce di vantaggio artifiziofo fornimento di
bronzo dorato, perche, fervendo di nappo alle menfe, l’arte non fi moftraffe
oziofa ,ovc tanto di vago hà contribuito la Natura .
6 NAVTILO della fpezie fudetta, ma di grandezza maggiore de’ fopra-
deferitti , parimente lavorato da mano Indiana non imperita con varie figure di
fiori , fogliami ,c volatili intagliati vi» non ifcolpiti, come nel precedente . Con
che
L l rs R 0 SECONDO» CAP, XFÌ. 107
che molto corrifponde alla terza figura, che n'e porta l*AldtOvandi nel luogo
già citato. Di fimigliantilfimo dileguo fono gli Emblemi , che veggonfi in un
7 N A VTILO maggiore de’ fopradeferitei , il cjuale co’ fuficguenti della me-
delimafpezie, tra moke cofefingolari definiate aquefto Mufeo dallo Inftituto-
re> di prefente conlervafi nella ricchillìma Galeria del fuo Palazzo , degna vera¬
mente d'effere Teatro alle pupille d’ ogni gran Principe , come di molti n’ è fta-
ta. Hàl’ orifizio gentilmente lavorato a merli. Le Piante,! Fiori, egli Vccelli
dalla induftriofa mano di peritiamo Artefice Chinefe nella di lui fuperfizie foc-
tilmcnte effigiati furono con ragione chiamati Emblemi] pofciache non fono,
come nel precedente, intagliati , ma (colpiti nella prima feorza; la quale elTen-
do bianca , perche netta da gli ondeggiamenti delle macchie caftagne , emula per
appunto l’argehto di frefeo intagliato: e ciò, che in effa fù (culto, tanto ‘più ap¬
paga r occhio , quanto meglio lo fà (piccare il tcr(o della fottopofta corteccia di
-color di perla , che (ervendogli di campo , tra gl’intagli fà trafparire vaghiflìmo
il (uo lucido . Lo (ofiiene nobile piedefiallo d* argento , e io attraveifano conia
coda due Delfini fimilraente d’argento. Ne fece regalo al Sig. Marcfie(e il Se-
tcniffimo Principe Cardinale Leopoldo de’ Medici .
8 N A VTILO poco minore del precedente , nella cui fuperfizie efterna allet¬
ta gli (guardi una ordinata confufione di groffiArabelchi di bianco, e tanè va¬
riegati, perche (colpiti nella prima corteccia non dirozzata : per gli trafori de’
quali fà vaga pompa il color della perla nella (corza (ottopoffa . Hà ’j turbine fi¬
gurato nel centro in forma di Celata , (opra cui (piegato li vede un lavorìo d’ ar¬
gento di (ottiliffimo intaglio , che fupplilce al cimiero, e ferve di cattarrataalla
cavità oppofta del Nautilo, che ben potrebbe fervirc di nappo affai capace,
mentre per la maggior parte (gombrate fono le di lui interne pareti. Cinto di
fafeie parimente d’ argento vicn foftenuto da belliffirao piedelfallo d avorio , E
quello pure fù gentiliffimo dono del Sereniffimo Sig. Principe Leopoldo di
Tofeana , oggi Cardinale de’ Medici ,
9 NAVTILO, che (e di poco non giunge alla grandezza del (uperiore , di
molto Io fupera ne’ fregi , tutto che (pogliato dell’ efterna corteccia , nè intaglia-
tOjCome la maggior parte de’ precedenti, ma rimalo lifeio, Imperoche noru
folamentc lo nobilitano di vantaggio la (tatua d’ argento dorato d’ Ercole bam¬
bino , che (trozza i Serpenti , drizzatali nella (ommità della Poppa , & una falcia
parimente d’ argento , che tutte le (ponde gli vefte ; ma di piò hà i fianchi tempe-
Itati di gemme, fiammeggiandovi dodici groffi rubini tramezzati d'altrettanti
Smeraldi , oltre alcuni Zaffiri , Giacinti , e T urchine , le quali (e fuffero Diaroan-
ri , fofteirebbero , che di quello Nautilo fi verificaftero in ogni parte que’leggia*
dri verfi. deir Omero Tolcano .
^uivi fcintilU con ceruleo lume
Il celefte Zaffiro , & il Giacinto j
Vi fiammeggia il Carbonchio , e luce il faldè
Riamante , e lieto ride il bel Smeraldo ,
Nè manca a sì bella Conca proporzionato foftegno , effendo (labilmente collo¬
cata (opra un’alto piedetlallo d’argento dorato, più che perla materia, prcziolo
per il lavoro . Onde di sì ricca Tazza , ch’emula nella propria (oftanza le p.erle,
e ne’ fornimenti l’ oro, e vanta ne’ fuoi ingemmamenti le pietre più rare , effendo,
come le precedenti , deftinata alle Mule , ben può dirli col noftro Giulio Grotti ,
K^urum^ Gemmea Pocula y (fi Lapilli
Sunt Mafia ómnia ,
10 Diverfi NAVTILI della terza fpezie affegnata da! Filofofo , fecondo
il
TaffoGeruf^
C, 14. 39,
L.uStrm*
JO'.
S^ld* Q*
37«
Hort,
Farnef o.si
Cynih 1. B,
Gyr.%H fiere
Ejìen. Dh.
Sét. V. 44
Cad, ltc,eitt
9>Ì9‘
108 M y s E 0 C 0 S P 1 A N 0
il Bellonio , che da‘ Moderni fi chiamano Chiocciole Riigofe maggiori , per raU
lomigliarfi più a qiiefte nella figura, che a’ Nautili fopradeferitti . Onde tra le
Chiocciole fe ne favella. Io però crederci che con maggior ragione fipotede
coftituirc per terza fpezie di Nautilo quella Chiocciola, che a fuo luogo N A V-
TILITE appello, per ravvifarfi a' Nautili molto più della Bugola, emulando
quelli della leconda Ipezie non fole nella figura di Nave , ma anco nella materia,
e colore della Conca finiigliantiflìma alle Perle. La quale io colloco tra le
Chiocciole,pcrhavernc ilTurbine in uno dc’lati.
Delle Chiocciole . Caf. XVll,
I ^ Otto il genere de’ Turbinati fi contengono anco leChiocchiolc,ò, come
il3 il volgo le chiama Lumache , le quali elfendo di fpezie quali innumerabi¬
li, e non meno lira vaganti nella configurazione, e varietà de gliattorcigliamen*
ti , e colori, Icmbrano tanti fcherzi della Natura, quanto mirabili, altrettanto dif¬
ficili ad elprimcrfi con parole . Che però non di tutte, ma folo delle più fingo-
lari , che fi trovano in quello Mufeo prendo a far menzione . Tra le quali per la
più vada s' offerifee primiera la
2 CHIOCCIOLA RVGOSA MAGGIORE, come quella, eh’ eccede un
palmo di diametro per ogni verfo, aggiuftata nobilmente, perche ferva di nap¬
po. Queftafièla terza fpezie de’ Nautili d’ Anftotele , fecondo il Bellonio,
che tra le Chiocciole annovero , perche n’hà la figura col turbine efteriorc,
feoftandofi in ciò più clic poco dal primo, oda) fecondo Nautilo de’ fopradeferit¬
ti. Chiamafi Chiocciola Rugofa coll’ Aldrovandi, e col Rondelezio , perche
hà tutto il continente increfpato, e folcato per tra verfo di ftrifcic parallele equi-
diftanti, che quanto fi profondano nella fuperfizie efferiore, tanto più rilevate
(piccano nell’ intcriore . Onde potrebbe parimente chiamaifi ftruta . E'di
gufeia molto fragile , con apertura affai larga, e patente. Emula nel colore di
fuori il marmo bianco rolksg'anre , e di dentro fà pompa di notabil candore.
Le accreicono bellezza vari! abbigliamenti dell’ Arte, chela trafcorle di molte
filad’oro,cgucrniiladi vaiicrolclled’ Ametifti, Granate, Prafme,c Turchi¬
ne . E perche ftabiimentc ftr vir potefle di tazza da bere , la collocò fopra fodo ,
ma vaghillimo picdeftallo lavorato a Mulaico di varii frammenti di Madreperla,
Porcellana, òfia Nautilo della feconda fpezie, e de
Za furfurea Granata al Sol vivace.
Al quale rendono più pompola la Bafc alcune belliffime Buccinctte , c PorporL
ne , mite d’ una grandezza , e configurazione , fregiate d’ oro ,e guernite di varie
pietre verdi ,trà le quali fchavcfTcro luogo 1 Coralli, potrebbe dirfi, come de*
Fonti de gli Orti Farncfiani cantò Giano Pelufio Crotoniata
Sunt fundo in imo Conchula ^ & Corallia
A fatrcy mifa Nereo,
Nè raen ragguardevole s ollervadisì bella Chiocciola il coperchio artifiziofo,
che beniiTimo fuggeila la di lei bocca ineguale . T urto tempeftato di Stelle d’oro
in campo azzurro fembra un ferenifiimo Cielo notturno, perche di lui fi canti
colGiraldi. — • — • —— <— • cui fornice fummo
Scintillant Stella f miles calejlihus illis ^
^tieis caltm rutilat, mediaque it* nocle nitefeit.
òcoIBoldoni.
Oue di varie Stelle auree rìfflende
^lafi di notte effigiato un Cielo.
Come
LIBRO s B e 0 n t> 0, cép. mi r©y
Come deir Artefice havrebbe detto il Bargeo .
Fecerat in fummo texti admirabilis orbe ''
Omnipotens Calum Stellis fulgentibus aptum.
Et ad imitazione di lui il Benamati .
Il Ritratto del Cielo in lui fe I' Arte%
Vtfon d' oro le Stelle in ogni parte.
Nel con veffo dì quello Ciclo, fe non fi mirano Afterifmi diBalefle, Delfini, ò
de' Pelei del Zodiaco, e dell’ Aulirò, non vi mancano almeno gii ornamenti
pefeati di leggiadrillìme Buccinecte candide , ma dorate, e di Turbinati tutti del¬
la medefima grandezza, e configurazione alternatamente difpofti, c fcaccheg-
siati nel cono, di macchie bianche , c nere , c tra verfati di vaghilfimc linee com¬
polle di punti equidiftanti. Nell’ ellerno lo coronano varie Conche firiàte, j?
lafciate, delle quali una da un Iato folo echinata fi vede. Nel mezo di quella
Ghirlanda campeggiano i colori di tutti i Coralli in due giri di quelle Chioccio¬
le Periate, che altri chiamano Vmbilici di Mare, altri Lumache Faraonie. Dal
cécro di quelli giri s’inalza una di quelle bianche Piante Tofacee del Mar Rollo,
che altri chiamano Corallo bianco , & efattamente effigiata fi vede nel Mufeo del
Calzolari . Il di lei tronco vien contornato da altri giri di Buccinette,e di Conche
Veneree di minima grandezza , come non maggiori de’ Pinocchi mondi . 1^ fit¬
ta col pedale nella fua matrice , da cui fpuntano di verfi altri ramufcelli della me-
defimafpezie di Pianta. Onde tra tante vaghezze l’occhio confufo non sà ia
che prima filarli: ma tutto in un’ occhiata mirando , vi confelTa epilogate le più
ipeziolefingolarìtàdelMare, e ne fà rapporto di particolare maraviglia allaj
mente. Fùgentililfimo regalo della mano liberale del Serenilfimo Principe,
bora Cardinale Leopoldo di Tofeana.
5 Due CHIOCCIOLE rugofe, e STRIATE, poco minori della Indetta,
ma Ichiette, quali fi portano dal Mare,& egualmente bianche di dentro,e di fuorL’
4 Due CHIOCCIOLE RVGOSE della medefima fpezie, minori di tutte
!eprecedenti,maperòdigrandezzapiù che mediocre, bianche di dentro, e di
fuori gialliccie , come quella che deferì ve, e figura l’ Aldrovandi Lib. j . cap. 34.
c*l Mofeardi Lib.3. cap. 59. Hanrfo però di vantaggio alcune macchie pur
bianche nella fuperfizie elleriore , malfime nelle circonvoluzioni minori , e cer¬
te linee, che piovonoabalfo, lequalifi vedonoefprelTe nella gentilifaima figu¬
ra ,che ne porta il Ceruti nei Mufeo del Calzolari . Di quella fpezie di Chioc¬
ciole lene vedono molte, e ben gran di nella fuperbilsima Fontana del Palazzo
del Sig. Marchefe Colpi Infiiturore di quello Mufeo . Delia quale, per la copia ,
e varietà delle cole di Mare, che l’adornano, non altrimente, che del Trono
d’Anfitrite, può meritevolmente cantarli con Giulio Strozzi,
Spugne impetrite t e Tartari gemmati, , ,
È rupi di Coralli, e Conche nette*. ■
Penne, e Pennelli, e Pettini dorati, .
Murici, e chame, e Ma\e aperte , e Brette\
tettivi intrecciate a Spondili , e Nerite
Sono, e Buccine, e Trochi, e Margherite,
^Di punticchiate Chiocciole fi mira . . q
VeBito il pavimento , e su qui maffi
L' Efcara forge, e I' Alica s' aggira
Fra quegli Scogli ricoperti, e bajft,
E I' Fve; e gli Oloturi, e vi $' ammira
Vn Mufeo, che di verde orna que' ftjft, *1"
K
Sjriadd.ié
Fitter.'^aVfi
1.6. 67.
fagi
it.
iarharizé
Cam,
, m y s E 0 C 0 S E l Aìi 0
Ove s’ ergono Funghi, Ojlrtche , e Stelle ^
MnfioH roz.z.i ■, e lucide Fntelle,
5 CHIOCCIOLA R VGOS A, ma PERLATA, molto minore delle fopra-
dcfcritte,come quella , che può capirli in un pugno . S’incrclpa pian piano, co¬
me il Mare luo genitore a’ primi lolfii de gli Euri: onde potrebbe dirlene col
Gaieani .
F*l4itC%6. Cotfte r onda del Mar fi piega, , e gira.
Le di lei rughe però non altrimente dilpofte rimangono , che nelle precedenti :
c chiamali PERLATA con le fuReguenti, non perche fia Imaltata di Perle, ma
pcrehcncilafoftanra,e nel colore è loro fimigliantiifima, di modo chelembra
artifiziofamente fabricata di Madreperla, ò più tofto d’argento, e di liquefatte
Perle impaftata , benché lia Teftaceo non folo di fpezie , ma di genere differen¬
te dalle Conche Margaritifere. Contuttociò alcuni le chiamano Chiocciole
Margaf itifere, per mio credere, difaddattamenre, mentre non portano Perle,
cpmc importa quel nome Niuno però tra quelle , per mio avvilo , fà menzione
di quella fpezic di Chiocciole Periate Rugofe . Hà quella l’apertura rotonda ,e
termina in un cono ottufo , quali tutta in le ItelTa aggomitolata .
^ 6 CHIOCCIOLA PERLATA OMBILICATA , come quella, che, oltre
Tapcrturacommuneatutte l’altre Chiocciole , hà lotto la medelìma una cavità
profonda, e fatta in giro, che imita beniilimo un’ Ombilico. E di quella trà le
Periate non ne trovo menzione predo gli Autori . Poco minore della preceden-
te s’ attorciglia in quattro Ipire , che terminano in un cono ottulo , da cui princi¬
pia una ftrilcia eminente , bianca, ma fparla di belle macchie nere, lunghetto,
equidiftanti: la quale ravvolgendoli per tutti gl’ intcrftjzii delle circonvolu¬
zioni và a finire nella circonferenza dell’ apertura rotonda, sì che tutta par cin¬
ta d’ un bel cordone de’ due ellremi colori . Guardate le di lei Ipirealumeop-
pofto ,ò lottopofto, li fcorgonodifupcrlìziealaballrina ;ma ville ahimè lopra-
poflo, fanno vaghilfima pompa di varii colori ondeggianti, tra’ quali il più du¬
revole» e cofpicuo li è quello della Perla.. Onde non cede nelUbcliezza ali'
Qpala. Nella luperfizie interiore lempre mantiene il colore della Madreperla.
7 CHIOCCIOLA PERLATA, OMBILICATA più profondamente,chc
laludctta, di cui è parimente maggiore. Quella le nella luperfizie interiore lì
ravvila limile alle Conche delle Perle, neirelteriorc lembra fatta dibcliiflìmo
marmo bianco , e nero , campeggiandovi di pari l’ uno , e l’ altro colore in tante
belle macchie ondeggianti . Tutta la prima , e parte della leconda Ipira maggio¬
re è lilcia ; le altre hanno qualche picciole cavità , e prominenze limili alle Per¬
le non ancor ben formate .
8 CHIOCCIOLA PERLATA, OMBILICATA, PIRAMinALE, cosi
ampia verfo l’apertura, e tanto infieme piana, che, terminando polcia con varii
giri in un cono acuto, lembra una Ipezie di Turbine. Non hà il coloie delle
Perle, che nell’ interno, ellendo nell’ellerno bianca, ma ondeggiata di belle
macchie porporine , che principiando dalla circonferenza del Bellicolo , Icorro-
no, e vanno, come piovendo, a finire nelTurbine . Fà lette giri , de’ quali i due
maggiori hanno la luperfizie quali lilda: gli alti frugola, etuberola.
9 DiverleCHIOCCIOLETTE PERLATE, & OMBILJCATE , diquel-
!£. a.(r.39. le, che dal Rondelezio furono chiamate Vmbilià varii , perla mirabile varietà
de’ loro colori, elTendo circondate di frcquentilfimi giti di rotondiflìmitubcr-
coletti rolli , neri , e bianchi , di modo,che lembrano fabricati di tutte le forti de’
Coralli. Nella dilpolizioQC de’ quali è così regolato Tartilizio dellaNatura,
che altetnando i giri di quelli corallini tubcrcolecti , ove ne fà una lene de’ roifi ,
non
tlSR O SECONDO. CAf. Xtm tii
non ve ne fnmUchia pur’ uno d’ altro colore : come per Io contrario non ne
ammette pur uno de rolli negli altri giri componi folo di tubercoletti bianchi > e
neri} ma cosi dilpodi) che dopo un nero ne feguono due bianchi «con ordine»
che di radpjò non mai pervertito fi vede. In molte di quefie-Chiocciolettei
punti bianchi fono così lucidi, che pajono tante picciole Perle. Anzi, le tutti
Il levano, la fuperfiziceftrinleca rimane del medeffmo color delle Perle, cho
nell interno parimente vili Icorge, ma non così vivo. Onde tra le Chiòcciole
Feriate hanno meritato luogo . Portanfi dal Mar Rodo , e chiamanfi dal volgo
I f ARAONIE, forfi per additarle Regali, come che fole tra tutte
le Chiocciole di molte corone cinte fi vedono: e quella voce fignifica Regale «
mentre Faraoni chiamò l’ Egitto i fuoi Regi .
Tra le CHIOCCIOLE PÈRLATE alcuni ripongono le CONCHE
EMVLE DELLE NAVI nella Figura, e delle Perle nel colore. Ma perche
quelle fe ben convengono nel colore con quefte Chiocciole, ne vanno pofeia
differentilfime nella configurazione , molto più Amile a quella del primo Nauti-
lo del Filofofo; quindi tra’ NAVTILI fi fono collocate, come quelle, che da
gravifsimi Autori fono giudicate, la feconda fpczie di Nautilo delmedefimo .
Ivi dunque deferitte fi trovano
11 Le CONCHE PERLATE, che l’Oceano tributò al noftro Mufeo. E
quefte mi riducono alla mente la
12 CHIOCCIOLA NAVTILITE PERLATA, che fi conferva nella fu-
perbifsimaGaleriadel Palazzo del Sig. Marchefe Cofpi, tra molte cofe fingo-;
lari , ch’egli lafcia , dopo fua morte ai Mufeo . E quefta parrai una delle più bel-
lecuriofitd,che nell’ ampio genere delle Chiocciole habbia prodotto la mara-;
vigliofa fecondità della Natura. Pofciache nella figura, grandezza, c colore
fembra per appunto un Nautilo della feconda fpezie,da cui però fgombratc fiano
le interne pareti, & adeguata la poppa nell’ altezza alla prora. E certo a prim2
veduta fi giudicherebbe razza di Nautilo, come fopraaccennofsi, fe la Conca»
oltre Pdlere molto più grofla di quella de’NautiIi , non fi riftringeffe da due lati ,
che fi congiungono , mediante il traverfo centrale affai mafsiccio : e non moftraf-
fe nel fianco finiftro il Turbine fuori del coftume de’Nautili (che in fua vece
hanno la moltiplicità delle interne concamerazioni) ma confueto delle Chiocr
ciolc » di tré fpirecompofto, mancandovi gran parte del quarto, ò fiadel maga
§ior volume , levata da mano induff riofa , che lafciò di quel Turbine canto folo,
eh’ emulaffe una Chiocciola, groffa quanto può capirli in un pugno, e, benché
naturalCrfembraffe aggiunto al rimanente della Conca, cioè alla parte più ampia
della prima /pira , così lunga , larga, e profonda , che fola conferva la fimigilian-
za di Nautilo ben grande , dalla cui poppa fia /lata levata la volta , che coprendo
tutta laConca daquefta partcjcome quella, checontinuava laprimacon la fe¬
conda /pira , chiudeva tutta i’ apertura della Chiocciola laterale : & effendo fia¬
ta levata ad arte, lafcia a così raro Teftaceo la figura di tanto più beila, quanto
più ftrana di f V appendice d' um Chiocciola^ come potrebbe, c giudi¬
carli, e chiamarli da chi meno vi ra/figuraffe le fattezze proprie d’altra fpczie.
La fua Conca è tutta lifeia , da un laro nell* orlo grolla quali mez’ oncia , di fuper*
fizic non in ogni parre eguale, facendo alcuni ondeggiamenti tanto più vaghi»
quanto più vario è il cangiante de’ fuoi colori, compofto non folo del candido
delle perle, come i Nautili della feconda fpezie ,ma dell’azzurro del Cielo, del
verde de gli Smeraldi, del fiammeggiante de’ Carbonchi, di tutta l’Iride, e di
quanto alletta Io /guardo nel collo delle Colombe non candide , che con sì bel¬
la vaghezza.
K 3
1I£
dt Lo»g, C<
20. ft. 32.
é" 16,
Ctruf. if.
4«
MM. Petf.
Aielie, PJ,
Sm. 83.
Jd. Ctruf>
Z. 3.3. Jf
Tifi. e. 3f.
Pig*f. nel,
dt cmgo ,
M y S E 0 C 0 S P.l A fi 0
Vd ripercojfi rai I' Iri <ornparte ,
C I (angianti ( olori intorno fpxnde .
Si che a ragione potrebbe d’ effa pronunziarli ciò, che della gonna della Fortuna
cantò l’Eroica Mula del TalTo .
hor azzurra f & hor 'vermiglia
Direlìi, e fi colora in guife milieu
SÌ f ’ huom fempre diverjd a fe la vede ,
^tantunque volte a riguardarla riede ,
Coti piuma taP hor , ihe di gentile
t.^yimoroj'a Colomba il collo cinget
Alai non fi feorge a fie Hefia fimile ,
Ma in diverfi colori al Sol fi tinge ,
Hor d' ac cefi rubin fembra un monile ^
Hor di verdi Smeraldi il lume finge.
Hor infieme gli mefee , e varia , e vaga
In cento modi i riguardanti appàga.
Se più collo coi melico Battifta nonle ne dieede, che
Del Ciprio Nume a la Colomba amante
Scorna del collo ameno tl vario Ofite .
Che però fu convenevole il collocarla lopra ricco piedellallo d’argento ditale
arcihzio, che non mal li direbbe
che vinta la materia e dal lavoro ,
13 Vantailcolor della Perla: sì nell’ elternó, come nell’ interno ancouna
fpeziediCappaIunga,eli.fcia,daniuno, per quanto m’habbia ollervato , de-
fcritta : di cui tra’ Teftacei , che Bivalvi s’ appellano , fi favella . Ma ritornando
alle Chiocciole Ombilicate , parmi da non tralafciare, che di quelle le ne trova¬
no di verfe anco fuori del genere delle Periate , delle quali nel Cimelio fi vedono
alcune
,14. CHIOCCIOLE OMBILICATE, LISCIE, con poco turbine , di gu-
feia grolla ,ma tralparenre, con la lupetfizie elleriore di color d’ ocra , (parla di
macchie candide , di dentro bianca, con qualche millura di purpureo, ò piu torto
fi inile all’unghia humana , Nel che firalTomiglia all’ ultima Chiocciola Ombili-
cata , Lifcia dell’ Aldrovandi . Dalla quale però lì feorge differente nelrello,
per non elTere lunga , come quella , ma più tolto rotonda , oltre il variar di colore
neirefterno. I coperchi delle quali hà del verifimile che (ìano quegli Ombilichi
di Mare,chcaltrimente fi chiamano Occhi di Mare, ò Fava Marma, elTendo
quelli ,e nella foftanza , e nel colore firn igliantils imi a quelle.
15 Diverfe CHIOCCIOLE CILINDROIDI, così chiamate dalla figura
lunga, erotonda . Alcune giungono alla lunghezza d’ un dito , con poco legno
di turbine, e fono più larghe nel fondo, che nella cima , con figura di Pero , ma
bianche, e talvolta notatedi punti. Da quelle s’accrelce vaghezza ad alcune
Conche Margaritifcre .
«6 Due CHIOCCIOLETTE BIANCHE, lifeie. con poco fegno di tur¬
bine, che quafi nulla moftrando di fuori come s’attorcano, benché il loro nic¬
chio parte s’inarchi , e parte fi Ipiani , s’avviluppano in elfo sì , che non pare , e
riefeono limili nella figura alle Conche Veneree di minima grandezza, alle qua¬
li pure fi conformano nell’apertura angufta , c dentata . Per la loro bellezza , c
fingolarità vengono ufate per moneta in alcune Provincie dell’India , c Ipectal-
inente ne’ Regni di Congo, e di Tombuto , per relazione del Linkottano.
Colgonfi nelle Ipiaggie di Loanda, Ifolctcadcl Rèdi Congo, la quale, come
krive
i/BRO SECONDO, CAP. Xkll 115
fcrivercruditifsimo Padre Bartoli, e , non la miniera, che gli dia fol la materia
informe , ma la Zecca , che gli da battute le monete , che fole fi finendo no nelfuo Regno ,
17 Copiofe altre CHIOCClOLETTE dcirulomedelìmo,mapiùpicciole,
e più turbinate, lifeie, del colore dell’ Onica, variegate di belle macchie caltagni-
ne, e nelle eftremità laterali de’ loro giri vagamente punteggiate dello fteffo co¬
lore. Di dentro fono bianche, e trafparenti, & hanno!’ apertura angufta, lun¬
ghetta, c crenata appunto come le Conche Veneree, alle quali fono fìmiglian»
cifsime ancora nella foflanza , e nel colore . Hò relazione , che fi fpendano a ra¬
gione di feffanta per bajocco .
18 Ma fe tutte quelle Chiocciole fono ragguardevoli per la varietà sì della
figura , e colori , come della patria : non vanno perciò fenza pregio le Tcrreftri
più communali . Pofciache , oltre l’ ha ver pollo il fondamento a tante recond ite
erudizioni, che fe ne leggono preflfo l’ Aldrovandi , è da maravigliarli giulla-
mente con Tertulliano, come tal razza d’animali lenza piedi, od annella Ica-
gliofe , nè divincolaniento, fi muove , e camina con folo infaponarfi la (Inda con
quel fuo Spumante Reptatu ? Onàciwono ài Greci chiamate
cioè caminanti per humtda ftrada , come in quel verfo , che , al riferire d’ ntcneo,'
folevap*'op®’’ù>^^*Conviti in vece d’enimma .
"thtiytaiM , dreLKùifdor, etreufiafes , vyponihfuò»: .
In Jylvts nata, fptms carens, exanguis, humida via incedens \
Il che fervi di principal motivo aH’enimma, che ne fcrilTe quel Medico Tedefeo,
Bxojfis, pedibus cajfus , non horreo /finis t
, Froque oculis implent cornua bina vicem.
Bxanguts , ^VA-^VA incedo traclu illino MVCCVM,
Lethifer eB mihi fai hojlis , & exitium.
E prima di lui bave va maneggiato quella curiofità il capricciofo Burchiello da
Fiorenza , quegli, c’hebbe interprete delle lue ofeuriflime Poefie quell’ingegno-
re del Doni: leggendoli ne gli antichi Poeti raccolti da Leone Allacci quelli
Puoi verfi fcritti a Battilla Alberti .
Baptifta Alberti per faper fon mofo
Dal bel poema di tua rima adorna
S^al fia quell" animai , che porta corna.
Et non ha moglie \ ne nel fuo corpo ha ofiio.
Ella bucha in che fugge porta addojfo
^^ando per violarlo alcun la torna
Et ogni Leofante fi ne feorn*
Veggendoli una cuppola adojfo .
'He frucliferi liti ufet di Bacebo
E quando arrabbia divora, e pratefi
Chel drogho in cipri non fe mai tal macche .
L’ uno , c r altro de’ quali cnimmi fù , per mio credere , cavato dalla definizione,
che ne lafciò Teucro prefs’ Ateneo, cioè che la Lumaca fia ‘
ZZof SafiV , àraKeivSo»', àroOiov , oVpd-Ko'reTav , 5
0’'y.[ia,Ta. t' inauTrorrit , wpoi/.nKtct, k' dtOKvirriVTo-, . • ■..xi"
CosìtradottadalGiraldi . . . '
Èxos eB animai pedibus fine , & fine fpinisi r. • . : •
Tefiea terga , oculos producens, atque recondens .
19 E tra quelle particolarmente è memorabile quella Chiòcciola Bolognefe
la quale mentre con la cervice tefa godeva la benignità de’ raggi Solari, moi fi¬
cata da una Sèrpe, ritirandoli in un tratto nella lua gufeia , fcco traile il capo del
— - - ^ K 3 ferito-!
PBart.Rie'.
del Sav.l.i
e. II. in f.
L-i-deTefi,
C.i9-
Termi, de
étmmàc.io.
L. i.c.
( *
AdrI /un.'
A.D.anigì
zS.
Cornei. Af-
fa/, in Bi-
bliet. jipref,
P.l.f.lJSi
T. l.,F*i75r
Lee. di'.
Gyr. in UH
ijEnigm.
F. hoc tpig.
Ad calcem^
fotmAtum
Io, Canditi»
pht.quA pra.
lo nuper fub»
jeciefui •
i
Z. j.Facet.
& DiSer»6t
In Sufant
V. 474*
■ ^ - \
114 M y S E 0 C 0 S PI A N 0
feritore > che non ne bave va per anco rtaccacoi denti, e vi moti foffocato , mcntr‘
ella pe’l dolor deJla piaga, e forfè più per Io veleno , finì di vivere, non invendi¬
cata . Il qual fatto fù oilervato da un Canonico di S, Sai vatore , chiamato Aure¬
lio da Bre/cia, che però tra certi Epigrammi indrizzati a Francefeo Bovio , quali
predo di me conlervo manoferitti ; per publicarli con altre Poefie di diverli , che
fi ttovano nelle mani de’ Revifori , ne lalciò quella memoria .
De cafu Bonenia obfervato .
Roranti coluber fajfim dum volvitur herba ^
Interimit Cochleam ^ qua tamen ulta necem,
• Namque malum fenjit cum dentis , inhorruit in fe
Occultans hoHis cauta ^ fuumque caput,
Sk ambo obnixa vice dum luctantur , adempti
tueris hic caufa , vulneris illa perit ,
Deferive il medcfimo fuccedoanco il P. Ippolito Gradetti Gieruit3,fpecìficando
che quella Serpe fulTeuna Vipera, col farne quello leggiadrilfimo racconto.
Vipera Cochleam in Sole apricantem tenaci morftt apprehendit: at ptrCochleatn^
eandem in J'uas illi co fe recipientem latebras abrepta capite tenus , ibi cogitur mori ,
Solem exporrectis blande dum libat ocellis
Cochlea y cognata bacula pigra cafa,
Rella fibi 4 gemino rata furiere Vipera cornu ,
Emicat y totam concit in ora luem.
Mox irarum agmen praportans y dentibus urget
Praliay in imbellem pralia inepta feram.
fe fe y infixumque fbi fub cornea cafra
Hofem adigens y urnam viEtayfed ulta y dedit.
Rideo Parthorum ingenium , f Cocffea inermis
Sola hodem didicit contumulare fuga,
io Non così potevadirfidi queliaChiocciola , che Icntcndofi unaZanzara
volar ali’ intorno, l’ impali ri con le corna, ma nello (ledo tempo ne temè tanto il
fuoncjche diede ridicola materia a quell' apologo riferito da Colmo Anifio .
In Cochleam armatus Culex , timuit' tamen
A fronte fpicttlum duplex y dr Cochlea ^ ■ '
Vocis fono horrendo pavida fe continet ,
Rtfere nemoris Diiy deaque hlanduU,
Ma di quelle a baltanza, per poter dire coi Marziale della mia Patria Giulio
T ar digradai Cochleas y domiportas , '<
De' Bivalvi t e prima dello Conche Margarini ffT^»
Cap.-,^ XVIII.
« ' * f J ; * C» ..
f Hiamanfi Bivalvi tutti i Tellacci di due Conche, come le Oftficbe, c fi-
mili,rra’quaIifenzadubbiomeritail primato la Madrcperla, che pro¬
priamente fi chiama Conc a Margaritifer a . Il qual nome, ancorché da taluni ven¬
ga attribuito a tutte quelle Conche , le quali nei colore- imitano la Perla , come
alcune fopradeferitte ; qui nuliadimeno lolo di quelle s* intende , in cui di purif-
fima rugiada , come vuol Plinio , ò più tolto di fugo., che s’àmpiecridc , come ben
dilcorte Anfelmo Boetio , fi generano quelle beJlidimc GeiTini? *>che per i’in-
comparabile loro vaghezza meritarono di lìmboJeggiare il Regno, de! 4^
predicarli materia lucididìma delle terfilfimc Porte delì’)ejt.«rn,a,GicTulajunmc.
^ A f
ÌLim. UArìU
Son‘ 20.
Della Case.
C.5.44*
Ll^tO SECONDO, CAK Xmil ilj
Al che par che alluda l’ Eroica Mula del Conte Girolamo Graziani nel Colobo
Sacro, dicendo
Hor voi del ricco Mar Conche fregiate f 24.'
che a i tefori del Ciel crefcete il vanto .
^ Sono quelie Conche grandi , tutte lifcie di dentro ( benché ineguali ) e del
vi viifimo color delle Perle, con moderata cavità, di foftanza denfa, &di figura
EmilialleConchePettini ,conl*efternafuperfizie fofca, ekabrofa, per cui le
chiamò il RondelezioiJai^iy^. Ven'hà divariagrandezza e le maggiori naf-
cono nell* Oceano, ov' è fama eHerne Hate pefcare di quelle , che pelavano po¬
co meno di cinquanta libre. Il gufcio delle quali ben poteva coi Marini chia-
Uiarfi .« ■ ■ —II» ■ ' '■ quafi un pargoletto 'fcoglio
Ter durijfimct fcorz,a afproj e fajfofoy
— — » e di fc agite rigide j e nodofo ,
Onde con ragione il Mdeno del Valvafone ritornato dalle Indie.
De' Conchili dicea mirabil cofe ,
Spianto era il pefo ^ e la grandez/^ loro.
Onde trahe an le ferie frez,iofe,
che ogni una per fe fola era un tifar 0,
J Le mcdefime Conche perlopiù lervono d’ornamento a gli utenfigH p'ù
nobili, ne’ quali vengono incaftrace con beliiflìmo artifizio, come nei piedelìaU
lo della Chiocciola Rugofa Maggiore foprade/crirta , e nella Saliera di Goa , che
tra leCofeArrifiziali di quello Mufeo fideferi vera: ■& in quella Galea, di cui
rEpicaMufadiSigifmondo Boidoni Milanefe. . . ’
De le fegate Conche , onde i hei parti
. De le ferie Natura a noi produce -
Splendon de la Galea tutte le parti,
Ond' effa, come gemma, al Sol riluce .
4 La carne loro nell’ India ferve di cibo, come predo di noi quella del le 0(lri>
che. LeOrientali,ema(nmeIePerfiane,edelMarRo(Tohannoilvanto di pro¬
durre le Perlepiù preziofe, perche più grolle, più tonde, e più lucide; e perciò
molto celebrate da* Poeti , come dal Marziale Cremonefe Giulio Grotti in que'
verfi della vanità di Rufoio .
Non ohfer^t in ^aureis tot urceis
Arahas heatos , aat Sabaos divites
Non .Vniones rofeidos rubri Maris,
Non G angis , aut Iapidis nitelUilas ,
Et altrove di Perilia. ^ v .
Micantibjts nitentior lapillulis,
Erythra dives , quos Mare aut rubrum parit ,
Sabaus aut beatus , aut Arabs legit,
E dal noftro Piccinardi j Ove.cantò . ^
Perle elette del \Mar lucide Stelle
Ti die fra lidi Eoi fiutto ondeggiante .
£ nell* Iride Poetica .
Fert quk nivales Margaritum globos
Remota Tethjs, qua Pyreira \ubet ,
Aurora lunonis recefus
Nubivago peragrare curtu.
Co* quali merifad’ edere citata la nobii Mula di Maddalena Salvetti Acciajoli
eruditiflìma Dama Fiorentina, che in un fuo libro di fiorite Poefìe Tofcancin
lode
Caduta de'
Long<ib.Ctji
13S. ’ '
11.&
Fetf. P, X,'
Ode 12.
CUud.
uichtUin, fm
mtht 63.
iPi.l.9.e.35-
f4j. a.
JFisr. 1. 1,
ef. 18.
^mbl, 77.
Verm. l. ir
ftSì.i,
r.i9>f«izo.
Hymn. im
£uchar$^,
S; ^^4«
K & hot
fr^im. cum
cettr, e}u/dè
^utcris, sd
CAlctm Por,
matum lo^
Candulphi 1
me» curà
^er editto.
tl6 M V S E O ro S P l À o
lode delia Sercnifsima Criftina di Loreno Granduchella di Tofeana , comtnuni-
catomi dalla cortelia del gentiliflìtno Antonio Magliabechi» notò
Quando /’ Orientali
Perle di fingo in carte.
5 Tra le Perle di quelle parti furono giudicate di prezzo ineftimabile quelle,
che prigioniere , c prigioni de gli orecchi di Cleopatra , piu di lulTo le accrebbe-
. ro di quanc’ altre mai difplendori Icmpre Orientali , perche non tramontanti ,
*n un luminofo Zodiaco le cinlcto il collo. Avvegnaché d’elìe
Quella Perla fatnofay onde fon conte
Le gran Cene d' Egitto in sii le carte ,
ftcraprata in bevanda a'Marco Antonio , ut experiretur in gloria palati quid fetpe^
rent Margarita 3 come dice di Clodio Plinio , lo fece, con miglior lortuna di Li-
fimaco, bevete un Regno in un (orlo, come inferì la Mula Gigante di Filippo
Ottani ne’ Pigmei Canori , ove lodando D. Antonio Mufcettola non men nobile
perfangue,cheper lettere,cantadiqucl Romano, che
La valuta d' un Regno al labbro efpofe .
11 che fervi di corpo di Ipiritofo Emblema a Paolo Macci, che per provare che
Stultitiam patiuntur opes.
cantò. Romano Cleopatra Duci convivia prabenst
laciet barbaricas ut fine more dapes 3
Diluet 3 infgnem baccamque exor bel aceto.
Stultitiam immenfa fic patiuntur opes ?
6 Nè fon men giovevoli al corpo humano prclcritce dalla Medicina, di quel*
Io lìano vaghe per adornarlo , polciiche le ne iabricano generolì Contraveleni ,
e Cordiali potentilTirai , come Ipiegò il noftro Vida ne gl’inni , con dire .
- ■ — veluti gemmaque ^ aurumque medentur
Corporibus fape affèciis , rnorbifqtte redfltinty
Non qubd ex Jìoniachi rapido concoda calore
. • Paulatim fe fe Unguentum in vifeera vertant,
^ Sed quia vi quadam infpergant admota Utenti
Latitiam , dulcique hi Urent pr acer dia motti ,
E più diffufamente non molto dopo l’efprefle Marcellino Poeta Genovefe (di
CUI nonhò potuto pefeare il cognome , benché fiorile nel fine del Secolo palla¬
to) in un’Elegia .della quale me ne trovo un frammento con altre Poche mano-
fcrittedel medefimo. Ne regiftro qui la fudetta reliquia, sì perche cade apro-
pofito , come perche retti memoria dell* Autore , che sfuggì la diligenza di Raf»
ìaele Soprani , che raccoUe gli Scrittori della Liguria .
Marcellum Ma\oranium , Acerra Epifeopum.
De Viribus Margaritarum,
Slu£ nitido vires Concharum 3 e rore lapillo
sint genito 3 paucis 3 candide Prafuf habe ,
Sed prius in terris quibus enafeatur 3 habendum %
Ne fecus in pretiis decipiar e fuis ,
"Barbarus Occiduus le^it hunc , legit Indus Eous ,
Stant prima partes 3 indice 3 jure tibi.
Nunc quas indiderit virtutes lupiter illi ,
Accipe. Cardiaces 3 Synropicofqae '\uvat .
Spirituum objlrudofque aperit Gemma alba meatus ,
Pertentat queties pedor a maeror tners ,
a - ^
L I B K/0 S n C 0 N *D 0. CAP. XyUl ti7
Tum geminum JìBit moribunda in corpore fluxum.
Seu. laxum egeSo f anguine fibra micat.
, Seu non digeflis. propere que fluentibus alvus
Mgra cibis , homini fata fuprema parat.
Denique t fieu torques cor fervida febris anhelum.
Cogitur hac nocuus linquere corda calor ,
Ha vires patulo nsfc entibus aquor e gemmis,
<^uas dederunt larga Numina diva manu.
Ha vires, Marcelle, quibus tamen altius eft , quod
Solerti,
Sin qui il mio Frammento; a cui fottofcrive la Moral Mufa d’ Agoftino Coltelli¬
ni Fondatore della Fioritiffima noftra Accademia de gli Apatifti » cantando delle
Perle. Preziofa Conchiglta, ove s* afconde
Gemma, eh' ogni virtude
Per alti fimo influffo in fe racchiude \
7 EleMadri di quefti parti sì belli, e si utili, come fe ne csnofccflero il pre¬
gio, fe s’accorgono che mano rapace loro s’ accolti, gelofe delle proprie ric¬
chezze li riftringono , e chiudono le loro Conche con tanta violenza , che , fe vi
colgono chi loro inlìdia , con la tagliente eftremirà fe ne vendicano , ai dir di Pli¬
nio , che fcrifle . Concha , cum manum videt , comprimit fe fe, operitque opes fuas
gnara propter illas frpeti, manumque , fi proveniat , acie fua abfeindit, nulla \ufliore
pena , & aliis munita fuppliciis . Onde 1’ Abbate Certani » favellando di Sufanna
ebbe a dirne
Sue vaghezze nafcende , e qual Conchiglia,
Ne Ia Cafa fi chiude, e cosi, rende
La fua Perla ficura, e la difende.
Il che pur fanno altri Bivalvi , come l’Oftrica, in cui ftimando di banchettar lau¬
tamente , vi trovò la prigione , la morte , e ’l fepolcro quel mifero Topo , di cui
fi leggono i féguenti verlì d’ Antifilo .
Rime S aero
fai. IO.
L.f.e.ss*
Sufan.C.t»
S.
Vl<t[i<^dyoe èpTVTUf KttTd hvyyoNfas ftwf
OV/ieap clSpti'ffttt ,
Tldyavoff fitpoia va'òUu ai’J'et'^a.ro ffapHA. ^
AvjÌkcl o'^pUKCHf ivAttraytiffi
Apfio'v^ii t'ftweua-ir . e f' -if KheiSipoiair a'pu'KT.ir
, cturof^rar virata, ianaaru'atbT» .
Gli traduce l’ Alciati , fpiegando quell’ Emblema contro i Golofi ,
Regnator que penus , menfaque arrofor herilis
OBrea mus fummis vidit hiulca labris .
^ueis teneram apponens barbam , fai fa offa momordit,
kMJI ea clauferunt taci a repente domum*
Deprenfum, dr tetro tenuerunt carcere furem,
Semet in obfcurum qut dederat tumulum.
Ma più diffufamente Cofmo Anilìò.
forte liguritor , penoris fur, Lychnivorus mus
In teilam laxis faucibus inciderat.
Ilicei , ingluvies qua immenfa animantis , apertam
In prodam, ac promptam fe rapit, ac penetrat*
Vt pulpamentum perHrinxit dente maligno.
Spondylus obduxit claufira retenta fibris.
Anthel.l.t.
fmbl. #|.
£. i.Epig^
eGr.eenv.
33.
'L. i< tfiir,
52.
Cétmer, Ceti
4. Bmbt,69.
Bìigr.iìi.
Muf.
ff.7.
CÌM.i?.75.
TaS-Girn/.
C.
L. Lti. A-
irtomél. V,
UT.
ilS M r S E O: e O S P l A(N 0
sic mifer in dulci 'ditHtfit Mufculus efca
Infelicem animam , é" nunc Stygis mtfa colit ,
Più fiorita però niifembra laparafrafi, che fen hà prcfio il P. Ippolito Grafl'ctti
Giefuita. Diduclis attrai dum combibit ofirèa dauUris ^
Mus-amat ih latam furta 'marina ' dapem ,
Intimus ore atidel pmdam tentare', fed olli
Vltrix obfrilio carceft fata parat '. ‘
Mace, pone fori decus ^ uni fi ollrea furi
• EU Carcer , ludex ^ Lici or, ^ Vrha fimul,
II che fervi d’ Emblema contro gl’ Ingordi a chi cantò .
Ojìrea Mus petulans a'&ido confumere dente
T>tim cupit, ecce refert 'pramia digna guUr
8 Ma più curiofoefempio della Gola delufavieiì fomminiftrato dall’afluzia
di quella Matrona , che accorcafi efferle Itati rubati , mentre, dormiva, alcuni
vezzi di grolle Perle , da un Servidore , che negava il furto , lìcuro che non fe gli
poteffe trovare addoITo per haverle inghiottite: dubitandone ella, Con. una in¬
venzione da Efopo , Io sforzò a trangugiare una Medicina , che palefando il fat»
to, diede occafione ai fopracitato P. Gradetti di fcriverne quclti vcrlì .
Gemmarum in Jlomachum trajecit furta Rapaldus ,
Sopita collum queis viduavit hera,
se vigil hac fenfit pompa ut conchylis inanem.
Colli y inquit , pretium redde , Rapalde , mei .
Haud ego , fed reddat , qui clepfit furcifer , ah me -»
Sic nitidum infufeas fava ? Rapaldus ait.
Succe filli unus thalaano, tonat illa, neque orbes
Occulis aut pera , aut vefte , Rapalde , meos .
Te facit infantem ingluvies \ mea dona vorafi;
Exploratorem ferto , Galene , Scyphum .
Hac ubi dtHa, aloes jufus liquor exta pererrat,
dominafque refert furta Erythraa manus.
Plus utra mentis habet, Cleopatra , an Lilia? fuorum
Vi laticum gemmas hac parat, tlla liquat.
Delie Conche Madrjdi si vaghe pompe della Natura vanta ii Mufeo
9 Due CONCHE MARGARITIFERE di due piedi di circonferenza, e
d’ un palmo di diametro, con gli Embrioni delle Perle. E quelle non polTono
effere che fingelari , mentre fono di quella grandezza , che per cofa rara fù nota¬
ta dal Vormio in una fua Conca di quella Ipezie. Onde forfè non s’ingannereb-
be chi le credeffe figlie dell’ Oceano , come quelle, di cui cantò la mentovata Sai»
vetri Acciajoli nel fuo Davide Perfeguitato Poema Epico partecipatomi dalla
gentilezza del Sig. Magliabechi .
tmimm. . — di Conca feconda Indico Mare
perle produjfe sì lucenti-, e belle,
10 Diverfealtre CONCHE MARGARITIFERE, pocominoridellefu-
dette , le quali tutte fi manifeffano legitime
Conche di Perle gravide, e feconde.
mentre alcune di loro fanno mollra di Perle tonde , altre de’ foli abbozzamenti :
Onde potrebbe dirfene
Inte'r hac Pacca crebra cfl fatura rotunda .
ed in tutte la bellezza minore fi c la naturale , effendo nel campo argentino tera-
peftate di varie pietre preziofc,che le ingeramanoj vantando non folo il candore
delle
L l B R O S E C 0 n ù 0, CAP, XPlll 119
delle proprie Perle , ma la chiarezza de’ Topazii , il verde de gli Smeraldi » l’ az¬
zurro delle Turchine, Tinfocato de’Coralli, ildiafanode’CriftalIi,el*ofcuro
de L ’ Agata tinta in macitlofa nota .
oltre l’ elTere
ni nicchi ornate di Marine Conche
^ual candida .t qual ferfa, e qual vermiglia ^
come che pompeggi in effe una bella varietà di Porporine, Turbinetti , Con¬
chiglie minori , Conche Veneree della terza , e quarta fpezie del Rondelezio , e
delie minime dell’ Aldrovandi , Ombilichi di Mare , Chiocciole Faraonie,
Orecchie Marine, & altre curiofità , che non tutte in tutte , ma compartite allet¬
tano a contemplarle gli occhi de’ riguardanti , e là mente a cantarne
Cedan l' argentee Conche a i Tìifehi loro .
n Due CONCHE MARGARITIFERE lavorate, e commeflc ne gli
Spondili in maniera che compongono un nobililfimo nappo, foftentato da leg¬
giadro picdeffallo di ebano .
12 A queftemeritadifuccedere la CONCA LVNGA, LISCIA , e PER¬
LATA, che così può chiamarli, mentre non effendo larga più che duedeta,
n’eccede quattro di lunghezza , e, tutta polita , sì ncll’cfterno , come nell’ inter¬
no fa vaga pompa del preziofo color delle Perle , anzi d’ alcune di loro è ingio-
jeilata. E di quella force di Bivalvi non trovo chi ne faccia menzione, fe que¬
lle non fuffero le Conche argentine accennate da Eliano , ove notò , che le Capfe
Marine/hno varie ,emoltiplici: altre afpre taltrelifcicy altre che tra le detacom-
frejjè/t frangono , altre che appena fi rompono a' colpi di fafo\ alcune d' ejfe fono ne¬
ri fime, altre paiono emular t argento nel colore t altre de' due efiremi colori milii
fan pompa .
Belle Pinne. Cat. XIX,
a
I ^Onole Pinne del genere de’ Teftacei di due valve, & hanno figura quafi
,0 fimilea quella de’ Mituli, fe non che la loro parte più ftrettafinifcein
acuto , e con quella nell’ arena , ò nel fango Hanno fitte . Hanno la Conca di fuo¬
ri alprar, di color folco , dentro verde , argentino , fe fia d’arena , ò gialliccio , fe
difangoj elafuperfizie da quella parte lilcia: in cui talvolta fi trovano delle
Perle ^ma di poco prezzo . Neifondo trafmettono da un lato un fiocco , che dal¬
lo Stagirita fu chiamato Billo, con cui fono Hate credute tirare afe ilcibo. Per
quellicapillamenti,'che fembrano di lana, la Liguria le chiama Pinne Lane.
Stannofempreficteàn un luogo, e fe vengono fmoffe, Tuuojono, quando non
fianofipolle nel médefimoluogo; e perciò il Filofofo dubitò non fuffero ipiù
tolto Piahtejche.'Animaii più nobili; Il Rondelezio feri ve, che al più giungo¬
no alla lunghezza d’ un cubito , e nota per cofa rara 1’ ha verne veduto una limile
in Roma . Di molto maggiori però ve ne fono in quello Mufeo , come
2 Due PINNE lunghe un braccio , e.mezo, con la feorza pelofa, che fem-
bracuójo d’animali. -.I I.;
3 vVaric altre PINNE ‘di diverfagrandezzarin buon numero, tutte afpreùél
difiiocr,:corne lifeìe dldefitro .
.4 Diverfe PINNE iSiCVLEATEi: mainnghe il doppio di qu€lla,che figu¬
rat’ Aldrovand i la quale non era più lunga d* una: fpanoa .
BISSO d’ Ariftotéle, òfia LANA delle PINNE, di color leonato, luci-
dà ve così molle, che imita la feta più fina . Giovaa* fordallri^ portandone nel¬
le orecchie , come accadutom’è d’oflervare .
■
Beld. Cad.
de' Lctigeb.
C.9. J7.
Frane. Se.
togn.Cefiàte
C.5f jj.
Donnei.
Poef. Liric,
Od, tu
L, if.e. 12.
L.^.de Ttji.
e. 76.
Delle
u y s £ 0 fospj^iNo
txo
Delle Cmche Coralline ^ ImhrieAtCt Striate , Pettini,(^ altri tii alvV,
Cap, XX.
« O Cherxa in alcuni Bivalvi la Natura di modo, che par che confonda una fpc-'
U zie con l’altra, tutto che regolate fiano quelle (uc bizzarrie, delle quali
non è r ultima la
2 CONCA CORALLINA ECHINATA, cosi detta perche di fuori è del
piùintenlo colore del Corallo rollo, con aculei dilpoRi in tante file , lunghi, e
groffi ,ma(lime verfo l’ cllremità , e porolì, come il Corallo , di maniera che lem*
brano, ò Conca, che divenga Corallo, ò Corallo, che figurili io Conca . Nell’
interno è bianca come il marmo candido, e lifeia, e perciò lucida coi lembo
purpureo, per cui d’ ella può cantarli col gentiliflimo Domenico Chiela.
jtnthr. Be- Purpureifque nitet lucida Concha labris .
thitBi.Efti. E'queft’ orlo tutto Icanalato , come nelle Conche Pettini , alle quali pure è limi¬
le nelle due ale , òliano, com* altri le chiama, orecchie, che fono eguali. Ne
figura alcune il dottiflimo Aldrovandi ; ma quella è in parte differente da tutte
quelle , havendo, non Tuberi, come nella Corallina ultima di quel grande Scrit¬
tore, ma de gli aculei, comes’ è detto: e quelli non lenza ordine, come nella
Corallina alpra del medelimo, ma dilpolli in lunghe file, anzi loprapoftiTun
r altro, &inlìemefcavati di lotto, come le tegole. Onde potrebbe parimente
chiamarli Conca Corallina Imbricata. Se ne trovano ne’nollriMari, ma affai*
di rado . Nè meno mirabile di quella nella llruttura fi è la
5 CONCA IMBRICATA, cosìdetta, pofciache nel di fuori cdiRintaa
guifa de gl’ Imbrici , gli uni a gli altri loprapclli in tanti ordini lunghi . Ne ac¬
cennò varie Ipezic Plinio ; delle quali alle ondeggiate può ridurli quella del no-
llro Muleo, che è grande , ma pm larga , che lunga , Icanalata , e nell’ambito in¬
feriore laciniata , tutta nel di fuori Icabi ola, di color di marmo bianco , ma fpar-
fa aonde di vaghiffime macchiette roffe , come pure all’ onde, che s’ alzano l’un a
fopra l’altra fi raifomigliano le di lei ineguaglianze. Didentro è rutta lilcia ,c
£. I c. i8. luogo , che occupava la carne , e candida più verfo Tellremità . Và
differente da quella Conca Imbricata , che figura il Rondelezio , effendo quella
nella luperfizieclleriore compolla come di Icaglie tonde loprapollel’ unaalPal-
tra ; e quella più tollo fatta a onde fopra Icorrenti , con tante rilevature , c* hanno
proporzione di figuracon tutta la Conca, come s’ella falle compofta di tante
piccioliffime Conche della roedelìma Ipczie. E'fimilmente diverfa da quella,
che figura il Mofcardi nel fuo Muleo, cflendo ellafparfa di Icaglie triangolari .
Le più limili, che a quella offervo nella configurazione» fono due Concho
Imbricate d’infolita grandezza, come quelle, ch’eccedono due cubiti di cir¬
conferenza, le quali per miocredere fono il più ragguardevole ornamento di
Mare, che fi vede nella vaghilfima Fontana del Palazzo habitato in Bologna
dal Sig. Marchefe Colpi , degne veramente d’ effere mentovate,
4 Lungo pofeia di loverchio farebbe il deferivere minutamente tutte le altre
CONCHE BIVALVI di quello Mufeo, c’hanno più dell’ordinario. Cornei
PETTINI, c le CONCHE STRIATE, eie FASCIATE diverfamente. Tra
le quali ve n’ hà di limili a quella Conca Striata , e Fafdiata ,che deferive , c figu¬
ra Ovidio Montalbani nel Libro intitolato di' Collegi delle ArtidiBom
Ugna , pag. 97. e nelle lue Cure Analitiche , pag. 3 3. Della quale , perche bave-
va congiunte alcune Cappctte lilcie mirabilmente natevi fopra, mi fovviene
d’ bavere fcheizato con quelle parole.
Eji
LIBRO S B C 0 N DO. CAB. XX. aii
EJt quoque /trtjlitas fuxofis plurima. Conchis.,
^t*ed Mure in bis tranet, num Cyfris alma dedit.
5 i^Ied* è crà le Conche fudecte da tacerti una . che da un latoi olo ECHIN Ar
TA ti vede» a fimigiianza di quella , che per curiofa vien figurata dati* Aldro-^
vandi . Quella con alcune delle (udette ferve a far vaga coronaalla circonferen¬
za piana deirartitiz iofo coperchio di quella gran Chiocciola Rugofa » che ridot¬
ta in forma di leggiadtilfimo nappo altrove s’ è deferitta .
De gli Fnivalvif e f rima delle Conche Veneree.
Caf. XXI. ’ r
C ....
X A * Bivalvi fuccedono,que’ Teftacei, cheperclTered’unafofaConcapro-
' villi, Vnivalvi s’appellano, e lembrano meno lludiati dallaNatura,
tuttoché quella non tialtata meno provida nella fabrica loro, che de’ preceden¬
ti, hivcndoatutti proporzionatamente alTcgnato quegli llrumenti , che perù
commoda loro vita facevano di m&llieri. Molte Ipezie fotto quello genere li
contengono, tra le quali partni, che meritino di precedere le Conche Veneree
non tanto per la durezza., quanto per la bellezza loro , e per 1* ufo; a cui fervono
cotUmunemente , di dare il luftro a di verlc cofe .
2 LE CONCHE VENEREE < come prima di tutti furono chiamate dal
Rondelezio ) fono quelle per lo più ovali , ma fchiette , che nulla mollrando di
fuori come s’attorcano , da ambe le parti ti raccolgono in le RelTe, come com¬
pone d* un piano foio quati rotondo ,eofl due ellremità infe ripiegate , facendo
quali una bocca, co’ labbri ellcriormenre còsi eguali, e Ilici ^ che fervono per
dare il luRro a più cofe . E di qtir^fle par che s’ intenda Marziale in quel vedo
Lavior- 0 Conchis . Caliti Cytheriacis ,
Sciltegaifo in queir altro.^ V.;
Interdum legimtts Paphias è Littore Conchas, •
g E forti hebbero taldcnomihaiionc non tanto per la bellezza,© per la Patria
loro commune a V enere , che pur fingefi nata dal Mare
Con le Grazie ftherzando . e con gli .Amori .
La fué Conca roto per l* Onda Egea.
quanto, perch’cfprinsqnotcoUefatteazcquella parte, cui predomina il Pianeta
dello fteflfo nome. Al che parimente allude riftorla, che ne racconta Plinio,
trattadaMuziano,ilqualefdriire,cheincaminatafia Gnidoia Nave, che por¬
tava gli Ambafeiatori di Periandro, il Tiranno di Corinto, con ordinedi far eoa
barbarotaglioicndcreinabilialla propagazione del genere i Fanciulli nobili:
ecco nel più'bel correre a piene vele arreftòlfi jn un fubito l’Abete volante; e,
cercatane la cagione, vi furono ritrovate fotto la Carina attacate molte di quelle
Conche , le quali perciò furono dedicate a Venere , e tenute in gran venerazio¬
ne da’ Gnidii nel famofo Tempio drizzato a quel Nume nella loro Città . Al che
fembra che alluda.GTazio antico Poeta , dove mentova i monili di facre Conche
fatti a’ Cani da Caccia , per fervir loro d’ amuleto , palefando in tal modo un’ufo ,
curiofo di tinnii Teftacei. - • ' ^ s .v;
Sunty qui lucifuga > crilias inducere malis ^
lujfere. aut SACRIS, conferta Monilia\CQNCHIS\.
Benché il Valvafone valendofi di quella erudiztoné di Grazio cella fua Caccia ,
per quelle Sacre Censhe intenda non sò qual picciolo Conchile Periato , che non
■rovo prelTo gli Autori, i quali de’ Eeriad ne mentovano. folo de’ grandi ; nè
L feorgo
|t
L‘ 2. tp 47*
L. Ber.
V. 323.
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BatU Petf,
mtl. P, i.
f , 173. 2,. »4
PkLp*Ct2^,
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Dt-Vtfìat',. ■
Vi 400.
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DtUt Cète.
C.2.9f.
11% , Mf^SSOroSPlANC
/corgo di quale (perieeflfcr poffatfe forfi, per conciliar qucfti Poeti , non fulTeta
Conea VCDcrea lattea picciola,chefoIorràlccongtnerihàqualche fimiglianzt
di coior con la Perla ,c perciò non è indegna .che ne kri vede quell’ Autore .
JVc/ medejtmo Mar picchi ConchiUt
Caro pur a U Ninfe, ^ nafee , ér fplendt,
D' un lucido candor quajt fimi le ,
o/ t^uel y eh' illuJiri si le Perle rende \
Di queHi anco (i fuol tejfer monile ,
che i veltri dal crudel tofeo difendei
4 Per memoria poi del fudetto racconto la pofterità prefe a chiamar quelle
Conche Pemore di Muziano, Ediquefteparmiche s’mtendeffe il P, Vincenzo
Galli Crenaonefe, Chierico Regolare di S. Paolo nel fuo curiofo Trattato deli’
Epigramma* ove fcride: Remoraper exiguum Conchylon ingentem navimy velis ,
ventis, & remis impulfan» remorans, E ciò per ifpiegare quell’ Emblema dcl-
P Alciato* in facile k virtute defeifeentes ,
Parva, velut Umax , fpreto Remora impete venti,
Remorumque y Ratem fiUere fola poteìi ,
Sic quondam ingenio, dr virtute ad fdera veclos.
Detinet in medio tramite caufa levis.
i^nxia lis velati eft , vel qui meretricius ardor.
Egregiis juvenes f evocat i Hudiis.
Imitato da Gilberto Ouchcrio, e confermato da chi notò.
Vt Remora ingentem potis off retinere carinam.
Hac licet optato naviget ufqne Noto, '
Ingeniis obftat fc magnts parva voluptas,
Maximus d" parvo ventus ah imbre perit.
Motivo, come parmi, tracto dal Naztanzeno,chekrivendo ad una vergine, Cf^
'• lafciò quelli knli; ' . .
„ ^ V " Nec vita ipfa tua immittas Echeneida carnem,
JJu O reg* 9H arx . ' . _ , .
velut tn^eclo proferentem compede pupptm .
Detines, dr tantam cogit fubfiftere molem.
Ratt. Poef. Sentimento clprcUo dal Battilla in quelverlo
Mei. p. I. Non fa Remora il lufo a l' alte imprefi ,
f. loi. 2. f 4. £ piccinardi , ove krilTc
Non fa ter ren* jlmor Remora at ptede,
»cl Libro intitolato C Innocenza DeBinata a* Chioftri , Pofciache fc il nollro
Galli fi fuflo intefo della famofa Remora d’ Aciftotcle , di Plinio , c dell’ Aldro>
vandi,òpuredi qucllad’Oppiano, quelle non potevano chiamarli Conchili,
oon elTondo Tellacei , come quella di Muziano, ma fempiici Pelei Marini, l’ uno
de’ quali da Oppiano vien deferitto limile alle Anguille, di lunghezza d’uà-.
braccio, l’altro non eccede un piede. E di quella Ipezic favellò il racdclimo
Galli non lungi dal luogo citato, krivendo Navisvet magna, k Remora pifciculo
If loTcVrf.fifiUttr . A cui perciò tu con gran giudizio paragonata la lingua humana , e da
DecHm.f^t. Moniìg. Paolo Arcfio nell’ Imprela della Nave arrellata dalla Remora col motto
^BeiU]usm ^ MODICO NON MODICVM, come lo Ipìega l’-crud iti flimo P. Abbate Pici-
udii ;e da Pietro Carr rag ntil Poeta Siciliano, che ne cantò.
Miramur Pifcss tenuis virtute per undas
• ‘ • Ingentem fidi , velìvoUmque Ratem.
" In terris hoc lingua factt , dum> fuaviter irai
RegtSy d" irati mitigat ora Dei,
‘ . 5T)cIIe
>r?.
ofur. i66,
Emil, S3.
■ z'
Ducher. l.i.
tf. 40.
.Af.vicìntl,
tu Mund,
Symb. 1,6.
r.36. 11.149.
f- «3-
€all loc.eit.
P JJ-
Ptctntl. toc.
e*t.
L. l- var.
X 1 'S n 0 S È è 0 tfD O. CApn XXl. 123
5 Delire Remore di Muzrano , ò fiano Conche Veneree, gli Autori ne uefcri-
vorio varie forti , come i’ Aldròvindi ,che ne propone ventifette differenu . Ol»
tre lex^uali ne odertro non poche nel Mufeo^i che giudico molto rare , non tro¬
vandole ( tratta 7? una , ò due ) mentovare, nè da quel gran Segretario delia Na¬
tura, nè da al rri Scr/trori , che mi hanocapitati alle mani. Per lo che molto An¬
golare apparifee il dono , che ne fece a quello Cimelio la liberalità del Grandu¬
ca dìTolcana Cofimo III, Sono quefte le
^CONCHE VENEREE LATTEE; così chiamate per emulare a mara¬
viglia in tutta la luperAzie eReriore riliibato candore di purillìmo. Di modo
chepotrebbono a prima veduta edere credute Ova di Gallina, fe, come fono
molto più candide , cosi non ludero alquanto più lunghe : havendo nellè eRre-
mica perlalonghezzacontrapoRemoltofcanalati,epiù, che tutte l’ altre Con¬
che Veneree , prominenti i due condotti deRinati l’ uno all'emidìone della prò-
bolcide , e ricevimento del cibo , l’ altro all’ ulcita de gli eferementi . L’apertu¬
ra della-bocca non è dr’Cra,maquaAremilunare,dc, a differenza d’ ogni Conca
congenere, non è dentata, ma lolaalquantocrefpa inquel labbro, ò iato, che
farebbe il termine della conca, fe fuiTe piana, raccogliendoli in fe Reda foJo
dall’ altro lato , ove rotondeggia più di tutte l’ altre . Di dentro fono bianche, e
gialle ,& infieme diafane .
7 CONCHE VENEREE di prima grandezza, cioè maggiori d’ua’Ovo
di Gallina, variegate nel dorfo di rotonde, ma ineguali macchie idi colore tri
fudicio,erolTo,iiicampobiancolivido,inclinantealleonaco, con una Rrifca
gialliccia pe’l lungo dei tergo , eqaaR nel mezo, laquaie inniun’a'tra fpeziedi
queRe Conche A oflfer va . Nei ventre , ò Aa in quella parte , che pi ù è piana , ion
bianche, e v’ hanno la bocca co’ denti , ò crene nel labbro p;ù fchietco , più rare,
nell’ altro più Anuato in dentro, più fpede, e tutte corre da un capo, ove quefte
Conche fono più groffe, poco fopra il pertugio oppoRo a quello della ptobo-
kide , hanno un vettigiocome di turbine, che nede precedenti, & in tutte le
defcrittedaglialcnnonAolT.rvajònonAcfprirae. Le direi della fpezse della
quarta Conca Venerea Agurata, edeferitta dall’ Aldrovandi, fe, come in tute*
altro confrontano , così f afferò, come quella , nello interno candide , e non più
toRo di co! paonazzo slavato , e ,che più importa , non havefferoil mentova¬
to veilgio di turbine .
8 CONCHE VENEREE di feconda grandezza, poco minori delle prece¬
denti, delle quali variano folo nelle macchie, che fono più rare, & inclinanti
airoffo,edi poRecomein Ale ondeggianti, tra le quali meglio campeggia il
bianco, c’ihvido, con veR gioditurbine alquanto piùdiRinto, che nelie pre¬
cedenti. Nell’ interno fono violacee, con picciole macchie leonate.
9 CONCHE VENEREE di teiza grandezza, STELLATE, come quelle,
c’ havendo il dorfo di color bianco livido inclinante ai giallo , fono feorfe pe’l
lungo da lpeffe,c minute linee fui ve, ma interrotte di modo, che lafciano fre¬
quenti fpazii rotondi di i primo colore , i quali fembrano STELLE: oltre le
quali vi rcRa libera sù ’l doi fo , quanto è lungo , una Rriicia del medemo colore .
Anzi quel e linee fulve in qualcne luogo rapprefentano caratteri Arabici . Nel¬
la parte p ù baffa de’Aanchi vi campeggiano molte macchie rotonde di color
d' ametiRc, inclinante a) piombaceo . Nel di fotto , ò Aa nel ventre fono di color
di carne, e più fpianate delle precedenti,con le crene, ò denti lunghifAmi, c
nella radice dei color di ruggine. Ma quello che di più maravigliofo vi offervo«
fopra il pertugio deRinato alla trafmiffione de gli eferementi, A è unTurbinc
patente , che Anifce i n punta non poco acuta, con i fegn i diftinti di tré in quattro
La circon-
A.
124 ' S ByÙAC Q S P I 4 H 0 \ 1
circonvoluzioni benifitmo formate . Onde non fenzi ragione quefteJpò^detlbo•’
nochiamarfi CONCHE VENEjREE TVRBINATE, e cometa Ifiiawcbbe-
ro potuto coUocarli ira’ Turbinati ;,aacoifchc qui fi pongano, tr;ì gli Vnivalvi » sì
perche le congenerilono tali, come perclKique’gai non apparifeono nell’inter¬
no delia Conca, ove tutta è bianca, e» perquantodi vede, ic-h etra. Forfè tali
furono quelle , che ofiervò Muziano, chiaraandol&fa mio'c'rcdei e , per ihurbi-
ne) Murici nel luogo fopracitato da Plinti efie IcrUle. MutUnus Muricem tjjè
Utiorem purpura, neque afpero, mque roiimda. ore, neque in angulos prffdeunte
rojlro yfedJimpUct Concha utroque latere, fe colligente^ ■
10 CONCHE VENEREE di quarta grandezza, del colore delPamctifto,
con qualche midura di giallo, tutte Iparfe di macchie candide rotonde, di di-
verfe grandezze . Nc’fianchi ,ove inalcune è p ùintenlo, in altre più slavato il
fudettocolore, fono Teorie di foiche linee fottìi!, & eguali, pe’i lungo dal iato
dedro , c pe ’l travet fo dal finidro ; le quali iembrano ombreggiatnemi latti col
bollino. Hanno il ventre bianco, e quali carneo, e nell’apertura loro i. denti
lunghilfimida una parte ,c dall* altra pmcorci : nè fono fenza qualche vedigio
di turbine da uncapo. t
11 CONCHE VENEREE di quinta grandezza, bislunghe, col dorfoui-
riegato di minutiilimi punti leonati in campo gialliccio, & i lati bianchi coru
qualche macchia violacea , e donata , nel di fotto del color dell’ onica , co’dcnri
affai lunghi , e.bianchi ,c gl’ interllizii loro giallicci, di dentro violacee . Nò
quede mancanodi qualche vedigiodi turbine.
12 CONCHE VENEREE di feda grandezza, col dorfo molto alto, varie¬
gato di bianche macchie rotonde di varia grandezza in campo tanè, & ì fianchi
depreffi, mache pofcianelPcdrcmità moltofidendonoin fuori, di colprlcona-i
to , che fenza alcuna macchia fi mantiene anco fotto il ventre, ove fono così fpia«
nate , che rapprefentano per appunto la gufeia fupcriore d' una picciola Teftugi-
ne, malfimeellendo di figura perfettamente ovata. Biancheggia in eflerapew
tura della bocca, ove hanno le crene, èdèmi molto lunghi: e la fuperfizie in¬
terna è paonazza.
13 CONCHE VENEREE di fettima grandezza, limili nella figura, mac¬
chie, & ombreggiamenti a quelle di quarta grandezza fopradefcritte, ma tal¬
volta col color folco de fianchi più intenfo , e di dentro più bianche. i
14 CONCHE VENEREE d’ottava grandezza , nel colore, e punteggia¬
menti del dorlo limili a quelle di quintagrandezza fopradeferitte , ma non cosi
bislunghe, con parte de' fianchi, e tutto il ventre candido, fenza alcuna macchia ,
15 CONCA VENEREA di nona grandezza, bislunga, con tutto il dorfo,
e fianchi minutamente punteggiati di bianco, in campo bigio slavato. H.ì di
fingolarc non folo il fegno patente del turbine , ma anco nella circonferenza de’
fianchi un’ordine dicrefpe eguali , oltre il quale fi dilata alquanto, c pofeiafi
raccoglie da ambo i lati , formando la parte fottana , eh’ è bianca con qualche
macchia ametifiina: emoftra lunga dentatura , eficndo didentro violacea .
\6 CONCA VENEREA di decima grandezza, col dorfo bianco gialliccio,
i fianchi , e i ventre candidi, e rara , e breve dentatur.i . Non è maggiore d’una
mcdiocreOlivagiacciola.acui pure è fiinile nella figura. Sin qui leConchc
do late dal Scrcnilfimo Granduca di Tofeana . Oltre le quali nel Mufeo fi vedono
17 VARIE CONCHE VENEREE, le quali in comparazione delle prece¬
denti fi ponno chiamare di decima grandezza, e fono della quarta fpczie allegna*
tane dal Rondelczo,macon la circonferenza tubcrofa» e tutte bianche di fuori,
€ violacee di dentro . Alcune delle quali fcivono a far comparir più pompofa la
. i bellez-
i / ® R 0 secondo: CAP. XX!, 125
be! !ezza di varie Madriperlc fopradefcritte . Mi fù riferito, che in aScuniPaeiì del»
l'India paifino in ufo di Moneta «come le Chiocciolette limili alle Conche Ve*
neree a fuo luogo mentovate.
18 Alcune CONCHE VENEREE d’ undecima grandezza, fingolari per
la picciolezza loro , effendo poco maggiori de’ Pinocchi mondi , come pure gli
raffomigliano nella figura, e nel colore: e quelle fervono di vaga corona al
tronco d' un ramo di Pianta Tofacea , che fpczie di Corallo bianco vien giudica*
tì; piantato lui coperchio di quella bella Chiocciola Rugofa, che altrove li
defcrilTe ridotta in forma di luperbiffimo nappo.
19 Simili a quelle fono gli ANTALI, ò ÌENTALI, Conche picciole di
follanza, e d’orifizio, quale è nell' altre Conche Veneree» c parimente lifcie,
ma più bianche delle precedenti ,
• ao Potrebbono a quella fpezie ridurli ancora quelle picciole Conche» le
quali prelTo alcuni Popoli Indiani li (pendono per Monete » e per lo più nella.,
iollanza,& apertura di bocca, anzi nella fuperfizie variegata di bianco, e leot*
nato,€ nel lifcio fono molto limili alle Conche Veneree. Ma perche portano
evidenza di turbine , e più s 'accollano alle Chiocciole » tra quelle li fono
collocate.
Pateiiti Orecchie t & Omlfitiehi 24ayiiti ^ & altri Vnivdtvi:
Cap, XXIU
f W E PATELLE fono TeRacei piccioli d' una fola Conca non ben rotonda'^
- JL> 1 quali con la parte carnofa Ratino così tenace mente attaccati a'falfi de
gii Scogli ,che non fe ne ponno fpiccare,che a forza di ferro, come il Polpo , che
|)erc»ó fervi ^er corpo d'imprefa col motto Francefe PIECE,
SE BEST ACHE, olia DISERPI, ^AM DlSIFNGh E ciò per clprr^
mere » chi può dire col Cavalier Guarini .
Prima che mai cangiar voglia , 0 fenderò.
Canterò vita in morte,
ve n*hàdico1!oTbianco,di rofeo,cdibigio^
a ORECCHIE MARINE, così chiamate dalla figura, che portano d'orec¬
chia humana. Sono TcRacei della natura delle Patelle » Rando con non minor
vigore artaccati a* (affi con la parte carnofa . Onde tra quelle furono dal Filofofo
collocate,
3 VMBILICHI di MARE furono chiamate non folo le Conche Veneree
della quarta fpczie del Rondelezio , & alcune Chiocciole umbilicate, ma anco¬
ra certe produzionidel Mare limiglianti all’umbilico humano» da taluni dette
VMBILICHI di VENERE , da altri FAVA di MARE , non ilcoftandoli
di figura da’ grani di quel legume. Sono di loRanza di fallo» onde trà falfigii
defcrifie il Vcntiio nel i uo Mufeo . Ve n’hà de'grandi quattro deta di diametro,
ma fono rari, e li portano dall* India» come il maggiore figurato dal Vormio. 1
minori che fi trovano nel noRro Mufeo, nella grandezza non eccedono l’ ungbià
del dito grofVod’ un’ Huomo ordinario, imperfettamente rotondi, nel di lopra
lifei , di color d’ocra , lucidi , 3c alquanto cavi , con un* eminenza nel centro, che
li tà limboleggiare rombitico, fe più toRo non voleifimo paragonarli a gli occhi»
fembrando in efsi pupilla il cèntro eminente . Onde taluni chiamarongli OC*
CHE MARINI; e per la figura crede«:ero,che appefial collo giovalfero agli
occhi . Nella parte di lotto fono piani »e feorfi di certe linee , che difegnano una
Chiocciola . Ne fà menziotie l’ Aldrovandi» affermandoli coperchi di una fpezie
^3
PieìrtU.
in Munà.
Syt>.bol-l
e^jo nu,ii8,
flit P. F.
An, i.fe4.
I-* 1.
c. li.
V, fuprtlUx
e. té. na, 14,
C £jO*
lob. C.7. Zo.
jlri/jf. de
f4rf./.4.f.8.
latf M y S BO QO S P ì AN ,0
di Chiocciole, ch’egli chiama Celate , c ponilo ridurfial genere de’ Turbini:
’ quantunque però la dmiglianza del colore , e della foftanza me li faccia fqlpcttar
' coperchi delle Chiocciole orabilicate lifeie, di gufciagrolla, e trafparcntc,f«-
pradcicritte, V’è chi fupcrftiziofo crede, che porrati addollo da qualche don¬
na la rendano più amabile . Ma la cagione dell’Amore li è,ò la bellezza, ò la Vir¬
tù. L’efperienza d’ alcuni infegna che fermano il faogue attaccati confalivasù
la fronte dalla parte piana , Ridotti in polvere giovano a frenare il foverchio flu(-
lode’mcnftrui»c lo fpuco del langue «
4 Ponnotràgli Vnivalvi riporli ancorai DENTALI, come vi ridulTerAl-
drovandi i Tubuli de’ Vermi, & i Pennelli di Mare. Imperoche fono compolti
di materiateftacea,etra’Turbinati,ò Bivalvi non ponno giultamente annovt^
rari!, non ha vendo Turbine, ò Conca duplicata. Sono i Dentali certi canaletti
candidi, rotondi, quando Ilici, e quando llriati, che fìnilcono in acuto, cinti
qualche volta d’ una ,ò più linee ineguali, non del tutto dritti, ma piegati al¬
quanto a guila de’ denti canini, onde trallero il nome. La loro lolUnza, come
fidille, è tcftacea ,e perciòdi facol à eliccante. Onde m* è riulcito di guarire
colla loro polvere alcune lillole lacrimali non molto invecchiate . Altri gli ap*
pendonoal collo nelle angine. Nalcono per lo più lopra le Telline. Se netto-
va gran quantità , ma di loftanza quali marmorea in un Torrente del Bolognele ,
che li chiama il Martignone , che parimente conduce varii lalli llravagann per la
figura , che rapprelcnta quando Animali , ò parti loco , e quando cole artihziali.
t tra le altre bizzarrie , che porta Icco quello Rio , lovviemmi d’ haver trovato
in propolito de gli Vnivalvi de*
5 TVBVLI de’ VERMI di varie figure, che nel Muleo fi vedono, dall’AU
drovandi ridotti a quello genere di TcRacei , per la ragione addotta delli Denr
tali. Fanno alcune Ipire, cornei Serpenti, c nella configurazione lonofimiiia
quellidellaprima,elecondalpcziedc’TubuJi proporti dalGionftoni,
De' CruBacei, Caf, XXIII,
X \ yf Olto limili a’Tertacei nella durezza della lorgulcia, come nota Gale-
1 Vj. no , lono i Crufiacei ,che loro perciò li loggi ungono, ellendo Acqua¬
tili parimente Elangui , ma di minore utilità de’ precedenti, quantunque dì parti
pi ù dirtinte format i , e più ingegnofi , portando genio , e cacciatore , e guerriero,
come gli elpr' (le il Boldoni , che dopo la menzione di varie Conchiglie , delle
quali lono elfi avidilTimi, così ne cantò.
£ le fiere t onde fon fot quelle ucci/e ^
Cui cinge tutte affrifima armatura
L' Afiaco belltcofo , & il pugnace
Pagurot e la Loctifia empia ^ e vorace»
Dì quelli nel Muleo fi polTono vedere i leguenti .
a LOeVSTA MARINA, Cruftaceodi figura non molto divcrla da quella
de’ Gambari noftrali , ò fiano Altachi di fiume , aflai però maggiore , e più vallo
di gulcia non così nera, ma più torto rolla (non apparendo in quella mortai!
ceruleo delle vive ) di petto più llretto , di corpo men carnaio , c più duro , con
dicci piedi, de’ quali lolo i due , che fervono di mano, terminano in ilchiettc
forfici , come notò il Filolofo, che a quello Acquatile allegnò il primo luogo tra’
Cr uftacei , forfi per mirabile conformazione > dc ingegnola fabrica del di lui cor¬
po , tutto maravigliolamentc agguerrito. Conciofiecolache leminato di Ipcfli
aculei nel capo , e nel dorlo , con erti ributta le ingiurie; e vibrando due roburte
i corna
L l B R a S B C 0 N D 0. CAP. XXIII. 117
V Orna , con c(Ie , non altrimenre che i tnonrooi, cozza gagliardamente con grin-
liividui della propria Ipezie, econaltri; e, quafifufferodiie aftearreftate, por¬
ra guerra ovunque le occorra , fenza tema dell' inimico ; e nelle piaftre della co¬
da con particolare artifizio commefTc in fembianza di Lorica, rapprefenti_ ,
1* archetipo, ei' ufo infieme di tale armatura» come avvila l’Aldrovandi. Così
tutta armata la deferiffe Claudiana in quel fuo frammento citato dal noAro Gai-
U.nefTrattato dell* Epigramma , dicendone quel Poeta,
Horret apex capitis , medio fera lumina furgunt
; Vertice , cognatus dorfo durefeit amili us.
Armavit Natura cutem, dumique rubentes
Cufptdibus parvis multis acuere rubores..
Dallequalidifpofizioni Militari le fi pofia argomentare nella Locufta Marina
tanta virtù d ‘influir pace, che folaraente la di lei figura (colpita in un Berillo fia
valevole a pacificar coloro, che infieme guerreggiano, e fargli amici cordiali,
lafcio che lo credano i Fautori delle fuperfiiziole virtù delle Gemme , e correin
Lodovico Dolce , che fu veramente Dolce in ifcrivere quelta, e tant* altre vanità
fimili nel Trattato delle Gemme ,
3 ASTACO MARINO, commune, fenonde’Maflìmi (che con una fola
Chela tutta dentata ponno abbracciare, e TufFocare un’Huomo, com’efprellc
Olao Magno nella fua Tavola de’ Paefi Settentrionali) almeno de’ maggiori >cbc
vfgganfine'noftriMari. Morto non minor fierezza fpira della Locufta, fi co¬
me vivo non era men bellicofo
4 LEONE di Plinio, fpczied’Aftaco, di braccia fimili a quelle de’ Granchi,
nel l efta non differente dalle Locufte * DalPeftrcmità della coda , fino allafom-
miti delle Chele , che fono di dentro dentate , è lungo pi ù d’ un braccio , Il no-
ftro Platina filmò che falle chiamato Leone per lafulvezzadellagulcia, la quale
peròinqueftoèroffa, forfi per lacottura. Onde meglio che di Giunone, po¬
trebbe canarne quel buoncompagno del Lalii , che è
RoJ?a, qual cotto Gamèaro,. (^c..
Ma fe hà commune col Kè de’ Quadrupedi il nome , ha poi con eflb tanta dilfi-
miglianza di natura , che, foiamente veduto, fà tutta raccapricciar quella Fera .
che , quantunque magnanima , e generofa ,non altrimente »che fe udilTe cantare
un Gallo, al primo alpcttodi que fio Acquatile, feordatafi di fe fteffa , come ri-
ferilcc l’Aldrovandi nella Rubrica dell’ Antipathia di quefio Aftaco, fi mette in
fuga , avverando quel detto del Conte Bolelli nella Corte Accademica .
che ben talora un. folo Augello in terra,
che ben talora un fola Pefee in Mare,
Spaventa gran Leon^
5 elefante marino, razza pur d’ Aftaco» fimilc al Leone , collo
Chele ftei minare , per entro, e per di fuori bernoccplmc, la maggiore delle qua¬
li c lunga quali tré palmi,e largapiud’ uno»di fattezze fimigliantiilìma a quel¬
la, che dal Genero traile l’ Aldrovandi ,
6 CRANGONE, ò, come dal Volgochìamafi, SPARNOCHIA, Crufta-
ceo del genere delle Squille, e tra quelle il più faporito, di corpo lungo pià
d’una Ipanna, comprelayilacodacompoftad’undicicommifiure. Hàleancen-
ne più di turco il corpo lunghe, e nel reftocorrifppnde in tnfto alla figura, che
ne porta r Ajdrovandi .
7 Dive^fiGranchietti^diquelli, cheabitanpnc^Turbinilimghi , a’ quali il
volgo diede il nomQjjii Bernardo Eremita, Di quelli vedali i’ Aldrovandi<ff
Tejìaceis cap, i6.
Iti
He Cruft.
c. 2.
Claudia.
Epigr.6.
Vtne, Gali,
de Epigr.
pag.i^.n 17.
Dulc, de
Gemm.li 3.
f . mtitt 94<
L.it.e.nl
De tum.va*
let-l. io.{ag.
mthtio6.td,
LugA.l'i^l.
8.
Franceid,
C. 4. It.
Pavt.i.fag.
mihi 87.
He Crufi.
f.j.
He Crtifi.
e. IJ.
M S E 0 C 0 S P I ANO
De* Vegetabili»
TRafcorfalaClaffede gli Animali fenfìtivi del Mufeo , rimangono i puri
Vegetanti , che nel Teatro delle Cofe Animate occupano Tinfimo luogo ,
e perciò erano da riferirfi qui folo . Ed in quello genere ci fi ofTerifeono divertì
Frutici , e Piante di Mare , e di Terra « ò parti loro ,c Frutti , c Semi peregrini . e
nollraliiò perla rarità loro, ò per qualche fingolarefcherzo di Natura mirabi¬
li. E già che ne* precedenti Capis’ è trattato di materia fomminillrata dal Marc
in quel genere più nobile, che ivi fi maneggiava, non farà fuori di propoficoil
profeguirc colie produzzioni di Mare , che incontriamo tra* Vegetabili.
De* Coralli diverfi, ér altre Piante Marine ,
Cap, XXIV,
* TLCorallo, che da taluni fù chiamato Lithodendron ^ ò ^x^dlberodi Sajfo^
i come leggefi in Diolcoride , è veramente una Pianta Marina , dichiaran¬
dola cale , e la %ura tutta ramigliola , e '1 luogo, dove nafee, e vive naturalmen¬
te molle ,tutto che pois* indurifea, e prenda manifella confillcnza di pietra da
calce, quale appunto fi oderva in alcune parti di molti Animali acquatili . E*
commune opinione de’ Poeti, edegli Storici antichi, e moderni, eh’ ella acqui*
flicotal durezza fol quando ellracra dal Mare riceve infe leimprelfionideiraria,
nonaitrìmente, che il ferro infucato temprandoli nell'acqua s'indura. Onde
Ovìi f.4. Ovidio hebbe a dirne.
Nunc quoque Coraliis eadem natura remanti ^
Duritiem tallo capiant ut ab aere ^ quodque
f Vimen in aquor e erat» fìat fuper aquor a faxum',
s Ciòperòmifembranon più vero di quello Ha l’origine , che, favoleggian¬
do, gli have va poc’anzi alTegnato il medefimo Poeta, dal Valvafonc fpiegatò
ne’feguenti vtrlì.
Suona la Fama, che ’/ figliuol di Giove,
^uel, che converfe il vecchio Atlante in Monte,
Poiché Andromeda fe con chiare prove
Del Mar in Mojlro non temer piu 1' onte ,
Scendendo in riva al Mar, di verghe nove
Coprì ’ / terreno , e la Corgonea fronte
Sovra vi pofe , ne vi fu intervallo ,
Le verghe diventar duro Corallo.
Le prefero le Ninfe, e varie Piante
sotto acqua ne innefiar così feconde.
Che tojlo fe ne ornò tutto il Levante,
V Oflro, e l* Occafo, e P aggiacciate fponde .
Conciofiecofache il trovarli di limili Piante conalcune parti inferiori perfetta¬
mente inccrallitc , & alcune fuperiori fcmpliceinente Icgnole , fa conolcere che
l’aria ambiente non è ballcvole ad indurare il Corallo. Perlochcpiù verifimilc
ini psre che que (le Piante ihfalfilcano quando nella loro foftanza Icgnofa , e po-
rofas’infinua certo fugo, ò fpirito pietrificante (come lo chiamano alcuni de’
moderni Filo(ofì) che anco fuori del Mare in altri corpi manifclla laluapodan-
za ; i! quale altera di modo la Pianta , che la fà morire , c, rappigliandofi in clTa,
A^dr.Muf. latrasforma nella propria natura, come con molta probabilità difeorrono An-
/elmo Boetio , i’ Aldro vandi , & altri .
3 Nafcc
Della Cac‘
età C. 1. 9},
»4.
A/Ì4pt. Brit.
i.l.
In peem.
mf. ap, m$
f'4*
'>■»
I / ^ a is^A a 0 fi 0 qo. CAK xja^.
•f- ^ N»fóein d.Ly e.rfi Mari, óc io f»arti,cQÌare nel Mediterraneo , pefeandofene ifl
^olti hloghi adjacen ti all’Ztalia , & altre Regioni d' Europa , & ancora nelle Ri-
vrefcdcU! Africa , tnallìme nel Regno di Tunifi , come accennò il noftro Pietu-
iiicgra nelle Nozze Britanniche rammentando ^
Vsndera, Coraliis ixtjìgnia Tuneunis,
Anzi nafee ancora inqualcheliiogod’acquadolce, le non favoleggiò Monlìg.
Tflipj|oGcri Vefcovod’Anriii defcri vendo certa Fonte al Cardinal Moroni con
<iucfìi verlì.
^mnì & Coralia aquor eo fuhgurgite tantum
Sueta prius nafii , fuptrifque recedere 4^ auris
Hoc pajTm de fonte ( novum , ^ mirabile di6lu )
"■ ‘ Attollunt fe fe , ^ fpatiis ita dijfita certis
Exuperant undas, liquido ut fuper aquor e credas
* ' . . E.fe, velut pofitas , nandi ad certamina , metas ,
,^as inter centum afuerint infindere fulcos
Nunc hac, nunc illuc, centumque retexere curjus
Tlexivagi pifces , quos nunquam retia fallunt,
4 Varia molto ne- eoiori dalxhc ne rilulta ia diuetfità osile fpezie, Avve-
gViacbe ve n’ hà di rollo più ,ò meno intenfo , c di nero, i’ uqo , «l’altro noto a
gli Antichi . E di cognizione de’ Moderni le ne trova del bianco, del verde,
del giallo , del cinericcio , e di quello , in cui alcune deile mentovate difrerccu^e
accozzatelìolTervano. Il piò. perfetta però giudicali il rollo, che perciò piu
viencoRumato, e negli ornamenti delle Donne ( onde il noRroCrotei
Heltadum lacrymis , ó" ramifero Corallo
Fulgebant Cyprià perlita colla Bofa.) * ,
e nella Medicina , che ne fà polveri , ò ne cava magiReri , quintelTcnze , tinture ^
fall , fiori , fpiritì , e feiioppi molto profittevoli alla la'ute humana . V’ hà talora,
come di molte altre cole preziofe accade, chi li falfifica, formando paRe rode
molto fimili al Corallo. Ma queRe (per dirlo colle parole d’Antonio Maria
Colpi famofoLeggiRadi queflo Secolo, della cui autorità mi pregio d’onorar
queRe carte) fono facili a conofeerfi , perche ejfendo necejfariamente conglutinate
con colla, b pece, b altro tale, con un ferto infocato preHo fi chiarifee , Oltre che CrfmtnA.ì,
il Corallo vero c gravijfmo , dove che le pafie del Corallo falfo faranno molto ^.48.»«. 8.
leggiere , il vero Corallo /nona , e fi cenofee pietra ; le paUe non haveran quel
fuono , ma fardo . Di quello curiolo genere di Piante di legitimo Cordilo Icoit-
gonfi nel Mufeo le feguenti differenze .
5 Pianta di Corallo Roffo, di grandezza notabile, il cui tronco principale
diRribuendofi in molti rami d’ un’oncia di diametro , forma quali un’ ArbukeU
lo, che quantunque privo non che di frutti , di foglie, nella fua nudità più ricco
apparifce , potendo lomminiRrar maceria di corone molto più preziofe , che di
Quercia ,ed’ Alloro.
6 Pianta di Corallo Roffo con cinque rami, la quale fpuntadalfenod’una
Chiocciola Rugofa , Rriaca , e tuberofa ,fimiie a’ Turbini , manifeRando natura¬
lezza de’ Coralli il vegetare non folofopra la Matrice loro, ma ancora fopra al¬
tre fuRanze , come è accaduto non foioin queRo TeRaceo, Se altre cofe da men¬
tovarli , ma anco nella
7 Conca Corallina Echinata, dicuififavellòtra’ Bivalvi; quale havendo di
notabile il colore , e la fuftanza del Corallo Cinabrino nella parte eRcriore , mc^
tata che qui fe ne motivi la cagione , che può dipendere dall’ effere caduco fppra
di
fitrtnitn
Diemtt$e.
méch. l. 2.
v.iop.
^athùl, l.f,
fMf.
V30 'M y s s 0 c 0 5 T i A n ò
di quella gufcla alcune ftillc di Corallo recifo . mentr’era pregno di fperrna c<k
rallino , le quali infinuatefi nella di lei fcorza cfter.ore , Se ivi rapprele , i*habbia^
no convertita nella propria fuftanza, c dato origine a quegli aculei corallini,
che (opra vi nacquero a renderla non che fcabrola, echinata, acciò fe ne polla
dire col Valmarana
— • ■' — — no» »fptra tantum
Scrupea Conca riget.
E forfi erano per crefccre in altrettante Pianticelle di Corallo , fc ’l tempo Io pcr2
metteva, come luccelTe in quella Chiocciola di Rami Corallini per ogni parte
fregiata, che nella famola Galena del Sig. Canonico Settala non fenza lluporfi
vedeinMilano,c percola veramente (ingoiare venne raccordata nella Deferi»
zione , 5e Ampliazionc fattane rifpetti varaente da’ S gnori Terzago , e Scarabei»
li. Ragione, che le qui luffìRe, può inlieme perluadcre come naturalmente
habbiano potuto generarli que’ Coralli, che fovra un’ancora prodotti mirabil»
mente l’ ingemmano : e quell’ altro, che radicato fopra un Cranio humano , coi»
cffaconfcrvafi nel Mufeo Pilano de ISereniilìmo Granduca diTofeana.
8 Tubularia Cinabrina idi circa venti libic dipelo, cui Filippo Greco po>
irebbe chiamare
wietìt TfMnaritfTti
cioè Ponti pertufum lapidem ^ per bavere aci pumicolo, come per certa lìmi»
glianza, chetieneco'le (pugne, dalSig. Marchele Colpi vien chiamata Spongi»
Corallina , ò Coralloide Spongiofa . Quella è produzione di Mare del genere de*
Coralli falli , conliftente in una foltilfinja congerie di piccoli tubuli , ò canaletti
cinabrini , di luRanza di Corallo in più pam collegati inlieme da alcune travet le
trulle dilpofte con uguale intervallo; i quali lutti hanno l’origine da un pez¬
zetto di tuffo bianco , che ferve di centro alla malia loro , c Ipargendolì quali per
ogni dimcntionc formano un corpo di due palmi di lunghezza, d’uno cmezo
d’ altezza, c d’uno di groffezza; coni tubuli da un lato molto diRinti, com’ef-
preffo li vede nella prima Figura dello Pleudocorallo rollo Calamite dcU’Aldro-
vandi: dall’altra partclcmbra Alcionio (anzi da taluni viene creduta l’Alcio¬
nio MileliodiOiolcoridc, di cui però è molto più dura) vedendovili non i tu¬
buli, ma folo le cavità frcqucntilfime delle lommìtà loro, come rapprelentali
nella parte inferiore della feconda Figura del Indetto Fleudocorallo deU’Al-
drovandi.
9 Pezzo di Matrice di Corallo, che forma quali una Piramide non molto al¬
la , ma di baie larghidima , nella cui lommìtà li vede un gran tronco di viviKimo
Corallo rollo. Il rimanente è una congerie di terra ineguale, molto pelante,
per cui Icorrono molti Canali obliqui, di luRanza tcllacea, limili a i Tubuli de'
Vermi di Mare , ma che per l’obliquità fembrano tante radici che Icrpcggino
per tutta quella materia. Da lati a luogo a luogo vi Ipuntano de’ germogli di
Corallo bianco, de’ quali alcuni ben grandi hanno laluperfizie così legnata,
come le fullero Rati imprefli de’ legni della cute delle deta humane . Di lotto in
qualche parte folleggia, partecipando la natura del Corallo rollo. Altre parti
di queRa mafia fono candide , c dufiflime , come il marmo .
10 Pianta di Corallo nero da gli Antichi chiamato Antipathe , il di cui tron¬
co principale terfiffimo, nato da gran Matrice , fi diflribuilcc in quattro rami di
vane grandezze , rotondi , ineguali , tubcroli , e lucidi, che in alcuni luoghi fol¬
leggiano, c s’allungano molto più di quello , che fi offerva in tutti gli altri
Coralli,
ai Pianta Malsima di Corallo Bianco, ramofilsima, col fuRo principale
grollo
L l S K 0 SECONDO, CAP, XXlP, 131
gro^o quinto un braccio hutnano,& i primi tronchi di quaiì due oncie di diamcr
tro. NècantoineOaèmirabileJa mole, quanto la diveriicà delle produzioni^
irafmettendodal tronco principale non foloifudetti rami bianchi difua fpezie,
ma ancora diverli ratnufcelli di Corallo rolTo , i quali per elTere piccoli , e lottili ,
là dovei bianchi fono grofsi, mi fanno congetturare che non lìa vero, che il
Corallo , prima che diventi rodo, lìa bianco, e che quello lìa l’ immaturo , c
quell’ altro il maturo . Perche , le così fulle , dovrebbono in quella Pianta edere
rofsiiRamipiùgrofsi,comepiùperfetti; c bianchi ifottili, come più imper¬
fetti ; Onde più credibile mifcmbra che i Rami rofsi lìano Pianticelle a parte
nate sù la Pianta maggiore, come il Vifchio sù la Quercia . I Rami bianchi , ove
appaiono di frefco fpezzari , mollrano lullanza denla , e candida , come fe fude¬
ro di Marmo Pario ; dove lì modrano rotti di gran tempo, palefano fultanzafun-
gofa . Nella baie del tronco principale vi è un pezzo di fpugna ivi nata , La bel»
leza di quella Pianta sì ragguardevole manifella che il dono fattone al Sig. Mar-
chelel’ Anno tralcorlo 167^. fùdegnodellaregia munificenza del Serenifsimo
Principe Cardinale Leopoldo de’ Medici.
1 2 Cefpuglio foltifsimo di Coralli di varie forti , cioè bianchi, giallicci, ci¬
nerei , olcuri ( ma non neri, ò rofsi) llellari, tubololi , e fpugnnli , con tramifchìa-
ranel loro pedale di molta terra bianca, che pare argilla di Malra, che forlì èdi
quella materia , della quale crebbe quella bizzarra malfa di Coralli diverli . Per
la moltiplicità de’rami fémbra un Briareo , che getta datutre le parti non cento,
ma mille , e più braccia . Alcuni hanno la fuperfizie folamente lifcia , altri fca-
brofidima . Dal mezo di quello curlofo Cefpuglio forge , e s’ innalza beUiffimo
pedale tutto malficcio di Corallo Bianco di lei oncie di diametro, che pofci&ii
dilata per ogni verfo in una grandiflima Pianta di quali, innumerabili rami della
fledamateriadi Goratlobianco» ma però fleliato, ò fia pf^ticchiato di (Ielle,
Feltremitàde'quali tende al giallo * Pela tutto quello corpo tanto che balta
per caricarne un’ huomo .
t j Pianta di Corallo (Iellato candidillimo , come la neve, di llruttura in gran
pane limile allaprecedente , di cui è poco minore. Sembra artifiziolillìmo lavo-
rodiZucchero. Di quella fpezie di Corallo ne porta bellififima Figura ilCeruti
nei Mufeo del Calzolari , che fu pofciacopìata dal Molcardo . ^ u. ‘
14 Pianta di Corallo candido reticolato. Così può chiamarli una Vegeta-
2tbnedellalpeziede*Corallibianchi,chequìli vede, di notabile grandezza,
come non minore della precedente , e (ingoiare non tanto per la candidezza del
colore, cbeèlatteo, quantoperlabizzarradilpoiizionede’rami, i qualieden*
do non rotondi, ma compreiH, dopo elferfi tra di loro variamente divili, s’in*
cavalcano,es*uiìKconointantiluoghi>checoRituilcono come una Rete, che
non dimora oziola , mentre rella in elTa prela la maraviglia di chi la mira .
1 5 Pianta Tofacea Marina limile al Corallo bianco , con cinque grolfi rami
rotondi ,cubero(i, ineguali, e llriati, di materia friabile, tutta evidentemente
porola , e (parla nella luperlizie di varii tubuli lerpentiformi , limili a quelli de’
Vermi. A 1 uogo a luogomoftra le reliquie delle (pugne nate vi (opra. Nella ci¬
ma de’rami , do v’ è Icrofciata , fembra odo abbruggiaro . L’ ellremità del di lei
pedale forma una baie rotonda , e tubeiola , come nelle corna de* Cervi , con le
quali parimente quella Pianta hà qualche limilitudine di figura. Sotto la qual
baie fi trova una cavità moderata, ma iilcia, che fà credere quella Pianta nata
lopra qualche pezzo di fcoglio di fuperfizie rotonda , e Iilcia . Facilmente cede
al tatto, e và in polvere , V iene foRenuta da piedellallo di rame dorato , che fi¬
lò Pian-
gur^i^g piè di Leone
ciuf, l, 6.
£xtt, C.2.&
3*
Afuf. C4le.
Aldr. Z>fM.
dral.l.i.p,8,
&9.
O. Montélb.
Cur. Aiuti.
r* 12.
131 M y S È 0 C 0 s P l Ano
t6 Pianta confimilc di minor mole. :
17 Troncodi Corallo bianco di tré rami, nato (opra un fallo vivo; i qual»
ove fono rotti, òlcrofciati, mollrano le crcne fimili a quelle d*alcunc Pietre
Fungiti , ò più torto de’ Funghi pietrificati', & hà la fupcrfizie tubulata .
18 Diverfi Rami groflì di Corallo bianco friabile, i quali fembrano tanti
pezzi di Pietre Stelechite .
19 Coralloide, che fpunta da un gran tronco di Pianta Tofacea bianca, delti
fpeziefopradefcrittacon un furto 1 ©tondo, ma contorto, biancheggiaute, che do¬
po un’oncia di lunghezza fi divide in due altri non più biancheggianti,mafofchi,
i quali di nuovo fi nunifcono in un tronco folo, che pofeia fi dirtribuifce in molti
rami neri, che a luogo a luogo s’unilcono, cornei primi, formando quafi una
mai comporta rete. Hanno in qualche luogo alcun vertigio di feorza bianca
fparfa di fpclfi tubercoletti . Finifcono in fottililTimc diramazioni , come le radi¬
ci capillari , che fanno un gran giro piano a fimiglianza di ventagli delle Donne.
Colle quali condizioni s’accolta molto alla Pianta Retiforme del Clufio, dili-
gcntilTimamente figurata nel Muleo del Calzolari , la quale per appunto ferve di
ventaglio nel Me (fico , dove nafee in copia ne’ luoghi Maritimi .
30 Coralloide con faccia d’ Abrotono, nata da un pezzo di MatriccdiCo.^
rallo rolTo.con un furto lottile, rotondo, curvo, ineguale, che li comparte in
molti vcftiti di (corza bigia, tuberofa,chcfaci1mente fi leva: i quali diraman¬
doli in molti altri roHeggianti , e neri , s’ allungano una fpanna , e s’ alTottigliano
in modo, che fetnbrano radici capillari; quali appunto fono rtate credute da
taluni «che capovolgendo la Pianta , credettero da quelle nato il Corallo men¬
tovato, più torto che da lui, ò (opra di lui nata quella bizzarra produzione di
Mare.
ai S'mili a' Coralli nella generazione fòno que’ Funghi, che nafeono ne’
lidi del Mar Rolfo.cdel Nilo, di furtanza molle, ma pofeia penetrati dal fugo
pietrificante s’indurifcono in confirtenza di pietra. De’ quali potrebbe qui fa«,
vellarfi, fe con miglior congiuntura non fe ne tratcalTetrà le cofe pietrificate.
Intanto non è da tralafciarfid’olfervaretrà le Piante acquatiche. del Mufeo uno
^[quarcio ben grande di r.
ai MVSCO RETIFORME palurtre , che fembra un velo di rara tellìtura dr
finilfima feta verde ; per la qual fottigliezza di Itami il Dottor Ovidio Montalba-
ni lo paragonò alle tele de’ Ragnatelli, c perciò chiamò! lo RetìcHlum Arachnoidei
portandone la feguente Figura nella Dendrologia dcR’ Aldrovandi con queftof'^
noltro fcherzo Poetico , citato dal medefimo anco nelle fue Cure Aaaiitiche,
Rete pardi Natura fumn^ tenuijfifua ne^ens •
Stamina, Numnct f*t agant t ftc tkmnta aafit?
t
Nel qual luogo trovandoG figurata anco la Conferva di Plinio i è d’ avvertirli,
che i titoli delle Figure furono trafpofti , & ai Mufco Retiforme applicato il Dir
Rico , che fi dettò per la Conferva di Plinio , cioè .
Tiloruw involucrum f quod conferruminat offa
Dant Fluvii . An vita flamina nere fciunt f
Dove fù imitato Prudenzio in quel verfo.
Contentum involucris ^ atque cubilibus.
A’ Coralli, inquanto fono confiftenze petrigne; dovrébbono fucccdere
le Pietre di vcrfe, e cole pietrificate. Mapereffere quelli Itati confideraticome
Vegetabili, per non ufcir di quell’ordine, fembra più convenevole il favellar
dopo d’effe.
Delle Piante di Terra, e loro parti , e q>rima delle Naturali .
Cap. XXV.
'I ^ E più che le favole, ò le cerimonie antiche può nobilitare, le Piante Futi¬
li liti , ch’elle portano al Genere Humano, io non sò qual Pianta polla
chiamarli più nobile della Palma Nocifera, da gli Antichi non conofciuta, di cui
non trovo la più utile tra tutti gli Alberi, perche fola ferve a tutto ciò, che va¬
girono le altre unite a benefizio dell’ huomo. D’elfa fola, come coftumafi
nelle Itole Maldive, fi ponno fabbricare di tutto punto, e Cale, e Navi, e
fornirle abbondantilfimamente delle fole merci di quella, cioè di farina, vi¬
no, fapa, aceto, oglio, latte, miele, zuccaro, acqua femplice ,& acqua vita,
vafi di varia capacità fatti de’ fuoi Cocchi, ftami, tele, ftuoje, chiodi, a^hi, e
libri fatti delle di lei foglie, funi e per dar fuoco alle bombarde, o per fetvigio
delle Navi , anzi di ragia per le medefime , & altri utenfigli divertì . Quindi il
Ghelfucci , Sacro Poeta, mentovando gli Alberi deli’ Elifio beato, ne cantò dol¬
cemente. " ‘ " M - -
Gart.. ab
Orta H. Pi
c. i6.
Acifa de
fitnpl. c. 12
unjcot.c.yi
JlXorm.l.i
Muf. f. 30
*34
M y s E 0 C 0 S P I A N 0
Kofair. P.
Cant. ll.Jl,
8o.
L. I. var,
Eptir. z.
Epìg. fele^.
nu% 34.
^Idr, l. r.
Jìendr.p.óz.
Sf»ylat in
Vnn Eptc.
StatHit III.
Ivi tutte hai le Ca'/inemele , e i Favi
B d* ibla, e di Madera ^ onde fi vanta,
Tanto I' lbcro\ a fabricar le Navi
Tutte, di tutto -punto j Indica Pianta,
Ond' arf e, e chiodi, e ragia-, onde ne cavi
E le farle, e le vele-, e copia quanta
Ti da, che ti darebbe un vario fuolo.
Di vitto , e di veflito , un * Arhor folo ,
E nello ftcffo propofito il Carrera , che fù il Marziale della Sicilia ]
Palma cibum, potum, vefies , thalamumque , cafamque
(Apparat , atque eadem me tumulabit humi ,
DaFiylus efca, latex fontis mihi potus, amiFlus
Ejl folium, thalamus il r amen, idemque domus.
Sunt que is regna parum , funt que is nihil oppida, 0“ ttrbgs:
Vna A bos urbes, oppida, regna mihi .
Ecil Padre Baldu n CabilIao,eruditiinfno Giefuita.
turbor mei, pluit Arbor aquas , pluit Arbor Iacchum,
Fila par it Arbos, 0‘ fbi gignit acum.
Exue mordaces fpinofo è peFlore curas.
Pro Domino Oeconomum , quam colis , Arbor agit.
Onde a me fembra di poter dirne in particolare, ciò chede gli Alberiinunivcr-
fale mi venne alla penna , riferito dal Montalbani nella Dendrologia òcll’AI-
dro>/atidi , e dallo Scarlattini nel fuo Epicuro reftituito alla Fama, favellando del
rinomato Giardino di quel Filofofo .
K^rbor habet quacunque cupis, f pabula quaris.
Si Vcfles , Arbos hac tibi cunela dabit.
Prodotte da quella maravigliola fpezic d’ Alberi qui fi vedono.
2 Due NOCI d’ INDIA con tutte le lorocorteccie, di figura trigonale, c
di groliezza piùcheconfueta,clIendovencuna non minore d’una grolla Zucca
d’Italia , come di quali tré piedi di circonferenza, Nafeono quefte (otto le fo¬
glie a otto, ò a dicci infieme,e non mai manco di due , veli ire di due notabili
corteccie. La prima delle quali, grolla in circadue dita, è tutta sfilacchiofa, c
nelle Noci tenere è comellibile ,& hà fapor di carciofFo, ma più dolce , e perciò
meno aftringente , ma che nulladimeno dalTi giovevolmente ne’flulTi di corpo,
e nelle debolezze di ftomaco. Nelle mature fi lavora in maniera che la di lei
parte più fottile ferve per fabricarne panni non meno nobili de’noftrali di feta:
e la più grolla fi torce in funi, e gomene da Navi. La feconda corteccia imme-
diaramente a quella fottopofta , è di fuftanza Icgnofa , molto dura , di color ne¬
ro, rifplendente , di cui fi formano di verfi nobiMfimi Vali , come quelli , che
coflumavanfi a menfa da Solimano Imperatore de’ Turchi , & altri , che vedonfi
nel Muleo , e fri le cofe artifiziali faranno deferirti . Nell’India però perlopiù
s’abbrugiano,efe ne fà carbone molto ufitato da’ Fabbri di quelle parti. E que¬
lla feorza Icgnola , come rapportano lo Scaligero , & altri , c piena di midolla,
che, frefea , fi mangia fola ,& in vece di pane , & hà fapore come di mandorla
dolce; e, lecca , fi riduce in ottima farina per far pane di molto nutrimento . E
nel mezo di quella midolla fi genera un’acqua loavilfima , & altrettanto falubrc
nelle febbri ardenti; delladicuicondenfazionefe ne forma un nocciuolo,ch’è
candidifiTimo, e di fapordelle mandorle dolci; del quale (premuto, fe fia frefeo,
le ne cava un fugofimileal latte,- fe è lecco , fe n’tflrae ogiio ottimo non folo
per ardere nelle lucerne , ma per condire i cibi , e purgare piacevolmente i cor-
«medicar le ferite , 3 Ci
I 1 B H O S B C O N D 0. CAP, 155
3 Ci fi porrano qùeifti Frutti dalle Indie Orientali, & Occidentali, dove gU
Alberi , che gli producono , fono frequcntifsimi , e s’ ergono ad altezza , che fu-
pera di molto le Ps Ime Giudaiche, alle quali però fono molto fimili nelle foglie,
che dagl’ Indiani chiamanfio///?, e fervono loro di carta , coftumandofi dilerì-
vere in effe grinftrumenti publici, & altre cofememorabilii oltre diche netef-
lonottuoje, enecuoprono gli edifizii. Mè mcnche nelle Foglie, e ne’ Frutti,
fono utili quelle Piante nella fuftanza del lor'Iegno, mentre ancor vegeta ,per-
che da quétla diftillà ih copia il Vino di quelle parti , che fi raccoglie in quello
modo v^Troncanffi rami fuperiori dell’Albero, & a’ccppi loro s'appendono
de’ vali ben capaci, che s’empiono in un giorno d’un liquore ftillante dalle
parti mouche, il quale crudo fi beve, e fi chiama e non è meno (pkkofo •
deli’ Acquavita, a fimiglianza di cui egli arde gettato nel fuoco; ò fi cuoce un
poco, e ferve per vino, che chiamano , efiìcacifsimo ad innebriare.
Cotto con più accuratezza diventa fapa , e non cocendofi, ma efponendofi al So¬
le, paffa in aceto fortiflìmo: e còtto mediocremente , & efpofto al Sole , fi
rappiglia in fuftanza fimigliantifsima al Zuccaro, che chiamali De*
Tronchi poi fi fabbricano Vtenfigli d’ ogni forte ; e della feorza, eh’ è molto fo¬
da, e fi ftacca dall’ Albero in pezzi grandiffìmi, fi compongono fcalc, intaglian¬
do vili gli Ipazii tra un grado , e l’ altro, le quali s’ ulano da i Canarini , che fono
gli Ortolani di que’ paefi , che vi caminano fopra con velocità da volatile,
4 Le medefime particolarità fi rinvengono ancora nelTavarrarè , ò fia Corc0
d<Ùe Maldive Frutto, che, fe non è il medefimocollaNoce Indica, almeno gli
è congenere > effendo prodotto da una fpezic di Palma in tutto limile alla Nocife»
rai quantunquenon manchino Autori, cheriferifcononafeer’eglifottoleacquc
del Mare, & effere poi rigettato alla fpiaggia, e che perciò quello goffa chiamarli KtiM.
Cocco di Mare quella Cecco di T erra ; & altri , che dicano generarli egli lotto la
terra > come accenna il fopracicato Carrcra, che pare , che s’ intenda di quelli , là taUui^,
dove introduce la PalmaSilveJlre(x:<3sì da lui chiamata ) a dir de* fuoi frutti . >46*
P cetus y quos parie y non funt cukunqne petenti L. i.vari
. Prada , aut contemptus , iudibriumvt Noti . f P'X» 47*
Sub terra hos fixit y foliis armavit acutis
Naturai ali opus eli falce y ligone, manu,
E v’hà di piùchi afferma, che la Terra gravida di quello Frutto, con ifeoppio Nìenmh,U
terribile lo partorilca pieno di varie gemme. Stravaganza di parto non meno
curibfa del nalciraento di Minerva , e di Bacco , e perciò degna di quella fede ,
che fi pretta alle favole, come fi è parimente che lo fteffo Cocco fcacci da fc il fer¬
ro armato, con energia in tutto contraria aquelladellaCalamita. Antipatia, o j pg, ^
che predicata da un’ Africano al dottilfimoFrancefco Redi, incontrò nelle mani ^arur.pagl
di sì grand’huomol’Efperienza, che convinfe di giucolicre quello ftranicro,
Ma paffiamo alle parti d’altre Palme .
5 Pezzo di Scorza interiore di Palma Silveftre , lungo tré palmi , c mezo , e
largo cinque, con naturai fembianza di tela di rara tefsitura , in cui pare chela
Natura habbia ammaellrato l’Arte nel teflere, moftrandoglienc i primi rudi*
menti nelcontefto di quelle lunghifsime, e ben fode fibre, che compongono
quella Icorza : le quali con tanta regola tra di loro s*incavalcano , che con clat-
tezza maggiore non havrebbe potuto, òfaputo commetterle l’Arte fatta Mac-
lira nelle mani d’ una ingegnofi fsima Aracne .
6 Pezzo di feorzafimiie, ma di fibre più fottili compofto, e perciò di tefsi¬
tura più denfa , il quale nella figura al naturale rapprefenta una manica di gonna
alla Ff ancefe , eor-ta , e larga , ma tutta d’ un pezzo , Fù con altri fimili cavatodal
Ma ~ Tron?
15,5 M F S B 0 C fi S P I A .V 0
Tronco giovane d’ una Palma Selvaggia^ che inticra/ì vede tra le Cofc Naturali,
che fi confervano dal Sig. Iacopo Zaponi , ^emplicifta di primo nome , e Cufto-
de dell’ Orto publico di Bologna» il quale in legno dell’ olfequio da luiprofef-
fato al Sig. Marchefc , ne regalò il Muleo .
7 Di fimili Scorze emulc delle Tele non trovo tra quanti Scrittori trattanodi
Piante, & in ilpezie delle Palme, chi ne faccia menzione, ballando Ipro d’ac¬
cennar fojo la materia sfilacchiofa delle Noci Indiane , che , come s’ è detto , fo¬
no I Frutti della Palma Nocifcra . Mi perfuado però che di quella forte di fcorza
fulTcrole Velli più confuetc degli Anacoreti, & in particolare quella tanto fa-
mofadiS. Paolo primo Eremita , di cuineeantp ilGhelfuccj.
Lunga, VtHe copria la nobil' Ima
fino al t alone \ era di fporta in guifay
Non di lanay ò di lino\ era dì Palma
Irta y e di fcorza di fua mano incifa ,
farea la fiola ejfer •veJiito , e palma
De le fue glorie,
L,a quale poi al grande Antonio ( per dirlo coll’ cfprefsioni d’ una Penna riveri¬
ta) fervi d’ ornamento pellegrino a rendere attonite nelle maggiori folennitàle
jint Nac- adonanzedomcftiche , come che di qnella ruvida fpoglia, reliquia venerabile
earìàyScgno del Maeflro de’ Penitenti Solitarj, molto più fi prcgialle, che non facevano i
d$ Nabucco jv^alTageti delle loro Vefti di fcorze d’ Alberi miftcriofamcnte intagliate, quan-
p^epefià!' tunque a pompa (ingoiare fe le reca (Ter o. Invenzione, che da MosèBarcefa
yii. ab Al, vien giudicata coetanea d'Adamo ,& in tutto divina » riferendo egli che le vedi
^Barc fabricate a primi noflri Progenitori fodero di feorze d’ Alberi ingegno-
Lde farad, Rifinente compoftc. Sopra di che cita a fuo favore il Nazianzeno , come nota il
Gea.c.^.ti, Padre Antonio Naccaria nel Sognodi Nabucco. L’Opinione però del Barcefa
confuona col Sagro Tello, in cuj fi legge. Fecit quoque Dominus Deus Ada y
zip. ^ Vxori e\us tunicas pelliceas , induit eos ,
8 Tiene qualche lìmiglianza colle Palme anco la Cuciofera, eh* è l’Albero,
che produde il Frutto , che qui figurato fi vede .
9 Sotto nomedi DOM fù portato dal Regno di
Dongolojcheè una partedell*Etiopia,qpefìoFrut-
to, eh’ è di figura limile a quella d’un Melo Coto¬
gno , ma non più grodo di quello poda capirli in un
pugno, con ifeorza di color leonato gialliccio , tut¬
ta punteggiata di nero, con varie cavità, cagionate
for(i nel leccarli del Frutto . Sotto la qual corteccia,
eh’ c lottile, ove pe’l viaggio lungo, ò pe’l tempo
s’ è rotta , fi vede la polpa fungofa . Nell’ agitarlo fi
fente crollarvi dentro un garuglio legnofo, che fem-
brauna Noce rinchipfa in una cavità non poco di
fc maggiore . Dal che appare quefto edere il Frutto
della Cuciofera , che da Teofraflo , fecondo la Tra¬
duzione del Gaza, così fùdeferitta. Cuciofera , qua appellatur , Palma fmilis
L z H pi * [ìmilitttdinem in caudice , & foliis reprefentans : fed dtjfert , quod Palma
' ' indjvtdua y fmplexque afurgitx hac , curn aliquatenus increverit y finditur ,
ftque bifida, itenimque horum utrumque pari medo dividitur . Item virgas
breves y nec multas profert y cortice, ficuti Palma y ad utenfilium nexus utuntur ,
EdelFru o ne foggiunfe. Fruflum peculiarem parit , nam , (fi magnitudine y
& figura, (fi fucco fingularem , quippe magnitudine ferme , qua manum impicat:
roton»
LIBRO S B C Q Jil D 0. CAP. XXP. 137
r^tondum , mn ehlongumt colore flAvicantem ^ fucco dulcem ^ é' ori gratijfmum ];
non congeflum , ut Palma , fed fer /tngula dtfcretum : nucleo magno, y rnhemen-..
terque. duro , es: quo annulos verfìcolores detornant , quibus in Uragulariis vin-
(ults utuntur » , . . \
iQ Frutto parimente del Dongolo fi è quello,
che fotto nome di KABVR, come lo chiamano
quelli del Paele, fù portato in Tofeana, e d’indi
trasferito in Bologoa ad accrefccre le curiofità del
MufeoCofpiano . Dagli Arabi chiamali Napclj,ò
Blpach. E’ lungo quali due palmi, e grolTo poco
meno di quanto fi può cingere con le prime due de¬
ca d’ ambe le mani , inarcate , della figura , che fe ne .
porta, limile a quella de’ Cedri, vellito di cortec¬
cia dura, e denfa, come hanno le Cocozze, mafu-
dicia , con qualche veftigio diVlanugine nel fondo ,
limile a quella de’ Cotogni j e nel rimanente lilcia.
<3omincia in acuto da quella parte, con cui Ila ap-
pelo all’ Albero permezodinonlottil piedicciuo-
lo, di cui ne porta feco una porzione: & ingrof-
fandofi a poco, a poco fino a mezo, e pofeia affptti -
gliandofi , termina in octufo . Gli riluonano dentro -
i lenii feccativi , che per non elTerfi (pezzato il Frut¬
to, nonlilono Veduti, ma fi giudicano non molto
grandi . Per le quali fattezze egli corrilponde al
dell’ Alpino, conolciuto prima dall’ Aldrovandi, che nelafciòIaFigù- uldr.Dend.
ra addotta,pofcia dal Montalbani nella di lui Dendrologia : da altri detto Abavo,
e dal Giulio llimato il dello Scaligero . Ond’io io crederei lo lltfio,
quando non gli fulTe folamence congenere , come fà fofpettarlì la feorza eguale ,
c non lolcata alla guifa de’ poponi , come hi quello del Giulio .
11 Frutto del Cedro de! Libano, limile alle Pine, ò Noci del Pezzo, ma piu
corto, più grolTo, c più pieno, com’efprelTo vedefi nella figura addottane dal
Mattioli. E’gentilmente legata in argento.
12 Pina dei Cembro, che è il Pino Tarentino di Plinio, e la terzafpezie di
Pino falvatico Montano del Mattioli, men grolla,, e meq piena, e più corta di
quelle de’ Pezzi.
13 Semi deli’ ARATICV», eh’ è Frutto d’ un’ Albero del Braille, di cui ve
n’hà due fpezic falubri, & una velenola, quali nulla difiìmili nelle fattezze.
Quelli, che fono d’ottima condizione, molto fi raffomigliano alle Mandorle
elclufe dalla gufeia legnola, emulandole mirabilmente , sì nella Figura, come
nella grandezza, e colore di. quella fottiliffima. Icorza fulva, ò rugginola, che
cuopre la loro candida midolla . Furono donati dalla corcefia del Sig.Franccfco
Redi , eftratti da quel Frutto medefimo , ch’egli con diligenza degna del luo in-
gegno deferiffe , e fece figurare nei luo dottilfimo Libro dell ’ Efpcrienze intorno
a diverfe cofe naturali , portandovene Fimaginc molto più clatta di quella del
Fifone. Nella quale, oltre il Frutto, fi vedono elpreffi quelli Frutti intieri,
edivifi.
14 FAGIVOLI MASSIMI del Brafile, della larghezza d’ un’ oncia, di fi¬
gura tonda comprelfa , edi color taqè fcuro,che intorno all’occhio ,ch’ èuero.,
biancheggia. Sonocommeflì , e concatenati di modo, che compongono una
corona d’ una polla , ò , cooje dal volgo chiamali , un Cavaliere . Se ne trova,
' * M ^ ‘ men-
■7« DiofcAd
<■.86.
PU.is.c.10
in Dtoje.l.i
e> 71.
p. mihi 54.
TaV,6\
IJI M y s B 0 C 0 S P l Aìi 0
menzione apprcfTo il ciucio, il Calzolari, il Mofcardi» e ’i Settata ne* loro Mu«
Ctuf.Kf. lei, Scaltri.
15 FAGIVOLI CORALLINI d’Egitto,diquellafpezic,chedan’ Alpino
deferì veli focto nome di Sono groffi come i maggiori grani di veccia,
ma di figura ovata , con la loramied j in cui confifte il loro occhietto , da Latini
chiamato ///7/rx9, nera, nel reflo rubicondi, e lucidi, come il più vivo, e tipu«
Jito Corallo.
16 COCOMERE RETICOLATO dell’ Egitto, che da gli Arabi chiamali
Lodeferive, efigura il CavalierGio.Veslingio nelle ollervazionial Li¬
bro delle Piante Egizzic di Profpero Alpino, alcap. E'copertod’unafcor-
za, che prima è verde, e pofcia gialleggia, quand'è maturo, lottile, la quale,
fe fia levata , come in quello , lalcia il frutto abile a fervirfene , come ufafi ne’ pu¬
blici Bagni dc’Turchi, in vece de* Strigili mentovati dal Satirico Ligure in quel
verlo
/, puer , & BrigiUs Crtfpini ad Balnea dcftr .
Crede il Veslingio, che /e nc polla lar tela, & io non ci ripugno, riducendoli
qucRo Cocomerc a quella forte di Cocozze Arabiche , delle quali notò Plinio,
che fe nc ficelTero Rami , Nafcc ancora nell’ Egitto 1’
17 ABDELAVl',chcèunafpezicdi Melone da Paefani chiamato altrimen-
te Cathe ,6 .della quale fe ne hà nel Mufcobellilfimo difegno al naturale
imiti Quadro miniato, e nobilmente incorniciato. Dalla medefima Provincia
fù portato ancora un gran pezzo di
Belton. 1.2. i 8 Legno del Fico di Faraone ^ che ftel Cattajo chiamali photely e nell’ Egitto
è il Sicomoro de’ Greci. Di cui fi feri ve, che, tagliato, fi confcrvi
/. f. j. />.4?5 fcrapre verde , nè fi fecchi ^ fc non gettato nell’ acqua , nella quale dicefi che noo
gl ' legni, machefifommerga; anzi per maggior maravì-
.i.fm .2. gl j che quando è Rato un pezzo fommerfo ne) fondo, emergadi nuovo, e fi
laici vedere nella fuperfizic dell’acqua , come nota l’ Ambrofini nel Trattato de*
Serpenti dell’ Aldrovaodi . QpcRo pezzo però, chefi vedenel Mufcoèfecco,
Strp m$hi da me nell’ acqua di pozzo, non degenerò dalia natura de gli altri Ic-
4oj! * gni, nuotando egli, lenza punto affondarli, come che di fufianza non molto
denfa.
19 Pezzo di legno Efotico, ieggferillimoal pari del Severo, quantunque di
fuRanza non così rara , ma molto più conRipaca . Hà colote , e figura naturale
d’unPanedi Frumento.
20 Ramo della Pianta de’ PiRaccht d’Arabia, da cui pendono di que’Frutti
in gran copia.
2 1 Ombrella del Gingidio di Diofeoride, Pianta , che nafee copiofa nella
Soria, con gran fimigiianza della Vifnaga Bolognefe.
21 ROSA di GIERICO, detta altrimentc ROSA di S,MARIA,porra-
tadi Paleflina da un Pellegrino, che vifitò il S.ScpoIcro. QueRa è una Pianta
lecca, non più alta d'unpalmo, ma fruticofa, co’ rami raccolti (come appunto
Cafì.f.i79. vienfigurata nella nuova edizionedell’Erbario di CaRor Durante) quali pcr-
che nelle loro drvifioni formano molti ternarii, diedero motivo ad alcuni begl’
Ingegni di Proporre queRa Pianta per Simbolo dell’ AuguRifflma TRIADE.
Non credo, che fuRe conofeiuta da gli Antichi, non trovandoli predodi loro
dclcrizione , che in tutto fe gli addarti . Ncd’hà pur to che far con le Refe , ben¬
ché nc porti abufivo il nome ; anzi nè men nafee nel Territorio ,dove fù Gierico
(benché lo ferivano molti, tra’ quali ilMuoRero) fc non c'inganna il Beilonio,
che oonhavendo potuto ritrovarla colà, fìcome prima l’haveva olTcrvara nelT
Arabia
L l n K a S B C 0 N ù 0. CAP. XXV, 13P
Arabia ^ nelle Arene deferte del lido delTEritreo, ne lafciò fefitto. H^c ^/««^^86.*^^’
Hierieha no» nafeitur , fed eam in Arabia , deferto ntaris rubri littore per arenas
nafceàteobfervaverafnus . Onde mal s’ appongono quelli, che ingannati dal nome
(impoKìogii » fe ben mi rammento, da Ùft. Interpreti di Mefue) credono quella
effere la vera Rofa di Gierico, mentovata neirÈcclefiaftico , dove in perfona
della Sapienza fi legge ^aafì Plantatio Rofa i» tìiericho : poiché tutti li Sa- ^^•24*
cri Spofìcori in quefto luogo Icttcralmente.intendono la Rofa di color di carne ,
<& in particolare quella nobililfima fpczie, che fpiega nel Fiore centocinquanta
/bgile,dallé quali notano Bernardo Luccmborgo, & Alberto Brandano
flato prefo il numero delle Salutazioni Angeliche nel Rolario di Noflra Signo*
ra,comechcquefta vaghiflìmafpezicdi Rofe, che ben può dirli Fafctc,Rof.
Coronato rampollo fa.pfif.zS,
Del terre» P aradi fa , 29. 30.
nalceffecopiofanegliOftidiGierico, e per la fingolar bellezza de’ fuoi Fiori
iuffe paflTara in Proverbio , e pofeia in Simbolo ben degno della Gran Vergine » Fier!corer-<
la quale perciò dal noftro Vida vien chiamata
■il -iiw tèneri qualis Rofa piena pudoris .
InpropoficodicheProlperoMartinengio, chcfùil Pindaro Greco di Erefcia, ». 77.*
nella lua eroditifsima Teotocodia, fpiegando il foprdcitato palio della Sacra
Sctittura,cftntò.
Si queat fentire pulcer quifque Flos decus fuam^ Theottc
Non fuis praHure tantum fe Rofa una cerneret
Dotibus f fed Virgo dieta qued fuo de nomine *fi ,
Hac Rofa infìgni colore ' H blanda y fuavìque halitu y
PurpuYafcens caritate y puritate candicansy
Suavius fpirans amomo , blandiufque balfamo , é‘c.
Et il nollro Paolo Mufeonio » nella fua Manade , Poema Sacro della Vita della v
Beata Vergine lafciò fcritto . ,
Vt Rofa odoriferis nitet Hierichuntis in hortis y L i. Ma*
Acque àlias fiores fpeck fuper eminet omnes. riaà.v6i\.
Per vera Rofa parimente rinteferoFrancelco Alfonla Donnoli, Poeta amico,
che nelle fuefpiritofilfimePoefie Liriche notò
J/a ben cadono a terra 3*
C cric he Rofe allori fe fa che domi
Borea ne' fuoi Giaidi» gli Efperii Pomi.
Et Ottavio Scarlatini , il Rilloratore dell’ antica noftra Accademia de griinma»
tufi,il(Jualccosìconchiufettn’OdafoprarISantifsimo Rofario.
Del bel Gerico ornai colga la Rofa,
1 3 Altri poi , come Valerio Cordo , furono di parere , che quella Pianta fuffe
r Amomo de gli Antichi , ma parimente s’ ingannarono , non havendo ella cofa
alcuna di contmunecon l' Amorao defetitto da Plinio , II Gefnero llimò ch’ella
fulfe r Afpalato.ma fimilmente§bagliò,non elTendoquella Pianta fpinola , co¬
me viene delcrittó rAfpalato , Giovanni Sturmìo,che nc fcrilTc un’cruditilsimù
Trattato, la dichiarò fpezie più tollo di Violai che di Rofaj maparmi che co^ Sturm. de
glielfe nel legno nulla più , che fe la canonizavapcr Rofa » fe tutto il più non fuf- Refatìttrtc,
fel’haverlainral modo annoverata fra le Piante, che non hanno fpine. Con-
ciofiecofache in quella del Mufeo , eh’ è moltorramigliofa, io non ci sò korgerc
confronto alcuno con veruna delle Viole fin’hor conofeiute da Botanici ,òfi pa¬
ragonino itami iòle foglierò ifionVòrfemi,6he in bicone fi trovano, i quali
talvolta
Vkàopp.
Trait. de
Mat. Mtd.
c- i8. tn 1,1,
Dtefc, ■ .
Mettiol, ìh
Dtefc. U i.
€- 14.
Aiejcard,
/• 3. Mttf,
e. 137.,
Céi/ieU. l. 3.
fuit Peregr.
Sturm. he,
ettu
Beyerl. tn
Th. H.
T , 6, :R. f,
3^5.366..
140 " S E 0 C o ^ P ^ ANO .
talvolta nafeono anco nciricalia. Ma più che di Rofa , d’ Amomo, d’Afpalato,
edi V'iola cllahà faccia di Miagfo janzi ilfeme,che;ra!ora ne’ di lei rami fifeor-
ge, molto fimile ad un capo d’ Vece Ilo, col Koltro alquanto curvo, quale appun^
tos’odei va in alcuni Miagri, la manifelta loro congenere.. Che però con gran
ragione trà quefti vien collocata da Iacopo Zanonifamofo femplicifta de' nofiri
tempi, come vedràfsi nel primo Volume delle lue Piante Nove, ch’egli è per
publicare in breve con bellifsime Figure in Rame .
24 DeHc virtù poi d i tal Pianta lì raccontano maraviglie , cioè che tefifta a
fulmini, non lakiandodaloro offenderli la cala dov’ellafia conlcrvata, e clic
■, faciliti l’efclulìone del Feto alle Parturienti. Ncciòcredcfi dal volgo folo.ma
1 vien affermato da Gabriel Falloppio , che fù uno de’ primi Medici del Secolo fea-
' duro . L’ uno , e l’ altro però di quefti effetti mi fembra più imagmario, che reale.
Del primo ne laido la fede a chi lo fcrifle primiero , non effendo in mano mia, nè
d’ huomo , che viva il farne l’elperienza , che convinca . Del fecondo pollo dire,
che non liariulcito in alcuni Patti difficili, ne’quali fono morte le Parturienti,
e’I Feto ancora , lenza che nulla habbia giovato loro la prelenza d’ una di quelle
Piante , quantunque Ipiegatalì nell’ acqua , dov’era infula , come coftumano al¬
cune Mammane. Dai che di vantaggio apparenonelTcr vero, che quelle Rofe
non s’ aprano quando la Parturiente lìa per morire, ò che il Feto lìa morto , come
notò Arrigo Callellano nel luo Peregrinaggio di Gierulalemme, Pofciache le
medelì nes’apronoogniqualunquegiorno, &hora, incuiliano immerle nel-
r acqua , e ciò non per miracolo , come taluni lì pei luadono, ma per loia azzione
naturale di quell’ umore, che inlìnuandotìne’ pori de’ di lei rami lecchi , col gon»
fiorii fà che tìdillendano,, e s’allarghinoJn giro. Non ardirci però di negare,
che non polla aprirli anco fenz’ acqua , maffime in tempo umido , affermando lo
Sturraio,e’l Beyerlinchd’haverla veduta Ipontaneamcnte apertanel giorno di
Nàtalei anzi lo Sturmio aggiunge d’haver oflèrvato il medefìmo effetto in alcu¬
ne Felle della Beata Vergine. Il che le lìa per miracolo, merita particolar ri-
■flclTione.
25 Radice di Giunco, i ceppi de‘ cui germogli dilpolli in due lunghe file, e
tutti nell’ altezza, e nella figura egualiffimi, lembrano lludiato lavoriod’in-
gegnolo fcalpello , quantunque l’ opra non fia d’ altro artefice, che della Natura .
Be' Moflri nel genere delle Piante,
Gap. XXVI,
I V 7 Onal:rimente,chenegli Animali più perfetti, giuda i faggi di fo^raad-
dotti in più luoghi del primo L bro, accadono diverlc Moftiuolità an¬
co nel genere delle Piante , come quando in alcuna parte di loro fi olTervano fi¬
gure) che niuna convenienza naturale tengono con elle, confuetea prender
tiut’ altra configurazione , Cosi è adi venuto nelle Icgucnri bizzarrie del Muleo.
. 2 Due Quadrati di legno d’ Oliva, tagliati tutti d’ un pezzo, ne’quali la Na¬
tura da ambe le parti così maeftrevolmente elprcffe in profilo una TESTA di
VECCHIA riguardanteallo’nsù,chcforlinonfùpiùaÌnaturalela dipinta da
Zeutì. Onde che, con tutta verità può dirlene,
— I— — Jimulaverat Artem
Ingenio Natura fne.
lo.pcrò vi fottolcriffi quello fcherza .
cernis vultum longava ejl Nodus Olivt ,
.Pad oda Piclricem. Jìc mamfejìat opus,
‘ " Ma
L ì 'S R a S E C Q K
Maeccone 1’ Imagine.
3 Era queÀo I^jodo m una Mazza da bat¬
tere i pieghi delle flettere , che trovavafì tra
di verfeQuriofiti Taccolte dal Sig. Iacopo Za-
noni , Semplicità di primo nome »alcre volte
mentovato : il qualea perfuafìone del Signor
Dottor Mpnt^albani facendola legare itj tà- ^ _
gliele lottili , éc in tal guifa moltiplicandone le figure , che, quanto più dilten-
devafi, tanto più naturali appari vano, ne onorò il Mufep, e ne regalò infieme
U Indetto Sjg. Montalbani, ?he ne iìgurò i luoi legmenti in più Opere , cioè
nella Dendrologia dell’ Aldr.ovandi , ove parimente fece menzione di quelli del
noftroMufeo: e nel Libro intitolato V Hunor de' Collegi deW Arti ài Bologna, ^
e nelle lue Cure Analitiche , Anzi per haverne jl medefimo communicato uno al
medefimo P. Chirchero fù cagione che
quel gran Letterato ne portalfc 1’ Imagi¬
ne, e ne favellaffe nel fuo Trattato del-
r ObelifcoGhifio. Hà per tanto rag one
d’apprezzar quelli luoi Segmenti il Sig.
Marchefe , non meno di quello havrebbe
fatto un Seneca , il quale , nato in tempo ,
chenon mencuriolamcntc, che le Perle
nelle Conchiglie , ne gli Alberi fi cerca¬
vano i Nodi , le cui macchie cqp bizzarri
ondeggiamenti s’ avvi! appallerò , non
perdonò a Ipela alcuna per radunare li¬
mili curiofità , come furonoi cinquecen¬
to Defchi di Cedro, ch’egli polledette,
per gruppi , e macchie bizzarrifiime pre-
ziofi, portati in su piedi d’avorio di mi¬
nor intaglio : l’ eccelfi vo prezzo de’ qua¬
li può argomentarli da ciò , che d’ un lolo
egli Icrive . Video menfas , dice egli , &
aHimaiitnt lignum Senatoris cenfu : eò
jiratiofius , quo illud in plures nodos Arho-
ris infelicitas torjìt .
4 D’ altra Effigie di Telia humana,
cioè d’ un Vecchio , dalla Natura dipin¬
ta in un pezzo di marmo cotognino, tra
le Pietre diverle di quello Muleo favel¬
lali al Gap. XXIX. num.
5 Ramufcello di Quercia, di due anni
in circa , con un’ elcrelcenza all’ intorno ,
che rapprelenta al vivo una mataffa di
VISCERE d’ Animali , ulcitegli come
dal ventre, non altriraentc appunto, che
le li fulTe in elio difFula 1’ anima lenfitiva
di quelle Quercie , che trà le altre Piante
gli antichi Poeti finfcro progenitrici
de gli huomini , Icrivendone Valerio
Fiacco.
Olim
defili»
/. I. inPro-
/«j.r/r.Man--
ftro(,a:p.85.
Màhtalb.
Hanoc dell*
Atti f.
Jd. Cur.
Aoal. p, zS.
BartolKkr.
del Sav.Lu
C‘iz.& Geo,
ir, Mor, c.f
Sen.de Ben,
1.7. e. 9.
Montalkin
froleg. ad
Dendretfg,
j^ldrov Rh’
brte. Fabu*
lofa , f. 87.
Flmc. /. ro.
jiraian.
142 U P s E 0 l A N 0
£,4. Thtb,
Tdlf.OtrHf.
C. it. lé.
B»mhic, V,
Olim Ahies y Alni, ^V^RCVS ^ V&giqne fertbant
Cruda, paer^ria , & populei uotbrofa creavit
F opulus t & facta viridis puer excidit Orno,
Ii che parte imitò, parte copiò Stazio, coetaneo di Valerio, ma più giovane,
quando fcriile
nondum arva, domufque, nec nrbet ,
Connubiifjue modus \ ^fERCFS , Laurique ferebant
Cruda puerperia , <jr populos umbrofa creavit
Fraxinus , ér foeta viridis puer excidit Orno ,
AI che allufe l’ Omero Tofeano , quando favellando dei Bofco incantato , Cantò
Fermo il Guerrier ne la gran piazza , afffa
In maggior novitate allor le ciglia.
J^FRCIA gli àppar , che per fe Fie(fa incifa
K./Ipre feconda, il cavo ventre, e figlia,
E prima il noftro Vida ,
• —■■■■! in flvìs, ceti quondatn more ferarum
Degebant homines antiquo ROBORE nati.
Et altrove» y^nte homines nati, durum genus. Ilice ruptil,
é Per lo che in difefa delle Querele fclamava quel Poeta Greco,’
Zonaftpii,
ftt Amh.l.i
de
11% 8/1 , TùÌT Cahdfur ‘reip (xuTfpa fdS’eo nCptam ,
♦ «'J'e». yvif<LKttLf F ÌKKipàlii^t tÌivy ,
M* » tci'yIì ToWetMyfor irahlofit ,
ri* Tflfot, «* Tttu'rUu aci/ilAf«f Ko'napar.
Tiiao'3^/ F 'irx* <r^y»V wtMtu/, . Koki/m ydp
A’ (dir de •x-ft'jtftu (Ainifif Ji'tì J'/in'tf,
Che così tradufll , come leggelì nel Trattato li. del V olume II. della Dendrolo¬
gia dell’ Aldrovandi , manuferirto presogli Eredi del Dottor Montalbani.
Glandiferas ^VERGVS e xc indere parce, coione,
lei (bus at Ptnus ft feopus ifla tuis . •
picea , aut ficcis hac Arbutus horrida ramis ,
c^ut multos truncos hac Paliurus habens.
Sit procul k .^EERCV ferrum : de Matribus ortum
.^VERCVBVS , antiqui, quenque fuife ferunt,
7 Efagcrazioiie , checonvenivaa chi piago quello Ramulcello, giàcheegli
cfciufe quella moftruofa fembianza di vifeere animali, per edere llato ferito
quando era ancor tenero: edendogh perciò ufeito dalla parte effefa tanto fugo
vitale , che rappigliahdofeli intorno nella guifa , che andava fluendo , prefe con
facilità 1‘ accennata forma d’ intfftini . Fù odervazione del mentovato Dottor
Montalbani,chcncregalòilMu(co,enefavellò, e portò la Figura ne i Prole¬
gomeni all’ Iftotia de gli Alberi dell’Aldrovandi, alla Rubrica delle Moftruofità,
AIA. Deità, con quello noflro Diltico .
’’ yberior. Lignum , f a ttira evì/cerat: iflud
Cum FruFfus nequeat, Vifetra nuda parìt .
8 Ramo d’OSlACANTA, ò fia Acuta Spina (che c un' Albero fimilcal
lelvatico , ma minore, c molto fpinofo, d’onde trade il nome) il quale
C.Dur.fX. f'cne la figura naturale d’una COLONNA COCLIDE di cinque ben re¬
golate volute, come moftra 1’ Imagine addotta, che, oltre ^Originale , lì trova
nelMufeo. Fu cagione di quefta bizzarria un tralcio di Periclimcno (erba ne¬
morale, che come l*Ellcra,c i Vilucchi, ma più tenacemente s’avviluppa intor¬
no alle piante vicine) il quale avviticchiatofcli ftrettamente alfintorno, quando
quello
LIBRO S B C 0 N D 0. CAB, XXVU 145
fuetto Ramufcello era tenero, nè cedendo airaumentarfi del le¬
gno, mentre fortemente comprimeva le parti, eh’ egli cingeva,
lalciòcrefcere Ipeditamentelolo quelle, eh’ ei non venne a toc¬
care, rimanendo quelle altrettanto gonfie , quanto incavate le
compreffe,nelIequaliaIuogoaIuogo s’olTervano i pezzi del fu-
detto tralcio di Periclimeno,chc loprafatti dal crefcercdeirOfia»
canta, non hanno potuto fepararfi da per tutto. Per tal’ effetto
queft’Erba chiamali convenevolmente da molti Ligabofeo , e da
altri come quìful Bolognefè, Madrefelva^ perche con quanti hà
tralci, come con tante braccia , quali Madre, ftrettamente cinge , &
abbraccia le Piante prolfime. Così chiamòlla ancora l’eruditif-
iimoMonlìg. Baldàllare Bonifaccio, Vefeovo Giufiinopolitano,
di cui ben potè dirli nella nollra Crilomeleide,
novus eli Nafo, Gens Rhodigina, tuus ,
Quelli leggiadramente favoleggiando lui naturale, nella Meta-
morfoli, ch’egli ci propofe del Periclimeno, così al noftro pro-
polìto lalciò fcritto .
Ter fiat adhuc virtus ,variajque dat He^ba figuras ^
Brifeo, 0“ apud Pyltos nomine gaudet adhuc.
Hanc verò Ma rem filva nova lingua vocavit
Di quella Colonna Coclide naturale d* Ofiacanta ne regalò il Mu-
feo il Sig. Dottor Montalbani , il quale ne f à menzione , e ne porta
la figura nella fua Dendranatome ne’ Prolegomeni all’ Illoria de
gli Alberi dell’ Aldrovandi alla Rubrica delle favole, con quello
fuo Dillico .
'Mater habet Nati circundare brachia collo.
Iste Columnatam conglobat effigiem.
9 Ramufcello di MELO moftruofo, come quello, in cui per la copia del
fucco aumentale, che fregolatamente regolato ufcì in più germogli uniti in li¬
nee prima parallele, e poi curve, s’ è introdotta la capricciofa figura d’un biz¬
zarro Capriolo di (coltura a gtottefeo, quali che la Matura fazia d’havef feria-
mente dileguato tutte le altre parti di quell’ Albero, in quella habbia voluto
tradullarfilcherzandù, perche le ne canti col Benamati, che
T alor fra fcherz,i alleggerir fua cura ,
Come curiofità degna d’cflervazionc mi fù donaro dal Conte Gafparo Bomba¬
ci, colto in una luadeliziofa Villa fuori di flrà CaRigiione , nella Primavera
del 1671.
10 NOCE commune col Garuglio,ò Midolla dalla Natura effigiato in for¬
ma d’ un DRAGO , quanto terribile nel fembiante ,che fimboleggia il nocevo-
le dell’ombradeliaPianta,di cuifùcanraro.
Vmbra nocete Pafior difeede , Jub arbore femnos
Carpere , five moras , pernkiofa quies .
Altrettanto (aiutare nella'loltanza , eh’ è un potente aleffifarmaco , fcrivendone
un Poeta gran Medico.
— — — — fugat hac quoque dira venena ,
siccat^ (jr adfiringit, purgat . peli i que medetur t
Abflergit , tenuat , contraque hominifque , canifque
Mac rabidi morfus ppllet .
tt. t9ZJ
Chryfomel,
V. 141.
Btbl. spreti
i>P- S06.
Mufar. l, 6.
». 9.
Dendran,
p...
Dendrtl.
p. ^9’ 90»
Fin. Nav,
Carreralz.
var. eips^it
Cafl. T »r.f,
mthi
Onde,
1 'V-':-
iL- htg. fH
NtÀ Cdfià
v.69,(ìr af.
jfldr. Ded,
i* i» T >“• I*
e. 6. (. 310.
’Jlp. JlfòtaU
ttb. infer.
L’ Honor
ceirArtijp.
81. 82. &
Cur, Anél,
t. 34.
Ar^M.l.x,
L.L. Tati,
Metaphyt.
l, z.ep.S,
144 MP S B 0 CQSPIAHO
Onde, fel' Antichitd,avvezzaacibarfidi Ghiande communi, aifaggiate fc No¬
ci, etrovatclemolto più faporitediquelle , le chiamò per eccellenza Ghiande
di Giove, come accennò chi fcrifTe in perfona di quel fìnto Nume.
Sicque à.ilt BofArtFi» fipiens te dixerit Hellas ,
GLANS etenim deinceps y feu lOVlS ARBOR eris.
Quella non meno d’Efculapio, che di Giove potrebbe appellarli la Ghianda,
mallime fimbolcggiando il di lui falutifero Serpenre, a cui mi cadde in acconcio
il paragonar! a col lottofcriverci
E Nfteis orbe Braco prò carne falntifer exit y
No» fuit Afclepi fabula vana Braco.
Havendone prima notato .
Lethiferi funt quos Bellus alit Afra Dracones .
o// contra hic reprimit dira venena Draco,
Il chefàfowenirmi d’unLimonc, che gli anni addietro vidi con la fembianza
naturale di ceffo di Dragone , mentovato nelle Cure Analitiche del Montalbani
con quello nollro Icherzo
Horrida Serpentis, Limo»y quid Rojlra figurati
Hefperius CuBos incipit efie fibi .
Ma la figura di Dragone tanto più mirabile riefee in quella Noce,quanto eh* ella
ne rapprefenta , non una parte fola , come il fudetto Limone , ma tutto intero il
corpo, in atto di mirar filo qualche oggetto, quali per avventarlegli . Per lo
che di gran lunga cedono a sì bizzarra mollruofità tutte le altre Noci ftravagan»
ti , c’ hò veduto , come le Tricoftali , le Quadr j^oftali, e quelle , che al contrari©
fono lenza colle, col gufcio,e due midolli Turbinati , eie Rollrate, ò fiano ef¬
figiate in forma di Rollro di Nave, òd’Vccelk), delle quali fovviemmi,d’ha-
ver Icritto Vel Navis , vel Avis Roflrum Nux praferat , effert
Bhanmata de Nucibus non nocitura , phyfis .
come delle precedenti , Turbinate , ò Cordiforrai , come le chiama il Montalba¬
ni, adducendole per fimbolo di cordialità, c\e.Vi Homr e dell' Arti,
Bella caret Collis, Nucleufque anfractibus , ambo
Bitrbinei: Cordi fic Cor insffe putes,
1 1 Di quelle Mollruofità è probabile ne fia Hata cagione la gran fertilità del¬
la Pianta , che non potendo reggere, & alTimigliare a’ fuoi frutti confueti tutta la
materia fruttifica, l’habbia in parte lafciata degenerare nelle figure improprie,
come il calo hà portato . Di che forfè , potendo , fc ne dorrebbe la Noce , come
preffo Antipatro ,ò , lecond’altri , Platone , dell’ clTer’ ella per fovcrchia fecon¬
ditàcontinuo berlaglio de’ fanciulli .
Eìroì'llw Kapuiut fjLt arapipXaiArtit ipurivaar
Tlaidì rj^o^\n'Tcu ‘jra.lyvitt iucafint ,
Tldvras PtL'K,piptovtl{ tc , Kcd ivòet\far ipolduviue
HitMffpitu , <TUKiveùr p(tp(Jió.»t ,
Aiv^ptatt iujcctpToie »vìfy T^lor H ya'p ejaj-i
<7* ifdw' tifipiy inApvtyoptiuj ,
Che così potrebbe tradurli .
Nux juxta piantata viam, puerilis ubique
flebile ludibrium dexteritatis agor.
Nam bene florentes ramos diffracla, refringor.
Et lapidata, iterum dilapidanda petor.
Haud frugi Arboribus funt fruges. Nonne vel ipfa.
Infelix y fru^us tn mea probra tulif
O' come
LIBRO SECONDO. CAR. XXRl m5
O come prima refpreffe l’ Alciato in quell’ Emblema .
Ludibrium pueris Upides jacieniibus hoc me
In trivio pofuit ruBica cura Nucem.
Uceris ramis y perBricIoque ardua libro\
J Certatim fundis per latus omne petor,
^jtid Borili poffet contingere turpius? 'Ehen
Infelix j fruii tis in mea damna fero j
EapprelTo Leonida.
AuToS'eAHf KO.pvavf iToiifA-fiiiAi y «AA« irfrdptvt
TlelrroTt . y.» 9'XÀ.tipiiie Tuvrsie ^ipj/.ullo/c .
Mluita-oi Xicù ivv^pl^ov'Tt Tw' Kn'rr
i^pyct. Avuavpyeitf /iij' ri '
Che è a dire.
Vndique fponte mea maturos prodiga fruii us
\.^\icio ; gravibus quid petor ergo petris ?
fer furit , Bacchus yfìqttis fua munera ledit ,
^uifque Lycurgais erudiare malis.
O‘come più brevemente, fi fi intendere ap-
prefTo Stefano Pafeafio Giurifeonfuko , di¬
cendo .
Non ferior fierilisyfim fertilis, heu, petit omnis
Me populus faxis , quodque fero , ferior .
OlTervò quelle medefime ftravaganze di Noci
anco il Montalbani , che ne fece menzione , e
Deportò le figure nel Volume II. della Den¬
drologia deirAldrovandi,manufcritto preffo
i fuoi H. H. e nelle Cure Analitiche p. 34. 35*
12 RADICE d’ALBERO con FIGVRA
HVMANA ,& è Radice di Pioppo, nella cui
fabrka moftròlfi Statuaria la Natura , effi¬
giandola in fembianza di figura humana len¬
za capo, il cui Torlo di grandezza naturale
nella fchiena ccosì perfetto, che potrebbe
giurarfiopra d’ Arre, quella che'fù femplice
fcherzo della Natura. Due gran Rami, che
difeendono , efprimono in ella le Cofeie , e le
Gambe, ad una delle quali non manca Tefirc»
mità in forma d’un Piede humano, di cui
l’altra è manchevole. DuealtriRamiafcen-
denti figurano le Braccia, l’uno de’ quali fi-
nifee in un globo fimile ad una mano chiufa,
formando un pugno , l’ altro fembra un brac¬
cio arido, lenza mano. Le quali membra in
quella Radice fono aliai più belle di quello
lìa fiato cfprelTo nell’ Imagine , che fe ne por¬
ta. Confermano la naturalezza di queftagli
efempi d’ altre Radici (per tacere di vari faffi)
con rudimenti di figura humana , come quel¬
la, che mentova il nottro Giulio Grotti nel
Cirefio ferivendo .
N nk
tmbl. J93
L.L.tee.eìtl
eg. 24.
L.6,ttigr.
I4tf
^ y s E 0 c 0 s p i A n 0
Cyrif,v.i^l
p.
f. 157«
AlAr,Dend.
l.l.p.Ho.Si,
Dend^'oleg,
P. lì.
ap. H. Mo'
tali».
.Alà. Detid,
1. 1. r. I.
f.
L. L, /. 2.
pmbi.y.ap,
Mon.tabltn
Dendr.Ald*
Hic Radice Hominem refercm Circeja comantem
Se rapit in Silvam,
E queir altra, che lungi d’ogni fofpctto di finzione Poetica deferì ve, c figura
r Ambrofini ncll’Iftoria de’Moftri dell’ Aldrovandi . Di cui molto più s’ ac¬
corta all’effigie d’huomo la prefente; e quella, di cui favella il medefimo nc’
Paralipomeni all’ Aldrovandi , Et io mi ricordo a quefto propofitod’haver ve¬
duto nel Mufeo del Zanoni Cultode dell’Orto Publico di Bologna una Radice
di Ginebro con fembianzadi Barbagianni , la quale, come cola rara, vicn riferi¬
ta, c figurata dal Montalbani nella Dendrologia dell’ Aldrovandi con quefto
Diftico ,
plantarum Vitam Natura orditur ab Ovo,
^uod /olide Bubo ligneus i fle probat .
Anzi il Montalbani medefimo confervava una curiofità quafi fienile alla fudetta,
cioè una Piegatura di Radice d’ Acero rapprefenrante al naturale una Colomba,
della quale egli fà menzione nell* Irtoria di quell’ Albero manuferitu appreflo
gli.Eredi , de io fimilmente nc notai .
S tirps imitata G enu , fert , findens faxa , Columbam .
.^uid mirrimi Pietas, non nijì mira facit,
ij Tra le Moftruofità de’ Vegetabili ponno connumerarfi anco le Figure
ftravaganti de’ Funghi, i quali fono cofe ordinarie, fe fi confiderano come Piante
imperfette , fenza rami , foglie , fiori , c femi ,che per fola virtù di proporziona¬
to calore nafeono in ogni paefe , ò nella terra , ò ne gli Alberi , ò fopra legni pu¬
tridi > ò panni fracidi , onde per lo più traggono qualità nociva ^ Ma fe fi rifletta
che tra querti ve n’ hà taluni , che non folo variano dal confueto de gli altri nella
figura, ma, quantunque tcncriffimi» e di materia facilmente putrefcibilc gene¬
rati, giungono alcuna volta ad acquiftar tal durezza, che uguagliano il legno,
anzi talora emulano le pietre medefime , feorgeràffi , che anche in quelli abjett i
gitti della terra fi diletta la Natura d’operar maraviglie. E di quelli appunto
veggonfi nel Mufeo i fottonotati .
14 Fungo Arboreo legnofo, maggiore di due palmi di diametro » e di due
braccia di circonferenza 1 onde fembra un Paralole .
15 Fungo grande legnificato in figura di fuola di calzare arcuata, come è
quella delle Pantoifole di rtraordinaria altezza, che quarant’ anni fa ufavanfi dal¬
le Matrone Veneziane ; un pajo delle quali fi vede nel Mufeo .
16 Fungo di Cerro curiofo non tanto per edere di fuftanza legnofa, quanto
per haver figura naturale di Cucchiajo , tutto nero , fuorché nella cavità , dov’ è
bianco. Hà il piede, ò fia manico, si lifeio, ducente, che fembra lavorato
d’ebano, benché fiatuttod’un pezzocolla paletta, per cui potrebbe fervirc di
commodiffimo Cucchiajo. Simili Funghi furono olTervati ancodall’Aldrovan-
di,che ne lafciò tre figure addotte dal Montalbani nel Trattato della Quercia,
come che a tal forte d’ Alberi da lui fudero attribuiti. Quefto però, come fi è
motivato, nacque in un Cerro, Albero,^ la cui natura mifuggerì il feguente
Epigramma Emblematico, citatodalMontalbanicoirifcrizzione £T IN STL-.
VIS RECTVM.
Sliter cubus affi mi lis , nigrantefquc: hifpida Glandes
- Cerrus in acceffis Alpibus alta viret,
'..Ampla comas, hilaris fpeciem, refliffma. truncum.
Calcat radteum Tartara caca pede.
Nec tamen ut lungo fur gat nil Jlipite curva.
Cultricis quicquam novit egere manus.
Sponte
L i ^ R 0 SECONDO. CAP. J47
Spinte fu et crefcitque teres y reSfamque figuram
/ Effert t é" i fle£{i nefcia,y fervat anus.
Sunt quoque qui norunt quam re ci e vivere j quamvis
Editi in incultis fint fine lege jugis,
sq legnofo di Cerro con figura di Tafcii .
18 Fango di Faggio con figura , e colore di pane . Se non fuffc di fuflanza
legnola, per le fuefattezze potrebbe paflarc in cibo humano fenza pericolo di
qualità velenofa.s’ egli è vero che nel Faggio non pofTano imprimere la loro
virulenza i Serpenti, mentre quello
Contasi u foto torpentes eficit angues.
Onde ne deduffero la di lui virtù Alcflìfarmaca gli Scrittori , fopra l’autorità de*
quali è fondato quel noflro Emblema, riferito dal mentovato Montalbani nel
Trattato del Faggio, col motto Sr« irtnfiij (che è imitazione di quei
verlod’ Orfeo.
oTf eé/K/V in, tStlfttt f’ hrhtoti» CilhMi.
Cioè Saniia quihus Themis e/l , loquar his y procul e(lc profani.)
Òfia EROCVL ESTE MALIGNI.
Ejle procul Colubri , repentia fulmina mortis •
Non patitur vefiras Fagea fylva moras.
Ite procul : vefirà nihil efi quod inhorreat irà
Sub patulo Fagi tegmine quifque cubat.
^ua fapidà jam glande viros celeberrima pavit y,
taurea Saturnus Rex ubi fecla daret.
Illa eadem veftris , Homines , virofa propago ,
Nunc quoque ab infidiis y quo tueatur y habet.
Sic animi Integritas editque , arcetque malignos ,
Et tuta infonte s dat requiete frui.
tg Altre bizzarrie di Funghi Arborei fi ponno vedere nell’Opera fopracita-
ra, ove di nova offervazione figurati fi feorgono i Funghi Serpentini, e con
fembianza di piè di Gallo , i quali mi diedero motivo d’alludere alla connelfio-
ne di quel Volume , coll’lftoria de gli Vcccili , e de’ Serpenti deli’ Aldrovandi,
col fottoferiver loro.
Anguibus y atque Avibus quidy ni componere Plantas
x^/fhguini hi Fungi y Gallipedefque petunt ii
Ma più che ’l degenerare in legno , de’ cinque fopradeferitti , fembra mirabile
in alcuni altri il trasformarli in pietra , come fopra accennòlfi , elTendo molto più
diftantedalla morbida Natura loro la durezza del faffo, che quella del legno.
E pure di quelle ftravaganze lene vedono in più luoghi, néve ne manca nel
Mufeo, come vcdràlfi nel Capitolo feguenteJ
Belle Cofe Pietrificate',
Cap. XXVII.
I *' 1'^ Acciafi pure , come favolofa , la trasformazione delle Pietre in huomi-
JL ni , mentre tocchiamo con mano quella de gli huoraini , & altri anima¬
li in Pietre . Che , le quella fù menzognade’ Poeti Gentili , che nelle mafti d’un
Deucalionefognarono praticataun’azzione impofiibile alla Natura, e rifervata
foloaqueirVoico Agente Increato, eh’ elfi non conobbero , e cheloló Potens
ejl de lapidibus fuf citare filios Abrahay tutto che ciò non babbia mai fatto:
quello èoniracoio, che ben fovcntc ci vien propofto dalla Natura , che addottri-
N a nata
Pl.t.ii.e.%,
Confiant.
Caf
PLiit.i.tym'
Ruoli, l. z]
f 58 0'f.8r
JÀòtalb.i I.
0 2 Denàr.
.Aldr.p.z^ó
Xd.L. t. 2.
Sitfbl. f.
Ali. Beni.
i.i.c.i.p.ii6
&/eqt 0.2.
258. c.6. f,
296.1.2.C.1.
f yn-e-ì f'
440. 0' tnf.
fr. Ind.
Jbtd.g, tyoi
I7I-
D.Matth.^
f'almAr.
DAinonom^
l. 7. V. 341.
Ohelfucc.
Rofar. C. x.
45*
L. ^ N*t.
f.zo.
€• l»
BettaRuràl.
mttr, 1«.
L. 2. dt
Subiti.
,48 MVSEO COSPIAUO
nata da chi le diede l’ edere , sà chiamare a’ ftupori di failo la maraviglia, non che
ne gli Animali, nelle cole, che non mai videro: pietrificando innumerabili
corpi di tutt’ altra origine che di pietra , non lolo nel Mare (come de’ Coralli , &
altre Piante confimili fi dille ) ma in alcr’ acque fimilmcnte , e di fonti , e di fiumi,
c di laghi , anzi nella terra , e tal volta anco nell’ aria . Quanto però nien di rado
sì ftrana metamorfofi adivicne , tanto più dura a pcnetrarfene riefce la cagione ;
fopra di cui riflettendo anco i più giudiziofi , ne rimangono per Tammirazione .
ì^ttoniti primum t nec rnuluim rupibus tpjìs
x^bjìmiks .
Ond’ hebbe ragione d* annoverarla tra le più occulte quel Sacro Poeta , che del
mifterioloCriitallodel Trono di Dio cantò.
Le cagion ti dimoHra ad una ad una
Perche tal fonte b ti cpnverte in pietra
Ciò che V ' infondi , b gorgogliando alcuna
Ti danza al fuon di ruUtcana Cepra,
2 Con tutto ciò la curiofitàd’ alcuni pellegrini Ingegni s’è tant’oltre (pinta
nel rintracci aria, che (e non è giunta al ma (lìccio dell’ evidenza incontraftabile,
ne hà toccato almeno l’ ombra nella probabilità delle ragioni , che fi fono trova¬
te. Avvegnaché tra gli Antichi un Seneca fù di parere, che quelle cole , le qua¬
li s*impietrifcononeiracque,ciòfacciano per cagione di certo glutine, ò fan¬
go lottile , che alla (uperfizie de’ loro corpi , a poco a poco s’ attacca , e vi fà tal
prefa , che coll’ indurirli egli in confidenza di pietra , riduce al medefirao edere
lafoftanza, ch’eglirinchiude. Del qual fentimento pare che fulTe anco Avi¬
cenna, e (eco Alberto Magno, tenendo quelli per materia prima delle pietre un
luto vifeofo . E Io confermò il Mattioli, (pecificando che quel luto fia compolto
più di terra tenace, che d’acqua : e che ve n’habbia intorno a’ fallì de’ fiumi, e
de’torrenti (come pure in certo luogo notò Paracello, che chiamòllo muco,
affermando che finalmente condenfato fi trasforma in pietra ) anzi che la rafura
di tali (affi porcata via dal corfo dell’ acqua , (c s’ attacchi a qualche corpo , ò pe¬
netri nelle di lui cavità , e vi fi fermi , fia ballcvolc a pietrificarlo , come pare che
adiveoga in que’ legni, che ferbando in tutto la primiera figura, e (uperfizie,
nello fpaziod* un mefe perfettamente s’impietrifcono ne’ fiumi, e rivi mento-
vatidal Pena,e dal Lobelio ,e daalcri; & inquelLago, dicuiNarzo Pallore
nella Rurale del noftroAfcanio Botta, Componimento fimile all’Arcadia del
Sannazaro, và dicendo ad un’altro. ,
Vov' e quel Lago t a cui dette Natura
Di far del legno un faffb^
Se ' l getti dentro at bafo,
E non ti pa\a odirlo cofa dura, ^ ,
3 Màpiùdi Seneca s’inoltrò Vitruvio, che conobbe il fugo pietrificante,
e col motivarlo a’ Moderni facilitò loro la (trada d’accoftarfi meglio al punto:
notandochc le acque, cheficondenfano in pietra , ciòfanno, perche tal lugo,
quando confufo, e quando mifto con effe col (ervir loro di coagolo , ò cagliari-
no , le infpeflìfce , e rende abili ad effere pofeia indurate dal fervore del S»le , &
a poco a poco ridotte in confiftenza pietrigna . Il che però com’ hà del ycrifimi*
le nelle pietrificazioni acquee fatte ne’ paefi caldi, non sòconaepoffa au^erarfi
in quelle de’ paefifreddi^oveil calore delSole è debolilfimo . È tantQ piùra¬
gionevole è il dubbio jcjuanto che le acque , come pure avverti il Cardaxio,» (cifi
conde nfano in pietra per forza di calore , che ne faccia (vaporale le^pafti piò
tilt, c neindurifea le più groffe, ponno acquiftare la medefima dur^ziza per
ecceffo
L I 0 S E C 0 N Ù 0. CAP, xxyil i45>
%
cccefibdifreddo, chele congeli, eiaffodi. Quindi Giorgio Agricola giudicò
^iù probabile che ne’ luoghifrcddi come nelle caverne de’monci , ciòfeguaper
^ola virrù di quel fugo, che kola dalle commiffure, e vene loro, il quale prima
di cadere a poco:a poco lì condenfa in pietra. Anzi affermò, che tutte le cofe,
che fi pietrificano , ciò facciano per haver imbevuto di quel fugo pietrificante .
Opinione, a mio credere, piùdi tutte le precedenti plaufibile,fe, come fpiega
beniflSmo qualunque forte di pietrificazione fatta, òd’ acqua, ò nell’acqua, ò
lotto terra , così fpiegafle quelle , che fi fanno fopra terra , ò nell’ aria : dove pu¬
re fi generano de’ falli , che talvolta cadono colla pioggia, come fuccelfe a Rival¬
la nel Territorio Cremonefe , dove nel 1491. a’ 2 3. di Maggio, al riferire del
Gavitelli noftro Ilio rico , cadde dal Cielo una pietra ben grande , di color nero .
4 Crederei per tanto che per cagion formale di tutte le mentovate pietrifica»
zioni poteffeaddurfi una fottiliflìmaefalazion fotterranea, per avventura falina,
facile ad operar fola, ove trovi fuffizientedifpofizione di materia prolfima: cd
amifehiarfi, non che confonderli con l’acqua, e con l’aria, fe altro non incon»
tri, & a portarli col moto di quefte ovunque il cafo offerifea qualche corpo abile
ad imbeverla . E ne conferma la probabilità di ciò il non mancar alla Terra ma¬
teria, e vigore per limili efalazioui non folo in moltilfirai luoghi di Continente ,
ma anco ne’ più cupi fondi del Mare. Che fe tal fermento non fulfc volatile , co¬
me d’ improvifo fi farebbono talvolta pietrificati , e Pallori , & Armenti ? E pu¬
re fi legge nella Tavola dell’ Alia di Cornelio de’ Giudei, clTere accaduto nella
Tartaria vicino iSatno^edesy che alcuni huomini, che pafeevano di verfi beftiami,
cioè Pecore, e Campii, in un fubitofulfero convertiti in tante ftacue di pietra,
le quali è fama che anc’hoggidì fi mantengano intiere nella politura, in cui le fi¬
gurarono Cornelio fudecto,crAldrovandi. Il che notò parimente il Boterò ^
clTere fuccelTo nell’Orda , Paefe pure de’ Tartari, ove dice vederli vScatued’huo- Met. c. 63.
mini, di Cameli, e di Pecore, che un tempo furono veri animali . Ne’qualicafi
non può addurli per cagione di tali pietrificazioni il rigor del freddo, mentre
r erbe , di cui pafcevanlì quegli armenti , denotano ciò Icguito in altra Ragione,
che nel cuor dell’ Inverno . Oltre di che non hà molto del verifimile ,che ilfred-
do polla così facilmente impietrire in un fubito un corpo , come può ucciderlo ,
e congelarlo . Sì che ne gl’ irapietrimenci fudetti campeggia la nccefiità del fer¬
mento volatile , e fpiritoio , fe doveva operare in un fubito : ò folle quello im¬
mediatamente efalato dalla terra, ò mediatamente, e per l’aria, che è il ricetta¬
colo commune delle efalazioni , colà portato , come nella materia di quel fulmi¬
ne , che feoppiando in un’ albero , fotto di cui facevano collazione alcuni Mieti¬
tori , li cangiò di repente in tante Statue di fallo, che ferbarono la politura di pri¬
ma; non altrimente, che fe haveffero veduto il formidabile Tefehio di Medufa; la
cui prodigiofa virtù lungi dallafavolapuòravvifarfinellaforza della fapienza,
come accenna l’elTer’ egli collocato nello Scudo di Pallade, di cui perciò và can¬
tando il Macci.
SAxificos Pallas cur gejlans Agide vultus
Sculpta Medufais anguibus ora tenes ^ £mbl,
c^tne quod f eft quifquis Sapiens fera corda Virorum
Edomat y immotum vertit ^ ^ in filicem?
5 ChepoitarefalaziGnefiapa'-tecipedi natura falina, n’ è indizio l’ effetto
difi(Tareicorpi,ne’qualis’infinua, come pure fà il Sale. Qpindi Paracelfo ,
che tenne il Sale per uno de’ primi principii, d’ ogni cofa, cangiatoli dal parere
fopracicato , fcrilfe le pietrificazioni farli in virtù dello Ipirito di Sale , olfervan-
dofi che d’ umor fallo di Marc , e della di lui fpuma mifta di tenuifiìme parti di
N j fedimento
C4r4. lec.
ett.
jilb.M.l.i
4« Mtvtr.
150
M ys E 0 C 0 S P I ^ N 0
Bmtd.ytrg.
Stìver, C.2,
4f.
X). j4hi. de
Mtrab. S.
Scrip, i.
Aferc. vnr.
Ubi l.ó.e.zS.
C cflantini
♦5«
j4ld.ioc.ot,
J>]av. C.28.
2^»
Delle Rime
dt quei deRn
fjotteyfiàp,
del j6ii. 12
{.69. ■
fcdimcnto , ò di rena , come le chiama il Cardano , fi fanno coagolazioni pietri¬
gne, Et Avicenna,che,come avvertì Alberto Magno, tenne per materia del¬
le pietre non folo la terra , e l’ acqua, ma gli Animali medefimi , notò che di que¬
lli alcuni , tutti interi , tal volta fi trasformano in pietre , maliime falfe , come che
la Natura, al dir di Benedetto di Virgilio.
ne induri in Saffo, ed altri in Sale,
InpropofirodicheS. Agoftino, come avvisò il Mercuriale, hebbe adire che
nella trasformazione della Moglie di Lotte in Illatua di Sale v* hebbe gran parte
la Natura. El’accennò il Padre D, Carlo PietrafantaSomalco, Predicator fa-
mofillimo, e leggiadro Poeta, ne gli Aborti di Clio , cantandone, p-43,
L’ Infpida Natura ha pur condito
Tutta Sale la Donna infìpiente .
À ritorcer impari il lume ardito
Quella, eh' e tutta foco, al foco ardente ,
Cofta Sale I' error mal faporito
0/ chi un qrano non ha di Sale in mente',
chi fermezza ài cuor non ha fortito
Sta pur ferma fui piede, e confjìente ,
Ma fe il deBin I' ha in una Statua eretta.
Perche fugga I' ardor peggi or di Lete,
(Già che il foco dal fono il Sai rigetta.)
Donne coftei farà, come voi flètè
C/f/ fonte del piacer fempre cojlretta
A deìiar tutta Sale ardor di feto ,
T utto però a miracolo ciò viene da altri attribuito . Anzi in un folo miracolo
v’hàchineoiTcrvadiverli.comemotivòToldo Collantini, il Dante di Serra-
valle, introduccndonel fuo Giudizio Eftremo l’Angelico Dottore adirgli
• ■il— <— » fi vede ancor volto il fuo vifo
Ver Sodoma, e Gomorra, e così intero
Sta fra Engaddi , e Segor j e fe occhio , e mano
Oggi le cavi, h tronchi, c diman fano.
Non atro nembo, 0 rovinofa piova.
Non grandine fpietata, e folgor fiero
Vien che tal Stmolacro 0 guafii , h mova
Da I' antico fuo termine primiero.
Anzi (cofa mirabile) rinova,
.^afi femina viva il corfo vero
Del Me/l ru al profluvio, e falda a i venti.
Par che dica, obedite al Ciel, Viventi.
6 Di limili Corpi pietrificati ne fanno gran numerata diverfi Autori, & in
particolare!’ Aldrovandi. Oltre i quali olTervo notabile l’Huomo impietrito,
che vedelì in Roma nella Vigna dell’ EminentilTìmo Lodo vili , in atto, che
Safio animato, e r* h abbi a hnrnane membra.
Di cui l’ erudita Penna del Co. Gafparo Bombaci , chiaro lume dell’ Accademia
della Notte di Bologna, fi compiacque di feberzar Poeticamente nella forma,
che fegue . ^"^Vefii, che H retto da impetriti nodi
Moftra di fafio irrigidito afpetto ,
Vn' arte di Natura effer fìt detto ,
che formar I' huom vorria con novi modi.
Nominarlo
libro s è c 0 h ù 0, cAp.xxm i^i
Nominarla di Pirra anche fi godi
GittO i che non forti /’ intero effetto^
O' quei, che in dotta felice ri li retto
Scopre ne I' or le pretiofe frodi,
y Forfè co/ltii col crin d' Anfefibena
La Tefta Medtfea livida, e tetra
Vide cala ne l ’ Africana arena .
Ma chi sa , che non voglia il Re de I' Etra ,
Per caHigar la crudeltà terrena,
che ogn ’ huom cominci a ritornar di pietra ?
7 E nel Mufeo Colpiano vi trovo degni della maraviglia de’ Grandi, Due
irdigni Frammenti di GAMBA d’ ELEFANTE impietrito, i quali col rima¬
nente deli’ Oliatura pietrificata di sì gran corpo furono ritrovati nel Territorio
d’ Arezzo predo il Fiume Chiana , e pofeia donati al Sig. Marcbefe Cofpi dalla
benignità del Sercniflìmo Ferdinando II, Granduca di Tofeana , di lempre felice,
memoria: di cui ordine sì maravigliofo Scheletro era con particolar diligenza
Itatodiilepelito undici anni fono, come appare daH’Ifcrizzione intagliata nel
picdcltallo nobile, che li foftenta , cioè;
fragmen TIBIjE,
EX INTEGRO
ELEPHANTIS
SKEAÉ'TXl LAPIDESCENT E .
CERA, IVSSr^VE
FERDINANDI II. M. D. E.
AD CLANIM EFFOSSO
ANNO MDCLXIII.
8 Congetturali cfferc quella una reliquia della Guerra d’Annibale contro Ro*
mani, nel Indetto luogo rimafta^quand’egli dava il guado al Territorio d’Arezzo,
cioè poc’ anzi la memorabile (confitta data all’ Elercito comandato dal Confole
Flaminio,trà i Monti di Cortona , e *1 Lago di Perugia. Anzi per avventura
quello fù quell’ Elefante medefimo, (opra di cui Annibaie difeefo da’Montidi
Ficfole, viaggiò per le VaIli,deii’ArnooItre il coftume allagate, havendo egli
prima pèrduto tutti gii altri, ccon effi un’occhio ancora, come teflifica Livio,
icrivendone. Annibai ager oculis ex verna primum intemperie variante calo- >
res , frigor aque. Elephanto , qui VNVS SVPERFVERAT , qubd altius ab aquà
extaret, vecius\ vigiliis tandem, noHurno humore , palttfirique calo gravan¬
te caput, df ^»ia medendi nec locus, nec tempus erat , altero oculo capitur . Ac¬
cidente, di cui pofeia così motteggiò il Satirico.
O* qualis facies, ^ quali digna tabella, luvtn. Sai.
Cum Getula Ducem portaret bellua lufcum, xo.v.xyj,
9 Pezzo d’osso di BVE , fimilmente impietrito .
10 Due Pezzi di CORNA di CERVO infaflìte.
1 1 CORNO di CAPRETTO, lungo poco più d’un’ oncia, pietrificato in
modo , che fi potrebbe giurare fpezic di Pietra Ammonite , cioè fimile nella fi¬
gura a’ Corni, co’ quali figuravafi Giove Ammone ( d’uno de’ quali ne porta l, i.
bella immagine il Vormio) fe parte del pelo rimada intorno alladi lui radice Afl.a <••13.
non lo raamfedalTe vero Corno impietrito, c non Saffo Corniforme , com* è il ^.^4,'// n.
Cornod’ Ammone figurato, e defcricto dall’ Imperati. c.ià.p.óé?.
12 Ma molto più frequenti par che fuccedano quede trasformazioni pietri¬
gne nelle Spoglie de gli Animali Tedacei , e ne’ Crudacei , forfi per la maggior
fimi-
SeEh. 3.
g, 430.
e. 19. »• 2.
X»* 4' I*
p.463.
jE'w-
Cavnocch.
Lt I* r* 1*
!$£ M V s B 0 C 0 S P ì A n 0
fimiglian2a,e difpo/Izione delle loro Conche, c Crude all’ edere di pietra.
Che però communemcnte fi crede che rutti quc’ corpi Oftreacei, & altri, che fi
cavano da* Monti, fiano frati una volta parti di veri Animali. II che, come non
può negarli d’alcuni trovati non lungi dal Marc , in cui pure talvolta le ne pefca-
no de’ pietrificati : così non parmi doverli conceder di tutti, potendo la Natura
produrre anco de* Salii con ptrfettidima lembianza di quelli Animali , per le ra¬
gioni, &clempi, che le n’addurranno nei leguente Capo, in cui mi rilerbo il
favellare di que’Teftcccij Scaltri Corpi Folli li del Muleo , de’ quali dubito, ba¬
llandomi il rammentare in quello luogo, che fianvi i lottonotati fuor d’ ogni
dubbio impietriti.
13 GRÀNCHIO PAGVRO, detto communemente in Venezia
ro , rminicchiato , infalfito : in cui fi vedono diftintamcntc tutte le parti cllcriori,
eoi loro naturai lito, figura, c colore, non mancandovi neanco la naturalezza
de’ pori, e prominenze di tutta la gulcia: di modo che pollo tri molti delluo
genere, vi vi, non lì conolccrebbc tra loro dilFerenza alcuna, fc non quella del
moto da principio intrinfeco . Hà la coda ritratta lotto il ventre , con le lue arti-
colazioni; & a quella foprapolle le braccia, e fopra tutte aggiullate le chele
maggiori in queU’arto, nel quale morì quell’ Animale, che fermatoli inqual-
che luogo, dove non mancava lugo pietrificante, a poco a poco s’è indurito, e
divenuto quello ,c’hora fi vede ; non dubitando io , ò non potendomi perluadc-
re,che quellononfiauntempollaco Animai vivo. Di limile curiofità le n’hà
bellifiìma figura in ramònel Mufeo Calceolariano .
14 MASSA d* OSTRICHE pietrificate nel Mare.
15 OSTRICA fmilurara, lìmilmente infaffita nel fondodcl Mare, dovefù
pefeata. E con quelle merita d’edere mentovata 1’
16 OSTRICA CORALLOIDE, ò fia CONCA CORALLINA ECHI¬
NATA, fopradcfcritra,cllcndoclla pallata in follanza di fallo, come quella,
che vien propofta in figura dall ’Aldrovandi nel Mulco Metallico lotto nomo
d’ Ofiracite Coralloide .
17 Gruppo d’ OVA di SEPIA pietrificare intorno ad un PEZZO di LE¬
GNO parimente in pietra convertito, e che perciò
Non men d* ogn' altro fajlo un /affo pare.
18 Nè di rado quella metamorfofi accade nel LEGNO , pictrificandofene ,
e nella Terra , c nell’ Acqua , giurta gli elempli che le n’ hanno in vari luoghi , &
apprefib diverfi Scrittori . Ed è tra gli altri notabile , come non per anco alla pu¬
blica memoria raccordato , quel TRONCO d’ ALBERO pietrificato, di lun-
ghczzad’oncie 21. edicinquanta libbre di pelo, che fi vede in Cremona nel
Mulco del Sig. D. Pietro Martire Malcontenti Bolognele , diligente Invelligato»
re delle Curiofità Naturali , e delle materie Botaniche al pari d’un Crateva in-
tendentiffimo, c perciò con particolar lode mentovato dal Montalbani nella
Dendrologia dell’ Aldrovandi, e dal Zanoni nel fecondo Volume della lua Illo-
ria delle Piante . Anzi s’ impietrilcono talvolta gli Alberi intieri ; e non è mol¬
to, che sù la ripa delira del Selaro, Fiume che Icorrc vicino a Calici S. Pietro
nel Territorio di Bologna, cavandoli non lungi dalla Via Emilia nella radice del
Colle per fabbricarvi una Fornace , vi fù trovata una grandilfima Quercia pietri¬
ficata. Ma fu Iciagura, ch’ella non giungelTe in potere d’huomo di lenno;
a V vegnache chi la Icoprì , e n* hebbe il poffelTo , llimandola non più che il Gallo
d’ Efopo la Gioja non conolciuta , lalciò che tra i Materiali della Fornace , man¬
data in pezzi, fcioccamente lì conlumalfe . T utto altrimente n’ havrebbe djlpofto
l’ Eroico Genio del Sig. Marchcle Cofpi , nel di cui Mufeo per Miracoli di Nata,
raiicoalervano. TRON-
Meteor.
W3-
lim 8«
Pnn.
Btb.
LIBRO SECONDO, CAP, XXPtt, 153
19 TRONCO d* ALBERO picrriHcato, lungo duep^dmi, largo uno, in
CUI li korgono le cavità de’ gruppi, rimafti nella parte levatane» e fi diftinguo-
no beni»fini3le fibre, e le ineguaglianze, che fi vedono in un legno rotto a
cak, Hà i nodi più duri del redo, Scaluogo, aluogoè men duro, e fi frange
come il legno marcio, cui ralfomiglia fin nel colore.,
20 Tré PEZZI di LEGNO pietrificati, ne’ quali benilfimo fi difcerne la
fcorza , la palpa , e la midolla , per conofcerli vere parti di Alberi inìaflìte , a dif¬
ferenza de’ faffi , e pietre dalla Natura generate con figura delle parti di qualche
Pianta , fenz’ altra eipreflìone più fpecifica , fi come avvertì l’ Agricola , fcriven-
do; cum a Upides Arborum jimiles f recreet jdiligenter videndum efiancor-^ dtntit
ticem , ^ medulUm , aliaque habeant , qua fi abfunt , non Hipites in lapides converfi fojf.
> fid Natura fecit lapides fi ir pium fimiles,
21 Tré KAMI d’ ALBERO pietrificati» come fi conofce dal reggere eglino
al cimento Indetto . Anzi lembrano d’ Alno. , quafi fulTero di quelli , che infaf-
likono nell’ acqua del Sarno Fiume della Puglia , di cui notò i 1 Fontano .
■ ■ — I II — — videas lapidefcere Sarni
Caruleo fiub fonte Alnum. , Filietfque maniplos .
22 RAMO d’ ALBERO pietrificato nclT Anna, òfiaVergatcllo, picciolo
Fiume , che (corre nel Reno predo la V ilia d’ Albergato , detta communemente
il Vergato, ne* Monti del Territorio dì Bologna, dotato della medefima virtù,
che nel Silaro Fiume, da Plinio attribuito alla terra di lavoro, notò Silio can¬
tando, Nane Silarus.., quos nutrit aquis, quo gurgite tradunt
Duritiem, lapidum merfis inolefcere ramis.
Di quello FiumicelloBologne(e,fenzaefprimerne il nome, ne fece menzione
r Ambrofini nel Mufeo Metallico dell’ Aldrovandi, ove mentovandole àcque,
che portano (eco il (ugo pietrificante , ne (criffe. Eononienfis ager fimilibus;,
aquis non caret: nam prope Villam Albergati viginti miltiaria a Civitate difian^s^'
tem, fiuit parvus amnis , circa cujus ripas planta interdum, lapidea obfervantur *
23 CARBONE molto grande, pietrificato,
34 Nèfolamentele Piante, ò parti loro, difoftanzalegnofa,. e perciò ami¬
che della durezza , divengono talvolta pietra , ma per maggior maraviglia fe ne
pietrificano anco di quelle morbidilfime, e piu di tutte corottibili, come [Funr
ghi, giuda ciò chele n’accennò nel precedente capo, dilettandoli la Natura d»
kherzarc non lolo col produrre le Pietre pungiti, fimigliantiflìrae a’Fuughi» e ^
le Fungifete, ma di trasformare anco i medefimi Funghi in> pietra quantunque
da ciò iontanilfimi d’origine, come generati di (uperflua humidità della Terra,
ò d’ Alberi , ò di Legni putridi , ò d’ altra cofa fracida , e perciò quanto pìù fug-
gettialla putrefazione, tanto più inetti ad indurirli in pietra/, Tcofrado ne offer*. ^
vò in certo fito particolare della Spiaggia dell’Eritreo, notando, che dopale
pioggie( le quali altrettanto impetuole, quanto rade vi cadono , piovendovi
appena una voltaogniquattro,ò cinque anni) vinafeono de’ Funghi, che dal
Sole battuti fi cangiano in pietra . Il Clufio avvisò nafeerne nel Nilo , riferendo
cavate da effo quelle tré (orti di Funghi pietrificati, ch'egli defpriffe, e figurò f. io.
nelluò Volume delle Cole Pellegrine, E l’ Aldrovandi, ò chi per lui terminò il
Mu(eo Metallico afferifced’havernepoffcdutQ uno portato dal Cairo. Ne fece
menzione anco il Vorinio, col dc(cci verne uno» che da lui chiamali Futigiti L. i. Muf.
^4A:e»a ,au(od’Icalia. .Tal (odezza però non credo che adivenga loro, per (ola
operazione del calor del Sole ( come pare che inferifea Teokado ) quantunque ^
egli fia Chelf. Ref
Il Niitifiro Maggior de la Natura, C.a. 45.
avvegna-
154 M P* S È 0 0 S P l À U 0
avvegnaché qucfto opera egualmente in altri luoghi , dove i Funghi non irapie-
crikono ; ma perkadomi che per principale vi concorra il fermento pictrifican-
tc,dicui foprafidiilc. Di limili Funghi nel Mufeo s’hanno i fottonotati.
ij FVNGO pietrificato, d’ una fpanna di diametro^ ma fenzapicde, come
quello del Vormio.
ì6 FVNGO confimile, ma più piccolo.
27 FVNGO impietrito , imperfettamente rotondo , dì quattro dota di
diametro.
28 FVNGO fiinile rotondo, di fotto profondamente, e di fopra legger¬
mente ftriato, & in quella parte naturalmente {cavato in modo, che fembraun
Vaio da bere . Nel che molto fi ralTomiglia a quella fpezie di Sarto Fungiforme,
che tra diver/e forti di Pietre Fungiti vien figurato , e deferitto dall’ Aldrovandi
lotto nome di Tunghe mA^iore vergati . Quello però del Mufeo Cofpiano è più
grande , effendo di fette deca di diametro per ogni verfo , quantunque non hab-
bia piede, non manca d’ altri contrafegni di fua naturalezza per farli conofcerc
più che Sarto Fungiforme , Fungo impietrito .
25? Alle Cofe Pietrificate, come fopra notòllì, riduconfi anco i Sughi con¬
creti di fedimento d’ acqua corrente , ò di gocciole d’ acqua flillante , non fenza
mifipra di fermento lapidifico, come cagion principale, che
tlipévar. fenttHS molli s jam Upidefeat aqua.
carm.apmt come cantò Bernardino Ripa , Poeta del Sccolo pafiaco , di cui confervo un Vo-
wy-F-4®* lume manoferitto di vari Componimenti Latini, Del primo genere oflervonel
Mufeo
30 Vn gran pezzodi TARTARO d’ ACQVA , lungo quattro palmi, e
largo uno , bianco , e del colore del Sai commune . Fù trovato nell’ Acquedot¬
to della maeftofa Fontana della Piazza di Bologna. Come che occupalfe fola-
mente la parte inferiore del tubo , eontrarte figura femicilindrica , alquanto però
fcanalata , riufeendo nella parte con velTa tutto lilcio , per la pulitezza della can¬
na di piombo , e nella cava grumolo , per l’ineguaglianza , con cui vi s’ andò at¬
taccando la materia acquea a poco a poco induritali. Anzi quel fedimento in
più volte deporto vi hà cagionato diverfità di ftrati , nell* ultimo de’ quali fi pon-
no ortervare le particelle, che lo cortituifeono, di figura rotondeggiante, ma
poligona, come fuffero di criftallo, fparfe d’ alcuni atomi di minutiflima , c
fplendida rena . Altri pezzi di Tartaro del medefimo Acquedotto fi vedono tra
le Cofe naturali lafciatc a querto Publico dall’ Aldrovandi ; uno de’quali ma più
piccolo di querto, fi trova figurato al naturale nel di lui Mufeo Metallico.
X. 3. f. ij L’ Ambrofini , che terminò , e publicò quell’ Opera , lo chiama Taro , a diffcren-
za del Tartaro del Vino, ferivendone ; ^emadmodum Tarum ex aqua , it«
61. Tartarus ex Vino in lapidem conerefeit, Eprima nehaveva detto. Tarum ap-
pt^l^xf^^ quiddam tophi genus ex acqua concretum. E querto è la feconda fpe-
ziediTufo di lui propolto prima, con dire: Altera tophorum Jpecies eil qui fé-,
dimento aqua in canalihus fontium tener efe ere folet. L’Imperati lo chiama /’/V-
- - tra Tartara, Nc fà in copia oltre il Meandro, verfoJBucefala, dove, al riferir di
‘ Strabone, vi featutifeono certe acque, che facilmente fi cangiano in tufo, che
da quelli , che tirano gli acquedotti , vien cavato per farne de’ muri : I! che pure
oggidì coftumafi nell’ Vngheria, dove l’ acqua di molte fonti cangiandoli in pie¬
tre ben grandi , che fervono a fabricar cafe , hà dato luogo al proverbio tià que*
Paefani ufitato , cioè c’habitano Cafe fatte d’ acqua .
31 Altro pezzo di TARTARO acquatico grande, rotondo.
Cinque altri pezzi di TARTARO d’ acqua differenti.
-33 Del
LIBRO SECONDO, CAP. XX^ll 155
Del iecondo genere di Tartaro d’acqua generato di ftillicidiocpndenfa-
to v’hà ungranpez^o di FLVORE d’ ACQVA rapprefo in figura di quel¬
l’erba, che per la fimiglianza , che ne porta , vien chiamata da Botanici Coda di
Cavallo. Ed appunto come tal Pianta, quello hà foltilfimi rami lunghi, e ro¬
tondi, ma di fuperfizie ineguale, lottili, & ammaliati, iquali>fi dividono in al¬
tri fri di loro intralciati, di color bianco, e friabili, e che tenuti in bocca li -
disfanno, come il Tartaro del Vino, lenza però notabile acidità . Ollervollo
primiero il Dottor Ovidio Montalbani, che ne regalò il Sig. Marchele Colpi ,
& accompagnò il dono con quella Ifcrizzione. ^ .
D. MDCLXL XI. KAL. IVLII.
FLVOREM HVNC VERMIFORMEM
CONCRETVM, SEV
FONTANM RASINM, hoc est TARTARI FRVSTVM
HIPPVRIM HERRAM PERBEILE RE P RJES E NT A NS
ILLVSTRISS. MARCHIONI FERDINANDO DE . COSPIS
DOMINO SVO COLENDISS
SE PRIMO OBSERVATVM MITTIT .
/STERNIT ATI NOBILISS. SACRANDVM
OVIDirS MONTALRANVS
HVMILL, CLIENS.
■ 34 FLVORE d’ ACQVA pietrificatoin figura d’ un Ramo d* Albero, con
le protuberanze di molte gocciole dillintamencc indurite , come nella quinta
Tavola de’Sughi Concreti dell’ Aldrovandi v i -
35 Pezzo di TARTARO ACQVATICO vermicolato.
3 6 Co’ Tartari d’acqua tengono gran fimiglianza nella generazione le Pie¬
tre, che fi formano ne’ corpi de gli Animali , e fpezialmente de gli huomini, co-!
me quelle , che rifultano di feccia terrellre nel corfo de gli umori depolla in
qualche parte abile a riceverla, e trattenerla, per debolezza di virtù non valevo¬
le a fcaricarfene , e qui vi luccelfi vamente da fermento Ialino filTata in confillen-;
za per lo più tartarea . Così l’intefeco’ migliori Filofofanti il mio gentilillìmo
('«iovanfrancefcoBonomi, benché come Poeta, c Filofofo Morale moflralTedi
lentirnc altrimente nel terzo de* fette fuoi fpiritofinimi Sonetti fopra il mal della ,
Pietra, fcrivendo.
VelU Selce ^ che l* Huom tanta addolora ^
Non è, com' altri vuol,, feccia impetrita,.
Ne le vifcere a lui dal tempo unita.
Perche a T Vrna s * avvezzi anzi che mora .
Ma ben Pietra è fatai da /’ Etra ufcita.
Per raccordare al mifero d* ogn* ora
che del corfo vitale il fine addita
C/f I' Huom di Pietra angufia Pietra ancora,
O* ^ual virtude in quello fajfo lieve
Infufe il Cieli fe in un fof pira a pena
Il camino vital difegna breve,
pietra, cui forma t addenfata arena,
guanto il frale Mortai, quanto ti deve.
Se la Pietra tu fei , che al Polo il mena.
37 Vedonlì di quelle nel Mufeo due PIETRE d’ cgual pefo , c mìfura»
trovate in una velica humana » di foRanza tofacea , di figura rotonda comprclla ,
di due oncie di diametro , fcabrofc nella circonferenza» c lifeiene* Jaticom-
- - preffi
Laure,Peri.
moral.
Son. 18.
f. I9S<
tj4 M .V S E 0 C 0 S F l A H 0
predi > gialle , c friabili > come per lo più fono le altre Pietre fimili , benché fe nc
crovinoanco di conlìftenza marmorea . Al contrario di cjuefte inegualilfima per
molti angoli fn la
38 PIETRA trovata ne’ Reni di Erancefeo Primo Duca di Modana: della
Benm.icc, quale qui fc nc vede in un criftallo la forma , palefanrcal naturale, che
en.p.zoj. > — C/j/ da le sfere il tutto Tede
pietra fcabra, e fefante a lui coniefe ,
cqmeèantòilBonomi. Ne! qual propolito s’hanno leggìadrifsimi Componi»
Batt.?. I. lìtenri nelle Poefic del Cavalier Fra Ciro di Fers, edeljiattifta.
p. 151.
Ve' TeFlarci & altrt Corpi co» fembianza d' Antni ali Acquatili ^
b parti loro, Cap. XXFIIl,
i Rovanfi non di rado ne’ Monti, c talvolta ancora nella pianura vani
i Corpi di materia petrigna ,firaiglianti(simiadiver{i Animalidi Marc,
come Echini , Paguri,& altri acquatili , & in particolare Conche bivalvi , e Tur-
binate di più forti, quando feparate , e quando componenti grolle Ialite. Le
quali cofefoglionoridurfi alle foftanze pietrificate, credendo il volgo, e feco
più d’ un’ Ingegno eminente, che fìano reliquie d’ Animali un tempo vivi, la-
feiate colà dal Diluvio Vnivcrfale. E così giudicò tra gli altri il dottifsimo Ni¬
colò Stenone, che in prova di ciò ne portò diverfi argomenti di gran forza nel
Prodromo della curiofilsimafuaDiflertazione De folido intra folidum natur a-^
Tracall.ap. Uter contento. Alla quale opinione il Fracaftoro, e l’ Aldrovandi oppongono ,
^Vi^àtan. che la Terra, &i Monti non dalle acque Marine, ma dalle Cclelli furono allora
ttqu.Feron. Coperti, Oltre di che non in tutti i Monti, ma folamente in alcuni fi trovano di
<Aidr,Muf. que’corpt, E nulladinfenofe colà fuffero flati lafciati dalle acque del Diluvio,
f. /{./.8*19, ninna montagna dovrebbe mancarne; anzi bifognerebbe che fe nc trovafle com-
munemente nella pianura ancora, fe non predo la fuperfizie, potendo quefta
dirfi fiata coperta dalia terra fccfa colle pioggie da’ Monti , almeno cavandofi a
qualunque diflanza, lungi da’ letti de’ Fiumi. E pure non mifowicne d’havcr
letto che ne fìano flati trovati nel piane, fc non in certo luogo della Brabanza,
& in altri d’ Anverfa , dove però fi generano per naturalezza di quella tei ra , co¬
me più a bado fi proverà col dottidìmo Goropio.
2 Altri furono di parere, che fimili corpi anco fenza ricorrere all’innonda-
7Ìone unìverfalc, pedano edere colà flati sbalzati dal Mare, che deponendo
quando uno firato, e quando un’ altro di fedimcnto, e d’arena in un luogo, c
quindi pofeia a poco a poco recedendo , habbia fatto que’ Monti , ne’ quali pic-
trificandofiin gran parte il terreno, non è maraviglia, che fianfi pietrificati an¬
co tanti Tcflacei % che vi reftarono . Così pare che l’ intendede Ovidio , quando
(t. if. cantò,
!V. *6i, Fidi ego quod fucrat quondam folidifma tellus
JBJfe fretum: vidi faFlas ex aquore terras,
tt procul a pelago Concha \acuere Marina,
Di che fe n' hanno efempi nell’ Italia , come a Ra venna, & a Padova , che , rem pò
fà , erano battute dal Mare , & hoggi l’ hanno difcoflo , quella quattro , e quella
vinti ,c più miglia . E per tcflimonio di ciò non hà molto che in Padova , vicino
al Badion Cornare, furono trovati graffi Alberi di Nave, e nella Contrada di
S.Elena di detta Città, diverfi avvanai di grodo Vafcelio ; anzi cavandofi i
Big”tr.»rìg> fondamenti del Monallero pur di S.Elena, al riferire del Pignoria, vi fi ritrovò
tpat. C.7. ynaben grande Ancora, Accidente, che anco altrove fùodervatodaBatrifla
Fulgo-
L 1 'S R 0 S E C 01^ D 0, CAP. XXm. 157
Fulgofo, che racconta come del 1 460. cavandofi in certa Montagna fu vi ritrova¬
ta una Navefepolta» con gli Alberi (pezzati, e le Ancore di ferro, avverando
quei detto d* Ovidio , *'•
Et 'vettts inventu eft in Montihus auchor* fummis . *‘l-
E del la Città diS. Omero, detta anticamente fondata da Celare, notò a
quello propolìto Simone Ogieri nativo di quella.
Nam tunc pulfa. Mari, Portus quoque nomen habehat ^ *•
K^t Marts hoc tpjam tempore Uqmt aqua.
K^nchoraque tn fummo referitur Monte frequenter ^
Cum terram valido vomere fulcat equus,
3 Ciò però fe prova che in alcuni luoghi non molto diftanti dal Mare poflano
fimili Corpi da quello effere ftati lalciati, non bafta a conchiudere di tutti i Mon¬
ti , maflime de’ più alti , come fono le Alpi , & altri , nelle più fublimi cime d’ al¬
cuni de’ quali talvolta fi trovano de’Tellacei Follili. Ne fà calo in contrario
l’afferird’ Arinotele, che dovunque oggi è terra, tutto già fuffeMarcje che tot Cefaig.de
ti i Monti, eie Ifolc Tufferò fatti da’cumuli del di lui (edimcnto, e Icoperce
receffo di quello da luogo a luogo. Perche òil Filofofo s’intende ciò efler le- ^
guko nel principio del Mondo, o in altro tempo. Se in altro tempo, ciò non mu/. Aitt.
conila per alcuna Iftoria , fuorichedel Diluvio Vniverfale,nel quale non è ve-
ro che fuffero fatti tutti i Monti, come credettero alcuni appreffo Antonio Tor-
queda nel luo Giardino: avvegnaché ve n’erano prima, mentre in elTo Diluv o, T rate. a.
come inlegnano le Sacre Carte , Operti funt omnes Mentes excelfi fub univerfo
Se nel principio del Mondo;egli favellò una verità malficcia,forfi imparata
dal Sacro Tello , dove s’ hà il fondamento de’ Monti prodotti , non dopo che la
Terra fù habitata,ma nel terzo giorno della Creazione del Mondo quando Bìxit i.
Deus: congregentur aqua^ qua fub Calo funt^ in locum unum , & appareat ari^
f// Et in tanto apparvero allora i Monti a mio credere , in
quanto la Terra, che prima, come nota il dottilfimo P.Gioleflfo Blancano nella
fuaColmografia, era tutta piana ad un modo, lenza balze, nè valli comeper-
fettilfimamente sferica, etuttacopcrtad’acque , e perciò inhabile ad effere ha¬
bitata , abbaffandofi in molti luoghi , per farne ricettacolo alle acque , come ha-
vevà comandato l’ Altìlfimo, fù neceffario cheinaltrifilollevaffc, e cosi ne ri-
fuitaffero i Monti . Nè pertanto in quelli potè allora il Mare lalciar forte alcuna
d’ Acquatili , mentre quelli non erano per anco ftati creati , come quelli , che co’
Volatili furono introdotti nell’ Vniverfità delle Cole folo nel quinto giorno,
quando Dixit Deusx Producant acqua reptile anima viventis volatile fuper Gtn.t.
terram fub firmamento Cali. Creavttque Deus Cete grandiat omnem animam^
viventem , atque motabilem , quam produxerant aqua in fpecies fuas . E pol
quand' anco ailora , ò nel generai Diluvio luffero colà ftati lalciati , non pare che
nclcorlo di tanti Secoli haveffero potuto ferbarfi incorrotti fuori dell’Elemento
loro, a cui, più che ad altri, per haverli prodotti , competeva il conlervarfi» «-g
come dilcorre l’eruditilfimo Scarabclli nella lua Delcrizione del MuleoSei»
taliano.
4 Altri finalmente fi perfuafero,che i Teftacei Follili pollano generarli dovun¬
que fiavi materia a ciò atta , e che , s’ egli àdi venga , che in tal materia non vi fia
energia baftevole alla produzzione dell’ Animale, le ne generi lolamente la
Conca . Opinione , che mi và molto a genio , in quanto al poterli generar fimili
Conche fuori del Mare; ma non però in quanto al potervi nalcere l’ Animale*
Perche , le ciò fuffe, in alcuni di quelli Teftacei fi rrovarebbe i’ Animale, ò vivo,
òmorto. Epure a memoria d’huomo non le n’ è mai trovato .
O 5
Frécd^. ap
Sdrayn.toc.
ett.Uolcdrd,
/.3. A4uf,
c. Chiocc.
Muf. Cairn
ce il. felì. 3.
p. 407. CP
fm-
Pefci ffgara
ti ne’Satn.
An, e. 13.
Muf. Cale,
/eEl.i.p.^z8
439.
Mofearà.
l.z.Muf.
c-i-p, i8u
Agrie, l.io.
e.iu
Gefn, defig,
Up. C.14.
Aid. Àiuf.
Ai», t. I.
e. 4. p. 101.
102. 103.
104. l.^.c.i.
t 4f3*454-<^-
57. p. 764. c.
77* P- 938.
tee. eie.
L. X. ^eEl.z,
f.2.p.38.
158 M V % E 0 C 0 S E l An 0
5 Io per tanto inclinaret a credere , come non inverilìmilc j che que’ Corpi
Oftreacei, & altri, che fi trovano ne’ Monti, nonfiano veri Tellacci , nè mai
fiano fiati partiti’ Animai vivo, come pretendono gli Autori fopracitati, & in
• particolare il Fracaftoro , (eguito in ciò dal Saraina * dal Mokardo , e dal Chioc-
; co; ma più torto che fianoSafil.ò Pietre dalla Natura generate con tali figure:
mafiime non efiendo in ciò implicanza alcuna . Conciofiecofache le la ftefla Na-
' tura produce nell’ acqua diverfi Animali , e Zoofiti fimili a molti Animali, & al-
’ tre cofe della Terra , come olTervarono parecchi Scrittori , c particolarmente
1* Aldrovandi, che di fimili Acquatili ne trattò, e portò le figure in più luoghi
deir Irtoriade’Peki,de’Teftacei,ede’ Zoofiti: perche nella Terra non potrà
ella generare alcune cofe fimili a quelle di Marc ? E di fatto non ifcolpike ella
in alcuni fallì così al vivo Timagine di varii Pefci,che vi fembranocol piùcfqui*
firo artifizio di mano indurtriola figurati ? Così occorfe nella
Pietra FOXINITE del Dottor’ Ovidio Montalbani , donatami dalla cortefia
del Sig.Marchefe Marco Antonio Montalbani di luiNipote.digniflimo Figliuolo
del Conte Giovambattifta Montalbani, Irtoricodi rtile da paragonarfi con Ta¬
cito , come può vederli nel di lui gentiliflìmo Cómentario de MeribusT! urcarum,
rtampato a parte , e tra i Trattati di varie Republiche : la quale , benché fia Pietra
da calce, confervafi come Gioja in quello Mufeo; per bavere la Natura con di¬
ligenza infuperabile improntato in elfa Teffigie del Peke PardelU^ dal Filofofo
chiamato d’onde ne denominò quella curiofità il di lei primiero olfer-
vatore: apprcifo di cui vedevanfi altre fimili gentilezze di Pelei naturalmente
figurati nelle pietre , per le quali non haveva da invidiare al Calceolario quelle »
che nel di lui Mufeo mentova il Chiocco , notandole di quello Secolo trovate
nel Territorio di Vicenza . Tali bizzarrie però, tutto rarillìme in quelle parti,
quali d’ordinario accadono ne’ Salii della Minerà di rame d’Islcbia, Cartello
de’ Conti di Mansfclda nella Saffonia: ne’ quali ben fovente fi trovano natura-
lifsimamente kolpiti Luzzi , Pefchi , Barbi , Aringhe , Anguille , anzi Palfcri di
Mare, de altri Peki ,come olTervarono 1* Agricola,ilGefncro,e l’ Aldrovandi:
nel di cui Mufeo, donato a quello Publico, fe ne confervano alcuni, i quali in
più laftrc divili , in tutte moftrano la rnedefima figura . Dal che giudicò Anklmo
Boezio,chefu(Tero veri corpi di Peki impietriti, imaginandofi che nello ftelTo
luogo fuiTe Hata una Pifcina: la quale per qualche terremoto fulTe una volta
Hata coperta di fotti! crolla di terra : e che la di lei acqua dalle fotterrancc efala-
zioni metalliche, potenti a fiirarla,condenfata,fulTe fuccellivamcnte pafsata in
nàrura di pietra , contenente dalla llelTa virtù infalfiti i corpi de’ Peki, che prima
in ella guizzavano . Ma tutt’ altro perfuadono le imagini non folodc’ mentovati
Palferi di Mare non habitanti nell' acqua dolce , ma di molt* altre cofe ivi olferva-
te , nulla attinenti all' acqua * come di Galli d’ India , e di Salamandre ; anzi (ch’c
incomparabilmente più mirabile ) della Beata Vergine col Bambino in braccio,
c de gli ftefsi Sommi Pontefici, Coronati di Triregno, come notò l’Agricola*
Le quali cole vive, elTendo impofsibile , che tutte fi trovallero in quell'acqua,
non lakiano luogo al crederfi , che ivi fulle lago alcuno ; ma più torto , che le ma-
ravigliole imagini di que’fafsi fiano tanti kherzi dedalei della Natura, de’ quali
non le ne polla rendere altra ragione , fe non che
Ludit in humanis divina potentia rebus.
Non s’ingannò per tanto il Vormio conchiudendo di quelli miracoli della Natu¬
ra fateri Naturam polydadalam multa finu fuo fovere t tyuorum
rationem nemo unquam inveBigabtt . E forli di quella fpezic, e perciò n aturalc,
lù Quella Pietra, che improntata dell’ imagine d’ un Peke, fù prodigiof^mente
kaglu-
LIBRO SECONDO. CAP. XXf^lU. I
^cagliata dal Cielo a punir l’empietà di quel /acrilego, che ncufando d’ onorare
5. Nicolo Magno , il Taumaturgo di Mirea , con i/cherno antipoie al di lui culto
il defidcrio di mangiar Felce ; ma colpito da quel Pefce di pietra , impietrì nella
lingua, che pcrdè l’ufo di favellare, per lafciareagli occhi quello di piànger*
rcnormitàdèU’eccefso. Onde Francefco Maria Bordocchi, il Simpatico tra’
jiollri Vnanimi di Bologna, a gloria del Santo Protettore dell’Accademia , ne gli
OlocAuUi d' Encomi, Foefìe in lode del mcdeiìmo da’ detti Accademici ftampatc
del 1^7*. 4. così hcbbe a cantarne. ;i
S’ Aprirò i Cieli i e da, quelP Acque immenfe^
che dan sù 1' Alto eterni appUufi a Dio,
D ’ ingordo Schernitor le brame intenji
?efce di Pietra a vendicare u/cto.
Tratto l* Empio dal colpo a le difpenfi -
Di quel Pefce fatai, gufìb fiù pi»
L' efea d' un facro Culto, e in parche menfe
eli alimenti de /’ Etra a /’ alma unì»,
^^indi non piu a fchernir le labbra attenne.
Ma con Pefce di terra a tacer prefe, !
Ma con I' Acque de ’ Cieli a lodar venne l
Così fra pianti fuoi muto fi refe,
E r onda del fuo duol da un Pefce ottenne.
Ed il filenzio fuo da un Pefce apprefe,
6 Che fe la Natura, come s’ è detto , sà produrre 1 falsi , con figura di Pefce
tanto cfquilita , che nulla , trattone il moto , vi lì può aggiungere , nulla fcemarc^
perche efprimano i veri -, che cola impedirà , che non polTa formare anco de’ falsi
con figura perfettifsima di Te(laceo<? Anzi tanto men diffìcile ciò dev* elsere
alla Natura , quanto maggiore è la fìmiglìanza , che lì feorge tra la foftanza delle
Conche Marine, c quella delle Pietre : che quella , che pafsa tra le Pietre medéW
lime, ci Pelei; per tacere de gli Animali terrcftri, e volatili, ò parti loro-, eie
Piante , come i Funghi , ò i Frutti , a’ quali alcune talvolta riefeono fimigliantif-
lime nella figura, comefivede in tante bizzarre i magini addotte dall’Aldro-
vandi nel Mufeo Metallico, e confermali con le llravagantifsime fembianzedi
molti Salsi del Mufeo Cofpiano , che tra poco lì notaranno .
7 Ma ciò, che, a mio credere, più vale in prova di taleafserzione, lì è il
trovarli ne* Monti materia idonea per tali generazioni. Perche le le Conche
acquatiche fono prodotte, ò d’arena, òdi fango, mediante Tumido vilcofo,
che le congiunge , notandone Arinotele ,di cui non mi trovo alla mano il Tello
Greco : ^od Concha , Chama , Fngues, & Peilines locis arenofis ortus fui
initia capiunt, E piùbafso. In limo fponte gignuntur omnia TeHacea prò ejus
varietate diverfa . In canofo quidem Ojlrea , in arenofo Concha , & alia , qua
memoravimus : in rimis, é" fiffuris faxorum Tethea , & Glandes , & qua affi~
guntur, ut Lepades, & Nerita. Anche ne* Monti, & in altri luoghi, vi lì trova
arena , ò terra vifcofa , & umor fallo analogo a quello del Mare : cole , che alla
Natura operantecol calor centraledellaterra, ballano per la generazione delle
Pietre limili a’ Tellacei: nelle quali come di fopra accennò ilFilofofo, puòfal-
varli la diverfirà delle ligure, con la varietà delle miilioni di tali materie. Efc
tra quelle ve n’ hà delle Turbinate , la figura delle quali pare che richieda mag¬
gior* elaborazione ; non mancano nelle caverne de’ Monti cfalazionifumofe, le
quali,comenotòl’ Aldrovandi, cercando rufcita,e non trovandola, ponno
agitarfi a gutfa di turbine , e giuda la varietà del moto di tale agitazione ftampar
O a Teffigic
f.f9.
Figure d’V«
celli Qc’Saf*
fi.
Alir, /.4.
Muf. Miti
e I f 44f.
«^•5^ hl^9>
76}. 766,
L 5- hijl.
Antm.c I r.
&af. Ath,
l. 3. Dttntf.
JLce. ttu
'Mti^eap.p,
Ji. 1. Mh(.
Alci, c. 6 p.
p. 169. 170.
/• 4* i * P *
455
»/3; ^4475*
r. iH.p.699.
t. f .887.
,%6o u M V S E 0 1^ 0 l An o \
Tcffigie turbinata in raii materie difporte ad efscrne imprc/se. Ktd’èlicve in¬
dizio di tal generazione il trovarli di tali corpi con figure irregolari , e de gl’ im¬
perfetti , cioè impaftati di mera terra non pietrificata , & altri , come pure avvertì
l’ Aìdrovandi , comporti di terra parte inalterata , e parte impietrita , de’ quali t
non altrimente , che d’ alcuni de gli Animali riferiti da Pomponio Mela generarfi
nelle alluvioni del Nilo può, ex farte terra vifuntur ^
Anzi di fatto nello Studio dell’ Aidrovandi lafciato aquefto Publico fi trovano
molti tali corpi fofiili , che tra' farti naturali dall* Ambrofini fono connumerati , c
figuratine! MufcoMetallicodi quel grand’huomo, (otto nome diOftracite(di
cui ne trattò in un capitolo a parte, cioè nelcap. VII, dellib.JV,) d’Oftracitc
Coralloide , alla di cui/pczie potrcbberidurfi la Conca Corallina di fopratnen-
tovatain quello fecondo Libro al cap. XX. nu. 3. di Pietra Ortracomorfo , di
Conchite falciato, di Conchite Margaritifero , di Conchite romboide di varie
forti , & altri fimigliantiUìmi a Chiocciole , a Buccine , a’ Turbini , a’ Murici 1 a*
Mufculi, a’ Pettini, & a* Cruftacei, come Granchi, cFagurij &agliEchinifi«
milmente. Enel MufeoCofpiano fi vede
8 Vna CAPPA STRIATA , comporta non d’altro , che di minutifsima re-
lìa , impartata col fugo pietrificante , la quale le fulle Tertaceo impietrito , rtrofi-
nandola, non ridurrebbefi, come fd, in atomi lucidifsimi di rena, ma in terra
fcmplice,ò limile alla poi vere fatta di pietre calcinate. Nè porto crederla così
formata in alcuna matrice di Mare: perche le Cappe Marine di quella fpezie,
per quante io ne habbia veduto, quantunque rtriate nel converto, non lo fono
nel concavo , e quella hà tutto il dorfo rtriato fin nel filo de gli Spondili . Me ne
fece dono il virtuofirtimo Sig. Ottavio Scariauini , Arciprete di Calle! S. Pietro
nel Bolognefe , in tempo che io ferviva di Medico quella Communita : & affer¬
mava d’haverla trovatane! vicino Fiume Silaro.
9 Sarto con figura naturalirtima d’ ASSE CENTRALE delle VOLVTE
d’ VNA GRAN CHIOCCIOLA,Iungoun buon palmo, di lartra grolla , chi;;
fa quattro giri , e di fortanza|marmorea biancheggiante, cavato da’Monti»
quale non porto perfuadermi lìa mai fiato parte d’ alcuna Chiocciola , perche hi
i lembi fveltirtìmi da ogni lato egualmente folcati pe’l lungo , lenza verun legno
di mancanza di qualche parte , per indizio , che la parziale figura , eh’ egli hà di
Chiocciola , fu Icherzo della Natura imitante i Teltacei ne’ falsi , non opra feriti
nel genere de’ Turbinati.
10 In confermazione di tutto ciò cadono molto a propofitole rirtefsioni fo-ì
pra quelli Corpi Folsili fatte dall’eruditilsimo Giovanni Goropio fopracitato.
Riferilce egli trovarli in un piano della Brabanza di quelle Conchiglie, quali
erto rtiraa ivi generate per la natura di quel terreno , eh’ è falluginofo » edi tem¬
peramento corrifpondente a quello de’ guadi marini. Di più in alcuni luoghi
d’ Anverla , come lopra lì motivò , nota egli , che cavandoli lotto terra , dopo el-
ferli trovata l’acqua, s' incontra uno llrato di terra grolTo circa due piedi, tutto
comporto di limili Tcllacci , de’ quali non le ne vede quantità eguale ne’ lidi de’
Mari circonvicini ; e nulladimcno , fe quelli havelTero havuto origine dal Mare,
che colà deporti gli haverte, lene dovrebbe trovar fimil congerie ne’ lidi della
Zelanda, dell’Olanda, e della Fiandra, Siche è necefsario, che vilìanonati
per la qualità del terreno. Il che tanto più chiaro appare, quanto che in que'
Mari fono rarilsimi que’ Tertacei, che chiamanli Pettini, e s’hanno percola
firavagante, fe ne fiano portati alcuni dal MarGalacio: e pure di quelli lene
trova una copia innumerabile nelle Fofse d' Anverla , e chi ne vuol cogliere , da
quelle , e non dal Mare fe ne pro vede . Per lo che giudicò egli di conlimilc ori-
L I v n 0 s E e 0 nno. cap. xxmi i6i
gtneiTcftaceìFofsili delle Latomie di Megara, dove n*hà maggior quantità,
che in altro luogo della Grecia, quantunque quali tutta lia battuta dal Mare:
dalle quali notò Paulania elTerlì cavato pezzi così grandi di fallo compollo di
Conchiglie» e perciò chiamato ConchUe^ che d’ uno d’ elfi potè fabricarlene il
Sepolcro di Cari figliuolo di Foroneo .
Il In vigore di quelle olTervazioni dunque tra le Pietre naturali ( eh’ è a dire
tra’ Miftid* infimo genere, compreli nel più bado grado delia lollanZa, come
corpi Tempre inanimati, e perciò conliderabili folo in ultimo luogo cra’Parci
delia Natura qui conlervati ) ponno riporli i fottonotati Tellacei Follili del Mu-
feo Cofpiano .
la CONCA FASCIATA delle maggiori, che li trovino, come ìn^i da
gli Spondili all’ oppolla circonferenza v’è la dillanza d’otto deta. Hà le fue
valve perfettamente chiule, e contiene minutilfima labbia già divenuta pietra
arenaria, che con la Conca coftituifee un folo, e fodo malficcio. Dalla metà
più vicina a gli Spondili mantiene il colore , e la follanza tellacea , e difpolìzio-
ne delle fue fibre ai naturale, come fe di prelente fulle fiata portata dal Mare.
Nel refio lembra edere fiata calcinata , edendo pietra bianca .
13 CONCA LISCIA della medelìma grandezza, ma co’dorlì d'ambe le
valve più prominenti , e quelle così aggiuftatamente chiufe , che non v’ è legno
dadifiinguerc un labro dall’altro. Attorno a gli Spondili, e ne’ dorlì è ruvida
per certa incroftatura di terra attaccatavifi, & impietritali loprala (corza della
medelìma , che nel rimanente è lifeia , 8c hà tutte le fembianze uf Conca natura*
le,comeleora venideda! Mare. Dal pelo s’argomenta piena di terra inladita.
14 CAM A, ò CAPPA LVNGA, bianca, chiula dalla Natura in un pez-
20 d’ Alabafiro candido , per legno che prima che quella forte di marmo fi gene¬
rade , ella era in edere • Da piccolo pertugio di quello cleono le fommità delie
di lei valve locchiule, congiunte ne gli Spondili, e contenenti certa materia
impietrita , che potrebbe dirli reliquia della carne dell’ Animale, fe quella Con¬
ca havede havuto origine dal Mare, e non potede ella edere fiata prodotta dalla
Natura ancoinunMonte,comelopras’èdimoftrato, Il che pure in calo limi¬
le non osò di negare l’ Aldrovandi , ò l' Ambroli ù , che per lui terminò il Mufeo
Metallico: leggendoli nella foiegazione della TAbelUcum fnxo Chama offerA
■fYAgnAnte, XVill. TaIcUa hahet delineAtum faxurnt qttod frA^um dedit ChA*
mam Afferam i qua ( NIS£ IBI GENITA FFERIT ) diutftrmtAte temporis in
faxtam naturam tran/mutata fuit. E di limili Conche non di rado le ne trova
ne’ marmi, che li legano in Firenze; come pure in Cremona mia Patria le ne ri¬
trovarono alcune bianche, e rode, ne’ marnai, che tede li lavoravano per lo
fontuolo Aitare delle Grazie della Chiela Metropolitana : le quali di prelente
fi contervano tra le Curiolicà laqueila Citta raccolte dal Sig. D. Pietro Martire
Malcontenti Bolognele , altrevolte mentovato : e lono di lofianza marmorea .
15 TESTACEI MINVTI.e MEZZANI di varie lotti, cioè BVCCINE,
TVRBINI , PETTINI , CONCHE , CAPPE , MITVLI , & altri in gran
numero, componenti due pezzi molto grandi di Pietra CONCHIDE, come
la chiamano i Greci, ò lìa OSTR ACOMORFO, come la dice l’ Aldrovandi, ap-
predo di cui le ne vede belliflima figura tra’ Salii naturali nel Muleo Metallico.
Furono trovati ne’ Monti Apennini sù la lirada di Fiorenza da D.Teodoro Ron¬
doni Agente del Sig. Marchele Colpi : e 1* uno è lungo quali due palmi , largo
più di uno; l’altro poco minore, & amendue grolfi tré deta, e piani, come le
fiidero pezzi diade. Di quelli Saffi, come lopranotòlfi, fe ne cavò in gran co*
pia nelle latomie di Megara , & in alcuni luoghi d’ Anverfa.
C^falp. de
Métall.l.u
f. 4S0.
L. 4I Aluf.
16 Pie-
I6z
^ y S B 0 C 0 S P I A N 0
Dif/c.t, f.
e- izx.
Form, l. r.
JUuf- ftH 2.
f. 12. p.79.
L.^.Aàf.
Mtt.i. I.
t- 479*
H.N.l. 24.
c* 26. f, 464
L.i.de mir,
»4r. Eurof.
c. 7.
Ltc> ett,
p.480.
16 Pietra CONCHIDE intiera, di figura ovata, alquanto comprcfla, c di
fuperfizie , che fembra rofa dall’ acqua , forfi per efiere (lata in qualche Torren¬
te. Tra le di verfe, & innumerabili Conchiglie piccole, che la compongono,
fe ne olTer vano di canto minute , e perciò di gufcia fottilifiìma , & altrettanto fra¬
gile , che rendono al tutto incredibile , che avellerò potuto cotifervarfi per tanti
Secoli nella terra, che pure confuma in partei bronzi medefimi, fe fuffero fiate
in ella lakiate dal Mare fino al tempo del Diluvio, e non piùtofio in clTa gene¬
rate per la qualità del terreno corrifpondente a* fondi Marini . Me ne fece dono
aliai pregie vole il Sig. Iacopo Zanoni famofo Semplicifta di quella età .
17 OSTREITE, Saffo generato tra due gufeie di Oftrica, delle quali alcuni
vclligij fe li vedono nella fuperfizie , figurata per appunto tale , quale fù la Con¬
ca continente. 11 che è indizio che molti falTì,che portano figura di Tefiaceo fi
generano con tal’ effìgie per il continente, che può cllere vera Conca Marina,
portandofene talvolta ne* Monti: overo Conca generata nella terra a fimiglian-
za di quelle di Marc, come col Goropio s’è dimoftrato. L’Aldrovandi, che
porta la figura d’alcuni Saffi con figura di Ofirica , li chiama oHracìtit come
quello , di cui favella nel Mufeo Metallico 1. 4. c. i . p. 46 2. dove pure egli nota
chiamarli Oftracite anco la vera gufcia delle Oftrichc per lunghezza di tempo
pietrificata , come quelle delle quali fi fece menzione nel precedente Capitolo .
Io però chiamo quefio Ofirem, sì perche TOfirica da’ Greci appellali
non come per differenziarlo dall* oUracite , pietra croftofa,e laminofa
da quella molto diverla, che al dir dell* Agricola trovali in alcuni luoghi della
Germania, e fùconofeiuta, edeferitta da Oiofeoride, e da altri antichi, c tra*
moderni dall* Aldrovandi , che ne trattò fcparatamentc nel cap. VII. del lib, IV.
del Mufeo ; e dal Vormio.
18 CONCHITE grande. Saffo generato tra due Conche di gufcia grolla,
la metà delle quali più vicina a gli Spondili v’ e rimafta attorno .
19 CONCHITE, ò PETTINITE ftriato,cioc Saffo formato in una Con¬
ca , ò Pettine firiato , di cui ne (erba in ogni pane la figura nella fuperfizie clic*
riore lifcia , e ftriata pe’l lungo ,
ab Alle Pietre formate tra due Conche fi ponno aggiungere anco le BY-
C ARDIE , che fono Salsi con figura di Cuore , alcuni de’ quali nella grandezza
talvolta efprimonoqucllod’un Bue (d’onde ne trallero il nome) come il pri¬
mo figurato dall’ Aldrovandi . Avvegnaché mi fovvienc d’haverne havuto uno
limile in tutto al quinto dell’Aldrovandi, quale baveva cavato d’ una gran Con¬
ca Fofsilc , di dorfo molto protuberante , come nella feconda delle fopra mentoJ
vate. D’onde hebbi il motivo di credere che non pochi ditaliSafsi ricevano
quella figura dalla forma precedente delle Conche , come pure giudicò l’ Impe¬
rati, che ne figurò un limile all’ offervato dame. Non è però da negarfichela
Natura non fappia ,fcherzando, produrre fimili c^uriofijcà lenza la ftampa. Il
che non folo accade ne’ terreni di Babilonia(comc credettero alcuni, che non
ne havevano offer vaco altrove) ma anco ne’ Monti di Verona, e di Bolt^aa.
Anzi nel Monallcro di S.AgoftinoappreffoS. Caterina di Vadaja, al riferire di
Gio.EufebioGiefuita, lene trovano di quelli, che oltre Phaver perfcttifsima
fembianza di cuore, fono dalla Natura improntati di una bellifsimiifio^*'^ di Ro¬
fa , quali fodero prodotti per limbolo di que’ Santi . Nel Mufeo vi fono
21 BVCARDIA RETICOLATA, comequella.chcnellafuperfizieèfcor^
fa di frequenti linee eminenti, tra di loro così difpolle, che imitano, una rete*
Nel che raffomigliali al Bucardite reticolato dell’ Aldrovandi, da cui però^fi
fcolla nella figura, colla quale meglio efprirac il Bucardite lifeio figuratoli
quinto luogo appreffo il medefimo Autore. a BY-i
LIBRO SECONDO. CàP. XX^IÌl 16^
1 ^ B ve ARDIA parte lifda , parte reticolata , con fuperfizie per la maggior
parte nera , ò ferruginea .
BVCARDIA lifcia,,come la deferitta dal Vormio , più piccola della pre¬
cedente: la quale meglio potrebbe cbiaraarfi ^ithocardia ,ò Lithecardite yC\oh
SaiTo con figura di cuore , che Bucardia , nome , che propriamente s’adatta (olo
a quelle Pietre di queftp genere , le quali, non folo nella figura , ma anco, nella
grandezza efprimono il cuore di un Bue . A differenza della quale quefta cipri»
me più tofto le fattezze d* un CVORE HVMANO, forfi per denotare
,^m.d plerJque Hominttm, fiiPiea. corda, gerunt .
Tra*TeftacciFolsili parimente hanno luogo i feguentidel noftro Mufeo.
24 ECHINITE maggiore, ò fia Saffo con figura naturalifsima d’ Echino
Marino nudo , e particolarmente di quella fpezie ^che dal Filofofo 0<irii'r*37v , e
dairimperati Spatago viene appellata: tuttofeminatq di punti di centro, per
lo più>cminente,chefembranoveftigia, ò rudimenti delle fpine ; e tali per ap¬
punto fono creduti da quelli , che fi perfuadono veramente impietriti fimili cor¬
pi : come lo giudicherei anch’ io , fe non havefsi l’ efempio del compiacimento
della Natura nel formare molti falsi con la figura di tale acquatile nelle led ici dif-
iferenze,che ne propone l’ Aldrovandi nel Mufeo Metallico , trattando de’ falsi
in genere. Nella parte foprana, che s’inalza in fembianza di gonfia mamma,
v’ è dalla Natura fcolpita una Stélla , il di cui difeq forma la prominenza del ca¬
pezzolo: e fà cinque raggi larghi, che giungono fino alia circonferenza di tal
corpo, con una linea , che li taglia pe’l lungo, punteggiati nella guifa del rima¬
nente , ma ne’ lati legnati di frequentifsime lince tranfverfali , tutte d’ una mede-»
iflma lunghezza. Nella parte fottana è piano, e moderatairientc conveffo, con
qn’altra ftella quivi più profondamente fcolpita, che di fopra, mafsime nel
difeo . Per le quali fattezze , non meno che per la grandezza , egli riefee molto
fimile al duodecimo.de gli Echiniti figuraci dall’ Aldroyandi,
25 Altro, ECHINITE, poco minore del precedente-,
atf CARÒINITE, ò diciamolo Saffo con figura di GRANCIPORO, co¬
me chiamali in Venezia, ò fia GRANCHIO PAGVRO, fimile a quello, che
tra’Safsi lira vaganti figurò l’ Aldrovandi nel Muleo Metallico : in cui la Natu¬
ra ha cfprcffq cpsì diligentemente le fattezze, diquel Crullaceo, che lembra
effere (lato animai vivo convertito in pietra , come quello , di cui s’ è favellato
nclpreccdente capitolo,- e tale potrebbe ftimarfij,fe la Natura medefimanon fa-
pefse fabricar altre cole , nònmeno maravigliofc «n forma di animali, ò loro par¬
ti, di terra,comequelle, che nel feguentc capitolo fi deferiveranoo . Intanto
non devono tralafciarlì i r
*7 DENTALI FOSSILI, che fono quc*cannelletti bianchi, alquanto cur¬
vi ,di foRanza marmorea, che in grandiflìma quantità fi trovano nel Martigno-
ne , Rio del Territorio di Bologna^ fcorrence da mezo giorno a tramontana dal¬
la parte occidentale della Città, tra la Samoggia , e *1 Lavino piccoli fiumi: i
quali da molti credonlì veri Tellacei pietrificati, da ridurli algeneiedegli Vni-
vaivi, come lopra notòffì nel Cap.XXlI. di quello Secondo Libro al num. 4,
ma a me,chenecQn[ervocopia ben grande, fembrano più toRo determinata
fpezie di fallo: prima, perche fefuffero Tellacei in qualche tempo lafciati colà
dal Mare ( che oggìdì , e da mezogiorno , e da levante v’ è difcpllo alcune gior¬
nate >e pófcia impietriti , le ne dovrebbe trovare alcuno ne’ torrenti , e fiumi-
celli vicini a quelli » ò più tollo ne' Monti , che in elfi depongono le acque loro :
0 pure non ve ne trovanli: e poi perche la loro lollanza c denfa, eduriffltna,
come di marmo , ò d’ altra pietra molto dura : ^ i veri TcRacei pietrificaci luuo
molto
X» I ■
feii.i.e.iz.
jtldr, Muf,
Mtt i-4 c.i
p. 478.
1>.L. tn dili.
ap. O. M. in
Cur. Anal.
P
Vorm. Muf.
Ar, l. 4. dt
h, 4nttn»
Jmper. i.sS.
P.78S.
L. 4« c» pi
455.^/r«.
p. 43«.
4*^« r.
Vwm.ì.
Muf. fefì. i.
c. 13.
/. 11.
22.
CfartlU
f4p. f.
£. 37. ^ 10.
164 M y S B 0 C 0 S P I A N 0
molto più teneri , e ben iovente friabili , come le pietre calcinate , onde fc ne fi
ottima calcina , non altrimentc , che delle migliori pietre da calce . Oltre di che
tal volta lì trovano pieni di certa terra bianca impietrita, la di cui polvere d’ odo-
re , colore , fapore , e virtù cficcantc in nulla è differente da quella, che fi fà de*
medefimi cannelli : onde quella fieffa terra può giudicarli la materia , della qua*
le fi generano que’ cannelli per particolar proprietà del terreno , dove hà origi¬
ne , & i primi aumenti il Rio , che li porta ; il quale fimilmcntc conduce diverfi
altri ^alli di figure firavaganti,ò parti loro, òdi cole artifiziali. Non è molto,
che ne furono trovati anco nelle Alpi della Valtellina: de’ quali ne furono pu¬
blicate in un foglio volante alcune virtù , che ali’ cfperienza fvanifeono .
Scolture della Natura in alcuni Sajfi taffrefentanu
Tatti d' AnimaliTerreJìri ,0 altre Br avaganze ,
Cap. XXIX.
1 A Maggior prova di ciò, chefidiffedi fopra, e fembrò paradeffo , cioc
> Teftacei Folfili fiano veri fallì dalla Natura generati con tali figu¬
re , ponno fervile ancora diverfe Pietre del Mufeo non meno di quelli degne di
riflcfsione per la bizzarria delle configurazioni , che fquifitamente rapprefenta-
no le Farti di diverfi Animali Terrefiri, ò altre Cofe,fcolpi te, ò dipinte; dan¬
do in tal modo a conofeere ,che la Natura, che è Maeftra dell’ Afte , lenza
rArtemedefima, e lenza gli ftrumenti de’Fidij, e de gli Apelli fuoi figli, &
imitatori, sà gentilmente effigiare ciò che più le aggrada, ne’ faffì (per tacer d’al¬
tre materie) Rampando tenerezze anco dov’ è più intrinfeca la duiezza. Onde
il Vormio. Mire ludit Natur a in omnibus rerum naturalium fpecitlusj. ^uodvel
in lapidibus pr* reliquis videre licet , adeo ut vix fit animal, cu\uJnon figuram,
aut partem aliquam in lapide exprimere tentet,vix ab artifice elaooratum opuSf
quod non in hoc genere imitari geftiat . E cosifuole
Scherzar Natura, e trasformar fi in Arte,
Anzi a l* Arte infegnar , fcherzando quivi.
Lodi piis belle ad acquifiar fra i vtvi.
Di limili bizzarrie ne fece lunga offer vazione, ilGaffarcili, che le diftribuì iri
diverfe clafsi, enelcriffe un Trattato in Francelc , eh’ egli intitolò Curiofitez-
inouies.
2 Se ne vedono vari efempli nel Cimelio dell' Aldrovandi , & egli fteffo ne
portò molti nel fuo Mufeo Metallico, A quali ponno aggiuogerfi queftidel
Mufeo Cofpiano , non meno di quelli meritevoli di menzione , Ma d’ elsi qui fi
rammentano folo que’ ch’elprimtndo in rilievo diverfe Cole , ponno veramen¬
te chiamarli , per lafciar giialtri, che più tofto {ombrano
jP/««redcl!amedcfima,da confidcrarfi a parte dopo quelli.
3 CBFALITE, òffa Saffo con naturai fembianzadi CRANIO HVMANO
di cinque onde d’altezza, c quattro di diametro: nel quale hanno la debita
proporzione di fito, c d’ampiezza le cavità de gli occhi, delle narici, e della
bocca, non altrimcnte che fc fuffe fiato uno Schizzo di Prometeo per addeltrarli
a fabbricar l’ Huomo , come fantafiicarono i Poeti .
4 D’altre TESTE HVMANE con diverfità di colori efpreffe dalla Natu¬
ra in alcune Pietre fi favella nel capo feguente tra le Pitture della Natura .
5 Safsiconfiguradi LINGVA HVMANA, come fembrò a Plinio, fonq
le Gloffopetre.dcllequalifitoccòqualchecofanelCap. V. di quello Libro, e
nonnulla foggiun^eràfsi tra poco ,
é Due
L i ^ R 0 S ECONDO, CAP. XXIX.
6 DiSeS«fficép fgu», e grande??^ naturale di POpPA HVMANA , fe-
paratatnenre,inagQnpiùdelicare?zaefpreffavichcne|MarmQ Mammofp dell’
Aldravandif per non O^r del Mammario del Vormio ; come rappr^fenian- l. 4. Muf.
t'è tri poppe di iSrutalu' PotrèbbóinQ fofp'cttarfimanifàtcurè della Scoltufà, co- Met-c. 57.
me pàjpiip, (cl^erc nella parte tumida imprelfi d* alcuni de’ fegni, che vedon» j.
fila c|ua|che Echtifi^ non li facclTcCQnoiccre per meri fchcrzi della Natura, ftB s.i.
^’havepdo principiato ad introdurre in quelli Saffi le fattezze d’ un’ Echino di
Mare, quafi di ciò pentendofi piegò a fegnalarli di figura molto più nobile.,,
pom’ è quel la della Poppa Humana , per allettarne^ anzi àllaitarne la maraviglia,
non altrimente ehe in quel Ramq di Rofa, le di cui fpine con leggiadra moftruo-
fità cangiatefi in tante gentiliffime imagini di Mainmelle, offervate, e figurate
dal (dQjnulbani nelle Cure Analitiche , mi diedero motivo di fcriverne , ; . 31.
Non erit egregium nunc {act atura fiuforem ,
fert ubi fro Spinis vbcra mille^
7 STELLARIA, figura naturale di CVÒRÈ HVMANO, Come non
IjaltalTc alla Natura rhaverci /piegato a caratteri di Stelle filfe in quelle Pietre
laluanparavigliola perizia nello fcoJpireancofenza llrumenti mecanici, volle
figurarci quella in fembjanza di Cuòre Humano, forli per addittarci, che nel
Cuore Humano dovrebbonofempre effere imprefse le imagini delle Cole Cc-
Jelli.dovendQ il Cielo cfsere lo feopod’ ugni nollro pcniiero. Altre Stellarle L.i.fen.%.
Cord iformi vengono mentovate dal Vorraio; ma |a loro bellezza, perche men-
dicata dall’Arte, le dichiara di pregio inferiori a quella, che tutto il Ino bello
dalla Natura conolce: com.clpfi^lsoyormioprpfefsade'Safsi ton (embianza
di Cuore da lui altrove raccordati .
8 Altri Saffi con effigie di CVQRE falvolta HVMANO, e fovente BO¬
VINO, generati fen^a matrice, ti differenza d' alcuni con tal configurazione
formati in certi Bivalvifioffili, potrebbono qui deferiverlì tra glialtrirappre-
fentanti Parti d' Animali Tcrrellri, fe non fe ne fulse favellato a ballanza nel
|)recedent^CapQ tra le Bucttrdie ,
9 Pezzo di Baialte (eh’ è fpezic disarmo nero familiare all’Egitto, dove
fervi d’ incude, Stali’ Etiopia, dove acquiftò il nome dal Ferro, che vi
ma Bafaly dìcuine hà il colore) ragguardevole, non tanto per la durezza, e
per indicar la bontà dell’ oro , e dell’argento , come il Paragone , quanto perche
in cfso iu Matura non folp caminò di pari con l’ Arte , ma vi pofe piede innanzi,
formaudolo appunto con effigie di PIEDE HVMANO calzato , colla metà
della fua Gamba di giulla grandézza, c dì più proporzionara figura delle tré Sei-? uftaTì,
ci con fenrbianza di piede Humano propolle dall* Aldrovàndi*. e della feconda, f. 4-P*42.
c della terza , fe non della prima delle raccordate dal V prmio . Ma fe la Matura
in quella Scoltura,c he fembra Frammento d’Huomo da Medufa tra$formato,fu- <•. /3/ p.
però fcfteffa operante nelle mentovate dell’ Aldroyandi» l-Arte feppè coneffa Lec. ctt.fi
Tei contender di pregio nelle Statue, che formò, di quello Marmo, tutto che
quafi infuperabile al ferro , TaF è fama che fuffe la Statua dHfide di Bàfalce , che
al tempo del Gentilelcnp adora vali in Bologna. Ai4 quale pare c’ ha bbia rela¬
zione certa lapida di marmo nero, che, lunga cinque cubici, & alca uno, ma
rotta per traverfo in due parti incentrate una per lato in quella Porta delFanti-
chiffima BalìlicadiS. Stefano di detta Città» eh’ è dirimpètto al Palazzo del Sig.
Conte , e Senatore Celare Bianchini , contiene quella Ifcrizzione, cui fupplilco
di Oiinuti le mancanze di majufcoli nella frattura della Pietra ,
DOMI-
i66 MVSEO COSPIAKO
DOMINAE ISIdi VICTRICI
NOMINE. M. CALPVRNI- TiRONis» & SVO. EX. PARTE. PATRIMONI. SVI.
SEXTILIA.M.I.IB.HOMVLLA.PER.ANIciuM.UB.SVVM. VT FIERET. TEST. CAVIT.
Anzi concernente alla medefìma Statua, come per avventura parte del di lei
piededalio congecturafi da gli eruditilùmi Atanagio Cbirchero > de Ovidio
Mótatbanl il qui figurato Frammento di Bafalte intagliato di Geroglifici Egizìi,
trovato pure in Bologna, dieci anni fono , nel cavarli un fotterraneo in Straflefa*
StB. 1. «.8, norcfpiegato dal medefimo Cbirchero ne] Commentario deirObclifcoGbigi,a
t cui mi rimetto : e dal Montalbani ( che fimilmente lo figurò nelle Cure Analiti*
che ) fupplito col Difegno di tutta la Statua nel II. Volume della Dendrologia ,
che manoferitto Col fudetto Frammento trovali oggi apprelTo il Marchefe Mon¬
talbani di lui Nipote. Alla quale Antichità dal di lui Zio deftinata al Mufeo
deirAldrovandi, ed a tal fine incafirata in un gran Quadro , parveroi di poter
fottofcriverc que’ verfi , che leggonfi nella prima Parte della Biblioteca Apro-
fiana>cioè.
frohdt y f uniat frifea ite Monumenta BafaheSt
IJìdis efi Index, & futi ante Bafis '
Sic Motttalbanus tot lapfa redire coegit
Tempora, dum Saxum repperit, hucque tulit
\^nno D&m. MDCLXIF. ,
IO DÈNTI, c LINGVE FolTili, ò diciamoli Safsi con figura naruralifli-
madi Lingue, e Denti divarii Bruti, anzi dell’ Huorao fteffo, fe ne fece buon
parago.
LIBRO SECONDO. C AP. XXIX. :t6y
paragone PJinio, e con cflfo qualche Moderno, Chiatnanfi da Nacuralifti G/o/:
fofetrct cioè Lingue di Pietra, i e fe nc trova gran copia nell’ Ifola di Malta. Il
volgo le giudica lingue di Serpenti pietrificate. Taluni le credettero, non sò
con qual fondamento , Denti d' individui inumani della fpezic fiumana , cioè di
quelle federate Donne, che fucciano il fangue a’ Bambini , e Lamie s’appellano ,
come apprello il miogentilifsimo Giovanfrancefeo Bonomi in que’ Verfi .
"Dove le Lamie a fieri incanti intente
Studian fatture a tormentar la gente.
Altri con più ragione le /limarono Denti del Felce Lamia, eh’ è del genere de*
Piani: avvegnaché ben fovente fono loro fomigliantifsime. A me però lem-
brano più fimi li a’ Denti del Cane Carcaria , e per tali le ne fono propofte alcu¬
ne di lopra col fondamento delle ragioni ivi toccate, e dell'autorità deldottif-
fimo Stenoni , che da me pregiali grandemente . Che nulladimeno pollano ede¬
re determinata fpezie di fallo nalcente nella fua minerà , come d’ alcune conft Ha
il Vormio , e di tutte apertamente rafferma l’ Aldrovandi , ò chi per lui terminò
r moria de’ Minerali, Icrivendone un Capitolo a parte, nehòpolcia havuto
motivo dall’haver ultimamente ollervato alcune Gloffopetre ridurli in terra di
colore, odore, fapore, e virtù fimili alla terra bianca di Malta, in cui erano
piantate, ò più tollo nate. E talimollranod’cllere
11 Due GLOSSOPETRE delle maggiori, che li trovino, come della gran¬
dezza di quelle , che fono figurate in primo luogo nella feconda Tavola delle
Pietre Ceraunie dell’ Aldrovandi ; e di baie, ò radice grofsifsima, come nelle
figurate nella Tavola IV. delle Gloffopetre del medelìmo , Vna delle quali por¬
ta nella fuperfizie imprelsi dalla Natuta i (egni bianchi d’aicuni Caratteri
majufcoli , tra’ quali lì dillinguono benifsimo P. S. Et ambe lotto la fuper¬
fizie s’offervano compolle di vari llrati di terra nulla differente da quella di Mal¬
ta , eh’ è loro minerà . Il che è grande indizio per far conofeere, che quelle Glof¬
fopetre, ò Denti Fofsdi li generino nella terra , in cui tro vanii , e che perciò lia o
Pietre di propria fpezie , non parti d’animali fepoltevi , ò lafciacevi dal Mare in
qualche inondazione. Mi rimetto però a miglior giudizio.
12 Saffo con figura , colore , e grandezza naturale di PANCETTA di
MAI ALE lalata , con tanta perfezione imitata dalla Natura,che gli occhi s’in¬
gannano in crederla vera carne teilè falata , non tanto per haver quali lifeia la fu-
perfizieefteriotep ù vicina alla cute nel vero Anima e, e l’interiore ineguale
per vari rilalti ,ò efcrelcenze , come di pinguedine , nell’ altro lato: quanto per¬
che effendo da ambii capi egualmente legata per traverfo, riefee nel di dentro
così venata di bianco, e rolso, che fembra carne graffa di frefeo cagliata; e tale
lenza dubbio la giui crebbe l’ occhio , le la mano , e nella durezza, e nel pelo non
ne palpaffe l’ inganno . Pregiali per tanto dal Sig. Marchefe quella Curiolità non
meno di quello facelsero gii antichi La vinieli il corpo di quella Scrofa , che lun¬
go tempo confer varono nel Sale per haver col parto di trenta Feti bianchi fervi¬
to di felice augurio ad Enea , & a’ loro Maggiori per la fondazione d’ Alba , che
quelli fabricarono . Se tal figura havelse havuto la Porcina del Vormio',
la quale nuli’ altro di Majale efpi ime va ,che l’odore , niente maneavale per cor-
rifpondere pienamente al nome impolloli dal fuo pofscfsore.
13 Frammento di un Salso, che intiero fembrava una grofsa ZVCCA, c
calualmente fpezzato diede a vedere una Macafsa confufa di grofse Vene alaba-
ilrine, rapprelentanti VISCERE d’ Animali, ch’egli racchiudeva nel feno.
r ofservai ne’ Colli di Cafagtia trovandomi col Dottor Montalbani , che nc fece
menzione, nella Dendrologia dell’ Aldrovandi, portandone infieme la figura.
Loc. ctt.
Viri. Ai
Laur.f. jzi
^ /*2.
c. 5. m II.
Form, l. I.
Muf fcil 2.
c. IO p 67.
Atd. Muf.
Alet, l, 4,
e. IO.
4 A/u/i
e. ir.p
là. *btd.
f, éej*
Fare. I.t'.
e. 4. de re
Tufi.
L. I. Muf.
fefl i, C.l,.
f.38.
2« Ct
f*
JL* 4* !•
Lot, ait,
f.485.
16S M y s E 0 c 0 s p i A n 0
che qui par/tncnte s’ adduce per commodità di chi legge i trovatala nel
14 ORCHITE maggiore. Salso così chiamato per la naturai lembianza^
che tiene con le parti officinali dello fpcrma in qualche grofso animai tcrreftre :
di grandezza poco inferiore ad altra fimil pietra, che lì vede nel Cimelio dcl-
l’Aldrovandi , figurata nel di lui Mufeo Metallico.
15 ORCHITE minore, Safsoarenariofimile al precedente nella figura, ma
di mole afsai inferiore , come non più grande di quello rapprefenti 1’ imagine di
Pietra confimile addotta nel luogo fopracicato . L’ uno , e l’ altro mi furono do¬
nati [dal Sig. Marchefe Montalbani, come ofservazioni della b.m. del Dottor
MontalbanifuoZio.
16 Pietra
f. 86.
lé. 4» f* fdl*
LIBRO S neon DO, CAP. XXIX, tès
16 Pietra di Paragone naturalmente OVIFORME, trovata in un Rio del
Territorio di Siena dal Conte Carlantonio Orfi , Bolognefe , che me ne fece do¬
no molto pregiabile, non tanto per poter moftrare la lìncerità , ò malizia ne’ me¬
talli , quanto per haverla figurata la Natura con fembianza, e grandezza pro¬
porzionata d’ O vo ( un tantino però diacciata , come in altre olTervò l’ Imperati )
c con fuperfizie lifeia , di maniera , che fembra vero Ovo tinto di nero j e tale po¬
trebbe giudicarli , fe il tatto dal pelo, c dalla durezza non conolccffc effer pietra:
lacuale a taluni pare faflotorlito con tale figura, quantunque il non haver’an-
goli fia effetto del corfo dell’acqua , c collefione con altri falli .
17 Saffo SERPENTIFORME , ò fia con effigie di Serpente in fc fteffo
ravvolto , non maggiore di quello modra il figurato dall’ Aldro vandi in fecon¬
do luogo nella Tavola poda à pag.450. del Mufeo Metallico . E’ di dentro tut¬
to {cavato, nonaltrimente, che fe fuffe lafpogliad’un Serpente pietrificato,
come giurarebbeero taluni, che giudicano gl* Individui di queda fpezie di Saffo,
veri Serpenti impietriti . Come però non niego che poffano pietrificarli de’ Retti-
li,così non pollo credere ciò feguito in quedo ,che tengo per determinata forte
di Saffo, come pure affermò il Vorraio di quello, ch’egli figurò,e defcrifsc nel
fuo Mufeo . Lo trovai ne’ Monti di Cafaglia .
18 Varii Pezzi di STELECHITE , ò fia Pietra formata dalla Natura in fem¬
bianza di TRONCHI d’ ALBERO, di fodanza friabile . Di queda forte di
curiolità vedali 1* Aldro vandi nel Mufeo Metallico. Al genere de* quali potreb-
fac per avventura ridurli il
ip FLVORE di TERRA biancheggiante, con molte porzioni, eh’ efeono
da uncantojlimilinellafigura a quelle del fluore candido delGefnero A.D. fi-
gurato dall’ Aldrovandi, e forli della fpezie medelima con quello, che trovali
nelle Terme de gli Svizzeri aggiacenti al fiume Limago , pure dal Gefnero
ofservato .
20 Alcuni FVNGITI, che fono Pietre con figura naturaliffima di Fungo,
le qu ali però hanno le incifioni , ò fcanalature nel convefso , al contrario de* ve¬
ri Funghi, che le hanno nel concavo. Taluni le tengono per Funghi naturali
pietrificati , ma quedi fono cole più rare ; e fe n’ è toccato qualche cofa tra’ Cor¬
pi Impietriti nei Cap. XXVIl. di quedo Libro . Varie forti di limili Pietre Fun¬
giti ponno vederli deferitte , e figurate apprcfso l’ Aldrovandi .
21 Salso con figura, e colore al naturale di PAN BVFFETTO, òfia PA¬
NE di FRVMENTO di miglior nota, alquanto diacciato, e si bello, che più
non potrebbe efserc, fe fufse vero Pane. Onde lafcia in dubbio, fefia Pane»
cangiato in Pietra , come i raccordati da Fabio Vcrricofo apprefso Seneca , giu- ^
dal’iaterpretazionediGiudoLipfio, da Giovanni Crafsoìo, da Renato Mo- „efl '
reau , e da chi defcrifse il Mufeo del Calzolari : ò Pietra cangiata in Pane , come Crafal. Ce.
bramava Satanafsofuccedefse di que’ Saffi, ch’egli prefentòa Crido, tentan-
dolo con dirli. D/c nt lapides ifti Panes fianty ò, comcl’efprefseil nodro Ca- Morta.,
ravaggio . ^ *
Marmore de vivo dtc ttbt Pants eat,
Ma Noluit in Panes Petras convertere ChriUus, Muf.Cal-
Vt fey non alio Pane aleretur homo.
Alcune cavità però , che dentro vi fi feorgono , mi fanno credere eh’ egli fia , fe Clarai^
non Pane pietrificato. Pietra Etite con tal figura, dalla quale fianoufeitii Calli- F#. /.2.
fni,comechiamanfii Calcoli, che in else fi trovano ; favorendo la congettura
il colore , eh ’ efsendo di Pane è tale appunto , quale ofservafi in alcuno Sacr. 19‘
Aquiline.
P 22 Selce
lyo M V S E 0 C 0 S F l A N 0
12 Selce cfprimente due PANI di frumento rotondi, congiunti infieme,
L. I. ftH. 2, cofjje quelli ,chc qui chiamanli di RVZZOLO, da’quali però varia molto nei
t. colore , che in vece d'efser candido è ferrigno , proprio della maggior parte de’
Saffi, chiamati vivi. Simili Selci hebbe anco ilVormio, che ne fà menzione
nel luo Mufeo,
25 MELOPEPONITE, ò fia Safso con figura di POPONE, & ordinato
compartimento de’ fuoi Segmenti , i quali però con tutta la loro naturalezza non
badando per farlo conofcere gentilillimo frutto dell’Orto , derogano a quel len«
timento di Celio Caleagnini
Nonne Pepon quid Jìty Segmenta imprejfa fatentur.
Dulceque quod medio neSlar ab orbe liquat?
Muf. Mtt. Riefce molto fimile di grandezza al fecondo Mclopeponite dell’ Aldrovandij
sot ^ ^ ^ legnalato di piccoli tcRacci , come quelle nella fuperfizie ,
24 PALLA Folfiiledi
Pietra , ò diciamolo Safso
con figura naturale perfet¬
tamente sferica, forfi della
fpezie di que’ GLOBI
FOSSILI, i quali, come
fovviemmi d’havcr letto,
. fi trovano in certo luogo
del Settentrione , e ponno
fcrvir di Palle d’ArtjgIic»-
ria. 11 Montaibani , che
ne publicò la prima delle
. feguenti Figure , Io pro-
£. r. e.ult. pQig pgf Imagine Sajfea de
Pomi nella Dendrologia»
come pretefe , che iulse
anco l’altra.
25 PALLA Fofliledi
Pietra imperfettamento
sferica ; ò (ìa Safso vivo di
forma globo(a,che fembra
comporta di due emisferi
di coinmifsure eminenti:
la cui fuperfizie rugofa
egli paragonava alla pelle
increfpata de’ Pomi ,
Frutti fecchi , c ne portò la
feconda Figura di quefta
Tavola, che trovo nel Mu»
feo,col fuooriginalf, Inti¬
tolata Pomorum Lithofche-
mata. Al genere di qucftc
Palle Fofsili potrebbono
forfi ridurli anco i Globi
feguenti.
2 5 Safso
LIBRO SECONDO. CAP. XXIX. ìyi
26 Saffo RETICOLATO, di forma ORBICOLARE , un tantino coni-
preffa , come nel precedente, molto pelante, di color di piombo , fegnalato dalla
Natura come d’ una rete nella fuperfizie, che ineguale a luogo a luogo folle vali
in iftrifcie alte, diverfamente oblique, e così ordinatamente foprapoffe 1* una
a r altra , eh’ efprimono rete , ò maglia , come di ferro .
SPONGITE VERMICOLATO, Saffo bianco, di figura fimìlmcntc roton-
da,ereggernientecompreffa,porofocomclafpongia,ò la pomice, ma di (u-
Ranza molto dura, e pelante, e di fuperfizie in ogni parte trafeorfa divarie Ari*
feie rilevate, ineguali, con lembianza di Vermi, cheferpono con tanti giri, &
ambagi , che rapprefentano uno intricatilfimo Labirinto .
*7 SPONGITE VERMICOLATO fecondo, fimilcaIprecedente,fenon
eh’ c più piccolo, e di figura ovata noncompreffa. Ma in quello genere delle
Scolture delia Natura fatte ne’ Saffi , che cofa di più maravigliofo può offervarfi ,
ò di più. nobile per le figure imitate può vederli , della
a8 PIETRA STELLARE, ò STELLARIA, così meritamente chiamata
per effere tutta naturalmente impreffa , ò , per meglio dire , intagliata d’imagini
di STELLE, per lo più fimilidi grandezza, e così leggiadre, che niuno Inta¬
gliatore ,ò Pittore potrebbe formarle più belle ? Oltre la fopramentovata in fi¬
gura di Cuore, nel Mufeo ven’hà alcune del primo genere delie propoffe da
Anfelmo Boezio, impreffe di Stelle penetranti dalla circonferenza fino al cen¬
tro : gi’interftizii delle quali fono eminenti , e corrifpondono di foftanza , c co¬
lore alle ffrifeie vermicolari delle precedenti Spongioidi. L’Imperati le chia¬
ma Porofe Stellate; altri Aftroifi,ò con nomi poco diflìmili. Nè men della fi¬
gura è degna di riflelCone la proprietà, c’hanno quelle Pietre, di raoverfi da
loro fleffc di moto locale , infufe nel fugo di Limone j ò nell’ aceto , anzi nel vi¬
no ancora, come notò il Cardano. 11 che è probabile accada, perche effendo
molto rara la loro foflanza dove fono Stellate, e denfane gl’intcrflizii delie
Stelle , i di lei meati imbevuti di liquore fcacciano l’ aria , che agitata le commo¬
ve, come con l’Agricola filofofò l’ Aldrovandi , che ne deferifse , e figupò
molte.
29 Meritano anco luogo tra le bizzarrie di Scoirura naturale que’Foffili del
Mufeo , che , per effere generati con varie figure Geometriche di (ingoiar perfe*
zione, manifeflano Geometra la Natura: di cui perciò fcriffe l’ Aldrovandi.
Natura t Summi Opificis minilira ^ aliquando eB Geometra ^ dum in variis rebus
generandis varias figuras omnigenas eis imprimit . Tali fono i Crjftalli Gemme
confimili , di figura , ò circolare , ò angolare , per lo più feangola , ip diverfi mo¬
di variata, giuda la difforme uniformità delle parti terredri nel fepararfidall*
acquee, & unirli circa il loro centro nella generazione di limili corpi, come
{piegarono il Cefalpino , e’I Boezio ; benché quelli non appagandoli della pro¬
babilità, di tal ragione, conchiufe a maggioV gloria della Natura Geometra, e
di Dio fuo Facitore : Abfquerationemanifefi a, figuram illi certam à Naturuy d*
Deo datam efie hexagonam flatuere oportet , ut in multis rebus contingit : quod
admirari hac Natura t non vero inielligi velit , Nè fi generano di materia di
giaccio, òdi ne ve.
^we gelida in gelidum dirigeat lapidem.
come penlarono gli Antichi, e molti de’ Moderni, ma bensì d’umore analogo
a quello , di cui rifultano , e Berilli, e Diamanti, & altre Gioje di queda maniera .
Perche fedeli’ acque più gelate, ònevi freddiflìme de’ Monti fi produceffero,
maggior farebbe la copia loro ,che de’ Saffi communali : oltre di che nell’ acqua
non offenderebbono,ma gallcggiarebbono,come fà il giaccio, e liquefarebbonfi
P a dal
JL. 24* c. 24.
L. 5. àt
Subtit.
£.4. Mufi
Mtt, f.7J,
Loe.ttt.t.'jf.
Cefalp.l.%'.
de Metal,
e. 19.
^areng.l.i
carm. 39.
lyt ^ y S E 0 C 0 S P l A fi 0
dal calore del fuoco , e dt 1 Sole : non potendo concrefcere di materia d’ acqua
altroché fragili crufte , come poetando fìlofofò Monlignor Filippo Geri Vcfco-
vo d’ Adìfi > che defcrivendo una Fonte al Cardinal Moroni ci lafciò qucfti verli ,
Paef. mf'. Quamvis nunquam adeo findat Canis ajlifer arva
«p. mt p. 4. J^in alta in caute , aut concrefcat frigore multe
Cry Halium , fi prifca docet fententia verum .
Aut fi natura id prohibet., qua e fimplice Lympha
Nil prater fragiles patitur concrefcere cruUas,
Hac de caute tamen Cryflalla, en, afpice , venis
Demittunt fe fe tn teretes, velut arte, columnas,
Vt quondam imbricibus , fummoque a culmine telli
plurima fe in media demittit flirta bruma .
Satt.p.i,^. Diqucftogcncre v’hà nel Mufco diverli Criltaiii naturali dicolonnette
feangole nelfine appuntate.
3 1 Crillalli di forma piramidale molto acuta .
Criftalli di figura olivare a fei faccie.
32 Minerà di Criftallofinillimo, di quella fpezie, che Pfeudoadamas viene
addimandata per accoff arfi al Diamante non folo nella figu. a deile fue piramidi «
e nella chiarezza, ma anco nella durezza, maggiore di quella di tutte le altre
Z,.4-f.4* (orridi Criftallo. Hàgl’Ingemmamenti, come li chiama l’imperati, piccoli,
difpofti in varie malie .
3 3 Minerà di Criftallo , che s’ accolta ai Berillo , co’ feangoli per lo più mag»
giori , che nella precedente .
34 Minerà di Criftallo con gl’ Ingemmamentidifpofti in malTc molto picco*
le, etra di loro ineguali: così minuti, che la fanno fembrar tartaro d’acqua; c
tale potrebbe crederli , fe a fimil fede non derogale la durezza di quella materia,
che con acciajo percoffa sfavilla: oltre l’haver i feangoli piramidali foliti di
molti CriRalli, benché per la piccolezza quali indifereti; il che indica di non
molto generata quella mafia criftallina, prima, ctiefuRc cavata.
35 Mineradi Criftallo nata tra due fafli d’arena.
36 Diverfi Criftalli di varie grandezze, tra’quali ve ne fono de’ piccoli,
> chiariftìmi, e così naturalmente politi a faccette, che fembrano lavorati. Gli
produlle il Contado della Porretta , Terra fui Bolognefe , confinante col Piftoje-
fe, la più ricca, e Mercantile di quefto contorno, & altrettanto famofa per gli Ba¬
gni deferitti dal Dottor Zecchi; e giuridizione del Sig. Conte , e Senatore
Marco Antonio Ranuzzi.
3 7 Minerà di Criftallo fudicio , impuro, con ingemmamenti minuti, che me¬
rita d’ effere tenuta in conto fe non per la chiarezza , almeno per edere anch’ ella
parto delle Montagne del diftretto di Bologna, nafeendo nel Territorio diCa-
ftiglione , giuridizione del Sig. Conte Odoardo Pepoli prudentiflìmo Senatore
di quella Città.
38 Criftallo ametiftino di Caftiglione con molti angoli, di (ingoiare groffez-
za , giungendo quali ad agguagliare la mol- d’ un pugno humano .
39 Mafia d’ ingemmamenti d’ametillo lucido , i di cui pezzi , ò corpufcoli
emulando nella figura poligona (che varia , effendo talvolta olivare , con ambi
i capi appuntati ) e materia diafana i Criftalli , fembrano appunto Criftalli com-
melfi inficme , tinti del colore ametiftino , eh’ è vinofo .
40 Miniera, ò Matrice di AMETISTO di molti angoli: la quale effendo
in parte limile alla Pietra Sarda, ò fia Corniola, prima Gemma nel Razionale^i
d’ Aronne , moftra vcrilìmile il detto d’ Alcafario , cioè , che la Sarda fia matrice
dell’
/ LIBRO SECONrDO. CAP. XXIX. 175
deir Amctifto , trovandoli ben fovente , e l’ una , e l’altra nello rtclfo luogo , an¬
zi nella ftelTa malìa» ambe talvolta di colore egualmente vinofo > il quale nell*
Amecillo li crede legnale della virtù» che li diede il nome» cioè d'impedire
r ebbrezze» come accennò il Ducherio, feri vendo a Floro .
Sardonychas t Smaragdos ^ rofeo fulgore Hyacinthos
Omnibus in digitis femper habere foles .
Ad vinum nihil efficiunt hi ^ FlorCt Lapilli ^
^uo vel luce una fapius obrueris.
rubro pelago gemmas inde u/que petitas
Depone; infenfam Baceho Amethylìon habe ,
41 Ventiquattro DIASPRI» trovati in un pezzo di marmo bianco Napoli¬
tano , quali tutti d’ una ftelTa grandezza » e rotondità poligona » elTendo natural¬
mente 1 a vorati a faccette cosi terfe » e re golate , che fembrano polite per mano di
peritiifimo Artefice , tutto che polla dirli con Marbodeo .
Natura, non artis opus » mirabile diPiu.
pitture deUa Natura in varie Pietre ",
Cap, XXX.
I yf A fe ne’fopradefcritti Saffi » come in tante opere di rilievo » la Natura
fi palesò mirabilmenteScoltrice» potiamo in altri oHcrvarla ancora
diligentiffima Pittrice: non mancando nel Mufeo bizzarrìe pietrigne con di-
verfità di colori naturalmente rapprefentantegentiliffime figure di varie cole» le
quali a dilFerenza delle dipinte dall’ Arte» non Tempre fono efprelle nella fola
iuperfizie » ma per lo più penetrano anco nella profondità de’ corpi » come nelle
Curiofità » che vengo a mentovare .
2 Ovato d’ Alabaftro Cotognino » fpezie del Marmo
Aiabafirite di color di miele» macchiato dell’ Aldro-
vandi: incuiferiamentefcherzandola Natura dipinfe
in profilo una maellofa TESTA d’ HVOMO Vecchio,
riguardante all’ insù » quali atteggiando la maraviglia»
con cui deve olTervarfì bizzarria si gentile» ravvifandofi
nel di lei difegno loftupendo de’ tratteggiamenti della
Mano
■ I '■ ■— ■■ di qnel Maeflro Onnipotente,
Di cui è la Natura Arte imitata.
3 Nelmedemo Icorcio lovviemmi d’haver veduto
altra Telia di Vecchio diptnta dalla Natura in una pic¬
cola felce rotonda» e compresa» a guifa di Medaglia
Imperiale, olìervatadal Dottor Montalbani» da cui perciò fù chiamata
anthropomorphites nomifmodes » e figurata nelle Cure Analitiche con quello no-
flro fcherzo Poetico » che può fottoferiverfi anco all’ Imagine efprelTa nell’ Ova¬
to precedente.
sponte Silex gerit ora viri. Num hac ultio quadam ejl,
^uod plerique Homiunm Saxea corda gerant?
4 D’altre TESTA HVMANA» ma di Donna attempata» che s* ha nel Mu¬
feo » dipinta dalla Natura nel legno d’ Oliva » può vederli T Imagine di fopra nel
Cap. XXVI. di quello Libro .
5 Pietra CROCIFERA » Selce bigia dei Reno di Bologna » nella fuperfi-
P 3 zie ,
X-a.rf.137.
oaf, tr
Mu(. AMI
f-749*
ttnam.Vit.
Nav. /. z9.
«I.
Dtn^r, ì,
$.7. i>.6f8.
f. 90.
M9.
ìL. 4. Mnf.
f. jG. p.881.
'im^er. /.14.
C. Z4- p.^62.
f'orw l. U
Muf.feEl. 2.
f.4 P.4T*
iTwp. Ucttit»
Cale.
ftEÌ. ?.p.4io
/. 4-
Muf. C I. P.
44?.er C.57*
f 767 769-
f.77. p. 93<-
174
C 0 S P I A N 0
rie , e nell’ interno fegnata naturalmen¬
te di bianca Croce quadrata. Fù dono
del Dottor Monralbani, che la chiamò
Lapis Staurophorosi cioè Pietra Porta,
tricc della Croce t deferì vendola , e figu¬
randola nella Dendrologia dell’ Aldro-
vandi ,e mXC Honore de' Collegi delP Arti
di Bologna y portandola in queft’ ultimo
Trattato per fimbolo delle giufte mifu-
re ortogonali de’ Muratori con quefto
fcherzo ferio d’amica penna.
Ima premens sidhili pede Crux fit
norma firuendiy
Semper enim fimili firuPia Qua¬
drante manent.
Ne fece fimilmente menzione nello TA-nfn
Cure Analitiche . Portava egli parere STiA^BOPfliORViS
che fufife una moftruofità nel genere de’Saflì . Contuttociò la (limo determinata.;
fpezie di Pietra, congenere ad altre Crodferc offervate di quefto Secolo, e deferit-
te, e figuratene! Mufeo dell’ Aldrovandi. E n’hebbero fimilmente notizia An-
lelmo Boezio, Lorenzo Pignoria, & altri Letterati famofì.
6 ALBERINA, Pietra da gli Eruditi con nome Greco appellata DENDRI¬
TE, da altri Marmo, ò Pietra IMBOSCATA dì SINAI (per nafeere copio-
lamentein quel Monte) di foftanzafceflìle, di color bianco, ò cinericio, (par¬
la di molte vene fofche , le quali nella fuperfizie polita rapprefentano Bofehetti,
e Sei ve , ò Piante fole , così gentilmente , che vi fembrano difegnate di mano di
periciftìmo artefice , tutto che l’ opera non d’ altri fia , che della Natura . Ve n’ hà
belliftìmo Quadro nel Mufeo, che ferve per faggio di quefte galanterie. Che
per altro chi vifita la ricchiffima Galeria del Palazzo del Sig. Marchefe, e dà
un’ occhiata a* di lui fuperbiflìmi Scrigni , v’olTerva de’ Miracoli in quefto gene¬
re , per la fingolarità loro,
nonmenpregievoli delle
preziofiftime gemme, che
in gran copia vi fono inca-
ftrate . E chi non hà fortu¬
na di veder quefte , può
fupplire al defiderio , lod-
disfacendofi colla figura.,
della imbofeata di Sinai
dcll’Imperati,deirAbroto
nitèdel Calceolario, della
Sabinite,edc’ Marmi Dé-
driti deir Aldrovandi j il
quale mentova parimente
Il Criftallo Dendrite.
7 Pietra da Calco
oe! Reno di Bologna* la
quale può ridurfi al gene-
re deir Alberine, perche
(pezzata a cafo in duo
parti
L l n K 9 SECÓN D 0, CAP, XXX. 175
parti , diede a vedere in amendue, dipinta con pallido colore 1’ imagine d’un’ari*
do RAMVSCELLO d’ Albero, da non (occile tronco però cavato. Fn offer-
vazione del Dottor Montalbani ,che la donò a quello Mufeo , figuratala prima ,
e dclcritta nella Dendrologia ddi’Aldrovandi, e pofcia per {imbolo dell* Arte
de’ Muratori propolla nell’ timore de' Collegi delle Arti di Bologn* con quella no-
llra lottofcrizzione.
Dura Silex medio Cremium fìbi vifcere fculpfit ,
An cupit in Calcem ver fa parare Uo?ms ,
La mentovò ancora nelle Cure Analitiche lotto nome di Lapis
ivi leggefi corrottamente , forfi in vece di Cremiites,
a Pietra FORMICAIA ,
(pizie di Dendrite, come giu-
dicòillopradetto Montaiba-
ni, che trovatala nella ghiaja
del Patrio Reno, edelcritta»
e figuratala nelle lue Cure
Analitiche, la donò coll’ ima¬
gine, che le ne adduce, a que-
fto Mufeo . Chiamolla egli
lleffo Pietra Formicaja, perche
divila calualmente in due*
parti eguali palesò alla vedu¬
ta il Ritratto di un Formicajo
così Iquifitamente difegnato- .
vi dalla Natura, che lemhra -
di bullicare, c moverli qua, e là il numerofilfitno Ruolo delle Formiche effigia*
tevi quali gareggianti d’ induflria nel portar grano alle loro Cave , già che
Curjìtat haud aliter nigrum Formica per agm^n
Horrea dum circa Cereris glomeratur in unum
I Ingentem populans robuHi f arris acervum,
Quipdi parvemi di poter lottolcrivercì
Natura pingentis opus , cava repere ad antra
Jnfpice Formicas agmina viva putes.
Ed in tal’ atto appunto refpreffe Paolo Macci nell’ Emblema fondato (opra quel¬
la Sentenza d* Ovidio
Horrea Formica tendunt ad inania nunquam,
ibit ad amij?as nullus amicus opes.
Così {piegandolo con Virgilio .
Ingemes populant Formica f arris acervos \
Mejjtbus atque adeunt horrea plena fuis .
Plenas turba demos locupletum adit, inde videbis
Infidum accifas temnere vulgus Opes .
EconMufa Tolcana.
depredar da le gran mafife il grano
Van le Formiche, e le lor cave han piene .
i Ricchi fol la T urba infida viene ,
Ma da i poveri tetti erra lontano.
Così divila quella Selce , come libro aperto dalla Natura >mollro in quelle pic¬
cole figurine tanti caratteri infegnantilalollecitudine alneghittofo, cui perciò
vien detto ne 'Sagri Proverbi: Vade ad Formicam ,0 piger . Avvegnaché
Ffi
it. l-Di
t‘}9-
f- 8^.
Mi-
Tereius Cy'ì
Hofitheeem,
i. 1. V. 353.
7O'
Aleutalb.
EthieofbaF
/tei. f . 8.
Prev, 6,
Serett.
L.l Serm.i
Dt centtat.
Wermtc, &
MHfc4r,
Ctntthlt
Crtn,
W. 670»
f. 4*f«44*
Btnsm.P'it.
Hav. i, 6.
101.
C. 4. Muf.
7^* f90é>
JtnlM. /,4.
Mf A/N»r ,
17« M V S E 0 C 0 S P l J N 0
Zìi Formica animai membris breve ^ viribus amflum^
Fravalidumque animis,
c, come cantò il Venofino,
Farvula nanque txemplo efi magni Formica laboris.
Colla qual fcntcnza di vantaggio può deHnirfi a favore delle Formiche la gara»
che tra loro , e le Mofche fù propofta da Fedro.
9 Quadro di Marmo di Firenze di campo bianco , venato d i roflb , c feuro > e
d’altri colori cosi difpofti dalla Natura, che riducono a memoria l’eccidio mi-
ferabile di Troja, rapprefentando CITTA', e ROCCHE incendiate, Edì
quelle Pietre , non altrimentc che delle Alberine , fe ne vede quantità grande , c
per fingolarità di bellezza ragguardevole nella Galeria di Cala del Sig. Mar^c»
le; etra!’ altre, di quelle, eh* efprimonoPaefaggi divarie forti, Lontanante,
c Profpetti ve di Mare così bene intefe , che 1* Arce medefìma non sà che correg¬
gervi . Onde ovunque fono appeferiefeono d’ornamento più riguardevole di
qualunque fìnifTimo arazzo, e della porpora flefla, perche polla col noftro An¬
gelo baronio cantarfene .
Saxa nitent, rupefque magis ,quam purpura, fulgant ,
Cavali quello Marmo nel diflretco di Fiorenza; e quanto e* trovali più vicino l
Bologna, tanto più è da llupire, chenonnehabbia fatto menzione nel Mulco
Metallico deir Aldrovandi TAmbrolini, che intraprele a perfezionar l’opera
falciata imperfetta dall’ Autore: mafsime facendone illullre memoria gli Stra¬
nieri, come il Vormio .che tra* Marmi variegati del luo Mufeo così ne Icrifle;
Florentinum Marmor huc etiam fpeélat , quod per fe maxima ex parte , cine-
reum licet fit , maculis tamen fujcis, ér lineis obfcurioribus , hinc inde duUis,
é" di/currentibus , jam T FURES, jam sEDES, MONTES, FLFMINA, ac in¬
tegras exhibet GIF IT AT ES. Con quel, che fegue.
10 Cilindro d’ Agata di colore in gran parte nero , & in alcun luogo cincric-
cio, con divcrle linee bianche cosi difpolle dalla Natura, ch’cfprimono mira¬
bilmente la Pianta d’ una FORTEZZA, ò ROCCA Pentagona.
Natura ufeita a gareggiar con 1' Arte,
la qual Figura tanto è più filmabile, quanto diverla da tutte quelle, che nella
lunga ferie delle fue Agate olTervò l’Aldrovandi.
1 1 Agata di notabil grandezza , come di quattro deta di diametro , con T ef¬
figie d’un* IRIDE efpreflavi in triangolo dalla Natura con tanta varietà, c
difpollezza di colori, ch'eccita non poco llupore . Fù per tanto a proporzione
di tal figura polita quella Gemma , che perciò divenne triangolare , ma da un la¬
to piana , do v’ è bianca , come fulTe d’ alaballro , le non quanto v’interrompono
il candore alcune macchie rolle; c dall’ altro fù lavorata a tré faccie, che s’unifco-
no, e formano un’angolo eminente nel centro delTlride mentovata ; il di cui
primo colore di fuori è come di marmo bianco , il fecondo carneo , il terzo li vi-
do , come di piombo , di campo molto largo , il quarto vario di bianco , bigio , e
rodo, il quinto ferrugineo , il fello celcfte, il fettimo fudicio, di campo angu-
ftilsimo, il fulTcguente come d’acqua di Mare; c chiudono nel mezo loroun^
Triangolo perfcttifsimo compollo d’ un’altra Iride fatta dc’fudctti colori nello
fleffo mododilpolli; il cui centro è l’ angolo elevato fopradetto. Per io che
ben può dirli con quel Poeta Greco .
o’ff'c iti tilt
2’* draaruf tmo
ofia Fides pulcritudo, quanta fit hii)us lapidis
In inordinato venarum ordinet Ma
LIBKQ SBCOHUQ. CAP^ XXX. I77
Ma quantunque oflervabili queftifcherzi della Natura* fono quali ordinarii nel¬
le Agate i edendo facile in quelle Gemme* per varietà di colori fempre bizzarre,
chele linee loroindiverltmodiaccozzandolijclpnmano qualche figura natura¬
le. Onde necantòRennio
' Ham JimuUcrx vides venis oftendere Gemmani,
eMarbodeo.
Hic tapis ingenitas perhibetur habere figuras pcjap.prat.
Nunc Regum formas , nunc dat fimutacra Deorum ,
Con che allude aU*Agatafamolilfima di Pirro con plmagine naturale diFebo,
c delle nove Mufe ; e poco dopo
Nunc nemorum frondes * nunc prahet figna ferarum ^
12 Variefortidi PIETRA SERPENTINA, dei genere dc’Marmimifchi
(ne’ quali fcherza volontieri laNatura con bizzarie di macchie) da Greci chia- aiid. MkJ.
mata O/f/e, perche ne* colori emula le fpoglie de* SERPENTI. Qui li vedono
alcuni artefatti di tal pietra i e malfime di quella fpezie, che dal volgo chiamali
VIPERA d’ EGITTO, perche macchiatadi nero in campo livido rapprefen-
ta la pelle delle Vipere di quelPaefe «
De FojJìti Magnetici y e Cofmetiet y é" altri.
Gap, XXXI. (fi ultimo.
i "KJt A fe tutto il mirabile de’ fopradeferitti Fonili confine, più che in altro,
■IVJL nelle figure imitanti opre d’arte.* non per tanto fcarlcggianodi fo-
menti per lo ftuporc altri* che qui fi vedono fenza bizzarrie di configurazioni
liraniere. Avvegnaché la Natura, quanta ricca d’idee feppe formarli da tute*
altrodifferenti,e nell’ elTer loro fpeziofi, tanto liberale di virtù, ne legnalo in
vane maniere la foftanza loro: dando a divedere che non caggiono in vano,
benché fparfi in terréno infecondo , i femi della maraviglia da lei diffufi fin nelle
Pietre . Così , fe rimafero in ultimo a deferiverfi tra le Cole Naturali di quello
Mufeo ifulfeguenti Corpi , non perciò meritano le ultime riflefsioni; anzi alcuni
d’efsi per virtù Magnetica ragguardevoli richiederebbono intieri Volumi a
parte. Ma come che quella carriera felicifsimameote èllatacorfa da altri eia
prefente delcrizzione col crefeermi di foverchio nelle mani, non mi permette
lofpaziar di vantaggio , mi rillringo a favellarne, comedi pafsaggio,
a CALAMITA, Pietra fopra tutte l’ altre mirabile non folo perche tirai! de
ferro da un lato , e lo rifpinge dall’ altro , ma ancora perche mollra il Settcntrio- Metd.l. 2.
ne, e la linea meridiana con certezza più ficuradi qualunque ragione Materna-
tica : di maniera che non hà guida di lei più certa la Nautica , che dall* ufo della
rnedema conolce lo feoprimento del Mondo Nuovo, e ’I commercio di quello
colnollro. Che perciò tra le Pietre, communemente dette, meritamente la L.e,.Muf.
defcrifse in primo luogo l’Aldrovandi, N’hcbbero cognizione gli Antichi,
non inquanto ella fervea navigare, perche la Bofsola della Calamita è invenzio-
ne moderna , come nel Trattato delle Cofe Artifiziali vedràfsi : ma folo inquan¬
to ella tira il ferro, havendone, al dir di Plinio, cafualmente Icoperto quella virtù*
un tal Pallorello, chiamato Magnete (da cui pofeia ella traiseli nome) chepa- 3^*^**^*
feendo la fua greggia nel Monte Ida, e caminando in certo luògo,dov’era quan¬
tità di tali pietre, fentifsi da quelle impedire il pafso di modo, che fù collretto
cavarli le icarpe, e falciarci il ballone, quello per efsere nella punta armato di
ferro, quelle per efsere fotto il tallone fornite di chiodi. Nenafcc indiverfi Form.l. i.
luoghimentovatidali’Aldrovandi, e da altri, e particolarmente nelle Cavedi
ferro ‘•■’-f-O*-
v*r,
*53-
L.6- de nat,
fer.
Cani. 15* !•
jIgriecL
f. 2)1*
y.fupJ. r.'
c. i$«nN.4.
t.Afaf,
feSl.ZtCt 4«
f >46.
I7g ^ S E 0 C 0 S P i A N 0
ferro deir Elba, Ifola del Granduca di Tofeana nel Mar Tirreno, da Virgilio
chiamata inexhauHis ch*lybum generoft metallis.
Dalle cui minere lù cavato il Pezzo notabile di color nero ferrigno, chequi
conler vali, armato, reggendo femprcfofpcfo un’ Elmetto di ferro, avvcrarido
qucllentimentodelPerazzi, che
^ f (emina ytnófa mari fatum progignit', adharet
Et ferro Magnes , gignitur inde ftupor .
Percorsa con qualche coltello tramanda come una lanugine nera , tanto piu co-
pio(a,diquclloaccada nelle Caiamite d’altri Paefi, quanto quella forte per elpe-
rienza , & ofservazione di molti Scrittori, è più dell’ altre efficace neli’attraherc.
Il che è grande indizio , che l’ attrazione in quello , & in altri Corpi Magnetici li
faccia per effluvium oerpufculerum y òfia per trafmifsione d’atomi, come 1 in-
teleEpicuro,econcfsolui Lucrezio fuo feguace, c’havendo favellato di cosi
raro effetto , lo fpiegò con dire .
Principio omnibus à rebus y quafeunque vtdemus.
Perpetuo fluere, ac mitti fateart necejfe ed:
Corpora y qua feriant oculos, vifumque lacejfunt . ^
11 qual’ efflufso di particelle accettali anco da molti Moderni, & in particolare
daidottilsimoChircherofpiegantela Virtù Magnetica deir • u-
3 AMBRA GIALLA de’ Moderni, fpezie di Succino de gli Antichi ^
taluni chiamato Elettro , la quale , non altrimente che la Caiamita il ferroi tira 1
corpi leggieri , come paglie , e feftuche . Onde il Coftantini ,
Tragge /’ Erculea Selce il ferro grave
Il Gagate , e /’ Elettro i fufceltini .
E' foftanza , che per la durezza può annoverarli tra le Pietre, come parve a a •
cuni , quantunque la facilità di ardere, e lo Ipirar grave odore applicata a uoc *
Itmanifelli no congenere a’ Bitumi.
4 Varie Glebe d’ Ambra gialla di Polonia, cofpicue non tanto per la chiarez¬
za loro, quanto perche fervono d’illuftriffima tomba a diveriì corpicciuo 1
d’Infettivolatili.nel precedente Libro mentovati. ^ i* fi
5 Altre Glebe d ’ Ambra gialla diverfamente lavorate , tra gli Artct tti
defcrivcranno nel feguente Libro. tttvmT-
6 Diverfe Pierre LVMINARI di Bologna, o ..per dir meglio , ILLVMl
NABILI (da alcuni chiamate Pietre solari y da altri Pietre » , Vn^Lio
spugne del Sole , ò Spugne della Lunay Pietre Lucifere, Lucide, e dal Vorm
per Antonomafia Pietre Bolegnefi, ò Illumtnate ) ptvche la certa P
parate divengono Calamita della Luce, alla quale efpofte come vivi
modo, che all’ ofeuropofeia ne fanno pompa mirabile, rifplen oradra-
Carboni . Sembrano quelle rozzi pezzi di gello di varie figure J '
te, e fovente rotondeggianti, compolli, a guifa dell Amianto, 1 *
che.come lince partite dalla circonferenza , v^anno j;
fono di fotlanza biancheggiante, fcmiop.tca, òfia egualmente P p
e diiralparente. Generanlìneldillrctto o\» BoIogna,cioene_ ,
quattro miglia dillantc dalla Città , fuori della Porta detta di • ^ divertì
la di cui colla meridionale in un dirupo trovai quelle, & altre r » _
amici ; e non lungi dallo fteffo Monte ne porta un rivolo feorr p
caglia.- e ve n’hàfimilmente in un luogo chiamato Pradalbino, dicami
glia difcollo dalia Città : e trovanfi per lo più dopo le pioggia > ^ «mduce
la terra foprallante le fcuoprono.e sbalzano giù per Io declive. f --1«
anco il Territorio della Tolfa,ch’è l’antico Foro di Claudi»?» 1 uogo fama p^^
LIBRO SECONDO. CAP, XXX. 179
frequenti minere deirAMu medi Rocca : e(Tendone ivi ftacc trovate alcune, che,
come notali doitifxindo, Padre Chirchero nell’ Arte Magnetica ^dove le chiama
F asfar è t nonmancanod’ alcuna delle condizioni alTegnate a quelle dr Faderno .
7 L’Inventore di queftacuriofità fù un Sarto Bolognefedi quefto. Secolo ;
che di£o verchio dcfiderofo d’arricchire, lenza oprar l’ ago , s’aera tuttoapplica*
to alla Chimica. Speriiricntandoperciò varie PietrefcOffervòquefta,c conofciu-
talapefante, e ^ulfurea^^limQlla contenere l’energia produttrice delToio, on¬
de perfuade vali d’ ha ver trovato il vero Lapis philofophorum , Di che vantan-
dolene con Scipione Beccatelli (non Bagatella, come con errore fi legge nella
Farmacopea Spargirica di Pietro Poterio, e nel Mufeo del Mof€ardo)che atten-
devaconogniftudioallaTramutazionde’Metalli,, l’induffe ad impiegar molt’
oro nel la vorare nelle Fornaci, ma tutto indarno per refFetto,che cerca vali,
mercè che* come fcride Tito Strozza a MazzoneAIchimifta,.
■I ' cinis- y ^ funins-, pulvis y fufpiria y verba.
Sunt arumnoji lucra magilierii.
Non fii poco però che, premio di tante fpcfe, e fatiche, fi trovafle il modo di
preparare tal Pietra, veramente Filolofica, per la maraviglia, che partorifce:
non effendodapregtarfi meno per concepire infe fteffaJa luce , che &’havcire ge¬
nerato il tanto (ofpirato Feto deiroro .
8 Ma non lene preterifcalapreparazione,laquale,comecoftumava il Dot¬
tor Montalbani, chefùde’primiaìcrivernc ,clapublicòin fogli volanti , e ne
trattò in altre Aie fatiche, <Sc inparticolare in una lettera famigUàre alCo. Ma)o-
lino Bilaccioni ,fa(fi inqueftomodo.. Scelte fra le Pietredi queAa fpezie le più
bel le , che fono le più raccolte di figura » e men fbfche , quali fono le pi ù piccole,
fi pongono inforneltorotondocon Graticole di ferro, chele foftengano : edato
loro fuoco per di (otto , fi lafciano brufciare fino ad una mediocre calcinazione ,
cioè fin tanto, che quel corpo naturale fia rarefatto, & aperto, lenza foverchia
combuftione , acciò non fe ne confumi tutto i’ umido radicale , e fe ne diArugga
con ella il glutine , che ferma il lume in tal Pietra * Così egli .
Le pi ù fofche , le quali fono anco più groffe , & hanno più del terreftre , pon-
no con fuoco piùintenfo prepararli, riducendofi in perfetta calcina, la quale
polverizatas’ impaftacon acqua commune, òchiarod’ovo, ò con oglio diXe-
mi di lino : e fe ne fanno padelli , che fi mettono a leccare in luogo caldo : indi
s’efpongono alla luce del Sole, ò della Luna, ò del Fuoco, potendo da qualfi-
vogliadiquedicorpi lucidiinun quarto d’ora concepir lo fplendore; quindi
chiufi in una fcatola fi portano in luogo ofcuro : dove , aperto il vafo , rifplen-
dono come ferro infuocato .Che fe alia prima non riufciffe in tutto Pefpcrienza,
può replicarli la calcinazione, e le altre operazioni, finche fe ne veda!’ effetto.
Altri modi s'infegnano dal Poterio nel luogo fopracitato, cioè che la pietra
cruda fi riduca in polvere fottililTima , e con fuoco gagliardo in un crocinolo
poAofrà carboni ardenti fi calcini: overochefubitopolverizatafe ne facciano
paftelli , come (opra, e quedi feccati per fe fi difpongano in più llrati foprapofti
nel forno da vento, e vi fi calcinino con fuoco gagliardiflimo di quattro in cin¬
que ore , e , lafciato raffreddare il forno , fi cavino , & efpongano al Sole ; che , fe
ricevono copiofa luce, è legno che la materia è cotta a badanza ; fe poca, devefi
replicare la calcinazione .
Il lume poi, che così preparate ricevono quede Pietre, non, è perpetuo, ma
giuda labontà loro , ò la copia della luce imbevuta dura più , ò meno , non paf.
fando però mai un’ora per volta; onde per replicamele prove, ènecedario
cfporle di nuovo ad oggetti luminofi . Anzi , preparate una volta , non confer¬
vano
P'^99’
L. 1. Mu/,
e. 63.
L. 4- f
25. V. 8j,
Cur. Anal.
t- 39*
i8o U V S E 0 C 0 S E l A n 0
vano fcmpre la medcfima virtù di concepire il lume, perche in procedo di tem¬
po (vanifce , efalando forfi co’ fortiliflìmi alici di fuoco fvaporanti dalla loro cal¬
cinata foftanza . Scriffero di quella Pietra, oltre i fopracitaci Autori, Galileo
Galilei,GiulioCefareLagalIa,eBartolomeo Ambrofini, che ne inferì brevif-
fimo Capitolo nel Mufco Metallico dell’ Aldrovandi. Ma più compitamente
di tutti ne trattò Fortunio Liceti, che ne publicò un Volume intitolato: Li-
theofphorus , five de Lapide Bononienjì lucem in fe conceptam ah ambiente claro
mox in tenebris mire confervante , liber Vtini , ex tjpographia Nicolai Schiratti
i<540. in 4. Nella quale Opera in cinquantacinque capi raccolfe,c digerì tutte
le dottrine più confacevoli ad un’efatta cognizione di quello FolTile, invelli-
gando fotcilmente le cagioni della fua maravigliofa naturalezza , con efaminar-
nc i pareri del Galileo, del Lagalla, e delMontalbani, e foggiungervi il prò*
prio, confermandolo con fortiffimi argomenti: al quale lì rimette chi brama
ìaperne di vantaggio. Intanto, perche non folo è magnetica quella Pietra, ti¬
rando il lume , ma cofmetica , fervendo la di lei calcina a far lilliva, che fà cade¬
re i peli, olferviamone alcune altre lìmiimcntc cofmetiche, Tali fono la
9 MARCHESITA, dicuivc n’hàquìcongcricairaigrande,rotondapan-
gonia» emulante il fulgore dell’ oro. Pcrefsere fpeziedi Pietra focaja, ufuale
ne gli Archibugi da Rota , i^ineralifti ne trattano tra* Piriti ; anzi ad ogni Me¬
tallo alsegnano la propria Marchelìta . Trovafene in varii luoghi , e talvolta nel
Territorio di Bologna; dove colli quella, Scaltre in unCollcdi Cafaglia, di
rimpetto alla Villa del Conte Gafparo Bombaci, Klorico, e Poeta di gran no¬
me ; il quale dal colore di quelle Pietre formò concetto, che nelle vifeere di quel
terreno vi fufse qualche preziofa Minerà, e per avventura, d’oro, fcrivendone
in alcune Ottave fopra la medelìma Villa i feguenti verlì^ a quello propofito .
Incontro a U Magion j’ innalza un Colle
Povero herbe f e di terreno adufio ^
In cui Natura altro produr non volle t
che dura Slirpe di filvcjlre arbuHo »
Ma d' infocate t e preziofe zolle
Hàf s' io non erro, il cupo grembo onuflo',
£ a formarne il penfier par che m* invite
La fuperfizie % c* ha le Marchefìte »
Diverlì altri Pezzi della llefsa forte di Pietra del color dell’ argento . Servono
a’ Mecanici per render lo Ragno più limile all’argento ne gli utenligli delle Mcn-
fe . Et i Chimici vaglionli di quella forte di Pietra, fublimata che fia, ad imbian¬
chirne il rame : e fciolta con acqua forte , e dolcificata la propongono per medi¬
camento colinetico di fingolar virtù per far candide le carni: come avvila il
Marchefe Montalbani nel fuo Trattatodelle Minere, che non può flar molto ad
ufeir* alla luce . Ne mollrano varie differenzein figura Tlmperati, e l’ Aldro¬
vandi, che nedifeorrono appieno.
IO SAPONARA bianca, a differenza della fufseguente nera. Pietra così
chiamata, pcrefsere, come il Sapone lubrica, facilmente folubile neH’acqua,
& allerliva . Onde in alcuni luoghi , non altrimentc che la Terra Cimolia , detta
^ fimilmcnte Saponara,fcrve per imbiancarci panni. E' di color cinericcio, bian¬
cheggiante ; c perche tritandoli trafmette certa umidità molto bianca , e di fapor
dolce limile al latte , da gli Antichi fù chiamata Galacfite , ò fia Pietra del /4//0 •
Quindi ne cantò Marbodeo .
Hunc lapidem cineri fmilem GalaEiiàa dicunt.
E poco dopo, Lalfis dat fuccum tritus, la^lifque fapor cm .
Se ne
L Vi 0 s E co^no. iist
Se ne vaglìono anco i Matematici , & i Saru per tirar linee bianche , bagnandola
coti la lingua} e perciò alcuni la chiamarono Aeyx^y/iaji^^.Trovanfi delle di lei.
glebe ne’ Fiumi della Lunigiana, colà portate dali* acqua de’ Monti Apcnnini.
n SAPONARA nera, ò fiaMorotfto di Diofconde, detta altrimente Pie-'
traEgizzia, ò Pietra Nera de’ Sarti, perche fù prima oflervata nell’Egitto, e
ferve, come la precedente, non folo a tirar linee bianche su’ drappi neri, non
però bagnata, ma anco ad imbiancare i Panni, elTcndo come il Sapone afterfiva,
c^fdrucciolofa,nonaltriraente,chefefulTe bagnata d’oglio. ' '■
12 Minerà di TALCO GLAVCO, ò color di Mare, di gleba così molte r
e lubrica al tatto , che come le due precedenti pietre , ftrofìnata fopra il nero , vi
lafcia leggiere linee di bianco. E'incombuftile; ondefenefanno lucignolidu-.
re voli , come d’ amianto.
Mineradi TALCO VERDE, di gleba tantofciflìle, che ben puòdirfene
colfacondilTimo VsiàtC'RSiVtoVMche per is/ogliarlo no/i ahhifogna. d' altro che d' ef
fere frefo al taglio per la fua vena-, per qualunque altro verfo egli f divideffe.,
andrebbe in fregoli^e minu’H^ami da non valer fene a nulla : ma fcfo per l' andar
fuo,fenz.a niuna faticai non v' e numero alle falde^ ez>iandio fott ili còm* aria,
in che fi diparte , come fujfe aprire un Libro d' innumerabili fogli un pb fretta^
mente uniti. Per la qual lottigliezza eftrema delle fue faide eglirefifte al foco
meno del precedente , & altre forti di talco , di foftanza incombuftibtle , come 1’
14 AMIANTO, Pietra famofa per lo Rare invitta al fuoco, di foftanza fi-
brofa, come la Pietra illuminabile di Bologna; le quali fibre ponno filarfi, e
ridur/ì in tela, che, macchiata, nel fuoco fi purga fenza confumarfi. Che però
ne’ roghi funerali de gli Antichi fervi un tempo fimil tela per involgervi i cada¬
veri de’Nobili: confervando nell’incendio feparatedaU’altre le loro ceneri,
checosì nonconfafefifepelivano. Se ne veftironoanco i Bracmani, Filofofi
dell’ India 5 come fcriffelerocle .Mail modo ,chc allora ufavali di filar i’ amian¬
to, non è giunto a* noftri Secoli, forfì per non hav.erlo deferitto gli Antichi.
Sonofì con tutto ciò ingegnati i moderni in guifa,che anco a’ noftri tempi s’è po¬
tuto vedere qualche manifattura de’ fili di quella Pietra: della quale confcrvafi
qui non folamente un pezzo di grandezza, e fattezze in tutto limile ai figurato
dall’Imperati inattod’efferfìlatojmaancoun pezzodiTELA,&:una DISCIPI I-
NA, & alcuni LVCIGNVOLI delle di leiiibrecorapofti. ApprcfToil Vormio
v’hà chi fi vanta di render l’Amianto a guifa di lana, filabile col farlo bollir per
mez’ ora nella liffiva fatta di cenere di quercia putrida,- e làfciarvelo pofeia a ma¬
cerar dentro per un mele intiero; e quindi eftratio propone che fi lavi più volte
con acquadolcc, c fi laici leccare : che in tal modo divien lavorabile, come lino .
15 AQVILINA, da molti con nome Greco chiamata Etite, Pietra gravida,
di notabil grandezza, come lunga fette deta, larga cinque, e poco men grolla,
per effere di figura imperfettamente quadrata, lunga, che non offervafi tra le
molte fìjUfate dall’ Aldrovaadi. E'iutta lifcia,come l’Aquilina melata dell’
Imperati , che ne figurò molte: ma di color ferrugineo, macchiato di nero; e
rifuonano/neffa,fefiafcoffa,nonuno,corneinalcune, ma più Calimi (così
chiaraanfi i di lei calcoli) i quali, agitata la pietra, fi fentooo fare non poco
viaggio , per fegnoche i di lei ventri fono molto grandi . Di quella forte di pie¬
tra fcrivono cole maravigliofe gli Storici , e particolarmente il Bellonio : le qua¬
li pajonmi eccedere i limiti della Natura. Offervò nafeerne fui Bolognefe Ovidio
Montalbani, che ne fece menzione nelle fue Cure Analitiche. Di fimi!! gravi¬
danze fc ne offer vano anco in alcuni marmi, come in unafpezie di
tó MARMO bianco dd Reame di Napoli, che fembraAlabaftro, ma è più
CL_ duro.-
^Idr. t. 4I
Aiuf, Ateti
e, 27.
^Ur. teèi
ctt. c. 29.
f . 669.
Imper. 1. 25.'
f. 3. p. 676.
Cafaip. l. 2.
c. 5 "5^-
Rtcr. del
SavJ.z.c.'^.
lmper.l,i\,
ej.
L' 2^ , f.
p.678.
L. I. Muf,
fell. 2. ff.7.
p, ^6.
Benàm,7 ^7
c 4.
Z-.24. c. j8-
р. 6j<j.
Cafaip. l. 2.
с. 47»
p. 29.
e,28.
nti, 4^.
f. 711*
Z»4' 7T*
y.425.
L. I. /i^?. 2.
f. 5.P.47.
Ctflanti»,
Gt/id.C, 17.
40.
Guviusl. I.
iiUth,
ap, me m{,
V, 124.
Bdtt.ii.19I.
i9t M y s E 0 € 0 S P I A N 0
duro : nel quale, {pezzato che fia,fi trovano di verfi DIASPRI feparatamente ivi
generati . Nel Mufeo le ne vede un pezzo, in cui,benche poco maggiore d’un pu¬
gno,!! fono trovati i {opra mentovati ventiquattro Diafpri rotondi,ma dalla Na¬
tura lavorati a faccette in maniera che fembrano artifiziofamcnte politi. Alcuni
reftarono fitti nella pietra medcfim3,nclla quale fi fcorgono le cavità de gli altri
chemancano,eficon{crvanoapartein un vaio di criltallo,
17 ALABASTRO candido, che mentre gencròifi racchiufe una CAPPA
lunga , due deta-, e larga la metà , che vi fi vede , e traballa dentro : della quale
fe ne dilfe qualche cola tra’ Teftacei Follili .
18 MARMO di color di ruggine con minuti^Iime macchie bianche, il qua¬
le per avventura fia di quella Ipezie di Porfirite , ò Porfido , che chiamavafi Leu»
cofiicios i cioè punteggiato di bianco,mentovatodair Ambrofini nel Muleo
Metallico dell’ Aldrovandi .
19 FENCITE di Plinio, ò fia Marmo Pario candidi/fimo, c diafano, a difi
ferenza d’ un’ altra fpezie di Marmo Pano bianco , ma opaco . Potrebbe giudi¬
carli Ipezie di Marmi di Volterra, a quali è molto limile nella trafparenza, le non
fuiTc molto piti duro .
20 Due grolle Corniole , di color vinofo, e leonato, di figura rotondeggian¬
te, e comprelTa, c di grandezza aliai maggiore di quante ne vengano figurate
dall’ Aldrovandi : e perciò capacilfime di qualunque riguardevole figura vi s’in-
taglialTe; già che l’ufo antico di tali Pietre, che come prcziofe, trà le Gemme
s’ annoverano, era d’intagliarvi diverfe figure , perche ferviflero di figillo , ò di
gioja annulare ;come giudicali di molte, che trà Niccoli, e Carnei, & altre Gem¬
me antiche in quantità confiderabile fi confervano dal Sig. Marchefe: il quale
potrebbe un giorno rifolverfi di farle dclcrivere .
3 1 POMICE di VOLGANO, vomitato dalla bocca incendiaria d’un Monte
d’ una delle fette ifole Volcanie, dette da gli Antichi Eolie ,aggiacenti alla Sici¬
lia dalla partedi Siracufa. E'iungodue onde, largo una, e rappre/enta un pie¬
de molìruofo, come d’Huomo, Ne deferive uno anco il Vormio. Ma lono
quelli fpettacoli ordinarii a’ Reami di Sicilia , e di Napoli: mentre
Del Vefuvio il medefmo amo Jt conta,
E d' Etna, e d' altri, che mai fempre igniti
Svaporano , e fovente in lor for monta
Tanto la vampa, che arde arifte , e viti,
22 CENERE del VESVVIO,MontediTerradi Lavoro,ch’emulodi Mon-
gibeilo, •— cum Mulciber ^tna,
Encelado mutante latus, divulja per auras
Saxa vomit, flammaque globos , quo territat omnem
Murmure Sicaniam.
fomenta continui incendi nel feno , c con elli talvolta erutta nembi di fallì, e di ce¬
neri. Di che cercandone la cagione Plinio il vecchio , vi lafciò la vita , ineojato
dal fuoco, lì come attefta il di lui Nipote in una lettera a Tacito. Quello, che
qui conlervafi in un vafo di Crillallo , fò raccolto del MDCLX. come reJitjuia
di fpaventofo incendio.
23 Laftradi SALE FOSSILE, per la perfpicuità chiamato Salgemma, ri¬
dotta in figura di Scudo pentagono , lungo lei oncie , largo quattro .
24 Pezzo minore di SALGEMMA, parte candido, e parte folco, in figura
di meza luna .
25 Diverfialtri MINERALI, MEZI MINERALI, TERRE dipiù forti ,&
altre foltanze Foflìlijche pcrellerc minutamente delcrittirichitdercbbono mag¬
gior’ ozio del mio. L)EL
185
MVSEO COSPIANO
In cui fi defcrivono le Cofe Artifiziofe , antiche^ e moderne
^ d*cfroMa{co,fpettantià varie Scienzc,(S: Arti Liberali:
Se alcune Manifatture nobili delle Mecaniche .
CofttiHuazioae dell' O fera ^ e Biviftone delle Cofe Artifiz,iofe contemte
in quejlo Libro , Cap. I, ^
E* men ragguardevoli, e per copia, e per qualità, fono l’ Opere
deli* Arte qui confervate, di quelle della Natura (in* bora de-
ferine ; Poiché in univerfale fono produzzioni ingegnofe
d’una Cagione fertile ne* fuoi elfctti, &, avveduta non meno
della Natura medelìma, di cuiellaè Vicaria, Se Imitatrice cosi
diligente ,cbe non J*agguaglia folo , ma fovente la forpada nel.
la bellezza, e pcrtezzionc delle fue facitore, c non di rado corregge gli errori,
benché involontari, di quella. Ond’è,chehà potuto gareggiar con eda di pre>
gio, e pretenderne qualche fiata la preminenza, vantando non pochimotividi
maggior nobiltà , che ponno leggerli nella famofa difputa , che quefie due prin-
cipaii Cagioni di tutte le Cofe fonno fopraciò appredoii dottiamo Liceti ne’
due Libri, eh’ egli intitolò & Arte, Qui però, fattali riflclfiooe per
vna parte , che Dio Ottimo Mailimo nell’ Vnivcifo
Vicaria fua coHituì Naturae T^tóiort , *
e per l’altra, che f— . *■■■■■' — di vtìà 'e priva PoefX>di6,
V Arte t ma non di grazia, e di ventura: ^ -
e perciò col Liccti , giudicato a favore della Natura , adegnandole il primo luogo fZrtiamt,
con defcriverenc’duc precedenti Libri ciò, ch’ella hà contribuito al Mufeo: fi €.17.56.
confiderà l’Arte, come Difcepqla della mcdelima, &, al più, come Figliuola:
già che fù chi fcride :
2 ^ Natu,
Ovvtn. A.
D.
1», tèff,
Goyn. PayÀ:
d»x il. fsg.
miht 35.
U V s E 0 C 0 S V \ A n 0
Natur £ in gremio Deus Artes condidit', ut Jìt
Vfque quod racquirat y quodcfue requirat homo,
E per tanto s’accoglie lafcconuo luogo, COI trattate deir Opere fue in quello,
c nel fulfeguente Lilirqn Nel che fare cadcrebbr in acconcio la di vifion generale
delle cole ArtifizioleSn ^acre , e Ptoi^e: le quefta.non diltracfle troppo le Cole
tfua’Artc inilpezie, edella materia ftélFa. Onde più confacevolefcmbra il divi¬
derle gialla la nobiltà delle Scienze, ò dcirArti,a cui ler vono: fcrbando,il più ohe
fia po^bilc, r unione delle materie . Clie però, favellato de’ Libri, e de,* .Volumi,
delle Carte , c delle Scritture E/otiche del Mufeo, come cole; del genere Ldttera-
rio,che contienei precetti di tutte le^cienze, e di tutte 1* Arti, lì descrivono
fucceilìvamentcgli Strumenti Matematici, Allronomiei, Geometrici, Ottici,
FiRcp- Matematici, Mulìci, Bcllici,Nautici,c gli Arnefi Piallici» e Giocoli: e
fi conchiude co’Sepolcrali, terminando nel Sepolcro tutti gli ufi de gli altri .
Nelle quali cole Icorgonfi non poche opere dell’ Arti del Difegno, delcritte
dovunque fi tratta delle Cole, che nefurQnof^gnalate, e nona parte, sì per non
confondere la ferie , qualunque fiali , addotta delle cole medefime , come perche
non naancava campo j|i ^elcriverne utia'grài|moltitudr^e nel quarto che
m^n contiene ajfre m%ericr. Corfciojjecofalhe da gfi arnefi (epolcrali,' cl# ì|cq1
mollrare il fine della vita humana , additano iofieme la necciìità della Religione ,
fi palla alle altre Gole dtSMuleo, le quali per jm maggfjor parte concerftono la Re¬
ligione erronea dé’Genrlli,ed OrtodolTa de’Crillianive non altro fono chcopc.
redelj’Arti ludettqdel Dilegno: elTendo_Pitture^ Scplture , Statue, Medaglie ,
&altribronzi»ntk;hGeinoderni,che tanto megiiofi pofponj^no al)>e reliquie
Sepolcrali , quant’è f\iù certo che la principal parte di lorqlervf più dopo tnprte ,
che in vita , à chi fù i n elfi honorato ,
Dff’ Libri ^ Volumi i Carte y e Scritture Efotiche,
Cap. II.
I He incomparabilmente giovaflc al genere humano chiunque inventò le
Lettere, è verità di tanta chiarezza, che non v*hà occhio dimeme af-
fennaca, che non la feorga . Infegnò egli a favellar colle mani , c farli con jEiic in¬
tendere non lolo da' prelenti , ma da gli alTenti , e fin da coloro, che pon per anco
fon nati . Così mbllrò il modo di fillarc il Mercurio fempre flulfile della lingua, e
convertirlo in at*^enfo, & in oro malTiccio d’erudiziòne permanente a prò del¬
la pofterità. Suggerì in-quellc note tanti caratteri d’innocente Magìa per fer¬
mare il Tempo irreparabilmente volante: e diede al Mondo i lemi propagatori
d’ ogni dottrina. Quindi imparò l’Illoriaad arrellare la fugacità delle cole, e
llabilirnc la memoria pur troppo lubrica . Quindi habbiamo prefente il palTato ,
e vediamo a cafifeguiticiòch’èda intraprenderli , ciò eh’ è da fcanlarfi . Jn lom-
ma con tale ritrovamento egli recò al Mondo il più belTornamento dell’huma-
nità , il più grato trattenimento de gl’ Ingegni, e la più gullola porzione di quella
beatitudine, che può goderli interra . (5nde con gran ragione il Goineo in quel
notabile ParadolTo , eh’ egli intitolò c^^od digniora , nobilior aque Jìnt literaruìrL-t
lìudia yvei militaris peritia , dopo haver con fodilTime dottrine provato l’allutto,
favellando pur delle Lettere, ne pronunziò, fi non ejfent inter homines ^
quanta quafo rerum ipfarum obfc tir itate , éf i gnór antik'lahòràr emù s ? quam magna
humana felicitatis portio de traila ejfet? qtt am denique mi feri y (jr c al amitofi videre¬
mur , qui nihil piane a mortuis , ut AriHoteles apud Laertium ait , differremus e So¬
lem e Mundo tolleret , qui hominem liter arum cognitione privaret .
' Sono
LIBRO TERZO, CÉP. IL
2 Sono molti di parere, che così bella in vcnzionc (ia naca nell* Egitto , attri¬
buendola altri a Mercurio , come Gcllio ; altri a Mennonc , come Anticlide . An¬
zi quelli fpecificò le lettere inventate da Mennone 1 5. anni prinia,chc nella Gre¬
cia regnale poroneo. Epigenc, Scrittore de’ più antichi, c di primiera autori-
tà, come avvertì Plinio, fù di penficro che fullcro trovate da Babilonii: appref- '
10 i quali afferma egli che vedevanfi fcolpite in tavole di pietra cotta le Offerva-
zioni Cclcfti di DCCXX. anni , benché iolo di CDXXG. le raccordaffero poi . .
Bcrofo, eCritodemo. Plinio, che da quelle tradizioni arguì antichiflìmo l’ufo.
delle Lettere, ne fà inventori gli Adirli. Altri le credono inventate nella Soria;
altri nella Fenicia. Anzi è fama che quindi le portaflc Cadmo ncllaGrecia ral¬
le quali, effendo non più di ledici , quattro ne aggiunfc Palamede nella guerra di
Troja ,cd altrettante pofeia Simonide Medico , d’ indi le portornopoi nel Lazio
i Pelafgi , venuti dal Pcloponnelo ad habitarvi ,
3 Ma le le Lettere Latine originorno dalle Greche , e le Greche dalle Fenicie :
quelle pur deri vorno dalle Siriachc,e quelle dall’ Ebraiche : le quali giudicandoli
univerlalmentcle più antiche; neleguita, che l’invenzione delle Lettere lìa.*
Ebraica. Nò forfianderebbe errato, chi la riferiffe a Mosè , che fù il primo, che
Labbia mai fcrittoal Mondo, come nota Giultino Martire, e vide aliai prima di /1^. //urr*'
Cadmo, come avvertifceEufebios epergli prodigi,ch*cgliopròcolla Vcrga,V^®^®f-
glfai più di Mercurio , meritò il nome di Trifmcgillo : fe più tolto non ‘le ne do-
veflericonolcer l’origine dall’ Inllitutore della Lingua Santa, chefù Adamo, il Eu/tb.uu
quale in ella impofcmilleriofamcntei nomi a tutte Iccofccreatc. Praf.Ev^i.
4 Coftuoaòfli ne’ primi tempi, che s’efpredcro con le Lettere i concetti dell’ ^4»«,«.'
animo , di Icrivere (opra le foglie delle Palme . Alche allufe il Poeta , o ve, favel-
landa della Sibilla , cantò .
Infanam vatew affictas ^ qua rupe fub imi
Tata canili fcliifquc notas y é" carmina mandati
Quacunque in foliis defcripfìt nomina Firgo
Digerit in numerum , atque antro feclufa relinquit .
Illa manent immota locis , neque ab ordine cedunt .
11 qual collume Icrbali anco a nollri tempi in alcuni Regni dell’India, e partico- ciuf.i.i:
lar mente in quelli di Malaca , e dei Malabar, come attellano il Giulio , & il Vor- Extt. c. is:
mio : da’ quali mentovanfi Libri intieri di que* Paefi , fatti di foglie di Palma , e di **
Lettere Icrittc nelle medcfime: e Ferdinando Lopez, che tali foglie chiama OL-
LA , riferifcechc in effe notano gl’ Indiani le cole memorabili , Airufomedefi- Eoptz. 1. 1,
mo letvironò anche le feorze della llcffa Pianta , come accenna il Benamati , fa-
cendo dire ad un Perlonaggio del luo maggior Poema . Fitt. Nav.
Sovra Scorze di Palma in Greche note
rwHik.f'O,.
4- 5*
Scruto trovai.
Anzi vi furono adoprate anco le Icorze d’ altri Alberi : Tra quali il noRro Afca-
nio Botta, che nella fua Rurale gareggiò felicemente col Sannazaro nell* Arca¬
dia, fpecificò gli Olmi , ove cantò . pnraUmttr.
Et hanno fritto ne la forza frale XU,
Più di mill' olmiy Candida Rurale.
Epr ima haveva notato.
E vò frivendo il tuo nome immortale
In ogni verde forzai
In conformità diche appreffo l’ Amaltco in un' Ecloga a Colmo Medici fi legge .
viridi f gnatum in cortice carmen.
Le più ufitate erano quelle Icorzc lottililfime che nella Tiglia , de in altri Alberi n
3 quella
ÌÀ.ibid.
mttr.X,
J.B.Amaltl
(
AT 0
Girai. Ma.
r%c. Poti,
Od.S.y
i85 M.^iS E 0 C 0 S^ P I
quella in ciò fimili, irovanfi tràfl legno, e la corteccia grolla eftctiorc, e chia.
Céffiod. Mp. mani! dà Latini LlBRi,y:ome in quclto.verlo d’amica Mula (opra Ninfa trasfor-
Paalo Bottt ■ il-_„ ,n
Ctorn. fp,. mata MI albero-, .mi h i.i. ■ • ■ ■... ... ^4
Ttt Li « . h^TCt cf*- i '
L.Lei.A- ' , ^ Cin£fa r.ep€!ttino mdlia membr* librt\ t /y/. i'.
ir*om.v.i9Z Q^deH^furono pofehifmate LIBRI ancheleraccoltefattcdi limili fogli di cor-
tcrcie : il qual nome rirnafe polcia a tutte Je altre raccolte di lògli vlòfci'itfl ,òda
‘fcriverlijdiqualunquealtra materiav E di’ tali cortcccie s’intelc il Moikuccij
ove notò Quando, ufo »oh e^a ^ .
. De le Cdrté inveuMt^^ . ,
ì Ne le fi àrz,e firivea Bis frimierd. ' ■
X 5 Indi conolciute qqeJle feorze troppo facili a romperli , collumorono di no^
tarelecole publichp in libri di piombo, e le private in tela di lino , è. in tavole
lottiliinceratCjlèqualiCodici , e Codicilli furono dette j c s’ulavano fino a’
tempi d’ Homero, che BC fece menzione in quel verfo. c .•>
rpu'44f if irlrAm ottvktS ivn»pS/p*' iftKKti,
^ui firipfìt in tabuli complicata perniciofa inulta,
. 16 Molto più commoda poi riulci a Icriverci la Carta: laqualc?come nocòil
Panzifoli , traile il nome da Carta Città di Tiro', dove lù trovato i’ ufo di farla di
Papiro , che fù la prima fua materia . 11 che da Varrone fi riferi Ice all’età d’ Alel-
fandro Magno , e particolarmente a quel tempo, eh! egli di frelco have va edifica-
' to AlelTandria d’ Egitto . Benché per moRrarne l’ invenzione di tre lecoli più an¬
tica non mancano autorità gravilfime contro*Varrone , Avvegnaché Calfio He¬
mina iScrittoreahtichillìmod’ Annali, riferiio da Piiniò, lalciò ferino eHerfiaf
^ tempi luoi ritrovata nel lanicolo l’ Arca Sepolcrale diNuma , & in clTa alcuni Li¬
bri di carta papiracea ì de’ quali fecero poi menzione ancora altri Storici , pur ci¬
taci da Plinio, E da Numa ad Aledandro Magno è «cola certa , che vi Icorlero
CCCanni. ^ ,
7 Qual Pianta fulTe il Papiro, & in che modo le ne formalTero le carte, nelle
quali Ieri ve vano gli antichi , l’ infegnano TeofraRo , c PJinio . £ queRi trà le al-
ht^. PI. /.4, tre cole così ne Icride. Papyrum ergo nafiittir in palufiribus Mgypti % aut quiefieum
r 5* ttbus Nili aquis , ubi evagatafiagaant yduo cubtta non excedente altitudine gurgi»
Pl.l 1 j.r.i I ^ hrachtalis radicis obliqua cr abitudine , triangulis lateribus ^ decem non amplius
cubitorum longitudine , ingracilitatem faftigiatum , thyrfi modo cacumen includens ,
Semine nullo j aut ufue)us alio , quam fioris ad Deos coronandos .Udo f a AcMncììntt.
re loggiunle-, P-raparantup ex eo charta ydivifo acu in pratenues yfid quamlatifpm
mas phtluras . Sopra la qual deferizzionc Icriife, e publicò un’ erudicilfimo Com¬
mentano Melchiorre GuMlandinoBofuRo, Profelfore de’ Semplici in Padova,
Rampato in Venezia per Antonio Olmi 1 572, 4, Al qual libro rimetto chi ne de-
fidera notizia maggiore, ^
8 Supprimendofipoi là carta di Papiro da Tolomeo Rè dell’ Egitto, mà non
perciò andando quella totalmente in difulo, come accenna la gentil Mula del no-
Uro Cretti, cantando.
Ter me a Niliaca ftetit ojfìciefa Papyro,
11.
Cefe anthi
/>2. (. 13.
PI, t.n.
r. 1$.
T heephr.
PI- he, eie.
L. ì. Neri ^
mton,
22. &U2,
Ehg.iz.
Et altrove
Ter fumpfit calamos dextera Gnofiacos,
Niliaca ferar infudafe papyro \
lucceCTe la Catta di Pelli d* animali , c particolarmente di Capre , e di Pecore , det¬
ta Pergamena,pcreRerRato,aldirtli Varrone, trovato in Pergamo Città dell’
Alia il itiodo di farla : quantunque le fàvole ne riferifeano l’origine a Giove , di
cui
L I BVR O rB:%ZOy lì.
cui fcriffe i’crudita:Benoa d^Pietro Ercole Beiioi , Hum/mffs d»fff Exìwiì
n are ’tnoBv.um. non ^ifed Iodìs inventum: e ciò perche, Gom’eglitjfoggi.tlafen Leoms/'e?.
f^ic^uidÀntet homiiies Agekatur i ihCapr^ laclàtricis Bppktherìk fcribelat 4ltito^
nKnr.i E perche tffIi-peh4»chramaronfi da* Fefncìi,!e poi da:gl’Ic>nw Btbii ; tqiiincJkZjSieM»-. ad
aenàcqueilnome’Greco.dci Libro^ bZ/Sa^s , eojtie ài/ verri Erodoto, il quakbfà»
vellando in noUra liOgnjbcon le parole delBojardo, diceaqucfto propofito».
Per dtiticA cofifuetudinegl' Ionii dicono Bibli in li taglia de' 7 enicii alle- felli. -y fop-a alle
qualk alcuna fiatafcrivevano per dif agio, di papiro i cioè della CartX . che dk S^cirpo L>^ .c. 5.
Bgi^ano'horajt compone : e fino al prefente. molti de' barbari- i.n felle di capre\ e di
peeore/e-rivon» ancora . NèXoIo fino a’ tempi d’ Erodoto , mà hnoa’noftrr è du¬
rato I’hTo della carta Pergamena, il quale però a poco, a poco fi và perdendo!,
nouiicrivendofi in efiafe non pochilfimecofe . 11 che avviene per Tincompara^ Mtfcard.
bile conunoditi, & abbondanza della caffta.di cenci ,/da pochi fecoli in quà.pofta Li.MHf c.6^
in ufo , & in molti luoghi ridotta a tal perfezzione , che per iferi verci , e ftampat-
ci dentro da uncanto , e dall’ altro ,non può defiderarfi di meglio. . : > .
^ Credefi da taluni che quefta invenzione fia fiata porcata dalla Cinada chi jdjgc.dt,
recò di là quella della Stampa. E per avventura non s’1nganBorno,fabbrican’-
ucfi nella Cina la carta nd modo medefimo , che fi fi nell’ Europa , non però di p andrete
macchia di lino, òdi canepa,com*è la noftra jmàdi bambagia macera, e ridotiù l. 2 ^,12.
inpaftav Se bene anco iene forma d’ altre materie:, fedvendo G io vanni- Gon-
zalez , chele ne fàdi tela di canna j altri dicono del midollodi certe granicanne, !..
chiamate if'4:w^/i!i;altridifeta,& altri d’aitrePiante,t3c Alberi, come notali Pa-
dre Barcbli r mà tal carta ò poco durevole, e non colera làfccictura , eJa fiampa fe
non da oh latò , cottiè fi vede ne glfefenrpi , che n ■ hà il Mufeo : in cui fi conferva-
noLibri, e Volumi, Carte, eScrittureèfotichenonfolodellaCina(dicui v’hà MofiSttaK
pDredeU*Inchioftroinformafoda)màderMeflìco, dell’Etiopia, dell’Arabia,
e d* altri paefi a noirimotiffimi : da* quali s' imparano nove maniere di feri vere,
c d’efprimere i fuoi concetti ; e s’ accerta che anco iomiolte parti dell’India, e del
Mondo Novo dirò con Plinio, ttfus rei t qudxonflat immortalitas homi- L-ii.c.iiì
numi eum ehart A dfu maxime humanitas vita confiet i ét memoria\ che anco Po-
polid'a noi lontanilfimi hanno in pregio le Lettere coofefvatrici delle memorie,
e principale argomento digentilezza in quelle N^ioni, alle quali pur diamo del Fannoxg:
barbaro. Sonoquefti itè.fup. dt.
jo LIBRO CINESE, in foglio drgrandezza ordinaria, di carta fottilifiìma,
ed altrettanto candida-, e lifcia , come fembra , di bambagia , fe pi ù tofto non fuf-
fe di feta,già che non meno di quefta , che di quella , come teftè fi diffe , s’ u fa cò¬
la di fabbricare le Carte più fine. Vi fi contano L Vili, fogli , ò carte , non fem-
plici , come le noftre , mà doppie , come quelle de’ noltri libri tagliati di fopra , e
di fotto > mi non nell’ apertura ; e ciò perche , come pur motivò>fi , tali carte non
fi ftampano da amendue le faccie , mà da una fola , acciò non trafpa jano i caratte¬
ri scomefeguirebbe, per la fievolezza della materia, e per ladeHcatezza del la¬
voro di tali carte, fe fi fiampafiero, come le noftre, dall’ una, e dall’ altra banda .
Contiene la Vita di Noftro Signor Gicsu Chrifto, & altre Hiftor ie Sacre , cfpref-
fe V li n altrettante figure in foglio , d’ affai buon difegno , cavate da matrici di le¬
gno intagliate così gentilmente, che fanno vergogna a molti Rami macftrevol-
mente intagiiatì nell’ Europa . Comincia il Libro all’ ufanza Ebraica, dalla parDc
finiftra,. Nella prima pagina, che appreffo di noi farebbe l’ultima, vi- fi vede fi¬
gurata in foglio [piegato la Città di Gierufalemme, co’ luoghi circonvicini nota¬
ti con Caratteri Cinefi, ognuno de’ quali forma una parola. Nella feconda v’ hà
1’ Imagine del Salvatore con la delira alzata in atto di benedire il Mondo , figura-
iS8 M y S E 0 C & S ^ l A Ì4 0
toH nella finiftra . Ne’ quattro angoli di quella Tavola vi furono figurati li quat*
troEvangclifti. Le altre Tavole, /piegate parimente con caratteri Cinefi, dif*
pofti non in file tra verfali , come le noftre , mà ri ttc , cominciando dal fommo , e
profcguendo giù diritto verfo l’ imo de’ fogli , contengono le hiftorie particola¬
ridelia Vita del Redentore, Scaltre a quella concernenti: collocatecon tal* or¬
dine , che arguifce non poca innav vertenza, fe non più toRo ignoranza in chi le¬
gò il Libro, trafponendo molte figure, conforme la qui notata ferie. III. Il
Tempio di Salomone, con lo Spofalizio della Vergine. IV. Annunziazione
dellamedefima. V.La Vifitazioned’Elifabetta, elaNafcita del Battifta. VI.
La Nafcita de 1 Salvatore . V li. La Circoncifionc . ilX. La Difputa tra Dottori .
IX.Chriflo tentato nel Deferto . X. 11 BattiRa predicante . XI. Le Nozze di Cana
Galilea . XII. L’Adorazion de’ Magi . XIII. La Purificazione di Maria Vergine .
XIV. Chriftofcacciante dal Tempio chi compra, c chi vende. XV. Lo ftelTo
convertente la Samaritana. XVI. Sanante la Figliuola dell’ Archifìnagogo .
XVII.Difcorrentc con gli Apoftoli. XIIX. LaNavede gli Apoftoli sbattuta
dalla tempefla, mentre Chriflo dorme. XIX. Il Paralitico rifanato,che porta
via il fuo Letticciuolo . XX, Chriflo fupplicato dal Centurione a rifanarli il figli¬
uolo . XXI.Rifufcitante il figliuolo unico della Vedova di Naim . XXIl.Sanante i
Ciechi , e li Storpiati . XXIII. Sedente alla Menfa del Publicano, con la Madda¬
lena pentita , c proRrata a fuoi piedi . XXIV. La Parabola di chi femina in varii
luoghi condiverfariufeita. XXV. Il Miracolo de’ cinque Pani. XXVI.Pic-
tro prefervato dai fommergerfi , mentre n’è in pericolo, caminando dietro a
Chri Ro sù r acqua del Mare . XX VII. La Fifeina con molti Infermi , c ChriRo,
che li faoa . XXtlX. La Trasfigurazione del medefimo . XXIX. Il Padre di Fa¬
miglia, che in diverfe hore del giorno manda gli Operati nella fua Vigna.
XXX. Il Cieco nato, illuminato. XXXI. L’Adultera liberata nel punto d’efler
lapidata. XXXll. Lazarorifufeitato. XXXIII. 11 Concilio de gli Scribi, e Fa-
rilei, infpirati da’ Demonii, figurati fedenti loro sù’i capo. XXXIV. L’ Epulo¬
ne aflìfo a lauta menfa. XXXV.Lo Reffo morto, e condannato all’ Inferno .
XXXVl. ChriRo favellante con gli ApoRoli, forfì della fua futura PafTione .
XXXVII. Sanante un Cicco. XXXIIX. Montato sù la manfueta giumenta ca¬
valca verfo Gierufaicmme. XXXJX, Crocififlo . XL. Erode a menfa, con moiri
cònvitati. XLl.Giudicio finale. XLII. ChriRo orante nell’ horto. XLIII.Pre-
fo, elegato. XLIV. Lavai piedi a’ Difcepoli, XLV.Fà l’ultima Cena. XLVI.
Porta la Croce al Calvario. XL VII. Morto in Croce , e ferito nclCoRato.
XLIIX. Flagellato. XLIX. Coronato di Spine. L. Difccfo all* Inferno . LI.
DepoRo di Croce . LII.Riforto da morte. LUI. Apparfo alla Madre . LIV.
Affilo a tavola co’ Difcepoli . L V. Afccndc al Cielo . L VI. Miffione dello Spi-
ritoSanto. LVII. Dormizione della B.V. LlIX.LamedefìraaafrootainCieio,
eCoronatadi Gloria.
1 1 Fù donato queRo Libro al Sig. Marchefe dal P.Piecro SufartI Forroghefe
Giefuita ,e Procurator Generale della Compagnia nell’ Indie , mentre hooorò
con la fua prefenza il Mufeo . Se mi fulfi trovato prefente a quella vifica , come
fono Rato a tant’ altre , haverei procurato d* incendere dal Padre medefimo qual¬
che altra particolarità di qucRo Libro , cioè da chi compoRo , & in qual Regno,
e Città della Cina, c quando fia flato Rampato; c fefoffcRato poffibiied’ otte¬
nerne r interpretazione de’ Caratteri , mi farebbe Rata cara . Se bene ancofenz*
altra interpretazione fe nc intende il lignificato , /piegandolo a baRanza le figu¬
re del Libro, che fono un gran Comento di quelle Lettere, portando loro molto
maggiorluce, di quella ne ricevono. Oltreché dalle medefime fi cava, che il
Libro
L l B yR^Ò 22 Z 0. CJtPi tl 143
Liibroè Opera moderna y Dora eil^ndo gran j^tcchr ohe ia^ Religione Chriftianiu
rih'orifcc nella Cina . LàSt/atnpaperònoh è invenzione moderna in qMel vailif*
limò imperio » effcndovi Rara trovara molto prima » che 1- Europa ne haveUe
cognizione i ■' \ .
12 FOOÓETTO di CARTA GINESB, di bambagia, imprclTa d’ alcuni
caratteri Cinefì rr>Rì . Serve d- invoglio ad una Cadeccina , lavorata pur nella Ci¬
na: in cui lì Conferva un'
f 3 PASTELLO d' INCHIOSTRO CINESE , nero , anzi neril5ino(
dico , perche dal fudetto Foglietto lì vede , che le ne fabbrica anco del rodo ) di
figura quadrata , lungo » e groffoquanto il dfto mignolo d’ un* fiuomo^di
liatura. Si vedono incffoefpreffidieilieiiioalcuni caratteri pur Cjiuefi* fignifrr
canti, le non m’ingannoiil> nome delT Artefice, che lo formò: come, pariwen*»
re i caratteri Rampati nella carta , in cui Ri in volto , mi figuro , che fpiegbino 1q
Redo. Perefsere caleInchioRrodifoRanzaR>da ,èarsai più commodo del
Rro a portarli in viaggio , lenza pericolo , che fi fpanda» ò macchi qualche cofa.
Olcrequeflo v’hà limilmente un’ v
14 ALTRO PASTELLO d’ INCHIOSTRO CINESE, pur net», fi¬
gura parimente quadrata, ma lunga : nella cui lupcrficie furono figurati Un Ser¬
pente, & un Ragnacelloal natnraleydi rilievo . . V
1 5 Non fempre però i PaRelli di tale InchioRro fpno della figura diqucRu
mà fovente d’altra, e particolarmente di rotonda > compecca» quarcrg quella / j
de’ paRelli figuraci, e deferitti dal Mofeardo: ne’ quali parimente eranofcolpi-
te imagini d’ animali , e caratteri Cinefì. La materia loro , che dal Mo/cardo , c
da cere’ altri accennati dal Vortnio , fù creduta terra bituminofa , per, relazione rerm.
del Trigautio , c del Bartoli, ed’ altri Scrittori delle Cofe della Cina, non è altro
che una tal gomma rimpaRata con fiùnò d’ olio , e rilecca in pani, che pigliano la j//!dèu’ A-
figura della forma, ò matrice, in cui fi mettono, nella quale antecedentemente fistUb, i.
fono intagliate le imagini , e caratteri , che poi apparifeono di rilievo ne’ pani
medefimi . E queRi fomminiRrano la tintura da fcrivere , fregati fopra una la-;
ftra di pietra dura , e lifcia.che ferve a Cini di caia ma jo, difciojta che fia. ,,ò con
fali va, ò con poche goccie d'acqua la porzione, che vi lafciano . Scrivendo
però non adoprano i Cinefi , come noi la penna , ma béjisìxil pennellò : èquefto
fatto con peli di Lepre, e, come nota il P. ^non guidato dalle tre f rime di-
ta , ma Tiretto in f ugno ^ fuorché dal dito mignolo , in un p articolar modo a noi
difaddattijfmo ^ad effi^ che vi fon deliri , mirabilmente in acconcio . E incominciano
a fcrivere , fegue il medefimo , come appunto gli Ebrei t dalla- fnijlra parte del fo¬
glio , e non fanno le linee , come noi , per travet fa. ^ e coricate , ma ritte in pie profe-
guendo dal fomnao , donde cominciano tgiu diritto fino al Timo del foglio , Dove pu*
realpropofitodiqueRi paftelli d’inchioftro egli foggiunge. Ne T inehiofiro ^
che adoprano , e già liquido , e corrente , ma fumo d olio.intrifb con un po' di gomma
diflemperata, e rifecco in panellini lunghi un dito , b circa i ottimamente Tiampati :
i quali, volendo fcrivere , fregano su una laflra di pietra dura (che fono ilor cala¬
mai ) e con poche gocciole d’ acqua infufevi , ne difolvono , e fan quella piu , b men
tinta, che loro e in grado . Di che non è men notabile ciò , che lo Storico mede-
fimahaveva feritto prima del modo di leggere, e di pronunziare de’Cinefivf^
ramentecuriofo,edaDontra!afcÌ3rfiiaqueRoluogo. Primieramente ,ò\cT
i Cinefi non hanno Alfabeto , ne a fignificare in carta i concetti della lor mente , acm
cozzano , come noi , lettera con lettera , fi che di piu infiemé fie ne compongano fillabe,
e parole ; ma ferivano tutta d' un corpo una voce intera : per oche igni lor carattere «
b ,per meglio dire, ci fera ,bfignificativa di tutta una cofa appuntg tome le fig*tr e ,
chi
C.O S T I À <
t-l»gdfÀjlraloghiitgtÌ!Althimi/lÌMdofrAHO * fignificare y e^ftegU i Pianeti y et loro
affetti y i fogni del Zodiaco , e i nodi E eclittici , e quegli tfttie f materie jcle operatio¬
ni deli' arte. Perdo cjuante levoci in fra loro diverfe y altrettanti fono i Caratteri
de’Cinefi: moltitudine yCtti appenav e memoria , che haJH a comprenderla y me»,
fando il maggior numero d' effi , chi dóie oltre a fefanta , e chi preffo ad ottanta mi la,
trafemplid yC (ompofli : e il minore , cioè il necef ariamente richitftoall' ordinario
leggere , eferivere ,fino a dieci mila . Non è però che ogni tal cifera fia in tutto dtjfi-
nuk ad ogni altra , M» fi cerne, il proferire delle p ter ole fi fa apprejfo loro con almen
oinèpuc divtrfi tuoni , e forfè altrettanti fpiriti pth , ò men molli , ed afpri , così nello
firiverè \^» medefimo carattere muta. figni ficato , tratteggiandolo come richiede /’ ac •
cento ^ò la forala , che pronuntiandolo gli fi dee . In efempio di chefuole aàdurfi qutfia
fillnha y tho i proferita da Cinefi in ben dieci modi , che tutti fono parole diverfe :
mòiìi divi/eremmo ^ contrafegnandola con dijpmili forme , ò pofiure d accenti , ò con
rltr'e inventioni di note , dafignificare il tuono , ò lo fpirito , che all' una fi dee diver»
f amente dall' altra , Perciò dunque divengono sì multiplicate y e difi iute le cifre y
che ad ogni voce può appropriarfi la fua . E ne fu inventore, fecondo la memoria , che
m* ò frd Cinefi y quel celebratiffimo Fobì , il quale altresì fu il primo ad inùtolarfi
Hoantì , che vai quanto Imperatore . Ma di cui eh ’ ella f fcjfe y fu » non ha dubbio^
grande opera , e degnamente ammirata da chiunque per una parte vede l' inirtgatijfi -
•madoiiììeatione di tante miglia\a dicifere , e per P altra ne intende l' arte yc i mtfleri.
CoHciofiàche egli non fia tutto giuoco di penna moventefi a capriccio , ma in gran parte
inventione yC lavorio d' ingegno y fors' anche piu fpiritofo , che quello de' Geroglifici
Egitti ani. Vero e che al pronuntiare non rie fono i Cinefi tanta felicemente , come alia
fcriveret efiindo in effi troppo più fcarfa U lingua per variare i tugni , che Umano i
caratteri ; e pure quelle più alte , ò baffe nate , sù le quali una medefima fillaba fi prò -
ferifee > fecondo il diverfofignificare eh' ella ha , e quella dolcezza , ò agreT^a di fpU
rito y che le s' imprime y fovente e sì poco fenfibile -, che orecchi troppo dilic ali firi~
chieggono a comprede • ne la dtfferen^ . Ma quel che rende la lor lingua in gran ma^
mere equivocai il proferirfi con un medefimo fuono molti caratteri in figntfic ari cne
dnterfa , talché e di mesi ieri d’ indovinarne il proprio dal decor fo del ragionare , il
che non femp^^epuo farfi: onde etiandio gli efper tifimi nella lingua ban bi fogno di
chiedere a cht lor parla . che ferivano U tal voce ; e quegli il fanno difegnandone la
figura , ò in aria col dito , òsùla pianta della mano ,ò a più roT^i t» terra . Perciò
an he e flato fempre fra loro in maggior pregio lo f crivere , che il parlare ; e di qur
mid (imo ò nato il mandarfi le ambafeiate non a voce , ma in carta . Hanno anche uti
altro (ingoiar privilegio i caratteri della Cina, e l' hanno in gran parte per quello
chijneftcdimtfieriofh: ciò e ir, tcnderfi dalle altre Nationi d' intorno a lei, come
ilGi.ipponc y ilCoraiy laCocisuina , ilTunchin , e per fino anche Sìan yCCambogia ,
oltre alle ifiole più dappreffo . E avegna che tutti quefli babbi ano la lor propria favel •
la y àìf.mtle yfino a non intenderfi gli uni da gli altri ( ciò che pur anche avviene d' al¬
cune Provincie in corpo alUCina) tutti non per tanto leggono ,l a fcrittura Cinefe ,
pronuntiando uno fiefio carattere ciafeuno diverfamentc in fina propria Lingua , tal.
che fe y ragionando , gli uni fon Barbari agli altri per la diverfita deH ' idioma , feri-
vendo , s intendono come fe fuffero d' unamededma patria, per la conformità de
caratteri ^tclla che (ì ufo. nel favellar dimelitco fra Cinefi, come altresì una eer.
ta, che può dtrfì Forenf , e da tutti s' apprende , perche corre in ogni Provincia ,
non e la lingua , che fi adopera nello flampare ; rna una terza di (lile più Jollevato , e
maggiormente eapevolc d' arie , e di fenno ; concioftachc h avendo i l oro caratteri far-
za dt geroglifici , il faper li acco^^are yC farne componimenti di belmifiero , c giuoco
di grande Ingegna , Tutte poi le ftievoci (falvo falleeompofte) fona d' una filab<i.j
fola
LIBRO T E 5 Z 0. CAP. 11. rji
f»U ; e le piu. vocali , ciré fi veggono in alcune ,fi proferifcono unite , come i dittonghi*
ne i nomi han declinatione yC cafi y ne i verbi han modi y e tempi y e numeri y ma una
ntedefima invari ab il voce . con certe giunte y che le fi fanno , determinate a regola ge*
ner ale y fi tr asforma nel cafo yUel tempo ^e nel numero ychefivuole . E di quelli Ca¬
ratteri ne fìgurorno alcuni il Semeda, Gio.Gonzalez de Mendoza , & il Vormiof
mà più di tutti ne publicòil dottiflìmo P. Chirchcro nella lua china illuBraia^
portandovi il difegno , e la fpiegazionc di tutti i Caratteri di quel fatnofo Monu¬
mento Siriaco -Cinefe , trovato nella Cina, apprelIoUCittàdi Siganfu ì ^xva.o
MDCXXV.
i6 LIBRO MESSICANOjdi figura perfettamente quadra,d’un palmo per
ogni verfo . Non è divifo in fogli , come i noftri libri , mà tutto d’ un pezzo } e
può ad un tratto fpiegarfi in lunghezza di piedi Geometrici nove , e mezzo , for¬
mando come una falcia, la quale poi fi raccoglie in pieghe alternate, e così
uguali , che formano, tutte della medefima grandezza, le pagine: la pritna, c
l’ultima delle quali fono citeriormente foderate di carta pergamena , che ferite
di coperta a tutto il libro , quando è raccolto . La carta ond’ è formatò , non è
molto bianca , mà così grolla , che fembra di quella , che i noftri Librai chiama¬
no Cartoncino : & ha la fuperficie tutta veflita d’ una tal colla , ò vernice , che la
rendecosì lifeia, e facile allo fcrivervi, che la fi parer pergamena. Se fi piega
un poco , quella tal colla fi rompe ,e cafea non altrimente che fe fuffe incroltatu-
ra fottiliflìma di gelfo . I fogli fono commelfi con colla pe'l lungo , & ognuno di
loro forma cinque pagine . Contiene quefio libro non altro che GEROGLI¬
FICI del MESSICO, i quali fono figure ftravagantiflìme, e per la maggior
parte efprimono huomini, dranitUali ftranamente moftruofi;
(ìqua ejl alibi faday atti informis imago y
^uam tulerit Natura y aut ars fibi finxerit y aut mene ,
e qualche volta ancora, come direbbe il noftro Lami, rapprefencano
Natura vide.
Augii y che mai
Bonom.Bor.
romtià. l, z.
V. 50.
£. 4«
Sono quelli Geroglifici fatture non della Penna , mà del Pennello , che v* impie¬
gò gran di verfità di colori. Nè piacque all* Autore» 6 diciamo al Pittore, di
farli tutti eguali, mà volle formarne di vàrie grandezze. Mediocri, & eguali
fono i primi CCCLXIV. ch’egli difpofe da una
banda del libro in altrettanti compartimenti qua-
dri,diftinti in cinquantadue file,a fette per ciafehe-
dma , occupando otto pagine . E maggiori , anzi
malfimi, a proporzione de’ medefimi , riefeono
. XVIII. altri Geroglifici , eh’ egli dipinfe nelle cin.
que pagine fulTeguenti , a quattro per ciafeheduna,
fuorché nella teza, che ne hà due foli, maggiori de gli altri. Minori poi fono
quelli, ch’egli figurò ne* compartimenti marginali delle cinque pagine Indette
a o.to per ciafeheduna, quali fulfero (e forfi lo fono) note marginali, òcomen-
ti de’ Geroglifici maggiori. Vndici altri Geroglifici maflìmiegli formò dall’al¬
tro lato del libro in undici pagine (che tante, e non più, ne figurò da quella
parte) difponcndone uno per pagina, della grandezza, e maniera dell! qui
efprein.
Nc’
^91
' S Ù'&S P t A N O
Ne’ margini poi delle fudc.tte undici pagine egli fegnò alcuni Geroglifici Mini¬
mi, che parimente fembrano fpiegazione dc’Gerogiifici
Mafsimi , a' quali fanno corona. Ad ognuno de 'quali
Geroglifici Maflìmi fottofcritti fi mirano alcuni caratteri
neri rotondi, che fembrano zeri,
divifiadueadue,riga per riga con
una linea fola; e condue, quando
fono ad uno ad uno, come qui fi vede.
17 Checofafignifichino.nonm’ènotovnc sòche
fia noto ad altri nell’ Europa: non havendo per anco
trovato chi li mentovi, e ne dia lume alcuno : epodo
dirne con l’eruditinìiDO Vorm^o, il quale nei fuo Mu-
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o
/r feopubiicò ,mà noT ifpie?ò (e cosi pure havevafatto il una Tavola di
lAc IO dt Caratteri HIEROG LTPHICA MEXICANA, miris condantia ^gurisvario
tolortcm genere dcpicfis , ex quibns vix quifpia.ni quidquam collegerit . SÒ che s’ ac-
V-crm.i 4. cingerebbe ad una beila , c curiofa imprela , chi prendede ad illuftrare le tene*
bre di quelli mifteni letttrarii , non per anco fpiegati nell’ Europa .
F' 3 3-3 + berbafi quelto fingolaridìmo libro in una cada quadrata di nobile artifi.
zio , con il coperchio di criftallo, edehdone li XVI. Decembre del MDCLXV.
lltfto fatto un rega'oal Mufeo dalla mano cortcfcdel virtuofifsimoSig. Co. Va¬
lerio Zani, Nipote di Monfignor CoftanzoZani Vefeovo d’Imola, e Riftorato-
rc dell’ Accademia de’ Gelat (di cui ne raccolfe , epublicò le Memorie. & un
Volume di Pi ofe, mentre h’eia Principe gli anni MDCLXX.c LXXI.) il quale
donò poi al Mufeo dell’ Aldrovandi quella Verga di legno ,che vi fi vede con la
fuperfizie rutta figurata di limili geroglifici con particolare iuduftria intagliati¬
vi , in ogni lua parte indorata .
19 VOLVME di SCORZA INTERIORE d’ ALBERO, forfidiTiglia,
fcritto con caratteri Barbari, di notabile antichità , i quali però tengono qual¬
che fimigiianzaco’ Latini . Si diftcnde a pochi palmi , mancandoli il fine. Per
edere facto di quella materia, che diceflìmochiamarfi da Latini propriamente-,
Liber, poteva, con molco maggior ragione, che i nofirali, chiamarfi .
Conructociò non è perlui nome improprio quello di Volume ^ che liconviencj
aliai
LIBRO terzo: CAK 11. 193
aiTài più che a^noflri libri cedendo egli non divifo in pagine, come quelli, ma
turto d’un pezzo » e di condizione da confer varfi non dilTefo , ma raccolto , & a
guifa di fafcia ra vvolto in le medcfimo , come ^vcro Volume . E tali appunto era¬
no i Volami dé gli Antichi", come moflrano mólte Statue antiche , non folo pro¬
fane , come quella di M. Mezzio Epafrodito , Grammatico Greco , & altre figli*
rate da Fui vìo Orfìni nel Libro int.tolato Imagines, C’Elogia Virorum illuHrium»
& eruditorum ex antiqttis lapidihust é" numifmatibus expreffkicum Annotationibus,
che iiiiìiimf zio Roma y formis Antonii Lafrerii l'^jo.in fol. ma facre ancora , c
particolarmente in molte di quelle di Chrillo medefimo,come nelle fcolpite
anticamente in alcuni Monumenti Sepolcrali , trovati , non è gran tempo , nella
Bafilica Vaticana , e figurati, c deferitti nella Roma Sotterranea del Padre Paolo
Aringhi, Tom. I.Lib. II. cap. X.&feqq. p. 293. 295. 297. 299. 301. 307. 317.
321.C423.
ao Óve fogli di CARTA ETIOPICA, grandicome la noflra Carta
Reale , fatti di materia ai tatto così morbida , che par feta , fc più torto non è di
qualche Pianta lanifera. In uno d’eili vi fono fcrittc fette lince di Caratteri
Etiopici , le quali cominciano nel fondo della carta a finirtra, e fagliono al con¬
trario di quelle de’ Cinefi .
21 VOLVMETTO di CARTA TVRCHESCA finilfima , e morbida-^
comelanoftra di Fabriano, lungo fei braccia, elargo, ò diciamoalto non più
di tré dita, il quale fi tiene raccolto come una falcia. £' fcritto in lingua Arabi,
ca; e le lettere fono parte roflc , parte nere, con miniature gentili di varii colo¬
ri, Rimargini tutti fregiati d’oro. Contiene diverfe orazioni de’Turchi con¬
tro le ftreghcrie, Scaltre cofe nocive. Hanno in coftume i Turchi di portarlo
addolfo per divozione in una canna d’argento legata al braccio, e lo chiamano
Bafoan,
22 Altro VOLVMETTO, ù BREVE Turchefeo, di carta limile alla Per¬
gamena , lungo quattro braccia, e largo come il precedente, e contenente le me-
defime orazioni in lingua Araba , non effendo permrffo a’ Turchi d’ ha ver ora¬
zioni , e devozioni fcrittc in altra lingua , che in quella : la q uale appreffo loro è
venerabile, come appreffo di noi la Latina . Serbafi , come l’ antecedente, attor¬
cigliato, e ravvolto in fe medefimo nella guifa.ché lo portano addoffoi Turchi.
23 DIPLOMA firmato dal Sultan Mecmet.
24 Altro DIPLOMA firmato dal Sultan Ibraira.
25 PATENTE perunCapitano,firmatadaungran Vifir, chlamataF4r,f.
26 LETTERA feruta da un' Agà ad un Commandante d’ una Fortezza in
raccomandazione d’un Soldato. 1 Turchi la chiamano Rara.
27 SCRITTVRA Turchefea di ricognizione di Pezze 49. in piè della quale
v’èil ffgnojò cifra delKotajo, & a tergo il Sigillo del Cadi, cioè Giudice dj
qu i luogo . Dicefi Eched.
28 KICEVVTA di pezze 600. fcritta in linguaggio Turco. Il legno, che
V* è nel principio, da gl’intendenti dicefi edere del gran Muftì , e di fua propria
mano . Il legno che v’ è nel piede è il nome di chi ci fu per teftimonio . Da Tur¬
chi VICO detta Ardeckal.
29 SALDO, ò quietanzagenerale d* ogni conto paffato tra due Turchi, in
lingua parimente Turca, & appeììaùTackrer.
30 VOLVMETTO Italiano, di carta pecora, lungo braccia due , largo
quali tré deca, in uno de’ fuoi lati da un capo ali’ altro con parricolar diligenza
mimato di varii Geroglifici, efigure, ecaratteri vulgari formati con gentiliflìmi
fcherzid’ Arabefchi; 1 quala danno a leggere quefte parole Italiane d’antica
R dialetto
1^4 M y S.E 0 COS PIANO
dialetto , in rima , che lo palelano fatto per una Lettera A morofa , come fii chia¬
mato nell'Indice delle Cole del Muieo: Lo amore cum arco^ teifo il
core me a ferito , demando ajuto , non trovo chi me lo dia , fc
non ti dolce fperanza mia.
. V . A Be gli Strumemi Matematici ^ AUrmmici^ Geometrici*
■ f .:> 0 . 'i- ///,
Ut Anim>
e. i6.
Gal. de ufu
pére. /. n.
Ovtd.l- I.
Met. V, S4>
Epiced. £•
ms. 10. 57»
Od.jp<i.i.^
ì Q E nell’ Huomo, che , per la perfezzione deli’ Anima fua difeorlìva , & im-
O mortale, e per la fimiglianza, ch’ella tiene con Dio,folo tra tutti gii Ani.
tnalj merita il titolo di divino: l' haver dalla Natura fortito llngolarità di figura
diritta , e vergente alla parte celefte deir Vniverfo, come che (vj. procerum ani^
mal, óitìe Calfiodoro, ef tn effigiem pulcherrima fpecnlationis ere£lum , fervo
d’ indicio ch’egliècreato per loCielo, come giudicò il grande Anallagora,e
con elio non picciul numero d'altri Saggi,! quali in ciò videro meglio dell' Efeu-
lapio di Pergamo.: e l’ accennò il Poeta Sulmonefe, dell’ Eterno Fabbro can¬
tando. Fronaqtte cum ffipeSlent ammalia cetera terram ^
Os homini fublime dedit calumque videre
, luffiit , (ffi, erciios ad fiderà tollere vultus ,
Onde il Melico Battifta, ad Èva piangente nella morte d’Adamo, pofe sù la
lingua quelle parole. ^
Ver fio la hafia terra in gtu rivolto
Il Popolo ferino il ceffo impetra :
Eretto verjo I' Etra era il tuo volto
Perihe fempre s' ergeffe inverfo I' Etra,
Et il Cavalier Gio. Battilla Teodoro , uno de’ più foavi Cigni del Sebeto , anzi
il Pindaro di Partenope , fopra ciò altamente Filofofando potè lame le rifleflio»
ni (piegate in quelli Icggiadrilfìmi carmi .
pur vide il Mondo infante
Con fomma indultria. Onnipotente Mano
Scolpir nel grembo fuo Statue viventi'.
Mercando fol fra tante
Senfibili Scolture, il Volto humano
. Del del contemplatori , Occhi eminenti i
Teflimonii lucenti
Del nofiro alto Intelletto, hor che pub fola
Su gli homeri d' un guardo, irfene a volo ',
^ • Ida preterifea homai
Del fuo centro i confini, e tanto in alto
Poggi peregrinando tl penfier mio,
che incenerito a' rai
Del vero Sol, precipitofo un falto
Di la pofeia il conduca al fuol natiOi
E vegga al fin, che Trio
Die con metodi egregi , e pellegrini,
l_Ad un volto mortai, vanti divini.
eh' efftr non ponno ignoti.
Mentre del del difvelano la luce,
•^ei dì fiuti venuHà miJlici traggi'.
CI' In-
LIBRO TERZO, CAlPi III
Gl’ Intelletti idioti i
cui talor fol l * Ignoranza e Duce ,
La lor guida in feguir^ divengo n faggi \
Virtuofi f affiggi
Fanno in mirar quelle fembianzct e quefie.
Da la Beltà terrena a la celeBe ,
» Fù ben ragioae che l’ Ingegno humano , non trovando tra gli oggetti vili-
bili il più degno d’ effere mirato , & ammirato , di quei Mondo fuperiore ( che , ò
di giorno vi palleggi il Sole, teftimonio il più chiaro dell’ infinito fplebdorcdi
chi diè r edere al rutto ròdi notte vi danzino le Stelle , ritratti vivacilììmi di quel
Monarca della Luce ; fempre è un Teatro di maraviglie, come il più ampio , co¬
sì il più maellofo, che la magnificenza d’un Dio habbia aperto in faccia dell*
huomo, per allettarlo a fpaziarvi colla mente, econofeervi, e bramarvi ilfuo
fine beato ) rapito dalla fovrana bellezza di quello, s’ergeflfe a contemplarlo con
attenzione sì fida, che poteCfecontarvi più miracoli, che individui. Per lapin
accertata cognizione de’ quali fù poi necellario, eh' ei s’inventaife que’ varii
ftruraenti , co’ quali , quafi dando una (calata al Cielo , ei giunfe a comprendere
le fmi/urate ampiezze , e diftanze , e le particolarità de’ moti bizzarri di que’ va-
fi: tifimi corpi : & a conofeere evidentemente, che di loro ninno ve nehà, che
per pluralità di perfezzioni , chiaramente atteftanti la divinità dell’ Artefice, non
cagioni multiplicità di ftupori ; ò fia eonfiderato folitariamente, come fter-
minato nella grandezza, c fiafi pure una ftella anco minima; come incorrotto
nella foilanza ; come limpido nella chiarezza; come vario , ma fempre regolato
ne’ moti : ò unitamente , come nella bizzaria della propria natura, differente , e
pur fempre proporzionato a tutti gli altri ; come cofpirante alla foa vita dell’ ar¬
monia , che dalla Mufica regolatezza di tutte quelle machìne immenfe , e conti¬
nenti , e contenute , rifulta ; e come pronto con cife al prò del Mondo inferiore ,
quautunquecgli nonfiacheunpuntoal loro paragone. Quindi.confefTa cotu
Manilio, che
Haudquaquam in . tanta magis efi mirabile mole ,
^jiàm ratio, & certis quod legibus omnia f arent:
Nufquam turba nocet, nthil bis in pdrtibus errat.
3 Così gode di quella perfettiifima Mufica , che ode con gli occhi , e diftin-
gue col penfiero, che giunge anco ove gli occhi nonponno, e colà sù meglio
che altrove fi di porta; onde potè dirne quel Poeta.
De gli A Bri, allbor , che tace.
Sa con gli occhi afioltar l’ alta armonia',
E per r Eterea via
Stampar con pie di gloria orme di pace.
Ecoriqueft’alifollevatodigranlungafopra gli Elementi, fupplifce al difetto
del l’ udito, che non giunge a difeernere il (onoro di que’ foavslsimi numeri; ò fia
per la foverchia lontananza , come vollero Pitagora , e Piatone , mfegnando che
le fpezie di quel delicatilfimo fuonoal tocco de gli Elementi fva n ileo no ; ò per¬
che egli. è Itordito dallo ftrepi o della Terra, come giudicò quel Poeta, che dille .
Muto non e, come altri crede, il Cielo;
sordi fìam noi, a cui gli orecchi ferra
Lo flrepito infoiente de la Terra,
Tra le cui diffbnanze invan s' afpira
/’ armonia de la celefte Lir a,
che fi tocca per man del Dio di Deio,
R a - . èforff
Plut. l. de
Mafie.
Macrob.l,^
de Som»,
Scip. c. l.
L-uAfiren,
T eedor.Od,
22. 4.
\M F 5 E 0 (: 0 S P ì A n 0
òforfi,comcpcnfa Filone citato in quello proposto «neo dal Battoli, perche
SàrtÀnop. Dio,rilerbandoci amigiiortempoilguftodiMolicasìloavcrCihacoii piovi-
mo di ktt^ denza particolare ftempraci per ella gli orecchi , acciòehc quell’ armonia non ci
re » li. * rapine m un’ellafi continua, che ci rcndeffe dimenticati di tutti gii affari della vita,
c di noi medefimi . Quelli lono i di lui lentimenti , Ceelum perpetuo concentu fuo-
rum motuum reddit h armoni unt fuavtfsimamy qu^fipojfet ad nodras aures perueni-
re , in nobis exeitjiret infanos fuos amores , & defideria , quibus Jtimulati , rerum ad
H;iciuyn neceJs^ariarumoblivifceremur ^non pajìi cibo ■ypotuque ^ J ed velut immorp*.
litate candidati ,
4 Mà giunta a quelle cognizioni , che non fantallicò la mente dell’ huomo ?
Come le luffe poco il bear gli occhi cllerni , ed interni colla vt dura , c conlìdera-
zione d’ Oggetti sì aiti , che dovrebbono ra vvifarlì per quella > che il nollro Ce¬
lare Porta chiamò
Scala , per cui fi faglia al Fabro eterno .
pensò a confolarne anco la mano, col loggcttarlc,compendiatain picciolo Glo»
bo, rimmenlità di quelle sfere lovrane . Il che tanto felicemente riulci ad Archi-
L.i.deNat. mede in quel fuofainolìifimo Cielo di vetro, che, come avvertì Cicerone, fù
Deor. giudicata più induUriolal’ Arte lua nel rapprefentare i moti delle sfere, chela
Mneé Natura rnedefima nell’ illituirli: onde Claudiano hebbe a cantarne,
rote. 14.25 J/uppiter in parvo cum cerneret athera vitro
Fift, & ad fuperos talia di FI a dedite
tluccine mortalis progrejfa potentia curai
lam meus in fr^^ili luditur orbe labor,
lura Poli, rerumque fidem, legefque Deorum
Ecce Syracufius tranliulit arte fenex .
* ■ Ine lupus variis famulatur fpiritus afiris ,
Et vivum certis motibus urget opus.
Percurrit propriam mentitus fignifer annum ,
Et fimulata novo Cynthia menfe redit ,
j ’ lamque fuum volvens audax indujlria Mundàm
Gaudet i humana fiderà mente rxgit,
^jiid falfo infontem tonitru Salmonea miror?
Mmula Natura parva reperta manus.
dc* quali verfi ne porta bella Parafrali il Cavalier Marini nella fua Galeria
5 Non però folamenre ad Archimede lì devono limili encomii, perche furo¬
no meritaci anco da Polìdonio , il quale lìmdmente .
»" — *''■'*« <— /’ Etera acceift
in picciol Orbe , e volfe
^jiafi a I' Immènfita far violen'pa.
Ed! quella lua Sfera là gloriola menzione Cicerone, che infienie chiama fuo
famigliare il di lei Autore , Icrivcndonc : ^bd fi in Scythiam, aut in Britan.
Dz.ieNau niam ,Spharam aliquis tuleriì , hanc .quamnuper familiaris nofier efiècit Pofido-
nius , cu]us pnguU converfiones idemepjìciunt in Sole, 0“ in Luna , tjr in quinquefiel-
l lis errantibus , quod efficitur in caelo finguiis diebus , 0“ noli ibus : quis in illa bar.
bariedubitit quin eaSpharafit profezia ratione ? Ai z: mirabilmente s’addactano
quelli Elogii a’ meriti di Gì amiti 10 Torriani , nollro Crcmonele : la divinità del
Vida, Ac.ìl cui ingegno, tuttoché fenza ornamento di lettere , g'unfc non che ad emulare, a
alv.pó^teà l’ UDO , c l’ altro di que’ Valcnthuomini , elprimendo in una Sfeia, che
on comrov. egli fabricò per la Maellà di Carlo V. non lolo i moti de’ lette Pianeti, e loro
Sfere, come Polìdonio 5 & iduc ordinarii del primo, c fecondo mobile, come
credili
Thtodir.
Potf, Od.Z4
ZI.
L l rB R 0 TB T^^ZO. CAP.ilL 197
credefi facete Aichiitìede : ma di vantaggio quello ancora, che da gli Artrono»
mi , di Trepidazione s’ appella : offervaco prima àzThebith Arabo, che fiorì cir¬
ca gli anni del Signore CCLXX. la qual’ Opera, come quella d’ Archimede da
Claudiano, così fù celebrata da Annibale Crueejo, gentiliflìmo Poeta Milaneìe ,
Hactenus immenfi Jolus Regnator Olympi,
^ui regeret certis legibus aìlra fuit .
At nunc lanelli miro ingenioque , manu que y
^ux regat ipfe fua fiderà Cafar habet .
t^onam igitur tandem dignum fiatuemus honore
Tct lancile j Deum qui facis ex hominei
E d^efPacon più ragione, che di quella d’ Archimede poteva codchiudere il Ca*
valicr Teodoro .
Che pofia ardir terreno ^
Per efigger qui giù divini vanti
Spiar gli Orbi dellanti^
Sormontando eoi guardo il Ctel ferent ,
É gloria accidentale
D ' Alma fpecolativa , al cui talento
Studiofo ardimento
Con maral maelf ria fabrica l * ale :
Ma r che con pregio eguale
chiuda in un picchi Globo il Cielo intero ^
*’ i^efio a pena il capifee human penfiero ,
6 Ma fe la Matematica in così brevi giri puotenltringerela vaftitàdel Mon¬
do Celeftc, non meno ingegnofa 1’ Aftronomia feppe racchiuderlo in un fo¬
glio: come altresì con non diflìmiie indufiria la Cosmografia prefe arappre-
ifentare accorciata nella fuperfizìe d’un Glóbd portatile tutta reftenfione del
Mondo Terracqueo. Di che non mancano efempi nel Mufeo, dove ponno
vederli
7 GLOBO CELESTE, di mediocre grandezza, rapprefentanre tutte le fi¬
gure Aftronomichc, coaofciute nel fine del Secolo pallato, col numero, e fiti
delle rtelle , che le compongono . Egli è gentilmente miniato . Fù polledutó da
Girolamo Boncómpagni , Nipote di Gregorio Dccimoccrzo : il quale, fludiofo
delle cole cciefti , non di rado .
Del Ci'èt pei la natura
ìnvedigando , ai fuo talento ojfria ■
D' A Hronomica idea Globi rotanti .
và per tanto del diluì N >mc fcgnalaca, h^^cadoviCi ld»Jlrifs,Demini ffierony»
mi de Boncompagnis , , • "
8 GLOBO TERRESTRE, Suo compagno, fimilmente miniato, in cui
L' Arte A cento PrevinctCt a cento Regni
Poco [paT^o comparte f
• Confinando tn un foglio il Mondo intero ,
Porta l*Ifcrizz.onc Ad Sérenifsimum Emanuelém Philibertùfn Sabaudienfiumi &
Subalpinorum Ducem . Della quale Opera , pt'r l’ùtilità dclTufo , può ben dirie-
nc coti A effandro Magno, apprelTo Teruditiflìmo Ghibbclio nel faggio della
Tragedia di quel nome, inferito nel libro de* fuòi Epodi Ode XX.
— — - i—r 111 wm' Orèis 'dngufii plagas
Peragrdre vel fic fi£liU in sphera yiiiat, ^ •
effendo veramente cola molto guftofa il peregrinare lenza fatica per tutto il
- o R j Mondo
Od>24.z2r
Teoi. Od.
IO. 13.
Alef.Gnit^
Od.f.U
M y s £ 0 f05P/^N0
fréni SeU.
I». Coflanr.
l» Il 91*
Ho%ltàì P.l
àtf. ult,
Ì>-455
Mondo foprai •— — Libri, e Carte
o/ mojìrar di continuo il feto pronti
De la T erra habitata in ogni parte
Bove fian Mari, e Fiumi, e Valli, e Monti,
9 TAVOLA GEOGRAFICA Cinele» con la Topogiafìa della Citta, C
Territorio di Gerufalemnjc, e luoghi circonvicini, ftampata nella Cina con
caratteri di quella lingua , e premella al Libro Cincfe lopradelcritto .
10 DueTavoledi COSMOGRAFIA MARITIMA , di qualche antichità»
le quali, perche più, che ad altro, lervono alla Nautica, ciàglilirumcntidi
queir Arte fi defcriveranno più clattamente .
11 De gli ftrumcnti poi , che per le milure del l’ uno, e dell* altro Mondo , Su¬
pcriore , & Inferiore, potino fcrvire, lomminiltrati parte dall’ Yranomettia,
parte dalla Geometria , vififcorgonoiludegucnti .
1 2 GLOBO, che moftra il moto del Sole per tutti i Segni dei Zodiaco, e la ra¬
gione deli’ aumento, edecrementode’giorni. Egli èd’un palmo di diametro.
ASTROLABIO di qualche antichità. Di quello llrumento, fecondo
Giovanni Stradano, che Rampò in rame XX. Figure d’invenzioni moderne fù
Inventore Americo Vtfpucci, notandone quegli ,
Lyimericus Vefpuccius cum (fuatttor
Stellis Crucem fij.eitte mèle reperii .
Qucfto.però del Mufeo mi pare più antico dei Vclpucci, , E quando anche non
fuiie,midòacredereco!Lancellocti,chcloStraiano non dica vero, leggen¬
doli Afirolabii ad F ao»ium,\xci Rag onamento Latino di Cinefio Velcovo
di Cirene, nei f omo ili. del. a Libreria de’ Santi Padri, Icritto poco meno u’un-
dicilecoli fa : & m oltre v’è un* opera di Gregorio Niceforo , che vide intorno
al MCCLXXiV. intitolata ,
. 14 QVADRANTE TRIGONOMETRICO, antichilTimo , di legno, con
due circoli altimetri , e le fue Regoled’ Ottone .
15 QVADRANTE PLANIMETRICO Horizontale, fimilmentedi legno,
ed’ eguale antichita,con il Circolo altimetro ,'0 le Regole, e luoi guermmenti
d’ottone. ,
16 QVADRANTE ALTÌMETRO, pure di legno.
17 Due QVADRANTI ALTIMETRI d ottone j l’uno maggiore, l’altro
minoie .
18 CIRCOLO PLANIMETRICO Horizontale, d ’ ottone.
' 19 Due ANNELLI ASTRONOMICI del Driandro, fabricati dello ftef-
fo metallo, ma di llrutrura differenti. Deli’ulo de’ quali,!’ Au ore nclcrillo
Un’intiero V^olumc, che può vederli. ,
20 Quattro SQVADRE diverfe, pur d’ottone.
Due CIRCOLI ALTIMETRI, difimiL- materia i ditferenri,
22 LINEA, ò RIGA PANTOmETRA, lunga più d’un braccio,
23 libella. òfiaARCHIPENZOLO.
24 Compasso ujaggiore, dHG^ideo, con Peftremità quadre.
M. ,25 COiMPASSO minore, delio ftello, con le punte adunche. L’uno^ e l’al¬
tro , degOtifimo del luo Inventore , & altreranto.aggiuftato ijlle mdure dt’.v leli,
non però dell’Empireo, di cui ioccfe.M joiignor Toido Coltaiicmi , quauUo
cantò nel luo Giudizio Eilremo . ,, .1 ; j
. Veramente, le Sefte , onde mifii'S'a . .
Cnuhplt, t, cielo i corfi il noflro cono ingegno ,
I , • ; , Errano fpehfo , che non tien Natura
> Strumento a compajlar L'- eterno Regno, 16 COM-
LIBRO T n \ Z 0, C AP, III
26 COMPASSO LARGO, nella cui congiunzione, è centro vi è una Bof-
^oletca da Calamita, con la Ruota de’ Venti : ( onde può fervire anco alla
Nautica ) e nel Circolo efpreflivi i nomi de’ Meli: con la railura d’ un palmo Ro¬
mano , c lue parti , da un lato, e dali’aitro quella d* un mezo braccio Fiorentino «
E' manifattura di chi v’ intagliò nel centro , dalla parte oppofta al Circolo fudel-
to L*(trentitts Cumilli Vulpxriót F lorentinits MDXLIX.
27 CIRCOLO d’ ottone per conofeerei Venti: onde può fervirc anche df
ftrumento Nautico .
28 EFEMERIOE SOLARE, d’ottone. Hà dall* altro canto iìgurato un.»
Circolo pure de’ Venti.
29 COLTELLO, che aprendoli in due parti forma un bcIliflìtnoCompalTo,
nel cui fondo v’ è intagliata l’ Arma de’ Medici , per farlo lervire anco di Sigillo .
30 Diverlì altri pezzi di Strumenti Matematicii i quali tutti>con li fopra men¬
tovati ( trattine i due primi Globi ) & altre cole del Muleo , lono ufeiti dalla Cafa
de’ Medici , del Ramo di Leone XI. di cui fù Pronipote Coftanza de’ Medici,
Madre del S gnor Marchefe Colpi. Oltre quelli v’hà pure una
31 SQVADRA ZOPPA. Così chiamano i ProfelTori uno Strumento piani¬
metrico horizontale, d’ ottone , di figura quadrato , di diametro bipalmare, che
ferve per mifurare le altezze, eie piante de gli edifizii. Fù donato al Sig. Mar-
chele Ferdinando nel fuo ultimo Confalonierato del 1 673. dal Sig. Camillo Sa-
ceoti, publico Geometra, & Ingegnerò dì quello Illullrilfimo Senato.
32 Tré GLOBI d’ottone , tutti traforati , due maggiori (de’ quali uno è la¬
vorato alla Zimina , el’altrofchietto) & il terzo minore: contenenti ciafehe-
duno una Lucerna da olio in tanti Circoli, equilibrata in maniera,che quelle sfe¬
re ponno girarli per ogni verfo^, e fopra quaifivoglia piano , fenza che li fpanda
l’ olio, ò s’ellingua il lume r^cchiufovi. Di quelle le nefàpur menzione tra le
Lucerne antiche, alnum. 22.
33 Otto GLOBI di Crillallo, dorati, di più d’ un palmo di diametro, folle-
nutidaloro Piedellalli, nobili ,>quaQtunque di legno, peri’ artifizio, ch’c lingo-
lare , e per l’ oro » che in tutta la fuperfizie loro rilplende , non altrimente , che iti
quella de’Globi medelimi. Sonodifpolli in modo, che recano particolare orna¬
mento , anzi accrefeono fallo alla fuperbia del Corniciotto, che ferve di maello-
fa corona a gli Scaffali del Mufeo : nella cui falcia fi legge a gran caratteri d’oro
efureffa quella Ifcnzzione,
‘ervdita haec artis.et natvrje machinamenta ab excu
T AND AM ANT IMITATIS MEMORIAM, FERDINANDVS E^ES,
BATLIEVS ARETIIy MARCHIO FETRIOLI, SENATORIE BE COS-
PIS, SFPERANDM BICAPIT IMMORTALITATI A, B. MBCLVIII.
ET HAEC MISCELLANEA PEREGRINA SVPERABBPTA MBCLXII.
34 GLOBO, ò PALLA di millura di varie cole fufe.
35 Alla Matematica appartengono anco gli HORIVOLI, de’ quali per ef-
(ervene copia nel Mufeo , le ne favella feparatamente nel Capo leguente .
I
Be gli Horiuoli, Cxp. IV. : i
I Henaturalmente fi polla rendere vifibijecofa, che per natura fiainvilìbi-
lei, pare che iralcendai limiti del credibile. E pure egli ètutt’altrocbe
paradoifo . L’ Ingegno humano , che sà farli Rrada per tutto, hi faputo trcKvarnc
li modo : e l’ Arte da lui inventata ne pratica in varie guife gliclempi ne gli Ho-
riuoU, facendo in elfi confelfar quella verità alle lingue, quantunque mute, e
^ predi»
Pótf.Oà.
SI» J»
Li. f.j6
tlJ.ì.c. S.
Od. 2«. 15,
£>.S>ictir.g,
Ut,
ISO M y s E 0‘ e 0 S P l A N 0
predicarne h chiarezza fino all’ ombre : mentre con l’ indizio di quelle in alcu¬
ni , e di quelle in altri » dà a vedere il Tempo , che per altro è invifibile, d’ bora in
bora fparico, e toccarne con mano ad una ad una le fue parti notomizace a minu*
to, anzi a minuti, e feconde» momenti, ed attorni, come ne gli Horologipiù \
cfatti per le offervazioniAftronomiche più moderne: ne’ quali, meglio, che al¬
trove, come direbbe il Cavalier Gio. Battila Teodoro, loavilfimo Cigno di
Partcnopc.
li Tempo a. gli occhi ignoto
Dei fuo corfo immortai mifitra il motè ,
2 La Città di Babilonia, quantunque porti nel nome la confufione, fù la Mae-
lira » che infegnò a dividere il giorno in bore , mentre i fuoi Cittadini ne preferif-
fero la regola col Gnomone da elfi inventato, come nota Erodoto , il Padre della
Greca Iltoria , Il che è fama, che fucccdelle i n un mezo Cilindro cavo, ò lia Con¬
ca femicircolare , diQinta con lince in proporzionata dillanza difegnate : nella^
quale, col mezo di uno Itilo di ferro oppolto a’ raggi Solari, in modo , che
l’ ombra cadellefopra i legni notativi, fì dimodrava la quantità delle bore già
feorfe: e ciò, che nel quarto Cielo tien fecreta laluce, ad un mutolo raggio
d’ ombra fi facea dire , con maraviglia del Sole medefimo ,che Itupiva di vederli
prefo in unarete di poche righe ,
3 Da’ Babilonii l’apprcferoi Greci,! quali tal cognizione appellorno Cko-
monicA : e la Città di Sparta fù la prima di tutta la Grecia , che la vedclle pratica¬
ta in un’ Horiuolo da Sole , delincatovi in publico da Anafimene Milefio ,dilcc-
polodi Anafimandro: il quale perciò da Plinio fù creduto l’Inventore di que¬
lla forte d’Horiuoli, mentre ne fcrillc: Vmbràrftm hanc rationem t & quam -vo¬
cant Gnomonicen , invenit Anaximenes Miletus , Anaximandri , de quo dtxi-
mus t& Thaletis dtfcipultis'. primufque horologium ^ quod appellant Sciotericont
Lacedanione\oftendit . Altri , trà quali Domenico Gisberti Poeta Celano , attri-
buifconol’ honore di qucfta invenzione ad Anafimandro medefimo. Ma le Ana¬
fimandro pur n’ hebbe notizia, il che non vuò negare, effendo egli dato il primo,
che fcrivelTe delle Cofe Celelti : qucfta , come c!|uella del luo dilcepolo , fervi a
render l’uno, e l’altro anzi Propagatore, che Inventore di limili Horiuoli, fc_.
l’invenzione loro, come prova a baftanza la gravillìma autorità d’ Erodoto Serie-
torGreco,e di molti fecoli più antico di Plinio, nacque affai prima appreffo i
Babiloniij trà qu ili, potiam dire col Teodoro, che molto tempo manzi.
. Fh chi di Febo al chiaro lufne apfijle
D' Aritmetiche idee Marmo fognato^
Fere he de /’ bore il tranjt torio siato
L' ombra d' un ferro a dichiarar fen' gijfe,
4 Traffe pertantosì gentile artifizio lafua denominazione da! Sole.Chepc-
rò Solario f ù appellato nel Lazio , a cui trovafi communicata sì bella invenzione
fino al tempo di Marco Varrone, il quale atte fta d’haver veduto in Paleftrina un’
Horiuolo a Sole difegnato da un cale Cornelio, fcrivendone: ut Pranejle inci*
fum in solario vidi , cjiibd Cornclitts in Baflicà Umiltà , 0“ Fulvia inumbravit . So¬
pra il qual luogo Adriano Turnebo gcntiiiifimo Commentatore cosi n<HÒ.
Inumbrare autem de Solario apte dixit , ex umbris horas qn arente : unde ejus ambi li¬
ciis .qui Gnomo dicitur , wuaòdfai , tanquam indagator umbra vocatur , Inumbra-
vit igitur , (h" ex deferiptione umbra computavit : quod horologium »
dicitur, Palsò poi si curiofa milura del Tempo a Roma , introdottavi da L. Pa¬
pirio Curfore , li quale da taluni ne fù creduto Inventore , benché folo Propaga¬
tore ne fulfe ; perche , al dire di Fabio Vedale , riferito da Plinio , fece nel Tem-
pio
NaEl. Att.
l. i.c. 3.
LIBRO t B R Z 0. CÀP. IV. aoi
pio di Quirino delineare un’ Horiuoio a Sole rn fodisfacimento dei voto , che nc
havea fatto /uo Padre. II che fù l’annodi Roma CDL. c CCCXIV. avanti la
nalcita del Redentore del Mondo. E trent* anni dopo 1 cioè nella prima Guerra
Cartaginefe i M. Valerio Medala Gonfole, al riferir di Varrone pur citato dà Pli¬
nio, ne fece primiero metter* uno in publico fopra unaColonnaappreflbiRo-
ftri, il quale haveva egli fatto ttalportare dalla prefa Città di Carina in Sicilia.
Ma perche offervòdì, che faceva fvarii notibilitXecca«grueia/ffai^i{?rasejus linea;
come notò Plinio , nc fù pofeia da Qj^Marzio Filippo Cenfore , novantanov* an^
ni dopo , fatto collocare un* altro più efatto vicino a quello . Il chelù giudicato
per uno de'più grati doni , che mai riceveflfe quel Popolo ,
5 Si molciplicorno pofeia quelli Horologi in guifa » che in tutte le Città quali
per ogni llrada fe ne vedeva alcuno: come pare, che infcfilca Aquilio, olia
Flauto, come dubita Gellio, in certa Comedia, eh’ egli appellò Boeotia, intro¬
ducendo in ella uno ingordidìmo Paralìto , il q uale, per rabbiola fmania di man¬
giare , detellando la preferizzione deli’ bore del pranlo , prima indeterminate ,
caricò di maledizzioni quell Ingegno fempre lodevole , che fù l’ Inventore di sì
utile mifura del Tempo, proferendone i feguenti verlì , ferbatilì alla luce tri
l’ombreillullri delle Notti di Gellio.
Vt illnm dii perdant ., primus qui horas reperti ,
Quique adeo primus ftatuiì .hic Solarium,
mthi comminuit mifero articulatim diem'.
Nam me puero venter hic erat Solarium
Multo ommum ^orum optumum, verijfimum ^
rbi iBe monebat ^ cum nihil erat. * '
Nunc etiam quod efi , non eflur , nifi Soli lubet.
Itaque adeo \am oppletum\ B oppidum Solariis ,
Vt major pars populi aridi reptent fame ,
6 MI perche r horologio Solare non poteva lervirc, che per ii giorno, ne fù
per l’ ufo della notte trovato un’altro, che milurava l’ ore con l’ acqua , c Clelfi-
drachiamavalìj di cui v’ hà chi he allega ,.òfe ne finge Inventore un certo Clef-
fidro AlelTandrino ,che lelafciòil fuonome: che a me fembra più rollo dedot- è.ijo.
lo dalla proprietà di tale llrumento. Era quello un vaf'odi vetro con uno angu- Cal.Rhed.
Itiflimo pertugio nel fondo, & una linea tiratavi da una parte con diftimamente **
legnativi dodici bore. Emjiivafid’àcqua , la quale per quel buco a poco a poco
ulce ndo , lalciava luogo di icenderè ad ùn pezzo di foVero, che dentro vi galega
giava,con in fe fitta una verghetta > ehecolla punta additava i numeri dell’ bore
tralcorfe . Invenzione cavata da què’ vali di creta , che ufanfi da Giardinieri pér
inalfiire i fiorì, chiamati anticamente Cleflìdie,óc oggidì Nuvole di creta .Sèr-
virono in particolare gli horologi da acqua nelle publiche amminillrazioni del¬
la Giu(tiZÌa,mifurandolì con elfi il tempo a chi, orando, dilFendevagiudizial-
mante qualche Cliente,© v’arringava contro; onde ne nacque il proverbio 4^ ^ ^fanuc
clepfydram dicere . £ di quelli vafi fcrilTero trà gli antichi Apulejo, c Paolo Si- Àdagf.mi.
icnzurio: e trà moderni Pierio Valcriano,e Celio Rodigino . hi y/%.
7 Paifandcfi poi daH’acqua alla polvere, l’ihvenzionedelle Clclfidre parto-
ri quelladegli Spolverini, ò fianohoriuoli da polvere, ne’quali, come cantò
Tcruditilfimo Padre GiovannideBuifieres Giefuita. jnBefe.Ba.
— • mmmmrn. vitro Bat mollis arena, fil.Lhgdun,
Et tranfit.
deir Inventore d; ’ quah , che non fi sà , il Cavali'-r Teodoro.
Tu <chi 'n due Vetri concavi rinchiufe 04^ aé.13.
Min'f-
fi'
SMpttf
¥ktr» P.II.
». 4$. 47.
• ^ '
•t- ..1.
L. epi^.
4J.
Ód, 24. 7,
»01 uySEO cos PIANO
Minuta moltitudine d' arene •
E da quelle in filar limpide vene
{àtropo ingelosì^ doto delufe^
c quefti rlufcendo molto più commodi cagionorno il difufo di quelli .
8 Qpantunque però ingegnofe tutte quelle maniere di milurare il Tempo, nè
cìalcuna a parte , nc tutte inlìeme potevano di giorno, e di notte egualmente ler-
vire, c nel pri vato, e nel pubiico,& a vicini, & a lontani. Onde per lodisfarc
a tutte quelle intenzioni , fù inventato 1’ Horologio a Ruota , prima muto , e poi
parlante colla bocca d’ una campana , e meglio di tutti gli altri valevole a dar re>
gola a tutte le azzioni d’ un Popolo. I Poeti Italiani lo chiamano particolarmen-
te a differenza di quello da Sole , che intendono lotto nomedi
come averti 1* erudit iifimo P. Angelico Aprofio, e per elio notòllo Sapri -
ck) Saprici , fpiegando quel verlo del Marini delcrivente la lera nel fuo maggior
Poema, Cant. i ^4.
E cedeva il .^jiadrante a I' Horiuolo,
tolto non hà dubbio , da Luigi Pulci , che nel fuo Romanzo fcrilTe, Cant. 23.2.
Ha'‘eva il Sol coperto il Marin Suolo y
La Luna il lume fuo tutto moBrava ,
Cedevan gli Squadranti a /' Horiuolo.
Miracolo è quelli della Indullna humana , che ne’ Cerchi di tale llrumento lop¬
pe incantare il Tempo, che mai puotc fermarli: e nelle anguftieloro imprigio-
nòchi lempre Iciolto le n’ vola: c diede a vedere condannato alla Ruota chi ,
come reo di morte , fu fempre fuggiafeo , Invenzione , come fembra , dedotta
da Vitruvio, là dove iiilegna fabricar Carrozze, che mollrino quante migliali
facciano d’hora in hora: ma refa tanto più vaga, quanto più utile , come quella,
chemilurandocon ogni aggiullatczzailTempo, regolatutte le facende civili,
c fervenon menoachi èaùente , purché in proporzonata dillanza, che a chiè
prelente j a quedi palelando l’ bore , ò con l’ indice falò , con cui sì maraviglio-
fo llrumento. J^eel che cela nel fen fempre 'nel volto.
òcol fuono inficine di percoffa Campana , le addattata vi lìi , come ne gli Horo-
logi publici ;a quelli col fuono lemplice, con cui fin nelle tenebre più denfe , ed
a ciechi medefimi , a quali fervono, di pupille gli orecchi , falcorgere a minuto
il numero prefiffo delle bore volate. Onde di quelli meglio, che di que/lida So¬
le, potrebbe fclamarnc Caffiodoro. Inviderent talihusy Ji aUra fentìrenty &
meatum fu ttm fortafe defleSlerent ^ne tali ludibrio fub\acerent ,
- 9 Ma nè meno di quella maniera d’ horologi fi sà 1 Inventore, che pure è me¬
ritevole d’alta lode. Efe bene il Cavalicr Teodoro ne attnbuifce rinvenz.onc
ad Anafimandro , di cui s’è poc’anzi fatto menzione; c di lui , e dell’ horologio
da ruota , e da fuono così cantando , ove dell * Ingegno humano dice .
Et die fonare voci .
A Brepitofo ordigno y ei /«, che nfufe
j; Anima al bronco y e chiufe
Dentro a ferrea prigion I' bore veloci.
Incognite non fono
Del grande Anafmandro boggi le glorie,
Narran I' Attiche Hifiorie
Com' e’ die prima a I' Horologio il fuono.
Egli in girevol trono
H età. ripofty e di più rote al fine
Or nelle H carro, e circondoile il crine.
Con
1 - ■
^ 3
LIBRO TERZO. CJP. 2t)$
; €m auiuer.t ineguali ■'
Z’ orme del T empó a computar fi mifei
Et a Peho commife ^
■che col fuo ardor gl' incener ìfce V ali.
Con periodi incomprefi . ■ ■
Htjlinfe il giorno in. lunga ferie d' horel
•Coit regolato errore •
Fé de gii ABri la su gli Orbi pàlefi%
Da lui .furono apprefi
Del Cielo i moti, onde al f^u/trdo avanti
Sembrò V' Eternità farfi Un ’ ijlante ,
ìdachina impaciente ■
L' Artifi’ìgo fembrì y che * l Tempo additai
Sfera, che fpejfo invita '
Febo a precipitar ne I' Occidente t
Di lubrica Fortuna
Voluhil carro, e ••vacillante fogliai
Infermo Campidoglio
Ove r Et dte i fuoi trionfi adunat
Tomba del Giorno , e ^una.
Ove I' bòre con metodo fonoro
kAI fùnerat del DÌ formano un Choro .
Quefta afferzione paria per'ieinplice Icorladi Penna Poetica, non per dettato
litortco. Perche chi fi In «rentoré -dei! ‘Horologio Anafimandro , inrende di
quello da Sole , com’ efprefle il fopracitato Domenico Gisberti , Poeta Cefareo,
nel primo Volume delle fueMufe. Qnantunqae a quelli reclama Plinio, che,
come s’ è notato , accribuilce quell* hooore al di JUi difcepolo Analìmcne : & ad
amendue dà sù la voce Erodoto , che affai più antico di Plinio , lo riferifce a’ Ba-
bilonii,comeda principio lì difle, Efe quella invenzione è antica, quella è mo¬
derna, come nata dopo quelle de gli altri horologida Sole, da acqua , e da pol¬
vere,
10 Ma fc non lì sì l’ Inventore dell’ Horologio a ruota, & a fuono, non
s* ignora almeno chi riduffe quella invenzione a perfezzionc inluperabiltichefù
quel famolo Giannello Torriano Cremonefe i TArchimede del leccio tralcorlo;
il quale in un’horologio, di mille, c cinquecento, ch’egli donò a Carlo V. feppe
elprimcre nonlololamifura ordinaria dell’ hore, ma anco i moti rcgojatilfimi
de’ fette Pianeti, e de* loro Cieli,e dell’ ottava Sfera, con quello inlìeme, che di
Trepidazione fi chiama . Onde meritò , che quel Monarca lo dichiarade Princi -
pe de iViateinatici, come quegli, che a! pari d’ Arch mede, ma in materia più loda.
Omnes efi erbes , varios coeltque meatus
Defìgnare rotis, & parvum condere Mundum,
1 1 Di quelli , dirò più tulio Hurolog , thè Honuoii , già che fono vocali, ne
trattano divertì . Di quelli da Soie ne fenffero in particolare Criftoforo Clauio,
Giovanni Padovano , Giovanni Stofflenno , Giulio Fuhgatto, Muzio Oddi,
Oronz o Fineo, Acanafio Chirchdo, de altri; tra quali non fono da tacerli, come
che ne habbiano in proiitoper le Stampe de’ Trattari, molto delìderati, Alellan-
dro Gap: a Cremonefe , a cui deve l’ Architettura molte belle invenzioni , come
nelle di lui Opere fi v/de : & il P. Slfmondo Corio Milanefe,Bernabita, Inven¬
tore de’ milleriofi Horiuoli a Sole nel Trono di Salomone, e nella Tavola del
Croci-
VtAa,Ae.n
prò Cremori,
adv Papten
in controv.
Prtne. p.^3.
ung Baroli,
in GentthU
Crei»,
i04 . . M,yS£ùl XX,SPlANO
Croci^flfo,fpieoati dal Dottore Franccfco Maria Bordocchi Bologncfc ìn un gran
foglio volante^, e Iodati dal F. S. G. pure Bcrnabita in quello bcllilTimo Elogio .
® avidum Vita defideriUm tjl '
Cu\us horas * Ut ptotrahat noftra Gmtnonu*^
Ilio metitur. Filio t
V pei' fecit fttula Pater !
Flatus in Cathedram Crucis Magifier Chrifius,
Tantjuam ìn Solio Salomon
Leciionem habét de Tempore ^
-, > Sane ■ '
CU1H iota illius natur» fit tali i
Explicari aliter mtiiòsy
-T Iquam ab ekpif ante' non poterat
Novo titule Tempus pretiofum eUy-
de iifdem mineralibus exit ,
etnde Redemptor Sanguis Orbi redimendo profluxit *
Liberalis in ceteris chriftus \\ ' .
Solius temporis avarus eff » . v
^juod habuii pr agnitam à Patre . \ " '
illud ergo ne prodigant Homines
Heratim ipfe diftribuit\
^ui venit in plenitudine temporis y t
. r' beter Horologia medius fljl* tulit y J -
circumejuatjue Horis pleni fima .
Facundus Orator ut tft ,
Temporis fugam
Quadrimembri periodo deferibity
eamque notam omnibus volens
fAdronomico , babilonico , Italico > AnttqUo »
omni demum idiomate y ac fy lo proloquitur .
Fidem nega , fi potes .
epaodeunque Horologia dicunt , confirmat chrifiuSy
eorumque Heras e Crure definit y
tanqaam ex Cathedra Feritatis •
Quin & fi velis authenticcutty
Agit ipfe Tabellionem y
T>um fua manu , fuoqut clavo fubfignat j
Ipfis vel uf que pedibus
p lanei artas horas infinuat ,
Ad eos te yfpeclator y contritum expellat i
quoniam tu lentus es ,
iHc y «t horas attemperet moris tuisy
JÌ penitas franare non poteff y
faltem fic \uhet progredi pedetentim;
at vd idam fiduciam time , fi f apis i
in tanta horarum ferie
Dificernit chriTlus finamy
qua tr an/eat ad Patrem de Mundo ;
fkbticet tuam
qua, mori ens tranfibis ad tudicem*
12 Ne
£ / B R 0 iT B R Z o: tAV. Ih ^1^3
{((Tli pìùcbt a’tioflrilibri^elVendoeglinondivifoin pagine 1 cóme quelli, ma
|tuwo d’ ua pezzo > e di cond.^io.neda conlervarfi non dirtelo , ma raccolto , & a
gmla di falcia ravvolto in le medefimo , come vero Volume . E tali appunto era¬
rio iVólbmidé 'gli Antichi ,comemortràno moke Statue antiche, non fo!o pro¬
fane, come quella di M. Mezzio Epafrodito, Grammatico Greco, & airre figli»
race da Fu! vio Orfini nel Libro int telato Imagines^ é" Elogia Virorum illufiriumt,
& eruditorum ex antiquis Upidihus, & numifmatibus expreffa^cum Annotationibus,
che tù Itampato Roma y formis Antonii Lafrerii 1 ’^yo.in fol. ma facce ancora , e
particolarmente in molte di quelle di Chrilto medefimo, come nelle {colpite
anticamente in alcuni Monumenti Sepolcrali , trovati , non è gran tempo, nella
Bafilica Vaticana, e figurati, e deferirti nella Roma Sotterranea del Padre Paolo
Aringhi , Tom. I. Lib. II. cap. X. & feqq. p. 2^3. 295. 297. 299. 301. 307. 317,
32i.e42j;.
ao UVE FOGLI di CARTA ETIOPICA, grandi come la noftra Carta
Reale, fitti di maceria al tatto così morbida, che par feta, fe più torto non è di
qualche Pianta lanifera. In uno d’ellì vi fono fcrittc fette linee di Caratteri
Etiopici , le quali cominciano nel fondo della carta a finirtra , e fagliono al con¬
trario di quelle de* Cinefi .
2t VOLVMETTO di CARTA TVRCHESCA fini.lìtna , e morbida.,^
come 1 a noftra di Fabriano , lungo lei braccia , e largo , ò diciamo alto non più
;ditrè dita, il quale fi tiene raccolto come una falcia. £' fcritto in lingua Arabi,
ca; eie lettere fono parte roflc, parte nere, con miniature gentili di varii colo¬
ri, & i margini tutti fregiati d’oro. Contiene diverfe orazioni de’ Turchi con¬
tro le ftregherie, Scaltre cofenocive. Hanno in cortume i Turchi di portarlo
addodo per divozione in una canna d’argento legata al braccio, e lo chiamano
Safoan, ' .
22 Altro VOLVMETTO, ò BREVE Turchefeo, di carta fimlle alla Per-
^gamena , lungo quattro braccia, e largo come ii precedente, e contenente le me-
deiime orazioni in lingua Araba , non eflendo permeflo a’ Turchi d’haver ora¬
zioni ,c devozioni fcrittc in altra lingua , che in quella : la quileappredo loro è
venerabile , come appreflo di noi la Latina . Serbali , come l’ antecedente, attor¬
cigliato, e ravvolto in fe medefimo nella guifa, che lo portano addoffoi Turchi,
23 DIPLOMA firmato dal Sultan Mccmet.
24 Altro DIPLOMA firmato dal Sultan Ibraim.
25 PATENTE per un Capitano, firtnaiadaun gran Vifir, chiamata F/tri,
26 LETTERA fcrittadaun'AgàadunCommandancc d’una Fortezza in
raccomandazione d’ un Soldato . 1 Turchi la chiamano Bara.
27 SCRITTVRA Turchefea di ricognizione di Pezze 49.in pièdellaqualc
v’èil legno, ò cifra de) Nocajo, & a tergo il Sigillo del Cadì, cioè Giudice di
qurl luogo. Eched .
28 HICEVVTA di pezze éoo.fcritta in linguaggio Turco. II legno, che
v’ è nel principio, da gl’intendenti dicefi edere dei gran Muftì, e di fua propria
mano . 11 legno che V è nel piede è il nome di chi ci fù per teftimonio . Da Tur¬
chi vicn detta Ardeckai ,
jg SALDO, ò quietanza generale d’ogni conto paffato tra due Turchi, in
lingua parimente Turca, & appeliafì!r4f/’rer.
30 VOLVMETTO Italiano, di carta pecora, lungo braccia due , largo
quali trèdeta, in uno de’fuoi lati da un capo all’ altro con particolar diligenza
mimato di varii Geroglifici , e figure, e caratteri vulgati formati con genti! ilfimi
fcUerzid’Arabefchi: i quali danno a leggere quefte parole Italiane d’antica
R dialetto
ìpA M V S.E 0 C O S PIANO
dialetto , in rima , che lo palefano fatto per una Lettera Amorofa , come fù chia¬
mato nell’Indice delle Cole del Mufeo: Lo attiore cum arco tcifo il
Core me a ferito > demando ajuto,non trovo chi me lo dia*fe
non ti dolce fperanza mia.
.<• i Strumemt Matemat/ctf AUrommict^ Geometrici^
'■ r. j
t>e Anim-
ì. i6.
Gdl. de ufu
pdrt. l.
Ovfd.l i.
Mtt. V, 84»
£pieed. £•
fùit. 40. 57.
0d,ì9>t‘i.^
'■ 7 ri
Il <7 p nell’ Huorao > che » per la perfczziòne dell* Anima fua difcorlìva , & im*
^ per fimiglianza, ch’ella tiene con Dio » folo tra tutti gli Ani»
raeràca il titolo di divinoi l’ haver dalla Natura fortito fingolarità di figura
diritta, e vergente alla parte celefte deir Vai verfo, come che procerum afti»
mal , dille Caffiodoro, ^ in effigiem pulcherrima fpeculaiionis erelfum , fervo
d’indicioch’egliècreatoper loCieiO, come giudicò il grande AaaiTagora,c
con elio non picciol numero d’altri Saggi,! quali in ciò videro meglio dell’ Efeu-
Upio di Pergamo: e l’accennò il Poeta Sulmonefe, dell’ Eterno Fabbro can¬
tando . Pronaque cum fpeSlenì animalia cetera terram ,
Os homini ftiblime dedit ceelumque "videre
luffifti &. ereBos ad fiderà tollere vultus ^ i)-.
Onde il Melico Bactifla> ad Èva piangente nella morte d’Adamo, pofe sù la
lingua quelle parole.
Verfo la bafia terra in gtu rivolto
Il Popolo ferino il ceffo impetra :
Pretto verfo /’ Etra era il tuo volto
Perche fempr e s' ergeffe inverfo I' Etra,
Et il Cavalier Gio. Battuta Teodoro , uno de’ più foavi Cigni del Sebeto , anzi
il Pindaro di Partenope, fopra ciò altamente Filofofando potè farne le riflc Aio»
ni fpicgate in quelli leggiadrilfimi carmi .
pur vide il Mondo infante
Con fomma induBrta^ Onnipotente Mani
Scolpir nel grembo feto Statue viventi ì
Mercando fol fra tante
Senfibili Scolture , il Volto humano
Del del contemplatori , Occhi eminenti i
TeHimonii lucenti
Bel mitro alto Intelletto y hor che pub folo
Su gli homeri d' un guardo y irfene a volo l
Ma preterifea homai
Bel fuo centro i confini y e tanto in alto
Poggi peregrinando tl penfier mio,
che incenerito a' rat
Bel vero Soly precipitofo un /alto
Bi la poficia il conduca al fuol natio»
E vegga al finy che Bio
Bte con metodi egregi y e pellegrini y
\^d un volto mortai , vanti divini»
eh' ejjcr non ponno ignoti y
Mentre del Ciel difvelano la luce y
■^uei di fua venuflà miUici ruggii
■ Ci' In-
LIBRO TERZO. Càf. 111. ijj
GT Intelletti idioti %
cui talor fol l ' Ignoranza è Duce t
La lor guida in fegutr , divengon fuggii
Virtuofi pajfaggi
Fanno in mirar quelle fembianze^ e queflc t
Da la Beltà terrena a la ce le He ,
t Fù ben ragione che l’ Ingegno humano , non trovando tra gli oggetti via¬
bili il più degno d’ edere mirato , & ammirato , di quel Mondo fuperiore (che • ò
di giorno vi padeggi il Sole, teftimonio il più chiaro dell’ infinito fplendorcdi
chi diè r edere al tutto ; ò di notte vi danzino le Stelle , ritratti vivacidìmi di quel
Monarca delia Luce ; fempre è un Teatro di maraviglie , come il più ampio , co¬
sì il più maeftofo, che la magnificenza d’ un Dio habbia aperto in faccia dell*
huomo, per allettarlo a fpaziarvi colla mente, econofeervi, e bramarvi ilfuo
fine beato ) rapito dalla (ovrana bellezza di quello, s’ergede a contemplarlo con
attenzione sì fida, che potedecontarvi più miracoli, che individui . Per la più
accertata cognizione de’ quali fù poi necedario, eh' ei s'inventade que' varii
ftruracnti , co’ quali , quali dando una fcalata al Cielo , ei giunfe a comprendere
le Imi/urate ampiezze , e diftanze , e le particolarità de’ moti bizzarri di que* va-
fìidìmi corpi: & a conofeere evidentemente, che dì loro ninno ve nebà, che
per pluralità di perfezzioni , chiaramente atteftanti la divinità dell- Artefice, non
cagioni multiplicità di dupori : ò fia confiderato folitariamente, come fterJ
minato nella grandezza, e fiali pure una ftella anco minima; come incorrotto
nella fodanza icome limpido nella chiarezza; come Variò , ma fempre regolato
ne’ moti : ò unitamente , come nella bizzaria della propria natura , differente, c
pur fempre proporzi onato a tutti gli altri ; come cofpirante alla foa vità dell’ ar¬
monia, che dalla Mufica regolatezza di tutte quelle machiheimmenfe, e conti¬
nenti, e contenute, rilulta; e come pronto con effe al pròdel Mondo inferiore,
quantunque egli non fiacheunpuntoal loro paragone. Quindi confeffa com.
Manilio, che . 4 ■
Haudquaquam in- tanta magis efl mirabile moli,
^uàm ratio, & certìs- quid legibus omnia f arent:
Nufquam turba noceti nihil bis in gartibus errat,
3 Così gode di quella perfetti (fi ma Mufica , che ode con gli occhi , e diftin-
guc colpenfierojche giunge anco ove gli occhi nonponno, e colà sù meglio
che altrove fi diporta ; onde potè dirne quel Poeta .
De gli ABri,. allhor , che tace,
Sà con gli occhi afe oliar I' alta armonia,
E per r Eterea via
Stampar con pie di gloria orme di pace,
E con quell’ ali foPevato di gran lunga (opra gli Elementi, fupplifce al difetto
dell’ udito, che non giunge a dilcerncre il fonoro di que’ foavilsimi numeri; ò fia
per la loverchia lontananza ; come vollero Pitagora , e Piatone , infegnando che
lefpezie di quel delicatiffvmo fuono al coccodè gli Elementi fvamfeono; ò per¬
che egli è Itordiro dallo ftrepio della Terra, come giudicò quel Poeta, che dille.
Muto non e, come altri crede, il Cielo i
sordi fìam noi, a cui gli orecchi ferra
Lo firepito infoiente de la Terra,
Fra le cui di{Jvnanze invan s' afpira
r armonia de "la- celefle Lira ,
che fi tocca per man del Dio di' Deio,
R a ; òforlì
Plut. t. de
Mttftc.
Macrob.l,^
de Som».
Scip. c, Z*
Teedor.Odi
12.4*
196 ,iM=JfSE^ COSPIRINO
òforfi»comcpcnfaFilone citato in qucito propoitio anco dai Bartoli, perche
Idrt.inop. t>io,n(erbandoci amigìiortempoilguftodiMulìcasìfoave.cihàcou provi-
mo *di'jca°* particolare ftcmprari per elfa gli orecchi , acciòche quell’ anuoiua non ci
« » e- rapide in un’ertafi continua, che ci rendede dimenticati di tutu gii affari della vita,
e di noi medefimi . Quelli iono i di lui fencimenci ^Calum perpetuo concentu fuo-
rum motuum reddit harmoniam fuavifsimamy qua fi pojfiet ad nodras aures pervenir
re fin nohisexcitarat infimos fiuos amores , & defideria , quibus JUmulati , rerum ad
viciumnecefiariarumablivificeremur yHonpafiicibo ypotuque yjed veiut- immorsa*
litate candidati ,
4 Mà giunta a quefte cognizioni, che non fantafticò Ia mente dell’ huomo?
Come ie lude poco il bear gli occhi ertemi , ed interni colla veduta , e coulìdera-
rione d’ Oggetti sì alti, che dovrebbono ravvifarfi per quella, che il nortro Ce-
iaxe Poru chiamò
Scala y per cui fi fiaglia al Fabro eterno,
* pensò a confolarne anco la mano, col loggcttarlc, compendiata in piccioIoGIo-
* bo, r immenlìtà di quelle sfere fovrane . Il che tanto felicemente riulci ad Archi-
L.iMNat. mede in quel fuofamofiilìmo Ciclo di vetro, che, come avvertì Cicerone, fù
Deor. giudicata più indurtriolal’ Arte fua nel rapprefentare i moti delle sfere, che In
Bau. Epic. Maruramedcfimaneirirtituirli: onde Claudiano hebbe a cantarne, i
iupptter tn parvo cum cerneret albera vitro
Rifity ad fiuperos talia diFla dedit;
Huccine mortalis progrejfia potentia cura?
lam meus in fragili luditur orbe labor,
Jura Poli, rerumque fidem, legefique Deorum
Ecce Syracufius tranHulit arte fienex ,
. ». Inclufius variis famulatur fipiritus ajiris.
Et vivum certis motibus urget opus,
Percurnt proprium mentitus fignifier annum ,
Et fimulata novo Cynthia menfie redit,
^ ^ Jamque fiuum volvens audax indujlria Mundam
" G audet y (jr humana fiderà mente regit,
^yiid falfio infiontem tonitru Salmonea mirer ?
JEmula Natura parva reperta manus,
de’ quali verfi ne porta bella Parafrafi il Cavalier Marini nella fua Galeria .
5 Non però folamenre ad Archimede fi devono limili encoraii, perche furo¬
no meritati anco da Pofidonio , il quale fim lmente .
Theodor. — — I' Etera accolfie
Ptef. Od.i4 In ptcciol Orbe , e volfie
^Jiafi a r Immenfità far violen^,
E di quefta fua Sfera là gloriola menzione Cicerone , che infieme chiama fuo
famigliare il di lei Autore , Icrivendone : ^bd fi in Scythiam, am in Britan-
Lz.de Nat. niam ySphar am aliquis tulerit , hanc , quam nuper familiaris nofier effecit Pofido •
nius , cuyis (inptla converfones idem exciunt in Sole, & in Luna , (jr in quinquefiel-
I lis errantibus , quod efficitur in caelo fingulis diebus , & noHibus ; quis in illa bar^
barie dubitet quineaSpharafit profeliaratione ? A'vZ mirabilmente s’addattano
quelli Elogii a meriti di GianneJio Torriani , nortro Crcmonc/c : la divinità del
Fida, Ac. Il cui ingegno, tuttoché fenza ornamento di lettere , g unle non clic ad emulare, a
^ad^Pa^ieù ì’^ltro di quc’ Vaicnthuomini , eiprimendo in una Sfera, che
$n controv. egli fabricò per la Maeflà di Carlo V. non lolo i moti de’ lette Pianeti , e loro
Pnnctp,p.<ii Sfere , come Pofidonio ;5c idue ordinarii del primo, e lecondo mobile, erme
credi, fi
L l K 0 T E \ Z 0. CAP. Ili 197
credefi facete Aichiraede : ma di vantaggio quello ancora, che da gli Aftrono^
mi , di Trepida ziones’ appella : oflervato prima d^Thehiih \rabo,che fiorì cir¬
ca gli anni del Signore CCLXX. la qual’ Opera, come quella d’ Archimede da
Claudiano, così fh celebrata da Annibale Crueejo, gentililfimoPoeu.Milancfe,
HaSfems immenfi Jolus Regnator Olympi , -
regeret certis legibus altra , fuit ,
At nunc Unelli miro ingenioque , manuquet
<^u£ regat ipfe fu a fiderà Cafar habet ,
igitur tandem dignum ftatuemus honore
Te. lanelle, Deum qui facis ex homine i
£ d* eSTa con più ragione, che di quella d’ Archimede poteva conchiudere il Ca*
valier Teodoro .
che pojfa ardir terreno y
Per efigger qui giu divini vanti y
Spiar gli Orbi Hellantit
Sormontando col guardo il del fereno ,
É gloria accidentale
D ’ Alma fpecolativa , al cui talento
Studiofo ardimento
Con moral maelirìa fabrica, f ale i
Mày che con pregio eguale
chiuda in un piccìol Globo il Cielo intero ,"
^efio a pena il capifee human penfiero ,
6 Mù fe là Matematica in cosi brevi giri puote nltringere la vafiità del Mon¬
dò Celefte, nó9 meno ingegnofa l’ Aftronomia Teppe racchiuderlo in un fo¬
glio : come altresì con non dilfimilc induftria la Colmografia prefe a rapprc-
fentare accorciata nella fuperfìzie d’un Globo portatile tutta l’ eftenfione del
Mondo Terracqueo. Di che non mancano elempi nel Mufeo, dove ponno
vederli
7 GLOBO CELESTE, di mediocre grandezza, rapprefentànte tutte le fi¬
gure Aftronomiche» coaofciute nel fine del lecolo palTato, col numero, e lìti
delle ftelle , che le compongono . Egli è gentilmente miniato . Fù polleduto da
Girolamo Boncompagni , Nipote di Gregorio Decimoterzo ; il quale ,ftudiofo
delle cole cclefti , non di rado .
Del del poi la natura
Inveli igando y al fuo talento ofiria
D’ Agronomica Idea Globi rotanti,
và per tanto del di Im Hamc fegnalata, leggendovifi tìluHrifs, Domìni Hierony¬
mi de Boncompagnis .
8 GLOòO rEKRESTRE, l’un compagno, fimilrnente miniato, in cui
Z’ Arte a cento Provincie t a cento Regni
Poco fpalgo comparte y
Confinando tn un foglio ii Mondo intero.
Porta ITlcr/ZZ Ad Serenifsimum EmanuelemPhiliberiumSabaudienfiunìy cf*
Subalpinorum Ducem . Ds Ha quale Opera ,prr l’utilira dell’ufo, può ben dirfe-
n'c con A eflandro Magno, appredo reruditillìmo Ghibbefio nel faggio della
Tragedia di quel nome, inferirò nei libro de’fuoi Epodi Ode XX.
. ■. — Il Orhis angufii plagas
Peragrare vel fic fiSlili in sp^ra )uvat .
clfendo veramente cola molto giillofa il peregrinare lenza fatica per tutto il
R 3 Mondo
Tted. Od.
10.13.
Alepi Guidi
04. f.l, "
I»B y M f'S Jf 0 C 0 S P / ^ N 0
Lft>yi t e Carte
ri^é>^c.Solèf * ^oJìtA^' CQ^tip^Q il filo pronti
i)e Ìa Terra, hahilata in ogni farte
Dove Jìan Mariy e fiumi., e Valli, e Monti,
TAVOLA GEOGdAHCJA Ciocie > ^oii la Topografia della Città, e
Territorio di Gerulalemroe, ^ luoghi circonvicini, ftatnpata nella Cina con
caratteri di quella lingua, ^ premella al Libro Cint le (opr^delcritto ,
10 Due Tavole di LÒSMOGRAFlA MARITIMA , di qualche antichità,
lequali, perche pji^> che alt^p, Icrvonu alla Nautica, nàgliltrumenndi
queir Arte fi defcriverannq più elattampnte .
I f p,e gli firumeqti poi , che per le mifure delF uno, e dell* altro Mondo , Su*
pcriore , & Inferiore, ponno fcrvire, lomminillrati parte dall* Vranornetria»
parte dalia Geometria , vi fi feorgono i (ullegueiiti >
1 ì GLOBO, che moftra il moto del Sole ppr tutti i Segni dei Zodiaco, e la ra¬
gione dell’ aumento, e decremento de’ giorni, Egli è d’ un palmo di diametro.
11 ASTROLABIO di qualche antichità. Di qucftp jtrumento, fecondo
Giovanni Stradano, che Rampò in rame XX. Figure d’invenzioni moderne fù
, , Inventore Americo Vt fpucci, notap(lone quegli ,
Lxf/wer/Vw/ Veffucctus cum quatuor
|».455 *4f6. Stellis Cruce^ filen^ teferit .
QueRo però del Mufeo mi pare pià antico del Vcipucci, E quando anche non
fulleimidòacredereco!Laciccllott}>chclp Stradano non dica vero, leggen¬
doli de dono Ajlrolabii^dP\on\un^ un Rag o iauicnjo Latino di Cinefio Vclcovo
di Cirene, nel Tomo 111. del a Libreria de’ Santi Padri, icritto poco rneno d* un¬
dici lecoli fà : & in oltre v‘è un* opera di Grego^:io Niccforo , che viRe intornò
al MCCLXXIV. intitolata
14 QVADRANTE TRIGPNOMETRICO, antichifiìrno, di legno, con
due circoli altìmetri , e le fue Regole d’ Ottone .
15 oyADRANTE PLANIMETRICO Horizontale, fìmilmentedi legno,
e d’eguale antichità, con il Circolo aitir^tro, e le Regole, e fuoi guernimenti
d’ottone,
16 QVADRAMTE altìmetro» pure di legno.
17 Due oyADRANTl ALTIMETRI do.tonei l’uno maggiore, l’altro
minore .
18 CIRCOLO planimetrico Horizontale, d’ ottone.
19 Due ANNELLI ASTRQISOMÌC1 del Driandro, fabricati dello Ref-
fo metallo, ma di Rruttura differenti. Deli’ ufo de* quali i’Au.ore nclcriRo
Un’intiero Volume, che può vederfi.
20 Quattro SQV ADRE diverfe, pur d‘ottone.
21 Due CII^COLI ALTIMETRI, d.fimile materia, d/fferenrì,
22 LINEA, ò RIGA PANTOmETRA, lunga piùd’un braccio.
23 LIBELLA, ò liaARCHIPÉNZOLO.
24 COMPASSO maggiore, del Ga,H.ieo,coul'eRremità quadre,
25 COMPASSO minore, dello Redo, con le punte adunche. L’uno, el*aL
tro, degniitimodel luo inventore , & altretr^nto aggiuRato ^lle mifure de’*, ieli*
non però dell’Empireo, di cui intdc Monlignor Toldo CoRantmi , quando
cantò nelfuo Giudizio Eitremo .
Veramente le Sefie , onde tnjfura
Df/ Cielo i corjì il nuftro corto ingegno ,
Errano fpejfo , che non tien Natura
Strumento a comfa^ar V eterno ‘Regno, Sd COM*
LIBRO T B T^Z 0. £ ÀP. ìli
i6 COMPASSO LARGO» nella cm congiunzione, è «ntro vi è una Bof-
j /eletra da Calsmita, con la Ruota de’ Venti : ( onde può fcrvirc anco alla
[ Nautica) enclCifcoloefpreffiviinomide’Mffi: con iannifura d’ un palmo Ro-
fljano , e iue parti , da un lato , e dall’ altro quella d* un mezo braccio Fiorentino .
E' manifattura di chi v’ intagliò nel centro , dalla parte oppofta al Circolo fudet-
10 L4Vir>entÌHf Valfari^ Flùrentinm MDXLIX,
27 CIRCOLO d’ottoneperconofcerei Venti: onde può fervirc anche di
llrumento Nautico.
28 EFEMERIOE SOLARE, d’ottone. Hà dall’ altro canto figurato un..
Circolo pure de’ Venti .
29 COLTELLO, che aprendoli in due parti forma un bellilfimo Compaio,
nel cui fondo v ’ è intagliata l’ Arma de’ Medici , per farlo fervirc anco di Sigillo .
30 Divertì altri pezzi di Strumenti Matematicii i quali cutti,con li (opra men»
tovati ( trattine j due primi Globi ) & altre cole del Muleo , fono ufciti dalla Cafa
de’ Medici, del Ramo di Leone XI. di cui fù Pronipote CoRanza de’ Medici,
Madre del Signor Marchefe Colpi . Oltre quefti V* hà pure una
31 SQVADRA ZOPPA, Così chiamano iProfelTori uno Strumento plani-’
metrico horizontale, d’ ottone , di Hgura quadrato, di diametro bipalmare, che
j. ferve per inifurare le altezze, eie piante de gli cdifizii. Fù donato al Sig, Mar-
ì chele Ferdinando nel fuo ultimo Confalonierato del 1 573. dal Sig. Camillo Sa-
; cenci , publico Geometra, & Ingegnerò di quello Illuftrifltmo Senato.
I 32 Tré GLOBI d’ottone, tutti traforati, due maggiori (de’ quali uno è la*
I vorato alla Zimina, e 1* altro fchietco)& il terzo minore: contenenti ciafchc-
( duno una Lucerna da olio in tanti Cìrcoli» equilibrata in maniera,che<^uefte sfe¬
re panno girarli per ogni verfo , efqpra quallivoglia piano , fenza che li fpanda
l’ olio, Qs’eftingua il lume raccbjufovl. Diquefìele nefàpur menzione tra le
Lucerne antiche , al num. 2 2.
33 Otto GLOBI di CriRallo, dorati, di più d’ un palmo di diametro, foRe-
puci dal oro iPiedeRalli , nobili , quantunque di legno, per T artifizio, eh’ è fingo*
lare , e per i’ oro , che in tu|ta la luperfizie loro rilplende > non altrimcnte , che in
quella de’Giobi medefim>> Sono difpoRi in modo, che recano particolare orna¬
mento , anzi acccelcano fuRo alla fuperbia del Corniciocto, che ferve di maeRo-
fa corona a gli Scaffali del Mufeo : nella cui fafeia li legge a gran caratteri d^oro
efprcffa queRaIfcriz?ione.
ERVDITA HAEC ARTIS , ET NAT VRM MAC HìN AMENT A AD EXCU
I T AND AM ANTL^ITATIS MEMO RIA M\ FERDINANDVS E^ES^
BATLIFVS ARETII^ MARCHE) CETRIOLI, SENATORIE DE COS-
PIS, SFPERAND^ DICAflT IMMPRT ALIT 4X1 A D, MDCLVIII.
ET HAEC MISCELLANEA PEREGRINA SFPER ADDITA MDCLXII.
. 34 globo, ò PALLA di miRura di varie cole fufe.
■j 35 Alia Matematica appartengono anco gli HORl VOLI, de* quali per cf-
i iervene copia nel Mufeo , le ne favella feparatamente nel Capo legueiue .
i ■ ■ ■ ^ -
; De gli Horiueli, Cap, IV.
i .
; t He naturalmente fi polla lendere vifihilecftfa^chc per natura fia invifibi-
Vs.^ le-, pare che tralcenda ilimiri del credibile. Epureegii ètucc’altto-che
I paradotìo . L’ Ingegno humano , che sa farli Rrada per tutto, hà faputo trovarne
11 modo: e l’ Arce da lui inventata ne pratica in varieguife gliefempi ne gli Hor
siuoU., facendo in effi-conftfiarqueRa vecità aflc lingue > quantunque mute-, e
predi.
i
Moi.
il*
i» r*
PLl.ì. f.*r6
PUi.i.c. B.
Od. 26. 15.
L.'ì.Aeìtng.
èat.
too S È 0 C 0 S P I di N 0
jJredicarné h chiarezza ffno all’ ombre i mentre Con l’ indizio di quelle in alcu¬
ni » e di quelle in altri , dà a vedere il Tempo , che per alerò è invifibile, d’ hora in
bora fparito • C toccarne con mano ad una ad una le lue parti notoroizace a minu^
to, anzi a minuti, e feconde» momenti, ed attorni, come ne gli Horologipiù
ditti per leolfervazioni Altronoraiche più moderne: ne’ quali, meglio, che al¬
trove, come direbbe il Cavalier Gio. battilla Teodoro, loavilfimo Cigno di
Partenope*
I/ Tempo A gli occhi ignoto
Dei fuo corfo immortal mifura, il moto .
2 La Città di Babilonia, quantunque porti nel nome la confulìone, fù la Mae*
(Ira , che infegnò a dividere il giorno in bore , mentre i fuoi Cittadini ne prelcrif*
fero la regola col Gnomone da elfi inventato, come nota Erodoto , il Padre della
Greca Iftoria . Il che è fama, che fuccedelle i n un mezo Cilindro cavo, ò lìa Con¬
ca fcmicircolare , diftinta con linee in proporzionata diftanza difegnate : nella-,
quale, col mezo di uno Itilo di ferro oppofto a’ raggi Solari, in modo, che
r ombra cadellefopra i legni notativi, fi dimollrava la quantità delle hore già
fcorle: e ciò, che nel quarto Cielo tien fecreta laluce, ad un mutolo raggio
d’ ombra fi facea dire , con maraviglia del Sole medefimo ,che ftupiva di vederli
prefo in unarete di poche righe .
3 Da’ Babilonii l’appreferoi Greci »i quali tal cognizione appcllorno Gno»
monte A : c la Città di Sparta fù la prima di tutta la Grecia , che la vedelfe pratica¬
ta in un’ Horiuolo da Sole , dclineatovi in publico da Anafimene Milefio , difee-
polodi Analìmandroi il quale perciò da Plinio fù creduto l’Inventore di que¬
lla forte d’ Horiuoli , mentre ne fcrille: VmhrArutn hanc rationem , & quam no»
cant Gnomonicen , invenit Anaximenes Milelìus , Anaximandri , de quo dtxi»
mas, & Thaletis difcip’tlus'. primufque horologium ^ quo d appellant Scivtericon%
Lacedamone\ oftendit . Altri , tra quali Domenico Gisberti Poeta Cefareo , attri-
buifeono r honore di quella invenzione ad Anafimandro medefimo. Ma fe Ana¬
li mandro pur n’ hebbe notizia, il che non vùò negare, ellendo egli flato il primo,
che feri vede delle Cole Celelli : quella , come quella del luo difcepolo , fervi a
render l’uno, e l’altro anzi Propagatore, che Inventore di limili Horiuoli, fo
l’invenzione loro, come prova a ballanza la gravilfima autorità d’ Erodoto Scric-
tor Greco, e di moki fecoli più antico di Plinio, nacque affai prima appreffo i
Babilonii; tra quali, potiam dire col Teodoro, che molto tempo inanzi.
fu chi di Febo al chiaro lume affji'e
D' Aritmetiche idee Marmo fegnato^
Forche de /’ hore il tranjìtorio slato
L' ombra d' un ferro a dichiarar fen' giffe,
4 Tfaffe per tanto sì gentile artifizio la lua denominazione dal Sole . Che pe¬
rò tù appellato nel Lazio, a cui trovali communicata sì bella invenzione
fioo al tempo di Marco Varrone, il quale atte fta d’haver veduto in Paleftrina un’
Horiuolo a Sole difegnato da untale Cornelio» Icrivcndone: ut Pranejìe inci*
fum in solario vidi , qubd Cornelius in Fafilicà JEmilià , ’éf Fulvia inumbravit , So¬
pra il qual luogo Adriano Turnebo gcnti'ilfimo Commentatore così notò.
Inumbrare autem de Solario apte dixit ^ ex umbris horas qn arente ; undee)us umbili»
cus qui Gnomo dtcitnr y r*/*^^** » tanquamindagator ùmbraVOcatur . Inumbra»
Vìt igitur , ex deferiptione umbra computavit : quod horologium WìUMnftadi ,
dicitur^ Pafsò poi sì ciirìofa mifuradcl Tempo a Roma , introdottavi da L. Pa¬
pirio Curlorc , i ! quale da taluni ne fu creduto Inventore , benché folo Propaga¬
tore ne fuffe ; perche , al dire di Fabio Vertale , riferito da Plinio , fece nel Tem¬
pio
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Hi
to
Ir
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gl
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Itili;
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h 5*f* 3»
L I % K o t m >R z 0. c^p. ly. loi
pio di Quirino deiineare un’ HorÌ4K)lo« Sole in'{odisfacinientó‘del voto , che nc
havea fatto (uo Padre. Il che fù l’annodi Roma CDL. e CCCXIV. avanti la
nafcita del Redentore del Mondo. E trent’ anni dòpo, cioè nella prima Guerra
Cartaginele» M. V^alcrio Mollala Gonfole, al riferir di Varrone pur citato da Pli¬
nio, «e fece primiero metter’ uno in publico (opra una Colonna appreflb i Ro-
fìri, il qualchaveva egli fitto tralportare dalla prefa Città diCatina in Sicilia.
Ma perche olTervòlTi, che faceva fvarii notabili, nec congruebant adi}orase\us linea
come notò Plinio , ne fù pofcia da Q;_Marzio Filippo Cenfore , novantano v* an*
ni dopo , fatto collocare un’ altro piùcfatto vicino a quello . Il chelù giudicato
per uno de'più grati doni, che mai rice verte quel Popolo .
5 Si molti piicorno pofcia quelli HorOlogi in guifa , che in tutte le Città quali
per ogni ftrada fe ne vedeva alcuno: come pare, che inferifca Aquilio ì òlla
Plauto, come dubita Gellio, in certa Comedia, eh’ egli appellò Boeotia, intro¬
ducendo in erta uno ingordillìmo Parafito , il q ua!e, per rabbiola fmania di man¬
giare, deteftando la preferizzione dell’ bore del prarifo, prima indeterminate,
caricò di maledizz-ioni quell Ligegno Tempre lodevole, che fù l’ Inventoredi sì
utile mrtura del Temp i, proferendone i feguenti verlì , ferbatifì alla luce trà
rombreilluftri delle Notti di Gellio. *
Vt illum dii perdant., primus qui horas reperita
^jtique adeb primus fiat uit hìc SoUr.iupit^
mthi comminuit mifero articulatifn ^iem;
Nam me puero venter hic -erat Solarium
Multo ommum ifioruni aptuinum, 0“ 'verifpmum^
Vbi ilie monebat ej]^ xum nihil erat.
Nunc etiam quod efl , non ejhur, nifi Soli lubet , ■ i
Itaque adeo \am opplettifn^ fl oppidum Solariis-,
~ Vt ma]or pars populi aridi ' reptent fame ,
6 Mà perche l’norologio Solare nonpótevalervire jchc per il giorno, ne fù
per l’ufo della notte trovato un’ altro, che mifura va l’ore con l’acqua, c Gléflì-
dràchiamavafì» di cui v’hàchi ne allega , ò fe ne fingein ventore iincertoClef»
fìdro Alertandrino 'jche lelafciòii fuooome: cheamè fembra più rollo dedot-
todàlla proprietà di tale ftrumehto. Era quello un vàfb di vetro con unòangu*
llìllìmò pertugio nel fondo, & una Hncà tiratavi da una parte cori diftmtamentfe
fègnativi dodici bore . Em^i vali d’ acqua , la quale per quel buco apoco a poco
ulcendo , lalciava luogo di fefenderè ad un' pezzo di fòiieroi che dentro vigaleg-
giava , con in fe fitta Una verghettan che colla punta additava i numeri dell’ bore
trafeorfe , Invcnziortè cavata da qùè’tvafidi creta, che ufanfì da Giardinieri per
inaltìire i fìorì,£hiamati anticamente Gieflìdie ,& oggidì NuvoJé di créta .Ser¬
virono in particolare gli horologi daiacqua nelle publrche tmmirtiflraziOni del¬
la Giullizia, mifurandolì conellì il tempo a chi, orando, diffendeva giudizial-
mante qualche Cliente, ò v’ arringava contro; onde neniCqueil proverbiosi!^
clepfydr am dicere . E di queftì vali fcrilTero trà gli antichi Apule/o , e Paolo Si-
lenzi.irio: e trà moderni Pierio Valeriano, e Celio Rodigino..
7 Purtandofi poi dall’ acqua alla polvere, l’ invenzione delle Clclfidre parto¬
rì quella de gli Spolverini, ò lianoh arinoli da polvere ^.ne’quali, come cantò
i’eruditiflimo PadreGiovannìdeBulfiere's Giefuira.
'■ i;»!— — vitro Hat molUs arena.
Et tranfit ,
dell’Inventore d'’ quali , che non fisa , il CavahVr Teodoro.
ih chi ’» due Vetri concavi rinchiufi
Mofeard.
l. 3- Muf.
c. 170.
Cai, ^hod.
P. Afaouc.
yidag f.mirn
hi 378.
Stltnt, An-
thel, l, 4,
In Etfc.ta»
fil • Lvgdnn,
Od, 26. 13,
Sdptit rt-
rktre P.II,
f. 46.^7.
L. !• ipiff.
4S.
Od» 24, 7,
»oa M y s E 0 CoSEIAKO-
"'r; Tv'i'* j ; Minuta moltitudine d* arene •
, ■ E. da quelle in filar limpidi vene
i i Lyftropo ingelosì t Ciato delufe^
e qtiedi riufcendo molto piu commodi cagioaorno il difufo di quelli .
8 Quantunque però ingegnole tutte quelle maniere di m.lurare il Tempo, nè
clalcuua a parte , nè tutte inlìeme potevano di giorno, e di notte egualmente Icr-
virc*enelprivato,enelpubIico,&a vicini.&alontani. Onde per lodisfarc
atutte quelle intenzioni , fu inventato 1* Horolog o a Ruota, prima muto, e poi
parlante colia bocca d’ una campana , e meglio di tutti gli altri valevole a dar re>
gola a tutte le azz oni d’ un Popolo . 1 Poeti Italiani lo chiamano particolarmen¬
te //^r/W/s, a differenza di quello da Sole, che intendono lotto nomedi
drante tcome dvcccì reruditiilìmo P. Angelico Aprolìo,c per elio notòlloSapri-
cio Saprici , Ipiegando quel vedo del Marini delcrivente la lera nel luo maggior
Poema, Cant. 1 J4.
E cedeva il .^u^adrante a I' Hot iuolo»
tolto non hà dubbio , da Luigi Pulci , che nei luo Romanzo IcriHe, Cant. 23. 2.
Haveva il Sol coperto il Matin Suolo ^
La Luna il lume fuo tutto moHrava ,
Cedevan gli Squadranti a 1‘ Hor iuolo .
Miracolo è quelli della Indultru humina , che ne’ Cerchi di tale ftruraento lep-
pe incantare il Tempo , che mai puotc fermarli : e nelle anguftie loro imprigio¬
nò chi lemprefciolto le n’ vola: c diede a vedere condannato alla Ruota chi ,
come reo di morte , fù fempre fuggialco . Invenzione , come fembra , dedotta
da Vitruvio, là dove inlegnafabricarCarrozzc,chemoftrinoquar)tc migliali
facciano d’hora in bora i ma refa tanto più vaga, quanto più utile ,come quella,
che milurando con ogni aggiuftatezza il Tempo, regola tutte le facende civili,
c ferve non meno a chi è aliente, purché in proporzionata diftanza, che a chic
prclcnte; aqueUi palclandol’hore, òconPindicefolo, con cuisìmaraviglio-
follrumento. ^jtel che cela nel fen fempre nel volto.
òcol luono inlìeme di percolfa Campanarie addattatavi lia , come ne gli Horo-
logi publici ; a quelli col fuonofemplice,con cui fin nelle tenebre più denfe , ed
a cicchi medelìmi , a quali fervono, di pupille gli orecchi , fàfcorgerc a minuto
il numero prefillo delle bore volate. Onde di quelli meglio, che di quedida So¬
le» potrebbe fclamarnc Cafliodoro. Inviderent talibus y f aFira fentirent y ét
meatum f li tim fortafe defleilerent yue tali ludibrio fub\acerem ,
9 Ma nè meno di quella maniera d’horologi li sa 1 Inventore, che pure è me¬
ritevole d’alta lode. E le bene il Cavalicr Teodoro ne attnbuilce l’invenz.onc
ad Analimandro , di cui s’ è poc’anzi fatto menzione} e di lui ,c dell’ horologio
da ruota , e da luono così cantando , ove dell ’ Ingegno humano dice •
Ei die fonare voci
jì Flrepitofo ordigno , ei fu , che ’ nfufe
- 'C ' , Anima al bronzo y e chiufe ,
mentre a ferrea prigion I' hor e veloci,
'■ : - Incognite non fono
li Del grande Ànafmandro hoggi le glorie»
Narran /’ Attiche Hiflorie
Com' e’ die prima a /’ Horologio il fuenoi
Egli in girevol trono
L'.etÀ tìpofcy e di pi» rote al fine
Grnblle il carro» e circondblle il trine.
Con
LIBRO T n R 2. 0. CAfi IV. aoj
Cm numeri ineguali
L' orme del Tempù 'a tothfutAr fi mift^
Et à Eebo commife ,
'Che col firn ardòr gl' incenerifcc /’ ali.
Con periodi incontpr^
Difiinfe il giorno in lunga ferie d* herel
Con regolato errore '
E e de gli ABri la sii gii Òrbi palefii
"Da lui furono apprefi
Del Cielo i motiy onde al fio fiu^rdo avante
Sembrò \l* Eternità fdrfi un' ijlante ,
Machina impa/^iind
L' ArtifiTfo feihbyòy che *l Tempo addita]
Sfera , che fptfiò invita
Febo a precipitar ne I' Octidehte :
Di lubrica V orfana ^
Volubil carro , é vacillante figlio \
Infermo Campidoglio
Ove r Etaie i fuoi trionfi aduna t'
T omba del''G iorno < euna y
Ove r bore con metodo fonoro
futieral del Dì formano ìin Choro.
Queftà àflferzìone parta per (empiice lcortà di Peiìnà Poetica , non per dettato
Ittorico. Perche chi fà Inventore d¥ll * Horologio Aoafimandro , inrende di
quello da Sole , coiti’ efpreffe il foptaciràto Doitienico Gisberti , Poeta Cefareo,
nel primo Volume delle lue MuferQuaniunquie a quelli reclama Plinio, che,
comes* è notato, actributlce quell* honore al di lui difcépolo Anafimcne: &ad
amendue dà sù la voce Erodoto , che àflfai più antico di Plinio , lo riferifce a’ Ba-
biionii , come da principio li diflfe . E k quella invenzione è antica, quella è mo¬
derna , come nata dopo quelle dc gli altri horologi da Sole , da acqua , e da pol¬
vere,
10 Ma fc non fi sà l’Inventore dell’ Horologio a ruora> & a fuono, non
5’ ignora almeno chi ridulfe quella invenzione a perfezzionc infuperabiltj che fù
quel famofo Giannello Torriano Gremonefe • rArchimede del leccio tralcorlo:
il quale in un’horoiogio, di mille, e cinquecento,ch’egJi donò a Carlo V. leppe
elprimcre nonfololamifuraordinariàdèirhore, ma anco i moti regojanffimi
de’ fette Pianeti , e de’ loro Cieli, c dell’ ottava Sfera, con quello inlìeme , che di
Trepidazione lì chiama. Onde meritò, che quel Monarcalo dichiarade Princi¬
pe de’ Matematici, come quegli, che al pari d’ Arch mede, ma in materia più foda.
Omnes efl orbes , varios cmliepue meatus
Defignare rotis 3 ó‘ parvum condere Mundum.
1 1 Di quelli , dirò più tollo Horolog! , che Horiuon , già che fono vocali, ne
trattano diverfi . Di quelli da Sole ne fcrilTero in particolare Cnlloforo Clauio,
Giovanni Padovano , Giovanni Stoffierino , Giulio Fuhgatto, Muzio Oddi,
Oronzio Fineo, AtanalìoCh'irchero, & altri; tra quali non fono da tacerli, come
che ne habbiano in pronto per k Stampe de’ Trattari , molto deliderari , A leffan-
dro Capra Cremonefe ,a cui deve l’ Architettura molte belle invenzioni , come
nelle di lui Opere lì vede: & il P.Sifmorfdo Corio Milancfe,Bernabica, Inven¬
tore de’ milleriolì Horiuoli a Sole nel TfonodiSàlomone, e nella Tavola del
Croci-
Fida,Ae.ìI
frg Cremo»,
adv Papttn
in controv.
Prive, p.tj.
.Ang Bare»,
tn Genttht»
Crem.
Ì04 V* My. S M^O Cfi S P I A N 0
Crocifìffojfpiegati dal Dottore Francefco Maria Bordocchi Bologncfe in un gran
foglio volante > e lodati dal F. S. G. pure Bcrnabita in quello bellilTimo Elogio .
pro^ ^uam avidum Vita àtfiderium (Ji ^
Cuyis^ horas , *tf protrahat nojìra Gmmomctu*
ilio metitur ¥ ilio ,
per^^uem fecit fecula Pater !.
Elatus in Cathedram Crucis Magifier Chrifust
Tanquam in Solio Salomon ,
teciionem habet de -Tempore,
, . Sane -
' ' rum iota illìns natura ft labi.
Explicari aliter melius ^
'quam ab expirante non poterat
Piovo titulo Tempus pr et tofum eff^
de iifdem mineralibus exit ,
unde Redemptor Sanguis Orbi redimendo profluxit.
Liberalis in ceteris chriftus
Solius temporis avarus eU
quod habuit pr agnitum à Patre,^ j
Illud ergo ne prodigant Homines v-r
Heratim ipfe diftribuit,
^ui venit in plenitudine temporis l
btter Horologia medius fift i tulit y st
circumquaque Horis pleniffima. ~ - .5 ,,
Eacundus Orator ut eft »
Temporis fugam
Quadrimembri periodo, deferibity
eamque notam omnibus volens
y^fffronomico , babilonico • Italico > Antiquo y
omni demum idiomate , ac fiylo proloquitur ,
Tidem nega , fi potes .
quodeunque Horologia dicunt y confirmat chriflus y
eorumque Horas c Cruce definit y
tanquam ex Cathedra Veritatis .
Quin & fi velis atithenticamy
Agit ipfe Tabellionem y
J>um fua manu , fuoque clavo fubfgnat ;
Ipfis velufque pedibus
planetarias horas infinuat.
Ad eos te, fpeclator y contritum expeHatx
quoniam tu lentus es,
iRe y ut horas attemperet moris tuisy
fi penitus franare non poted ,
f ait em fic \ubet progredi pedetentimx
at vel iffam fiduciam time , fi fapiSi
in tanta horarum ferie
Difcernit chriUus fuam y
qua tranfeat ad Patrem de Mundo i
fubticet tuam
qua moriens tranflbis adhtdicem,
t2 Nè
L l 'S K 0 TERZO. CAP. IP. .105
"li Nèfoloi Matematici, ma gli Oratori talvolta *&i Poeti gareggiorno nel
defcrivererartifìziodi quefta forte d’horologi, anzi di tutte le altre, feoprcn-
done infieme pluralità di mifterii , e fignificati gentiliflìmi . Così particolarmen¬
te fece quel grande Ingegno di Pierfrancefco Minozzi Monfavinefe,che illuftrò
r ombre dell’ horiuolo a Sole, dettandone uno intero Volume di fpiri ofiflimi
Componimenti Poetici Tofcàni, e Latini d’ogniforte, ch’egli intitoìò Horo/o~
gium Solare, ededicòlloa D, Antonio Mufcettola Principe di Spezzano, e leg-
giadriflìmo Poeta . Alla quale Opera alludono i feguenti verfi d’amica Mula .
^uem numeris aquas . & . dum mihi terminat Horas ,
Petre, vides HORAS perpetuare tuas:
. Non femper generum fpecies confpexit eafdem
Fhabus.Jit quamvis id. quod is ante fuit,
E diqueftaforte d’horiuoli (giachefolod/ quella forte, perche fono antichi,
nehà qui pollo il Sig. Marchefe, a cui non ne mancano de’preziofi da rota,
d’oro, e d’argento, che ponnovcderfi nella fua Cala, e Galeria) nel Mufeofe
ne offcruano i fulfeguenti ,
13 HORIVOLO SOLARE, rettilineo, quadrangolare, di legno, che può
irrvirc per tutte le parti del Mondo , fatto , come mollra l’Ifcrizzione, da Minia¬
to Pitti Fiorentino, Monaco Olivetano, del 1553. Dall’altra parte, ferve per
Quadrante dell’ bore nella latitudine di gradi XLIII. e minuti XXX. e v’è di van¬
taggio figurata in un’ angolo la Rota Gradifolare, di mano del fudettp artefice,
che v’aggiunfcncll’angolo oppollo la Bora dell’ AureoNumcro,edcll*Epat.
ta, notando vi nel centro H/SiC ROTA COEPIT 1558. & in tré lati del C^a«
drante quella memorabile Sentenza .
Tempora lahuntUr . tacitifque fenefcimus annis .
Et fugiunt, frano non remor ante . die s ,
Alla quale inerendo Antonio Guzzi gentil Poeta Napolitano, così del Gnomo-
mone fcriffe a Tefli lo, , ...
Thellyle. qua. tineas rerum . difcriminat Horas.
mihi praeipites denotat umbra dies.
Afpice ut Athereos Pkcebo currente per orbes
Isi a futs gradibus mòbile fignat iter,
Senfim declivi labuntur tempora curfu
Vitaque non aliter quam levis umbra fugit ,
l nunc . ér Soles homini promitte ferenos .
Nigra fuos quando dividit umbra dies ,
14. QVADRANTE hoxc àsole. Luna, & Stellis .cog
me v’ è dentro notato , opera di chi l’intitolò, e vi fcriffe . Quadrans generalis
horas indicans à Sole . Luna . & Stellis , Ahfolvebat Hylari anno C hrisH i 5 5,0. E'
d Ebano, con 1 foni menti d’argenro. Vifonoefprcffidue Horologi di dentro,
1’ uno Horizontale, e l’ altro Murale. E, di fuori ve ne hà un’altro, fotto cui fi
legge. 1. .■■■■■ fatorum ejl leges edicere fati ,
Non funt immenjls opibus venalia fata,
edalP altro lato in una gran lattea d’argento intagliati in lingua Francefe fi feor-
gono i nomi di quaranta Città principali , alle quali può fervire , notatavi la di-
verfità nell’ elevazione del Polo ,giufta i liti loro; e tra quelle vi fi legge Bologna,
15 HORIVOLO Horizontale tondod’ottone.che ferv^airelevazione del
Polo Artico f opra 1’ horizonte , di gradi 43.m. 30. in cui fono notare le boreali
ufanza 1 alianacoa linee feguite , & all’ ^flronomica con righe di punti ,,L ope¬
ra è di chi v’ incile quelle lettere. HIEKONTMVS VVLPARIM TLORENTJNVS
^ % ' TACIi-
iL.L,infrin
ctp. ^gno»
mel.
ap. Cani, à
S.Am.Pa.
tav,ta Art.
Ep. cap f.
nu. 188. pagi
Viiht 133.
Mintt.Hor.
S ei. E f ti.
'Id. tf. 90.
Jhìd. Madr.
9-
206 M y s B 0 C 0 S P I A N 0
FACIEBAT A. D. E fe in effo paria il Sole con lingua d' ombra,
chiaramente palefache
Dedecet occiduos fingere luce dies .
16 HOROLOGIO verticale da Oriente, a Ponente, fatto dalmedefi-
ino Girolamo Volpara, ò Volpaja Fiorentino del 1590. alla latitudine di gr. 4^.
min. 30, in cui .
Duf» nobis horas horofeopa fignat amujjls ,
Lyfd ptrfendictiltm 'vita caduca fugit ,
17 CASSETTA di legno, in cui l’arte impreziosì la materia per fe vile,
difegnandovi noue Horivoli a Sole , tutti differenti , perche in altretance manie*
refi verificatfe delta mede lima, quel moral fentimcnto del Minozzi.
chiufo il Veglio annofo
Veggo in ombra ferrataci- e ferro ombrofo ^
che fprigionato fttort
Con I' ombre a noi d'tferr/i horride 1' borei
E mofira a noi con quelle ofeure , e corte ,
che ' l Viver vive in carcere di Morte .
18 Altra CASSETTA di legno , quadrata, ma lunga, e, fc vile per la ma*
teria,fimilmcntepreziofaperrarte, che in cinque de’lati efteriori v’efprefTc
altrctanti horiuoli Solari differenti: e lavoratala in modo, che fi può aprire in
due parti, vene dilegr.ò dentro altretanti di verfi da primi. In uno, che rnoftra
leXlI. horedelgiorno, ’ènotato VT CORPORIS VMBRA FVGIT MORA. E
nella circonferenza d* un’ altro horizotitale, fottopoltovi, fi leggono i nomi, e
fito.equalità de’Venti. La quale moltiplicità d’horologiin un corpo folo pa-
lela qui meglio ,che altrove, la varietà dt'colori Retorici del Tempo oratore,
che in tante maniere ci predica la fugacità della V ita . Di cui perciò faggiamen-
te cantò la moral Mula del M nozzi nel lopracitato fuo libro ,
Tempus y ut Orator y volucres hìc pradicat Horas ,
Linguam Oratoris cttfpis acuta refert ,
si vis Rhetoricos Orantis nojfe colores y
Cerne Vmbram; Vi fa e fi labilis umbra color.
>9 HOROLOGIO SOLARE in un Globo, in cui oltre la mifura delle bore
fi moltra il moto del Sole per tutti i Segni del Zodiaco ,e la ragione del crelcerc,
c calar de’ giorni.
20 SOLARIO CILINDRICO, òfia HORIVOLO SOLARE fattoa co¬
lonna, con linee rode, e nere: quelle, per moftrar l’hore avanti mezzodì ;
quelle, perle pomeridiane. Eie ultime a ragione fon nere.
pfque etenim ad tenebras Vita caduca migrat .
Oltre di che Hos duci ad tenebras funeris umbra notat.
^3’ Nella circonferenza del capitello VI fi legge .
In fua convolvit 'fe Boi vefiigia femper .
Sopra il picdfftallo vi fono cfpreffii Segni del Zodiaco, e nomi loro, c de’ Meli
corrifpondenti . ‘
21 HOROLOGIO VERTICALE, che ferve all* altezza del Polo di gr. 43.
iftln. 30. lo fabricò chi fi fottoferiffe, intagliandovi lANVS FLOR. F, 1582.
Nell’angolo fuperiore vi c la Rota della meza notte per tutto l’anno, la quale
tanto meglio Ila accoppiatacon l’horologio Solare, quanto più s’avvcrachc
«— cadit hìc noFfis viifima quaque dies .
come cantò il Minozzij fe più torto non voleflìmo con lo fteffo notar fottocosì
ihgegnpfa manifattura.
Vntbra
Esigr. 18.
L t B B a T E n Z 0, CJP, 7M ^207
Vmbra hlc folti iter metitur ^ & aJìrtt capefit.
Stellai^ f UT fura confpicienda Rota:
SidereÀque Horas Mortalis difcit ab umbra,
Bifcat ut ornai bora ad fiderà mepte trahi,
ai ZOCCOLO SOLARE. Cosi chiamo uno fti'umenco di legno di figura
irregolare, con qualche fimiglianza di Zoccolo, in cui fònoefprelfi (ette horiuoli
a Sole , cioè uno horizontale nella parte fuper iore : dal lato deftt-o , uno Verti¬
cale Orientale, alla latitudine di gr. 43. min, 30. per ufo della Tofcana, emafli-
me delle Città Metropoli: dal finiRro uno Verticale Occidentale: in faccia, 6
profpetto, uno Verticale Meridionale : e (otto queRo , uno contro TEquatore:
da due lati oppofli , uno contro il Polo j e fotto queRo ve ne hà un’altro Setten¬
trionale. E tutti fervono nella fudetta latitudine; ed in tutti
CufipSyéf Vmbra aquas nobis htc indicat horas, Id.t^ìg,6iì
Vtraque Dadalea gnava Gemella manits ,
Vmbra coloratum declarat funere tempus ;
Cufpis mortiferos pandit acuta dies.
23 HOROLOGIO Solare, horizontale, Arabico, di legno di cui può
dirfi Vit Cathedra htc nojlra Moles horaria Vita.
Mortales Vmbras Vmbra magiBra docet,
24 Ma da gli HonuoJi palliamo a gli Strumenti Ortici , come quelli , che non
meno di queRi appartengono alle Scienze Matematiche, ed a queRe tra T altre
recano lume non ordinario . ^
Ji-epig, tt2
prpo.
He gli Strumenti Ottici, d' tfcdajo, di criFiallo,e di vetrai
■'i- Capì V.
t T 'Ottica , che con la varia , ma feraprcìngegnofadifpofizione, e ribellione
i ^ delle linee si oprar de’ miracoli , rendendo all’ humana veduta, fuo prin¬
cipale Obbictto,lontanoilprefente,eprefenteillnnrajno-, onde potè dirne un
Fotta. optica RiSiura confort , •vifufque perita
Humani, procul abfcedèns , propiufque regreffa,
^tandem fica loci punHo miracula patrat:
come fu fcmpre mirabile nelle invenzioni, così è Rata di non ordinario giova¬
mento a molte Scienze ,& Arti. Ella perciò 3 gran ragione vanta effetti de’fuoi
ritrovamèrici , e particolarmente de gli Specchi , de gli Occhuli , e Cannocchiali
dipiùforti,ed’aItrifuoiRrumenti,perlopiùdivetro, ò dicriRallo., molti de*
piuimportànti progrellì da ella fatti in divcrfi tempi, e maflìme ne’ più moderni.
Conciofiecofache, ne gIi Specch‘,che fono d’ invenzione antica , moflrata dalla
Natura nella trafparenza delle acque (che furonolo Specchio di Narcilo) e de
gli Ogij, e nella cerfezza de’ metalli , e marmi lifei ,e politi , che rendono le ima¬
gini de’ vifibili oggetti , aperfe ella una Libreria , & una Scuola di Filofpfia Mo¬
rale, in cui più che altro s'infegna la tanto neceffaria cognizione di fe medefi-
mo , mentre — — — — lo specchio fuok
Far de gli oppòsìi oggetti ■ . ! . ' '
Viabili i difetti, ■ . ..
Qgindi Seneca, d’eìlf parlando apprelToCelio Rodigino,/»/^ tradit inventa,
ttthomoipfe fé mfeeret , Multi ex. hoc cohfequuntur primo fui notitiam, mox & ton~
ai ium quoddam . Formofus ut <vitet infamiam:: deformis , ut feiat virtutibusjedi-
mendu m quicquid corpori defuerit . Amplius , ut luvenis flore atatis*admoheretur
illud tempus efle difendi , é" fortia 'akdendi » SeneXiUt[ndtcQrA canis deponeret , é*
Sa ■ de
Io, de Buf
Jìer. in Pa*
neg. Lttd.
Jt/r.neg.
GaS.v.z^z,
L.8.leS.4tt.
nq. e, 33.
M S E 0
fce/:04,ti
14.
C 0 sp lA N a
de morte aliquid J:ogiUrett /tdmo'veri Jìbi lineas fentiens . E perche gli Specchi
• ^ ^ allora facevanli di metallo, che fà la prima loro materia, e particolarmente
/.>. d’argento, come avila Plinio, che ne fù Inventore Prafitele, ò, come alcuni
leggono, Palitele, coetaneo di Pompeo Magno: e perciò non tutti havevano
tommodita di provederfene : per gli poveri allegò quel Filofofo là previdenza
della Natura, Maeftra di quella invenzione , col foggiungere in conferma¬
zione di ciò, che prima le ne motiuò: Sed ^ (Ir Natura facultatem ^vet ìnopi efi
imptrtitafe ipfUm videndi , Fons ctfiqtte per lucidus , aut lave faxum imaginetn red»
dit. In conlonanza de’ quali detti la Morat Mula del Cavalicr Teodoro, di cui
fonoi vetlì foprackati, nella bellifiìma Canzone intitolata Lo specchio ^ àofo
i’ baverne lodato gli olì , e detellato gli abulì , ae cantò .
No» per Mccrefcer pompe
A loft ivo femhiante t
Non perche fguardo amante
Miri quel fior ^ cui gel d* età corrompe^
Ma perche a gli occhs /copra
Difetti naturali ,
eli Artefici morali . ,
De lo Specchio inventar fulgida /’ oprax
Mentre chi ben l adopta
Se Hejfo emenda,
3 Così tra CriHiani avvenne a S. Caterina di Cortona; alla quale, ogni quaK
volta miravalì nello Specchio, come nota nella di lei vita il Conte Bombaci , pa¬
reva fentirfi dire: Specchiati in unCrido ., 6 non in un criBallo ^ e vedrai quanto
dif dicono ad uHcapo coronato di fpine membri cast dilicati . E con tal fine vuò cre¬
dere che l’adopralTe S. Rofalia, a cui lo Specchio fù macftro della fua converlio-
he, mentre in vece della propria le fece vedere 1’ imagine del Crocefiffo avve^
rande letteralmente, ciò che millicamente lafciòfctitto nella Dedicatoriadel
iao Spetthio spirituale i\ P. Gio. Paolo Zucco della Congregazione di Somafea^
noftro Concittadino , cioè , che specchio fnìjftmo , e natur alifiitno de IC anima Cfi*
A tana e tl lucsdtffimo Còrpo delnoHro Crifio Croci fi/o ,
S Di più l’Ottica ne gli Specchi diede alla Filofofia naturale varie lezzioni
^t^cap‘i' decifive di mólti dùbbi nalcenti dalle prodigiole imprelliooi deirariajairAftro-,
logia , fece vedere le macchie de’corpi celcfti i alla Medicina , dife^nò il. brutto,
feortar delle faccie nelle convuifioni Sardoniche ; alla Militare Campeftre, fom-
minillrò il modo di partecipare i lecrcti d’ un' Efercito all* altro , in occafione dì
qualchealfedio; alla Militare Navale, luggeri la maniera d’ incendiare i Na vili
Nemici , còme Tece Archimede con gli Specchi concavi ralla Pittura, additò il
modo più facile di copiare di grande in piccolo , e di piccolo in grande qualfi vo¬
glia figura, e lo rirrarii di propria mano a di lei ProfelTori: nc’quali inlicmc ec¬
citò non poca invidia di quella momentanea prellezza , cpn cui lo Specchio, che
«— . . . ■■ I con r arti fue
Sa di molti far più t d* uno far due .
fatto ad un tempo, c Quadro, e Pittore, eDifcepolo,eMaeflro,dipingein fe
fteffo.s’ egli è perfettamente piano,!’ imagine naturalifiBma di chi vis’ affaccia •
cui rende infìemé Piìtore di le medefmio, di tutta perfezzione, quantunque
fertz’ arte . Alche riflettendo il Cavalicr Tedoro, nella loprtcìtata (ua Canzone»
proruppe in quefli leggiadridìmi verfi da non tralafciarfi .
Celebre dipintore ^
! €h‘ ombreggiaitdo un bel volta ^ .
■ ' ifhMO»
Scarabell.
Jd. iUd,
JL»e. eit.fi. 9
L r 3 no T SII ZOi CAP. f'. X09
D’ htofo è che fMdi molto ‘
A dar forma al difegno^ arU al colere
Blrà fen'f^ alcun fallo , : . . ^
eh' opra il pennello invano,
E che pittrice mano ,
Delineando altrui, cede al criBalla. " '
Foiche fenza intervallo
De' volubili dì, vetro sì vaga
De le fembianze altrui forma 1' imago \
D' ftn fen I' avorio vivo
D' una guancia il cinabro,
D' una fronte, e d' un labro
L* animato fplendor , I' oBro nativo
Frende , e fa , mentre pinge
Di fe medefmo un ^adrt,
E con or din leggiadro
Replica i volti , e le fembianze finget
il fuo chiaror non tinge
Colorata compagine i e fa fpefio
chi fi /pecchia in lui, pinger fe Jle/Jh .
D ' errar forfè non teme
chi 'n db fuo le adoprarfi,
che vien fenz ' arte a farfi , "
E Dipintore, e Dipintura infiemeì
4 Che fe gli Specchi non fono piani , ma d’ altra figura : de’ quali ne affegna-
no fei generi gli Scrittori, che ne trattano, come il Vitellione, il Cardano, il
Chirchero , & altri : cioè tré Convelli , e rtè Cavi, che fono ConvelTo Sferico ,
ConvelToCilindrico,òColonnarc,eConveflbConico, ò Piramidale: Cavo
Sierico , Cavo Cilindrico , e Cavo Conico, lucidi da quella banda , ò Concava,
ò Convella, da cui traggono la denominazione fpccifica : ò fe hanno la fuperfiz e
ineguale , che irregolare chiamano i Profedori, come i Moltilateri, ò lavorati
ad angoli , e facccte : ò fe fono comporti di molti Specchi , come i Polidittici , ò
Teatri Catoptrici , òque‘ Càlici raccordati da Plinio, ove fcrilTc; ^inetiam
poculaita figurantur exculptis intus crebris ceu Speculis, ut ve luno intuente, populus
totidem imaginum fiat ; fcherza in elfi i’ Ottica in tante , e così ftravagant» mamc-
re, che ben può dirli che in ciafchedun di loro
Natura ludum fnjlituit.
mentre ne gli ultimi , d’ un Soldato , che vi s’ affaccia , fà comparire un’ Efercito :
e ne gli altri , altera di tal guifa le fpczie dell’ oggetto oppoftogli, che fovente co¬
pia da un Gigante un Pigmeo, come ne’ Convelli; da un Pigmeo un Gigante,
come ne’ Concavi femicircolari : ò da belhllìma faccia un mollruofilfimo volto ,
c talvolta un Caos di confulilfime linee, tutt’ altro rapprefenranti, che fattezze
humane , come in alcune de’ Concavi Cilindrici : de’ quali fe le imagini confufe
fono co’dcbin colon efpieffe in un piano , quelle con aggiurtarifsima fimmetria
raccoigonfi aclla (uperfizie regolare de gl i Specchi Convefsi Cilindrici, sù quel
piano fituati .comedi quelli della famofa Galena Settaliana notò Io Scarabelli.
5 Nelle Lenti poi degli altri fuoi lirumenti fopramentovati, ò fiano di vetro,
ò di crirtallo , chi non dirà , che l’ Ottica prefti l’ ali a gli fguardi humani , acciò
volino ove fenza elle giunger non potevano ? c , quali difsi , a veder l’ in vifìbi-
ic ? Perche fe con quelle de gli Occhiali, che fervono ad ogni Profefsione , ajuta
S 3 ia
V:.'
FittllA.i:
opus.
Card. 1. 14.'
de ftibtU.
Chircher,
l. IO. Artis
Magna Lu»
tis,&
F Magia
Cattptrica .
Loc.fHp.tit»
De Bufsier,
Stlv» i,v.
121.
Mh/. Set‘
tal. e. 2.
/
V
I^iip ' r s K O- € ù f P P 0
laviftadebojeaportarfiove, fcnza ,l’ ufo ioro, .gì ungano iepiù acute pupille 8
fcftituendo in tal modo il^Mondo,ac^^u poco a poco lo perdei che tanto li.mbra»
achi provadifpcndiidi quella porenza,e può du.fi che fia
ìitblieth. \ Gente , a, cui fi fa natje inanfd fera,,
Jpcof. p. I. 6 In quelle de’ Cannocchiali , che , n:\oito più delle precedenti dilatando la
sfera della potenza vili va, con innocènte magia rendono prclentc il lontano#
com’elprellc il Teodoro cantando in lode deiriogcgno . ~
x_y{ltr'‘ anelando dietro^ ■.< s
A la cogniz,iojt d' arbi remoti ,
Con ardimenti ignoti , • <
i^l tubo imprigiona sferico vetrai
Fè d’ oggetti lontani
Propinque a fe le fpezici ó’c.
P6tf. Od *4
fece conofccreairAllronomia, che le pupille più lincee de* fuoi ProfelTorì cra«
no cicche per vedere tanti, e tanti luminolj oggetti, eh’ eda feoprì loro colbc*
nefizio di sì maravigliofi ftrumenti : fcorgendogli con l’ ufo d’ elsi a difcerncre le
belle deformità del Sole , e della Luna , in cui , e monti , e valli , e laghi , e mari
diftinfero; &a ravvifare un’altra Luna nel Globo di Venere, calante, e cre-
feente a periodi appunto, come il primo Pianeta i onde ne cantò un’ Ape , che re»
ì/liaf. Bar. gnò nel Vaticano .
ridit hac xtas Venerem bicornem
Mmi”ptnd, Fulgere Pheebes amulam .
At s. io. e portandone molto più in alto gli fguardi,col mofirar loro nuove Stelle nelle
Èapt.ftroph. ultime Sfere» fece che la feienza delle Cole Cclefti s* accorgefle, che fin’ allora
\ era fiata orba d’ una gran parte della Luce de’ Cieli , fe non ha ve va veduto , chcj
affai più di fette erano i Pianeti ; che quattro altri ne corteggiavano Giove, c ouc
■' ;; Saturno, offervati dal Galileo, a cui dobbiamo sì prodigiofe oITcrvazioni Cek-
fti; che la via lattea componevafid* un’ efercito di Stelle, minutifsime in appa¬
renza, ma in realtà vaftiflìme; che nelle Coftellazioni v’erano altre Stelle non
Benautat. più vedute ; anzi, che di molte altre prima ignote Coftellazioni era ricco il Cie-
Vm.piav.^ Io» Così l’Ottica all’ Aftronomia
Dt Bu/sftr, coelos penetrare dedit,
he E quella con l’ ajuto di quella .
Tranfcendit ad afra
Vifciplina atidaìc , inquirit fedula motus,
VelHgatque fìtus , oculis no^a (édera luBfat,
Et gemino fubnixa vitro miracula pandit .
7 Kè folo air Aftronomia , ma ad altre Profeifioni ancora , e particolarmente
alla Militare , ed alla Nautica recò non ordinario giovamento con tale invenzio¬
ne rOttica; facendo a quelle co’ Cannocchiali vedere, e diftingucre in un’atti¬
mo » ancprche lontani , gli oggetti di prò , e di danno; onde ponno , ò incontrar¬
gli, ò fcanfargli, come più loro fembra fpcdientc . Il quareffetto nel Cannocchia¬
le, clfendo iftantaneo , fùcagionecheunCigno,òpiùtofto unaSirena d’ An¬
cona» trasformata in una Sfinge, cantandone in cnimma, lo facelfe così dire dì
femedefimo, ^
Cyiligeris citiìis ventis , cititifque fagittis
cAd longinqua venit, me duce, qui fque loca ,
lehaveva intonato .
“Dux ego » equifqùe utor , fed , qttem deduco pedejler
Tendii iter-, tamen hic, tfon ego, complet iter.
8 M
LIBRO TB%ZÓ. CAP. T. 2M
8 Ma dì sì beila invenzione non fe ne tacciai’ origine. II Liceco ,& altri , la
riferifcono fino a Tolomeo , di cui li legge, che vedeffe le Navi , che venivano in
porto , feicento miglia lontane , non per acutezza della fua villa naturale , ma per
virtù d’ un cnftallo , il quale dicono che non poteva effer’ altro che un Amile ftru-
mento ; e lo confermano con l’ efcmpio di quell’ Aftrologo , che figurato fi vede
in un Manofcritro antico del Monaflerio Scheurenfe, che per mezo di quello
fteflo organo vfuale il Cielo contempla, come, teflimònio di veduta, notò il
Cifato nel fuo Libro de* Coraeti. Con tuttoj:iò,nè l’uno, nè l’altro di quelli ^4^,7.
argomenti ,fe ben s’efaminai concbiude l’antichità del Cannocchiale, Perche
quanto al primo, & è rifleffione di Monfignor’Arefe Vefcovo di Tortona, in_.
ogni forte di letteratura confumatiflìmo, la naturale rotondità del Mare, in cui
le Navi da Tolomeo vedute veleggiavano, nella diftanza di feicento miglia non
poteva non impedire la rettitudine de gli fguardi ; & in confeguenza per folpet-
to di falfità può giurarfi tal relazione. Quanto alfecondo, col medefimo Pre¬
lato, che volontieri cito, perche egli colla fua dottrina non m&no, che con
T efemplarirà della vita hà honorato la mia Patria , ove nacque di Genitori Mila- ^
nefi l’anno 1 5 74. non sò capire, di quell' AjlrologodipintOjfi firn ’
fotuti difceraer di quejìo iflr omento i vetri ; quefto emendo certo , che non fi faranno
veduti , Come dunque pofamo efier certi ( foggi unge il che quello fujfe
un Cannocchiale , e non piu todo una femplice canna , in cui per haver la virtù vifiva
più unita t 0 per meglio prender Umtra , fi fujfe quell' Aftrologo fervito . Oltre di
che, le gli Antichi havelTerohavuto notizia di quello flrumeato, ci havrebbo-
no iafciaro qualche memoria d’ alcuna delle molte, e prodigiofe offervazioni ,
che con effo fi fono fatte. Dal che, per dirlo con l’eruditiflìmo Scarabelli, che
delie medefime ragioni fi valle nel Mufeo Settaliano , concludente fi deduce lapro*
Va, efiere del Cannocchiale noviffmo l' artifi'^io . E tale appunto ce lo dimollra Gi¬
rolamo birturo Milanefe , il quale con accuratezza fingolare offervò i fecreti del
Cannocchiale , e delia maniera di fabricarlo ne fcriffe un curiofiffimo Trattato
particolare , in cui nota ch’egli fù inventato in Middelburgo Città delia Zelanda
jl nono anno del corrente Secolo. Prodiit, dice egli, e con elio il Vormio,^^»^
MBCIX feu Genius , feu alter vìt adhuc incognitus , Hollandi fpecie qui Middel»
burgiin Zelandiaconvenitloannem Lipperfeinx iseJlvir filo afpeltuinfigne quid
fr&ferens , & perfpicillorum artifex . Nemo alter efi in ea urbe ; & perjpicill&
plura, torneava, quam converta, confici , Condillo die rediit, abfi lutum opus cu»
piens ; atque ut Batim habuit pra manibus ,bina fufeipiens cavum fcilicet & con»
vexum , unum , ^ alterum oculo admovebat , ér finfim dimovebat , Uve ut punllum
concurfus , five ut artificis opus probaret ipoftea Joluto artifice abiit . Artifex , inge¬
nii minime expers , ^ novitatis curiofus capit idem facere , 0“ imitari , nec tarde
natura fuggefiittubo hac perfpictllacondenda , Vbi unum abfolvit advolavit in au¬
lam Principis Mauritii , efi' adinventum obtulit . Princeps , habuerit ne prius , nec»
ne 1 fufpicandumerat : Rem Mtlitia utilem , efi necejfariam inter arcana cufiodiri
juffit Zerumutcafu fenferit evulgatam difimwlaverit , indudriam , efi benevolen¬
tiam artificis gratificans . Inde tanta rei novitas per totum effunditur orbem , 0‘ pltt-
ra alia confinguntur perfipicilUi fied nullum illi contigit melius , aut apttus priore %
adeo ut dicas non Artes folum , fed efi Naturam omnia conferre , ut magnis Principi¬
bus omnia infierviant . Quindi communicatafi aii Itilia cosi beiu invenzione, fi
trovò, ch; I4 perfezzionò al mfggior legno, che fù il famofo Galileo; i di cui
Caiinocch ali ofeurorno la fama de* primi in guifa,ch’eglipotè elferc creduto
rii 'entored’0''gano così ge file, come pare che l’allerifcano MonfignorLo- BiU.Afrof.
reiizo Azzolini VefcovodeilaKipaTranfona, e Gio, Leone Sempronio; que- p./.mSs?
gli
ttt M S E 0 COSPIJNO
gli mentre dcreftando la gioventù, che /c ne abufa, a quella così favella nella
cekbratiffima Satira contro la Luffuria .
or vof pr civettar fin da I' Altane
Ha ritrovato il modo il Galileo.'
Qucfti cantando in limile argomento.
Le tue Vele y o Nocchier y tarpa al Naviglio \
Auriga, al Carro tuo fcheggia le rote-y
Ter pochi vetri, e Terra, e Mar fi potè
Solcar col guardo y e pujfieggiar col cigliai
No, non è più da /' Huom 7 bile in efiglio\
Ne r Indie a noi fon region remote;
St /piani il fiuol, e ce le sa far note
Cavo Cri Hai, eh' a Tofeo Ingegno è figlio. Óc,
9 Alchepur allufe AlelTandro Talloni ne’laggi fuoi Penlìeri, là dovecon-
fedando la novità di quella iivenzione,l’antcpofe a tutte le altre, quantunque .
L.\o.t.r6. *^§^§‘^®^^>de’Greci, e de’ Latini «dicendone: liTekfcopio fola, trovato ultima.
mente in Fiandra y e perfe'I^ionato in Italia , col qttah di lontano quindeci, eventi
miglia fi veggono le cofe come prefenti y e fi /coprono le Stelle invifibtli nel Cielo,
fupera di gran lunga quante invenzioni Latine , e Greche furono trovate in tutto quel
corfo d' anni cosi famofo y che da principio fu fegnato danai .Qoacoxòz con quello,
e con ilSirturo, il P. blancano .chiama ido, e recerte ,e mirabile quella inven-
J/f Prafat. zionc ,0 ve ne feri ve . Mirabile illudTelefcopii , recens Opticorum inventum , plu-
ofnoQir, finta mortalibus anteaSlis feculis ignota caelitus commonfiravit ; unde e^ufdem etiam
Scientia magnum fafitim, ^incrementum ,
10 Nè meno che alie fopramentovate Profedioni coi Cannocchiale, giovò
l’Ottica alla Filofofia, & all’Anotomia, & in quella alla Medicina, col Mi-
crolcopio. Perche fc con quello dilatò la sfera della potenza vifiva ad abbrac¬
ciare gli oggetti lontani: con quello l’unì fino a comprendere diftintamente
rinvifibiie in quc’corpicciuoli ,che per la picciolezza loro sfuggivano ta vedu¬
ta : /coprendo ad un tempo^in quelle per altro impercettibili menomezze, malfi-
mi della Natura i miracoli . Di che legganlì il Sirturo , il T orticello , il Fontano,
il Chirchero, Scaltri, che ne trattano a minuto per necelfità d’argomento, che
io mi rilltingo alla femplice deferizz one , & ufi de gli S’rumenti Ottici , & altre
cole di crillallOjò di vetro, che trovo nel Mufeo, attinenti alla Filofofia naturale .
M SPECCHIO CONVESSO, Scinfieme CONCAVO, & VSTORIO,
di terfiflìmoacciajo di due palmi di diametro; che nel concavo riceve lefpczie
d’ ogni oggetto oppollogli,c le rende con tale di vcrlìtà,chc a chi vi mira fuori del
centro.appajonorovcrlciate, ed a chi vi guarda nel centro , fi ribattono tanto
ingrandite ,che fembra vaflillìmo Gigante un Pigmeo, che vi s’affacci da vicino;
e le taluno in diftanza maggiore verfo di lui flende col braccio la mano , fi ribut¬
ta con tant’ impeto 1’ imagine, che pare che dallo Specchio medefimo efea una
mano , ed un braccio; e l’ apparente s’incontra col vero, con divano tale, chela
delira rafferabra, &ècredura lalìnilìra,con tant’arte l’Ottica in elio
De BuPsier. — procul abfccdens, propiufque regrejfa.
Tandem fixa loci puncto miracula patrat,
- principale però di quello Specchio fi è quello di raccogliere , e riverbera*
re i raggi Solari con tanta energia , che ne abbruggia i’ oggetto accendibile , po¬
rtovi davanti mdillanza d’otto braccia . Invenzione degna dell’ ingegno d’ Ar¬
chimede , che primiero l’ introduiTe , e la p.aticò in Siracufa a gran corto de’ Na¬
vigli Romani, che l’affcdiavano lotto la condottadi Marcello,e ne rimafero
incc-
Stiva Potè.
P. IL Sta.
F 38j.
LIBRO tàt. V. »1}
. Ond’hebbi ragione di notarne in un^Oda Grccolatina alSig-.toZ
renzoCraflfo, in ringraziamento d’havermiindrizaato il Sonetto intitolato ,0/
téntar'cofe grandi nuove , i accfuifia Gloria f uh lime .
i. jHitwKtt 7t(«x»xxsvr
Vfbtuuitie yftt fìfXnt'Biiit. , , •
. . . Jnermis hofies are feptes ' , ’ >
* Ifihmiacus liquat Archimedes',
Stratagema, che pure fi legge elTere felicemente riufeìro in Cofiantinopoli a
Ttoclo Filòfofo Platonico , e Matematico eccellenre. Dalie quali Ifiorie deduf-
fei(BracciotiniqtieiIadiGer(amo,Ingegnerode]Rè Cofdra, ch’egli riferifce
iiaverconfimile artifizio dato fuoco a* ripari del Campo d’ Eraclio j ove dello
‘Specchio da lui fabricato » e deir incendio che ne nacque j cantò .
V gran concavo vetro à il magHìero,
A cui di fuor tenace piombo aggiunto
Nel cavo Specchio il Sol battendo intero
Riman per entro il Jùo fplender congiunto,
E d' ogni parte il lucido Emifpero ■ ■ _
Suo reflijfo fulgor giunge in un punto, '
E ne fulmina fuor /’ unito lume
'C \^ual da mille rufcelli accolto fiume . , ■ - 7 ’
T)a lo Specchio mortai partono uniti
di Sol con sf fervente vampa, -----
~ che infoca /’ aria affumicando i liti,
E i bofehi accende, e le campagne avvampa, &Ct .
£ -poco dopo.
folgora il fero vetro, e la corona
De' Romani ripari arde , e per cote',-
Ne più veftigio ov * alto incendio fuona ’ ' ' ,
0' l'. Italico, b V Greco imprimer puotel
f È. -.T' ; , fiamma fparfa a nefun huom perdona -li ’ T
.'v;:,.., da ne fon le trincee -difgombre , e vote.
Già percotele il foco, e le confuma, , ,
Parte'' il vallo fiammegma, e parte fuma,
Partòrifeono io (ledo effetto anco le lenti cave , con attività però minoro »
eOme proporzionata alla grandezza , e perfezzioni loro . Il che non fuccede ne
gii Specchi d’altra figura: molti de’ quali » ragguardevoli per l’ampiezza , e
bellezza loro , e per la ricchezza de gli ornamenti# pendono dalle pareti dome-,
Iliche del Fondatore di quello Mufeo .
- 12 SPECCHIO CONVESSO SFERICO, di vetro , di due palmi di dia.
Inetto : pendente dalla volta del Mufeo con tale proporzione , che per qualun¬
que parte lì guardi, unifee in un punto la figura di chi vimira,erapprefcncaii|
compendio tutto il Mufeo , e col far pompa di tutte ad un tempo le figure dello
cole in edo raccolte , Proteo bizzarrilTìm.o , merita che fe ne canti col Teodoro.
Egli pub di fplendor vincere il Soie: - sa
Se con fiàgide norme \ '
D* Apolline la luce , ’
di enti qui giù produce, . .
Egli di tot 'moltiplica le formem ;
<jA[ l' efemplar conforme ,. '■ V a
Cosi Vario__ fiii, P imagini titJene,
E per tante, che n' ha, Proteo divìewl PRI%
Patf. p.g4Ì
ed. f'en,
léf>S. IS.
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%!• li.
Bnfjitr.
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./tpBC. c- 21.
». 19,». 5.
ti4 M E 0: C 0 S P ^ ^ ^'0-
13 PRISMAjStrumcntodicriftallo,Trigono,Iungoun paImo,& inciafdic-
dunode’fuoi tré lati largo quafi due oncie, come appunto quello, chcraccor-
i dafidal Vormio nelluo Mufeo. Equilibrato induftriolamente nel luo Ricetta*
. colo, con non mmor pompa , che maeftria fabricato^ c collocato in faccia d* una
finellra , pende da due groffi cordoni di feta verde, che s’ allungano egualmente,
c s’ accorciano a beneplacito di chi gufta fperiraentarne co’ propri /guardi la na¬
tura , veramente ammirabile , accennata dal noltro Vida in quel (uo
— Fftrv lucente ^-ubi plurima' ludit imago.
Concìofiecofache, egli non lolo ferve di Specchio curiofo , mentre fecondo che
variamente viene applicato all’ occhio, riverbera con bizzarra ftranezza le figu¬
re moftruofe, co’ piedi all’ insù, &i capi firavolti, quando con un folo, quan¬
do con tré ò quattr’occhi : ma di vantaggio , mirato pe’l lungo, e contro la luce,
in proporzionata diftanza , fenza elTere egli colorito , efibilce tutti i colori , che
nelle più belle gemme rifpIcndono,e particolarmente quelli dciriridc , quali
Gli fhtalti il fen d' Olimpici colori
De le fue glorie ambiziojd /’ Zr/,
cui imita cosi bene
^Ibo ticaruleo y rubro , viridante colore
Obleffans oculos j
che a ragione, mentre loda n’ è la materia, col dottiamo Padre de Bullìercs
■ — ■ " «'■ ■. /blidatam dixeris Irin,
^ . EqucfticoIori,benchefantaftict,&appaientif'^«tfV««///^ro^r/0
frèp 41!*^* come dottamente difcorrel’ Aquiloni) egli* e da predo, edalunginfletcecosì
vaghi , e vivaci , ed in tal maniera difpofti ,che fà parer dipinto ad Indi tutto ciò
che per effo fi mira , ò che da’ raggi , eh’ egli riverbera , fia toccato . Onde può
Vitt Nav Benamati , che in virtù fua , a chiunque è prefente , non folo
Curvafi un* Iri a diademar la tejìay
91» ma eh’ egli tutto infieme
Del leggiadro de I' Tri il manto afperge .
Efeperlomotoleprimelvanif.’ono, già che in elio, come Seneca dille de gli
Specchi , aque cito omnis tmago aboletur , ac componitur , lemprc fiì loro fuccedcr-
ne delle altre, mentre di nuovo •
Mille trahens varios adverfo Sole colores,
ne crea, e ricrea tante, quante ne vogliali capriccio di chi lo gira, etienc.roc»
chio attonito al gran lavoro. Così ogni,quantunque nuda parete,fà fcmbrar ve-
ftìta di fuperbilTimi cortinaggi di ricamo Francefe: c femina da per tutto appa¬
renza di tefori .mentre in virtù fua, cora’efprefic il P.Bartoli, mettendo uno di
quelli criftalli in mano all’Adulazione , ogni flerpo pare un rafano j ogni cencio*
ofh, è porpora, e fino i mondezzai , montagne di gio\e . Così avvera, ma inno¬
centemente, gl' incantefmid’ Armida: e, come già di quella cantò il Cavaiicr
Teodoro, foaviflìmo Cigno di Partenope , merita che di fc pure fi dica ►
~ Volge in agi gli horrori
• 7 dirupi in colline,
^ In fonti criftalLine .
.» Gli Stagni Acherontei , gli flerpi in fieri.
14 Per Io che nella Cina quelli Strumenti fono filmati degni da ferbarfi folo
nel Gabinetto Regio, come regali da farfi al Rè folo . Ed a quefto propofito rac¬
conta una bella Ifloria il P. Nicolò TrigautioGieiuita, nel Lib.lll. de chrìHiank
Expeditione apud Sinas . Gap. IV. cioè, che il P. Matteo Ricci Maceratele ( clic
fu il primo de’ Figliuoli di S. Ignazio, eh’ entrane a propagar la fede di Chrifto
"• / V ia
Virg.^ tA.,
Btid.v.yoi.
XicK del
Sav.t. i.
e. li,
LIBRO TE7IZ0. CAP, V, 215
in quel vaftiffìmo Impero) amalatofiamorce, rifanatofi per le diligenze d’ un
'Atti co C nele:al quale egli, per legno di gratitudine, donò pofcia di verle galan- P. 2. c.S.
teriedeirEuropa,etra quelle un Hrifma, che fù così gradito dall’ Amico, che
fubito Io fece legare muua cada d’argento con le catene d’oro, e poi vi fcrìdc
fopra un Trattato, con CUI s’ingegnava di provare, che quella Gemma era uil,
frammento di quella materia , di cui fono farti i Cieli : e la vendè più di cinque*
cento doppie . Fabricanlì quelli Strumenti nelle Fornaci da vetro': e quanto fo*
no maggiori , tanto meglio rapprefentanogli oggetti .
15 MICROSCOPIO, ò, come altri feri v’ono, SMICROSCOPIO, fpczie
di Cannocchiale, ma la più breve di tutte, come non ordinata a vedere oggetti
lontani , ma vicini , non grandi , ma piccioli , giuda l’ etimologia del nome , che
fi°t\itic3 parva equedt non fuori di fe,ma in fe delTa , fatta ricettacolo,
edinlìeme Teatro delle più maravigliofe Opere della Natura, che in ella lì Ico-
prono, malfime anco ne’corpi minimi : edendo quello llrumcnto non altro che
un Tubo di vetro lungo un dito, e poco p'ù grolTo , turato nel fondo , della ftefla
mater a , e di fopra con una lente di terlìdìmo crillallo , aggiuftaca in modo , che
ferve, come di coperch o , mobile, a fine di poterli levare , per introdurre in quel
tubo qualfivoglia minimo corpicciuolo da contemplarli, e poi rimettere; poi¬
ché quella lente, eh’ è il principale confliturivo di quefto ftrumento, acco¬
llato poi all’occhio, ha forza d’ingrandire in tal modo le fpezie deU’oggetto
colà racchiufo, che quello, quantunque per altro fuffe impercettibile al lenfo
nudo, per ladileiportentola,main ocentemagìacrelce afegno, chelembra
trenta, epiù volte maggiorediquellocheè; ed in tal manierale gliponnoad
una ad una diftinguere tutte le particelle . Così mirata una piccola Pulce appa-
rilce non minore d’una Mofea ben grande , co’ piedi forcuti , ceffo , occhi , & al¬
tre parti per altro invifibili,dillinti!fime. Di che fé n’hanno figurati parecchi
efempi nel fine del Vo'ume deli’ Efperknz^e intorno alla generazione de gl' Infetti
«fi Francefeo Redi , accuratifiimo i ivclligatote de’ Miracoli della Natura . Anzi
così mirato i 1 langue d’ un febricitante . s è Icoperto pieno di vermiceil» : come
pure lello ftelTo modos’ è olfervato ferace di vermini l’aceto medefimo, quan¬
tunque, per altro, mortalilTimo veleno de’ Bachi . Ma in quefto propofito 1. gga-
fi l’ Afte Magna del P. Chirchero , P. t,MagÌAParaUatic& ,pragmat. 2. che v’hà
palio per la curiofità d’ognuno .
16 Altro MICROSCOPIO, ma di ftrurtura in tutto diverfa, come fuori del
genere de* Cannocchiali . Petche la di lui lente, che è concava da u : lato ,edal*
l’altro convella, non hi tubo, ma è incorniciata d’ebano, efoftenutada un^
piedeftatlo pur d’ebano, gentilmente lavorato , da cui nella parte più vicina alla
cornice, elee come un picciolo braccio, fimilmente d’ebano, fopra il quale
s’ inalza una tenagiietta d’ottone , che termina diritto al centro della lente dalla
parte concava , e ferve perche vi s’ addarti l’ oggetto ; che fi vuol contemplare ,
chein ral modo, quantunque minimo, di parte in parte dilcernefi. Così veduto
unòdrquegPirluci Ragnatelli, che nons’ìnranano, come vili, e non fifilano,
come gli altri , le vilcerc , per teiTerne lacci , e reti al e Molche : ma , Cacciatori
animofi, ne fanno preda alla feoperra , pigliandole prontamente di falto : s’ è of¬
fer varo, quanto difpregie ole per la deformità del ceffo, e per l’orridezza di
tutto il corpo , alcretanto mirabile per Io ftraordinario numero de gli occhi , de*
quali fù dalla Natura provifto: havendone due, che fono i maggiori, nella’
frontè, e quattro, e talvolta fei altri, è tutti vivaci (fimi, più addietro, ripartiti
in maniera , che fembrano farli una cotona : la quale tanto è più ragguardevole,
quanto più di quelle de’ Principi illuftre , mentre non d’ inlenlate luci di mortet
gemme
ufi M y s E o Compiano
gemme, ma di vive, é brìi latiti pupille, che ne’ loro cerebelli molto ben fi di-
feernono, ècnrapofta. OlTervazione,che, fatta più volceanco dal moraliflimo
fi.i. e. 11« p.Bartoli, edalbl ponderata neilaif/Vre<z2;/o»f Opcradegnad’un Sa¬
lomone, lo rraflfe a conchiuderne fenlatamentc, ch’ella A ciechi nell' intelletto e
un A evidente dimoUr azione della eflrema Previdenza di Dio t che quella sì difpre-
gie^'ole beBiuola , tutta orrida come un Porco fpino , ed' un ceffo orribile , come un
Demonio ^ perche non le manchi ^ onde fuflentarfì., ha proveduta di tanti occhi , e sì
acconciamente di fpodi ì chevoltandojìellaindifparte , ò di fianco -, b da tergo ^ iruj
fembiante di non veder la Mofea ,ne attenderla per ajfalirla , pur la vede , e la prende
di mira , e [opra lei fìcura di lui , il cui fpaventofo ceffo non vede , gittandoji impro»
vifo /’ afferra , e addenta con due lunghe , e mobili fanne , che gli efeono dalla bocca^
e gode fi a gran diletto quella fna cacciagione , frutto d' induHria y e di valore , e
perdo il doppio piu faporit*.
De gli Strumenti fifico-Matematicly ér altre coffe di Griffi allo , c di Vetro',
Gap. ri.
I O EeoI mezo delle invenzioni dell’Ottica fi refero prefenti all’occhio Iiu-
O mano gli oggetti diftantilfimi , e vifibili i corpi , che per eccclTo di picelo-'
Jezzain Terra, e di lontananza in Ciclo, sfuggivano lavedura: col beneficio
d* altri (Irumenti la Vetraria , indrizzata dalle Speculazioni Fifico-Marematiche,
feppe far vedere all* Ingegno , e toccare alla mano le differenze più impercettibi¬
li ne’ gradi delle Qualità medefime de gli Elementi , e prime , e feconde . In pro¬
va di che fervono i due fuffeguenti Vetri .
2 TERMOSCOPIO, ò più torto TERMOMETRO, rtrumentonobiliffimo
per mifurare i gradi del caldo , e del freddo dell’ aria , e per conofeere ( moltipli¬
cato ch’egli fia in più luoghi nello fteffo tempo, dove però fia chi offervi , e poi
confronti le offervazioni ) e diftingucre i lìti, che la godono migliore , Delle al¬
terazioni della quale è molto importante i’cfatta cognizione, a chiunque dilettali
difilolofare con efperienzc naturali. Imperòche per più accidenti di luce , ò
d’ombra ; di caldo ,ò di freddo; di nugoli ,ò di nebbia ; di quiete , ò di moto ; fi
fà più rara , ò più denfa ; più leggiera ,ò più pelante , e perciò più habile a fccon-
dare, od impedire leopcrazioni, che ponnofarlì dagl* Ingcgnofi. Egli è com*
poftod’una palladicrirtallofiniffimo, ed’ un cannellino della Itella materiain
quel globo inferito, e nella parte fupcriorc Ermeticamente chiufo , e da un lato
legnato delle note fcparate di cento gradi, co’ quali fi conolcono le mutazioni
dell’ aria, mediante l’aquarzente,òfpiritodi vino, di cui èpiena quella palla,
e parte del rubo , a fogno però tale , che la maggiore attività de’ raggi Solari nel
cu -r dell’Ertarc non può rarefar quel licore fopra gli So. gradi del cannello ;&
ij lemplicc freddo della neve non bafta a condenlarlo fotto i 20. gradi. Alche
al'ufc il Sig. Marchefe Colpi, tra Gela i innalzando quelto rtrumcnto per corpo
della fua Imprefa Accademica, col motto SERBA LA FEDE AL GELO:
Confervafi incartato in un legno quadrato lungo tré piedi, largo tre oncie, at¬
torno il cannello, più nel fondo ,dov’è la palla; appefo al muro . Il modo di fa¬
bricare tale rtrumcnto , e comc,e perche s’empia d’acquarzente, c non d’ acqua
naturale, viene infegnato da’ Signori Accademici dei Cimento, i quali, e di
querto, e d’altre quattro forti differenti di Termometri adducono bcllilTimc fi¬
gure ae:*\oto Saggi di Naturali Effpertenzeft2m\>dii\ in Fiorenza del MDCLXVII
in foglio . Ne Lridero parimente il Chirchero lib. III. Magnetiti de catena magne-
VormioDcllib.IV. dei fuo Mufeo, cap. Vii. & altri; tra’ quali
il
LIBRO TERZO, CAB. n 217
il P. Ippolito Gradetti Giefurta » che accennò fabricarfene a Murano 3 ce ne
falciò i feguenti ienarii .
Trigm ^ Calorqns ne metro careunt fm
Optfex Pyracmon, plurima. Fenetus ubi
fornace livet polus y ab igneo lactt
Vitri pitij?atas chalybe porre6ìo opes
Subducit, anima & per cavttm chalybem vaga
Kylttenuat , exilemque fingit in tubum ,
lufium in rotundam definere cucurbitam ,
Tubo fiubinde coffilis fe fe liquor
Irrorat , occup atque dimidium , v&ctt
Vt reliquus aeri hofpiti , ac ludum impleat.
In altra )amque fu bri git tumidum caput
Tubus y r evinsi US ferie o infra flamine,
Supraque , ad aquos abietis feSia finùs ,
prudens ubi flyltts àd canalis vitrei
Latera exaravit indices metri notas.
Super Ii at aer in tubi arSio vifcere,
finitimus aeri fubefl humor, fui
TranfpeSium aperiens cLauTira per lucentia.
Seque )ugat humori fedenti in amphora, ^
Cui penfili indit fe tubi pes inferus ,
Curtam lacefiens tempora ad decempedam, t
, tiyems ut ergo frigus afperfit lovi.
Is afper intra fisiulam , in fernet fugit ,
Nexuque fodat arSiiore fe flbi.
Contentus exiguo inquilinus jam loco.
Sequax at unda, ne refes dilter minet
Cum transfuga elemento vetus connubium.
Salit, (fl amafio inharet , ac retrograda
fit , fi retrorfum amafius figat fedem ,
Cum verna refluum reddit indulgentia ,
• Seque explicare de fui glomere jubet
Modo fe minorem, feque ma\orem modo,
T eporem ut algor vincit , algorem ut tepor .
Paredrus interea chara&er edocet
Quantum afper et hyems , quantum ét aflas mitiget.
Errone fcalam per natatilem love ,
Suas notante, gnomonis ritu, vices.
Syracufle fenex, coegifli in vitrum,
.^ua cum vitro periret, at heris viam:
Coegimus nos in vitrum metra temporum.
Metra defitura, quando tempora deflnant ,
5 IDROSCOPIO, ftrumentodi vetro, da moderni in ventato perconofee-
relamaggiorejò minor leggerezza, ò gravità, iottigliezza , ò groflfezza dell*
acqua , e diicernere i gradi della bontà di quella . Ha figura di zucchetto , e con*
tiene alquanti pallini di piombo, ì quali fervono adeprimerlo a proporzione
della iottigliezza dell’acqua, in cuifiapoilo , facendolo nel medefimo tempo
galeggiare l’ aria , che v’è rinchiufa .
4 Nèminorcdeirutilejcbeidue fopradeicritti ftruraentì recano alla Filo-.
T iofia
L, Il epigr.
f, l?. «.
Ili M V S B a C O S P l A H 0
iofia Naturale,/! è la curiofità , che nafee dal fulTeguenre fcherzo della Vetraria .
5 GOCCIOLA» ò ZVCCHETTA di vetro temperato nell’ acqua, unico
avanzo d’ una cadetta d’elle .fìndciranno MDCLXVIII./otto li XXIV. d’ Ot¬
tobre trafmellami da Genova dalla cortefia del Srg. Giovambatnlta Cafoni,
gentilillimo Pittore, & Iftorico, a cui dobbiamo il Supplemento delie Vitede
fittori Liguri Poftumadi Raffaele Soprani, tcftè partorita alla luce dal¬
la diligenza , e liberalità del GenerofilfimoSig.Giovannicolò Cavana, Nobile
Genovefe, c gran Mecenate delle Lettere: per la qualemi/ovviene d’havcr
fcritto. IO ANNES BAPTISTA CASONìS .
K^nagratnmA
EI NON ABSONAS APTAS ISTA.
Ih AnagramnìA.
Vt fur fingendo fuerus ^ C afone ^ SufrAnOy
Scribendo fAnter te ii^uet effe fAcetn,
Num, feft SCRIPTORES LIGVRES y monumentA recenfens
PICTORVM y immiti f nece raptus ohit :
Tarn fimili y qUA infeLìa manent y tu perficis arte,
Vt fuA credatur y linea quaque tua efi ,
J^uis tamen admiretur , El NON ABSONVS IST A
SI APTAS ? Alter ei nonne Supranus eras?
6 Erano quefte al Sig. Cafoni (late portate d’ Olanda; e, giunte pof eia alle
mìe mani , tutte , fuorché quefta del M ufeo , fervirono per far di verfe cfperien-
ze alla prefenza dell’ Eminentifs. S g. Card. Carlo Carafa , mentr’ era Legato di
Bologna, per la curiofità , che reca la maravigliofa proprietà, c’hanno , di ftri-
tolarfi in minutiffime parti angolari , di figure diverfe , ma irregolarilfime , feop-
piando non lenza rumore nell’atto di romperfi quel fottiliffimo filo,ò beccuccio,
da cui cominciano. Il che hà fvegliato i migliori Ingegni de’ noftri giorni a rin¬
tracciarne con moltiplicate offervazioni la cagione: la quale parmi fulficiente.
mente affegnata dal Sig Geminiano Montanari ,Profcllor Matematico in quello
Studio di Bologna, e primo Inventore del modo di fabncarle in Italia ; il quale
nelle fue speculazioni intorno a quefti vetri , efpofte in due lettere , una al
Serenillìmo Granduca Ferdinando IL di Tofeana, l'altra al Sig. Conte Gii cla¬
mo Sa vorgnano del Monte, N. V. Rampate in Bologna del 1^57 1.4, notò che,
fe fi dar a ilcafo, che raffreddandofì fotto acqua una gocciola di'vetro , ella rimanga
intiera y fenla feoppiare , per bene che le parti fue eììerne , freddatefì d' un fiibito,
fieno circa la fiuperfizie denfìfime y onde nafee ladurezl^aloro; nulladimeno le parti
interne rare , e tirate fra loro agni fa delle corde del Clavicimbalo , b della pelle d‘ un
T amburo , in una violenta efietftone fono rimasi e, atte pereto ad ogni minima rottura
d' una loro parte , a difeioglierfi conviolenza tutte d'infieme,
7 Quella forte di vetri fù introdotta in Italia del 1 662. cllendo le prime Goc*
cìole Rate mandate al Granduca di Tofeana da Bruxelles , come av vifa il Signor
Francefeo Redi (il quale vi fece fopra diverfe efattilfìmc olfervazioni, come nel-
lefue Efperienig Naturali, p.94.) in unalettera al Sig. Montanari . Eprima,
cioè del 1656. erano Rate vedute in Francia, & cfpcrimcntate in Parigi nell’
Accademia, che fi radunava in cafadi M.Moncraor, Mecenate del dotrilfiiTio
Gaflendo, colà portate da M. Chanut, Refidente di Svezia in quella Corte.
Onde pare che alla Svezia fc ne polla attribuire l’ invenzione, come accenna En¬
rico Regio, il quale nel lib. V. della fua Filofofia Rampata in AmRcrdam del
i6d2. parlando di queRi vetri, nefcrilfe: adferuntttr huc ad nos è Svecià glo¬
buli vitres, ère. Nè trattano il fopramentovato Signor Redi in unalettera al
LIBRO TERZO. CAP. 219
Sig. Montanari, inferita nella feconda lettera iopracitata del medelìtno, p. 42.
Antonio Neri nell’ Arte Vetraria , Libro che poi fù tradotto in latino da Crdto-
fbroMcrreti Tomaio Hobbes ne’ Problemi Filici sGafparo Montconys ne* fuoi
yiaggi , Se altri dal medelìmo riferiti .
8 Sono vi pure altri Parti della Vetraria , degni d’ edere mentovati, fe non per
le ragioni de’ precedenti , per altre non tralcurabili , cioè, ò per l’ ufo , e per T an¬
tichità, come il
9 CALICE di VETRO, eie
10 Due VRNE pure di vetro, che lì defcrìveranno tra’ Vali di quella mate¬
ria i ò per la pompa , che reca no al Mufeo , come gli
1 1 Otto GLOBI di crillallo , dorati , deferitti tra gli Strumenti Matematici
alnum. 28.0 per la Rravaganza del modo, con che furon la vorate, conre la
Il MONETA, ò MEDAGLIA di vetro, di color dibronzo, matrafpa-
"’rente , della grandezza d’ una Medaglia Imperiale ordinaria , con elprclsivt al¬
cuni caratteri Turchefehi . I quali per elTere di rilievo , la fanno credere impron¬
tata come le Monete, & in confeguenza, che quello vetro lìa di palla duttile,
come i metalli : quale appunto fù quella del vetro flefsibile inventato al tempo
di Tiberio , e di lua commifsione abolito, come nota Plinio . E* opera moderna .
13 Non è però nuova l’ invenzione di figurare il vetro in Medaglie , e tinger¬
lo , come quella , che fù nota a gli antichi , giulla gli efempi , che le ne feorgono
in alcuni de’ vetri trovati ne’SepoIcri antichi, c particolarmente ne’ Cemeteri .
Di non pochi de’ quali vetri dipinti , e rapprelentanti Medaglie fe ne ponno ve-
derle imagini nella Roma Sotterranea del P. Aringhi. Oltre di che olfervanfi
nelle Fineftredi molte Fabriche di qualche antichità, delle Vetriate compolle di
vetri cinti d’ ogni forte di colore : nella llruttura delle quali da Leandro Alberti
nella lua Italia raccordali per eccellentilsimo quell’ Ambrogio da Soncino,
Laico Domenicano, Difcepolo del B. Iacopo d’ Alemagna (di cui pure ne Icrif-
fela Vita, inferita nelle Vite de’ Santi Domenicani di Serafino Razzi ) il quale
fiorì circa il principio del Secolo palfato . Anzi in molti luoghi lì vedono bellil-
lime opere a Molaico, fatte di limili vetri, qual’ è lafuperbtfsima incrollatura
interiore del famolilsimo Tempio di S.Marco di Venezia, rapprelentante varie
lllorie Sacre ; Se in Bologna , le Imagini di varij Santi , alfa i maggiori del natura¬
le, che li mirano. Se ammirano in molti finellroni dell’ inligne Collegiata di
S. Petronio , Se in particolare in quelli della fontuofa Cappella di S. Antonio di
Padova polleduta , e con lingolar magnificenza ornata dal Fondatore di quello
Muleo : ne’ quali furono efprefTe con vetri dipinti le figure llanti de’ Principi de
gli Apoftoli S. Pietro , e S. Paolo , de’ quattro Evangelici , e de’ SS. Ambrogio,
e Petronio , tutte per difegno del famolo Michelagnolo Bonaruoti . Delle qua¬
li Figure, meglioche delle Armedella CittàdiLione, può dirli coll* eruditifsi-
mo P.de Bufsieres, che appicf£ cryfidlot colorant Solem ^ quem admtttum y &
nova luce luciàiffmum aflrum incendunt.
14 Mafia di quella lorte di palla di vetro, che da’ Vetrai chiamafi PIETRA
VENT VRINA , perche hà durezza di pietra , Sre è ventura che rlefcabene il la¬
vorarla.
1 5 Non vi mancano altre opre della Vetraria ; ma come che quelle confina¬
no in Vafi,fenetrafportaladefcrizzionenel Cap. XXV. di quello Libro ,delli-
natoa’ Validi verro j ove, e della materia di cui li compone, ede’luoipregifi
dirà qualche cofa.
\6 Oltre gli Strumenti Fifico- Matematici, & altri fopra mentovati , poteva¬
no connumtrarli tra le Cole fpettanti alle Matematiche molti de gli Arnefi della
Nautica , e paicicolarmente le BolTole , e le Carte da navigare , cqifìe cofe , che
T a “ ' ' fcryo-
Ming.'S.om.
Suèterr /.4,
e- 37-
L L. in
Scrtpt,Crpì
me».
In Atferipi,
Bafil J^ugdl^
V.inffUy
cap. t • ^ « g
Ile
M V S E 0 e 0 S P I A N Ò
fervono a queir Arte in affari concernenti alle Profeffioni fudette, coftumando
ella di regolarli con direzioni Filiche , Matematiche , Allronomiche • Geometri¬
che , e Geografiche ; ond’ è che lì vale non loio de gli ordigni da deferì verfi , ma
eziandio di molti fopra rapportati. Ma perche non oftantc la nobiltà di quelle
«orme ella, per decreto deirantica Filofofìa, và efclufa dal numero dell’Arti Li¬
berali , e collocata fra le fervili : fe ne trafporta la deferizzione in luogo più con-
facevole dopo gli Strumenti bellici nel Cap. XVII. di quello Libro. Intanto
non è fuori di propolìto il divertirci con gli Strumenti Mulìcali .
He gli Strumenti Muficali»
Caf. VII,
'Muf. Sttsi,
tMf. nlu
tùli, Céd,
dt' Ltninb,
i. lo.c 4.
^e, C*rl9
Mélvdf.
AtnorCoiU
vinto làtl,
V. 26},
t4h
I Opo gli Strumenti Fifico-Matematici meritano d’clTcr’ offervati i Muli*
1, J cali , come Arnelì d’ un* Arte, che compie il Coro delle Scienze, ed è
fondata sù principii dedotti dalle proporzioni Filiche ,e dall’evidenze Materna*
ciche . Nè fe non prima de gli Strumenti , quantunque gentili , dell’ Arti fattive»
erano da deferiverlì, ancorché pochi «quelli d’ una ProfelTione Liber ale, elerci-
tata fin dalle Mule, che ad elfa diedero il nome: effendo tanto più nobili de*
fulTegùenti, quanto più accetti alle Mule llclTe, che godono di trattarli, facen¬
done pieni concerti , c valendofene per limboli proprii , e che non meno de’ no¬
mi di ciafehedunarifuonanti melodia, le palelano Intelligenze principali della
Mulìca, Di che pon no vederfene gli efempi ne’ Bronzi, che ne confer va il Mu-
feo , che pure dalle medclime , non altrimenre che la Mulica , viene denominato :
fcorgendoli in elTi Eratocon la Lira , Melpomene con un Libro di Mulica aperto
nelle mani, Terlicore con un’ Arpa, eh’ è la Cetra antica, figurata nelle Meda¬
glie, Euterpe con un Flauto alla bocca, Se un’Organo accanto, e Polinnia con
due Cetere non molto dilfìmili dalle moderne, come appare dal racconto, che fe
ne porta nel fine di queft* Opera tra’ Balli Rilievi profani. Onde pollo dire con
rerudirillimo Paolo Maria Terzago in limiglianteoccalione. Ad Mufas nos mo¬
do convertamus , quorum Chorus ad inHrumenta Mttjica blande nos invitat . Iru^
his Thalia voluptatem cantus , Melpomene dulce melos , Terpfichore fuaviffimos
Cithara fonos, Euterpe tibiarum modulamina , ac demum Polyhymnia numeris
omnibus abfolutum ^ plenumque mujicalem concentum per/onant, £d ecco.ie la-,
ferie , la quale le non è prolilfa , non effendo flato particolare intenzione dei Sig.
Marchefe di raccogliere limili Arncli , non è però così breve , che non polla no¬
tarli a parte.
a SALTERIO antico di dicci corde, formante un Ventaglio quadrato di le¬
gno col fuo manico gentilmente tornito. Si che può dilettare non meno con
l’eccitar frclco nelle più calde Stagioni , che col fuono in ogni tempo, mentre da
perita mano toccato .
Come Cetra dijlinta in varie corde
Torma di vario fuon concento adorno.
Non è però mai più plaulibile l’ ulo di tali llrumenti , di quando al fuono v'è ac¬
compagnato il canto, di chi intona Inni di gloria a Dio, ad imitazione
Tst quel Reai Cantore ^
che fe sì fantamente
Del juo Salterio armonizzar le corde.
Col qual Salterio del Salmografo tiene molta limiglianza quello , non foìo per
lo numero denario delle corde , com'era in quello, di cui cantò il Profeta, che lo
In Pfalterio decac bordo pfallam Ubi , ma eziandio nella figura quadrata ,
che.
Ll^KO TE\ZO, CAP, va. 211
che, levatofieilmanico,eraIaraedcfimad!quello, come nota S. Girolamo in
un’ Epiftola,, fepur è fua , citandovi li teft è addotto vrerfetto Davidico, e Speci¬
ficandovi , eh’ egli in Ebraico appcìlavafi , la qual figura quadrata vedefi
parimente ne’ Salterii difegnati in un Codice Vaticano , ofTervaro da Girolamo
Defideri.ecirato in quello pi:opo(ìco nei fuo eruditifiìino difeorfo della Mufica,
tra le Profè^degli Accademici Gelaci ,
. 5 SIRINGA, Strumento Muficale da fiato jeompoRo di XII. Fiftu!c,ò can¬
ne di mecalió . commeffe in fila per traverfo ; la prima delle quali ,elIendo la più
lunga, e la più grolla, luona il ballo: elealcrelHccelTivamente minori , quanto
di mano in mano s’accorciano, e s’alTottigliano, tanto più acuto rendono il
fuono. TalnnichiamanoFiftulatuctolo ftrutnento; ma pigliano una parte per
il tutto. Là Fdtula propriamente era quello ftrumento Muficale piccolo d’una
canna loia, e dirirc3,&; eguale, aliai più antico della Siringa , che , dt Jve-
Indetto, dalle Piante>che a formarlo lomminillrorno primieramenté i loro
Iteli vuoti. Il che ftimo invenzione de’ primi Pallori: dalla quale, come da
modello, è credibile fufie di poi cavata la Tibia,. E per Siringa, che dicefi anco
da taluni Sampogna , s’ incende fpecificamente uno Scrumento*come quello del
Muleo, rilulcance di motti tali Fiftule , polle infieme nel modoifopradetto, pur¬
ché non fiano meno di fette, come avvertì reruditilsimo Girolamo Defiderii
nel fuo vago Difcoi lo della Mulìca,che vàtràle Profe dell’ Accademia de’Ge-
lati , infe gnando , che Di fette Fijlalefii camfofia la, Siringa , e di due la Cornamufor.
Del quale accoppiamento di Fiftuk fallì da certuni it^vencore Idi Paftorc Sicilia¬
no , da altri Cibele ,e daaltri Pane , il favolofo Dio de’ Pallori : a cui l’ Vniver-
Sìtà de’ Poeti, e de* Mitologi attribuifee l’ invenzione della Siringa di lette canne
.paluftri , con cera commefle , così chiamata dal nome della Ninfa , che fingono
in tal Pianta cangiata; benché d’ordinario i Poeti Fappellino T/7?»/ì!ì, come
Marziale, o ve fà che u itale Strumento di le favelli.
^uid me comjiaSam ceris y df arundine ^ rides?
primum extrucla ejl FiBuUy talis erat.
intendendo appunto di quel a di Pane, ch’era
- ' ■ difparibus feptem compaFra’. cicutis .
Dalla qual connefiione di molte canne di varie grandezze , e tuoni è verifimile,
che polcia ne derivalTe l’invenzione deir Organo, Strumento de gli Strumenti
della Mufica: il quale a poco a poco migliorandoli è g unto in quelli tempi a tal
perfezzione ,che lembra inluperabile . Del qual penfiero ne diede qualche mo¬
tivo la gentil Mula del (onte Carlo Ma! valla neW Jmor Convinta, Idillio , ove
ravvilata la fimiglianza dell’ Organo nella Sampogna, chiama quella Orbano
paltidofo, introducendo chi dice .
Ter me con cera uniti
il femicapro Dio calami agredi
L’ Organo paludofo
De le vittorie mie refe fonoro.
Che le a tal congettura fi toghe il fondamento della favola, non folo ella, non
cade, ma fi regge aliai meglio, trovandoli sù’l lodo dell’Illoria. Avvegnaché
pertellimoniodiSchilteHaggiburim antico Rabbino, citato dal gran Chirche-
ro nella Mufurgia , tra le numerole Ipezie de gli Strumenti Muficali dell’ ammi-
rabil Tempio di Salomone , ve n* erano da fiato; etri quelli le Fiftule, dette
Halil, s’ erano rette, tKeren, s’eranocurve; le Siringhe , appellate
Mafr abita , molto limili a quella di Pan ; e gli Organi detti Matraphed Aruchim,
reile canne, e ae’ talli molto corrilpoadenti a’ noftri, benché non gli agguaglial-
T 3 lero
D Hiertti.
in Ep.ad
Darà.
num.zi.
num, if.
Z.l4,ep,6^i
V, <jS,’
Cap. xa:x.
«H.I2.
mu 1^.
L.ì.^rrthot.
*ìt Ad’Aht»'):,
Embl. Xr.
Plut, An fen.
gtr fic Refp,
& de fort.
jilex.
211 lA V S E 0 f^OSEìAnO
fero in perfezzlone. Come dunque comporti di molte Fiftule, ò canne tra di
loro dileguali di grandezza , & in confeguenzadi fuono : onde compendiavano
in fe fteflfi , e dì gran lunga fuperavano le perfezzioni delle Siringhe , le quali per
erter più ftmplici dovevanocrtere d’ ii venz ione più antica: era facil cola che il
ritrcKvamentoloro fulTe originato dalle medefime .
4 Due FLAVTI d’ Olite, ò, come la chiama il volgo. Pietra Serpentina:
delia quale s’ è motivato qualche cola nel precedente Libro li. e fe ne difeorre-
rà più a lungo tra Validi Pietra. Sono anchequeftì Strumenti Mulìcali da fiato,
crunod’eflì è lu so più d’ un braccio, e l’altro poco minore. Comprendonfi
fotto il genere delie T ibie , organi d' invenzione antica , ma pofteriore a quella-
della Fiftuli propriamente detta, e da erta, comes’ è accennato , per avventura
dedotta. E chiamavanfi Tibie, perche appunto tormavanfi di Tibie, cioè di
Stinchi d’animali , come dell’ Aquile, e de gli Avoltoi,ederaufan2a de’ Sciti :
ò de’ Cervi ,òde’Cavrioli ,efù cofturae de’ Tebani ; òd’ortad’ Elefanti, c d’al¬
tri g' umenti , e fù ritrovamento de’ Fenicii . Divennero poi materia delle mede-
lime r Edera ,adoprata in ciò da Ofiride , inventor del Monaulo; ilLoto,coftu-
matcdagli A f ftandpini: le Canne del Nilo, ufate da gli altri Egizzii: ilBolfo
ufitato nella Frigia , il Lauro nell’ Africa , & altrove il Sambuco , la Pietra , come
in queftè duedt l Mulco , il cuojo de gli animali , come nella furteguentc ,l’ avo¬
rio , il ferro, il bronzo , e fino i più nobili metalli , come l’argento . Onde creb-
bcro di modo, e con tanta varietà le Tibie , che lene trovano mentovate prcrto
gli Autorrantichi p ùdiXL.dellequalichi vuol faperne,i nomi,lediverfità,lc
proprietà , e gli ufi particolari può foddisfarfi leggendo il fopracitato Difeorfo
della Mufica del De fiderii. A me batta d’avvertire, che oltre quelle trovo rac¬
cordato l’Odontifmo, ch’era una Tibia di quattrofori , e laT biaMinervale,
inventata da Nicofale , edaettodedicataa Minerva, cui taluni artegnorno Tin-
venzione del Flauto, benché poi lo gettarte, fpiacendole troppo che il Tuonarlo
la faccrte parer men bella. Alcheallufe Antipatro, quandocantò di Glafira,
bravilfìmo luonarore di r^li Strumenti .
OSfo^LA.. Kojt «•cfp.tt.roe , euKtr A'òluf»
E’pjS<4<» AeiTouV 7o7a ,
Nomen tibt, cf artis j ó" corporis. Neque Mimrv/i
K^^^eciffèt Tibias, fi talia, ccciniffit.
Dal cliededurte unode’fuoi Emblemi Paolo Maeci, nel qualeperòin vece di
Flauto elprellc la Sampogna , cantandone infieme.
Inflantem buccas temet durn bellica Pallas y
Mutata ^ •vitreo con/ picis ora [acu:
Tintila , ais , pereas ; dehinc ab]icis , tibi , virgo ,
Tarn cito quod placuit y tam cito diflplicuit?
Di tutt’altra fantafia era Canio, quel famofofuonatore ditali Strumenti, il qua¬
le foleva dire d’trtei non m. n pronto a pagare, fefuflè occorfo, chi l’udiva , di
quello fi furte a ncevernela mercede . Nè mencelebri nell’arte medefinia furo¬
no Tclefane,&Enc ;de,oitre Glafira fudetto lodati, ne gli Epigrammi Greci;
Awigenidejchecol fuono de fuoi Flauti eccitò all’ armi, Alertandro Magno, e
prima di qucfti quell’ Antippo , che nella Tibia trovò l’armonia Dorica, e Lidia,
& altri , che non è mio penfiero di raccogliere .
5 FLAVTO MASSIMO di botto, a cui da periti fùdatoii nome di
6 Cinque TRAVERSE, ò diciamo Prffari all’ Inglefe, parimente di botto,
ufati molto nella Germania . Si fuonano di traverfo; dal che tratterò il nome .
7 Sci FLAVI! Tcdcfchi, di varie forti, fimilmente di botto.
8 Sette
' LIBRO TERZO, C A F, PlL 223
I . 8 Sette FLAVTI di varie forti, e parimente di bofTo,! quali tutti furono di
I Scapino, fimofoComico, ch’era maravigliofo infuanarli.
f 9 Vn gran SERPENTONE Muficale . Così chiamo con Pierfrancefco Sca-
tabelli ueilaGalecta Scttaliana uno Strumento armonico, da fiato, formato di
cuojo cotto ivfeinbianza di tottuofo Serpente, lungo più di due braccia, e nell’
eftrem tà largoua palmo: il quale forma un bailo di fpaventofo rimbombo.
CoftumòfiTi già nella Francia , doveera affai frequente l’ ufo ditali arnefi , corno
notaildoctiflìmo P.Merfennio.
10 CORNO antico di cuojocotto, con r Arme gentilizie de’Bentivogli, c
Ranuzzi Famiglie principali drBÒlogna. Dandógli fiato rimbomba in guifa,
che può dirfene col Conte Carlo Malvafia gentiliffimo Poeta .
Dì JlrefitofrQotno
\ Ripercuote l'.itditò. horriào fmm,
11 CORNO d* ottone ,iò più tofto
TROMBA, incuis’aggruppanointantiraodile volute, eie fpire, che fe
1 ne forma un’intrtgatiflìmonOdp,,curiofoa vederli , altrequanto gentile è il fuo-
/ no, cherende, per lalottigliezza, che acquifta il fiato datogli in paffandoper
: que’tortuofi Meandri. Che però.d=^queftampn direbbe Pietro Crinito.
Et Cornu ^ .v; ^ '
I Qualunque però lufi il fragore di quella Tromba c* mvita all’ Armi .
g/ì Strumenti Bellici in getter r. Che cofa h abbi Ano da far con le Mufcy
quando 'y e dd thh\ 'è percHer ìnvehtAti '^
■•■'ir'*'
Vili
I X T On fempre s' avvera que^detto di Gerardo Diceo
^ ■! ■'■■■■ iì^dosiUs. odetunt Arma Camcenal
I Ancodeli’ Armi fidiIettanoie^Mufe, tuttoché Geniiquieti, e godono talvolta
; d’accordare le loro Lite pacifiche al fuono delle Trombe guerriere « cantando
; imprele Marziali ; anzi fannotalorafervir di Trombeffe Cetre, incitando con ar-
I moniabellicola alla guerra. EloprovòAleffandro , il quale udendo Antigcni-
debravi(rimofuonatore,chefacevaalcunefuonateguerriere,le quali appella-
vanfiHarmatie, s* infiammò di maniera, che levatoli in piedi con Tarmi alla
mano, fi Icagliò fopra i circortanti »affalendoli come nemici. E fù purcortume
1 de’ Popoli di Candia > e della Laconia d* entrare in battaglia a fuono di Cetre , e
; d’altri Strumenti Muficali. Et appreffo quefti ultimi, come riferifce Plutarco,
! fole va cantarli.
yo?j> va etHfa, re za.h.a< l
cioè. Vergit ad lethale ferrum leptaè ctthara canere.
Col qual verfoinferivanocheleconalcuneluonatediCetra fedanfi i moti del¬
l’animo, con apre ancora s’accende quefto alla guerra. Quindi fù dette pro¬
verbialmente, e notato dal Manucci tra gli Adagi, C/V^er<« incitat adbellum, E
la Poefia , malfiine T Epica ,fà veder che le Mule fanno trasformare in Trombe le
Cetre. E fuot talor de V Eliconia Tromba
il Mujìco fragor correr tra T armi,
tnachediCG in Trombe? in armi fulminanti.
E per troncar la gener of a Clio
1 Papaveri lenti al mejlo oblio
' , . ,.i E A tra metalli fulminar la Cetra,
2 Cosi con Minerva lamio le Mule maneg giare gli al&ri bellici non meno 1
che
L. II In^rl
Harmon
Preleft.XVJ
Fior. Co*
roD JdilU
V, 284.
Carm, l. z.
Plut, l.%. de
fort, Alex:
Eoe. cif.
•d^eff.Guid»
Poef, Ltr.
Orf.y.y?, j.j,'
m V S E 0 COSPIANO
cheiLetterai it. Onde amano iLauri^ che fimboleggiano egualmente la Gloria
Milicarc.e l’ HonorXecterario . Aozi inferendoli alle Palme propagano lama,
«cria più nobile da intrccciarfi in Corone per chi con effe , come Cefare , tempra
colle Spade le Penne avverando quel (cntimcnto che mi dettorno in una Serie-
fura Poetica al Sig. Lorenzo Craflo ; eruditilfimo Storico , Oratore , e Poeta Na¬
politano, cioè.
Ov*r«f àfttuf Taf ft^<tfa(ii^7t>f
■ ^ ’’ hììa'f To>^a!Kii
‘ itfniyiì’ àe , xtu ìcvpubiiprn
■ ^ hievffytfO fifitf A< K^èirm.
« fia, come m’ occorfe fp'cgare co’ metri Latini.
. ; T Sic, beUicofum, qtiA caput ambiunt,
- • Meret frequenter J>oÙus adoreas.
Hinc Mgtde , ac haBa decoram
Fnigenam coluere Athena .
3 Onde poteva beniliimo dirli delle Mule, ciòchedi Pallade mi venne in ac¬
concio di pronunziare , profeguendo .
lé 7tìt itfii KATarricf
Où vpdTÌfi S'pne , wadV Si xurardfm
li Ailìuif «.bTS XtLfuTpd, TTctMaV
Kaf^lypa^oe areVe (nif .
. . 7* ftùj Krp*i^à.t Cee^oi ttfiuu7UQi!e ,
BplpL9i,t y A’x<WkB’, B.\top» , KA’vetCn
Tttr Atàfxf , tìfin tlvitì
E’vtToXi/LcofCF «t’ A‘7pvTura,fi
E’r 7tTf cìeiftTf S*ìor «Su fetf
E’r^ovoiàfTU ,
ToKtf KhioV7tU TUp TÌ7ttir Tt ,
a/4* <’•» uaì iesKioif irap l*’rJ'e/f,
ò come portali nella Traduzzione Latina.
Secus foror is Munta promere
' Hon efl Gradivi-, qui» ^ in' infmà
Lethe laterent gè fi a Martis ,
Subveniat nif fetta Pallas.
^uis mine Atridas dicere vindices t
Fortemve Achillem , aut Heclora , vel pium
‘ Matum Diones , ni fuijfent
^.Auxilio celebres Minerva?
Diam canoris Vatibus indidit
Mentem, excolendam faticini Deo%
Hinc Nomen ad Mauros , Getafque
Grande ferunt, ér ntrofque ad Indos.
4 Che però non dildicono a quello Recello dede Mule le Armi d’ogni forte
adunatevi dal Sig. Marchcle Coipi -, anzi tanto meglio vi Hanno, quanto più nel-
. l’ accoppiamento di quelli Arnefi di Guerra a gli altri di Pace, che qui fi vedono,
campeggia P unione, e fratellanza de’ Genii di Pallade , e delle Mule; poi¬
ché , le quella nacque dal capo di Giove : quelle pur fono figliuole di Giove, é
della Memoria; e fe quella è non meno amica dell’ Armi , che delle Lettere:
quelle trattano egualmente argomenti pacifici , e beilicofi , come lorelle , e
compagne indivile d’ Apolline , che maneggia con egual maeilria la Cetra , e le
Od. 7. zi Saette (onde cantò il Guidi
Jiegge il fianco Febeo Plettro, e Feretra)
e, co-
LIBRO t n%ZO, CAP. Vili tzs
e, come riferifce Macrobio yC ,con ciTo , il Cartari yfù da taluni creduto lo ftcffo
con Marte , il Dio dell* Armi * c della Guerra y è con gli Arneli di quello rappre-
(entaco . E Matte medefimo , intefo anco feparato da Febo , tutto che fiero y pia.
cidamente le accoglie y godendo nel commercio loro non meno la temperanza
de fuoi furori y che la coftanza delle fue glorie .
5 Quindi fù faggio penlìeroTafiegnar loro Stanza contigua a quella diMar«
te , come appunto fece il Sig. Marchefe Ferdinando ; il quale « fe con l’ unire tra
gii Strumenti di Pace, qualche Arnefe di Guerra, mofirò efier bene in tempo di
quella , il provedere per quella : difendo Afori/mo di buona Politica , appreso
Luciano, riferito tra gli Adagi del Manucci, « «Vw che è
a dire , 7* empore Pacis cogitandum de Bello ; ( dal che fù dedotta quella Sentenza >
cheli legge neir entrata del famofoArfcnale di Venezia , cioè
TEÙX CIVITAS^ ^AE TEMPORE PAClS DE BELLO COGITAT.)
coli’accopptar quello Muleo, a quello dell’ Aldrovandi, confinante con l'Arme¬
ria lupenore della Città , venne a temprare con la manluetudine delle Mule la
fierezza di Marte , e toccò nel legno , a cui collimò la Prudenza dell* IlluflrilTimo
Senato, quando fece fabbricarcontigui quelli due Appartamenti delle Mule, e
di Marce : Icorgendolene l’ intenzione nella feguence llcrizzione , che lì legge in
capo alla prima delle due Scale , che guidano al Muleo , & all* Armeria fudecta »
cioè .
MAC ITER AD MVSAS, ET MARTIS TECTA ì SENATFS
EELSINEVS IVNCT A M STRVXIT VTRAM^E DOMVM,
^I ARMISONVM MITI MODERAVIT APOLLINE MARTEM^
DIC ^A SIT DIGNVS LAVDE, VIATOR^ k^BI.
6 Nacque 1’ ulo dell’ Armi , come crede Plutarco , dalla necefllità di ripararli
dalle fiere , lìn quando il viver tra bofchi rendeva gli huomini più elpolli alle in-
g urie di quelle . Crebbe polcia, ò più tollo degenerò in abuloy all’hora che, in¬
trodotto il viver civile, e con elio l’ambizionediregnarefche cominciò in.
Nembrotte , il primo Tiranno del Mondo) lì pafsò dall’ odela delle fiere,a quella
de gii huomini y tentando! più potenti d'opprimere ipiùdeboli. Quindi forfè
la Guerra , leminatrice di llragi, trovata da Belo , figliuolo di Nembrotte, e pri¬
mo Rè de gli Affirii : dal cui nome pare che derivi il latino Bellum. Quindi mol-
tiplicorno le Armi, che Iparfero mari di fangue fiumano. Per lo clic Tibullo,
il quale fotto nome di Spade intele ogni forre d’ Armi oftenfive , ne fclamò .
^uis fuit horrendos primus qui protulit Enfesì
^jtàm ferus y é)‘ ferreus ille fuit\
Tunc cades hominum generi j tunc pralia nata.
Tunc breviter dira Mortis aperta via eli,
Benchepofeia ne Icula I’ Inventore, con dire in confermazione de* fenli addotti,
cxf? nihil ille mifer meruit. Nos in mala noHra
Vertimus y in fevas quod dedit ille feras. <
Divitis hoc vitium ejl auri; nec Bella fuerunt y
Faginus ajlabat cum fcyphus ante dapes.
Non arces y non vallus erat^ fomnumque petebat
Securus varias dux gregis inter oves,
^uis furor eJl atram bellis anefe-e mortem^
Imminet y ^ tacito clam venit illa pede,
7 II primo, che alla Milizia le addatrò, per attellato di Diodoro, fù Marte
^ che ferii è Io Hello con Belo ) da cui furono armati , e guidati nrcampo i primi
Soldati. Onde apprelToi Gentili acquiHò fama di Nume della Guèrra, e deli]
Armi*
Tnrar» iti
D*i f. Ho.
&%9f
Adag. fog:
aoi6.
Aut, Guo.
var Ltb.
Aur.eap.
30.
Antettiu.
Dant. Let-
tioif, CXI,
Lìbi.EltV
IO.
1
'Z>»9>dtPrfp,
<E,v»ng. 1,2.
L. a. dnt/i,
I*à.
Z. 7* 5^*
Lib. 4.
Dioi. lib, €.
jPl. lec.cit.
L> I. de re
miiit.
T eeitr.Od,
its MVSno co STIANO
♦’ /
. Armi. AI che allufc il Poeta ilei principio dell’ Eneide, dicendo
n ■ — — — — ; 4/ horrentia Martis
t^/iirmat Virumque cano,
Artabano però , Scrittore di molta antichità , e non mi nor fede , citato da Eu-
febio.adegnaper primo Inventore de gli Strumenti da Guerra Mosè: Alche
parmi che fottoferiva Giofeffo , notando che Mosè nell* Egitto ancor giovane,
armò il primo efercito, che fi moffe contro i Mori ; i quali, non havendo altre
armi , fi difefero co’ Baftoni , come ricavo da Plinio , che penlo d i quelta Guerra
s’intenda , dove feoive. Pralium Afri contra Mgyptios primi fecere fuUihtts,
quos vocant phalangas. Altro però è l’ eficre Inventore d’ Armi, altro di guer-»
reggiarc. E può Belo haver introdotto la Guerracon Armi di legno, e Mosè
con Armi di ferro . Quali però in ifpezie fufiero l’ armi da elio in ventate non hò
per anco offervato . Congetturo , che fulTero TELMO, c lo SCVDO piccolo
da Soldato a cavallo : e Taccenna Erodoto dicendo,che quefte Armi furono da
gli Egizzi communicate a’ Greci. Comunquefiafi , delle invenzioni in quello
genere , non è tutta de gli Egizzii la gloria , perche gran parte ve ne hanno mol«
ti altri Popoli. I Cureti, a’ quali Diodoro alTegna l’invenzione dell’ ELMO,
inventorno la SPADA; fe non più tollo furono i Lacedemoni, come nota
Plinio , che ad elfi attribuifee anco il ritrovamento dell’ ASTA . E per detto del
medefimo, la LORICA fù trovata da Midia MelTenio; le TARGHEf chefo-
no gli Scudi maggiori, proprii de’ Soldati a piedi) da Preto, & Acrifio, che
guerreggiavano infiemejòda Calco, figliuolod’Atamante. Le GAMBIERE,
eie CRESTE delle Celate da Popoli della Caria; le LANCIE da gli Etoli; il
DARDO conTamento, daE'oIofigIiuolodiMarte;le ASTE VELITARI, ò
diciamo da Ca vaneggierò, & il PILO da T'rreno; l’ ACCETTA da Pentefilea
Regina delle Amazzoni; gli SPIEDI daPifeo; TARGO, e le SAETTE da Apol¬
line , benché altri le afTegni a Scitc figliuolo di Giove , altri a Perico figliuolo di
Perico. La BALESTRA dallo Hello Plinio fallì invenzione de’ Fenici , come
fimilmente la PIOMBA ( feben quella da Vegezios’ attribuifee a’ Majorchini,
eMinorchini) lo SCORPIONE dc’Crctcnfi; la CATAPVLTA de’ Siri;
le TESTVGINI d’ Artemone Clazomenio; il MONTONE, che prima fù
chiamato CAVALLO, daEpeo, che T inventò forco Troja; (Scaltre fono in¬
venzione d’altri. I ritrovamenti de’ quali furono di gran lunga lafciati addietro,
da quello delle ARMI da FVOCO, e particolarmente del CANNONE»
pochi fecoli fà inventato nella Germania .
8 Ma lafciamo T uni verfalità d 1 cpiefle materie, a chi fulTe di talento ( c fareb*
be imprefa molto ardua , ma tanto più gloriola) di defcrivcre a parte tutte le for¬
ti dell’ Armi inventate, Stufate da gli Alfirii,eda’Babilonii; dagli Egizzii, o
da Perfiani ; da Paleflini , e da Fenicii ; da Greci , e da Romani ; e da gli altri Po¬
poli de.gli antichi, e de’ noflri tempi: e portianciad ollervar da predo le qui
appefe; le quali fe non fono molte , perche quello è Mufeo , c non Armeria : nè
fù penficro del S'g. Marchefe di raccoglier* Armi , ballandoli folo, che in una
radunanza di cofe ragguardevoli, polle infieme per fuo diporto, ve ne fullero
alcune di quello genere ( non difdiccndo tra eli Arnefi dedicati alle Mule le
Spade innocenti t e i manfueti Scudi.}
non fono però cosi poche , che non portino neeelfità di dcfcriyerlé in più Capi $
e’iprimofia.
Delle
LIBRO TÈRZO. CAP. IX.
Delle Armi d/e difefie\
Cap. IX.
2-2-7
. VfatcdalSig.Marchefc;
I D Oco giova r offender’ altri in guerra, fe prima non s‘ afficurano le proprie
difele, A tal fine furono inventate le Armi, che fi vedono, che s’im¬
bracciano , e che in qualunque maniera riparano le membra da’ colpi de gli
A vverfarii , come le qui notate .
a ARMATVRA intiera, da Cavaliere, formata alla Gotica. Sue partiro¬
no ELMO, colfuo CIMIERO, VSBERGO, SPAL ACCI, BRACCIALI.
MANOPOLE, COSCIALI, GAMBIERE, e SCARPE, ò ripari de’ piedi,
e ZANFRINO per lo Cavallo di forbitjffimoacciajo. Nella cui terfezza rif-
plende un tedimonio ben chiaro della bellezza di quell’ Ingegno moderno . che
inventò l’arte di polire le arme, in tutto ignota a gli antichi, come notò Gio-
•vanni Stradano; il quale Rampò in rame XX. Invenzioni moderne, e tra elTo
quella , a cui perciò furono fottoferitti queRi fenarii .
Eafes. Bifennes . Arma Bellona omnia..
Noiìrot hand vettijlo . funi f olita f acuto ,
3 ARMATVRA da comparfa, molto nobile, c->
tutta intagliata .
4 ARMATVRA da gioRrare all’Incontro for-^
nitadi lutco.punto.
5 Due ARMATVRE antiche, fatte a fquame, j
da portar fotte panni. 11 Volgo le chiitan Animine
6 Due CORSALETTI antichi di ladra , e maglia .
7 Tré ELMI antichi.
8 Sedici ZVCCHETTI di ferro, fatti a rete , ufati da Francefi.
9 Sei MORIONI antichi, molto più grandi de gli Elmi, fatti dicQojocot-
to , e di ferro ; de’ quali fi ferviva la Plebe in far certa feda popolare in piazza : e
quelli coprendo il capo col premer le fpalle , lafciavano libero il moto alla teda,
cui difendevano da colpi ,e percolle gravi delle Mazze , e de’badoni , co’ quali
loievano batterli in limile fpettacolo. CosìCefare, ma con fine diverfo, Afu~
Jienes cum cajfidibus tquitum , ac JimuUtiont ^ collibus circumvehi ]ujfit. Sem¬
brano così detri dal Greco che fignificaofeuro, etenebrofo.
re Cinque BARBVTE. Quede fono una forte di Morione ufato avanti le
Celate; e così chiamavanfi, perche lafciavano la Barba feoperta, a differenza
delle Celate, le quali tuttala faccia celavano; onde ne trafTero il nome. Efù
ne’ fecoli addietro tanto frequente l’ufo di quefia forte d’armi del capo, che da
elle ne furono chiamati Barbute i Soldati, che le ufavano: il qual nome fù poi
cangiato in quello di Lancia al tempo del gran Cardinale Albornpzzi : fcriven-
do il Ghcrardacci , Storico Bolognefe , che gl ’ Ingle/ì della Compagnia bianca-) ,
che fi trovavano a Fiorenza, arr alati al numero di fei milla dal Cardinale Al¬
ter no^t. furono i primi, che condujfirein Italia i Soldati a nome di Lande, a
tre per Lancia , perche prima fi conducevano fiotto queFìo nome di Barbute, il
qual* ufo fiempre per /’ inanzi fu ofiervato,
ir MASCHERA di ferro, ufata dopo le Barbute , Pi tali Mafchere fa
menzione Agefilao Marefeotti neH’eruditiflimo fuo Sintagma de Perfionis. d*
Larvis, fcrivendo. Vifiuntur. hodieque in celebrioribus potentiarum Dynafiarum
Armamentariis pervetufia C afide s . perfionarum inSar . dr eid humani vultus .
0“ ud brutorum fimilitudinem fabricata, c, modrandone 1’ antichità, feguo
Tales prorfus à €er manis adhibitas, auBor eli P lutare hus in Mario,
la AR-
Lcj.ieBth
Gali.
Z.24.
di Bolegna
p. 286.
L. ló. 7?>
L* 2* Cm 15*
^ 3 c. 4,
& l, 7. e. 6.
t£rt Sa 87*
«afa /»
Zra 6a fifa
Gr<cfa p.
7»iht44i,
tl8 MySEO COSPlANÓ
12 ARMATVRA da TESTA, di bombagio, quanto più molle, tanto più
icfiftente a’colpi di Spada . V fanza , come fembra , tolta da Perfiani; i quali ula-
vano certi capelli di pelo , eh’ effi chiamavano Tiare , & erano ad ogni colpo im.
penetrabili, come attelta Erodoto di quelli, che portavano i Perfiani nell’Efercj-
to di Serie . Altri della fteffa materia fi fecero fabricar le Corazze , come colo¬
ro, dc’quali cantò il Bolognettinel fuo Collante.
Molti che di Corazza erano armati f
D* alto bomhagioi e di si fatti arnefi ,
per gli quali arnefi fi ponno intendere anco di quelli Morioni di bombagio .
13 CORAZZA fabbricata in guila di giubbone ,di Icaglie di Dante, taglia¬
te nel più grolTo della pelle , e commclle di modo , che la rendono valevole per
refiltere a colpi non folo di tutta Scimitarra, ma anco di Pillolla. Bella inven¬
zione io vero per fare, che fpicchi Tanimofità d’un Commandante, anco in un fat¬
to d’ armi, lenza che il fcrroalficuri le lue difele . E' manifattura d’ ingegno Ale-
mano: il quale con quello ritrovamento armò aliai meglio il (Guerriero, cui prc-
tele di fervile, di quello havrebbe giammai fatto la maravigliola Corazza di
panno di lino da Amali Rè d’Egitto, al riferir d’ Erodoto , donata al Tempio di
Minerva de’ Lindii. Nè così forti, per mio credere , furono le Corazze teflute di
Iegno,perdettodelmedefimo,ulate da gl’indiani neH’Elcrcitodi Serie. Fù
donata al Sig.Marchcle Colpi dal SerenilTimo Principe Cardinal Leopoldo de’
Medici . Vna limile Corazza è fama, che s’ ulalle dal Duca Bernardo di Vairaar
Generale della Corona di Svecia .
14 Cinque SCVDI rotondi» i quali per tale figura chiamanfi anco Rotel¬
le . Da gli antichi Latini furono con nome particolare chiamati Clypei^ a diffe¬
renza degli Scudi lunghi, che noi diciamo Targhe, & eglino appellavano
Con la qual riflelfione gli mentovò la gentil Mula del Sig. Pietro Andrea Trin-
chieri, nell’ Elegia fopra quello Mufeo , in quel Dillico .
Phabeos CLTPEOS ^ atque ara micantia cerno y
Gafaque , armifona SCVT A tremenda Dea ,
Vfavafi quelli Scudi tódi dalla Cavalleria; & i IQghi dalla F5teria,come i fegucti
15 Sci SCVDI di Fico, lunghi tanto, che ponno coprire da capo a piedi
chiunque gl’ imbraccia. Sono armi proprie de’ Pedoni: i quali dall’ ufo loro
anticamente cognominaronfi , perch’efle Scuta con nome particolare,
come habbiam detto, eran chiamate. Appellanfi da Moderni La qual
voce fù ricevuta nella Poefia dal Bolognetti, che di certi Soldati cantò nel luo
Collante E con la Targa ognun y eh' e groffa y e duruy
Dal pie tutto fi copre in fino a gli occhi.
Ed appunto perche coprono tutta la per Iona, meritorno d’ clferc antonoroallica*
mente chiamate Armi. Onde lo Scaligero ,Armay àice y proprie funt Scuta: ut
Tarpe\a necata armis sabinorum y idejl Scutis , é" Ancjlia arma y funt Scuta Sa¬
liorum. Servirono quelli del Muleo a Perlonaggi qualificati di quella Città,
come dalle Armi gentilizie di Famiglie nobili in eilì dipinte fi congettura. Sene
valevano i Bolognefi , quando s’ armavano i Quartieri della Città .
*6 SCVDO dicuojo,checon PaoloSilenziariopolFochiamare
ravfdhu
Cioè Scutum taureum munimentum cutis ,
17 SCVDO di Canna d’india, nobile, antico.
Tra 1 Armi da ditela meritano luogo anco quelle .
18 TESTIERA, e PETTORALE di ferro, lavorati per difefa del Cavallo,
di chi velliva la lopramentovata Armatura Gotica . 19 PETTORALE di Fi¬
co, antico , per Icrvizio parimente d’ un Cavallo . Delle
L l B R 0 T E \ Z 0, C AF;. X. Sip
I>g//e Armi da offefa^
e frima delle dUvCt Magli y Picchi y Acccy o Scftriy & Afte'.
Caf^. X,
I l^ElIc Armi da ofFefa, altre furono inventate per ferir da preflb , altre per
colpir df lontano. Per ferir da preffo furono introdotte le Armi da
percoiTa come le Clavi , c Magli i da percoda , e da taglio, come le Scuri j da pun¬
ta, come le Afte; e dapunta infieme, e da raglio, come le Spade, Pugnali, e
Coltelli diverfi. Per colpir di lontano furono fattele Armi da lancio, come i
Dardi; e da tiro, come gli Archi, Baleftre, & Archibugi, e ciòchedaquefte
machine fi fcaglia . Di tutte le quali forti d’ Armi ne hà il Mufeo qualche indivi¬
duo, chea* anderà mentovando fecondo l’ ordine qui addotto. E prima, delle
Armi , che chiamo da percolfa , perche offendono battendo , e peftando , non ta¬
gliando ,ò forando , vi offer vo
a Quindici CLAVE, ò, come oggidì appeilanfi , Mazzeferrate , varici
parte di quefto, parte de’ Secoli a quefto più vicini, ufare in diverte Provincie
deir Oriente . Alcune delle quali figurate fi vedono nella Profpettiva del Mufeo.
Sono elleno armate d’acute punte di ferro, ò diciamo davi, da’ quali fembra..
dedotto il nome loro . Furono però un tempo le Clave Baftoni femplici , ma no-
dofi , di legno duro , & affai ponderofo . Stimanfi la più antica fpezie delle Ar¬
mi da offefa ; e non è in verifimile, che l’invenzione loro fia una propagine della_
malizia di Caino, il quale appunto con fimile ftrumento introduffela morte nel
Mondo , commettendo il primo homicidio nella perfona dell’ innocente Fratel¬
lo . Il Gentilefmo dichiaròlle Armi da Eroe col porle in mano a gli Alcidi ; Non
le vide però mai fervir tanto alla Virtù Eroica , die poteffero gareggiare di gloria
con quella Mafcella di giumento, che fu la Clava di Sanfone, Hercolenonfa-
volofodell’Ebraifrao ,
3 MAGLIO Turchefeo, ò, come chiamafi dal vulgo i GIAVARINAJ
Quefta è uno Strumento Militare da percoffa non meno delle Clave , e forfi dalle
Clave così denominato , qnafi Clavaria ^ Corrifponde alla Dolabra Militare
de gli Antichi . E' fimile ad un Martello col fuo manico , e con uno de’ capi qua¬
drato, groffo, ed affai pelante, proveduto di molte punte, per far colpo che
fiacchi , e fpezzi , e l’armature , e le membra : e l’ altro un poco adunco , e molto
aguzzo per infinuarfi ove , rompendo , non penetra il primo .
4 PICCO, con manico fornito d’argento. Quefto parimente fi è uno Stru¬
mento Militare in fembianza di martello, groffo, & affai grave, ma con amenduc
r eftremità adunche , & aguzze , acciò penetri fiaccando , e fpezzando con l’ ar¬
mi l’ offa , e ferva infieme in occorrenza di gyaftare , ò cavar mine . L’ ulano affai
i Turchi.
5 PICCHETTO ordinario. Quefto , col precedente tra diverfe Spoglie
Turchefche fù recato di Cliffa , e donato ai Sig. Marchefe dal Sig. Tenente Co¬
lonnello Carlo Cignani Bolognefe: il quale nella prefa di quella Piazza guarda¬
ta da Muftaibec BegovÌc,comandando a buon numero di Soldatefca Veneziana,
opero tanto col fenno, e con la mano, che ravvivò in fe fteffo le memorie di que¬
gli Eroi Bolognefi, che furono flagelli de’ Turchi nel conquifto di Terra Santa
lotto Goffredo . Vedonfi quefti due Picchi figurati nella Tavola , che fi porterà ,
delle Spoglie fudette , al num. IV.
6 PICCONE nobile, di bella figura , dorato, e miniato, con manicò
d’ebano.
V 7 Da
Clava à
elavo .
<7iV. Frane,
Negri , Fri-
ma Crociata
xjo M y S E O C 0 S P ì A hi 0
7 Da percola , e da tagljp fono le Scuri , ò Acce , Armi inventate da Pente-
filca. Regina delle Amazzoni ; le quali fervono non meno a fiaccare con l’cftre-
mità quadra , e ponderofa , che a tagliare col filo deil’ ala , Ed anco di quelle ne
vediamo d'onfervabili nel Mufeo> e fono
S Due ACCE, ò SCVRI, che MANARINI chiama il vulgo, dorate,
e lavorate a fiorami bellilTimi , con manichi d’ ebano .
9 ACCETTA, c’hà per manico una Cannarli Piftolla con la fua Rota, &
altri fornimenti , perche ferva infieme d’arma da taglio , e da fuoco . E’tutta la¬
vorata alla zimina. Fù di Cofmo de' Medici .
10 SeVRE, ò SECVRE nobile, col manico di ferro, quadrato, c com-
nclToviin maniera, che fembra un tutto naturale, quello eh’ è artifiziofo. Le
accrefeono bellezza diverfi fcherzi gentililfimi dell’ arte .
11 Due ACCETTE ordinarie, di non ordinario artifizio, e di qualche
antichità .
la MANARINO col manico d’ argento,
13 Altro MANARINO, con il manico fatto a fagri, c coperto d’argento.
Col precedente fù dell’ Alibecco Sangiacco di Zomonicco , e di tutta la Bofna :
acuifù tolto nell* alTedio di quella Piazza, e con altre Spoglie Turchefche por.
tato in Italia, e donato al Mufeo dal fopramento varo Stg. Cignani. E l’uno, e
l’ altro fi vede figurato nella Tavola , che fi porterà , delle Spoglie fudecte .
yfgeff. C0U Delle Armi folamente da punta vi fono
team. R$m. ^eUi del fiero Marte
par,f,^9. Pungenti fimi acciari ,
Jnfir umenti dt morte eletti ^ e rari,
cioè SPIEDO , che con alcune fufte s’ allarga , e divide in tré orribili punte .
15 LANCIA d’acciajo, con la cufpide quadrangolare, ma in ogni lato in¬
cavata . Fù del fopramento vato Governatore di Zomonicco, e di tutta la Bofna .
\6 ZAGAGLIA, chefùdelmedefimo Alibecco: e con l’alta precedente fi
vede figurata nella Tavola fopracitata delle Spoglie Turchefche , al nu. II. e III.
17 ASTA Turchefea, detta da Maomettani Valojfioy recata fimilmentc di
elida dal Sig. Cignani, manon dileguata nella Tavola Indetta. Ed a quelle
Armi allufe la gentil Mula del Sig. P/etro Andrea Trinchieri, quando cantò del
Mufeo — — — ■ ■ ara micantia cerno y
Gafaque .
18 CVSPIDE d’ ASTA, aggiuftata in una impugnatura di ferro, che fini-
fee in due lupari , e la rende atta a fervir di Pugnale . E' di lama quadrangola ,
lei onde larga, lavorata alla zimina; & in ella fi leggono i feguenti caratteri
cfprefll alla Greca, A BEI XI.
19 Alla CVSPIDE d* ASTA, limile alla precedente nella figura, e nella
impugnatura , ma un’ oncia più breve , e lenza lavori alla zimina .
Delle spade y e Pugnali diverfi.
Gap. XI.
I 1^ A punta infieme , e da taglio fono le armi di lama , e particolarmente le
1-/ Spade, alle quali edendo noi giunti, potiam dire con Livio: ventum
iParif. Put, ^d gladios:, non per rapprefentarc in ducllociò, ch’egli foggiunge , cioè
neivoli.l.-j, Mars accerrime furit: ma per odervarlc in pace Amefi bellicofi,olFcnfivÌ ,e di-
• fenfiviy i più nobili, c’habbia mai havuto la Guerra, c maneggiato la Fortezza
Militare. Non conofee Arma più degna il valore Cavalerefo. Che però con-
quella fi creano i Cavalieri . for/is
LIBRO TERZO. CAR. KI. 23I
Tortis s^rdonychen praferat ut m^ms .
cóme cantò il noftro Lampridio, chequi per Telfa ingiojellata tutta la Spada
intefe . E perche è arma non folo di Fortezza , ma di Giuftizia , fu con le bilan-*-
eie affegnata ad Aftreaj la quale, fe libra con quelle i meriti, e le colpe, con
quelle gafìigai colpeuoli. Onde Girolamo Moricuccìhehbe a dirne
Lyd U finiBra ma» tra mi fofpende
Doppia Lance dorai a ^
Ove con l ’ altrui colpe i merli appende ,
Fulminea Spada ^ eh' empio cor fpauenta»
Stringe la deUra irata.
Di lei, cht r Inmcen'^ opprimer lenta.t
Prona il colpo d fuoF danni t
A miir alme tradite.
Con lei le fila ordite
Tronca di fraudi, e di nemici inganni.
E per Io fine medefimo , che tanto è il dire co’ Giuriiconfulti , eh’ ella è fimbolo
di mero , e di mifto Imperio , portali avanti a’ Monarchi , i quali rapprefentano
la Giuftizia Regnante ; raccordando loro quello Strumento , che intereli Reipu-
bile a, ne delizia remaneant impunita. Quindi il Cavalier Teodoro nMa fua
belliiIimaCanzonefopralaScherraa, Decantò M
De la Ragion Minilira
La Spada è fol, pero dal braccio invitto
De la Giudi^ia in efercix>io e pofia:
Col /angue ella regiflra
De I' altrui vita il termine preferitta,
Publici falli a vendicar difpofia:
Di ferro ella è compoBa,
Lt ha di ferro in petto almo, rinchiufa
chi fuor di tempo ingiuB amente 1' ufa.
3 Fù quell* Arma, come fopranotòlfi per detto di Plinio, inventata da’ La-
coni , i quali valendofene in guerra con coraggio, e fenno veramente' Spartano,
che tanto è il dire degno d* una Nazione guardinga non meno nell’ operare , che
nel parlare, infegnorno a gli altri Popoli, ch’ella.deve oprarli con giudizio, c
vigore, ò diciamo col Poeta,
col fenno, e con la mano.
Così r ufa chi , daSpartano , l’ impugna per la Patria , ò come Eraclio , e Goffre¬
do, perla Religione: elTendo che '•
Per la Tè, per la Patria il tutto lice.
E così pure l’ adopra, chi a difefa propria, eh’ è permeffa da tutte le Leggi, c Co-
llituzioni , sà valerfene con moderatezza , rammentandoli , ch’ella deve fervire
ut fìt parata de f enfio , non ultio necefaria . Così adoprata ,ella è veramente Spa^
da d' Honore come con fodifllme ragioni , e dottrine dimoftra il Senator Berlin-
giero Gelfi nel Libro primo delle oJfiervaz,iom Cavalerefiche , ch’ egli appunto inti-
tolòLaSpadadiHonore. Altrimente, vibrata dall’Ira, ò dal Furore, Paflìoni
cieche , che non bilanciano , nè milurano i colpi ;e maneggiata per vendetta , la
quale - Semper ér infirmi eft animi, exiguique voluptas,
diuenta Strumento di vergogna , come ne* Duelli ,
Dove egualmente d* atro /angue tinto
vergegnefo il Vincitore, e 'I Vinto. -
Qgindi la gentil Mula del Conte Gafparo Bombaci, dichiarò incapace di Gloria
Va la
Od. 25. an.
tiftr.i.
Poef. Od. S-
Ma't^a.oni
/• 3. c. 36,
fot. 562.
BtrUng,
Oeff. Spada
d' Hon. P.u
nu. lé.
Peef.Od.^ot
11,
L.^.c. ys»
T aff. Ger '.
Cant.i.ft.i',
Jd. C. 2^^
iHVtn.fat,'^'.
MonpSenim
gnt Canrone
contro il
Duello ,
Guidi Od,
6 y.
r Z.J! D.
Z.4.C
i- 7« f.7.
P
MVSEO CO SPI ANO
la Spada sfoderata dal Furore ; e dedicò gli Elogii della fua Penna a quella , che
foiodalla Virtù vien molla, cantandone , con bella rifleirionc a i Morti coni»
battendo nel Conquido di Terra Santa.
I Re^io del fianco , e par ago» del core
De la mano, e del pie regolatrice ,
Spada, che Scndo in un chiamar mi lice
De la Fe , de la Patria, e de 1 Honore,
Se Virtude t' adopra, e non Furore
Rendi morendo ancor, l* Httomo felice.
Non ha la Gloria, ed ogni lingua ;/ dice.
De ’ chiari Inflri tuoi più bel fplendore ,
Altri in vibrar/ì egregiamente ilìrutto
Del famofo Giordan prefo la foce
Porto col Pomo tuo de l’ armi il frutto,
lo canto applattfì armoniofo in "voce
A chi pianfe cola, ma in dolce lutto,
E SU' r elfa in morir bacio la Croce.
3 Mafermiamo l’atte.jzioncsù quefte del Muleo,ferbatevi
ma p
Sk
Non per troncar de I' altrui vita i fli,
:he vi durino Trofei altre deH’antichità, altre di Barbari vinti. Tra effe
le più offer vabili , e per la grandezza , e forfi anco per l’ antichità , fono
4 Quattro SPADE MASSIME, di quelle che il volgo chiama Spadonida
due mani, per effere di tale grandezza, e pelo, che non ponno rotarli, che con
ambe le mani. Sono molto antiche, e ffimanlt reliquie Gotiche. Di quefte
s’intefcil Sig. Trinchieri, quando delle Cofe del Mufeo nell’Elegia, che ne
(criffe, raccordò.
Fatiferos enfes , formidatafe^ue Màcharas ,
Arma giganteà vix agttanda maau .
oltre quefte
Di confumati Eroi Spade vetujle ,
meritano d’ effere off ervate
5 Tré Scim tarre,ò,come il volgo le chiama, Sciable antiche. Quefte fono
Spade Turchefche,non diritte, come le noftrane, ma alquanto curve, di taglio
cosi fino, e di colpo così formidabile,che maneggiate da buon braccio ponno ta¬
gliare un’ huomo a traverlo,per non dire un Cavallo, come pretende quel l’Auto¬
re del Teatro della Vita Humana,che di quella forte di Spada,la quale da Turchi
chiamali Kilitz, lafciò fcritto. Hodie apudT urcas potijfimum armorumgenusejl
gladius leviter incurvus, quem Kditz (Arabibus Seife dicitur ) vel Copides i
cadende vocant , ita acutus , ut medium hominem, imrno & equum unico nifu fin¬
dat . VIavanli quefte nella Caria , e nella Scitiafino al tempo di Dario, come ri-
ferifee Erodoto ] & appcliavanfi Acinaci ; coi qual nome pure , ài dir d’ Amano,
furono chiamate ancora certe Afte Perliane .
6 Tré altre Scimitarre, Ò Spade Turchefche ordinarie, tolte a’ Turchi nella
prefa di Cliffa , che fucceffe nel 1 6qìi, Le quali con altre Armi , c Spoglie diver-
fc, riportate nelconquiftodi quella Piazzadal Sig. Tenente Colonnello Carlo
Cignani Bolognefe , e da elio donate al Mufeo , collituifcono il Trofeo cfpreffo
nella Figura , che fene porta nel fine di quello Catalogo dell’ Armi.
7 Scimitarraantica, dilama, ed’ellapiana, malavorata alla Zimina,con
fiorami ,& vccellami, fornita d’impugnatura nobile, non tanto per la varietà
de’minutilTimi Arabelchi d’avorio gentilmente incaftratevi , quanto per le fot-
iiliffì-
L i:)& R O TÈRZO. CAP. XI
rilifiìme figure d’ anìmaii • mafllme di Leoni , e per gli arabefchi di getto dorato,
che gli fono di fuperbiflimo ornamento . Nella cima del Pomo hà una belliffima
teda di Leone con tutta inaeftr a formata, e quattro altre ne’ quattro lati oppó.
di , e tramezzati d’altre tante ladre con getti parimenti dorati , Onde può can«
tarfi col Benamati , che di queda Spada
SÙ r aurev^ Bómaì c cm divin lavar» ' ^
Scutte ha varie figure Arte ifigegmfa. i <
Nè fono fenza mifterioquelle tede di Leone fcolpite nel pomo, e le figure intiète
de’ medefimi, intagliate nella impugnatura, raccordando quede al Guerriero,
ch’eglideve con generofità da Leone
Parcere /ìihjeciis , debellare fuperbts ,
Ed a tal fine appunto , come nota i 1 de la Cerda , e con elfo il fopracitato Senator
Gcflì i'anco ne'tempi più antichi folevano intagliarli nelle Spade de’ Nobili. /VI
che allude quel prouerbio antico d’ Aridofanc , riferito dallo Svida
Ov* ^Iftuaté Ktoutdi *tÌ jttpourtf riìie , ^
cioè Noti ego le atta Statuar in lyrocnefiide.
E'armaTurchefca. Et oh le fuffe maneggiata contro i Turchi
— — • . . quantos acies hac Sterneret hofies\
FÙ di Cofmo Medici Avo Materno del Sig.Marchele, acquidara nelle Guerre
d’ Vngheria contro i Turchi ,alle quali fù mandato dal Sereni IfimoiGran Duca
Ferdinando Primo, in compagnia del Sig. D. Giovanni Medici, con bùonnu»
mero di Soldati in ajuto dell’ Imperadore , ove morì l’ anno n 590.
8 Altra SCIMITARRA, di qualche antichità, ma di lama incavata, e lavor>
ratain guifa, che forma vna Canna d'archibugio corro, fornita con la fua Piar
dra da Rota antica ,di lavorio gentiliffimo alla zimina . Onde può fervire egual<-
mcnce d’arma bianca, e da fuoco, e ferire da vicino , e da loDcano ,
9 SPADA con lama cava, e fidulofa, che ferve infieme di Canna d’ Archi,
bugio, come la precedente, & è fimilmente lavorata alla zimina.
10 PVGNALE di lama parimente fiftuiofa, alla quale nell’impugnatura è
addattata la fuaPiaftra da Rota, acciò ferva non meno di Piftolla, che d’arma
dataglio,eda punta. Egli fimiimente è tutto lavorato alla zimina. La fimi-
glianza dell* artifizio dichiara , e queflo , e quella manifattura d* un folo Artefi.
eej il qualecon invenzione non sòfe più curiofa, ò barbara, trasformando la
Spadaio Archibugio, e l’Archibugio in Ifpada, refe quefta tonante, e quello
tagliente ; e fpofando all’ Arma piu diletta della Fortezza Militare l’ Arnefe più
aborrito da quella, confufe con l’infegna del di lei valore, quella della di lei
diftruzzione, e formònne vn’ Armatura degna di tutt’altro braccio, che di quel¬
lo dell’ huomo forte. Edohquanto invehirebbe contro l’Inventore di quefto
Brando Arciero Tibullo, che di quello della Spada femplice, come pur fopra
notòilì,fclamò.
^jtìs fuit horrendos primus y qui protulit enfesi
^jiam ferus y rfi vere ferreus tUe fuit\
Oh come biafimerebbe, quelli moRri nel genere dell’ Armi la gentil Mufa dell’
Abbate Sarrini: la quale quanto apportò l’ufo della Spada, tanto difapprovò
quello dell’ Archibugio, provando, che da quello fia fiata ofeurata la gloria
della Milizia, condire,
pugnandi laudem gladio y non igne tuliSiis,
Pulvere nitrato dum caruifiisy Avi,
Bellica tormenta hac atasy exeivit ab Orc&y
Vt pereat Mavors 3 Militiaque decus,
y 3 Vincere
L. 2.
Nav. 104.
Virg. 1.6.
Cerd. in
Ptrg. /. 4.-«.
261.
Gefi. Sfad*
P.7. n j(J.
'tyfifirata,
P. Mannec.
Adag. «4. .
1057. " ■
De Bufsier,
Seandtrb,
l. z.c 19.
Jjt 1. Etto.
Sarrin. Or,
'Pallad,
ìiAfcim, dt
Cbrtfi» t. 2.
4IV
.- V
iV<iv. /• a$.
70#
Gtron Zof.
fiàfctm, di
Chrtflo l. i,
7%'* -•
it-J. C.9.
234 A4 5 0. C 0 S P I A^n 0
,0' '■> • Vìncere ì'. edidicit sferrai mn glaTìdibus'^hoBcfft
^AT are 'explo/iStifu/pidendus erti. ' ' 'i '
Ohguantojucgliodi c^ueUo, che dcU’ Archibugio ordinario fclamarebbc Gi-
rolàiboZoppio, * ' i».»
fulmine mortai ferra e r itele le \ lì ... o ;>
y«i / ’ '.di- te novo Scirone t
I j Impugnatura diSpada d’ artifizio bizzaro , come quello , che fà fcmbrar’
opera di getto quella ch'è femplicc fattura di lima induftriofa : la qua le lavorò
quell’.Eifa in maniera, che pare formata d’ una catena d'annella quadre* Con
la quale invenzione più eh’ altro, gentilmente lavorato s’ammira in ella
» I — il Pomo ^ onde la Spada
prutta à i bravi Gtterrier rifa^ e ripefg,
I a Impug'^atura per Lama di Spada corra, fatta di corno di bue , fcolpito con
tal maeftria , che rapprefenta un Cane , che ferabra di già avventarfi , e morderci
e potrebbe dirne quel Poeta *
Btfcerner non fi pubi fe da man dotta
O' da Piatura quel lavor deriva >
13 DAGA, ò PISTOLESE, come lo chiama il volgo, di qualche antichi-
•fàjconfornimentiafiai bellid’ottone. Quella è una forte di Spada corta, che
Ricada gliantichifù detta; lolita a portarli coperta da gli huommifacinoroli, i
quali dall’ ufo , ò più tofio dall’ abulo di quella , furono chiamati Sicarij ,
14 Sotto il gencredelle Spade cortecomprendonliancoi Pugnali, armi lo¬
lite adoprarli, da chi combatte alle ftrette, Valevanlene particolarmente i Po¬
poli delia Celtiberia, quos^ racconta Diodoro , pugiones in conferta pugna
■in ttfu erant . E di quelli nel Muleo li vedono , oltre il lopramentovato forman¬
te una Pillolla » i lotto notati , 1 ...
15 PVGNALE da parata, di lama lunga onde dodici, con tale artifizio la¬
vorata , che a prima villa lembra , & è creduta una loia j ma le fi muove una pic-
cola luftà , che vi c da un canto lotto riropugnatura,lubitos*apre in quattro
parti.òfianolamei la più lunga delle quali riclce quadrangola,* le due laterali
triangole ; la quarta hà figura di coltello da tavola j e per lervire a quell' ufo , fa¬
cilmente fi cava . Sarebbe di gran vantaggio nelle zutfe, in cui lervirebbe, non
che di Pugnale , di Scudo tanto piuutilc, quanto che non lolo difenderebbe, ma
offenderebbe, moltiplicando ad un tempo le ferite. Ediquefto meglio che dei
Pugna-
/IL / 5 R 0| f E Z a. CAP. XI. 235
Pugnale <^di ^rio potrebbe jjhteil^dcdì la (oavilfima Mufa dei Cavalier Teodoro,
ove favellando del MarcellilgrariSchermidore, ne pronunziò. CW.5o.«.ioi
? Ss rapida a ^
i : ^gU efercìfa /’ armi a l* hor, che wìrtt
^ Lento al il Combàttente oppoifo ,
£ ■; Tr avido ai le difefe
* La man àonùa'gnx ttn' altro ferro gira ■, ■'
1 che al fto brando in pugnar flà fovrapojio ;
'I eh' ad ogni' colpo efpofto
Ha triplicata guardia al proprio centro ^
L' ha di fuor i l' ha di fotta y e 1’ ha di dentro,
\é. PVGNALE da parata, dliamafeangola, lunga oncic dodici, di (ottilif-
iìmi Arabelchi intagliata , e fegnata con Tarma d‘ un Gallo coronato: e lavo¬
rata coni’ artifizio della precedente; perche al moverfi d’ una piccola lufta,fi-
tuata lotto!’ impugnatura ,lubito s’apre in ttc punte ,ò lame; delle quali quel¬
la di mezo , eh’ è la più lunga , riman quadrangola , le laterali triangole .
17 PVGNALH, chefùdibenteBentivogli.
iB PVGNALE da parata, antico, col fodero tutto di ferro, di figura cilin¬
drica , lavorato allazimina di belliffimo artifizio .
19 PVGNALE ARABO, da’ Turchi, & Arabi, Mori chiamato Cangiar ^
da’ quali portali nelle maniche della Vede, per poter valerfene prontameme nel¬
le occorrenze, Hà Titnpugnaturad’olTotrafparentilfimo , in cui fono incaftra-
te molte pietre preziofe, Nellalama vi lonointagliate alcune righe dicaratteri
Arabici , Di quefta forte d’ armi fa menzione T eruditiflìmo P, de Bulfieres nella
Vita di Scanderbeg , ove favellando d’ Amuratte Imperadore de’ Turchi adira¬
to contro il MagoOrcanopeela fioiftrariufeita delle di luiidromantiche predi¬
zioni circa l’ elico della guerra , nota che T uccifecon un limile Pugnale, dicendo
. «1.;.«. ■! Il— tna , per f de , funt hac
Nuntia ; fìc vinco ; fed nec fub T artara folus ,
Nec tua Scenderes viélor mendacia pleSfet ;
Crimen ero, tor torque fimul. Sicam inde latentem
Diripit, Orcaniquè aciam per vifeera mergit.
E prima d’ elTo , Francefeo Bracciolini , ravvilandoia per arma più tolto da tradi¬
tore , che da Soldato gcnerofo , la pole in mano ad Acemifto , rapprefentandolo
accinto ad uccidere T Imperadore Eraclio
■ il— con un Pugnai, che di veleno armato ^^^*5
Ne la manica bigia afeofo tiene,
Coi quale apparato Guidubaldo Benamati tncrodulTe Paimiro traditore,difpoAo
ad avventarli cqn arma limile in fecreco al Rè di Perfia , & ucciderlo : dicendo che
a tal fine I>i ferro avvelenato in fra le bende
Del fuo braccio fi nifi ro ei fa conferva . • io 49
Et avanti quelli, e quelli, il Bolognetti Senator Bolognese, conofciutala per
iftrumentoinfidiofo, collocòlla in mano alle Inlidie, & altri abominevoliMo-
ilriCuRodidellePorteferratedelT horrenda Reggia di Marte: mentre di Giu*
none colà trasferitali, così favella nel fuo Collante.
L’ Ira trovo, lo Sdegno, e la Vendetta, C.j. 37.
L'Odio, el'Infdie haver confacele fmorte
Sempre il Coltel nafcojlo , e la Saetta .
, NelcheegliimitòStazio, il quale deicrivendola Reggia di Marte, fà che Mer¬
curio vi trova le Inlidie parimente armate di cale Coltello «cantandone
occul-
Stanitrb.
Ub. V/lt.
eajf.XXV,
L»7.'Tt>th.
V. À9‘
Crott. l. 2,
fArrag. 74»
Ijiv.l r. A,
P' c, 246.
ftut.ftt Po.
file.
P'aI. Max.
!. f. e. j,
MVSEO'lOSPlAKO
■ ecctiltifi^uc enfibtis ariani
Jnjìdia , geminumqu^ tenens Difeer
dia ferrum.
ao PVGxNALE antico, largo , da
parata, degno d’eifere qui coniervato
non tanto peri* impugnatura bizzarra^
d’ottone fatta a getto , quanto per i for-
tiliilìmi intagli della lama, che tutta è
figurata; i quali ponno gareggiar co’
più fini, che li fanno in rame. Furono
con quelli elprelfe , quinci Venere, con
Amore, quindi la Fortuna, che tiene il
piè diritto lopra un globo, in fegno del¬
la fua volubilità , In altro compartimen¬
to effigiato lì vede il Rè Porfena ,
»— ■— —.■M lum mures vrbis cir¬
cumdaret y di cum
Tybridis ad ripas Haret Hetrufea
manus .
Muzio Sccvola in atto di calligare col
fuoco la delira per l’en oiecommelToin
uccidere il Cancelhero del Rè , in vece
del Rè medelìmo , che attonito mira
queir atto di fegnalata fortezza .
21 PVGNALE quadrangoloanti¬
co, col manico di legno, lavorato 2 dia¬
manti , come i bracciali da Palloni . Hà
la guardia d’ ottone, che figura duo
Maicheroni .
22 Due PVGNALI quadrangoli,
l’uno con impugnatura di legno fatta a
diamanti , come quella del precedente*,
l’altro con ella d’ottone di fuperbo la¬
voro , e lama intagliata di fiorami , che
imitano ifinillìmi cagli in rame.
23 PVGNALE, àmo Pappavorgify
che fù del Gonnella, Buffone celebre,
donatoli da Borio Marchele di Ferrara
nel 1460.
24 PVGNALE antico, con bella-,
impugnatura dorata.
25 PVGNALE MAGICO, penfo
di poter chiamare il qui figurato , con¬
tenendo un milcuglio di figuielacre, e
caratteri , profane , e magiche , unitevi
a fine , che non può ellcre le non fupcr-
flizioio ,e detellabile . I caratteri fono
parte Latini, parte Ebraici , e parte Gre¬
ci . I Latini, che in tré luoghi lì vedono,
dove fono intagliati l’ uno lotto l’ altro
pe’l
»
L l ’S H 0 TERZO, CAP, XI
pe’l lungo della parte figurata in primo luogo in quefta tavola , fituati tra fette
piccole Croci ifomctre,&altrctante Stelle difpoftevi in due file pe’l lungo, c
forfi non fenzamifierio del numero loro, danno a leggerli RASACH, parola
di tutt’ altro fuono , che Latino , ma non però Greca , nè Ebraica , ma per avven¬
tura Caldea , ò Siriaca ; ò più tofio di niuna lingua , e Magica } nel qual calo , per
interpretarne il lignificato, non mi pcniodi poter dire funti non oedipus . .
Dove furonoefprellì tra verfalmerite nel mezod’ un pentagono, che quanti for-
ma rriangoli,tante Stelle in elfi rinchiude,compongono AR A,e forfi alludono al- me.
rAllerilmo di quello nome,fotto cui può edere Hata fabricata, ò temprata quell’
arma, con luperftiziofopenlierod’imprimerli parte della virtù di quella. Dove
frappollo a due Tiì vede l’^.onde ne rilulta XRTit non fi allude barbaramente ad
un Nome del Salvatore , già che quelle note furono fcolpite lotto il facro nome
divino , compollo delle quattro famofe lettere Ebraiche, non ne congetturo che
male . I caratteri Ebraici intagliati lopra le medefime note da quella parte ,luo.
nano/£/fOr^, ch’èli Santiirimo,& ineffabile Nome di Dio; e dall’ altra efpri-
mono che è fiato interpretato . I Greci, compongono diverli
Nomi , & Epiteti divini , & Angelici , d’ origine Ebraica , ma corrotta, & alcune
parole Magiche; leggendoli nella primaparte.trà le Saette, che vi fi vedono,
£ZO/i& a delira, e finitlra delle medefime GARE-TARETAt eiotio MIKAEL;
e ne’ lati della Piramide , ò Triangolo terminante nella Corona , Angar a. , Ecai ,
felyCados fSapaiot, Nel mezo del Triangolo medefimo AKAMIEA'" . Dall’al¬
tra banda in cinque righe Egeaagele , El. Eloym. Elon. Ege, Saddag . Zef,
faoit , Kaphogel. Zaohyel . Samael , Agael. Mikael. Sapphyet, Pfaskao . A^mel.
KaUmya. Nefara. Ragael. Bkmiyl. agla, om . taph . Dalle quali parole noru
raccolgo altro fenfo, che di confulìone , di fuperfiizione, e di magia. Di con-
fufione,pcrche non hanno connelfione ; di fupciftizione, perche fonorappre-
fentati con caratteri Greci , effendo Ebraiche ; & alcune d’effe fono di ninno , ò
d’ignoto lignificato; onde poffo dirne, come già il Liceti favellante degli An¬
nelli fuperfiizioli : fuperfiitio mihi Jita videtur in illis charaEieribus nullius ^
Aut ignota fignificatioms'i e di Magia, perche fono accompagnate dall’ Imagine,
non che luperftiziofa , magica dell’ Abraxa . Così pajonmiluperfiiziolì , ò ma¬
gici! caratteri efprcifi attorno il pentagono, cioè (quando non fiano nu¬
meri, perche fignificherebbono 5 3 74.) eque’ tré, che vi fono lotto; due de*
quali le non elprimono la decima, e lafettima confonante majufcolade’Te-
defehi , fono incogniti ; & il terzo , eh’ è quello di mezo, fembra il legno , ò ca¬
rattere Allronomico di Saturno. Ma più che altro, arguifee fuperfiizione, e
magia la mentovata Imagine dell’ Abraxa , eh’ è quel Mollro enorme con tella ,
e collo di gallo, e bullo humano, armato fino alle coke, le quali, come quelle
dell’ Erittonio , e di Tifone , degenerano in due gambe fcagliofe , terminanti in
due capi di Serpenti ; e tiene una Spada alzata nella delira , & un tefehio huma¬
no pendente per gli capegli dalla finifira,figurata lotto la piramide fudetta,con la
nota afironomica di Marte dietro il capo . Con la qual figura , fe ben mi fovvie-
ne , non effendo al prefente in luogo da poterne riveder l’ Ifioria , che leflì molt’
annifono,efprimcvano un Genio loro diabolico i legnaci del Mago Bafilide,
come fi vede in molte delle Gemme, che ad elfi fervirono, figurate, e fpiegate
da due Giovani eruditilfimi, Macario, eChifietio,in unLibro, che al prefen¬
te non hò alle mani, ma quando i’hebbi notai, che portava quella Ikrizzione, .
Joannis MacariiCanonici Arienjìs Ahraxas ^/eu Arijlopilius ejl Anti^uariade k?
Gemmis BafiUdianis di fquifitio . Accedit A hraxas Proteus , feu muliiformisXjeni '~'
ma BaJiUdiana portentofu varietas exhibita, & Commentario illufirata a Io, chijktio
' " - . ' can.
9
Flaminis
item erant
Flaminum
Vxorcs:Fla.
niinr Mini»
firi , Flami»
nis Ancillg.
utgell. i. IO.
f. 15. cr
Detupfi.l}.
jimtquit.
^om. c.
i38 MVSEO COSPtANO
Can. Tornacefìjì. rh Hippo ÌV Reg. Catholico, Sereniamo Vr incipi loanni Aulir ia-
toa facris Oratorii , Antuerpta ex officina Plantiniana 1657. in 4, Simile mo-
ftruofird fu /colpita nella Gemma di uno degli Annelli antichi , figurati nella
Dattilioteca del Gorleo alnum. 183. &apprcffo il Liceti hei Xffiaxo de Annuii s
Jntic]HorumtCZ^.2i. p. 1 1 5. Nella quale però 1’ Abraxa in vece della Spada, e
del telchio humano hà nella delira un’Elmo , e nella /ini/ira una Corona .
L’ altra figura , che dietro a quella dall’ altra banda del Pugnale fi vede , quan¬
to è facile a ravvifarfi per imagine di Re ledente nel T tono , con le principali In-
fegne Reali , cioè con la Corona in capo, il Manto affibbiato lui petto, e lo Scet¬
tro nella delira , tanto è difficile a conolcerfi per chi fia fatta . Il Globo , fimbolo
del Mondo , elprefToli nella delira , come luol farfi alle Imagini de gli Imperado-
ri Chriltiani, e come fi vede in molte delle Medaglie de’ medefimi, pare che l’ac¬
cenni figura d’ un’ Auguflo ; ma la Corona Regia , e non Imperatoria , mollra aU
trimentc . Oltre di che le figure nude di quattro fanciulli , che gli Icherzano da¬
vanti , non ha vendo che fare con la macllà d’ un Rè affilo nel Trono , fono indi-
zioditutt’altro,chcd’ un fatto Iflorico. Io perciò mi dò a credere che tutto
quelle figure fiano fimboliche,e lignifichino qualche cola di fuperiore piu tollo,
che d’ inferiore alla Natura Elementare . Ma perche il millerio mi fembra ma¬
gico*, anzi che nò, elTendo fatto il quadro, che lo contiene, per accompagna¬
mento di quello dell’ Abraxa , Rimo più utile l' ignorarlo , che il faperlo , Onde
non mi curo di penetrarlo, nè di fcriverne di vantaggio.
De^ Coltelli diverfi da Sacrifizio ^ da Menfa y e d' altri ufi,
Cap. Xll.
1 *13 Ergliufi della Pace piùtollo, che dcllaGuerra, furono fabbricatii Col-
JL telli , richiedendone altri i Sacrifizii , altri le Menfe, & altri altre funzio¬
ni domeniche . La figura loro però , e l’ attitudine , che hanno d’ offendere , e di
punta , e di taglio, vuole che tra l’ Armi lì contino , e dopo le Spade , e i Pugnali ,
a’ quali fi riducono , fi deferivano quelli del Mufeo , Traeffi da Sacrifizio vi of-
fervo i cinque fuffeguenti .
a Due SECESPIf E compagne, in una fola guaina. Sono quelle due Col¬
telli antichi, della medelìma grandezza > e figura, eh’ è la qui efprelTa in primo
luogo ; de’ quali fervivanfi ne’ Sacrilìzii dell’ antica Roma i Flamini, le Vergini
Flaminie, le quali erano figliuole de’ Flamini, & i Pontefici: mentre con elli
tagliavafi la gola alla Vittima . Hanno quelli le lame di ferro , larghe due dita ,
e mezo là dove li commettono ne’ manichi ; e che nel reflo fi dilatano , crefeen-
do a poco a poco in larghezza da amendue i lati , fin verfo l’ellremità : dove rac.
cogliendoli gentilmente , finilcono in una punta aguzza , alquanto ripiegata in¬
dietro; e da quello capo fono affilate fin dal lato della colla per un terzo della
loro lunghezza , acciò tagliando non che in punta > da ambe le parti, più Ipedita
s’ apfiflcro la ilrada nella gola de gli animali dellinati alle loro ferite . I manichi
delle raeddìme, fatti di dente d’ippopotamo, ò fia Ovai Marino, rotondi, c
lodi.
L l B R Ò -T E R Z 0. C AJP., XII,
fodi , terminano in una Statua di Leone divorante una fiera j e dove s’inferifcc
in elfi la lama > fono fafciati con una grolTa ladra d’ argento , nella quale inca;^
Arate brillano diverfe gemme , che con la varietà de’ colori esprimono varie, fi¬
gure humane intiere, in campo di pietra Lazuli . Onde non cedono di pompa
alle Sccefpitc ufate fino al tempo di Fefto Pompejo , il quale deferi vendo quella
forte di Coltelli Sacrificali, ci lafciòmemoria-non che dell’ ufo, della figura» e
fornimenti loro, fimili in gran partea quelli del Mufeo, collo ferf verne ^e^cef-
ftta culter e fi ferreus oblongus ^ manubrio eburneo , rotundo , f olido , \uȣio
come legge il Dempftero , vinclo) ad capulum , auro , argentoqì fixo clavis aneis^
are cyprio , quo flamines , flaminica virgines , fontificefque ad Sacrificia ute^
bantur .
^ Altra SECESPITA, E’ diverga dalle precedenti nella figura, eh* è la qui
figurata, e nel manico i haven.
do la lama falcata, da unfoi
lato tagliente, più lunga , dt
aguzza, e più rivolta all 'in¬
dietro, col manico tutto di fer¬
ro dorato , di figura romboide
dentro vuota , ed in tutto ùmile al manico della Secefpita figurata ne’ Commen?
cari! della Religione de gli antichi Romani di Guglielmo du Choul , tradotti da
Gabriel Simeone : nella quale però la lama è diritta , c di punta acutilfima.
4 COLTELLO di lama diritta, e di punta acuti (fima, come appunto nella
teftè mentovata Secefpita del Choul ; & è per avventura una forre di Secefpita .
Vedefi figurato in fecondo luogo nella Tavola de gli Archi, chcfiportanel Ca-
pitolo feguente al num. I le
5 COLTEL*
LO antico, di la¬
ma fiaiifima, lar¬
ga quattr’oncie,
e lunga dodici ,
fa ambo i lati af¬
flato per tutta la
ua lunghezza , e terminante non in acuto , come i precedenti , ma in quadro do-
/e pure è tagliente . QueAa lama è tutta lavorata a fiorami di gentile artifizio , e
}er la maggior parte indorata . Ha il manico d’avorio , di lavoro antichifsimo ,
ìgurante un’ huomo armato , & una donna meza ignuda , i quali fembrano Mar¬
te , e Venere , con le fpalle oppofte , Giudicali anco quefio adoprato da gli an¬
tichi ne’ Sacrifizii . lo però mi dò a credere , eh’ egli habbia fervito più joAo a
gli Ebrei , che ad altri coAumando coAoro i Coltelli di quefia figura a fcannàre^
ò , com’ elfi dicono , a fagattare gli animali : come che fia loro prohibito nel TaL
mudl’adoprare in tal miniAero Coltelli, c’habbiano punta^ ò che fiano in me»
noma parte addentati nel filo: dichiarandoli da Rabbini, e TalmudiAi per im¬
mondi , & in con/eguenza vietati a mangiarli gli animali , in altro modo , e len¬
za queAe cerimonie uccili.
6 Di tutt’altr’ ufo, che da Sacrifizio, vi fi feorgonoquefii altri
Dieci COLTELLI diverlì, antichi , alla Genovefe.
7 COLTELLO di Aruteura moderna, ma che dalla puntai fino affondo del
manico s’apre in due parti, e forma un nobil compalTo; nelicui centro fi vede
intagliato un Sigillo con l’ Arma della Serenilfima Cita de^ Medici , per indizio,
che que Ao Strumento viene da quella , come pure fi difie nel Cap. HI. di qiiytAo
Libro
Demp^. /.3.
jintiquit. '
Rim. ^.32..
‘ l.vji,'
TI I.J.C.sé,
fìtrtd, /.4.
£.ib. é.Fa/l,
(«'•4T3*
Guid. Pcef,
Od- 4. 2.
140 MV^BO C O SP ì A N 0
Libro, ove anco quefto fi mentovò rrà gli Strumenti Matematici , e Geometrici
ainum. 27.
8 Orto COLTELLI da Menfa, di lame finiflime, con manichi d’avorio fi¬
guranti divcrfc condizioni di perfone. Furono recati di Germania. Serbanfi
nella loro Coltelliera , eh’ è la delct ictà a Gap. XXVII. di quefto Libro num. 6.
9 Due COLTELLI nobiliflìmi di lame Damafchine , e manichi d’EJiotro-
pia, l’uno maggiore, cl'altto minore, amendue in qna guaina, dono ^el Sc-
rcniflìmo Principe Cardinal Leopoldo di Tofeana,
*. i • ^
> , '
Oe ^li Archi ^ Batelire y faretre t e Saette ^
Cap. XIII.
I A Lia Caccia più, che alla Guerra, è da riferirli l’ invenzione de gli Archi,
XA e delle Saete, le prime delle Armi ufate per ferir di lontano, come lug-
geritc dall’Ingegno più, che peraltro, per colpire anco indiftanza le fiere, e
giungerle fin nelcorfo più rapido. Quindi J’Vniverfità de’ Poeti ne fà Inven¬
tore Apolline , che più che Guerriero, fù Cacciatore. Alcuni però l’attri-
buifeono a Scite, figliuolo di Giove, come vuol Plinio, òd’Hercole,comej
piace ad Erodoto, che diede il nome alla Scirhia ; altri a Perico figliuolo di Per¬
ico, da cui fù denominata la Perlia, Contro! quali fifa Diodoro, rtobiie Stori¬
co, dettando Arcus y fagittandique fuijse repertorem Apollinem.
2 Ma la malizia humana prefe a valerfene anco contro gli huomini, e d’Ar-
mi, eh’ erano innocenti, le fece di venire homicide. Marte le introdulTc ne gli
Elerciti , e volle , che una gran parte di quelli fulTe formata d’ Arcieri . Rallen-
tòflene poi l’ ufo, ritrovato, che fù l'Archibugio , Onde per armi d’ufo aitai ra¬
ro tengonfi quelle del Mufeo.
3 l3uc Archi nobili di Canna del Braille , di lunghezza più che ordinaria ,
come eccedente la ftatura humana , Vi fono anco le lue Freccic , ò Saette .
4 Arco Turchefeo diaccialo con Freccie.
5 Tré Archi di Fico, Turchefehi, con le loro Saette.
6 Duealtri Archi Turchefehi , tra d verfe Spoglie Militari recati dalla prefa
di Clilta dal Tenente Colonnello Carlo Cignani Bolognefe , di cui può dirli col
noftroCaravaggi
■ ■ ■■ — - Pairiamqtte reverfus ad Vrhem
Fiorici retulit barbara Jìgna rnanu ,
7 Quattro Faretre con Frcccie di varie forti; alcune delle quali ftimanfi di
Macaltar, con punte avvelenate, già che ivi per antica ulanza, come puro
altrove,-
S' avvelena» gli Strali,
8 Altra Faretra, ò Carcalto Turchefeo, con Freccia, recata da ClilTadal
fudettoSig Cignani.
9 Cinque Baleftre antiche, con loro Capre , ò Argani da caricarle , Carcalfi,
eFreccie.
Jo BALESTRA antica nobile, fornitad’ ottone, polla nel Mufeo nclfine
dell’ annocaduto 1575,
1 1 Tré Balcftrini antichi , d’ artifizio affai ragguardevole , ufati avanti l’ Ar¬
mi da fuoco . Due de’ quali vedonfi figurati nella Tavola feguentc al nu. 1. e III.
' " . (effen-
t I B KO r fi 75 2 fi. tAT. Xlll *4i:
(effendo al nutn. II. figurato un Coltello raccordato nel Capitolo nrecedefirp fi¬
le Sece/pite alnum. 4.) Scaglia vanii con effi certi Strali foJilidi
tc acuriflìme , i quali lenza ftrepito alcuno potevano trafi^^gere uno
pi^huomini in un tiro . Con tale invenzione èfama , ch’lLllInT» i
celle paffar tra morti moiri di coloro, ch’egli odiava E mn 1
gnor Carrarele, ftarido a tavola, traffille un Cardinale come
cellottineir^.^/^;. Se ne valle anco più d’un
innocente nelle lolle di Popolo, lenza che fi IcoprilTe il micidiale a
cava agio di fuggire Iconolciuro , non lalciandon ind^zi^l^
Strumenti . Onde furono uni verfalmente proibiti , come Arm^Ji ?
^ ~ di
/
i4Ì IH f' S B 0 C ^ i P I H N 0
di Monfignor Giovanfrancefco Bonomi Crcmoncfc , Vcfco vo di Vercelli , nel¬
la fua Borromcidc , o ve delcriflc cjuefta forte d’ Archetti d’ invenzione , die’ egli
Infernale I cantandone,
BidijlA his etÌAf» manihus formatur ad oras^
L.i. Borro* iransUta , heu quot proftravit acerbi
mitdv,^ìi. Cade viros ^ tjuanejuam breviore armata Sagittà\
V Claudi tur hac pugno > capuloque attingit ad ulnam»
liAxata ab palma fugit irreparabile telum
chalybe , é" ferro mtjlum » fic tenve , acutum
Vt quAVts Lorica latus defendere ab i^u
Tergaque lethifero nequeat» dum commint(s hoBit
Clàm petitur media in turba» procumbit humique
Extiniius , fpargitque madentem fanguine terram»
Sic nullo audito ferientis murmure teli»
Sive dato fìgno» ut votis potiatur iniquis»
ineolumifque abeat fcelerati criminis author
K^nte celer» quam corpus humi cernatur ab ullo
Vrosiratum» atque ideo, quod bel lo haud utilis unquam»
Privati» fed tantum odiis eU apta reperta»
Infandi vetitus teli fuit ufus ab omni
Gente» nec id licitum nunc affervarier ufquam\
Tale proibizione però s’ intende folamente de’ luoghi privati , non de* publici ,
come il Mufeo , dove quelli Archetti fi ferbano non tanto per la fingolaricà del-
l’artifizio, quanto per ìadeteftazionedeirufoloro; a cui riflettendo que’Vir-
Sim. Oitr, ^uofi , che quì 11 vedono , dannano l’ empietà di chi le nc valle in male »
l a-Silv-A’ Mirantur que Arcus» barbaraque Arma virum»
*^**°** I* Quattro Calami del Reno Bolognefe, impennati, perche fervano di Sact*
te . Ed appunto anticamente fu molto frequente l’ ufo di tali Freccie , Anzi que¬
lla particolare fpezie di canna hebbe famad’elTcre la migliore, che in tutto il
iì,i6.e,%6. Mondo fi trovalTe, per farne Saette, fcrivendone Plinio. Sed in hoc quoqHe»ut
in cateris rebus» vicit Italia: quoniam nullus Sagittis aptior calamus » quam in
Rheno Bononienfì amne » cui plurima inefl medulla » pondufque volucre » contra
fiatus quoque pervicax libra.
Delie Armi da fuoco» e cofe ad ejft fpettanti',
Cap. XIV»
']». frane,
Stnhom,
Borrometd,
t. i.v. ]i6.
I \ yf A’ più di tutte formidabili, tra le Armi oflenfi ve, fono quelle da fuoco ;
XvX le quali tuonando infieme, e fulminando , tanto più horribilmente,
quanto fono maggiori, fanno fembrare non pur Salraoneitonanti , maGiovi
fulminanti , coloro , che le adoprano ; e colpendo da vicino , e da lontano tanto
i forti, quanto! vili, non lafciano, che giovi punto ad alcuno la generofirà del
cuore , il vigor della mano , l’agilità delle membra , ò la finezza delle Armatu¬
re per ripararli da’ colpi loro
• neque lethale repellere plumbum
Aìre gravis thorax» ferro aut lorica rigenti
Intexta» aut quicquid queat Ars humana parare»
Peci or a » ut in bello à telis tueatur acutis.
Onde può giullamcnte dirli d’eflc ciò, che Archidamo figliuolo d’Agefilao, mi¬
rando laFreccia della Catapulta pur allora porcata dt Sicilia , fclamò . Oh Dio !
Ecco
llfRO tu \.Z 0. tAf. xa^. »4J
Eccofpedltoil valore dell’ huomo forte. P*p<el periit viri virWs. E fe fono
delle Madìme, che Artiglierie chiamiamo , non folo feminano più ftragi del»
r altre « ma diroccano meglio di qualunque Montone de gli antichi le mura più
forti delle Città * c fpezzano ogni più faldo riparo . Che però ben dilTe dell’Àr-g
tiglieria il Cavalier Teodoro nella lua bellidima Canzone {opra f Archibugio t
lapiùufuale delle Armida fuoco.
Hercule* non vedo
K^gguAgliar lei : fpetr* ogni alpefire rupel
Divide ogni planitie y apre ogni monte i
K>ilzi al del pur la fronte
Machina y che ribella al patrio fuolo\
Fugge a gl" impeti fuoi per 1' aria a volo',
EprImadilui,Monlignor Bonomi nollro, nella Borromeide.
Tormenta afpiciaSy & tanti ponderis y agre
yt trahere illa queant kQi ]uga dena juvenci I
Sujlentata rotis quamvis y inclufaque duris
Kj4^e ibuSy quibus haud triplici circundata muro
Valla diuy aut pojfunt ebfìftere moenia magnis
regger ibus /epta^ aut frmijfima propugnaci* i
^^icquid, objeHum fuerit y cum maxima ferri
Exiliens pila ab are cavo vi pulveris aila
Sulfureiy ér fubita flamma , fugit omnia dire
Difeerpens y flernenfque y agitur quacunque fragore
Terribili y ^c.
Nel che » fe non cedono punto a i Fulmini del Cielo ( già che fc
,^uei fon di Giove i Fulmini del Cielo y
^efli fon de le Genti.)
Li fupcrano poi di gran lunga nei/ uccilìone, che fanno. Conciofiecofache fe
un colpo di quelli nuoce a poche perlone , uno di quelli [cagliato in un* Eferci-
to, ne manda in pezzi felTanta, ed ottanta alla volta, come notò il Decio nel
fatto d* Armi d’ Alberto Celare contro i Polacchi nella Boemia . Ond’ è che
Miratur Boreas • cudat qua fulmina Velia y
^uava ala telum intulerint y viSlofque fatetur
Seque y lovemque ; globis tantum efl pernicibus ira ,
E per tanto i fatti d’ Armi degli antichi in paragone d; quelli de’ moderni, dove
fulmina il Cannone, Strumento de gli Strumenti dela Mil zia d’hoggidl.
Machina tartarea y exitium Tubus aneus, orbis,
fembranocombaitimenti da giu >co,riufcendo pur troppo vero, che
Con deffra fulminante
Homicidi ojfervò poi Marte in guerra y
Più che i tuoni del Ciely quei de la Terra',
2 Invenzione lì è quella della bellicola Germania, nella quale fù a calo tro¬
vata l' anno 1 3^9. da un Chimico , di cui Polidoro V irgilio , il Sabellico , & al¬
tri riferifeono non laperlì il nome . Alcuni io chiamano Bertoldo Seuarc , ò lìa.,
Negri i e l’ aiTerilcono , non che Chimifta , Monaco . Preparava egli certa poi
vere di Solfo , e d’ altre cole facilmente accenfibili , per farne un medicamento ,
c pollala in un morrajo, e copertala con una pietra, occorleli di batter fuoco:
di cui cadutane accidentalmente una feintilia nel mortajo , accefe in un momen¬
to tutta quella polverei efeoppiandone fuori con impeto il fuoco, ne portò in
X 2 --
Tlutireh.ilt
ageghtè.
Xìf>.a.v.3f7
ffreg. Die,
Scaceheid,
C.4.143.
Cenr. Dee',
t. 6. tufi,
/iuftrta.
De Bujsierl
ScanAerb,
f.
D* Mufierl
Exgof. in
jigee. e, 6.
»•»1.
T eodor.Od.
3V->9.
Ptl.Vìrg,
Li. e. Il,
Lud. Vtuet
1. 1. de Coni
eerd. CT
Dtfeord,
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C4t>. Méf»
fér. j»
Cr$n. Ci»
ftf V.^ll.
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Sttmffiit.
O ). Hdvt»
Minti, l. , .
Vtitttrrtn,
/>. Anu
Sftmmcnt.
Hfi, mtp.
SLf t* ^it!»
W.
t/£/i,v-}90.
144 ^ ^ y S B 0 € 0 S T ! A N 0
klro il coperchio. Quindi 1* ingegno gli fuggerì di mettere di quelli forte di
polvere in un Tubo, e dargli fuoco. E così
Dum flamm/is lovis t é* fonitus imitatur Olympi.
gliriufcì di formare il primo Archibugio, nei quale egli
Die I' ali al piombo ^ e fece Augel U Morte.
Indi provando r invenzione in canne maggiori, giunfe a formar rArtiglierii^
la quale come cantò il noftro Grotti ,
Mthertos tonitrus imitata» é" fulgura cali.
con voce più che Stentorea intuonò al Mondo .
Vis , fonitus , rabies , motus , furor , impetus » ardor
Sunt mecum. Mars hac ferreus arma timet.
Ediqueftoaccidenteneva attorno r Epigramma (eguente d'incerto ^
Dnm parat humano generi Chymifia medelam»
Sulphura , Mulciberis vi » fale mifia coquens»
Mulciber ofiendit mortalibus acre venenum»
nullum letho corpora plura dedit,
^ua latuere alios» hac quidam nomina dicunt»
Sertholdumque vocant nomine» reque Nigrum.
Communicòllì poi quella invenzione all’ Italia , & a quali tutte le altre Provini
eie bellicole del Mondo, fuorché alla China, dove molto prima, che in Ger¬
mania ella era (lata trovata > come notano molti de gli Storici di que I fioritiflìmo
Imperio , fcrivendo , che i primi Europei , che dopo l’ invenzione Tedefca dell*
Archibugio colà penetrorno , vi trovorno gran numero d’ Artiglierie, e l’ u/o lo¬
ro introdottovi da molti Secoli innanzi. Delle Città poi d’Europa, le prime à
provederfene furono Ausburg nella Germania , e Venezia nell* Italia : do ve lì
videro la prima volta le Artiglierie nella guerra di quella Republica contro i
GeoovelìaChioggia l’anno 1380.
3 Non potevano però elTere di molta perfezzionc quelle Armi da fuoco , che
erano latte quando l’Arte ancor bambina fcherzava fabricando gii Archibugi di
legno ; de’ quali fà menzione il Petrarca, riferendone però l’ invenzione ad Aut-
tore molto più antico del Sevart ,cioè ad Archimede ( al che ripugna ciò che fe
n’ è detto fin’ bora) condirne: non imitabile fulmen »ut Maro ait .humana ra,
bies imitata eB ; quod è nubibus mitti folet» ligneo quidem » fed tartareo mitti,
tur inflr amento » quod ab Archimede inventum quidam putant et tempore » quo
Marcellus Syracufas obfidebat .
4 Molto più perfette fono quelle » che s* ulano a’ noRri tempi ; le quali tanto
fuperano di perfezzìone le prime, che può dirli, che fiali dei tutto riformato
quello Strumento. £ l’accennò Iacopo Torelli da Fano nell’ Enimma , che ce
nelafciò iryquedivei fi.
Vulcanus genuit, fepertt Natura, Minerva
Edocuit •, Nutrix Ars fuit» atque Dies,
Vis mea de nihilo» tria dant mihi corpora partum'»
Sunt Gnati Strages , Ira» Ruina , Tragor,
Dic» hofpes» quid fimi num terra» aut bellua ponti»
K^ut neutrum? aut quo firn fatta» vel orta loco?
5 Da tutto ciò apparifce,chc l’ invenzione dell’ Archibugio è di pochi Secoli,
e perciò lù ignota a gli Antichi. Male quelli non conobbero 1* Archibugio, c
con elfo r Artiglieria , hebbero nulladimeno equiualente a quella una Mac bina
fulminante, con la quale (cagliavano impetuoliflimamente Salii Imifurati a bea
lunga didanza. Adoptòlfi quella da’ Romani neiradediodi Gierulalemmc lucco
Tito
LÌMKQ TERZO. CAP. }^lP. 245
Tito, come fcrive GiofcfFo, e n'heWxe una Caligola, comerifenfcc Dione.
Ma qucfta è fama, che fuffcd*aItro artifizio, che quella di Tito: comeche'non
folo fulminaffe , ma infieme imitaffe il tuono . E forfi fu d i quefta forte quella ,
che il Petratca dice effere.ftata inventata da Archimede, a cui per certo non man¬
cava ingegno da fuperare, non che d’uguagliare le arti di Salmoneo.
"■» »1 «m qui nimbos , & non imitubile fulmen
Mrct é‘ cornipedum curfus fimulisrat equorum.
Anzi apprclTo i Romani rnedefimi furono in ufo di verfe Armi da fuoco j d’ al¬
cune delle quali potrebbe attribuirli l' invenzione ad Archimede . Erano quelle
ò Faci di legni refinofi ; ò Maglioli di (parto , invelliti di pece ; ò Saette di Can¬
na >piene di materia *che, ardendo, non poteva ellinguerlì con altro, che con
la terra; ò Armi in alla, con fuochi artifiziali addattati intorno a’ioro ferrile
i^4/4r/V/^eappcllavanli,pcrche getta vanfi dalle Torri , che i?«/^diccvanl?;ò era¬
no Triboli, &Vncini, òHami dì ferro, infocati, i quali talvolta lanciavanlì,
acciò , dove s’ allìgellero , v’ appiccalTero il fuoco ,
6 Ma quelle erano, può dirli. Armi da fcherzo, in comparazione delleAr-
mi da fuoco de* nollri tempi , e madìme delle Artiglierie, divifein pìùdiXX.
fpezie: delle quali non hà la milizia Strumenti più violenti , e dannofi. Onde
molti hanno creduto più toRo diabolica, che humana , la loro invenzione . Per
lo che ne cantò TAriollo.
oh muledetto, abominofo ordigno ^
che fabricato nel Tartareo fondo
Tofii per man di Bel^bù maligno ,
£ Monlìgnor Bonomi noRro, che ne porta bellilfima deferizzione nella fua
Borromeide , le chiama
T ifphones fava inventum.
Et il Cavalier Teodoro
Da I' Albi io già non credo
Simil contagio ufei , ma da le cupe
Foci del femfre torbido Acheronte.
E l’Abbate Sarrini,come altrove citòlfi.
Bellica tormenta h^c atas excivit ab Orco.
£ prima di queRi due ne (clamò una Mu(a Imperiale .
oh di horrore mortai ^ di morte horrenda
Inventrice fpietata. Arte guerriera ^
Ben temfrafli in Cocito Arma si fiera ^
Onde fiera non pur ^ ma V huom s' efiindua.
Il tuo ferro homicida hebbe già loco.
In Plutonia fucina^ e or dio catene y
Per vomiti di fiamme oh. come avviene
0/ Strumento Infernal Tartareoi foco\
Nel qual fenfo l’Eroica Mufa del P. de Buffiercs , nel (uo maggior Poema, ha*
vendo introdotto il forte Scanderbeg nel famofo Arfcnalc di Venezia, dopo ha-
vcrglifatto vedere, che ivi
■ II— Bombardarum feries lato ore minatuf p.
> Terroremque facit ^ file at licet.
£ perciò inferitone .
/ AfUa ubi tandem
Fulmina prerumpeuty dirà quàm drage loquitur l
nefoggiunge. "
X $
Lib, 6. de
Bell, lud,
c> 7. & 9.
Firg.ltc,cit.
lof. Laur.
Polymath.
l. IP * p, IO*
GMceiardm.
1. 1-
Aloyf.Gret.
in erat. fun.
Io, Th. CoUt
fiant» .j
Fur.C9.9ti
D. t. Sor»
Od. 35.22;
'In Ot.Pal.
lad.Egtg».o
Ciò. Fine,
imfcr. Ca.
falin, p. 4,
87* 88>
Beaudtrk.
t. I.P.790!
i
14S
M y s E 0 C 0 S P ! A N 0
SM.t,
gèli. T$tf,
MtUfh.p.h
Nuper id inventum Stygius procuderat hofiisy
Tradiderateyue homini; genus hinc mortale repertum
Excolit i 0" f&vo parat inde alimenta furori.
E poco dopo in vehendofì contro quefta invenzione , e chi la trovò « fà che fcla-
mandoneilfuoEroe
Fortium i ait, pedis y quis te furor edidit orbi>.
Bujtrif^e quis invenit^ num corpora ferro
Sternuntur fat multai nifi mors excitet ignes
Tartareos, tonitruque •vocet, fulntenque Tonantis}
Fatum hominis tantt ejl , ut coelo, or coque petatur i
7 Non mancano però difefe a quella invenzione, fe fimilurala dileibontà
dall’ ufo, e non dall’ abufo di cali Strumenti . L’ufo è quello della giufla guerra,
ò della giuda difefa ,ò della Caccia; come abufo lì è il valerfene contro il prol>
fimo per odio, ò per vendetta particolare. Ne furono Paneginftì Arrigo Pu¬
teano, e 1’ Abbate D. Secondo Lancellotti: quelli fcrivendone uno sfogo di
mente contro quelli , che foverchiamence biaiimano quella iuvenzione: quegli
celebrandola nell’Encomio, che ci lafciò, bellilTimo dell’ Archibugio: di cui
non è da tacerli quella particella. Attribuendum ingeniof a, ac felici noBri tem¬
poris induflria, qubd inventre potuerit, quo facilius viti oriam par aremus \ &
hac inventione praUiturn , quod pracedentia facula vicerimus , fubfecuturam
pojleritatem in adnnrationem rapturi . E perche fù di quelli, a notizia de’
quali non pervenne il nome dell’ Inventore feguì in quelli fcnlì. ^ifquis
es , honores tibi decernendi fuerunt , fatua ponenda , qubd in orbem primus
induxeris ufum tonantis infrumenti . Auclor es , qubd ingenio pugnare didice¬
rimus . AuFlor es , qubd ori admoveamus intrepido , manu traciemus audaci ,
cu]us fonum fine conflernatione plerique non audiunt, AuFior es , qubd lovis
officium exercere cepimus , Dolebunt nepotes , qubd inventum ufurpabunt , in Fa-
Bis inventorem non legent. Nequaquam fceleri con\unFla viFi oria, qua /do¬
po parta, ^c. ScrilTero parimente di quelli Strumenti bcllicoli Eugenio Gcn-
ciiini, Giovachino Brechcel, Nicolò Tartaglia, & altri in profa, e Gio. Ma¬
ria Catanei in verli , i quali leggonli apprello Nicolò Bcraldi ne’ fuoi Commen¬
tari] ad RuBicum Politianii e delle produzzioni di quella invenzione ferbail
Mulco le feguenti.
8 ARTIGLIERIA antica, la cui gran Canna di bronzo lì disfa in vinti pezzi
per maggior facilità di condurla ovunque non potelle tirarli intiera : e fi ricom¬
pone dc’medelimi, commcfliinlieme, c s’alficura dalia feparazione violenta
delie parti ne’ tiri, con tré catene di ferro, chel’armano, fermate con robulle
viti delio llelTo metallo . Fu già dc’Ouchi di Ferrara , e pofcfa della nobilidima
Famiglia Bevilacqua : dalla quale la riconofce il nollro Sig. Marchefe Ferdinan¬
do ,come pregiatilfimo dono del Sig. Marchefe Onofrio Bevilacqua .
9 ARCHIBVGIO Vogherò * con la canna ottangolare, rigata, e la calla in-
tarliata divari! profili d’avorio: il di cui pedale fù incavato in maniera, che
può ferbarvili dentro la munizione . Dell’ energia del quale , oh come cade in
acconcio il dire col Melico Battilla I
Vtfa di man Germana opra guerriera.
Se di ^Ifi nitrofi accende il fieno.
Et a piombo pennuto allenta il freno.
Fulmine par de la tonante sfera.
Svena in me^ al fuggir Partita Fera,
Benché rapida il pie /corni il baleno,
E dt
1 UIIC V.UI
(^J
247
LIBRO TERZO. CJP. AT/K
E di fubita morte atro veleno
Porta ne' globi a ia volante fchiera ,
Erutta il tuono , e partorifce il lampo >
Ea d' eBinti Guerr.ier ii fml fecondo ,
E di vermiglio humor lajlrka H campo,
Lofciat 0 Morte f la Falce y inutil pondo ^
E con r Ordigno , a cui non giova fcampo ,
Dal Mondo impara a fulminare il Mondo.
Così per effere da Kota , può d'effocancarfieol Cavalier Teodoro .
FerociJJlmo ordigno ,
che a bellico pedon premendo il dorfo ,
T r asformi a danno altrui /’ Huomo in deftriero .
Hai ne /* ufeio ferrigno
Maflin , eh' orbo di zanne aventa il merfo ,
J^anto tacito piìiy tanto piu fiero \
che quel nuniio fèvero.
Di rabbia eterna j fenza mover pafio y
Morde mai fempre , e non divora un f afilo.
Di Cerbero piu crudo.
tn cima d' una Rota egli cadendo
Par t eh' al fto precipizio h abbia fortuna ;
■Rota, che per tfeudo
D ’ ignobil petto . a la viltà fervendo ,
Divien di fuoco rio fiera importuna:
Rota > che hor chiara , hor bruna
Perche nel centro fitto I' Inferno afe onde
Tiene a I' ufeio un Mafiin. fiamme a le fponde
Orologio di Morte.
che I' altrui vita fulmina fonando y
Rende il concavo ferro , in cui s ' aggira;
eh ' emulo de la Sorte ,
Va con rotante drepito fvegliando
Di Lachefì il furor , d' Atropo I' irai
JEerro , eh ' ovunque gira
L' aride fauci in martiali agoni. ^
Vomita lampi, e partorifce tuoni.
Di Tartareo Monarca.
Scettro guerrieri vor agino fa tomba,
eh' eBtnto accoglie in fen foco tonante',
Softegno de la Parca.
Di Stigio Araldo incendiaria tromba.
Del trifauce MaBin gola fumante'.
Organo fulminante .
In cui talor su pkciol' orbe affa
Celbjfi a danno altrui Morte improvifa.
Manontralafciamociò,chc nedeteò la gentil Mula del Signor Ciovambattifta
BencdelliBoIognele, uno de’ Signori Segretarii di queft’Illùftriffimo Senato,
Soggetto di talenti ammirabili ; il quale , vifitaco il Mufeo , offervatavi quell*
Arme, la dcfcriffecon quefto leggiadroSonetto .
Od.js.tz.
V
Vrna
248 M y S E 0 COSPIAUO
VRfta quejla è di ferro in cui fovente
Citta le palle fue barbara forte.
Ove fpeffo di cenere potente
In anguUo covil dorme la Morte,
Ma non fcocca sì toflo il Cane ardente
Su ' l limitar de le ferrate porte,
eh ' a un tratto fi rifveglia , e di repente
Fugge il Reo , trema il Vii, paventa il Forte,
Forfi y che l ’ Huom per farfi emulo a Dio .
^uefto ordigno trovo, che di fotterra ^
Da I ’ Armeria di Radamanto ttfeto .
Poiché fie Dio , eh' e Dio , lo Ciel , la T erra
Con tre dita fofiien-, I' Huomo , eh' e rio,
Z)’ un dito al cenno un picciel Mondo atterra,
IO ARCHIBVGIO, confua Piaftra da Rota in una Scimitarra, eh’ è la men»
(ovata nel Gap. XI. al num. 8. Serbali nel (uo fodero.
1 1 Altro ARCHIBVGIO, con fua Piaftra da Rota in una Spada, ch’èia
raccordata nel luogo fudetro al num.p.
12 ARCHIBVGIETTO, ò, come dice il volgo, PISTOLLA, con fua^
Piaftra da Rota ,inun Pugnale da parata, compagno della Spada fudetta, e pa¬
rimente rammentato nel Capitolo fudetto al num. i o. Non è lenza il fuo fode¬
ro. Di quefta forte d’ Armi bianche , ma inficme da fuoco , mi fov viene trovar-
feneunaneir Armeria (egreta di Venezia, e ferbart/ifi per cofararifsima, feri-
vendone l’Abbate Lancellotti . Nell' Armeria fegreta di Venezia tra le Arme,
'Hoggiài P, pTtffo che innumerabili , che vi fono , confervafi fra le altre cofe maravigliofe un
di. p. 27Z. Coltello di grandeT^a quafi ordinaria: nella fchiena , o cofia del quale vi e un
Archibugietto , b , come dicono, Pifiolla ; il quale fu trovato ad una Donna Te*
defea , che venne in Italia per ammazzare un fuo nimico. Oltre di che egli
foggiungc quegli edere altr' ingegno, che quello, che vedefi in quegli archet¬
ti piccoli fimi , con uno de' quali un Signor Car rarefo , fi andò a tavola , trafiffe
un Cardinale .
V. Benatn,
l, 6,
1 3 PISTOLLA , lavorata nel manico d’ un’ Accetta , la quale fù di Cofìmo
Medici.
14 PIASTRA d’Archibugiocondue Rote, etuttiifuoi fornimenti, difìn-
golare artifizio , fatta per fervire ad una Canna di tiro doppio , fe non più tofto
ad ufr Archibugio di due Canne .
1 5 PIASTRA d’ Archibugio , lavorata in forma di cada , con una Rota fola,
di più , che ordinaria grandezza : la quale infieme può fervir di focile .
16 ROTA per accendere il fuoco in vece d'acciarino.
17 CHIAVE da Rota d' ottone gentilifsimamente figurata.
iS CHIAVE d’ Archibugio, antica, nel cui manico, che vis’ aggiufta per
mezo di lunga , e groffa vite di ferro, v’ è inferita d’ avorio , capace conferva da
munizione . S’ apre mediante una ingegnofa fufta di ferro ,
1 9 C ANE da Mofehetto, che figura un Drago; & è de’ primi, che fi ufaffero .
20 RAZZIERÀ di legno , armata . Così chiamo col volgo uno Strumento
da tirar raggi , c girandole d i fuoco , che qui fi ferba; e potrebbe fervire a vibrar
le Saette di canna gravide di fuochi artifiziali , ufate da gli antichi , come altro¬
ve fi dille.
21 FIASCA antica da Munizione, compagna dell’Archibugio Vngh^ro
fopramentovata.
92 Due
i in n o f ù. tAK jiììK 914»
2 a Due FIASCHE da polvere, d’avorio, antiche,
33 BORSA, e FIASCA da polvere, di cuojo, ahticbe;
24 FIASCA da poi vere, cavata d’ una Noce d’india, mentovata anco tra*
Vafi di legno.
25 FIASCA damunizione, d’ottone, di belliflimolavoro, antica, difigu^
ra meaa tonda, e meza quadra. :
%6 Cinque CARICATORI di canna, delcritci tra’ Vali di legno al GapJ
XX VI. di quefto Libro , num. 24.
27 Mà molto più copiofo farebbe il numero delle Armida fuoco, e d’altra
forte,delMu{eo,{eilSig.Marchefefìrifolvefre d’ aggiungerci quelle, che or^
nano più d* una parete del fuo Palazzo s e particolarmente quelle
Barbariche Armatore, e Urani Arnefi,
Che lerbanfi nell’ andito vicino alia Galeria : i cui muri , come iniìmilc occafiò^’
ne cantò il noftro Crott i .
Ojlentant teretes ^aieas^ Uveffae pharetras l
Oltre che da effì 5
Pendent informes pelta undique y d" undique curvi
Vmbonts , ujlique /udes , ftriclaque fecures ,
TinSiuSy & hoflili de vulnere Martius enfis ,
Se bene a chi vifìta il Mufeo con genio bellicofo non manca lungo trattenimento
nella proflìma Armeria del Senato, copiofiflìmad’ Armi d’ ogni forte, che vi fi Bufsitrl
lerbano, dirò col de Bullìeres, ad Civium animos^ cum id popofeer it publicae Dtfcrtpt.
Militas /uffinendos . >
Armorum hic genus omne nitet yfpiffb ordine fulgent
Parietibus y menfafq\ onerante greffumq, morantur
Lethiferi pendent arcus, celer efque fagitta.
Corytique leves, lucentia /picula ferro,
HaHaque, & longa corno crifpante fariffa,
P.t \acuta, 0" telum, libitina quod eminus infert ',
i^ppenfa rutilant galea, crik^que comantes t
Scuta interfulgent , clypeique umbofte minaces,
Thoracefque graves ferro , mucronibus enfes
Terrifici, chalybifque acies falcata recurvi,
Come, a chi hàgufto di vedere Armi maggiori li loddisfà col mollrarli l’Arti¬
glieria della Città nell’ Armeria da baffo j della quale può dirficol nofiro Crocti
K^t Martem, é" duri Martis crudelia tela
Telìudo ienet inferior .
E con Arrigo Ranzo vio > ò con chi per effo fece l’ ifcrizzione dell* Armeria della -
Rocca di Brcdemberga , da effo fabbricata . ypttypeftt
Longa domus Beili capit ìnHrumknta cruenti
Bum bona tranquilla tempora Pacis eunt.
Grandia Jiant illic uteris tormenta cavatis,
Bt nunc , ceu placido prejfa fopore , tacent ,
X,Alt fubeant hoftes , mox longa flentia rumpent ,
Bt piceas flammas ore , pilafque voment,
sidera pulfahit domus alta, remugiet ather ,
Et gemitus tellus, mota fragore, dabit,
Sutphureoque globos procul e\aculata cavernis
T urbine , profiernent obvia quaque folo .
Lugi.
Jdtm SeaUm^
derb.t. i,
f-
Urttum,&e.
Hcnrtct
H,anz.ovu,i
Petro Ltn-
debergto
etnfcrtfta
gag. IV,
M y S E 0 € 0 S P l A N 0
tfo
Di varie Speglie Militari ^ é' altre Cofe tolte a' Turchi nella prefa
di Clifa t e neW ' affkdio di Zomonicco del 1 647.
Cap. XV.
t
V Ltre molte delle armi fopra mentovate , alcune delle quali fono figurate
nella Tavola feguente , furono dal S g. Colonnello Carlo Cignani tol¬
te a’ Turchi nella prefa di ClilTa» e neirartedio di Zomonicco, che fucccffe nel
1 647. drverfe altre Spoglie Militari, & altre cofe, dalla generofità del medefimo
donate al Mufeo : le quali per effere reliquie di guerra , e di guerra facra , come
contro il commun Nemico della Catoiica Religione, confervanfì in una Scaffa
particolare del Mufeo, e meritano che fe ne porti il Catalogo inqueflo luogo,
coronandone con effo la defcrizzione, qualunque fìafì , delle Armi fin qui ofier-
yate in quefto Rcceffo delle Mufe .
t D’ alcune delle Spoglie fudetce ne fu formato, come un Trofeo, chequi
difegnato fi vede; e contiene
LIBRO t B R Z 0. ^AP,
3 I, La CIMA della Cupola della Mofchea di Cliffa, compofta di varie
commiffure,e|lobi , matattadirarae jcooefprcffoyidentrpa earatteri grandi
Turchelchi il nome Maometro ,
4 ARCO d’acciajo, appefoneltnuro,aItraverfodelladilei fommicà.
5 II, ZAGAGLIA delPAlibceco di Zomonicco, raccordata djlopratràlj?
Armi da punta, nel Cap. X. alnum, 1 6, ,
III, Lancia del medeiimo, mentovata nello iteijfoluPgoal num, tf.
7 IV, IV. Due Ficchi j uno col manico d’argento, r altro di legno, de’ <jua»
li s’ è fatto menzione immediatamente dopo le Cla ve^
Tre Scimitarre .
Due Manarini , co* manichi forniti d’ argentoi
Vn Paloffo,
8 V, V. Due Cappelletti teflfuti d’oro, folitia portarli in.tcfta dalle $pofe
Turche, Corrilpondono a quelle Turrite Corone, che portavanfi in capo dalle
Spole Romane quando fioriva l’Imperio ; dellequali fece menzioncLucano,
ove d’ una Spola favellando , cantò
Ttfrr itaque frement frontem rnatron^ Corpm,
Le raccorda anco Stazio , che le chiama Suggefla comie, ove di V iolantella fà dire
a Venere
■■ eelfa proeul office frontis honores ^
Suggefiumque corno ,
9 VI, VI. QuattroPiattidifame,deIcrittitra’ Vali di metallo!
10 Deir altre Spoglie, ò fia delle cole nella Tavola Indetta non figurate!
recò il medefimo Sig, Cignani
n Vna Bandiera acquiftata nell' aflfedio di Zomonicco,
1 2 VnaCiavarina, di cui tràle Clave fi favellò ,
ij Due Archi da tirar Freecie,, Se un
14 Carcaffo con Freccici de’ quali nel Capitolo proprio! i
15 Rota da Schioppo bizzarra» e
16 Fiafca da Munizione antica; delle quali fifecemenztone nei Capitolo
precedente.
17 Quattro Triboli per offenderei piedi accavalli,
18 Turbante da Sacerdote Turco , , •
19 CORONA groffa di trenta bottoni uguali di,,,,*; VfanodiquefteCo^
ronei Turchi non tanto per recitarvi fopra alcune loro orazion i , e particolar¬
mente gli Attributi divini, come notò il P, Giu.fiinianoda Movi Cappuccino
Francele, Miffionario in Oriente , nel fuo Specchio della Turchia ,teftc puibbli»*
cato dal Sig. Gio.Cinelli, Medico di Firenze; quanto per oftenrazsone.di laq-
tità, portandole lempre in mano per le pubbliche ftrade, Così ripo.crjfia loro
cercad’imitare la vera Pietà Criftiana, . , .
20 Due Rotoli di Carta Pergamena, ove fono delcritte in Arabico diy.^rlp
orazioni de’ Turchi, e particolarmente Salmi ce nomi d* alcuni Profeti,
at Tré Decreti firmati dal gran Signore,
22 Va Decreto firmato dalprimo Vifir , ■
23 Vna Carta con varie Armi , &c, 1 ^ ^ ^ ^ ^ m
• : ■ . . ■ ' ‘ ■ 1' ' 'i ,
ìfalcu-
Z». I. Siìv,
a, v*ui.
Tart,ì,*yt*
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Ovvìm. l. tl
*e. 17®.
M ys E 0
€ 0 S P I
N 0
D* alcuni Strumenti di fèrro di figura ^ ò à* ufo fin gelar e\
Cap. XVI,
? Il Lcuni altri Strumenti di ferro conferva il Mufeo ; ò per l’ antichità loro ;
ò per la ftravaganza della figura,© deir ufo, mcrite voli d’ effere offcr-
vati. A* quali ftà bene il dare un’occhiatadopo le Armi, e le Spoglie Militari,
potendo per la maggior parte fervire anch’eflì nellaguena. Sono quelli
a Due MANI diferro, compagne,con molle da tener f aldo ciò, che con
effe fi prende.
3 PALLE di ferro, antiche, credute di quelle de’ Celli. Erano quelli una
forte di Clava , dalla fommità della quale , mediante alcune lille di cuojo bovi*
no, pendevano alcune Palle, òdi ferro, come quelle, ò di piombo. E con tal
forte d’ Armi riferifee il Poeta, che combatteflcro Darete , & Entello .
4 VITE doppia di ferro , con d ue Roftri , per isforzare , e rompere i più forti
cancelli , & altri fimili impedimenti di ferro .
5 TAGLIA di ferro, per commodità di calarli da qualche altezza, a per*
pendicòlo .
6 TASCHETTO diferro, mentovato nellTndice del Mufeo, già llampato,
con la Mafchera pur di ferro ivi chiamata Mormolichio sidereo .
7 Qu_indici SPRONI antichi diverfij alcuni de’quali hanno la llella così
grande, elproporzionata , e di coda cosi lunga, che non poteva effere fenon
d'impaccio l’ ufarli . E tali oujladimeno adopravanfi da gli antichi , come fi ve¬
de nelle Statue Equellri di molti Secoli. Onde Olao Magno, parlando dt’fuoi
Paefi Settentrionali , dice, & ilU 'vetulia atas inufitata magnitudine
in calcaribus oblongis ^ atque radiorum amplitudine latis, E per avventura di
quella lorte erano gli Sproni ufati da quelTrafonc,di cui fcherzando cantò il
Marziale Cambrobriranno .
Cur immenfa gerat miles calcaria Thrafè
^uarilur : immenfum Gloria falcar habet,
8 Ventiquattro STAFFE antiche, di varie figure, e grandezze, c per lo
più larghilfime. Antiche dilli, fol quanto però può affermarli de’ primi arnefi
d’ una invenzione di pochi Secoli, com’è quella delle Staffe. Poiché que.
ile non s’ufavano anticamente . Che però non è maraviglia , che non habbiano
il loro nome Latino . E che non s’ ufaffero , fi tiene per certo , non trovandofenc
memoria alcuna, e non apparendone velligio nelle Statue Equellri antiche .Trà
le quali ecccllentiffima viene llimata quella di Marc’ Aurelio nel Campidoglio,
tutto che fenza Staffe. Ad imitazione della quale furono fatte pur lenza Staffe
le Statue di bronzo d’Aleffandro, e di Ranuccio Farnefi, che fi vedono in Pia¬
cenza . Più conformi però all’ ufanza de’ tempi de* Principi a quali furonofufe,
giudicavanfi quelle Statue , fe v’erano efprelfi quelli Strumenti, come in quelle
de' Granduchi di Tolcana Colmo , e Ferdinando , erette loro in Fiorenza .
p STAFFA di larghezza llraordinaria , memorabile non tanto per haver
fervito ad Amurattelmperadorde’Turchi, quanto per cffergli fiata ftrumento
di morte, communicandogli il veleno, dieui era infetta, come apparifee dall’
ilcrizzione di carattere antico , che fi vede pender da effa, e dice Staffa con la qua^
le fu avvelenato Amurat li, Imperador de' Turchi , 1480. Il che però non sò
perluadermi come fia accaduto, potendo in quello calo dire con i’accuratilTìmo
offervatore delle Cole Naturali Francefeo Redi nella lettera fopra le oppofizio-
ni fatte ajle fue Ofiervazioni intorno alle Vipere, fcritta alli Signori Alcffandro
Moro ,
L i B B, 0 TERZO. CAP. Xyi 253
Moro, & Abbate BourdcIotjSig. di Condè,ediS. Leger. De' veleni ^che col fo~
lo i e momentaneo toccamento , 0 con la vicinanza privino di vita , io non ne h»
mai veduti i quantunque fi racconti, che alle volte Jìeno (late avvelenate . con ef¬
fetti mortiferi, le Staffe . le selle de' Cavalli, e le Seriole da federe, 1,0 lafcio
credere a chi lo vuole . che quanto a me non me ne fento .
10 Serie FRENI, ò MORSI da Cavallo, antichi, di varie forme , lenza le
altre parti integrali della Briglia, le quali anticamente non li ufavano, come fi
deduce dalla fopramentovata Statua di Marc’ Aurelio, nel di cui Cavallo non
furono efpreile. DalcheargomentailLancellotci, chegli antichi cavalcaffero /j^sgidi P.
alla difdoffa fenza briglia . Vfavano però i Freni , quali reggevano con uno fpa- Jt,
go lottile . Per lo che il Bolognctti , leggiadro Poeta , e Senator Bolognele , nel
ino maggior Poema , cantò
Fuorché la Sella, ignudo ogni deflrìero Collante
Vedeafì . e regge a il freno un fottìi fpago . 68.
11 FRENO dellaLafcivia lochiamo un CINTO di ferro , che qui fi vede,
fabbricato per afilìcurare della Cafticà corporale della Moglie un Marito gelofo .
Egli è formato di tré mezi circoli commeifi in maniera , che due fervono per cin¬
gere a traverfo , J’ altro trà le cpfeie , fermato a’ primi con due propagini , che
lotto il perineo s’unifcono: donde fale a dilatai fi in una cataratta romboide
fopra la parte fofpetta , e quindi fi rifiringe, e giunge ad inferirfi fopra l’ ombili-
co alle due eftremità anteriori de gli altri ,dove( potendo alzarli , &abbafrarfì,
come quegli ftringerfi , & allargarfi a proporzione de’ corpi da cingere ) fi ferma
col fuo Lucchetto, e Chiave ftravagantilfima . Invenzione , che oliando a
gl’impeti di furtiva libidine , fenza impedire l’ ufeita de gli eferementi naturali ,
rielce affai più tolerabile di quella delle Mutande a quello tnedefimo fine inven¬
tate nella Falftria, e deferitte dal Vormio: le quali ferravanfi a chiave fopra un
fiancoi&cranocosìfaftidiofe,chelamiferadonna, che dalMarito inventore
d’effe fù coftretta a cucirfele jC vcftirie , non poteva fcaricarfiil ventre , fe ogni
volta dal Marito non otteneva la chiave: nec natura fatisfacere . nec urinam
reddere, nifi impetrata a Marito clave .potuerit : dice lo Storico. Ma quelle ^ro^e fin.
diligenze, fecuftodifeono la caflità del corpo, nulla giovano adifefadi quella
della mente , non loggetta a tali legami . Sia pur’ ella cafta , e fia retta la volontà,
che ogni diligenza di quella forte èloverchia. S’ella ama le corrutcle, non
ponno prcfervarnela vincoli materiali . Che però di^uefto Cinto fù chi cantò ,
Vt fit mancipium geminatis foemina nodis
Invidus hac veneris cingula fecit honor.
Blandula fmplicitas hominis quid gaudia differs ^ H
Hac mihi difficilis plus fapit arte locus .
Stare loco nefeit , laqueos refoluta pudoris.
lAc ruit in vetitum foemina prava nefas,
^uod cum myfterio finuofis flexibus haret. *
Aurea tempeftas diflociabit opus ,
^uid non libertas muliebri mente revolvit^
Ridet i» has artes ingeniofus Amor ,
Non dabitis murum federi-, lafciva voluntas
Mentis inaecejfa Ubera frena domat,
12 Nonhebbel’ Antichità notizia di quetta forte di Cinto da Donna. Co¬
nobbe bensi,cvidde praticarli da qualche huomo nel proprio corpo altri ftru-
ftìenti di ferro, ò d’altro metallo co! fine medefimo. Erano quelli, Fibbiéalfe
parE v?fgognofe; e, come nota Cello, ufavanfi da Comic-i, da Cantori, eda z. 7. e. 25.
Y altri
X54 Mf^SB9 C0SPÌJ NO
altri, per vìvere continenti, e confetvarfi con la voce la fanità , AI che allude
Marziale in queirEpigramma.
MenophiU fenem tan% grandis fìbula ’veftit»
ìà>T.tt.%ù Comoedis omnibus una fatts.
' , jiunc ego credideram (nam fape lavamus in uno)
Solicitum 'voci f arcere t Flacce, fua .
Dum ludit media > f opulo f peci ante , palafirà ,
Delapfa eU mifero Fibula, Verpus erat.
Nel qual luogo il Farnabio nota eruditamente, che duo harum fibularum erant
genera ; vel indumentum , quo comprimebantur fimul , ^ tegebantur inguina :
vel filum aneum, argenteumve , praputio trd]eFlum. Et it meUefimo nelle note
all’Epigramma42.del Lib. 7. dello ftelTo Poeta (dove però egli non parla di
quefte fibbie , ma di quelle d’ oro , ch’erano fegnale di Nobiltà ne’ Cavalieri , c
'MarUl.Ca tribuni, aggiuftate nelle Trabce , e nelle Clamidi) le chiama aììrigmenta,
^at.var, ^ tujlodias pudoris , Poco però penfo, che allìcuraffero la continenza, s’era-
ohftrv. l. 2. no amovibili a piacere della volontà depravata , Onde Marziale
Die mihi fimpUciter, Comoedis, ac Citharoedis
Fibula quid pr aliati carius ut ■ 1 m ww
cGiuvenalc,
Solvitur bis magno Comoedi fibula, &c,
Vfano poco dilfimih Strumenti, anco a noftri tempi iDervigi Romiti de’ Tur¬
chi; i quali vivono vita più da befiia, che da huomo, e come notò d’ellìGio.
Battifta Montalbani nel Commentario, che ci lafciòdc’coftumi de’Turchi,^e«
De Merib. tantummodo tegunt , catera , & ipf amet etiam pudenda nudi-, penis pram
T re. putium annulo ferreo in fignurn c aditatis perforatum geìiant.
li LVCHETTO Turchelco.
14 TRAPPOLA di ferro antica per prender fiere. Ella tiene figura diBa-
lefira , ma ha lolo mezo l’ Arco : alla di cui corda è commciro un lungo bidente
di ferro con le punte adunche ,il quale ripiegandoli su l’ alle, ò cada dell’arco ,
^ fi rende; Polla Telca in una punta acutiifima, eh’ è a piè dell’Arco, appena lì
tocca , che il bidente fcoeca , e cadendo fopra la punta, in cui è fitta Telca, vi fà
rimaner prcla , c trafitta la fiera .
De gli Strumenti Nautici,
Cap. XVII.
I Hi non è affatto digiuno delle Sacre Iftorie non ignora quanto alta fia
l’origine della Nautica: Icorgendovifi , eh’ ella fù moilrata da Dio
nell’ uio della grand’ Arcafabbricata da Noè d’ ordine, c col dileguo prclcntto-
gli da Sua D vioa Maeftà, per conlervazione della Ipezic humana, c de gli altri
animali nell* uuiverlale Diluvio. Ma iGentili, che non aprirono 1 lumia luce
sì bella , ne lognarono Inventori diverfi , che ne furono lolamente Propagatori .
Filoftcfano la dille inventata da Gulone, Egefia da Partalo, Ctefia da Samira,
Stefano da Semiramide, Archimaco da Egcone,e taluno da Tini, come Tibullo,
che Icrillc Prima ratem ventis credere docla Tyros.
Nè mancarono di quelli, che ne diedero la gloria a Dedalo, Inventore folamcn-
tc delle Vele, interpretando di ciò quell’ hemiltichio del Poeta,
• »■■■■■ ■ ■ gelidas enavit ad ArUos ,
A quali fottoferivendo Gilberto Ducherio Poeta Ftanccle , ci lalciò quelli veri»
fopra i'invcnzion della Nave , indtizzaci ad un tal P. Mano .
Autor
l l ^ R 0 TERZO. CAP. XVIU 15$
Autor pf'^fetihuì mi hi non eB Dadalus alisi
Nam pennas homini fingere, ridiculum eB ,
, Navigii potius rationem invenit, ér artem:
.. e^«<? .Labyrintheis fugerit e finibus.
Hoc tta Vergilius, Gelidas enavit ad ArHos,
Ingenii mira dexteritate docet.
Grande, Mari, inventum •. nifi patre audacior itife
Vilius Icariis obrutus efiet aquis.
% A noi bafta d’ammetter coltoro per Inventori, non della prima Nave , &
in con/eguenza della Nautica , ma lolo d’alcuna delle molte, e diverfiffime lpe«
zie de’ Legni Maritimi , e Fluviatili , anticamente ufate, e forfi non in minor nu¬
mero di quelle, che hoggidì fono in ufo: delle quali fe ne leggono lunghi Ca-
caloghi apprcffogli Scrittoridìqucft’ Arte, come LazaroBaifia, Gregorio Gi-
raldijBartolomeoCrefcenzio, (Scaltri, che ponno vederli. Delle cole ad tifa
fpcttanti lerba quelle il Mufeo .
3 CARTA DA NAVIGARE, tra le moderne antica, elfendo fatta CXX.
annifà. Sono in elfaminutamcnte deferirti i Mari, e Lìdi loro, co' Porti, e le
principali Città del Mondo , e dilegnate le imagini di molti Principi , e Monar¬
chi. Il tutto è gentilmente miniato in carta Pergamena, con le partitioni de*
Climi , e de’ Venti. Di chi ella fulfe, oda chi fatta, lo manifella l’ifcrizz+one
barbara di Uh Ma jorchino, che dice, (le non deve leggerli Sancì) Pana
des Mallorqui in Pa/lermo anny 1555. La qual forte di Strumento non lu igno¬
ta d gli antichi , facendo menzione Tolomeo delle Carte Geografiche , e Mariti¬
me divife in venti, ufate affai prima di lui. Perche in tempo d’ Eolo Rè di Sici¬
lia ulavafi l’Orizonte delle Provincie, e le Tavole divife in quattro Venti; ne*
giorni di T/elle , in otto ; quando fiorivano le Scuole d’ Atene, in dodici .
4 Altra CARTA NAVTICA , d’alcunianni,menoanticadella preceden¬
te, elimilmente miniata, macon minor garbo. Sonovi parimente deferirti co’
Man , e Lidi , e Porti loro, 1 liti delle principali Citta del Mondo ; & effigiati al¬
cuni P. ucipi , e Monarchi . Operadichi vi Icrifle: Hoc opus fecit lulius C afa-
ris PetrucH Civit Senar, in Civitate Pifar. anno Domtni MDLXXI.
5 BOSSOLAda NAVlGARE,0,comelachiamanogliOccidentaIi, Ago-
glia, Strumento nobiliflìmo , & il più neceffario a’ Piloti dopo la Carta : conte¬
nendo in compendio l’ Orizonte con le fue divifioni, e la Rota de* Venti, e quel¬
lo Stile mirabile d’acciajo , che in virtù della Calamita, con cui fù rocco , moflra
la Tramontana, & indirizza ne’ fuoi viaggi la Nautica in ogni tempo, c ftagione,
& in ogni Mele, olia calma, òtempefta. Onde il Cavalier Teodoro nella Tua
belliffima Canzone lopra la Nautica , favellando della Boffola ,e detto , che chi
trovòlia Jìifprez,z,ando le leggi
De la Natura, ad ofiervar fi ^ofe
L' occulta fimpatìa d' Indica Pietra.
foggiunfc ^inci s ’ avvien pafifeggi
Legno guerrier per le contrade ond fe.
Dal Polo al fuo bel corfio ordine impetra: '
Per timor non /’ arretra -("t
Al fuo dubbio camin l ’ errante paffo ,
Vattofi guida a fua carriera un Sajfo ,
6 Credefi da taluni invenzione antica,e precilamente quello Strumento, che
da Plauto chiamali P'erytfr/4 in que’ verfi .
— ■ w...— murnn» fi huc ijtem
y a ' Pre-
Ltb.ueti:.
Crefeeut,
Nautie. MS-
dner l.ì,
e. II.
Od. )7.f.
Crefcen.lee.
ett.
In Mtt.aPt.
/>f T riftum.
X»
Kulcell. tH
yinnot ad
Geoir Ptoi,
Cerr. Cent.
X Sat 54.
panetti.
HogzidtP.
j! d [c 17.
Sara,
/. 2. dt Jnv,
f.722.
M fcard,
i. 2. M\*f,
€m
TtóJtr.Od.
3*. 14.
♦5« M V S E 0 (; 0 S P l A N 0
Properes t ftt tfi»c properes, facias re£lius ,
Hic •ventus fecundus efi . cape modo ver foriam'.
Hic Favonius ferenus eB , hic Aufter imbricus.
Hic facit tranquillitatem , ijle omneis fluHus conciet,
& altrove — — — — quin tu, quod perit.
Per fife ducis ? cape ver foriam , recipe te ad herum .
Ma favellandoli qui della natura de’ Venti , fenza accennarli »n alcun mòdo 1’ ef.
fetto principale delia BolTola , che il molèrare con quel capo dello Stilo , che fu
tocco dalla Calamita, il Settentrione > e con l’altro il punto Meridiano.* ne fe-
gue che la Verforia di Plauto fude più tolfo una femplice Rota da Venti . che la
Bodola hoggi ufata . Diche non è fievole indizio il non trovarli menzione al¬
cuna della BolTola in altre Scritture antiche . Anzi che quella anticamente non
s’ ufalTe, e che i Piloti fi governaflero a occhio, mirando la Tramontana (il che
fu invenzione dc’f enicii ) ce ne fà fede apprelfo Lucano quel bravo Nocchiero.
&Aftronomo. ■ ' - • docfus taciti fervator Olympi:
il quale interrogato da Pompejo Magno
Vnde notet terras, qua fit menfura fecandi
Mquoris in caelo ? Syriam quo fidere fervet ?
Aut quotus, in plauBre Libyam bene dirigat ignis'i
Così tUpond^ .Signifero quacunque fluunt labentia coelo
Sidera non /equimur i fed qui non mergitur undit
Axis inocciduus gemina clartjfmus Artio, - v.
Ille regit puppes.
C , fenza nè pure accennar la Boilola , ò la Calam ta , profegue .
I— " ■■■ — — h/c eunt mihi femper in altum
Surget , initabit fummis minor Vrfa Cherufeif,
B fphoron, ^ Scythia curvantem litor a pontum
Speliamus , quicquid dejcendit ab arbore fummo,
Arilophylax , propior que mari Cyno fur a feretur:
In Syria portus tendat ratis \ inde Canopos
Excipit Attflrali coelo contenta vagari
Stella timens Borean , (/c,
IIchepureolTervòil Rufeelii, che moftiò il mododifarc quefle BulToIe, c ne
ditele l’ invenzione per nova . Del qual parere furono anco Antonio Ccrrio da
Rimini, che ne difeorfea lungo nelle fue Satire ; 1’ Abbate Lanccllotti, St altri,
che danno la gloria di quella invenzione a Flavio d’ Amalfi, detto Campano dal
Sardi ; il quale fiorì da poco più di due Secoli addietro , c con sì nobile ritro¬
vamento facilitò al Colombo lo feoprimento del Mondo Nuovo , & alla Polle-
rità il commercio utiliflimo con elio . Di che parimente fi dille qualche cola nel
precedente Lib. II. Cap. XXXI. nu. 2.
7 Altra ROSSOLA NAVTiCA, ma di forma affai piccola ,s’ è mentova¬
ta nel Cap. III. di quello Libro IH. tra gli Strumenti Matematici , Aflronomici ,
c Geometrici al num. aò.per effere fabbricata in unod’efTì: come parimente ivi
fi mentovano al Indetto num. 2 6.c fuffrgucnti 27. e 28.
8 Alcune ROTE da VENTI, figurate nc’mcdetìmi.
Oltre le fin quìdtfcritte
Carte quadripartite
Z>4 gli Angoli del del, Bcfole ornate.
Di s/tre eHenuate,
Di Geografiche idee linee erudite.
fono
LIBRO TERZO'. CAP. 557
fono degne d* edere mirate , & ammirate per T artifizio . e bellezza loro le tré fe^
guenci Machine compendiarie della Nautica cioè
9 VASCELLO di forma piccola, ma con tutte le fuc attinenze, e partiper
minuto , & a proporzione de’ navigabili : gentiliflìmo dono di Colmo IL Gran¬
duca, fatto al Sig.Marchefe fin l’anno MDCX. quando egli fervi va S.A.S. di
Paggio d’ honore . Pende dal Cielo della feconda Stanza del Mufeo, quafi firn-
bolo della Stellata Nave de gli Argonauti , e prima veleggiava in un Mare finto
fopra una Tavola , della quale appunto ,come della parte inferiore del Trono di
^ofdra , poteva dirli col Bracciolini .
Lo Sgabel fottomeffo e finto il Mare,
10 TARTANA nonmaggiorcdelfudetto Valccllo, macontuttelefuepar-
ci» & arnefì in numero, e figura corrifpondente alle grandi. Fù del Montaigne ,
celebre Pittor Francefe , e , nel dipingere Fortune di Mare , inarrivabile ; il qua¬
le fe ne fervi per efemplare di molti di que’ Legni Maritimi , ch‘ egli drpinfe .
11 GALEA alquanto maggiore de’ precedenti legni, ma con non minore
ìnduftria,e garbo lavorata in tutte le fue parti, & arredi: corrifpondendo in
tutto ciò per minuto aile Galee di giufia grandezza . Ma da Vafcelli palliamo a*
yafi del Mufeo.
Cree. Haeqi
l, 4« 9*
'Ideila materia de* Vafi in genere , e loro utilità \ e de* Vafi fatti dallA Naturai
Xym
T^TElIa copia quali innumerabile de’ beneficii, che coftituifcono nofira
jL\l commune Madre la Terra, come appunto vien chiamata, e dalla Sibilla
ìnquelverfo tm* J's irAyyttiruftk r*K%\/otrcu
C dal gran Nazianzeno in quell’ altro
O*?/»» ftìr eoo (xtlreìp* ^poiSr ì?r«J'éi/iT» yiua.i
non è da contarli ti a gii ultimi , parche capo di molti , quello di variar fe mede-
fima a prò noflro in tante guife , in quante , di quarto elemento in fe ftclTo , quali
baie de gli altri , librato , degenera in mafie dementate , e loftanze minerali , co-
me Metalli, Pietre, e Fofiili ad efia congeneri. Conciofiacofache in tante mu¬
tazioni laTerra ci moltiplica a maraviglia le utilità: e, quali fufic poco il pa¬
rerci ,e mantenerci abbondantemente colle produzzioni della fua fuperfizie ,
come fe non altro fuffero , che legni efteriori del fuo affetto , con quc He , che fo¬
no Parti del fuo leno , ci moftra il cuore . Così , perche nuila^i manchi , Proteo
aficttuofifiimo,in tutto fi cangia per noi. Qui Oro, e là diviene Argento, per
arricchirci ; altrove altro Metallo , fe men nobile , più arto a fervirci in una in¬
finità d’ occorrenze . Onde i Chinefi , che cinque elementi ammettono , per ul- se^
timo d’ elfi afiegnano il Metallo. Ivitramutafi in Pietre, ò, per la copia, vili; med.mhi/f.
ò,per la rarità, preziofe, ma tutte utili: quelle per gii ufi neceffarii, quelle per ehm. Pii.
lideiiziofi. In altri luoghi pafia in glebe, che dalla fimiglianza di lei ritengono ^'*^ **•
il nome di Terre , ma efienzialmente ne dilFerifcono tutte in più modi a noi gio¬
vevoli, fervendo altre alla Plallica , altre alla Tintura, altre alla Pittura, altre al¬
la Medicina, altre ad altre Profefiìoni. Infommatutta,ed in ogni lua parte be¬
nigna laTerra,daperruttoanoftrifervigis’addartai e merita, che celcbran-
dolanc intuoni Omero nell’ Inno , che ci lafciò d’ efia
2 Mafia pure uniueriaie ne’iuot benefizii laTerra: eperciò falutandola Or;
feo nc gl’ Inni la ch’ami
y 5 Qiid
fi. 1. 16.
t, 26.
C<ef4lf. l. 3.
t. 23.
Muf.
Mtu t- 3.
^9
M4rt. Cra-
mtr. $4 htfl,
Foltn.
tSB MVSEO CO SPI Alio
Quel fole di fomtniniftrarci nelle fopramentovate loftanze la materia più com“
mune de’ Vali, abbraccia tutti gli altri: contenendoli in quello il commodo
d’accogliere tutto il capevole, e di conlcrvarci tuttoilconfervabiledi quelli.
Che pelò in quello lolo per ora mi fermo , per quanto egli tocca il particolare
de’ Vali» che trovo nel Muleo: elTcndofi peraltro favellato de’Folfili, che vi fo¬
no» nel libro precedente» a cui» per quanto occorra, rimetto il Lettore, lafcian-
do che chi brama notizia generale della natura » e de gii altri uli loro» le ne (od-
disfaccia pienamente apprelTo quelli , che ne trattano di proprio illituto , come
r Agricola » 1* Aldrovandi » il Celalpino » il Faclìo » il Libauio , il Celio » & altri»
che ne fcrilTero particolari Volumi .
j De’ Metalli dunque, delle Pietre» e delie Terre» che fiano però tenaci» fi
formano Vali d’ ogni forte , e figura , ma non per opera d’ un’ Arte fola . Perche
in quelli di Metallos’efercitaò laFuforia»òiaDuttoriai in quelli di Pietra» la
Scoltura > in quelli di Terra» la Plallica. E la Fuforia non foiosa formarne di
Metallo , ma eziandio de gli altri due generi mentovati de’ FolTili, mifchiandoli
in quante maniere sa unirli» per cavarne il Vetro» materia bellilfima, & altret¬
tanto confueta de’ vali. Perche de’ Metalli anticamente a quella compolìzione
ci concorferoi Recrementi , da Latini Scorie, c dal volgo chiamati de*
quali fe ne fondava quel vetro nerilfìmo , che fù cognominato Obfidiano» per la
fimiglianza» che teneva col Marmo di quel nome» così detto dall’ inventore
Obfidio . Delle Pietre vi s’ adoprò la Calamita vera : in vece della quale a tem¬
pi nollri v’entra la Calamita falla» detta dal Grande Alberto» Magnefia» e dal
volgo» Manganefe. Della quale una determinata porzione rende il vetro più
chiaro «e maggior quantità lo fa rodo. Talora vi fi mette il Criflallo , che fai
Vali più limpidi»! quali dalla materia» di Criflallo s’appellano. £ di quello fi
facevano 1 vetri lllmatiffimi dell’ India . Talvolta vi fi pongono de' calcoli
fplendenti»ò delle piccole felci fminuzzate. Delle Terre poi v’hà il fuo luogo
l’Arena bianca» &afpra; e di que’ FolTili» che Sughi concreti furono detti,
v’entrò il Nitro: in vece di cui oggidì s’adopra la cenere di quell’ erba lalfa»
che gli Arabi chiamano Kalì , & il volgo Soda .
4 Nèfolamentcne’Folfilihà la Terra» e, diciamo pure, la Natura» prove¬
duto di materia per i Vafi, ma eziandio in molte altre cofe d’ordine fupcriore-
e l’ ìnduflria di formarli hà faputo tiovaria , ed ampia » ed opportuna ne gli Ani¬
mali , e Vegetabili , e Senfiti vi : Lavorandone » e di legno d’ ogni forte» e d’ offa,
c di pelli d’animali.
5 Chepiù? La Natura medcfima»bramofa di feemar le fatiche agli huomi-
ni , in alcune delle materie fudette hà voluto di fua mano introdurre la foi ma de’
Vafi. Vedanfitrà gli Ammali le Conchiglie: c diradi che delle Guide loro la
Natura hà formato tanti Vafi. Onde alcune fervirono per beverci» delle quali
nehà la fua parte ilMufeo» nel precedente Libro deferitte; altre per mifurar
l’ olio, emoltefervonoa’Pittori per contenerci icolori macinati. Facciali ri-
flelfione tra’ Foflili a quelle Olle » ò Boccie . & altri Vafi di terra , di varie figure ,
altri perfetti , altri imperfetti » che , al riferire di Martino Cromero ( il quale alfe-
rifeed’ averne veduto alcuni trovati di frefeo, non pt ranco ben formati) fi ca¬
vano nella Polonia maggiore » vicino a Stremo Caltello: i quali fotttrra lono
teneri , & efpolli all’aria , a guifa de’ coralli , s’ indurifeono ; e non fembrerà in-
vcrifimilc che quelli , come ivi communemente fi crede , fiano faciturc della Na¬
tura » c fi generino pelle vifeere della Terra, non altrimcnte che tanti, e tanti fal¬
lì » c pietre vi fi formano con figure perfettilfime di varii animali , ò parti loro » c
d’altre cole, come de’ Tcftacci Foffili nel precedente Libros’ è dimoflratq.
LIBRO T B R Z 0. CàP, XPlll %$9
Ca vanii ancora de’ Vafi di terra in gran copia nella Saffonia « nella Turingia, c
nella Lufazia : i quali da Paefani crcdonfi generati nella Terra . L’ Agricola fti-
mò che fudero di quelle Vrne Sepolcrali, nelle quali gli antichi Germani rac¬
chiudevano le ceneri de’corpi abbrugiati. Il che potrebbe concederli a quel
Letterato, le il trovarli molti di que’ vali piccolilfitni , c lenza coperchio, come
argomenta l’Aldrovandi, non provaffe a baftanza, che non erano Sepolcrali.
Che però l’ Aldrovandi medefi tno , il quale ne figurò una della Lufazia , con un
manico folo , fimigliantillimo alle Olle nollrane,ove cuoconli i cibi, non osò di
negare che anco quelli liano lavori della Natura imitante l’ arte de’ V afai ; anzi t
favore della parte affermativa ne aduffe gli elempi d i quelli di Stremo, col dirne .
invero a Natura figlinam artem imitante hac vafia fub terra formata finti
vero arte aliquando ita elaborata , ambigui h aremus , nec quicquam certi fro^
Munciare audemus , ^jtandoqutdeminmayori etiam Polonia , froge Stremum Op-
fidum olla , amphora , cacabi , ^ aliarum figurarum vafia fSiilia intr a terram
gene rari feruntur ^qua ^ quando efibdiuntur , fiunt mollia ^fed in aerem produci a^
more Coralli ^ durefeunt.
6 Di tutti quelli generi di Vali (fc i Fodili della Germania , e della Polonia
ie n* eccettuano ) ve ne hà nel Muleo . E perche di ciafeheduno ve n’ è tal copia,
che renderebbe confufione , fe di ruttili fa vellaffe unitamente , fe ne diftribuilce
in più capii! difcorfo . £ prima
De*rafi di Metallo» Cap. XIX.
I Ella fchiera de’ Vali meritano il primo luogo quelli di Metallo , perche
1,^ di materia più difficile a romperli, e di maggior perfezzione in genere
di mifto . Che per altro, fe li confideralfero i gradi dell’ antichità nelle Arti, che
gli formano , precederebbero quelli di Terra, effendo la Plallica Madre delle alr
tre. OlTerviamodunqueprima quelli di Metallo, che fono quelli.
a MESCOLA di bronzo, anti-
chilfima, ufata, com’ è tradizione,
ne’Sacrilizii,
3 V ASO grande , di qualche an*
tichità,di miflura di varii metalli, la .
vorato gentilmente ad opra zemina,
e fcolpito di div.erfe Immagini di
Cacciatori a piedi , Se a Cavallo con
gliSpar3vicri,e Cani. Nè vi man-
canb’figure di Spettatori fedenti . Il
tutto è così ben’ efprelTo , che può
dirli uno sforzo dell’ Artefice , per
dimofirare l’ ecce llenz^a dell' ingegno , e la finezza dell' Arte ^ come in propo*
fico di limili Vali fcrilTe Giuliano Golelini a Bernardino Baldini , in una delle lue
lettere , in cui notò parimente , che la Zemina ^ e la Tavfia^ lavori si fiottili 1 1
V» Mttf»
Mtt, e, }.
p.a;3.
I
i
Lettere i
f. 146 edit» '
fienet. ap.
Me]tt 1592.
8?
Ciffient. de
Mortb.T «r.
car.g, mthi
i7*
M V S E 0 C 0 S P l A K 0
st Bimafit/ono com^ofte non foto d' oro , e d' argento, ma di ferro | e di varié
legno . Affai ampio nel ventre , (opra quefto fi riftnnge, c forma il collo di molti
circoli , e commidure , e poi fi dilata , e finifce in una bocca rotonda , non poco
larga , a cui non manca il fuo coperchio : per la quale s’ infonde il licor , che li
vuole , che non può difcendere , fe non a ftillc : effendovi nelle fauci addatcata
una laftra di ferro con frequenti pertugi, che non ammettono fc non corpo liqui,
do , & impcdifcono , che quindi non cfca , fe non a goccie , il licor contenuto : il
quale affai meglio può verfarfi per due lunghi canali laterali , ne’ quali , come in
due braccia, fi dirama il Vafo, piegati alquanto in fuori. Raccogliendoli poi
fotto il ventre , termina in un piede largo , e rotondo , che ferve di bafe a tutta la
machina, che non è piccola. Fù per avventura fatto perche fervide d’Innaffia-
tojo , fc non più torto di Vafo Menfale ,
4^ Due FIASCHE, ò BOCCIETTE di limile materia, e lavoro alla zemf<^
na, di ventre baffo, e di collo affai lungo, e lottile, ufate da Turchi per conte;
nervi acque odorifere .
5 CANDELIERE antico di bronzo. Umilmente figurato alla zemina, che
puòhaver luogo tra’ Vali, s’egli pur è Strumento di capacità. Onde notò il
Demprtero lib. III. Antiqu. Roman. cap. XXXII. Candelabra Vafa erant in quu
bus candela figebantur ,
6 Due FIASCHE di Stagno, di figura ftravagantiflima , come rapprefen-
tanti un pajo di Scarpe di Tartaria.
7 VASO grande, Turchefeo, di rame, di figura quadrata, lungo, & alto
il doppio della fua larghezza . S’ apre pe’l lungo in tré parti , l’ una nell’ altra in¬
cartate a guifa delle Scatole da fpalla , ufate da Merciari, che in effe portano in
volta il me glio del lor capitale , in tele rtraniere fottiliffime , & altre merci genti-'
li. Vfanoquefti Vafii Turchi perconfervarvi dentro le vivande per viaggio,
un fimile Strumento , ma Chinefe , raccordali dal Vormio , lib. IV. Muf. cap. IX.
in quo , die’ egli , fere gre profeBuri cibum , ac potum ajfervare folent ,
S Quattro PIATTI grandi ,diramcftagnato,ufatidaTarchi. Diffcrifco-
no da hortrali non poco, effendo concavi, come Catini, & havendoun pedale
cilindrico , che loro ferve di bafe , alto quafi mezo braccio , per tenerli altrettan-
tofollevatidalpiano: eciò, perche non coftumano i Turchi le Menfcalteda
terra , come noi, ma in vece loro fi fervono del pavimento, fopra il quale pur
fìedono, con fotto rtefo un tapeto, ò al più qualche cufeino, all’ufanzadegli
antichi Romani, Mangiano in Amili Piatti per lo più il tifo, che è la vivanda
colà più ufirata : ne fi fdegnerà un Bafsà , che feco mangi un fuo garzone di Stal¬
la. Quindi il Marchefe Gio. Battirta Montalbani, In vi£lu, diffe, gens pafei,
uno ferculo y e eque fimpUci plerumque fatur antur . Pafia, ac Magnate^ , antiquo¬
rum more Romanorum , ftiper thoros pulvinaribus innixi proprios , fecum come¬
dentes Jlabularios non dedignantur . Ne fece regalo al Sig. Marchefe Cofpi il
Sig. Colonnello CarloCignani Bolognefe, che condiverfe altre Spoglie Tur-
chefche , da erto pure donate al Mufeo , li recò di Cliffa , prefi del 1 648. nel con-
quirto di quella Piazza, mentre commandava per la Sereniflhna Republica di
Venezia .
9 SALIERA FRANCESE, di rame fm'altato, riguardevole non tanto pec
i’ antichità , che tocca del terzo Secolo , quanto per 1’ opera , che gareggia colle
più nobili . Hà figura di colonna efagona , & in amendue i capi è fcavata in ma¬
niera , che può in ciafehed ano d’erti contenere il fale, &in entrambi egualmenr
te fervile all’ ufo , per cui fù formata . La fottraffe però a tal minirtero la delica¬
tezza della Pittura , eh’ è il fuo principale ornamento , c facilmente periva , fe in
LIBRO TERZO. CÀP. XIX. i
etfa operava la, mordacità del fafe. Perche, effendo tutta gentilmente figurata:,
nè meno le cavità deftinate a capire il (ale rimafero vuote deirmduftria del Pit¬
tore , il quale nella fupcriore di quelle > conofeiuta tale per la difpofìzione delle
figure laterali, in campo azzurro intcnfo,efprelfe, la maefiofa tefta d'Èrcole ^
coronata d'alloro, e circondata da lettere d'oro, che in linguaggio Francefe
iuonano HERCFLES, SFIS ARD... D' AMOFR. e nella cavità inferiore di-
pinfe la Teda, còn tutto il petto di Dejanira fua Moglie,, e quelli caratteri,
1>BIANIRA SFIS. ARDIE D' AIUOFR. E forllcoi fìgurar’in tal luogo quefte
Immagini» pretefe il Pictored’ inferire, chcaqueftiConforti , iquali troppofi
Jafeiorno dominar dalle paliìoni , d’amori adulterini l’ vno ,e dì gelolìa l’altra’,
che con tragico fuccelTo gli feparorno,per quel tempomancò il fenno fìmboleg-
giato nel lale . Il che pure cfemplificò nelle lei facciate di quello Vaio , difpo-
nendovi altrettante Iftorie, parte facre, e parte profane, ma tutte raprefentantì
errori di grandi Huomini, caduti in elTi per illecito compiacimento de‘fcDlì,e
per colpa di fedutcrice Belle zza . Perche nella prima , e principale effigiò Irno-
ftri primi Genitori (otto l’ Albero circondato nel Tronco dal Serpe Diabolico :
afuggedlonedet quale Eua , preio unode’ Pomi vietati,
— — in cui chiuf(^ havea. Tartareo Nume
D* Aletto il fieli <li Cerbero le fpumei
e gufatolo , ne porge un’altro al Conforte , & in elio il veleno dell’Innocenza»
eia morte, e la rok^inadi lui, edi tutto il genere humano in elio compendiato.
Nella lulTeguente figurò Salomone , del più faggio, eh’ egli era, di cucci gli huo-
mini , di venuto come uno de* più ignoranti , mentre a perfuafìone d’aicune del-
le'fue molte Femmine adora un’ ldolo,ò lia Aftarte , Dea de’ Sidonii, ò Camos,
Diode’ Moabiti ,ò Moloc, Idolo de gli Ammoniti, a quali egli, a compiaci¬
mento di donne infedeli, s’indulTe a porgere onori di vini. Nella terza cfpref-
fe Sifara , il Generale di labino Kè de* Cananei , che dopo la fconlìtca havuta da
gli Ebrei lotto la condotta di Baracco,Capitanodi Debbora la Profetelfa.e Giu¬
dice di quel Popolo, ricoveratoli nell’ alloggiamento di lale, la Moglie d’Abner
Cineo,e quivi addormentatoli: da quella con un gran chiodo, a colpidi pe¬
lante martello vicn trafitto nelle tempia . Nella quarta dipinfe Sanlone , fopico
in grembo a Dalida infida , che tagliandoli ì capcgli, opera più fola con la forbi¬
ce, che tutti iFiliftei con learmi loro, mentre in quel taglio tronca all* Amante
mal cauto quel filo, da cui dipendeva la di lui forza fatale. Nella quinta propo-
fe un Fuggialcopercagioneamorofa,il quale da una Donna è calato gmd’ uoa
F ncftra in una Sporta . E queftoforlì è Firgilio fipenz^olato dalla fineHra nel ce¬
lione , come notò il Vafari d’un Quadrodi quello latto , Uloriato da Luca d’O-
]anda,tamolo Intagliatore. Nell ultima diede a vedere il vergQgnofo Spetta¬
colo di quel Filolofo (c v’hàchi lo ravvila per Ariflotele)chc giunfea lafciarlì
cavatcardairAmica,cheloftalfila,emollraine(To pur troppo avverato, che
chi loggetra la ragione al fenfo,diviencome gl umento, c fi diporta ficut equus,
mulus i quibus non eli intelleiius,
IO Oltre la Francia, fomminidrò al Muleo una Saliera nobile anco l’India
O ientale,c fpecifìcamentelaCittàdi Goatma peredere quella non di metallo,
midi legno, tra gli Artefatti di legno fe ne porrarà la deferìzzione. Intanto non
fi taccia , che i Vali di quello genere , & ufo fono llaci tenuti in venerazione, co¬
me cole religiole, mentre itimavali profana quella menfa, in cui non ci fude Sa-'
lieta . Onde Arnobio , fcr /vendo contro i Gentili , Sacras ,difsc , facttis menfas
Salinorum appofitu ,& fimttlacris . Nel qual concetto pur tengonli anco da qual¬
che lupe r di ziolo de’ iiodri tempi. Anzi furono connumerati tra Vali lacri^
come
Ovili. Efi^
9.
/
Je. Rape.
Theoa. Oi.
MeraL iS.
19.
Gene/, j.
Reg.ii,
Indie. 4.
Indie. i6.
Fitt. Pitt.
P. 3. xet. I.
p.joi.
Paul. Ahi.
Apre/, de
fept. Pece.
mort.l 5 e.t
P/al. 21.
ut MrSEO C OS PIANO
come appare da ciò, che notò ne un Vecchio Scoliafte d’Orazio fopra quel vcrfo
splendet in mensa tenui Saltnum.
dicendo , Salinum proprie eji patella , in qua Dtis primitive eum fale offereban¬
tur t e r autentica Stazio in quei vciio
—Il — ^ extguo placuerunt farra Salino,
Dalchel’eruditifsinnoLiphoarg imentò Icgitimi la vulgata Lezzlone di Livio
Wa(i Liff. In quelle parole; Vt Salinum patellamque Deorum caufsà habeant . E prima del
i^iTe.x. ’ Lipfio la confcrmorno Valerio Malfimu , e Plinio : favellando quegli della po-
verta di Fabrizio , e d’EmiliOyCon dirne vtique patellam Deorum , dr Salinum
habuitt e quelli d’ una Pragmatica del medclimo Fabnzio , il quale belltcofos
Imperatores pluf quam pateram , é" Saltnum ex argento habere vetabat .
li Due LVCERNE antichedi bronzo, rapprdentaati figure d’huomini
in ifcorci ftranilfimi i le quali, perche fi congettura haver fervito nc’ Sepolcri
degli Antichi, fi deferì vono tra le anticaglie Sepolcrali, dove parimente iene
portano le imagini,
De' Vajì di Pietra, Cap, XX.
La feconda forte de’ Vali di foftanza Foifilc del Mufeo contiene quelli di
Petra; i quali a ragione s’ofservano dopoi vali di metallo, e prima di
quelli di terra, perche fono come di natura mezana tra gli uni , e gli altri ,parti-
cipandodellaconfirtenzadi quelli, edellafragilitàdi quelli. Eccone laferic
I Vafod’OFITE, ò Pietra Serpentina, come la chiama il volgo, per imi¬
tare nelle macchie , e nel colore , la pelle de* Serpenti . Hà quelli le macchie ne¬
re in campo bigio Icuro: e nella figura tiene qualche fembianza di piramide
tonda, a cui manchi la cima. L’ Artefice , che vi fece il coperchio , & il manico
di llagno , indullriofamentc figurato , lo cinle d’ alcune falce del lo flefso metal-
' lo, non tanto per ornamento , che per difela . Fu lavorato nell’ Alcmagna , do-
Z.jtFcfsil. ve abbonda quella fpezie di marmo, la quale, al riferir dell’Agricola, cavali
nella Mifnia, non lungi dalla Rocca Lautellerna, ch’è vicina ad una piccola
Terra, chiamata Z,viblicio .dalla quale pur trafse il nome , che ritiene apprciso
f'virm l d’alcuni , di Marmo Zcibliciano. Ma quello talvolta è così porofo , che i Vali
3.^* d’ elso fabbricati non contengono i licori , le prima non fono unti d’ olio di No-
cjjMofcAta-..
a Fà menzione di limili Vali Tcdcfchi d’Ofice, con li coperchi di llagno,
Cleandro Arnobio nel luo Teforo delle Gioje , & altri da elso ertati ; lodandoli
come giovevoli a di verfe indifpofizioni , purché fiano applicati caldi, come al
ventricolo, al bellicolo, & a’ fianchi , ne’ dolori Itomachici, colici , e renali da
eagion fredda . A! che però mofo più commode fono le laltre proporzionate
dello ftcfso marmo , delle quali ne predicano maraviglie coloro , che vendono
tal forte di Pietra ne’ Paefi Tedefchi,afscrendo che , oltre le fopraccennatc in¬
difpofizioni, giovino ancoraalla chiragra, podagra, & altri dolori articolari
freddi, applicate calde alle parti dolenti. Ne’ quali cali le giovano, Itimotal
giovamento effetto non tanto della Pietra , per t Iseredi tale fpezie, quanto del
calore introdottovi . Soggiungono ancora , che lìuno lalurari a 1 Tabidi, &ai
L. x.Xtuf. Tifici medefimi polle fopra il petto . Ne 'quali mali dicono che giova panmen-
f'34' te la poi vere della flefsa Pietra , prefa per bocca , come nota il Mofcarcio: c che
it.9 de fimf. modo bevuta , vale anco a far difsolvcre 1 calcoli arenofi , e , come inlegna
mtd. fac. anco Galeno, le pietre della vefìca; & ad altre infermità, che tralalcio, haven»
L. i- Muf, jo molto che dubitarne, come non poco dubito col Vormio anco fopra le fa-
^.43. co|umctuoyate, 3 BIG-
LIBRO T 0. CAP, XX, tSy
3 BICCHIERO di PietraSerpeotina^lavoratoparimenteneirAlemagna,'
dove ulanfiquefti, non tanto per Io fine della femplicc figura, ch’è di biCverci
dentro, quanto per le virtù della Pietra, che ftimafi giovare non folo ne’ mali
{opra raccordati , ma, parimente ne’ pericoli di veleno, per haver kritto Diofeo-
ridc , che l’ Ofite vale contro i rnorfi de’ Serpenti velenofi , e , come Ipecificorno
Galeno, e Paolo Egincta, particolarmente delie Vipere. 1 quali Autori però
vogliono che fia portata al collo , come propok anco Plinio , che dide , che co¬
si portata, giova eziandio al dolore della tetta.
4 Quantunque però quelli Vafifiano moderni, come opere d’ un Secolo, ò
di poco maggior età , non e perciò nuovo , mà molto antico l’ ufo del l’Ofite ne’
Vafijkrivcndo Plinio efi genus Ophitist ex qm vafa^ , ó‘ etiam cados facium .
E l’accennò il noftro Lami, che tra molti vali antichi mentovò anco
,^uel di macchiata Offte ,
5 Due CVCCHIARI parimente di Pietra Serpentina,
6 CALAMAIO nobiliflimo, in forma di Depolito, ò Monumento Sepol¬
crale , quadrato , latto di quella fpezie d’ Olite , che il volgo chiama Pietra Rof*
pa , paragonando le di lei macchie a quelle della pelle de’ Rofpi , Le di lui mac¬
chie lono bianche , cinericcic ,e nere , è tra quefte ve ne hà tré mirabili , che pa-
lelano la Natura Pittrice, come da ella difpofte in modo, che due formano Tette
humane , l’ altra un’ Vccello volante nella cornice del coperchio , dalla parte an¬
teriore. 11 che ricke a queftoCalamajo di fregio tanto piùpregicvole, quanto
meno affettato , perche tutto naturale. Nè perciò la naturalezza di tale orna¬
mento fa kmbrarmen bello il magittero dell opera; anzi l’uno (piccando me¬
glio per l’ altra, e per lo contrario, pare c’ habbiano gareggiato, e la Natura del¬
l’Arte, e l’Arte della Natura, per fegnalarqueftoVafo, c renderlo degno de’
Moki , e delle Muk , & acciò poffa dirkne col Tatto nell’ ultimo de’ tré Sonet¬
ti fopra il luoCalamjo.
0 Nobil Cafa di purgati inchiojlri.
7 CALAMAIO non raen nobile del precedente, c parimente di figura qua¬
drata lunga, e poco minore del medefimo, fatto non d’ una, ma di più forti di
marmi commelfi infieme in guiia che la varietà de’ colon fà eh’ egli kmbra in-
tarfiatodl gioj%
8 Della medefima forte di Pietra vi fono pure nel Mufeo alcuni FLA VTI,de*
quali a luo luogo tra gli Strumenti Muficali .
9 VRNA SEPOLCRALE di MACIGNO; la cui figura, con la deferiz-
zione, littoria fi porta in miglior luogo trà le anticaglie Sepolcrali, cioè nel
cap. XXX. di quefto Libi o al nu, 2 ,
De* Faji di Terr*i de* Pregi loro, t della Ptaflicu,
Cap. XXI, .
Il T^Iù numcrofa d’individui è ia terza forte de’Vafide! Mufeo, che fona
Jr quelli di Terra. Nè quefta origmereca loro punto d’ignobiltà , Svè la
medefima con quella del corpo humano , che pure fù di terra impattato , Onde
più d’unafiau nelle facrc Scritture lotto nomedi vali di terra fono comprefi
ì aiiftri corpi . Della qual metafora fi valle pur Cicerone , allhor ch^ kriffe nel-
leTukuIanc; corpus quafi vas ei?, aliquid animi receptaculun^K E Plutar-ti
co, che di Cleante favellando, ditte, eh’ egli era oris angujlifmi vas » difficilli.m
me admittens i fed femper retinens quod admifit. E prima d’etti, come nota il
Padre Botti, nollro CoocittadinO} b vas mni fapkntia, refeSìumt ixx da Alef-
' (andrò
L. 5. r.119;
Qal, toc, cit,
Paul. l. 7.
I^‘, 7*
Id.tod, lièf
C.iZ,
Sogno yCàt,
7 45*
Rim. P. IX.
p. ìS-fd.
f'tn, i6iO.
U>
1. ir^;. 21;
2. Cor, 4.
a. r. Tofte
Jtrtm. j8.'^
Jidorteue,
L-S H.N.
(.^6.0- I-IS-
f. 12.
Ctn.i,
Poef.p. 197,
ed. f''en.
166S. li.
Efa. c 45.
'Jtrtm. toc.
Ctt.Sap f.ij
jicl. 9.
Cav. Ttod.
Od. 20. 17.
Rem. 9,
7“ iraq. lìb,
ctt c. 19.
7tU.^.& 21.
Strm, de
Je\uni
Tì.l. i.c. f.
Ìd.t.i5.e. li.
»«f4 M y s E 0 C d S P 1 A N 0
fandro noinaro quel gran diiprczzatorc del fafto humano Diogene, Nè qui
v’ha copia di fimih Vali per la maggiore abbondanza della materia loro, come
fe fuflfcro de’ molti d’ ufo vo!garc;ma vi fi ferbano come nobili manifatture della
Plaftica,ch*è quell’ Arre, chediTerraformaciòche gli è in piacere, mentre
fi^ulusy ijuod vtdiy fa(it\ e.feperla materia è vile (onde tra l’Arti ignobili
meritamente connumeròlla P cruditillìmo Tiraquello ne- tuoi famofi Commen»
cari della Nobiltà ) per gli principi] no n è fe non gloriofa,come quella, che hi in¬
ventata, non dirò colla bugiarda Poefia da Prometeo , il quale
w— -, m I *■ di fewlfiafjte huvìano
Già majja informe di vii fango imprefe .
ò con r Iftoria profana da Corebo Ateniefe , come in un luogo pretende Plinio;
òdal SicionioDibutade, come lo fteffo altrove notò jò da Reco, e Teodoro di
Samo, come altri appretto il raedefimo giudicorno; ma bensì, come additò
r Antefignano de’ Sacri Scrittori, Mosè.dal Fabbro eterno, vero, & unico Pro-
toplafto dell’ huomo , e da effo infegnata , dirò col foavilfimo Lorenzo CrafTo ,
,^a»do dal Nulla, il Tutto fu creato^
E intento a maggior’ Opra y Opra compita^
Simile a fe formo Fango animato.
E l’ accennorno parimente Ifaja , Geremia , e Salomone , ò chi che fia lo Scritto-
tote del Libro della^Sapienza, e con elTì , il Dottor delle Genti :
Paolo d' elezzion Vafo eloquente'.
i quali perciò non iftimorno fordido il paragone , che nc fecero , ad un Vafajo,
che delle opere fue , fecondo , che più gli aggrada , ne deftina altre ad ufi hono-
revoli , altre a difprcgievoli , fenza che qudtehabbiano a lamenta fi dell’ Arte¬
fice, che così volle. Figmentum non conqueritur adverfum fgulunt. Dal che
rifulta cotanto di pregio alla Plaftica.che bafta per renderla in quella parte, non
che eguale, fuperiore alle Arti più illuftri. Oltrediche, fe l’Antichità , come
vogliono i Giureconfulti, può recar qualche nobiltà, fupponcadofi quella in
quella, mentre Nobilitas attribuitur antiquitati', anzi le la maggiore antichità
rende le cofe più nobili, come inferì S. Balilio il Grande, che addulTe per antico
proverbio omne feti per antiquitatem nobilius. Arte per quello , fe non per
altro motivo , nobile , e più dell’ altre , potrà dirli la Plaftica , s’ è più dell’ altre
antica, come nata prima dell’ huomo, anzicomc Arte ufata da Dioinlormar
l’huomo, da cui pofeja furono le altre inventate.
2 Nè folo ne’ principii , comes’cdetto,mane’progrefli<incora pregievole
apparifee la Plaftica , che giunfe a tal fegnodiflima ,che potè nobilitare i luo¬
ghi, ne* quali fiorì , come Samo , Ifole del Mare Ionio , Pergamo, c Traili, che
fù poi detto Antiochia, Città dell’ Afta , Sagunto nella Spagna, e nell’Itaha ,
che doveva raccordar prima , Surrento, Arezzo, Afta, Policnza, e Modona, e
Reggio d’ Abruzzo , e Cuma . Che però Plinio , parlando de’ Vali di terra , do¬
po haver detto ma^or quoque pars hominum terrenis utitur Vafs , foggi unfe.*
Samia eiiamnum in efeulentis laudantur . Retinent hanc nobilitatem, Ó" Arètium
in Italia', ó' calicum tantum Surrentum, Afta, Follentia', in Hifpanià, ó" S am
guntumx in Afta Pergamum . Habent, & T ralleis opera fua, & Mutina in //4-
Ità , quoniam, é" fic gentes nobilitantur . Et hac per marta , terrafque nitro ,
citrbque portantur . E non molto dopo , parlando lìmilmentc de’ Vali : nabilim
tantur tis oppida quoque, ut Rhegtum, Cuma. Alle quali Città, s’egli viveva
in quelli Secoli ,'pote va aggiungere anco Faenza , ove fiorifee quell' Arte a fe-
guo, che molto lungi fe ne portano l’ opere fuet ccol nome di quella Città
generalmente fono appellati nella Francia i Vali di quella palla , ciie chiamiamo
commune-
Martin.
u9tl. ChtHj
fol yj.
Ltb, 14,
Eptced»
Ereic. 13.
LIBRO T E \ Z 0. CAP. XXL 26$
communemente Majolica, per effere prima che altrove ,comc nocòrnoiJ tìaifìo,
e lo Scaligero, ftata pofta in ufo nell* Ifola di Majorica . Del qual vocabolo Fran- Seat, de
cefefe ne fervi il P. Martino Martini nell’ Atlante Chinefe, ove favellando de’
Vali di Porcellana, che pur fono , come più a baffo moftreràffi, di terra , a
rtfjikisy dice , radibufque hominibut figlink arte elaborantur eodem medoy qao Martin.
Tàcnks in Italia .
5 Ma dove lafciatno la Sicilia? Se la Plaftica in effa non fuffe ftatafaraofa
per altro , fù famoùllìma per haver dato a quell’ Ifoia un Rè , che fu Agatoclc, di
cui lì vedono alcune Medaglie nel Mufeo : il quale per effere ftato figliuolo 0’ un
Vafajo, come fcrive Ammiano Marcellino, volle fempre nella fua Menfa Vali
di terra , che ( come ai gran Tamracrlano le lue Scarpe ) raccordallero la quali»
tà della fua origine. Onde il gentiliflìmo Battifta hebhc a cantarne
La Menfa e d' Agatoc le , ove le Crete
Per modejìia d' un Re fugano gli Ori.
La memoria piu vii de' fuoi Maggiori
Egli non vuol precipitare in Lete.
4 Non farebbe però forlì lungi dal vero, che quello Principe ufafle nelle
'Menfe i Validi terra non più per lo fine già efpreffo ,che per guftar meglio le vi-
vande , effendo più guftofo , e falubre ("e poteva conolcerlo , bench’egli non
fuffe Agatocle, il Medico citato, e da Plinio, e da Galeno) il mangiare ineffi, P/ /,32.c.3a
che in quelli d’argento, ò de’ metalli più baffi : fi come più grati al fapore riefeo ^ ^
no que’cibi, che fono preparati nelle Olle di terra, che ne’ V ali d’altra materia : i '
quali atterrano il fapor naturale delle vivande, col participar loro qualche odo¬
re , ò fapore , ò tintura di fe medefimi ; il che non fanno quelli dì terra . Che pe- *
rò molti altri Principi , e de’ noftri , e de’ tempi andati hanno antepofto le vivan¬
de preparate nella rerra, a quelle , che (i cuocono ne’ Vafi di metallo , Anzi d’ elfi
non pochi, benché a larga mano provdtidi Vafellami d’argento, ed’oro , co-
llumorno , e rifpetti vamente coftumano di mangiar nella terra, facendoli d i lon¬
tani Paeli recare i Vali delle più famofe fpezic di quella . Quindi l’ Aldrovandi,
òlial’Ambrofini, che per effo compì il Muleo Metallico, Olim , ^ multi
Principes , cum ingentem argenteorum Vaforum apparatum in Menfis habuerint ,
tamen ob faporis integritatem u.i cenfueverunt dóf ilibus ; quibus nofira aetatis
plures Principes affentiuntur -, dum, poli habitis ad comeffationes argenteis , fCli-
lia ex regionibus remotis oh ferculorum munditiam fbi comparant . Gratiores
enim funt palato illa dapes, qua in ollis ficiilib.us , quam qua in Vajis alterius
materiei coquuntur .
5 Nè iolo in quelli ufi profani , ma , eh’ è affai di vantaggio, ne’ facri ancora
furono i Vafi di terra antepofti a gli a Uri di materiapiù nobile , e preziofa . Per¬
che , fe gli antichi Romani , facrificando a’ loro Dei , ufavano il Simpulo, ò , co¬
me altri fcrivono , ilSimpullo, & il Catino di terra, dicendone Apulejo: in
hodiernum Populus Romanus Diis immortalibus fimpulo, dr Catino figlili facrifi-
eat; Quelli tra le ricchezze, e di quei Popolo, e di que’ Tempii, pìcfe.ivanfi
a’piùili'uftri; onde Plinio; In facris quidem, etiam inter has opes , no» myr-
rhinis cryBallinifque , fed fiUilibus prolibatur fmpulis , E prima di lui Marco
Varrone, appreffo Nonio Marcello, notò Deos ipfos vili fimpulo invitari. Era
quello , come infegna Fello , un V alo piccolo, non dilfimigliante ad un Bacchie¬
rò: dal quale vcnnel’epit>-todi J/^^/’^/^^w/alleSacerdoteffe, che l’ufavano.
dice egli, ci? vas pafvunt , non dijfimile cyatho : trnde mulieres , re-
bus divinis dedita ,fimpnlatrices vocantur . Bevevalì in effo il vino come a filo
a filo ; dal che traile il nome , feri vendpne Varrone ^od vinum dabant , ut mi- De Lìrz,
Z nutatim
S4t. gc
''^dag. p4g
mtht 730.
^4 y $ E Q C 0 S P ì A N 0
nutatit» funderent y à guttis Guttum appellarunt , ^lod fumebant minutatim i
4 fumendo , Sympullttm nominavere . In httytfce locum in convivits è Grecia
fuccejftt EpichyfiSi & Cyathus : in facrificiis remanjìt Guttus , Sympullum ,
Alcuni però lo chiamano da ch’è lofteffo^checpw/cr/^-
rr, Altri Sympuvium: ecosì leggonoapt>4^uo Giovenale , pverafFermaado-
prato ne’Sacrifizii da Nupaa .fenzache il Popolo ardiffe di farfene beffe.
Et qui s tunc hominum contemptor numinis , aut quis
Sympuvium ridere Numay nigrumque Catinum ^
o/c Vaticano fragiles de monte patellas j
K^ufus erat?
|n propofitodi che Marco Tullio ne’ ParadolTìIafciòfcritto. ^id autem Numa
Pompilius ? Minus ne gratas Diis immortalibus capedines , ac ficliles Vrnulas
fuife, quam filicatas aliorum pateras arbitramur ? Fà del Simpulo, menzione
lo Itefio Autore nel terzo delle Leggi , trattando della Legge Tabellaria j ove di
Gratidio parlando , excitabat , é\(\c j fiuclus in Simpulo ^ ut dicitur , quos poli
filius e)us Marius in/Egao excitavit mari. Onde lo cita , e ne Ipicga , come pro¬
verbio j quel detto »/>1 Simpulo^ i’eruditiflìmo Paolo Manucci,
De* Vaji delle Terre Medicinali .
Cap, XXII.
Ghelfuee.
R»far. P.ii
C. 2. 7f.
La Plaftica , eh’ è quell’ Arte , che sà , e non di rado
Suol di Creta formar Vafi d' onore ,
in Vali per appunto d’onore lavorò quelli del Muleo , havendo fatto ogni sfor¬
zo, acciò riufcilsero sforzi della fuaindullria^ e Parti perfr trillimi di le medefi-
ma ,che pur’ è Madre della Statuaria , della Scoltura , c dell 'Intaglio , come , al-
D.jj.r. 12. Io Iciiveredi Varrone, riferito da Plinio, chiamòlla Palitele(non Prafirelc, il
Padre di Cefifodoro) quegli, che, famofillimo in tutte quelle Arti, nulla mai
fece nelle tre ulriine , che prima con la Pla¬
ftica non fi configlialse , facendone di terra
i modelli . E quali la Iquifitczza del luo ar¬
tifizio non fulse per ballar loia afarcon-
lervare in quelli Vali l’ onorcvolezza dell’
ulo, per meglio afiìcurarfene non volle am¬
mettere nella fabbrica loro Terre «che dal¬
la Medicina non fulsero dichiarate per in.
trinleche facoltà preziofe . E le pure in al¬
cuni fi valle di terra men nobile, pc r luppl v
re all’ignobiltà di quella, gareggiò col di
lei magillero quello della Pittura: da cui
di più che buon grado lalciò ella vincerli ,
acciò meglio vincelscro il Tempo quelle
lue produzzioni : alcune delle quali , a
dilpetto della propria fragilità, contano i
Secoli , & in grazia della Pittura , che v’ el-
prcfse
Profpettive y color y sforzi , e vaghezze y
durano illele. Di Terre Medicinali lonot
fatti tutti li lulseguenti. i
a Due VASI di TERRA SAMIA,
di
G reg.Duceh.
Stacch.C.i-
4' ■■
LIBRO TERZO. CAP. XXlU 2^7
0
di patta candida , e per avventura di quella fpczie , che Collirio fù detta Tperche
.entrava nc’ Collirii, medicamenti per gli occhi, & era di maggior finezza di
qualfivoglia altra Terra Samia . L’ uno , e l’ altro è della figura qui efprefsa : ma
deir altezza di quattro palmi , invetriati , e dipinti a vaghilsimi Arabefchi dora¬
ti in campo bianco , ò di color d’ avorio, e trafparcnti poco men che fe fufsero di
vetro. Iloro Manichi, che fonodue per ciafcheduno,contrapofti, piani, e nel¬
la cima larghi fei deta , furono dipinti nello ftefso modo , e di vantaggio fegna-
laticonunalungafiladi pertugi grandi,! quali pa/sanodauna banda all’ altra,
e nella fommità vi formano come una Rola. La qual forte di lavoro, cfsendo
Greca, cofpifa colla materia, ad autenticar quelli per Vafi Samii, Tanto infie-
me prova l’ efsere quelli ttati portati dalla Grecia ; e tanto conferma il confron¬
to di quella alla Terra Samia delle Officine ; la quale, come fi legge ne gl*//»-
dri^i dell' Arte dello Speciale Medicinaliìia. che vanno annelsi airAntidota-
rio di Bologna , publicati dal Dottor Montalbani , Decano del Venerando Col¬
legio de’ Medici di quella Città, e nn' Argilla fina affai, e candida , av^ta per
l' ottima delle Terre da far Vafi. Onde a ragione per Vafi di terra Samiafmono
raccordati nel Catalogo delle Cole del Muleo, ftampato del 1 66y. in 8, Nè 1’ ef¬
fere eglino moderni , come che fembrino faciture di quello Secolo,fcema punto
inefsì l’antico pregio de’ Vafi di Samo: mentre la gentilezza deU’artifizio di
ciafeheduno corriloonde benilsimo a quel grido, che dichiarò Principi dell’Ar¬
te i Vafai di queirilola,ch’è una dell’Arcipelago ,aggiacente alla lonfa , Pro¬
vincia dell’ Alia, e, di tré Ifole così anticamente chiamate, loia ferba l’antico
nome : la quale , dopo la memoria della Sibilla , quindi chiamata Samia, c di Pi¬
tagora (potrebbe dirli anco di Policrate, contemporaneo di Pitagora, fe fuffe
flato altro che un Tiranno, degno da finir, come i^ece, la vira in un Patibolo)
che l’onororno co’ loro natali , non vantò cola più celebre de’rinomati luoi
Vafi ; de’ quali forniva non folo la Grecia , ma tutta l’ Europa , e l’ Alia ancora ,
& in tanta copia, che ne nacque il Proverbio, anco in quelli tempi famofo , Va
fa Samum ferre, tralafciato, non sò come, da Paolo Manucci ne gli Adagii, è
lolito dirli di chi porta una Merce in un luogo, ove ne fia maggiore abbondanza,
che altrove, comedi chi rccalfe acqua al Mare , Icgne al Bofeo, verfi ad un
Poeta, òraccontaffe cola meglio da gli afcoltanti, che dafe medefimo faputa.
Nel qual lenlo l’ addulfe 1’ Arjollo,con altri dello ftelfo lignificato in quelli verfi.
M raccontarlo a voi, mi paria quafi.
Magnanimo Fgliuol d' Ercole invitto ,
Fonar, come fi dice , a Samo Vafi,
Nottole à Atene, e Caco drilli à Egitto.
3 Non fi fmalcivano quelli Vali in tanta, copia lolamcnte per la bellezza lo¬
ro, ma eziandio per le virtù intrinfeche della materia , di cui erano compoili,
e Ipezialmente per l’ Alcffifarmaca , la quale nè dalle prime, nè dalle fe¬
conde qualità dipende . Delle quali virtù ne didero gran J(;ofe gli antichi
Medici, che della Terra Samia utile nella Medicina ne coftituirono due Ipe-
2ie, runachiamòrno col nome d’ Attere, forfi per clTere flato cottumedi le¬
gnarla colla nota d’ una ftella . L’ altra appellòrno Collirio , perche , come s’ è
detto di lopra , entrava nc’ Collirii , medicamenti per gli occhi . Quella , come
avvila Diolcoride, è candida, rara, molle,* quella bianca, arenofaì e dura:
amendue dolci al fapore, ma di facoltà aftringcnte, e refrigerante. Che però
be vute con fiori di Melagrano lelvaggio ,come propone il medefimo , tratten¬
gono i fudori , e frenano , anzi fermano gli fputi , & i fluffi di fangue : & i.mpia-
flrate con Oiioiofato » fédano le infiammazioni , e le fluffioni podagriche ,. & in
Za «ua
Pag. f.
Abr. Ortel.
Nomencl.
Gttgr, & in
T htatro.
Percaech.
IfoLf.'yC).
ExSteJimb,
Stafio .
t\ofm. funt
Crocum in
Ciliciam; in
^gypturn..
fct'ges; iQ
Norvegiam
afferes ; Al-
ciano Pema
fetre.Scc.
Furiof. Càt.
40. 1,
L. J.C.119.
L.^’de
mtà.fac.
lu3T. r. li.
L. 3y* II»
L.j.dbf^C,
PI, Ut, cit.
x6% M r s E 0 C 0 S P I A N 0
una parola, come infegnò Galeno (il quale però fi valfe parrTcolarmentc dcl-
r Altere) giovano a tutte quelle pafifioni, che richiedono moderato refrigerio ,
E perche con ciò và congiunta la virtù Ale(fifarmaca,che principalmente fi pre¬
gia nc’ Vali: nc’ folpecti di veleno prcfo per bocca lodafi il vino , ò l’ acqua fia¬
ta ne’medcfimi Vali infula: overo fi beve la polvere della Terra fielfa con acqua,
la quale giova parimente contro il morfode’Serpenti. Per le quali virtù ben
può chiamarli T erra fcacciatrice de' mali con Nonno in quel vetfo
A^Mo/ V ttii •niiK^ ,
Ahi quidem ohflabant alexicaca quadam argilla .
4 La figura loro li dichiara per VASI MENSALI, anzi da vino,chenò.
Al qual’ ulo de’ Vali di quella forte allufe il Poeta Panfilo,cantando ad un’Ami¬
co . Nec pudeat Samio te majftca fundere Vafe ,
5 NoBeranoperòmcToinufoper le vivande; onde Plinio, come fi notò di
fopra , parlando de’ Vali , Samia , difle , etiamnum in efculentis laudantur , E
prima Tibullo.
Et tibi lata trahant Samia convivia tefia.
6 Anzi cofiumòlfid* adoperarne anco ne’ facrifizii . Di che Plauto
■ ■■ — ««• genio fuo uhi quando facrifìcatt
Ad rem divinam, quibus opus eli, Samiis utitur Vafìs,
7 Altro VASO di TERRA SAMIA, men bianca, e men fina della palla
de’ precedenti ,c torli di quella Ipezie , che fù chiamata Afiere, per elTere fiata ,
come fù congetturato, imprelTa col fegno d’ una ficlla . E*fimile a’ lopra deferir¬
ti, e nella figura, c nella Pittura ; ma è alquanto minore: E gli Arabelchi, che
Tornano , parimente di color d’ oro in campo bianco, fono Ima Itati di macchie
grandi azzurre. Hà i Manichi larghi un palmo, co i dicci trafori , ch’elprimo-
nocome due Rote. Anco quello giudicali, come i due Indetti , Valoda vino.
E tutti inficme , fe per la fimiglianza loro fembrano , c forfi lo tono , opere d’ un
fnlo Artefice , per la bellezza non farebbono indegni delle Menfe d’ un Grande;
crecchercbbonoanzi pompa, che nò ,a quelle d’ un modeftilfimo Agarocle, il
quale , quantunque Rè d’ una delie maggiori Itole del Mondo, com’ è la Sicilia,
le volle pur tempre imbandite di Vali di terra , e per appunto di Samo , confi cl-
prelle Antonio, che di luici lafciòquel bellilfimo Epigramma.
Tatua e fi ffiiltbus ccenaffè Agathoclea \Regem ,
Inique abacum Samio fape onerafè Luto,
Tercula gemmatis cum poneret aurea Vafis,
Et mifeeret opesy pauperiemque fimul:
^^arenti catifat», rtfpendif. Rex ego qui fum
Sicania y figulo fium genitore fiatus,
8 Quanto poi lia antico fiulo de’ Vali di Samo, può dedurli dall’ antichità
dell’ Arte in quell’ Ifola : nella quale è parere d’ alcuni che nalccfie la Plaftica ,
inventatavi , come di lopra fi moti vò ,da Reco , c da Teodoro , molto prima che
da Corinto fuffe cacciata la Famiglia de’ Battiadi,lcrivcndone Pimio: Suntqui
in Same primot omnium Plajlicen invenijfè Rhoecum , ^ T hcodorum tradant ,
multi) ante Battiadas Corintho pulfios . Anzi coftoro credettero, che T Arte me-
defima tulle quindi portata in Italia da Euchiro, & Eugramrao , che vennero in
Tolcana con Demarato fuorulcito di Corinto, ilqualc, allolcrivere di Livio,
fermatoli nellaCittà de’ Tarquinii , vi generò Tarquinio Prilco ,chc fù ii quin¬
to Rè de’ Romani . Che però Plinio alle tefiè citate parole loggiunle: De»4-
ratum vero ex eàdem urbe profugum , qui in Hetrurià T arquinium frificum^
Regem Populi Romani genuit , comitatos fi&ores Euchira , & Eugrammum , ab
L I B n ó terzo: cap. xm 169
iis ItAlU traditam Plajtice», lopcròftimochecoftoroportaffcro in Italia più
torto la finezza dell’ Arte, che l'Arte medefima, mentre offervo che quefta ,
non poco prima d’eflì vi fioriva , e mallìmc in Roma , e con tanta copia d’ Artcfi*
ci , che Numa Pompilio , il quale f ù il fecondo Rè de’ Romani , e , come (opra fi
dille, con l’autorità di Cicerone, e di Giovenale, coftumò di facrificarc a’ Dei
col Simpulo, e ’l Catino di terra , potè formarne un Collegio , che fù il fettimo,
raccordato anco da Pltnio, che fcrilTe; Numa Rex feptimum Collegium Tigulo-
rum iujlituit. Le Officine de* quali erano parte nc’ Campi Vaticani (ove ne fo¬
no parimente a noftri tempi ) come accenna Giovenale , mentovando
— Vaticano fragiles de monte patellas ,
£ Marziale , facendo menzione de’ Cadi Vaticani , ove Icrive
^uid te Tucca juvat vetulo mifeere falerno
In Vaticanis condita multa Cadis ,
Et altrove Imputet ipfe Deus, neStar mihi fiat acetum:
Et Vaticani perfida Vappa Cadi.
E parte su la finìrtra ripa del Tevere: da frantumi delle quali, foliti a gettarli
tutti in un luogo, ne rilultò poi il Monte Tertaceo, non piccolo indizio della_
moltitudine loro. D’ uno de gli Operai delle quali parla quel Marmo, che al
prefente fi vede incartrato nel muro d’una Porca della Villa di Timoteo Xime-
nesnelia Via Tiburtina , non lungi da Roma , leggendo vili
CN. MANLIVS SOTERICVS FORGIA
ATHENIS FECIT SCHOLAM OLLARVM
XX. SIBI ET SVIS .
9 Quattro VASI di TERRA INDIANA, BIANCA, limile alla Samia,
cforfi congenere a quella, e probabilmente analoga nelle facoltà. Due fono
di color paonazzo, e due bianchi, e tutti fraaltati d‘ oro, e non men belli nell*
artifizio de’ tré precedenti .
jo Due TABACCHIERE da pigliar Tabacco in fumo, fatte di TERRA
INDIANA, CANDIDA, leggierilfima , e per avventura di quella, che li
cava dal Lago del Melfico, che lubito ertratta hà formadifango, e pofeiaal
fuoco ridotta in globi , e partelii ,acquirta il color della neve, con cui s’ imbian¬
cano le mani gli h ibitantidi que’ contorni : dà’quali perciò chiamali Hicatlalli,
cioè Terra candida, come fcrive Giovanni di Laét nella delcrizzione deli’ In¬
dia Occidentale. Il Vormio gli alTegna le virtù delia Cerufia , affermandola
fredda , e lecca , con facoltà d’ artringere , fenza mordacità : e foggiunge cho
con ella gli Artefici ripulilcono l’argento; e quindi argomenta doverli riferire
alleerete. Crederei, che poteffelervire per la Terra Eretria, ò Cimolia can¬
dida de gli Antichi ,havendone tutte le note. Sono rtate portate dai Braille, 8c
ambedue figurano una Terta di Cane , ma l’ una è maggiore deU’ altra .
1 1 T ABACCHIERA da pigliar Tabacco in fumo «fatta di TERRA GHIA;
così detta daU’lfola, d’onde fù portata, ch’è una di quelle dell’Arcipelago,
non molto dirtante da Samo. Quefta è una forte d’ Argilla bianca , e crortofa,
molto lodata da Medici antichi,e da moderni per le virtù Medicinaii.che fono le
medefime della Terra Samia . Oltre le quali Galeno v’ olfervò la facoltà Cofme-
tica,arterendo,che le donne fe ne valevano a lifciarfi,Ievàdo le rughe della pelle.
Altri la propongono per ottima nelle feottature . Viali particolarmente ne’Paefi
del Turco . Nell’ Italia , & altre Regioni Occidentali , poco , ò nulla le ne porta
per u(o Medico,e(rendovi il Bolo bianco deirElba,Ifola del Gràduca di Tolca-
na,c’ hà le medefime virtù di quella,& è di vantaggio potentilfimo corro veleno.
la FIASCHETTO di BOLO BIANCO ORIENTALE, eh’ è una fpe-
Z ^ zie
Id. ìbid.
Jat. 6.
L.i.
L.iz. 61.^9'.
Riariatil
Rnin. Remi
jiring.Pofnl
ìStibterr.l.a»
f. 1 J. K«. 1.
Lib.^.eaf.6,
L, I. Mttf.
e. 3« 4*
Diefe. l, jj
c, IJI.
Gal, 1.9, do
Jtmfl. medi
fac.
V»rm, L
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Cgfalf. de
met.t.i-e,u.
Extrcit.il»
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Btllott. 1. 1.
•bf. t.zi.iu
>3* »4»
iL> I. Muf.
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ayo m V S E 0 C 0 S V ì A H O
2Ìcdi terra LENNIA non offcrvata da gli antichi, i quali conobbero io-
iamente la roda , che non tinge ( di cui facevanfi li tanto rinomati Sigilli di Dia¬
na ) la Rubrica fabrile , che tinge , e la Creta Fullonica . Quefta Terra di cogni¬
zione moderna è un’ Argilla di color bianco , inclinante al cinericcio , tenace ,
& aftringcnte , e che perciò , toccata colla lingua , lubito vi s* attacca , ma fenza
mordacità . Per lo che s* ufa con gran giovamento ne’ fluffi di (angue, in qualun¬
que parte fi facciano^ e nelle di/enterie: nè men utile riefee nelle febbri mali¬
gne, e peftilenti, e ne* pericoli di veleni prefi per bocca , ò impreffi col raorfo , ò
punture de gli animali velenofi fermandone a maraviglia la malignità » fc ne fia
bevuta la polvere. Lo Scaligero,che nel complciTo delle feconde qualità fonda
r efficacia di quella Terra, (piega il modo della di lei operazione alelfifarmaca,
dicendo che in virtù di tal complclTo, come ftrumento dalla fualdea, fifrappo-
ne trà’l cuore, e ’I veleno, e colla fuaaftringenza trattiene i progredì di quello,
c corrobora la virtù di quello . Con che egli v’ ammette due facoltà \ l’ una , con
cui fi porta al cuore; l’altra , con cui lo difende , con ajuto certo , non cafuale .
1$ Il differir quella Terra di colore dalla Lennia Medicinale deferitea dagli
Antichi, hà fatto credere a taluni, ch’ella non fia fpczie di Terra Lennia, ne¬
gando quelli ritrovarfene ne’ nollri Secoli, per edere rifola diLenno, donde
portavafi,di(abitata. Ecosì giudicorno Medici di prima clade, come il Mattio¬
li , il Brafavolo , il Falloppio , e l’ Aldrovandi , ò chi per edo perfezionò , e pu¬
blico il Mufeo Metallico. Non ollante però l’ autorità di Letterati di tanto gri¬
do, l’efpericnzad’ alcuni tellimonii di veduta,e particolarmente di StefanoAI-
bucario, edi Carlo Bellonio, iqualinavigorno in queir Kola, che oggi StAli~
mene s’ appella, infegna non eder’ ella difabitata: e trovarli in ella quella lotte
diBolobianco, & altre ancora d’altri colon, non didercnti nelle virtù dalla
Terra Lennia de’ Medici antichi. E le odervazioni loro, come notò anco il Vor-
mio, convengono, che quella Terra fi civi in un luogo lolo , cioè in un colle
fertile, vicino ad un Caftello, chiamato Repondo nella parte Orientale dcii’llo-
Ja : e non eder vi tra quegl’ Ifolani memoria , che ne fia mai Hata cavata altrove ;
che quivi fianvi tré cave , due rovinate , e la terza (omminiftrante il Bolo d’ og¬
gidìi che in quella non fi cavi, fe non un giorno folo dell’ anno,cioè a lei d’Ago-
(lo, e non più di (ei bore di quel giorno, che principiano alla levata del Sole;
penfando luperlliziofamente i Turchi non edere d’ alcuna virtù la Terra , che in
ogni altro tempo fi cavade ; che la Terra , che ivi fi cava , per la maggior parte è
bianca, l’altra è talvolta roda , talvolta gialla à guifadcl Bolo Armeno. E quin¬
di argomentano, che ò quefta habbia mutato la natura primiera, generandoli ò
bianca , ò gialla , dove l’ antica era rofsa : ò che la Terra Lennia di Galeno fi ca-
vafse in qualche altro colle già rovinato. E(screGreci,cnon molti, glijOpe-
rai , e per quel breve tempo che cavano, bcnilfimo guardati da Minillri de’ i ur-
chi Refidenti al Governo deirifola, acciò non ne portino via. Che, mentre
ca vano, (pira la caverna un’ odor (oave. Nè tutta la Terra, che cavano, fi giu¬
dica buona , ma (olo quella che trovano trà certe pietre fragili , più pingue del»
i’ altre, tenace, c (enza miftura di (abbia. E finito dicavare per quel poto
tempo, fi chiude lo (peco, nè più s’apre, fino all’ altr* anno nel giorno mcuc-
firao. Onde non è maraviglia, che fia molto rara quella Terra, edendo troppo
breve il tempo ,c pochi dì mi gli Operai ,che vi s’adoprano a cavarla . E quella
lavali pofeia da un folo, e quindi fofpefa ne’ (acchi, fi lafcia che ne (coli tutta_
l’acqua; e dipoi lo (ledo ne forma diverfe Made grandi, epiccole, ch’egli im¬
pronta con un Siglilo publico , in cui fono intagliate lettere Turchefche , the di¬
cono Thinimachiòftt e fignificano Terra. Sigillata : e (eccate fi mandano in
Coftan-
LIBRO f 0. CAP. XXll 271
CoitantinopoIiinfìemecolSigilloadopratonelfigillarte;. onde fono pofdain
diverfe parti trapporratc (otto nome di Terre Sigillate ufo Medico jhaven-
do tutte le viccùda gli Antichi aiTcgnate alla TerraLennia da eftì defcritta . Ma
non cede a quefta in virtù la Terra Sigillata del Granduca di Tofcana, che di-
ce(IìiuocavarfìneirElba,IfoladiS.A.S.ebolobianco» e da taluni candido»
vien detta : e ferve in tutto , e per tutto per la Terra Lennia bianca , per la Ghia ,
e peri’ Eretria. Simile a cui fi cava del Bolo bianco in diverfi altri luoghi d’Eu¬
ropa r cioè nella Norvegia , nella Fionia » nella Selandia , in Boringoltno ffoia di
Danimarca, e nel Territorio di Goltberga. Le quali fpezie tutte defcrivonfi
partitamentedal Vormionelfuo Mufeo. E di ciafcheduna d’ciTc, non meno
chedella Terra Lennia , formanfi Vafi , per la virtù alefiifarmaca molto {limati a
beverci dentro , & ufati particolarmente a contener le bevande de gl’infermi di
febbri maligne , e peftilenti .
14 Quattro VASI di BOLO BIANCO CINEREO, forff dell’ Elba.
15 DueTAZZE di BOLO parimente BIANCO, e per avventura dell’ Ifola
medefima : l’orlo delle quali in due lati oppoRi fi piega in dentro in maniera,che
r una parte accoflandofi all’ altra , quali la tocca, e forma come due labbra, che, fc
non (i toccano infieme,sébrano di voler baciar quella bocca, che a loro s’accoRa.
16 Due TAZZE di TERRA ODORATA , così chiamata , perche fpira un*
odor foavc,ch’è nó lieve indizio delle fue virtù contro la pcfte,le febbri maligne,
& i veleni . Toccata con la lingua vi s’ attacca non altrimeote , che gli altri Boli .
17 BOCCIETTA di BOLO ROSSO ORIENTALE, ò, diciamo,, di
TERRA LENNIA ROSSA, portandoli anco quefta di Stalimene, e per lo
più Sigillata, come la bianca. Toccatacolla lingua vi s’attacca non alcrimente
che la bianca j e perche non lafcia tintura a differenza della Rubrica Fabrile (ch’è
la feconda fpezie della Terra Lennia di Galeno, come la Creta Fullonica è la
terza ) fi fà conofeere per la Terra Lennia roda de’ Medici antichi, tanto rinoma¬
ta per la fui virtù alcflifarmaca . In che luogo , e maniera oggidì li cavi , s’ è rife-
ritodifopra. Anticamente,aldirediOiofcoride, cavavafi in unafpeloncadi
(ito paludofo : & al tempo di Galeno , in un monte per altro lìerilifTimo , vicino
ad EfeRia , Città Orientale di quell’ Ifola , il cui nome per l’ analogia che tiene
con quello di Vulcano, che da Greci BfeBo lì chiama, diede origine
alla favola della di lui caduca dal Cielo, in Lenno , che per gran ventura non gii
coflò più che una (travolta di piede . Credettero alcuni , e tra quefìi Dioicoride
medefimo , che quella Terra s’impaftafle con (angue di Capra . Ma che quello
non ci entrade , ne (à ampia fede Galeno , il quale per accertarli di ciò , e lapere
la vera preparazione di quella Terra, & ha verne della migliore, ben due volte
navigò in Lenno : e nelPultima notò che adaltri non era lecito il toccarla, fuor»
che alla Sacerdotefla di Diana: la quale, lavatala, ò purgatala, la riduceva in
padelli, eh’ ella impronta va col (acro Sigillo di Diana: d’ond’ erano poi chia¬
mati sigilli di Diana, I quali pofcia, come pur’ oggi s’ufa, erano portati in-.
varie parti del Mondo per ufo medico, edendo potentìdìmi controveleni, &
altrettanto utili in tutte le indifpolìzioni, nellequali lìa medieti d’adringere.
L’Italia però non hà bifogno dì quedo Bolo Rodo d’ Oriente, havendonedi
proprio , che fi cava nell’ Elba , e nel Giglio , Ifole aggiacenti alia Tofcana , non
meno edì':acedi quello contro i veleni , e le febbri pellilenti.
18 Due VASI di BOLO ROSSO dell’ ELBA, col piede fatto a campa¬
na, e ’l corpo ventricolo, intagliati di vani fiorami, òcarabelchi che padano di
dentro , e fanno ornamento a tré Tede d’ Angioli , che vi fono (colpiti . Hanno
il collo alto, e largò, in cui fi fingono tré Medaglie con Tede tutte d’una politura,
& edì-
Loe, tit.
Mofearà,
l, 2. Mvf.
c. 105.
Z.5. f.72
Lpe,eit.
L.9< de
fmfl.
Cafalf.l,
f.13.
Met, e, 3.
p. 328.
tee. eh,
p. 230.
enti.
Verm. L 1.
Mul.e.^ p.ll
Mtfcard,
l, 2. Aiuf,
c,iy.&e.
tyt M V $ B 0 C 0 S P I A N 0
& effigie , le quali pajono coronate d’ alloro ; e l’ una Medaglia è diftinta dall’ al.
tra con varii fiorami. Il coperchio d’ amendue è fimile al piede.
,9 Due BOCCIETTE, ò FIASCHETTE di BOLO ROSSO, credo del¬
l’Elba . Vna d’effe è piramidale, l’ altra più ventneofa .
io Due TAZZE parimentedi BOLO ROSSO, e forfideirifolamedefiraa.
21 VRNA MENSALE di BOLO ROSSO, di quelle» che il volgo chia¬
ma Boccali ,
32 Due SCODELLE del BOLO medefimo.
33 Due VASI di BVCCARO ODOROSO. Quella è una Terra conge¬
nere a’ Boli rolli, la quale fi cava nel Regno di Portogai lo, (Sfèdi lollanza così
tenace, che toccata colla lingua vi s’attacca in guila, che vi rimane pendente.
£ così fanno i Vali d’ ella formati i i quali fono in concetto di così pofseme virtù
aleffifarmaca , che flimanfi rendere innocenti i veleni in effi bevuti , Icrivendone
T Aldrovandi , ò fia l’ Ambrofini , che terminò la di lui Iftoria delle cole Metalli¬
che, Stiod vettenat* potio in hu\ufmodi njafis fumpta^ nequaquam ladere potefi,
quoniam vis veneni occulta argilla qualitate obtunditur , Oltre ciò fi fanno to-
nofeere di facoltà molto refrigerante , mentre maravigliolamentc rinfrefcano i
potabili , che in elfi , in tempo di gran caldo , s’ infondono , e riefeono di refrige¬
rio notabile non che a’ corpi fani, a gl’infermi, e particolarmente nelle febbri
maligne, e peflilenti . Nè fono lenza virtù i frantumi di quelli Vali, adopran-
dofi la polve fatta d’ effi per nettare i denti, come aderii va lenza mordacità . An¬
zi! pezzi medefimi da taluni fi mangiano. Il che parmi un’appetito da donna
gravida , già che appunto delle donne gravide l’ affermò l’ Aldrovandi . E non è
molto , che un Perlonaggio da me ben conofeiuto , capitato in Napoli, v’ ofltr' ò
una Principeffj , che fc li mangiava , come altri farebbe le Palle di Genova . An¬
zi quella, facendone parte al medefimo , l’invitò a gallarne feco: e modratili
alcuni Armarii pieni di limili Vali, dille, che tra pochi mefifaceva conto d’ha-
verfeli mangiati tutti. Così avviene alla Terra del Campo Damalceno (in cui
credonogli Orientali effere dato creato il primo de gli huomini Adamo) ia qua¬
le portata nell’ Egitto , c vendutavi molto cara da Mercanti Turchi , ivi da prin*
cipali è mangiata, come cofa molto faporita. Di limili Vali lene vedono due
figurati qel Mufeo dell’ Aldrovandi , p. 2 2 9.
24 TAZZA di BOLO ARMENO, così tra’ Boli Orientali chiamato , per¬
che vien portato d’Armenia, fpezialmente da quella parte, che riguarda la Cap¬
padocia. Il Mattioli giudicòllofpezie di Rubrica Sinopica . Altri furono di pa¬
rere, che fuffe la vera Terra Lennia. Ma che non fia Terra Lcnnia, lo mollra il
tingere , ch’egli fà le mani; il che non fuccede del Bolo rollo di Sralimcne. E'
di facoltà , come infegna Galeno , molto diffeccante . Onde giova aliai nelle di-
fenterie. Scaltri fluffi di corpo .negli fputi di fangue, ne’catarri, nelle ulccie
putride della bocca , & è ottimo rimedio a coloro , che patifcono di fluffione di
capo, calcante nel petto.* & aquelli,chepertal cagione difficilmente rclpira-
no. Conferifce parimente a’ Tifici , difeccando, c confolidando le ulcere de’
polmoni. Nè reca minor giovamento contro la pelle, perche giufta Tollerva-
zionc dello fteffo Galeno, con quello rimedio folamente coloro non fi rilanano,
che fono del tutto incurabili .
3$ VASO tondo, flriato, di BOLO ARMENO.
25 Conlemcdefimenote.e virtù del Bolo Armeno fi trovano delle Tene
Medicinali anco neH’Europa, c particolarmente nella Tranfilvania , prelso
Toccajo,Caftello di quella Provincia, nella Livonia, &inalcuni luoghi della
Germania, CosìèfamofoilBolodiStrigonia, d’Erlachia, &c.
De'
L l B K 0' T B K Z 0. CAP. XKIU. zji
J>e' Vafi di PorcelUaa.
Cap. XXlIh
I Vafi delle Terre, che tengono antipatia co’ veleni, meritano luogo
X anco quelli di PORCELLANA, predicandoli d’elTi qualche facoltà,
fe non di fuperarli , prevalendo loro, come alellìfarmaci , ò diciamo fcacciato: i
di quelli ( che tanto propriamente importala virtù alelììfarmaca) almeno «di !>£>«)*■
prirJi, come nimici, dandone fegni evidenti, col mutarli di colore, & intorbi- cxpaitticé
dare la propria diafaneità alla prefenza loro, & al femplice tocco andarne in &veiuti
pezzi, come notò Io Scaligero. Per lo che in molti luoghi s’ufano nelle menfe
ftretta mence legati neH’argento, acciò, toccati dal veleno, pedano cangiarcelo- ab
re, fenza fpezzarli. Nè d’ altra forte è fama, che liano i Vali delle menfe del l’Ira- quod cH ac-
pcradore de’ Turchi. E d’ordinario nc’di lui Paeli, come attefta Simeone Si-
monio. Medico Boemo, e con effo Guido Panz foli, ficoftumano per beverci fifloJ|*pi*opel-
dentroloSciarbetto,ilCadè,elaCiuccolata, pozioni famofe, ed altri pota- lo.
bili, acciochefe vifuffe framifehiato veleno, colla /ubica alterazione del co-
lore lo palelino . Quindi giunti nell’Europa v’hanno incontrato gradimento
non ordinario, ricevuti non che nelle Menfe, ne’ Gabinetti de’ Principi, e ne’
Mufei de’ Letterati , e fofpcli dalle pareri per ornamento (ingoiare . Stimafi vile
a loro paragone l’argento , trovandoli chi ne paga a prezzi pcù rigoroli . Co5Ì
•un metallo nobile , perche in più luoghi li trova , la perde con un’ opera di terra
fragile, perche in un folo, come la fama più colante racconta, li lavora: eia
creta , che altrove ferve a pulirlo , in quelli Vafellamt l’ olcura. Non alrrimen-
te nella China, d’onde quelli li recano ,lubitoche vifù veduto uno de’ Criftalli
Trigoni dell’ Europa, vi fù preferito al c cole più prezzolate: poiché non li
Rima ciò che in fe ftelTo èragguardevoIe,quand’ è commune, mentre la rarità
loia è quella, che dona il pregio alle cole.
2 Circa la materia di quelli Vali, che accennai effere di terra, non s’accorda¬
no gli Storici ; perche di molti , che ne fcriffero , pochi fono capitati a chiarirle-
ne là, dove li fabbricano . In una Tavola dell’ Alia li legge, che fi formano d’ una
tal palla, che Uà fepolta cent’ anni, & è compolla di gulci di Chiocciole mari¬
ne , e Icorze d’ ova, che fi riducono in polvere, e s’ impattano con un fugo a noi
incognito : la quale da chi la prepara viene fepelita in luogo, il più che polla ef¬
fere , appartato, che da Padrifirivelaa’ figliuoli, enipoti, aquali vienlalciata
in vece d’opulente eredità: e quelli, fpirato il fudetto tempo, lacavano, e ne
formano quelli preziofi Vafellami . Quali io Hello ci lafciò /entro Odoardo Bar-
bofa,il quale notò quella tal malfa lafciarfi talora fepolta folamente ottani’ an¬
ni: e, cavata che fia, per antica ufanza, riempirli fubito quel luogo di nuova
patta, che vi lilafciaperteforode’difcendcnti. Ilfopracitato Panz/roliafferì,
che tal matta li compone di geffo, d’ovo trito, e feorza di Locutta marina.
Certuni la credono compolla delle gufeie di quelle Conchiglie di mare, che
Porcellette nella Francia, e Porcellane in altri luoghi s’appellano, e fono le
Conche Veneree, dette dal Vormio Conche Porcellaniche: delle quali non
poche fpezie llravaganti li vedono nel Mufeo, e furono deferitte nel precedente
Lioro. Elarebbeacoftoro favorevole la ragione dell’etimologia, fe, come
c jngetturòl’ Aldrovandifquelti Vafi non fi chiamaffero di Porcellana più rotto /.zjo'.
perche trafpajono come l’Agata, gemma, che pure da taluni Porcellana vien
detta . Se bene co i tal nome altre cole ancora fi chiamano in tutto da quella ma •
teriadilparate, come l’erba Portulaca, detta Porcellana dal volgo; e quella-
forte
(
iLec. eu.
ì/bid.
^tid.
P74 M f' s B 0 C 0 S P l J N 0
forte di diafpro verde, che Garziadajl’ Orto diflfe trouariì apprciTo gl’ Indiani , e
fabbncarfene Vafi , che pajono di Smeraldo , e parimente di Porcellana s’ appel¬
lano.
3 Cere’ altri fi perfuadono, che la materia de’ Vafi di Porcellana fia non altro,
che un fugo foteerra condenfaro , e recato d’ Oriente . La quale opinione parmi
dedotta da ciò, che Plinio feriffe di que’ Vafi antichi, che Murrini, ò Mirtini
chiamanfi(fotro il qual nome Fefto intende quella force di bevanda, che da Greci
Hupfhn appclIòìTi , e ftimafi eifere fiata il Nettare de gli antichi ) notandone , hu-
fi.lij e.i. n*orem putant fub terra calore denfari. Perche appunto coftoro, e con elfi il
txtre. 91. i Cardano , e lo Scaligero , credono che i Vafi di Porcellana moderni fiano quel¬
li ,chc anticamente Murrini s’appellavano . E ferve lorodi rifeontro , che que-
fti fono nel medefimo , ò in poco diifimile pregio da quelli, che ci vengono d’O-
riente, come pure gli fieflì, de’ quali Plinio, Oriens, dille, Mnrrhina mittit -,
che non ve ne hà copia maggiore altrove che nell’ Afia , in una delle cui regioni
più Orientali fi fabbricano, come parimente di quelli avvertì Plinio, foggiun-
gendone: inveniuntur enim ibi in pluribus locis ^ nec infignibus , maxime Par.
thici Regni, pracipuè tamen in Carmania . Che lodali in quelli la fottigliezza.
la trafparenza , la bellezza delle macchie , e de’ colori . Il che pure di quelli pare
che s’ affermi dall’Autore medefimo ne’fcgucnti periodi . Amplitudine nufquam
parvos excedunt abacos . Crajfitudine rara quanto diclum ejl Vafi potorio . Splen-
dor his fine viribus, nitorque verius , quam fplendor , sed in pretio varietas
colorum , fubinde circumagentibus fe maculis in purpuram , candoremque , é"
tertium ex utroque ignefeentem , velnt per tranfitum coloris purpura rubefeente ,
laSie candefeente . Sunt qui maxime in its laudent extremitates , 0" quofdam
coloris repercuffus , quales in caele Hi arcu /pellantur .
4 Ma con tutto ciò non convincono . Imperoche i Vafi di Porcellana,
quantunque fiimatiffìmi, fono di gran lunga inferiori nel prezzo a’ Murri¬
ni: notando Plinio per cofadigrandilfimolulfo,cheunodi quelli Vafi fù pa¬
gato ottan a Sellcrtii, che al conto del Budeo fanno mille, e cento de’- nofiri Scu¬
di d’oro. E di Nerone racconta il medefimo, ch’egli bavelle pagato due Vali
Murrini ( uno de’ quali fù poi in fuo difpregio rotto da T. Petronio Confolare ,
mentre ftava per morire) trecento Sefiercii l’uno, che alconro (udettofanno
quindici milla Scudi d’ oro tra tutti due : col qual prezzo fi potrebbe comprare
un gran numero di Vafi di Porcellana . E quanto alle altre particolarità , fe ben
s’oiTervano , non s’avverano in elfi le principali. Conciofiacofache in quefti
nè tanti colori, e macchie campeggiano, ne v’hà veftigio alcuno di porpora,
malTime in quelli, che fi portano nclTEuropa, elTendo femplicemente colorici
d’azzurro ftavato, edipintidi fogliami, ed’imaginid’arbufcelh, e d’animali
ftravaganti. Oltre di che fono diafani, al contrario de' Vafi Murrini, i quali lu¬
cevano bensì nella fuperfizie, ma non erano trafparentij ansila trafparenza in
efsi giuiicavafi vizio, per quanto ne accennò Plinio, che di certuni, in qucfto
^propofiro favellando, ///'/jdilfe, macula pingues placent', translucere quicquam,
aut pallere vitium e/. Oltre ciò quelli erano odorati, notandone lo Hello Au¬
tore: aliqua, ó in odore commendatio efi\ equcH’odorejComedairctiraolp-
gia dedullero il Cefalpino , e l’ Aidrovandi, era come di Mirra, quale appunto
elala dalla Pietra quinci chiamata Mirrite, raccordata dal Cefalpino; Onde
Mjrrhas graves , chiamòlli Stazio , ove parlando d’ Eari no Coppicro d i Domi*!
ziano,dice -■■■■ n. i > hic pocula magno
Prima Duci, Myrrafqne graves, Cryjlallaque portat
Candidiore manu.
E quefti
JSsid.dè ajjt.
Pi. loe. eit.
Ibtd.
Cafalp, de
Mtt. l. 3.
c 2?.
Aldr. t 2.5
Aduf c. 3,
t 230.
Caf. toc. eit.
L-l Sflv./^,
P. 5P.
LIBRO T E T{Z 0. CAP. XXlll 17$
E quefti non rendono Qdore^lcuno. Di più, come parve ai Ce/a]p/no> quelli
eranofatri di fcorie,ò recrementi di metalli: ò più rollo, come avverti Anfel-
mo Boezio, componevanfid’Onica,ò Sardonica; fe anzi, come accenna l’eti¬
mologia, non erano fabbricati della /opramentovata pietra Mirrice; e quelli,
fuor d’ ogni dubbio , fono di terra . Dal che di vantaggio apparilce , che i Vali di
Porcellana fono tutt’ aitrochei Murrini de gli antichi.
Bernardino Celio nell’ moria de’ Minerali, c Giovanni
Lezzioni del Panziroli ,
5 Che la materia poi de’ Vali di Porcellana lìa una fpe
fcgueBza,c’habbianodeIfavoJolo le opinioni fin qui addotte, ce ne afsicura
più d’ un teflimonio di veduta . E prima Gio. Coniai vo Mendozza, che di com-
milsione del Rè Catolico fcorfe la Monarchia della China , e con tal’ occafionc j. hifl,
offervòla preparazione della Porcellana, notò che quelli Vali fi fabbricano di Ghtnit.c.ult
dura , e crctofa terra , che lotti jmente Ipolverizzata fi mette a rammollire in uno
ftagno d'acqua chiufo intorno da un muro di pietra viva: dove macerata, e
quali liquefatta , ne trafmette alla fommità la parte più fina , galleggiantevi fo-
pra, come fottililsima tela, dejja quale fe ne formano 1? Tazze pifillimate;
fervendo la relidenza per la coftruzzione de gli altri Vali , tanto inferiori , quan¬
to più fecciofa ,e crafia n' è la loftanza , Con quelli s’accorda Giovanni Vgone j^avig. (?-
Linfcottano , che pure navigò nell’ India Orientale, alferendo fabbricarli le Por- ncnt. c. 23,
celiane d’ una certa fpezie di terra , eh’ è d urilsima , e perciò s’ infrange , e fi ma-
cina,e pofeia fi mette a macerare nelle cillerne , finche ne fia luperata in tutto la
durezza ; 8c allora li rimena ben bene ; perche così agitata , non altrimcnte che
facciaillatte,quando{enecavaiIButiro,tramand3allacima un certo, come
fiore di le medefimo abile aformarfene Vali .quanto fi voglia , lottili . Nè l’ uno
però , nè Paltro ne Ipecificò il luogo . Nel che non manco di loddisfarci l’ accu¬
ratezza del P. Alvaro Semeda Gieluita , che lungo tempo fi trattenne nella Chi¬
na; havendo egli nelle Relazioni di colà fcritte notato, che quelli Vali fi fab- ReUt.Chin.
bricano nella Provincia di Kinmjly in una loia Villa, dacuielcono( loggiunge
egli, fupplendo infieme ad altre particolarità da ludetti Scrittori tralalciate)
tutte le Porcellane, che fervono per quel vaftilsimo Imperio, e che per tutto il
Mondo fi trafportano : benché ivi non vi fia la miniera di quella Terra , che al¬
tronde è portata ; elTervi bensì l’ acqua , con cui l’ impallano, di tal condizione,
chefcnzaeffarielcono,e men terfi, & ignobili i Vali. Che nel formarlinon vi
concorre milterio alcuno , q fegreto particolare , come molti fi diedero a crede¬
re : ma che ricfc.onQ così terfi , e puri per la finezza fingolare di quella determi¬
nata fpezie di terra , di cui fi compongono . Che d’ogni tempo , e Ragione le ne
fabbricano, e nellamanieramedefima, che ulano communemente i Vaiai del-
Ma in ciò vedali anco
Saimuto {oprale varie Salmuth in
* PatTitrU.l.j
fart. I de
Zie di terra , & in con? var.ua.
T Europa: benché iChinefi lavorino con accuratezza maggiore. Dipingonlì
polcia di co'or ceruleo con l’ Amito, di cui vcn’hà copia in quel Paefe, ove
chiamali .4W/7. Altri fi tingono di violaceo, & alcuni di giallo, 1 quali s’ofie^
rilcono al Sovrano di quella Monarchia ,
6 Qyella Villa, comenotòil P.MartinoMartini,purGiefuitanelfuoAtIan? Ati. Sinìpi
te Chinefe , ove a lungo favella de* Vali di Porcellana , è nel Territorio della J7-
Città di Teulcang: e la terra , che ivi s’ adopra , recali dalla Città d’ Hoeicheu del*
la Provinciadi Kianguam (òdiciam Kiamfij come la chiama il Semeda, econ Semedalcc.
elio il Chirchero, che nella lua China appella laocheu quella Città fampfa per KÌrchChin.
le Porcellane , e la coftituilce sù la ripa Boreale del fiume Po) nella quale quan- tUuft. p. ir.
tunque vi fia tanta copia di quella terra, non vi rielce il lavorìo delle Porcella-
Ue* il che s’alcrjye alla temperatura dell’acque. E quella terra, loggiunge egli,
non
jltl. Sin,
foi- T7-
^htn. Ili,
j>. ni. (. I.
P-I55*
Cn. Settdl,
c.zj.p. 133.
T.i.Ndvig.
Orsini.
Lec< cit.
Mu/. Met.
f.231.
L. I. Muf.
t. 3-P'3*
fxere. 91.
^7$ ^ y s B g c 0 s p i A 'N 0
non èpingue, come lacreta, malucente, come i*arcna : quale macerano , &,
afpeifavi l’acqua, l’impaftaao, e ne formano i Validi qualunque forma,e figu¬
ra, per bizzarra che fi voglia ; de’ quali altri fi dipingono a color d’oro , òdi zaf¬
ferano, e fi desinano al Palazzo Reale: altri fi tingono di rodo, ò ceruleo, c
fervono per il volgo . De* Va fi rotti, col peltarne i minuzzoli , e rimpaftarli , nc
riformano de’ nuovi, i quali però non riefeono mai della bellezza, e chiarezza
de' primi : pvero i frammenti s’ appuntano con lottilidìmì fili di rame , e tratten¬
gono il licore non meno di prima : Per lo che fare vanno in volta per tutta la-.
China Artefici peritiflimi, i quali nel farvi i pertugi adoprano uno Strumento,
che chiamano flr/7 ,che è un trapano colla punta di diamante , come quelli, che
ulano in Milano coloro , che traforano il cnftallo di monte . Nc di quella terra
nella China fi formano folamente Vali , ma fe ne incroftano anco i muri più no¬
bili . Così riferifee il medefimo P. Martini edere tutto incroftato dì Porcellana
il muro della fupcrbilfima T orre Novizonia di Foquien, la di cui bizzarra figura
fi vede nella China illuftrata del P. Chitchero .
7 Che poi folo nella China fi fabbrichino le Porcellane, lo conferma l'opi¬
nione di certuni , che, al riferire delio Scarabelli nella deferizzione Italiana del¬
la famofa Galeria Settaliana , giudicorno particolar privilegio de’ Chinefi il fab¬
bricarle: e perciò edere in quella Monarchia proibito con feveridìme leggi il
mandarle in altri Paefi, fe prima non fia nfeodo l’annuale tributo di novanta
mila lire Imperiali , col nome di Taet efprcde ,da riporli nella Regia Teforeria .
Ma che che (ìa di tale tributo , di cui non ne fanno menzione gli Autori fopraci-
tati, il Ramufio nel primo Tomo delle Navigazioni infegna,che delle Porcel¬
lane fe ne fabbricano anco fuori della China, anzi fuori dcH’Afia, cioè nel¬
l’Africa: riferendo che in Mazdaga Città di Caroz, Provincia del Regno di
Fez, vi fono molti V’afai, che lavorano Vali di Porcellana, la cui materia è una
certa Terra fodìle, tenuta per molti anni a feccarfial Sole, & al vento: e che
pofeia , formatine i Vali , dipingono a loro piacere . Della qual Terra , loggiun'»
ge l’ Aldiovandi , che, per edere dura, fi macina , e poi fi macera : e d' indi le ne
raccoglie la parte più lottile, di cui lene formano Vali, che nella trafpnrenza
vincono il criftallo , i quali non pon io porrarfi fuori del Regno , edendo vi pena
capitale: dovendo quelli fervire folamente a Principi, e Nobili del Regno ,
Della pane più grolla le ne fanno i Vali meno preziofi , che fi portano altrove,
dipinti d’arbofcelli,eiogliami, come quello, che lo Redo Aldrovandi ivi pro¬
pone in figura .
8 Ne’nollri Paefi , non trovandovifi tal forte di terra, e d’acqua ,non ponno
fabbricar vili quelli Vali . Nullaiimeno,al riferire delP Aldrovandi.Francefco
Graniucadi Tofeana ne fece fabbricare alcuni, che riufeirno limili in tutto a
quelli di Porcellana, e nulla inferiori a’Chmelì . Oggi fono molto bene imitati
colle Majoliche di Genova, Savo la, e di Faenza, e a’ alcuni luoghi fuoridel-
l’ Italia, c particolarmente della Fiandra , come notò il Vormio, che tenne pet
artifiz ale, non per naturale la materia de’ Vali di Porcellana. Ma dalle vere
Porcellane facilmente fi diftinguono le falfe; perche quelle non tralpajono,
nè fono così lottili , e facilmente calca Tincrollacura , in cui coniìlle il principa¬
le dell’ imitazione. Anco i Vetrai hanno tentato di fingere la Porcellana, mane’
Vali loro facilmente fi manifella il vetro, madìme là dove fù toccato dalla can¬
nuccia nel formarlo .
9 A veri Vali di Porcellana lo Scaligero adegna quelle doti; cioè che le im¬
magini in elfi elprede, guardate contro il lume, apparifeano meglio; che pollo
qualche licor caldo medi, lì nlcaldilolo tanta porzione del Vaio, quanto n’è
toccata
L l 3 KO r U K Z 0, €4P. xxm. ^^7
toccata da quel licore j che toccati dal veleno fi rompano; c che rotti, da quc’
pezzi fe ne cavi coir acciajofcintille di fuoco. Le prime due note s* avverano
ne’ fuffcguentiVafi di Porcellana del Mufeo: e vi fi fuppongono le altre, per
non arrifchiarne l’ integrità loro eoi provarle , già che in altri fi fono oilervate .
10 TAZZA di PORCHLLANAfiniflìma,ditaIefottigIiezza,etralparcn-
za, che non la cede punto al vetro. Nè credo che più fottili fuffero quelle due
Anfore , che per la maravigliofa fottigliczza loro furono confecrate in un Tem-
piodi Roma,e fimoftravanofin’altempodi Plinio, fatte, difs’ egli, difci^uliy Zr.35. f.12;
tnagijlriqne certamine ^uter tenuviorem humum circumduceret , Ella è dipinta di
fogliami , e fiorami azzurri , di lira vaganti figure j nè quefti pregiudicano pun¬
to alla di lei perfpicuità .
11 Due VASI di PORCELLANA cerulea, con fiorami d’oro, lavorati
nella China , cred’ io per mano d’ Artefice Tartaro , dopo che Xunchì gran Can
fe ne impadronì .
12 Altri VASI di PORCELLANA dì varie figure ferba il Sig.Marchefe
tra le lue cofe più care di caia, eh’ egli un giorno potrebbe rifolverfi di lafciare
al Mulco, ò di notarli fra le cofe preziofe della fua Galeria ,
De* Vdfi delle terre 'vulgari^ di non vulgare artifizio ,
Cap. XXIV.
Z. 2, epiji.
Zi- 2. Muf,
a Hiudono la ferie de’ Vafi di Terra del Mufeo,queIli che fono impaftati di
Terre ordinarie , proprie , e particolari de’ Vafai , come d’ Argilla com¬
mune, di cui Orazio
— ■■ argilla quidvis imitabitur udàl
òdi Creta del volgo, ch’èia terra figlina de ’ Latini; ò della Creta de gli eru¬
diti , differente dalla precedente (onde in due capi diverfi ne trattò l’ Aldrovan-
di ) la quale da Galeno ,&Aéziochiamafi itp»TiK»yS da Creta Ifola abondantif-
fìma di quefta terra , e forfi diìcandore della medefima oggi appellata.
Ma fe la materia di quefti Vafi è vulgare , non è vulgare l’ artifizio loro , haven-
do e la Plaftica, e la Pittura fatto ogni diligenza per impreziofirli, e fegregarli
dalla plebe de’ Vafi, come appunto è riufeito. Benché per quanto fiano ripu¬
tate vili le terre , che gli compongono , & , al contrario di quelle de’ precedenti ,
non ne facciano conto i Medici: non perciò fono così abbiette , e traicurabih ,
che debbano in tutto effer’ eiclufe dalla Medicina. Perche della Greta notò Ga¬
leno qualche facoltà d’aftergere lenza mordacità , Jafeiandone quefti lenii.
T erra Cretica admodum imbecilla eli , multum habens fubjiantia aerea . Ineli fimpt.
tamen ei quadam citra morfum vis extergendi. E deli* Argilla commendò l’Ai- Medfac.ex
drovandi qualche virtù attrattiva, per cui toglie le lividure della pelle . Denique
.Argilla i così egli conchiufe il Trattato di quefta Terra, ab ufu medico non efi Ztb.at.e.h
Jegreganda , quoniam in tollendis vibicibus commendatur , propter facultatem mf.
attrahendi , qua potitur .
2 Delie molte fpezie , che v’hà , di quefte Terre , tra di loro differenti , ò nel
colore, ò nella foftanza più, òmendenfa, le migliori fono le più tenaci, come
quelle ehe più fottilmente ponno condurli, e lavorarli con maggior finezza.
£ fe vi concorre il candore , qualità più amica della politezza , non fi defidera di
vantaggio per formarne ì più gentili di que’ Vafellamì di pafta bianca, che di¬
pinti di zafferà imitanojla Porcellana, e di ilZrj(?//V4gli chiama il volgo, dedu»
cendoncilBomeda^4jV/V-«, la maggiore delle Ifole Balearidi, nella quale,
come fi motivò di fopra , nacque l’ invenzione di fimil pafta , havendone Icritto
A a il
pe Re V*fc.
O- AfòtAlbi
''jiftheno-
graph.f, 22-
Ztb. eit,
f-tté. '
Pcfyd. P'tygt
‘i, z. de rer.
Seeapron,
Selva Poet.
Soft, 145«
f. 17».
L. Leg. in
]Sleàiàifi.\Z
& ap.Alàr,
l. I. Bendr.
C.6 p. 309.
Jd i» Chry,
fomel. dtlK
289 & ap.
Aldr. I. 2.
Dendrol.c.'i
i 359.
Bracciol.
Sdegno
V.96,
af ? M ^ ^ ^ P Compiano
ilBaifio. T» Infuld Ma-prica celeberrimi ( Vafa ) fiebant , unde Himen enatum
efi Ma)pric£ ^feu Ma]olicd , dum fili ilii nobilior i defignantur . Tale c 1 ’ Argilla
lattea di Faenza ; 1 Vali della quale per lo candore, e ri lezza loro fono in iftima
ta e, che per proverbio ri mentova U Ma^olia di Faenza: e dal nome di quel¬
la Città , come altrove fi dille, coll’ addurne l’ clempio di Scrittore Latino, lono
pofeia nella Francia ftati generalmente chiamati Faens i Vafi di parta limile . Al¬
la qual terra s' accorta molto di perfezzipne 1* Argilla candida di Bologna , tro¬
vata Tanni MDCLVI. e feliciffimamente porta in ulo, e dal Montalbani par
ragonata , anzi anrepofta alla Terra Samia , ove riebbe a dire
En Samiam /liberare valens jam Feljìna famam
Regia promittit Vafcula perpetuo.
Hpn è però fernpre bianca la terra, di cui fi forma quella parta: effendovene
d’altrocOlore, laquale nelcuocerfidiyien bianca. E di tal natura è l’Argilla
cinericcia di Bologna, raccordata dall’ Àldrovandi . Delle altre Terre men fine
fi fabbricano tutte le altre forti di Vali, Statue, & Vtenligli di verri, che urtiti
dalla Fornace, col nome del genere chiarnanricommuneraente di terracotta , e
riefconoperlopiùdicolor rolfigno. Ne’ quali due generi fé fi diltribuilcono
quelli ul imi Vafi di terra del Mufeo, del primo vi lonoi fulTeguenti.
3 FIASCO grande di Majolica: il quale fe per la materia, e per la figura
non viene elclulo dal volgo de’ Vafi, per T eccellenza della Pittura, che lono-
bilitòal maggior legno, e lo refe degno non che del Mufeo , de’Gabinetti , e
deTeMenfe Reali, menta luogo traspiri prcziofi, efianod’oro: perche appun¬
to al pari dell’ oro T impreziosì il prodigiofo Pennello di yalentillìmo Pittore ,
cheCfeil vero ci rapporta la Fama) fù quel Raffaele Santi da Vtbino,che feppe
avverare i favolofi portenti di Mida, cangiando in tefori tutto ciò che glipaf-
favaperle mani trarreggiandolocol pennello, dicui puote dirli
Pittar non fiiy che d' agguagliar / vante
Il divino Pennel di Raffaelle.
Quefti v’efprcHe da un canto vaga Pi ofpectiva di bellilfimi Edificii , con una dcr
liziofa pianura, in cui figurò due Cacciatori d’ afpetto leggiadro: Tuiio de’
quali lancia un dardo ad un Cervo , tutto intento alla fuga : £ , come che quelli
■■ ' —— — petens in vulnera Cervum
Infinxit mifera /picula certa fera\
dall’altro canto il Pittpie rapprclcntò l’ elìco di tal caccia, figurandovi quel
Cervo trafitto, e già morto, e giacente a piedi de’ medefimi Cacciatori ; i quali
da quella parte repi icari ,& affiniti da un Cane, tenendo gli archi, & i dardi nel¬
le mani,llanno lotto un’albero fiifi, ed attoniti di vedere che in elio valfi trasfor¬
mando una Ninfa ,a cui di forma humana non altro più rimane, che la faccia, le
poppe , e le braccia , effendq tutto il rertante divenuto Pianta, come della Cre-
tenfe Crifocome , cangiata in Cotogno , notò chi ne Icrille .
Extabant tantum diliura novijfma verba
Ora, virens reliquo corpore quejla nemus.
Quindi non lungi fi vedono molti alberi, con uccelli, che per elfi fvolazzano,&
in lontananza iriaggioregliedifiziidall’altrp cantofigurati, ma in profpettiva
diverfa . 11 collo pure, col coperchio della fleffa materia, che gentilmente fi-
gilla la bocca di quello Fiafeo , non fù lafciato lenza il fuo ornamento dal Pit¬
tore ,che volle, eh’ egli fingeffe aria popolata da duolo pennuto. Che però a
gran ragione quello , per altro fragililfimo Vaio ,
^ut fi conferva intatto , an'^i s ’ ammira
t^afi mojlro, b miracolo de /’ ArtC'^
che
l t IS R Ó T É R Z Ò. tàP, XXIK 179
che i fenfit e i moti a meraviglia e/frime
Ne le morte t e infenjibili figure ^
che ffiran^ fe le miri^
Loquaci fimi affetti^ e mute voci.
4 TAZZA di grandezza notabile, e della materia fterfa, che *I Fiafco i pari¬
mente dipinta delht maniera , e facilmente anco di mano del Pittore medehmo ,
che nel di lei concavo finfe il mare in tranquililfima calma , e quali ridente, per¬
che premuto da V enerc , che qui ricevuta
Da terreni color forma celefie .
và per elio a diporto in una Conca tirata da due Delfìni, emulando in ella Nettu>
no, a cui pure
Vna Conca e la Nave,,
la corteggia numerofo duolo di volanti Amori , e di guizzanti Tritoni , e Ninfe
Marine. . Le bellezze delle quali , quantunque lìngolari, cedono di tanto a quel¬
la di Venere, che ben la dinotano la Dea della Bellezza. Lforlì non fù così bella
quella Venerei che già pinfe il Coo Apelk
Vfcir dal nicchio.
Nel convello v’ efpreffe una Città incendiata , con alcuni Soldati , che fuori del¬
le mura d i quella oftinatamente combattono , rimanendone il piano orridamen¬
te feminato di cadaveri d’huomini, e di Cavalli. E forfì in quel miferabile
Ipettacolorapprefentò l’eccidio di Troja ,&inconfegucnza un faggio de’ dan¬
ni cagionati dalla Libidine, lignificata per Venere, figurata dall’altra parte di
quella Tazza: avverando in elsa colla connefsione dell' cfleriore all’interiore
Pittura , che extrema gaudii luSlus occupat ,
5 Nè qutfte fole, ma divelle altre opere della flcfsamaniera, e forfidello
ftcfso Pittore in quello genere procurò il Fondatore di quello Mufeodi racco¬
gliere , e confcrvare , all’ ammirazione de’ polleri . Che però molte altre Tazze
di più forti, e ligure, e Vali di Majolica dipinti nella forma de' ptecedenti trà
numeroli sforzi de’ più valenti Maellri dell’Arte , oggetti della maraviglia de gli
occhi ptu eruditi, pendono dalle pareti della ricchilsima Galeria di Cala del
Sig. Marchefe : il quale d’ efsi può non ingiullamenre dire con S. Paolo , come
de famoli. Vali della Spezieria della Santilsima Cala di Loreto, dipinti pure,
come corre vc)ce,daKafEaele,arichielladel Ducad’ Vrbno, luo Principe na¬
turale, già ddse, in palsando di là, la Serenilsima Regina Cnllina di Svezia,
Habemus thef aurum in Vafis ^ÉltUbus ,
6 Ma già che lì fono mentovati i Vali della Spezicria di Loreto^ egli non è da
tacerli , che dalla copia di quelli , e de gli altri della llelsa maniera , che in divedi
luoghi li trovano, certuni argomentano non poter tutti elscte Rati dipinti per
manod’uo’huomofolo, ancorché di vitalunga, enon inaltro occupata; &in
conleguenza che nè mcnlìanofàciture del Pennello di Raffaele, che molto di-
piole Hi grande (come appare dal proliilo racconto, che fà delle di lui Opere
GiorgioVafari,nclIaVita,checopiQlanefcrilfe)epocovilIc, perche mori di
XXX Vlh anni compiti , cioè nel giorno appunto in cui nacque , come al fuo Se¬
polcro in S. Maria Rotonda di Roma , & apprelTo il Vafari , li legge , e notòilo il
P. Carlo da S Antonio di Padova, delle Scuole Pie, in quei graziole Epigratn'^
raaadAldoGiunilio,
pingendi Raphael mirabilis arte^ per Orbem
Attonitum , cuyis maxima fama volati
Septem decurfis lulirisy annifque dnobus ^
ìlfOi quo natus i mortuus ^ Alde^ die,
Aa 2 - i/ififs
P eodOd.i.
25.
Beld. Cad.
4e Longob.
C* 12*
Lami Segno
Cam- 6, 16.
Prev. 14;
2. Cor. 4«
Z. ?• E{igrl
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276,
|8d H S È 0 QoSPlAKO
iUius txaétis HÌl frorfus defuit annis,
Vt ail Pidura defuit, Aide, fu àe,
EIoftelTo pare, che provi ancotaccndo il Valan ; come quegli, che diligcntifli-
mo nell’annoverare le opere di Raffaele, non tocca nè pure con u ia parola que-
fìf Vali , che non potevano effergli incogniti , s’ egli era Pittore , e quali contem¬
poraneo di Raffaele. Onde coftpro gli Rimano d’altra mano: e congetturano
d’ alcuni Pitrori Faentini, anco più antichi di Raffaele; conchiudendo che tutti,
ò almeno la maggior parte de’ Vafì in queftp modo dipinti fiano ufeiti di Faen¬
za, Città, comcs’edettp, celebre per le Majolichepiùgentili. Siano però fa-
piture di chi lì fìa; non ponno non cfTere di valentilTimo Pittore j di cui non è
poca gloria, che fìano Rimate di^Raflaeie . E certo la leggiadria delle figure, la
vaghezza delle IRorie, la bellezza de’paefaggi , la varietà delle Profpettive , e
la macRria del/c fabriche , che fi vedpnp in eflì, e fono tanto frequenti pelle ope¬
re grandi di Raffaele , non potevano far credere altrimente .
7 ANFORA di Maiolica, della figura ordinaria de’ più confueti Boccali
( penfo di potermi icrvire di queRa voce , già che fe ne valle il Cavalier Marini
nella Galeria , dicendo in perfpna di Camillo Querno Arcipoeta .
Compof verf, ed afeiugai Boccali .)
alquanto però più zotica, d’altezza eccedente un cubito, ed a proporzione ven-
trieofa ,ecapacedi circa XXX. libre di licore. Serbafi qui più che per altro,
per l’antichità, e per la Pittura, che fono riguardevoli . L’antichità , come
imoRrano le iferizzioni fattevi dal Pittore, è di CLXXVII. affai notabile in un
Vafo di terra fragile, c’hà fervito quali del continuo d’ Yrna Menlale , per mol¬
te generazioni, unaFamiglia, di prima sfera in queRa Città, da cui loricovrò
per la bontà dejla Pittura , la Signora Maddalena Trenta, Pittrice Lucchefe , che
me ne favorì. La Pittura , quainunquedi quel tempo, è affai vaga; edàa ve¬
dete in campo azzurro intenlo di zafferà, ritratta in profilo con tutto il petto
una Donna di fattezze gentili, quali al naturale , in habito, e con acconciatura
di capo , che moRra l'ulo di quel Sccolp, e confronta colle Medaglie delle Don¬
ne di que’ tempi ; non ifeorgendovifi pompa alcuna , come che habbia i capcgli
non torti in ricci , e /parli in ciocche q uà, c là vagabonde , ma raccolti in un pic-
col velo di color giallo dorato, che lalciando Icoperta la fronte con tutta la fac¬
cia, appena giunge a toccargli il collo; & è fermato con un lotti! nallro, come
di feca nera , che gli circonda il capo, traverlando per metà la fronte. Finlcla tl
Pittore ferita di piaga amorola , elpnmendogli una Saetta nel petto, & il /an¬
gue , che /piccia dalla ferita , con un Cartello bianco incontro alla bocca , in cui
li legge ciò ch’ella /embi a di pronunziar lofpirando, cioè AMORE. Dopo le
1 pali e nel campo mede lìmo azzurro vi figurò un’ altro Cartello bianco , dipin¬
gendovi con tinta pure di zafferà le lopracccnnate note numeriche del tempo, in
CU' coloiì quello Va(o,cicè 1499. 11 che parimente egli replicò lottoil mani¬
co delio flclfo Vaio. Coiiconiano queflo campo azzurro quattro Delfini
efpreffi in modo che formano come un rombo , e moRrano di fcrvir di cornice .
Mà non più di que fi I . Palfiamo a gli altri Vali di Majolica, più per l’antichità ,
che per la Pittura , commendabili .
8 Due VASI antichi di Majolica azzurra , coMoro coperchi , di doga così
lottile, terla, e trafparcnte, che lembrano di Porcellana . Hanno la /iipcrfizic
lavoratadi belliffimi fioramid’oro.
9 VASO antico di Majolica azzurra ,in forma di Giarctto , col coperchio di
Ragno , tutto lavorato con beile figure. Egli è tanto /ottilc ,chc /embra ò Por¬
cellana , o vetro tinto di zafferà .
»0 VA-
LIBRO T 0. CAP. XXIV. 281
I p VASO di Majolica antico , dipinto d’ azzurro a labcrinti di fiepi (Iellate »
d? artifizio fingolare, in forma d’ Vrna Menfale , alta » c ftretta .
II DeHecondo genere, (otto di cui fi difife comprcnderfi le terre inferiori,
le opere delle quali impaftate , eftratte dalle Fornaci, col nome commune di ter¬
ra cotta s’ appellano , vi fi fcorgono quefti .
1 2 VASO di terra antico, di color ceruleo, e bigio, lavorato con varie figure.
13 tazza antichifllma di terra cotta, dipinta dinero, con due manichi,
r uno de’quali , in parte rotto , autentica con quella piaga l’ antichità del Vaio ,
che da Greci fù chiamato e!>9«t/»eMo(r .
14 VASO di terra, antico, d’ A emagna, figurato di varie Tede a rilievo,
che fingono Medaglioni , e di varii Makheroni , e fiorami . Vi fi leggono in due
lati alcuni caratteri Tedekhi dirìlievo, FVPANIQ SI LOTIN,. FVEO,..,
Hà il coperchio di (lagno .
15 VASO di terra cotta, in forma di Giaretto, col giro del ventre, e del
piede tutto traforato a triangoli, e quadrangoli , e punti: edipinto, e diftinto
a rombi d’ oro, e d’ argento . Sembra di Bolo rodo slavato , ma non vi s’ attacca
la lingua,
1 6 V ASO di terra cotta in forma parimente di Giarettò , col fuo coperchio,
e cinte, ò falce di (lagno; è lavorato di belle figure d’ Angioli, e fcherzi d’ ara-
befehi in campo fulvo, ò leonato, che altri chiamerebbe color di terra d’ ombra.
17 Due FIASCHI, lavorati nell’Inghilterra ,
18 Due SEPOLCRI antichi y
ig Diverfe VRNE SEPOLCRALI > di terra cotta . Le
20 Sedici LVCERNE, parimente SEPOLCRALI j quali cole qui non
fi deferivono, per favellarne a lungo tra le anticaglie Sepolcrali , ne’ quattro ul»
timi Capi di quello Libro , dove molte (e nc rappre Tentano in figura ,
De’ Vafi di Vetro ^ è di Crijlallot e loro materia lodata.
Cap. KXF,
I I^Opo i Vali formati òdi Metallo, ò di Pietra, ò di Terra, è di ragione,
JL^ che fi (oggiungano quelli di Vetro; perche il Vetro ammette nella (ua
compofizione, e Terre, e Pietre , e Metalli. De’ Metalli , come (opra notòlfi,
ove della Materia de' Vafi in genere fi favellò , anticamente vi concorfero i re-
crementi , che Loppe chiama il volgo ; delle quali (e m faceva il Vetro Offidia-
no. Delle Pietie v’entrarono, e Calcoli (plendenti, e piccole (elei (minuzza¬
te , e la Calamita medefima : in vece della quale a’ nollri tempi s’ u(a una Pietra
a lei limile , e che perciò da taluni calamita (alla vien detta , e da altri Magnefia ,
e dal volgo , con nome quindi corrotto , Manganefe i la quale fà il vetro chiaro ,
fe vi fi mette a proporzione , e , fe di vantaggio , lo tinge di rolTo . Sovente vi fi
fonde aaco il Criitallo, che pur’ è (pezie di pietra , e rende limpidiflìmo ciò che
fe ne forma . Delle Terre v’ hà luogo l’ arena bianca , & afpra , come quella del
Fiume Tv fi iojla quale fupplifce per gli (opramentoi/ati Calcoli (plcndenti,e fel¬
ci (minuzzate , altre volte polli in u(o , De’ Sughi Concreti , che pure tra’ Follili
5’ annoverano , vi s’ ammile il Nitro naturale , che per relazione di Plinio il vec¬
chio, fòla prima cagione dell’ invenzione di fare il Vetro. Conciofiacofachd
clTendo capitata nella Fenicia una Nave di Mercatanti di Nitro, e quelli (mon¬
tati al la foce dei Fiume Belo, che (corre preffo Tolemaide: mentre (parli pe’I
lido fi preparavano il pranlo, non trovando (affi per addattarvi (opra i Valida
cuocervi dentro i cibi , fi vaKcro delle glebe di Nitro tratte di Nave ; nelle quali
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s* appiccò il fuocO) c le fufc } e quella materia mifchiarafi con l’ arena fottopofta,
chcfeco filiqucfece,nefcorferoi rivi tralucenti del primo vetro, E di quell’
arena poi fi fcrvirono lungo tempo gli antichi per farne il vetro , In cambio del
Nitro oggi s’adopra il Sale per combuftione cftratto dall’erba Soda, eh’ è il
de gli Arabi , c Sale Alcali communemente vicn detto . Al che gentilmen¬
te allufeii Cavalier Teodoro, ove così ne defcrillc qucfto compofto .
Splendor y non fumo acquila.
Jiel foco il detrai egli e cofpicuo oggetti y
Denfti chiara y opacità lucente z
Sojlegno de la viftay '
T> ’ affuìpicAta man fulgido effetto ,
Di fervida Fornace opera algente.
Velame trafparente y
Corpo fottil y che la materia involve
D' erba (ombuiìa^ e d' arenof a polve y
2 Cosili compone la più Iplendida, ma inficme la più fragile materia de’
Vali, ed’ una infinità d’ altri utenfigli; ed è fpettocolo degno de gli occhi cu-
riofiil vederea lavorarla nelle Fornaci, come a Murano, & in Bologna, dove
chi vuole, perdirlo co’ verfi del P. deBuffieres,
— — Vifum implet , fpeSl atque liquentes
Fornaces , Vitrumque fluens , flammifque fubaeJam
Cry H alium y gj* mundum fragilem y & miracula fiFia.
3 Quantunque però fragile, non è Iprezzabile il vetro . L’agevolezza , che,
fulo, hà di vcftir quante forine può idearli un’Artefice, tutto invenzioni, e
prendere tutti i colori imaginabili , palcfandolo il Proreo delle Fornaci , addita
che non è minore il numero delle lodi, ch’ei merita, di quello delle figure,
tutto che innumerabili , eh’ egli può elprimere , addattandofi a tutte le forme , a
guifa della materia prima^ eiatrarparenzamaravigliofa,che in tutte conlerva,
lo rende degno del paragone delle più lucide gemme. Dicalo per tutti quel
Giobbe , che dal Padre delle Bugie maltrattato in più modi , in vece d’ una paf-
fibilità di vetro , mollrò unacoftanza di diamante, che gl’ ingiojellò la Corona
di Rè de’ Sofferenti : c meritò che per fuabocca parlafle i’ Eterna Verità . Ecco,
che lo paragona all’ oro , alle gemme , & a’ più fini colori dell’ India, mentre del¬
la Sapienza favellando. Non dabitur y dice egli , aurum pbryzum prò eà , nec
appendetur argentum in commutatione eyts'y non conferetur ttn^iis India colo-»
ribus y nec Lapidi Sardonycho pretioflfpimoy vel Sapphiro: non adaquabftut ei
aurum y vel VITRVM ,
4 Non fia perciò maraviglia, che in alcuni luoghi egli habbia incontrato
tanta fiima, che a prezzi ecceifi vi fia fiato comprato: raccontando Plinio, che
al tempo di Nerone due piccoli Bicchieri di vetro furono venduti fei mila Se-
ftcrzii , Nè molto differente pare che fuffe il di lui valore ne’ tempi di Clemente
Alcffandrino, che ne indica la ricchezza deir ufo, col dilTuaderneii lufio. Se il
fafio. Così tra gl’ Indiani d’ Occidente, fubito che vi fu eonolciuto, fù prefe¬
rito alle altre cole più care^ c comprati de’ Bicchieri con prezzi inefiimabili ,
5 Ma fe, fragile, fù prezzato tanto, che farebbe fiato, s’cgli era infrangibi¬
le, ò duttile, cornei metalli? Incontrava per avventura nella fiima univcrfale
deir oro, come giudicò S. Ifidoro , fe non l’ olcrcpaflava, come ne gli efempi ad¬
dotti . E fe l’ imaginò fin Tiberio , quel , più che Principe , Servo , fe non de gli
huomini , delle fue palfioni, anzi Bruto j il quale intendendo, che un Vetrajo ha-
covato l’Arte dei Vetro pieghe volere martellabile , lo fece uccidere, c
dilli-
l l S K 0 TERZO. CAR. 283
difnparne lé fqe operc^ acciò non fì pregiudicaffe a’ prezzi de’ metalli più nobi.
li , come notò Plinio : ò 3 come fcriffe il P. Bernardo Celio > auruf» prò Imo
kahretuvt ^ omnium metallorum pretia detraherentur ^
ò Ciò però non ofiante > notili pure per unica imperfezzione del vetro la fra¬
gilità, come appretto Mefomedone gli Epigrammi Greci , Quella ( oltre che ci
ferve di Specchio, in cui ravvilìamo la condizione delU nollrg vita « già che^
come cantò il Donnoli ,
Tragii vetro e la vit^^
£ foco il Cavalier Teodoro,
Sembra la vita bumana
Agitata dal Mar 3 N^ue di vetro.
& il F. de BuBìeres ,
rnmmm Mm* vf’trum efi corpus 3 v-olat ocpr^ur»
Vita hominis.)
più che abbondevolmente viene fupplita dalla facilità di fabbricarlo, c,fcli
rompe, rifonderlo , mentre , com’ efprefle la gentil Mula del Tepdoro ,
Egli, quantunque fralo.
Di riuntrfi entro a U fiamme ardifce 3
S* avvien pur che V divida urto improyifo,
7 Anzi tal nota non balla, non che a far degno contrapollo alla di lui limpie
dezza , a fcemar punto la pluralità de’ (uoi meriti , per la moltiplicità , e nobiltà
de gli ulì , a quali ferve , pretto che innumerabili , Contili per tanto chi può-, che
quando havrà mentovato una lunga ferie di Vali d’ ogni forte , e figura , d’ anti¬
ca , e di moderna invenzione : c foggiuntiy i i bizzarriffimi apparati di vetro , da
: poco in qua introdotti nelle Mente , c nelle Credenze ( e perciò non comprcfi
nel Trattato de generibus foculorum d’ Ateneo, e del nollro Stefano Negri)
quanto più fragile, tanto più belli, im&3 come direbbe un'Antico , qutbus
pretium fotoiat ipfa fragilitas : quando havrà raccordato, ch’egli , ridotto in
Jaflre , ò tonde * ò quadre , nubilmente fchermite dalle ingiurie dell' aria , fenza
impedire il trar fico della luce , e de gli fguardi , nelle fincflrej dirò che s’ è taciu¬
to il meglio; che molto maggiori utilità ne palefa l’Ottica, la quale lene gli
Specchi piani aprì tanti di Filofofia morale, infcgnanti la cognizione di fé mc-
defimo, come lopra moflròin ,enegIialirifpalancònnaScenadi ftravaganze;
da queflo, lavorato in Occhiali, vanta rifarcita la potenza vifiva in chi l'hà de¬
bole : e predica effetti delle lenti de’ Cannocchiali, e de* Microfeopii , tutti i più
maravigliofi progreflì delle Scienze, e particolarmente dell’ Aftronomia» della
Filofofìa naturale, della Medicina, e di molte Arti ancora, fatti nel corrente
Secolo, fcrtiliffìmo d'invenzioni, De’ quali Strumenti dell’Ottica» ellendofi
faveUacQ non poco , ove fi dcfcrilfero quelli ,che ne conferva il Mufeo , non al¬
tro qui ne foggiungo , c mi fermo nella dcfcrizzionc de* Vali di Vetro^ c di Cri-
flallo , che vi trovo, olfer vandoyi quelli ,
8 CALICE di vetro tòfia NAPPO antico, configutadi Calice, molto
grande, come alto circa mezo braccio, comprefovi il piede, c capace di tré
libre di licore. Hà la coppa fatta a molti angoli, come parimente è il piede|
il quale è leggiermente tocco , non so fc dall’ anuchità, ò da chi fcavòllo di fot-
terra, Alcuni letterati, che Phanno veduto nel Mufeo , fono fiati di parere,
che fia Monumento di molti Secoli, ufato già ne'Sacrifizii , Al che nèripu<«
gnQ,nè fòttoferivo, non havendonc per fiora prove fulficienti . Intanto non
dubito che in alcuni ^crifizii de eli Etnici non fiano fiati adoprati Vali di
vetro,
$ Anzi
fi. loe.citi
Caf. i.y c.g.
de Mtntr.
Ita 4.
L./^.jknth9l.
QA.^.%.
OA- 17. fs:
In Atferift.
fajil. Lfig4‘
04. r4.'
Mig. Crem.
Itb.dt oìmio
vìrae luxu ,
p. »57.05
fm»
'^4
Cenftff.p.^i.
Greg.
DtaU.i.e.’p
'^ant. Crcm
»»««. P. I.
P»g» ZIO.
Consti. l^oU
J.p. z6y.
23 Panttr.
})4ref. 34.
4*
feeder,
fotf.Od.il.
a8>
fjeptacttlà,
Cal*m. Au-
{ette. {.9-,
t84 E O COS PIANO
9 Anzi olfervo.che ne adoprorno anco i Sacerdoti Chriftiani della primitiva
Chiefa ; i quali non potendo per la povertà provederfi di Calici d’oro,e nème!-
no d’ argento , celebravano con i Calici di vetro , c di legno . Di che ne dà quaU
che indizio S. Damalo Papa, il quale nel fuo Libro Pontificale, fcrivendo in-,
compendiola vita di S,Zefirino,fimilmcntc Pontefice, notò ch’egli fedf co»f
fli tutum de Ecclefià,^ ut patenas vitreas mtnijlri ante Sacerdotes portarent ^dum
Epifeopus Mijfam celebraret^ E l’avvertì nella vita di quefto Pontefice anco il
Platina , noftro Scrittore Cremonefe , il quale di qui argomentò l’ ufo de’ Cali¬
ci di vetro t benché Emanuele Sà , & altri Cafifti ne deducano folo quello delle
Patene . Ma più chiara contezza ne dà S. Gregorio Papa ne’ fuoi Dialoghi , do¬
ve fa menzione di S. Donato Vefeovo d’ Arezzo inTofeana ( come infegna il
noftro Merula nel Santuario di Cremona) e Martire dacuifù colf orazione.»
reintegrato miracolofaraentc un Calice di vetro; il quale (come fi legge nelle
Note alla vitadi S.Zefirino , addotte nel primode'XXXVlI.famofi Volumi de’
Concilii , della Regia edizione di Parigi del 1^44. inf.) era flato rotto da gli
Eretici. ES. Girolamo, fcrivendoaRuftico, nibil, dide, ilio ditiustqui Cor^r
pus Domini canijlro vimineo ^ fanguinem portat in vitr». Simile teftimonianza
ne r ndcanco Cipriano Francefe , nella vita di Cefario Vefeovo Arclatcnfe, di,'
cendo , a» non in vitro habetur Sanguis chrijli? Fà pur menzione de’ Calici
di vetro S. Epifanio, riferendo che tale era quello, in cui celebrava Marco ,
queir infame Ercfiarca , che vide poco dopo i tempi de gii Apoftoli . Ed a Cali¬
ci di tal materia , non men capaci di quefto del Mufeo, perche alluda il noftro
Caravaggi ne’ Sacri Fafti, ove favellando di S, Giorgio Martire, dopo bave?
detto di lui.
T u vexilla regis fufo fìgnata cruore ,
In (juibtis (jr Palma cernitur ejfe jubar .
foggiunge immediatamente.
Pocula cernuntur nullis aquanda priorum ,
laque Dei cultu cernitur ejje nitor,
10 Ma perche la fragilità della materia di limili Calici era di pericolo , che fi
verfalTe il vino confecrato , a tal coftume derogò pofeia il Concilio Remcnfe ,
circa i tempi di Carlo Magno , nel quale fù determinato ut Calix Domini cuin-a
Patena, fi non ex auro, omnino ex argento fi.st , E Leone PapaiV. in unaHo-
milia della Cura Paftorale , che fi legge nel XXL Volume de’ Concilii, pag.75 o.
fcrifte . Nullus in ligneo , plumbeo , aut vitreo calice audeat Mififam (tgere .
11 NAPPO di vetro, portato d’ Amburgo, di figura cilindrica: in cui con
particolar diligenza dipinte fi feorgono moke Arme inquartate di Nobiltà Te-
defea. Vi fono cl prede da un lato con linee candidiflìroe, quefte lettere S. I.
C. V. B. C. e fotte a loro , , G, G. Dalf altro lato , l.G. D.A. H.Z. e
fotte a quefte, F.G. Quantunque però delicata quella Pittura,
non giunge ad uguagliare la delicatezza d’alcuna di quelle molte Pitture sù’i
vetro , che nella ricchilfima Galeria dei Palazzo del Sig, Macchcle noftro fi con¬
fervano
Irà /’ opre memorande
De /’ Arte,
che fono tante , che fottraggono alla veduta tutte le pareti . Congetturali opera
del Secolo padato, E perche quelli Nappi chiamanfi dal volgo Bicchieri . Non
è da tacerfi eder’ eglino così detti dal Nome di colui , cheintrodude l’ ulanzadi
bere in ghiaccio ; contro di cu i inforfe la moral Mula di Francefeo Camerano ,
Canonico di Ravenna , con quelli verfi .
7 ^ »
285
LIBRO TERZO, CAP, XKP,
Tu, Becher, à nequam. Italica frop aginis gmnis
Hau/ìHi rpbur f anguinis , atque meri i
"Barbara quique vitro pofuijìi nomina , (jr idem
Cacuba )unxifii cum nive ^ quam tuleras t
0' utinam , quando fas eli , 'uel ab hofie doceri ,
Potat ^ tn Scythico quifque falerna gela :
O utinam f altem Cytherea tepefceret intus,
Orgiaque in fedis plus verecunda forent ?
Crefcit at ufque fitis , glactefque regurgitat ignem ,
Nuptaque )am capra eli, nuptus & ipfe Becher .
la Due VRNE di verrp, con figura di que’Vafivoigitri, che Boccali s’ap<p
pellano , fegregace perp dalla plebe de’ Vali per Fantichjtà loro , e per l’ ind^-
ftr ja dell’ Arte , che le dipinle a fiori d’ oro in campo di colore posi bizzarro, che
milato nel di fuori, appare nero , e nel di dentro de^ Vali fembra , & è rodo , in¬
clinante a quello de’ fiori delle fave , lenza pregiudizio della naturale diafaneità
del vetro , A^ifizio , che fimilnjentc fi feorge ne’ loro coperchi , che fono della
ItelTa materia,
ij| VASETTO di Criftallo di Monte di figura quadrata oblonga, alto quat¬
tro dita , e due largo per ogni vfrfo , con orifizio angufto , ferrato da un piccolo
cilindrp pure della ftell^ materia : che reca non pòca curipfità , racchiudendo \
nella fua cavità un pezzo di miniera pelante , affai maggiore della bocca del Ya- \
fo . Della quale miniera fi fece menzione di (opra nel jLib. II.
14 Colle precedenti larebbono da delcriverfi altre manifatturedi vetro^chc
accrelcono il numero delle Cole del Mufeo, le, così fuffero principali, come ac-
cefforie. Tali lonp le CAMPANE, le CASSETTE, & i VASI di varie
forti, c figure, che fervono alla cool^ervazipne delle più gelole galanterie del
Muleo , Che però tralalciatc quelle fi palla a favellar de’ Vali , & altri Artefatti
di Vegetabili, e diparti d’Anifnali: npn elcludendofi inunto dal genere de’
Vali dì materia Foflile la
15 SCQDELLA d- AMBRA, che qui fi vede gentilmente lavorata. Ol¬
tre ja quale vi lonp della ItelTa materia diverlc Glebe, divenute Sepolcri d’ani¬
mali , mentovati di lopra nel Libro I. cap. XIII. num. 2. 3. 4. e nel Libro IL cap,
XXX. num. 4. & alcune manifatture, cioè DATI, e SCOLTVHE» che altro^
ve a iuoi luoghi fi mentoveranno .
Pe’ Vaft altre cofe artifz>iofe di legno, e altre parti di Vegetabili ,
Cap. IIXVL
I A’ Vafi di Vetrp a quelli di Legno ci moftra dicevole il palTaggio la
1 3 Soda , che loia de’ V egetabili concorrendo alla compofizione di quel¬
lo fé dir ne a quel Posta a quello prpppfiip. opra citato, chetai compollo
— — — — ' — la materia involve
p ' herba pombusia, e d' arenof a polve .
2 Sembrava angulla all’ induftria di formar Vali, la sfera de’ Folfili ^ onde le
piacque di tralcendere a quella de’ Vegetanti , che , quantunque meno ftimata ,
pur’ è d’ ordine fuperiore . Nè in quella inateria Icorle minor dilppftezza , che
in quella , per pigliare tutte le forme , le non per fufione , come le cofe metalli¬
che , per intaglio. Anzi le quella le riulciva, ò troppop|teziola,òtroppo|ra-
gile, fperimentò quella da tali ecceffilontanilfima, È le di quella non poteva
far Vafi, che di raininìa,ò al più di mediocre capacità: di quella, che da Chi-
nefi'
Alv.Semei.
da Hiji.
Ctitntt, />,j,
faf-ii.
Strab. /.3,
Qtogr,
^rSBO CO SVIAI^O
nefi per quinto elemento , come pure del metallo fi difle, viene ammelTa % nc fab¬
brica di così grandi, che Strabone potè paragonarli alle Stanze delle Cale , c
moftrarnc il vantaggio, notando d’ alcuni d’effidcftinati al vino; quanta fit
•vini uhertas , va/a ipfa pronuntiant ; e lignis nanque fabricata , domiciliorum
magnitudinem excedunt , Anzi fé per Vafo vogliamo intendere qualunque ftru-
mento di capacità , effcndo tali le Navi , potrà dirli, che l’Arte fabbrichi de’ Vali
di legno grandi non folo come le Stanze , ma come le Cale medcfime , e cóme i
Palazzi, per non dire co’Poeti facilmente iperbolizanti, comeCaftelli,e Cit-
tadi , ò come Ifole . Ma lafciamo quello alla Nautica , di cui s’ è favellato , ove
le cole , che tiene il Mufeo a quella fpettanti fi fono delcritte : e quelli rinunzia-
moli alla Reggia fotterr anca di Z/>tf,comclachiafnaPacePafiniinquclIaCan-
zone intercalare , che incomincia
Hoggi il Sol da I' Orizonie
Sorge lieto a' fuoi viaggi ^ cfr,
cfcrmianci in quelli del Gabinetto delle Mufe: che così col gentilillìmoD. Ani*
tonio Mulcettola in un libro di quello titolo , in cui fi fà duce il noflro cordiali!-
fimo P.Aprolìo, potiamo chiamare il Mufeo: elfendo quelli fegregati dalla
plebe de? Vali , come ragguardevoli , ò per l’ artifizio , ò per l’ antichità , ò per la
materia efotica : e perciò degni, che fe ne imbandifca una Tavola alla cunofità
de’virtuofi. Ed eccoli.
3 PIATTO di legno, diduc palmi di diametro, di fingolar fottigliezza,
comechefembridi carta, vagamente dipinto,
4 FIASCO fatto d’ una Noce d'india.
5 Due VASI, ò PISSIDI tondcjco’loro coperchi, formate di due Noci
d’india.
6 BICCHIERE purefabbricatod’unaNoced’India.
7 NAPPO in forma di Navicella, fimiimente cavato d’ una Noce d’ìndia,
col coperchio della llelfa materia , intagliato con una Croce di bel lavoro ; ope¬
ra fatta nell’ India per mano d’ artefice Chrilliano , d’ indullria confidcrabile .
8 NAPPO di legno Indiano, in forma fimilmente di Navicella, ma di lun¬
go rollro, con le due fponde eguali, e quattro gran colle pe’l lungo nella cari¬
na . Egli è lungo cinque oncic , largo tré , & alto altrettanto . Il legno è limile
a quello della Noce nollrana.
9 TAZZA di legno, fabbricata nella Mofeovia, con figura di lucerna pen*
file, lenza coperchio, proveduta però di piede nel di lotto, e di manico daun_.
lato. E'così leggiera, e fotciie,comeicfuire di fottiiiifima feorza di cocozza
lecca.
10 SCODELLA di legno fimi'mentc di Mofeovia.
11 CVCCHIARO, c FORCINA di legno, fatti d’ un folo pezzo, con¬
giunti nell’ cllremità de’ manichi con un’ annello cavato fuori del mcdelìmo le¬
gno, ma così dillinti,che l’ uno potrebbe adopraifi lenza, che 1’ altioimpedif-
fe.I manichi figurano due meze Statue di donne abbigliate alla Tedefca.pcr
indizioche il lavorìo èd’ Alcmagna.
12 Quattro CV’CCHIARI Turchefehi di legno, dipinti di rollo, con mac¬
chie folche , e manichi lunghi , quali il doppio de’ nollrali .
13 CVCCHIARO di bocca llrettilfima , con cui li Segretarii de’ Principi
^Turchi mettono l’inchioftro nc'loro Calamai,
14 Altri CVCCHIARI, ma d’altramateria, comedi PietraSerpentina, fi
fono mentovati tra* Vali di Pietrai c d’ un’ altro, eh’ è d’avorio, fi favella nel
Capoleguentc,
15 GVAI-
LIBRO T È \ Z 0. CAB. XXin. 187
15 GVAINA antica di Bollo, capace d’ una fama di col elio lunga un palmo,
più che per altro, ragguardevole perrartifizio, concui /ùlftori^ira di varie fi¬
gure facre, intagliate in elTa con marayigliofa, delicatezza. Tra quelle, in una
nicchia figurante un’Ancona , v’ è Chi ilio CrocefilTo . In un’altra fi fcprge , mi-
ftcriola figura del rnedefimo, il Serpente di bronzo, collocato /opra illegno, ,/?«». ?r.
eretto da Mosè nel deferto , colie imagini de gli Ebrei languenti , che i’ adorano,
e de’ loro padiglioni in lontananza. Del qual’ Emblema laReligipfa Penna del
P.p.Gio. lacòpo Rodi Bològnefe, de’ Canonici Regolari di S. Salvatore, ci
lafciò quella fpiegazione, che fi legge jn un libro manufcrittode’fuoi Epigram¬
mi , che cpnfervo , per publicargli forfè una volta . r b
Dum fa.cer in fucris Serpens fupereminet aris ^ , t .j.ep.14
Mitis y (jr immani conditur angue Deus :
Accurrit gelidis agrum moribunda venenis
Gens i cujus pellit toxica quaque Deus.
Sic Chrifium quifquis Crucijixum refpicit , hujus
T ttm valet afpeSlu , tu?n fceltts omne fugat .
Sotto qucflalftoria fu efprelTo il profpctto di Ninive, e^come cantoil noflro v
Celare Porta , . * Vttady^.
Giona tngiottitOy e al fin dal Pefee efipofig. Hemob.(t.9z
Sotto ilGrocefìflo in un’altro compart.mentov’è figurato S. Paolo rifufeitante
alla prefenzadimpltagente il morto Eutiep, caduto dal balcone, in cui s’era
addormentato, mentre il Santo dìfputa va in Troade, coinè fi legge ne gli Atti jq,
Apoftoiici; Sptroilquadrp di Giona vene hà un’altro col Saprifiziod’Abra- Gen.zu
mo deferitto nella Genefi . Sotto la Rifurrejsipned’Eutico v’è la moglie di pu-
tifar, che indarno tenta il callo Gfufeppe; e la materia, in cui quelli è figurato ,
cITendo pallida, rapprefenta benilIimpcip,chen’efpreffeamicaMufa,lodando
la Conaèdia latina di Cornelio Croco (opra quefto argomento, cioè
Palluit ifacida Proles caffiffìma cacti L. Ltg. in
Diffugiens tnanibus folicitqntis Mgra. Adien.Pett,
Da un* altro canto in pù riparti figurata fi vede Tllloria del Figliuol Prodigo,
che nel primo fi mira chfdenre la fua porzione a! Padre, e ne’ due fulTeguenti fefm.if.
confumantela in conviti, danze, & amoreggiamenti : nel quarto comparti¬
mento fi vede ridotto al verde «pallore mefchinilììmo di Majali : nel quinto pen¬
tito, e genufleffo inanzi il Padre, chiede a lui il perdono, e T ottiene» e n’ è ac¬
carezzato. In un’altro fono rapprefenuti li due Giovani Ebrei, che portano
pendente da un groffo baflone lo finifuratp grappolo d’ uva recato dalla Terra di
Fromillìone. Altrove Balaamo, inviatoli a Baracco Rè di Mpabbe, cavalcala
fua Giumenta, la quale «quantunque da elTo due , e tré volte percolTa col baflo¬
ne , mpflra di non voler voltarli doy’cgli vuole, come fpa ventata dalla prefen-
za deir Angelo , che fe li fi incontro colla Spada sfoderata nella delira , ìn atto ,
c con difppfizioned^ uccidere il Profeta, per la difubbidjenzaufata a Dio, co- ^„^,.22:
me fi legge ne’ Numeri. Del qual fatto ia gentil Mula del Cavalier Teodoro
nella fua bcllilfimaCanzpne (opra il Tamburro , riflettendo a quello Quadru¬
pedo , ne cantò ,
Dehnqut forfè quando 6.7.
Kjì danno altrui ^ contro il voler divino
Per vietato fentier prefe il camino.
Cosi pens' iOf ne par mi
Prodigìofo evento',
che non reBaJfe /pentii
i?8 M y s E 0 C 0 S P I A N 0
Stupifco ben del Cherubino a V Armi ^
Del Profeta homicida
\ Treno /’ impeto infano^
Quando diflefo al piano -
, DiBinfe gli urlii articolo le flrida :
Fatto a la propria guida
Hibello t attribuì Popolo immenfo
Al fuo (orfo rejlìo fallo pretenfo,
Xn altra parte finalmente v’ è figurato S. Paolo predicante a Popolo nuroerofo'
Così r artefice, moltiplicando i fegni di religione in uno ftrumento anzi da
guerra , che da pace , parve additar che la guerra deve effere diretta folo alla di-
fefa della Religione ; eriftringendouno,anzi più Popoli di figure diftintilfime
nell’ anguftafuperfizie di poco Boffo, portò lo Scalpello a gareggiar di gloria
con quella Penna , che in una piccola Noce feppc farcite eapiffe la grand’Iliade
d’ Omero j anzi s’ altri finfe gli huomini trasformati in piante, deludendo le fa*
vole,moftrò lenza finzione, eh' era infua mano il cangiare con più firana me-
tamorfofi le piante in huomini . Che però a gran ragione Artificis manum adeo
peritam, come d’altra Guaina pure di bollo, ed’ artifizio fintile, c forfiancodi
mano dello fteffo artefice, Iftoriata d’altri Fatti del Vecchio, e Nuovo Tefta-
mento , notò il Vormio , mirantur omnes , quotquot opus •viderunt, artis
fi IO. p-374* fculptoria periti,
t6 SALIERA nobile di Goa> in fembianza di leggiadriflìma Torre, fab-
bricatadi legno , non men leggiero del Severo, ma così gentile, e polito, che
non lacede all’ Ebano, cui imita beniffìmo ne’ cavi, che ci fono. Si divide in
quattro parti . La prima , che ferve di baie quadrata a foftenere le altre , (cavata
nel piano di fopra , per ricettarvi il Sale, non è punto difflmile di figura dalle più
tifate Saliere d’Europa , Sopra quefta bafefi pofa la feconda parte, eh’ è un gran
Cilindro , nella fomm’tà (cavato inguifa, ch’egli folo potrebbe fcrvirc diSa-
liera. Sopra quefto s’ircaffano le altre due parti, confiltenti in una Cupola,
deftinata a ricettare il pepe, col fuo coperchio. Sembra tutta quefta fabbrsca
comporta di gioje , mt ntre nel di fuori rutta è incroftata di minuzzoli di Madre-
^ ^ perla, e Gajanda,ò diciamo Conca del Nautilo della feconda fptzie affegnata
Ariftotele, cemmeflì con certa parta neriflìma, nell’ ofeurità della quale
meglio campeggia la lucidezza di que’ brillanti frammenti . Altrettanto nera è
la vernice data alle di lei cavità , che non folo fà fembrar , come fi difle , ebano
politiflimo quel legno , ma di vantaggio rende la di lui fuperfizie così lucida,
che vi fi può fpecchiar dentro, rendendo beniffìmo 1’ imagine di chi vi mira,
non altrimente che facciano gli Specchi ufati nell’India Orientale: uno de*
quali ampio, e maeftofo fi vede nella Galeria domcftica delSig.Marchcfe: a
cui fei ve di terfo criftallo la fola vernice finiffìma , e nera , come quefta , diftefa
fui legno. La quale per avventura è fatta con quella forre di gomma arborea,
OlVorm.h-4, che iChinefi chiamano C/è, «Sci PortoghefiO^iA-ii^sdal Trigautio detta impro-
?. priamente Bitume, nafeente come natail P.Chirchero, nella ProvinciadiC^e-
Xtrchchtn. e che non folo per tutto il vaftffimo Imperio della China, ma eziandio
^ lìo P^**^^* circonvicini fi fmaltifce in gran copia a quefto effetto. Altri chia-
X. 4. Pbar. mano quefta vernice , {t'pni'cìàVCiedeiLwaZìCharannotòCarannai e loSchro-
macop. Afe- kordero la defcri ve fatta d’una forte di refina confimilc alla Tacamahaca; di
cui vedono vernicati alcuni Vafi della famofa Galena del Sig. Manfredo Setta-
fap la. Ha poi per queftaTorre tutti! contorni meffì a oro, con bellilfimifiegi. Il
ir 12* più valente Ebanifta d’ Europa , forfi non np lavorerebbe una più bella».,
E'pre-
LIBRO TERZO, CAP, XXP^l. 289
E'pregiatiflimo dóno del Serenifs. Card. Leopoldo de’ Medici , dalla cui iibera-
Iitàin quello genere di cole Indiane, riconokc il Sig. Marchele anco lo Spec¬
chio fopramenrovato , e con elio ancora una fuperbifiìma
1 7 COLTHl LIBRA della materia, & artifizio medefimo, contenente quat-
tordici Coltelli di finiflìme lame, con manichi per eccellenza intagliati: quale
pure conlervafi nella di lui Galeria tra le altre cole fingolari,e potrebbe una vol¬
ta trasferirli nel Mufeo .
18 Altra SALIERA, nondi legno ,madirame, d’antichità, e d’ artifizio
{ingoiare , fi defcrilTe più addietro tra’ Vali di metallo .
19 TABACCHIERA cavata d* una Callagna d’india.
20 FIASCA antica da munizione, fabbricata d’una Noce d’ìndia. A
quell’ordine di Vali di legno ponno ridurli ancora gli
21 Due VASCELLI piccoli, con tutte le loro attinenze, come fi vedono
nelle Navi maggiori , deferirti ove delle Cole della Nautica fi favellò ; e le
2 2 CASSETTE , con entro , e fuori dilegnatevi diverle maniere d’horiuoli
a Sole, deferitte nel proprio Capo de gliHoriuoli, Ma più in acconcio per
quello luogo fono
23 Due SCARPE di legno, compagne, d’artifizioTurchefeo, che qui lì
vedono, fatte non per ufo del piede, ma della bocca, per lervire a’ Barbari di
quella Nazione di condegno Nappo da bere.
24 Cinque CARICATORI d’ Archibugio antichi, fatti di Canna, armata
di piombo: la bellezza de’ quali confifte nell’ edere quelle canne intagliate a
bollino di varie figure non men belle , che fc fuffero in rame . In uno fi vede una
Porta di Città , da cui efconoalcuni Soldati a Cavallo , con prolpetto di monti ,
c d’ alberi : In un’ altro fi Icorge un Palazzo , con varie Cale , e Paelaggi , e cac-
cie , con diverle figure d’ huomini a piedi , & a cavallo . In un’ altro fù elpi ella
la veduta d’una Città, con laRocca, per lacui Porta entrano Soldati aCaval-
lo . Che quelle galanterie vengano dalla Cala de’ Medici, da cui per Madre di-
feende il Sig. Marchele, n’ è indizio uno , & è il quarto, incuiv’hà l’Arma in
piccolo della Cala , con lettere , che dicono FR/INCISCFS MEDICLS . Sotto
le quali fi vede una Cala con varie figure , dinanzi a cui mirali il comba'timento
d’ un Gigante con un Cavaliere. Nell’ ultimo v’ hà l’Arma di Cala Medici in
grande , col profpetto della Città di Firenze. Legati in un cinto, fe fi muovono,
dellano quel mormorio olfervato dalla Mufa guerriera del Benamati, ove deferi-
vendo i Molchcttieri Spagnuoli cantò a quello propofito ,
Cm rara maejlrtay con moto audace
Su le fpalLe i Mofebettt alzan cojloro ,
E le Eiafchey in cui dorme infernal facCy
DeHan sii ' l fianco un mormorio /onoro.
25 Nè fuori de’ Vafi mancano altre CUI iole MANIE ATTVRE di LEGNO,
meritevoli d’ elTere qui ollervate , come le leguenti ,
26 BILANCIA di legno, ulata ne’ Paefi’del Turco, per pelare li Medini, che
fono Monete di . Ella è compolla di due pezzetti di legno quadrati, com-
mefiì infieme in maniera, che formano come una Croce, la di cui parte trafverlale
affida all’altra, mediante un perno è mobile : e fopra un capo di quella , alquanto
Icavato , e formante quali una lingua, fi pone il Medino, che viene contrapefato
dall’ altro capo di quel traverfo,ci.e tanto è più groffo, e più ponderofo deli’op-
pollo , quanto balla a tenere in equilibrio quella Moneta . Fù portata dal Cairo .
Nella Città di Gicrufalemme ve ne hà in tutte le botteghe . Vn limile Strumento
fù defer itto dal V ormio nel luo Mufeo, lenza che del di lui ulo pronunziane cola
alcuna di certo . Bb 27 CAS-
VitU Nav.
iib. 2. jS.
Z. 4 Mul.
Ì9Ó Mf^SEO COSPÌANO
27 CASSETTINA di legno Indiano, figurante due Cerere commeffe nel¬
la fommità de’ manichi , dipinta di vernice di color giuggiolino . Contiene que-
fta, meritevole d’ cfTere qui defcritta , fe non per la materia, che appartiene ad
alfro luogo , per l’ ufo , fimile a quello della precedente , una
2S STATERA CHINESE, colla fua lance rotonda d’ottone , fimilc a
quelle delle bilancie noftranc deftinate a’ pefi minuti , foftenuta da quattro cor¬
doncini di feta , uniti infieme , & attaccati al manico , che per la lunghezza di tré
oncie è armato d’ una cannellina d’ ottone , grolla non più del nodo d’ una pen¬
na d’ Oca , da cui efee il reflante del manico , tutto d’ avorio , che di poco eccede
la mentovata groflczza , d’ una penna da fcrivere , e s’ allunga di vantaggio fette
pneie in circa , c fìnifee in una cftrcmità molto acuta , Egli è legnato di tre oidi.
nidipunti;ilprimode’qualiordini,ch’èpiù lungo de gli altri, come quello,
che principia più vicino alla cannellina d’ottone, contiene ottantadue legni,
diflinti a cinque a cinque con due punti traverfali , c con quattro a dieci a dieci ,
molto frequenti fino a’ cinquanta , c da indi in poi , più radi . Il fecondo ordine,
parallelo al primo , 8c al terzo , & in diflanza loro eguale , cominciando cinque
legni più lontano del primo dalla cannelli na d’ ottone , contiene dugento dieci
note diftinte con due punti traverfali a cinque a cinque ; con cinque ad ogni
venticinque, e con undici ad ogni cinquanta: E fono quelle mojto più vicine
runa all’altra,chcquelle del primo ordine. Il terzo, direttamente oppofloal
prim’ ordine, comincia quarantadue note più addietro del fecondo, e contiene
centotrenta legni eguali a quelli del fecond’ ordine fino al numero di cento, c
nel reflante più radi , diflinti parimente con due punti traverfali a cinque a cin¬
que, con tré a dicci a dieci, conici a cinquanta, e con più a cento. Hà illuo
Marco, ò contrapefo tutto d’ ottone, quadratp bislungo. Il P. Mencftticr della
Compagnia di Giesù , letteratodi dottrina, e di memoria prodigiofa , ritornan¬
do dal Collegio Romano, nel pafTaggio che fece per Bologna , vifitò le Cole de!
Mufeo , e veduta quefla Statera , mi Ipecificò tré forti de’ luoi pefi , dicendo che
il maggiore fi chiama Cani, e contiene vinti oncie delle noltre-, il mezzano,
Mazì , e leva due oncie nortrane, come che un Catti faccia dieci Mazi i il mini¬
mo , Conduri y che pela una dramma , emeza, c grani lei de’noftii, e dieci di
quelli pefi fanno un Mazi . Vfanoquefla fortedi Statere i Mercanti Chinefi, por¬
tandole nella fua Calla appefe alla cintura, per pelar l’ oro, che tirano, come no¬
ta il Vormio , che ne deferive una con quelle parole. Bacillus eburneus feptem
unciarum longitudine y crajfitie penna columbina , ptinSfis , ó" lineolis accura^
tiffìme, ò' minutilpimè dcpinSfus ex altero extremorum lancem t arvam aneam
dependentem obtinet , cui ponderandum aurum tndittir , quod expendit pondus
anetim quadratum yfeu potius teffellatum , quod filo fufpenfum tranfiurrit li~
neas , éf punii a in baculo fignata . Huic autem ponderi in duobus amplioribus
laterthus infculpta fiunt punii a quinque , in angufiioribus tria . T otum vero
pondus drachmam unam , cum ficrupolts duobus pendet . Vniverfia hac fabrica
theca lignea clauditur , figura cochleare ferme referenti , in cu\us manubrii
extremo clavus ejl , circa quem volvitur operculum , ubi aperitur , aut clauditur .
Terunt Sinenfes Mercatores has libellas ad cingulum portare , ut oblata numif-
mata iis ponderent , de pretio fiatuant .
29 GLOBO di legno, diligentemente lavorato al forno, con molti occhi, ò
pertugi ródi, per gli quali fi vede,che coticne un’altro Globo fimi!e,poco minore
del fuo continente : ed efio parimente pertugiato fi fà conofeere gravido d’un’al-
tro Globo, non rotondo , ma moltilatero . E tutti c tré cavati d’ un folo pezzo di
legno ,nel numero , e flrutcura loro palefano la perfezzione dell’ Arte , che feppe
concepire i due ultimi nel primo, per partorirli alla maraviglia. 30RO-
L I ^ K 0 T E \ Z 0, CA?. XXFL 291 ’
30 ROTA di legno, di diametro quafid’ un palmo, con artifizio tale fabbrii
cata , che ftà ferma in un punto , ancorché ineguale; anzi fituata » che fia in un_,
tal modo particolare, mediante un’ ordigno pefante inferitogli io una parte del¬
la circonferenza , che la fi muovere verfo dove il pefo inclina da fe fola afcendé
in un piano inclinato , ai contrario delle communi, le quali per la facilità di cor¬
rere al ballo diedero luogo al proverbio efpreflb da Bernardino Ruugta in quel
Lubrico, ut Rota currit aSta clivo.
Onde qui tienfi in iftima dovuta ,
a gran Ruota, a cui Bupendo il moto
Porga d ' arte fublime ordigno ignoto ,
La bizzarria del qual moto , fe pare eh’ efprima quel fentimento d’ Orazio I
Nitimur in vetitum femper, cupimufque negata,
non lafcia d’ accennar, che ad alto devono vergere i moti della Natura Humana ~y
che pure fù parsgonata ad una Rota da quel Poeta, dicui nella Prefazione del
Giudice Criminaiifta d’ Antonio Maria Cofpi da Santiano fi leggono i feguenti
ver fi Natura Hominis e fi Rota: vix tenere pojjìs.
Sic in fe ruit, irruit, involvitur , urget.
Comunque fiali, ella è manifattura ingegnofa del Sig. D. Teodoro Bondoni,
Fiorentino, Secretario del Sig. Marchefe,eCuftode di quello Mufeo: il quale
in quella Rota fallente ftabilì un teftimonio della fua lodevole induftria ,
gl PETTINE antico di legno, di grandezza non ordinaria, come lungo
fette oncie,e largo cinque, ragguardevole non tanto per l’ antichità, che per
r arte , che lo fegnalò di bellilfimi intagli , i quali paffano da una banda all’ altra *
Vi fono intagliati anco alcuni caratteri , che fembrano Tedefchi antichi , perche
ficongetturi lavoratone!!’ Alemagna, quantunqueportato di Candia.
32 Altri PETTINI, perche non di legno, ma d’ olio di Pefee, fi deferivo^
no nel Capo feguente trà le cofe artifiziate di parti d’ Animali .
33 GRATTATOIO. Così chiamo uno Strumento di legno ufato da Tur-,
chi per grattarli le fpalle. Egli è qualche poco più lungo d’un braccio; lar.go
un’oncia, alquanto incurvato, con nei fondo da quella parte alcuni tagli perii
lungo , & altri pe’l traverfo , i quali fanno emergere alcune punte mediocremen¬
te acuminate, che guidate fopra la cute fervono a cacciarne il prurito . Qual
forte di Strumento ufavafi anco apprelfo gli antichi Romani , e chiamavafi
di cui s’intende Marziale in quello dillico.
"Defendet manus hac fcapulas mordente moleUo
Pulice, vel fi quid pulice fordidius,
fopra il qual luogo notò il Farnab o , ch’egli era InJlrumentum , quod , qito mdi^
nus non pertingebat , manus vicem fupplebat ad pruritum /capularum fricant
dum , atque /alpe ndum , Vn’ altro Sti umento di limile ufo fi vede nel prollìmo
Mule dell’ Aldrovaudi , ma quegli è più largo, e traverfalmente incavato nella
parte concava dal fommoall’imo .
34 Due CATENE di legno, lunghe un braccio, dì quindici annella per cìaf-
cheduna, cavate tu te d’un p.zzo per manod' Artefice Turco molto ingegnofoJ
35 LAVORIO fottililTimoTedefcOjCherapprelentaun Tempio, fatto per
mano d’ un Mirmecide Tedefeo .
36 Altre Manifatture minutilfime, non indegne de gli Scalpelli d’unCalli-
crate , perche non di legno , ma fono d’ avorio , trà le cole d’ avorio in apprelfo
deferì vera nfi.
37 MOLINELLO di legno in un’ ampolla di vetrod’orifiziocosìangullo^
eh’ è impollibi le, che per elfo fia entrato intiero quejlo lavorìo , ma è nccelfario ,
B b 2 che
L.Epigr.fi
miht 46.
Bcnam. Pie.
Nav.
inAtPì
Martial.
l, 14* op, ^3.
%9t M y S E 0 C 0 S P 1 A N 0
«he vi fia (lato introdotto a parte a parte, c quelle pofeia colà dentro meflic in»
Geme nella maniera , che al prefente fi vede ,
38 Tra le Manifatture nobili di legno mcriterebbono parimente luogo il
ZOCCOLO SOLARE; il SOLARIO CILINDRICO, & altre cofedi legno .
deferitte tra gli Horiuoli , e gli Strumenti Matematici , Aflronomici, e Geome¬
trici, e tra le Armi: comefìmilmente potrebbono connumerarvifi gl’ IDOLI,
eie STATVE, i CALCOLI del Giuoco di Pitagora le MEDAGLIE di
legno coniato . Ma perche di quelle fe ne tratta altrove , non fe ne dice di van¬
taggio iu quello luogo ,
39 MANTILE, come lo chiamarebbe il noftroP. Botti, che fi ferve di quei
. (lo vocabolo, ò TOVAGLIOLO di Fernambuco; ordito , e teffuto di fibie
(corza di Palma , fe più tofto non fono della corteccia efleriore della Noce In¬
diana, che altrove diceffimo ridurli in tele: e non per tanto di fattura Zotica ,
ma molto gentile , come quella , che da un lato emula il velluto a pelo , e dall’ al¬
tro i damalchi , Se altri drappi, che chiamiamo fatti ad opera . Co’ Fagiuoli Co¬
rallini altrove mentovati lo portò dall’ Indie Orientali un Padre de’ Minori Of-
fervanti,chemorìinCaflelS. Pietro; e me ne fece un dono una fua Nipote,
mentre io ferviva di Medico quella Communita.
40 Diverfe altre Cofe fatte di Scorze d’ Alberi , e d’ altri vegetabili fi deferif-
fero tra Volumi , Carte , e Scritture Efotiche , nel Cap. IL di quello Libro .
De* y^Jtf altre cofe artificiate di farti d* Animali,
Cap. XXVII.
I 13 quanto ampia fi feorga la materia de’ Vafi ne* Follili, e ne’ Vegetabili,
Ml non perciò s’è fermata in effa l’induftria di fabbricarne,ma paflando a più
alto genere di Midi s’ è compiaciuta di trovarne fin ne’ corpi de gli Animali per¬
fetti. Troppo limitata parevale la fua giuridizzione, riflretra nelle produzzio-
ni della Terra in(enfata,fe non la Rendeva a quelle delle minere della vita . Sem-
bròlle forfi più facile a vivere per benefizio dell’ Arte quella materia, che un
tempo vide per opera della Natura; fenonpiùtoRopretefe d’introdurre ella
coH’artifizio la vita là, d’onde n’ era Rata (cacciata dallaMorte. Comunque
fiali , non prefe ad incrudelir ne’ Cadaveri , ma a rianimarli ; e gli effetti paleior-
no , non che innocente , vitale , quella invenzione , che per altro poteva Rimarli
crudele . Così tralfe lode , donde pareva , che dovelTc rifultarlene biafimo ; e fe
ne pregiò con ragione , s’ella in ciò imitava la Natura medefima , che gli fù Mae-
RradiqueR’ Arte, fuggerendogli tante bizzarrilfime idee di Vafi ne’ Corpi de
gli Animali , e particolarmente nelle Conche de’ Tefiacei ; anzi coRruendo ella
Relfa tanti Vafi, quanti fonojgl’individuidi quelle . Onde per Vafifaiti diparti
d’ Animali potrebbono palTare tutte.
2 Le CONCHE de’ TESTACEI del Mufeo nel precedente Libro in XII.
V rup i deferitte, & intanto connumerate fra le Cofe Naturali, in quanto vi fi con¬
cai 2. *4 fiderorno come Opere della Natura. Che fe più al lavorìo dcH’Arte , che a quel-
tneiuf. Jq Natura fi folle badato , giuRtimente potevano tra le Cofe Artifiziali ha-
ver luogo , e qui deferì verfi .
3 Le TAZZE, e NAPPI divcrfi,fabbrlcatidalle CONCHE de’ NAVTI-
/.2 LI, della CHIOCCIOLA RVGOSA MAGGIORE, della CHIOCCIOLA
NAVTILITE PERLATA, c delle CONCHE MARGARITIFERE, contan-
tnaeRrìa lavorati, che potrebbono accrefeere fuperbia , non che recar pompa,
n.it, alle Menfede’Principi anco più grandi. Ma come che di queRi Vali s’è detto a
baRan*
tIBKQ T E K Z 0. CAP, XXHU 2~9S
baftanza ove fi dcfcrilTero le Conche » di cui furono formati , non altro qui fe ne
foggiunge. E la medeiimariflellìone faceva appartenere a quedoCapoia
4 TAZZA d’ ofito di Balena , di due palmi di diametro , di cui favellòlTi di fo-
pra nel Lib. II. Cap. il. nu. 8. & il
5 BICCHIERE principiato, ma non finito dicavarfid’unCornodiRino»
cerere . De’ quali Vali qui non altro fi nota, perche miglior* occafione portò il
dirne quanc’ occorreva , ove fi favellò de gli Animali , di cui furono parti ; e per
non replicarne ilgiàdetto, efoddisfareinfieme alfefigenza di queftoluogo,
badava il femplicemente raccordargli , Ma offerviamo le opere della Induftria
humana in quedo genere, confervate nel Mufeo, e non altrove raccordate.
Qyede fono
<5 V ASO d’ avorio con tanta bizzarria di figure Geometriche , e di rofe tor<-
nito, che può meglio ammirarlenc ,che deferi ver Iene l’artifizio . E’ capace di
circa tre libre dilicore, havendo il di lui ventre cinque onde di diametro, e
dodici di circonferenza ; comprefo il piede, & il coperchio, alto nove oncie.
Il pezzo , di cui fù cavato , non poteva pelar meno di quìndici libre .
7 VASO d’avorio, configura di Calice, ma col coperchio, ch’è fimilea
quello delle Pilfidii il tutto d’ altezza d’hn palmo, emezo, lavorato al torno*
ma con tal finezza d’ artifizio, ch’è ridotto allafottigliezza della carta: onde
trafpare in guifa ,che poftavi dentro qualche Seri: tura, fi legge nel di fuori fenz*
alcuna difficoltà. Pela mez’ oncia, e pure il pezzo, di cui fu cavato, non era
meno di quattro libre . Egli è manifattura di Filippo Sengher Tedefeo, artefice
così diligente ne’ lavori lottili «che ogni fua opera riefee maravigliofa . Coa^
tutto però che quefta fia
Df leggiadro t e finiffinto lavoro,
che rende ogni occhio human pago , e contento .
v’ aggiunge affai di pregio l’elfere dono della mano liberaliffima del Sereniffimo
Granduca di Tofeana Cofmo III.
8 SCATOLA parimented’avorIo,aItaquattrodita, e larga dieci, di figura
efagona così perfetta , che per qualunque facciata vi s’ adatti il coperchio , eh’ è
delia fteffa materia, c configurazione, tutti gli angoli s’incontrano a capello.
Ella è opera dei fudetto artefice , il quale lavoròlla per il fopramentovaro Gran»
duca di Tofeana Cofmo III. Onde in ciafeheduna fua facciata /colpì , e fece ap¬
parire di rilie vo la Cifra coronata , eh’ cfprime compendiato il riverito Nome di
S. A. S. e nel coperchio efpreffe parimente di baffo rilievo l’Arma del mcdeli-
ino con le lei Palle , e la Corona Granducale , vuote . Per piedi v’ adattò alcuni
globecti , pur d’ avorio , e fimilmente vuoti . Effendo ufeita tutta la materia con¬
tenutavi per alcuni angufliffimi fori della fuperfizie, la quale rapprefenra un
contefto di tante fottiliilìme, òpoco men cheinvifibili annella componenti in
quel tutto una rete non meno ammirabile di quella di Vulcano, Che però i Pe¬
riti deli’ Arte Rimano tal’ opera un’ aggregato di miracoli . Onde tanto più fti-
mabile è il dono , che ne fece al Sig. Marchefe.il Sereniffimo Granduca fudetto :
nella cui ineflimabile Galeria v’hd pur dell* opere in quello genere , c’hanno
fatto ftupire anco l’artefice di quelle due: e fono quelle un Triangolo perfetto
d’ avorio , con varii lavori tondi in ogni piano : & un Vafo pur d’avorio coi fuo
coperchio legatovi con una catena di molte annella torlite , e cavate tutte dallo
Hello pezzo del Vafo, e del coperchio. Pofa la fudetta Scatola /opra ricco pie-
, deilallo d’ ebano , di figura quadrata, con ornamenti d’ argento , e di pietre pte.
ziofe . Sopra la medelìma $’ alzano quattro archi d’argento (oRenuti da quattro
colonne, fatte a vite, dello Redo metallo, i quali s’unifcono afoRentareij.
Bb 3 ” fopra-
L, I. e. f.
UH. j.
TaU. Florii'
C.ì ì6.
CAdJe'Lò-
leb.C.ll
Tratte, Be^
Ugttet. Cefi,
U 25.
Leg. in
Zirlamele
p..3»y-
F.iV. /.1.38.
294- M y S E 0 C 0 S P t 0
fopradeferitto fottilifsimo Vafo devono, & una Corona Granducale delFa ftefla
materia, che locirconda. Nella facciata anteriore del piedeftallo in unquadro
di pietra lazuli a caratteri d’argento fentto li legge. COSMI III. M. DfCIS
ETRVRIM MVNVS,
9 COLTELLIERA antica d’avorio, cavata d'un dente d’ Elefante di fe-
gnalatagroflczza,&illorjata col bollino di figure così gentili, chelembrano
intagliate in rame da un Sadelero . Da un canto vi fù efprcllo Nettuno lopra il
fuo Carro, tirato da’ Cavalli Marini, de* quali egli regge il freno in atto di far¬
gli correre. Onde col Boldoni può dirli, che in ella
—li» ■ ■ ■ III il Dio del Mare
Lenta il freno a i Dejlrier per 1' onde amare.
Lo corteggiano diverfe Deità Marine portate da varii acquatili , e Moftri di Ma-?
re. Delle quali potrebbe cantarli con quel Poeta Bolognele.
Reco Nereo , che /opra un ■ Orca •viene ,
E fopra una Tejlugine vten Nife,
chi Foche, chi Vitelli, e chi Balene
Calca, e chi fa fopra un Delfino affo,
In profpettiva vi fi feorgono Montagne con alberi , e cale fumanti con partico-
lar diligenza graffiate. Di lotto vi fù fcolpita un’Arma Prelatizia , come dal
Capello s’argomenta, contenente cinque Caltelli , e due animali quadrupedi,
con fopra elsi due Cicogne 1 c fù per avventura del primo poflctìore di quella
galanteria. Dall’altra banda vi furono figuiate due imagini , che Icmbranq
d’ Aci, e di Galatea fedenti sù la Spiaggia del Mare, con profpetto di montagne,
& alberi , e cafe . E lotto quelle , nel la parte corrifpondcnte di fito ali’ Arma fu-
detta, vi fù effigiata la Metamorfpfi di Dafne, feguita da Apollinei della quale
già fi vede che
In ramos abeunt trepidantia brachia, crines
In frondes ; rigida Jltrpe Fletere pedes ,
Contiene quella otto Coltelli di lame hoilsime, con manichi d’avorio efprimen-
ti meze figuie d’ huomini di varii fiati, e dignità ;e di donne con ciiiffialnlsimi,
come s’ ulavano nel Secolo tralcorlo . Giudicali opera d’ Artefice Tedclco.
10 CVCCHIARO Turchefeo d’avorio, in cui figurati fi vedono diligente¬
mente alcuni Iquarci di catena, tutti cavati d’un pezzo, lenza guafiar l’ ordine
dell’ inannellaiura .
11 Due TABACCHIERE d’ avorio, fatte, come fembra, tutte d’ una ma¬
no , con mezaftatua ,come pare, di branceico Valeho Rè di Francia da un lato ,
e dall’ altro della Regina fua Moglie, con quella clifTerenza, che in pua, le figure
furono ciprerte più giovani , e ncU’altra più attempate .
12 FIASCA da polve, come la chiamarebbe il Benamati , di cui citalsimo
que’verlì, E le Fiafche, in cui dorme infornai face,
Deftan sù ' l fianco un mormorio fonar 0 ,
ella è cavata d’un dentea’ Elefante, c tripartita nel fondo, colla fuperfizie iflo-
riata dal bollino di varie figure elprimenti un tratto di bofeaglia colla Caccia
del Cervo, della Lepre , & uy Cacciatore vefiito allaTedefca, & armato, da
una parte, e dall’altra divcrfi VcceJlatori con Falconi , e Spara vieti.
*5 Due FIASCHE, pure da munizione .fatte didue Coma commelTein-
fieme, e coperte d’avorio, in cui furono efprefl'e varie figure cosi gentili, che
non la cedono a’ p ù fini intagli di rame . In una v’ è rapprelentato Chrilto , che
convertifee la Samaritana , attignente l’ acqua da un pozzo ombreggiato da uu*
Albero ameno , che fembra uu Platano . Nell’altra in cinque compartimenti vi
fù
LIBRO T E \ Z 0. CAP. XXP^ll 295
fuefprefifariftpria della Palfione del medefimo, vedendoli egli nel primo con-
fegnato alle T urbe Giudaiche da Filato , che lì lava le mani; nel fecondo , dagel-
laco alla Colonna; nel terzo. Coronato di Spine; nei quarto, Crocefillo; nel
quinto.claltato in Croce, prelenti in atto d’eftremo cordoglio le Marie, con
uno de’ Difcepoli , eh’ è Giovanni . Ma quanto meglio flarebbono quelle figure
così diyote, e così belle in uno Strumento di pace, che in quello da guerra, e
più tollo in un facro , che in un profano ? JL’ Artefice , che ve l’ efpreffe , quanto
hebbe di perizia nel farle belle, e gentili , tanto manco di giudizio nel collocarle
in una Fialca da poi vere , e merita d elferne riprefo al pari di colui , che in uno
Scudo Militare dipinfe r imagine del Crocefillo ,
14 Altra FIASCHETTA da polvere, pur d’avorio, e bipartita, lavorata
come le ludettc , e figurata , come fembra , di mano dell’ Artefice , che intagliò la
precedente ; il quale nella bellezza delle figure , che v’ efpreffe , fece campeggia-;
re la bruttezza del fuo giudizio , effigiando da una parte di quello Strumento di
Morte l’Autore della Vita «che benedifee le Creature da fc create, e dall’ altra
un’Orfo. Ma correffe in gran parte l’errore di quello Artefice il giudizio del
Sig.M«»rchcfc,ilqualein grazia di sì belle, c venerande figure fottraffe quelli
Strumenti a gli ufi della guerra , e dellinòlli in perpetuo a quelli della pace , de¬
dicandoli alle Mufe in quella Galeria. Colle quali cole, fe non come Vali
d’avorio, come gentili manifatture della lleffa mater ja , ferba ilMuleoletrò
fufleguenti,
1 5 GABBIA d’avorio in un criftallo , fabbricata in forma di Torre , con bàfe
cuba, ò fia perfettamente quadrata. Contiene un’altra Gabbia patimento
d’ avorio , ma rotonda , (opra la quale llà un piccolo Pappagallo , finto così be-
pe, che fembra vivo, TI tutto è lavorato d’ un folo pezzq d’avoiio, con artifi-
zioincredibileper lafottigliezza,emoltiplicità de’fregi, & arabelchi d’avo¬
rio, che l’ adornano: tra quali fono affai ragguardevoli diverfe annclla incate¬
nate infieme fenjza interrompimcnto dèi continuo , di cui furono cavate , L’ope¬
ra è d’ un Callicrate Tedefeo . Nè così gentile poffo pcrluadermi che fuffe l’ ar¬
tifizio di quella Gabbia d’ avorio, come nota il Farnabio , della quale Marziale
fcriffe ad un’amico.
L.z. Silvi
4. V, 11,
Si tibi talis erit, qualem dile&a Catullo
Lesbia plorabat, hìc habitare poteB ,
Dal che lì vede ( e l’ avvertì anco l’Aldrovandi ^che fin ne’ tempi antichi usòllì il /j, StUdì^*
fabbricar Gabb.e d’avorio Ichietto, òalmeno fregiarle del medefimo , come /. i.c io.
quella del Pappagallo dì M'ghore, fatradi verghe d’argento inferite nelTavo^ p.48ì.
rio,edefcritra daSrazioin quefti verlì. '' '
tibi quanta d mus rutila teBudine fulgens
C enne xuf que ebori virgarum argenteus ordo,
16 MOLINELLO parimente d’avorio, tornito con tanta diligenza , che
non più farebbe un Mitmecide , Baila il dire che la loctigiiezza dell’ artifizio hà
dell’ incredibile, Nè tanto reca di flupore la Rota , che pure è leggiadriflìma,
quanto la moltiplicità, e diverlìtà de gli ornamenti minutiffìmi, cavati tutti
d’ un pezzo folo , con maraviglia dell’ Arte medefima , che vede , & appena cre¬
de quefti fuoi miracoli . La manifattura è Tedefca ,e ferbafi in un criflallo, co¬
me la precedente,* e 1* Autore d’amendue, che fece fpiccar così bene la fua
maeftrìa in opere così piccole , merita quell’ Elogio di Seneca , Magni artificis Egifl. 54,
eB claufjfe totum in exiguo ,
17 LVMIEffA, pur d’avorio, dilavoro fottiliffimo, che accompagnaidue
precedenti. Serbali parimente in un criflallo.
- 18 GLO-
S19« ^ S E 0 C 0 S P I A N 0
18 GLOBO d’ avorio con dodici grandi fifieftre rotonde, per le quali fi ve¬
de , ch’egli contiene dieci altri Globi , l’ uno nell’ altro, con altrettante fineAre
rotonde per ciakheduno , tanto fempre minori delle prime , quanto i globi me-
defimi vanno perdendo di grandezza dopo il maggiore, lì centro figura un*
Echino con dodici lunghi aculei , ciafeheduno de’quali ufeendo per una lene di
quelle fineAre ferve ad impedir , che non fi confondano i lìti di ciafehedun glo¬
bo, II tutto fù cavato d’ un folo pezzo d’avorio di tre oncie di diametro, e fi
(oAicnc fopra gentiliffimo piedeAallo della Ae Aa materia ,
19 GLOBO d'avorio, il quale fenon neconticncaltri, come il precedente,
di cui è alquanto minore, non è però men mirabile per la fottigliezza della fua
doga , c per contenere un’ Echino , che per ciafeheduna delle lue fineAre, che fo¬
no dieci , e fimilmente rotonde , manda fuori un’aculeo . Viene foAcnuto da no¬
bile piedeAallo parimente d* avorio , alto fette oncie ,
ao ANNELLO d’ avorio, che ne forma tre attorcigliati inficme, come ca¬
vati tutti d’un folo pezzo da un’Artefice Tedefeo, il quale fù per avventura
l’ Autore delle due precedenti galanterie . Serbali anch’ egli in un cri Aallo , co¬
me co fa non men gclofa delie due fopradeferitte. EdiqueAecofe del Mufeo,
fatte al torno, fà menzione il Sig. Avvocato Trinchicri nell’ Elegia, che ne
fcriAeal Sig. Marchefe , dicendo che quivi
f retiofa ioreumaiat multa,
pici a vetuBatiSi fculptaque Jìgna nitent.
%\ Altri ANNELLI, ma d’altre materie , altrove fi mentovano,
22 CVPIDO d’avorio.
a 3 TESTA d’ avorio, figurante la MORTE , di fquifitilfimo artifizio,
foAenutada lugubre piedeAallo d’ebano. Ma torniamo a’Vafi fatti di parti
d’ Animali . Mo'to notabilitrà queAi fono
24 Due FIASCHE, òpiùtoAo BORSE Turchefche di cuojo cotto, fatte
ad ufo di TAZZE, percontenervi licore da beie. Quantunque ulcite da bar¬
bara mano , è gentili /fimo l’ artifizio , con cu fu' ono cucite, e trappunte di leta :
nè con maggiore delicatezza lavorerebbe uno de’noAri Ricamatori fopra un^
fottiliflìmo Zendado. Chiufe, pigliano da loro Aeffe una tal piega, che lefà
fembrar molto limili ad una Mitra Epifcopale . Aperte , riefeono di figura qua¬
drata oblonga , più anguAa nella bocca , e più ampia , e qualche poco rotondeg¬
giante nel fondo, con capacità di circa lei libre di licore. Sono di gran com-
modità a Viaggianti , non tanto perche fi portano piegate, e perciò non occupa¬
no gran luogo, quanto perchefonoleggierilfime, e non loggiacciono al peri¬
colo di fpezzarfi, come tante altre maniere di Tazze , e Vali lopradelcritti , fe
caggiono in terra . Le ufano particolarmente i Pellegrini Turchi , che vanno al¬
la Mecca, a vilitare il Sepolcro di Maometto, valendofene per attingere l’acqua,
giunti che fijno litibondi a qualche fontana .
aj FIASCA, ò BORSA Turchclca , fimilmente di cuojo cotto, lavorata
con non minor diligenza , che le precedenti , ma di figura molto di verfa : come
quella , che larghiAiraa., e tutta piana nel fondo , li ri Aringe nel ventre , e di nuo»
vos’allarganellabocca,che s’apre in due parti: e, per l’inclinazione intro¬
dottavi dall’ artefice , piegandoli in quarto , forma un triangolo di due linee ret¬
te uguali , e della terza curva di maggior lunghezza dell’ altre . A differenza del¬
le antecedenti Aà in piedi da fcAefla,cchiula, ed aperta, e vuota, e piena: e
credo fuffe fatta col fine medelimo di fervire per Tazza ne’ viaggi,
26 Ponno ancora paffare per Vali fatti di parti d’Animali , mentre fono Stru¬
menti di capacità , le fulfeguenti eofe parimente di cuojo , cioè
27 BOR-
LIBRO T E 7{Z 0. CAP, XKVll, Z97
27 BORSA di cuojo aero y configura di Zucca facta per tenervi dentro pol¬
ve d’archibugio,
2 8 TASCA antica di cuojo nero , lavorato a fagrino , con cfprcfrcvi diverfe
figure, fatta per tenervi dentro munizione d’archibugio. Onde il Benamatila
chiamerebbe Tnfca fatta, dt cuo\o, ove la Morte
Ciottoli gravi a coafervar fi frende *
39 TASCA pure da munizione, di cuojo nero, di figura piramidale, lunga
un braccio, co! coperchio cilindrico, inferitovi non che mediante la debita
commifTura , con un groflfo cordone, che infieme ferve per appenderla a fianchi .
E’capace d’un pefo di munizione. Le ulano di quella figura, e grandezza!
Mofehettieri Turchi .
30 Con quefte, le non come Vali, come altre cofeartifiziate di parti d* Ann
mali , degne d’ offervazione , confervanfi nel Mufeo le fottodeferitte .
31 VESTE GRONLANDICA di vellofo cuojo
di Vitello Marino,©, come lo chiama il volgo. Vec¬
chio Marino, eh’ è queir Acquatile del genere de*
Cetacei , che da gl i eruditi appellafi Foca , come dal
noflro V ida , ove canta
Monfiraqì deformes Phocs , atque immania Cete .
e dal Bonomi, Vefeovo di Vercelli ,pur noflro , nel¬
la Borromeide,
Et thoca immanes , ^c.
Onde non ben diflinfe le Foche da’ Vitelli quel Poe¬
ta Bolognefe fopracitato , che cantò ,
Chi^Foche i chi Vitelli y e chi Balene
Calca ^ é‘c,
£ da taluni , tra* quali Alberto Magno , Cane , e Lu¬
po Marino vien detto : perche , quantunque tutt’ al¬
tro fìa , che razza de* Pefei Lupi , raccordati da Pli¬
nio ( de* quali quello , che riportò il cognome di La¬
nato, è il Varolo de’ Moderni, Pefee non molto
grande, famigliare alia Brenta, di cui il noflro Ca¬
ra vaggi ne’ Sacri Falli
■■ ■ ■ Lufus Euganei gloria prima foli.)
e non habbia che fare co’ Cani acquatici, non che
co’ cerreflri ialla fpezie però di quelli Quadrupedi ,
come pure a quella de’ Lupi (de* quali ne deferive,
c figura una razza il Gionfloni,ch’ egli chiama Lupo
Marino, perche habita vicino al Mare ) fi ralTomiglia
ne*dentì,enellamafcellafuperiore, & è rapace, de
infieme vorace . Per tutte le quali ragioni , come
perche quelli acquatili fpaventorno i Cavalli d’ Ippolito, e furono cagione del¬
la di lui morte , fe ne legge apprclTo il noflro Cretti
— terribiles terrebunt gurgite Phoca,
32 Ha quella Velle figura di Scapolare col fuo Capuccio , come fi vede nella
Tavola , che fe ne porta . E la pelle , di cui è fatta , fù con tal diligenza prepara¬
ta , che , quantunque ne gli Animali vivi fia grolla , e dura a fegno, che Oppia¬
no , come lofà parlare uno de’ fuoi Inter preti , potè dirne
Non hami penetrant Phocas ^ favique tridentes^
Nam dure claudunt pellis fub tegmine membra,
nnlla-
Viu,Nafti
it 2^t 42*
Hymn. de
Deoy V. 242,
Zit 4* V, Si,
Solognet.
Cefi. 1,^,2^,
iL. 9, fi. N.
e. 23.
Aldr. de
P*fc. 1 4.f .2.
L.I.V.Ì09,
Htrmton,
t, i. el, 14,
?. J8.».347*
Eeleg. 2.
7*.
c. 1 1. p«37é.
377*
G/. Mai»,
l. i,e. 14.
£. I. r. II.
D Au^.l.z,
dtGtn con,
M Ante. c, Il
D.i/tdl.iy.
Etymol.c.zi
ipg u y S E 0
nuIUdimeno è refa tutta morbida, e maneggievole non altrimente che fefufle
pelledi Vitello terreftre, preparata. Conlervafi quella nel Mufeoin una Caf-
fettadi legno, gentilmente dipinta: nella di cui parte anteriore di fuori fi legge
quefta Ifcrizione ; VESTE DA SACERDOTE INDIANO, DI PELLE DI
LVPO MARINO, Ed appunto per tale fù raccordata nell’Indice del Mufeo
ftampatodel 1667. mercè che fù lignificato al Sig. Michel’ Angelo Colonna,
celebre Pittore (il quale, mentre fi trovava nella Spagna al lervigio di Filippo
Quarto mandòlla in dono al Sig. Marchelc ) effer’ ella lotto quel nome Hata re¬
cata dall’ Indie, dove pure hà copia di quelli acq uatili,e particolarmente di quel¬
la fpczied’ elfi, che chiamano e perche mugghia, avvera, che in que*
Mari , come cantò il nollro Piccinardi ,
Vfida tegit fcopulofa, Phocas ,
E la figura di Tonaca , col capuccio , limile in gran parte a quelle , che ufanfi da
alcuni Ordini di Religiofi Regolari del Chriftianefimo, rendendo vcrifimile la
congettura , che fufle cola da Religiofo, e da Sacerdote , fervi a dar credito a tal
relazione. Ch’ellapcrònonlia Velie da Sacerdote, nè Indiana, ma più tollo
fia un’ habito particolare della Gronlandia, lolita a portarli in quelle parti da*
Pefeatori , & altri che Icorrono il Mare nelle barchette capaci d’ un’ huomo folo,
fatte del cuojo di quelle bellie , fopra baffoni di legno inarcati diftelo , e cucito
in modo, che può dirlenc col nollro Vida ,
Et curvam Phoca informes cinxere carinam.
e ne chiudono l’apertuia collo llralcico di quella forte di Velie, acciò non vi
penetri l’acqua: ce ne fà ampia fede il Vormio, il quale favellando d’alcune
Velli del luo Mufeo, limili a quelle, così ce ledelcriffe. VeBes Gronlandicet
quadam , confeCIa ex pilofo phocarum corio , diligenter preparato . T horax latus
annexum habet caputium , quod capiti induSIum tantum relinquit inteclutn^ ,
quantum faciei fpeSlanda fufficif, loco etiam circa faciem cbnflringi poteB , ut
unda marina penetrare nequeat ; tam parte anteriore , qtùm pofleriore fyrma.
dependet longum, ac latum, quod femoralia pene tegit, dr , dum in navicula ,
feti cymba fua coriacea funi , foramen , per quod fe immittunt , claudit , ne
aqua quid intret , Anzi nonché nella Gronlandia , troviamo ulate limili Vedi
anco nella Finlandia , Icrivendo de’luoi Popoli Olao Magno. Vtuntur Finni
Septentrionales pro corporum munitione , partita thoracibus e corio Phocarum ,
calce macerato, partim corio alcium \ubato , Nè folo a’noftri tempi , mà ne’ più
antichi ancora troviamo ulate le Velli di pelle di Vitello Marino . Perche come
al prelente i Gronlandi , & i Finni, più di venti Secoli addietro le collumòrno i
Maffaggeti habitatori delle paludi latte da’ rami del fiume Araffe, notandone
Erodoto, come lo fà parlare il Bojardo fuo interprete, che fi pafeono di pefei
crudi, e le Vefli loro fono di pelle d' uno pefee fatte, a guif a di Foca, b Vecchio
Marino .
3 3 Da chi fuffe inventata quella forte di Velli, non v’hà memoria, che lo in-
legni. Non s’ignora però ellct’ellaorigina.a dall’ ufo anticamente frequentif-
firao di veftire di pelli di quadrupedi : il di cui primo Inventore fù Iddio, che
così vefli i primi noffri Progenitori, Ipogliato c’hebbcro 1’ habito nobililfimo
dell’ Innocenza originaria, volendo in tal modo raccordar loro, come vuolt,
S, Agoftino, la mortalità, in cui s’incontrorno, pretendendo pazzamente la
divinità. Quindi S. Ifidoro, àict, fiere pellicea tunica , quibus , pojf
ojfenfam, Adam, d" Èva induti funt . E da elfi apprefero i pofteri quefta ulan-
za di veftire: la quale ne’ Secoli trappaffati, a {corno di quello nollro, durò
lunga-
LIBRO TERZO. CAB. XX^lh 199
lungamente, come feri ve Platone, Nè per altro gli Sciti furono lungamei te
chiamati Pe//iu ,h non perche , al riferire di S. Girolamo, vcftivano di pelli fca
brofe. Ed appreso gl’ indiani, per rapporto di Strabone, iFiloiofi nonufava-
noaltre Vefti>chcdi pelli di Cervi , òdi Dame , fuffero contrafe^uo yCovc\z
nota il P. Naccaria nel Sogno di Nabucco , non poter trionfare d ' una più, alta
Fil foiìa , chi lafciavafi trionfare dalla vanita delle vejli ,
34 Due PETTINI d ’ odo di Pefee, fregiaci divarii circoli d’argento.
Hanno anaendue una dentatura fola; mai denti nell’ uno fonofilTi, e nell’altro
rari: e tutti dua fono commcfsiinficme in maniera, che compongono un’ova¬
to compreffo, e fem.brano un pettine folo, come appunto fervono per un pettine
folo , mentre ladentatura ,chc in efsi è divifa , opera nulla più , che quella , che
ne* noftrali è raddopiata . Furono lavorati nella Mofeo via , e d’ indi portati dal
Sig. Ercole Zani , virtuofifsimo Gcntilhuomo Bolognefe , e valente Cofmogra-
fo,che ne regalò ilSig,Marchefe3acuiparimentedonò altre cole di là recate,
e tràede lafeguente
35 SFERZA MOSCOVITICA, compofta di feiftrifeie di Scarto, larghe
due deta,e mezo, commede ad un manico di legno ottangolare , lungo quattor¬
dici oncie , e tutte quefteftniciefonodivifein fei parti , ma intrecciate , e telfu-
te inlìemedi maniera, che coftituifeonoun corpo cilindrico lodo , limile ad un
baffone , ma più lungo del fuo manico , e non men grodo . Il Indetto Sjg, Erco-
JeZani,chelarecòdiMofcovia,edonòIlaal Muleo, riferì che in quel paefe
tutti li capi di famiglia hgnno uno di quelli Staffili , ò flagelli , con cui alle pcca-
fioni battono le mogli , i fanciulli , & i fervi , non ignorando forfi il fentimentp
di quel Proverbio riferito tra gli Adagi
Duro Flagello mens docetur reSiìus .
II qual verfo è tpUo da quell’ altro del Naz'anzeno ,
lì vatS'ityoyn xapj'/ecr^
cioè Durum Flagellum fi padagogus ingeni ,
E quella Sferza per la fimiglianza dell’ufo, mi fa raccordare la
36 DISCIPLINA, ò FLAGELLO d ’ Asbeflo, che qui fi conferva, fui
perbidimo lavoro di pietra incombuftibile filata nelle Indie, ovefe ne fanno
pregiati veflimenti di barbarici lavori inteduti ,
37 BACCHETTA da cavalcare, fabbricata d’ una Pinna dorfale di Bale¬
na , con fornimenti d’ argento . Defcritta altrove in grazia della materia , di cui
è fatta , e qui raccordata peri’ artifizio, e per l’ufo: del quale fe ivi IcMufe
Greche, e L-atine ci fuggerirono qualche lode, qui le Tofeane ci propongono
ciò che in propofito d’ edo cantò il Cavalier Gio. Battifla Teodoro nella fua btl-
lifsimaCanzonf fopra il Deflriero, dicendo di quefto
Con alterigia humile
Mordere il fren fi fente y
S' avvien che lievemente
il fiagelli talor verga fiottile y
Verga y che con gentile
Metamorfofi il rende in un momento
Lieve y qual piuma y (fi agile y qual vento,
38 Vnpajodi SCARPE Tartare di Marocchino doppio, gialle di fuori, e
rode di dentro, di grandezza baftevole à calzarne perfona d’età confidente,
Qjede non s’affibbiano con fettuccie, e fui collo del piede, come le noltrane,
ma da un Iato , e con bottoni , havendo il collo molto alto a guifa de' borzacchi¬
ni ,Q coturni , il quale da un iato s* apre pe’l lungo in due parti , che poi calzato
che
Fiat» in
Prctae
D. H-tr in
ept(i.ad iVtf-
pot/an.
Strab. l. ì f.
Gecgr.
Farad.’],
p miht 220»
Manucc.
\Adag. col.
Jp2b.
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3,20,
300 ^ y S E 0 COSPIAÌ^Ó
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’Mtif Citi,
icoli fe^. 6.
che ne (ìa il piede, fi commettono, mediante due bottoni d’argento io una, à
altrettante fineftrellc nell’altra parte. Hanno unalemplice luojj ,di cui non ap-
parifcelacucitura. Il tallone è non molto alto, ma affai lai go, compofto d’un
pezzo di fovero da ogni parte coperto di cuojoi e d: vamaggio per di lotto è
munito con una ladra femiluiiare di ferro .Terminano in punta corta,& aguzza.
39 Vnpajodi SCARPE, ò più torto PIANELLE 1 urthtfche di cuojo
roffo doppio, con punta aguzza, ma corra, come nelle precedenti , fabbricate
in tal maniera , che per di fuori non fi vede punto la cucitura , Nel tallone fono
anch’effe munite con un ferro femilunare.
40 Due SCARPE, ò PIANELLE Indiane di cuojo nero, di figura non
molto diverfe dalle precedenti, cucite parimente in modo, che non fi vedono
nèi punti, nè le cuciture, e corrifpondono in tutto alle due figurate nel Multo
de! Mofeardo : col quale può dirfi di querte, che fono fatte ca» tanto artificio ,
che fupera tjueffo dì qualfvoglia diligente Artefice Italiano , ejjendo cosi jotilmen*
te cucite t che non fi ficuoprono ne punti ^ ne comntiffiura alcuna', e nella formai
poco dififierifeono dalle T urcht . Al qual legno di maefirìa fono giunti gli Artefi-.
ci Indiani , dopo che prefero ad emulare gli Europei , introdotta che fu cola dal
Colombo la cognizione del nortro Mondo, e la gentilezza del vivere d’Euro¬
pa. Perche prima que* Popoli, ò non ufavano Scarpe di forte alcuna, come
quelli , che andavano feoperti in tutte le parti: ò le ufavano di Icorze d’ alberi ,
corae.quelli , che pure di Icorze d’ alberi fi vefti vano , al riferir d’ Aleffandro de
gli Aleffandri iòle cortumavano fatte della pel 'e del Pefee Tonno, preparata
col proprio graffo , come alcuni raccordati da Giovanni Boemo .
41 Vnpajodi ZOCCOLI, parimente Indiani, fatti con art'fizio non infe¬
riore a quello, che offervò in alcuni del MufeoCalceoIariano il Chiocco, ò fia
il Ceruti , lafciandone fcricto . Calcei etiam Indici 'viriles y & muliebres ex coilo
corio ad unguem concinnati ^ Ó" admirabili artifìcto afiabrefaili , qui ve luti hu-
mano ingenio piili , d? penicilla delineati , ^ expreffi haud attentius intuentibus
•videantur .
42 SCARPA, ò più torto MODELLO d’una SCARPA ETIOPICA,
bizzarriffìma , che finifee in una punta fottilifiìma , lunga più d’ un palmo , & aU
trettanto aguzza, inarcata fopra il collo del piede in guifa che g unge a toccare
la bocca della medefima Scalpa; la quale è affai capace, ma lotto 1 maglioli fi
riftringe tanto, eh’ egliè impoffibile, che per quella parte pofla paflare intiero
ciò , che deve riempire il vano , che ci rimane. Onde nè meno potrebbe calzare
il piede d’una Tacha, rtimata la Venere della China più , che peraltro, per
Peftrema picciolezza de’ piedi , affettata pofcia,ad imitazione di lei (che fù mo¬
glie dell’ ImprradoreC^e/, il quale dicono regnaffe nella China vent’otto Se¬
coli fà) dalle Donne Chintfi; ognuna delle quali fi compiace di niartifizzarfi
tra l’anguftiedi ftrettiffìmi calzari i piedi, vivendo, come.dircbbe il nortro
Grotti ,
x^rgutum in parva nix a pedem fioleài
16. avvegnaché, come fcrive il Chirchero , pulchritudinem earum Stna maxime
ajìimant i adeoque quoà nobis
id ii inter puUhritudtms ar»
otto , con una fuola fc mplice ,
cucita conierà rolla, con varii fcherzi dell’ago, che palefano la maertria della
mano, che lavoróni. Se l’anguftia però delle di lei fauci la rende inabile a po¬
ter fervire per quello, che rapprefenta la fua figura: l’acutezza, e la curvità
della di lei punta non è d’invenzione iiiufit{ita : mcntie con fimile punta aguzza,
e rivol*
China tllu/l. tum ex pujìlla JtaturAy tum ex pedum parvitate
circa fin rur/w»:» , indecorum , moflruofiumque videri pojftt i
gumenta reponant. Ella è fatta di cuojo nero, <
LIBRO
T ISi 0. CAP. xxm, 301
crivoltaairinsù ufano IcIoroScàrpe i Lapponi, & alcri Popoli Serrenrrionali,’
come narra Qlao Magno : anzi-fion folo nella Lappia a noftri^iorni , ma a tempi
piei antichi furono in ufo anco ncll’Iialra,e particolarmente in i^anuvio . Di cbc
me iprong indizio le Statue di Giunone , calzate di fimiii Scarpe j le qual 1 adora-
vanii da Lanuvini, al riferire di Cicerone, che appellò qu ‘.Calzari De«r.
43 Vd pajo di PIANELLE da Donna, olJervahili , non per la mater ia , cn’è
lifìcatiljìma , effen.do di cuojo bianco di Montone , con l’ anima di legno ( la qua-
le , le.non fi vede, per edere coperta, dalla Icggierezza s’argomenta di Soveroj
TAlbero appunto delle Pantoftole , come lo chiamano 1 Tcdefchi , appellando¬
lo ma per r altezza, la quale eccedendo un bràccio, è lover-
chia per gli cacari di donna , non che d’ ordinaria, di gigantefca flatura ; e forfi
non era tale quella de’ Sandalii di Perfeo., tutto che fudero lunghi due cubiti, £***^*^»
come acceda Erodjóto, mentovandone uno confervato da Chemitani, Popoli
Dell’Egitto, che lo modravano, ed aderivano, che Perfeo medefimo /pedo I0-
roappariya, Vlaconfi quarantUnni fà in alcuni luoghi d’Italia, e particolar¬
mente in Venezia, d’onde furono portate quelle del 1 635. come moflra l’ifcriz-
zione loro, fcolpita in una ladra d’ ottone , Eforfi con queda invenzione pre-
tefero le donne d’ ingrandirli fopra gli huoraini, mendicando dalParte quella
maggioranza, che lafaggia Natura haveva loro negato. Ma come che fabbri-
caflero fui falfo, viziando a troppo grand’ onta della Natura medcfima la pro¬
pria datura, coir aggiungervi non oncie, ma cubiti d’altezza, nonriufci loro
che ruinofo l’edilìzio; mentre non potevano con que' precipitofi calzari dare un
pado , che non correderò pericoloni cadere ; e fovente non badava a tenerle in
piedil’ajutodidueServitori jòServejChe porgevano loro, nondirò il brac¬
cio , perch’ era troppo bado , ma le fpalle , ò la teda , acciò vi s’ attenedero colle
mani. Così ovepenfavano d’ederfi provedute di Trampoli, per fare con pochi
padì molto viaggio , vagando per le llrade publiche , fi trovòrno condannate a*
Ceppi, che loro mal grado le fermavano in eafa. E forfi con tal fine fù dalla
prudenza de’ faggi permedol’ ufo dj quella forte di Pianelle, come de’ calzari
angudifiimi delle Donne Chinefi avvertì il Chirchero, notando hanc
cOATclatianem ex lt;ge fa-pientum iffHittisam fttijje -, ut foemittA, non per publica f,
loca vagari ^ fed demi Jedere difcant^fi non voluntarie y f altem pedum beneficio
impedita , Onde quelle Donne , che con l’ ufo di tali Pianelle parevano preten¬
dere dell’ Altezza, non potendo foderirne 1’ incommodo, furono ncceditare
ad abbadarfi , & accommodarfi all’humiltà de’ primieri calzari, quanto più baf Parad.7.
fi, tanto più fimiii a quelli della calla Giuditta, i quali nondimeno prefero glj P- 31^.
occhi, e con elfi il cuore d' Oloferne. Così s’accorfcro che facendo un com- *
pollo mezo di carne , e mezo di legno ,n’ era rifultato un Tutto vano; e quella
van-ta, fe v’applicavano, predicauaapienabocca, che con tali aggiunte fal¬
lax gratta y c-r vana efi pulchritudo . Et oh, come lo fcmbravano in figura,
così fuflero fiate in eff^etto le Colonne del NON PIV* OLTRE della Vanità
Femminile! che per accrefcere il Mondo Donnefco non fi depredcrebbono
Nuovi Mondi con tanto fcialacquo delie facoltà famighari ,
De gli Strumenti da Giuoco,
Gap, XXVin.
I O ‘Egli è vero, che omnia humana ludicra funty come fcHtì quel Morale ,
^ alludendo forfi al detto ErM. m«-
l.udit ift humanis divina potentia rebus, ral.^o,
Cc
non
30% MFSEO.^OSPIANO
non fi chiuderà male con gli Strumenti da Giuoco la ferie di quelle Cofedcl
Muffo, che s’ufanofolamcnte in vita, adifTcrenza di quelle, che non Icivono
le non dopo morte, come le Sepolcrali, che a quelle fuccedcranno . Anzi tan¬
to meglio qui cade il far ad elfi paffaggio, quanto più neccflariodopo una lunga
applicazione è il divertimento , Ed appunto per diveitimento dalle più lunghe
applicazioni fù da’ Saggi inventata la maggior parte di quefti arnefi , che ft rba il
Mufeo : i quali allo fcherzcvole del giuoco accoppiando il ferio dell’ erudizio¬
ne , che inlcgnano , feufano di libri , che in varie difcipline comptndiofamente
ammacflrano chi gli maneggia . £ quelli fono
2 RITMOMACHIA, che vai quanto Combattimento di numeri. Giucco
no bilifiimoj&antichifllìmo, fondato sù le armonie, e proporzioni numeriche
d’invenzione Pitagorica, notate co’loro numeri in quatantotto Calcoli di le¬
gno , qui (erbati in una Cadetta, per un terzo rotondi ,per l’altro quadri, e per
1’ ultimo trigoni : de’ quali tutti la metà , che contiene i numeri pari è diftinta di
colore dall’ altra de’ numeri djfpari , ellendo quefta nera , e quella bianca . Ac¬
compagna la bianca una Piramide di fei quadrati podi l’uno (opra l’altro, e
fuccelfivamentc minori , con legnativi i numeri pari ; e l’altra una Piramide di
cinque quadrati con numeri difpari , Giuocafi con quelli (opra uno Scacchiere
di fcifantaquattro quadri, per lo meno, e talvolta d’ottanta, e qualche fiata di
centoventotto , che riefee aliai meglio, coloriti alternatamente , come le tavole ,
òcalcoli; e vince chi fà colpi di maggior perfezione, & armonia numerica ,
Lo propofero i Filofofi Pitagorici , e fu in ufo frequente appredo altri faggi del-
rantichità,i quali ad eflo giuncavano, ut é" ipjìs moUHU duUefeerent ^ come
nota Claudio Buxerio Delfinate in una lettera di quello argomento, fcritta ad
Antonio Scalino ingenia diuturnitate /ludiorum fatigata ludi hu^us
honeUtite recrearentur . A’ noftri tempi egli è poco men che perduto , attenden¬
doli più volontieri a giuochi vani, & inutili, anzi fovente perniciofi del volgo,
che a’ vif tuofi , c proprii dell’ huomo faggio , come qucflo , eh’ è Giuoco vera¬
mente pilofofico , Alcuni però fi fono ingegnati di ritornarlo in ufo, enede-
fcrifiero , e pubi icoruo le Regole , come Giovanni Fabri Stapulefc, che ne com-
pole un cunofo Dialogo i & il tellè citato Buxerio , che ne fcrille un dotto Vo¬
lume , in fronte a cui fi legge Noù/lijfimus , é* antiejui{fi>»us Ludus Pythagoreus
(qui Rhjthmomachia nominatur ) in utilitatem , ^ relaxationem Htidioforum
(omparatus t ad veram ^ dr facilem proprietatem ^ df rationem numerorum afe-
quondam, nunc tandem per Claudium Buxerium Delphinatem illu/lratus . Lu¬
tetia apud Gulietmum Cavellat ,fub pingui Gallina, ex adverfo Collegii Came¬
rae enfis. Abacus, dr calcult vaneunt in Palatio, apud Ioannern Gentil. 1556 8,
e per avventura di quelli calcoli di Parigi venduti già da Giovanni Gcnttie fono
quelli del Mufeo : i quali col libro fudetto furono donati dal Sig. Dottore Ovi¬
dio Montalbani.
3 A qucflo giuoco c molto limile quello de gli Scacchi, Giuoco anch’egli
antichiihmo ,e tutto d’ ingegno , ed cfprimente guerre , e combattimenti milita¬
ri , e parimente inventato da un Filofofo ,che fù Serie , chiaro ne* tempi di £vil-
meradac , per cui divertire dalla Tirannia egli le l’inventò, come dimoflra ilri-
verfo d’un Medaglione di Guido Pepoli, Perfonaggio di Famiglia Bologncfe,
c’ ha per Imprefa lo Scacchiere , (piegato a fuo luogo tra le Medaglie moderne .
Delle cofe che (erba il Mufeo appartiene a tal Giuoco lo
4 SCACCHIERE di DANTE ALIGIERI, famofillìmo Poeta , il quale
foleva giuocaando in elio rcfpirarc da’ fuoi lunghi ftudii. Nel di fuori v’c
dipinta i’ Arma gentilizia dello flcffo Poeta, la quale contiene due Zampe, come
di
LIBRO TERZO. CAP. 503
41 Grifo incrocicchiate , con una porzione 4* per ciafchedunn > & un Giglio
(opra di qqefte . La foftcngono due L?ooi giacenti , uno per parte , Sopra il Ci^
miero , eh’ è ornato di piume , v* è figurato , come fi vede nella Tavola , che fe ne
porta , decrepito , & in atto di caminare cpn le crocQiole , ma con infieme quat¬
tro grand’ ali al tergo , il Tempo ,
£Ìuel Vecchio t che col Sol nacque ad fatto,,
E che del Cielo mi furando i moti
Par che a pen,a f mova, e pur qual dardo
Rapido fttgge.
Alla defira , & alla finiftra della medefima vi fi feorgono due Imagini di Donne
fedenti le quali , a mio credere , rapprefentano Mufe , effendovene una efprefia
con la Viuolainmanoin attodifuonarla,eraltraconun libtro«che fimboleg-
gia per avventura la tamofa Comedia dello fteffo Poeta , Onde non è poco rag^
guardcvole quell* Anticaglia, confiderata come cofa di quel Poeta, ilquale
morì in Ravenna l’anno diN.S. MCCCXXI. cdifuaetdLVl. Tràttaronods
quello Giuoco diverfi Scrittori ,c particolarmente il noftro Vida , che fù il pri¬
mo a fcriverne tra* Poeti , e ne lafcio il Poema intitolato brachia ludus: di cui
riftrinfiP argomento in quelli verfi.
lunclus Opf Oceanus, Superis, po/l' pran^Ut mitant
In tabula effigiet» belli proponit, & edit:
lura, mjovent acies pheebUs, JMa]aque creatus %
Gloria cui cedit, fu per atte & pramia pugna.
II qual Poema fd poi trapportato in noftra lingua da Nicolò Mutoni, che intitolò
la lua Traduzione . Guerra del Giuoco de gli Scacchi , voltata d Herohi,snver(l
ftiolti da M. Nkofo Mutoni. Alla Gemiliffima, e vi-r-tuo/ìffima. Madonna ATA~
LAUTA Donati , Mobijiffi'tna Semfe, Rome MDXLtlII. in2, E dopo quelli nC
trattò il nollro Lami > favcflandoh’e nel Canto IX. dei fuo. Poema» dalla ft. ^
fino all’ 83. con notarne fullc prime .
Cc 3 -Che
C*f Poriàì
Delf. A. 3$
jlvvtrt.
Mi¬
rai. P. Ut.
«»•
304 M y S B O C 0 s P I A N 0
che à tal certame la ^erverfa^ e ria
Fortm4 oprar no» può gli afpri fuoi flrali ,
Ma più diffufamente di ciuci trattò qucftp argomento Gregorio Ducchi Brefcia-
no, componendone un Poema in ottava rima diftinto in fei Canti , i quali ufei-
rono in luce forco qucfto titolo . Il Giuoco de gli Scacchi ridotto in Poema Heroico
fotte Profopope\a di due potenti Re , e de gli Eferciti loro , diletevolifmo , &
erudito . In licenza MDCEII. in 4. In quefto Giuoco però v’ è chi biafima 1* at¬
to di rubar le Pedone > come adombrante il ratto della Donnad’ altri fcrivendo-
nc un tale appreso Moniìg. Vannozzi. Tota Tabula raptu muUeris efi cóhfpi-
eua; qualis lufus » talis animus. Valeant ^ far de fcantque nuga ; Plus habet in¬
genii , plus liberalioris: e.-eercitii Rhythmomachia Pythagorica per Stapulenfem ,
(eterojque redituta,
5 P ASCIO, ò, come dice il volgo , MAZZO di CARTE antiche di
Giuoco Morale , chiamato il Giuoco delle PalTioni, le quali fono Amore , Spe.
ranza, Gelofia, c Timore. Egli è diftinto in XL. Carte femplici , e XXI. di
Trionfi. Le Carte d’ Amore fono conrrafegnatc colla Freccia: quelle della
Speranza, colVafo; della Gelofia, coni’ Occhio: del Timore, collo Staffi¬
le . Et ognuno di quelli Simboli nella decina delle Carte , ch’egli fpeciiica , è
moltiplicato dall’ Affo » finoaldieci, come le Spade, e Coppe, S:c. nelle Car¬
te , delle eguali fono affai piu grandi , e più groffe . Ed in tal guifa il numero de’
Simboli moftra il yalor della Carta , Ciafeheduna decina hà di vantaggio le fue
quattro Carte di Figure rapprefentanti Rè , e Regina , Cavaliere , e Fante , tolta
dall’Iftoria , Le altre Figure de’Trionfi fono Imagini di Perfonaggi nelle Ifto-
rie famofì per qualche vizio , ò per qualche virtù ; e le Carte de’ Viziofì perdo¬
no con quelle de’ Virtuofì . A ciafeheduna in un quadro, che fìnge cartello , v’ è
(oprafentto qn terzetto , che la fpiega con qualche fentenza \ ed i terzetti , dal
primo all* ultimo^ fono collegati infiemccon le rime di modo , che compongo¬
no un lolo Poemetto,© Capitolo in terza rima. Ed eccone per faggio i primi
tré , notati fopra le imagini di Sardanapalo , d’ Ippolita , e d’ Atteone , le quali ,
^ome tutte l’ altre de’ Trionfi , ff confeguono coll' ordine de’ Numeri Imperiali .
I. Ocio Sardanapah 9Ùofo in piume
tenne: e in lafciuit eoncubine : e gela
tanto che del regnar ferfe el cofiume ^
II. Faticha fece Hippolyta (he fola
meritoe de le 4matone (orona
e t feithia; e in greci a; ancor fuo nome velai
III. Defe accefe Ath^ait 4t *^tia perfona
felejleì fi che in f(rusi fu conuerfo
perho troppo alta, èhomo el dtfio. non pena'.
Dalla Dialetto de' quali può argomcntarfl l' antichità di quelle Carte non mino-
re di CLXX. anni , Ed appunto il carattere , con cui fono Rampati , corrifpon-
de a’già ufati ne’ principii della Stampa . AI che parimente confronta la manie¬
ra dell’ intaglio delle Imagini , eh’ è in legno , fimigliantiffima a quella delle Fi¬
gure ftaropate circa il principio del Secolo paflaco. Chi fù l’Inventore di tal
Giuoco , fpiegòllo con quello Sonetto , che fi legge nella prima Carta , la qua¬
le ferve difronrifpizio al Libro di quelle pagine giocofe, ed infiememoiali.
fame Paffion dell' Anima Signora
Hanno quaranta €art( in quefo Gioco •,
0/ la più degna la minor da loco,
E il lor fignifeato le colora,
^at.
ironiiipi
CY"
L l ’B It O T B \ Z o: eAB. XXrili 305
Quattro Figure hà ogni colere ancora y
che a i debiti fuo’ officii tutte invoco.,
Con Vinti é" un Trionfo -, e H più da poc 0
E' un Folle, e pur quel Folle il Mondo adora,
x^mor , Speranza , Zelofia , e Timore
Son le P af sioni , e un ternario han le Carte
Per non lafciar chi giocar a in errore,
El numero ne' ver fi fi comparte
Vno , duo , e tre , fin’ al grado maggiore ,
Re Ha ma a te trovar del gioco T arte.
E perche vi conobbe qualche cofa di vano milto al morale , fe ne fcusò nell’ ul¬
timo * e palesò la fua intenzione con quelli altri verfi ,
' Eggio el mio errore, e pur commun I' inganno
Seguo , e fi imo el mio fallo affai minore
Quando errar con li più meno e T errore ,
che fol falvarfi in un publico danno.
Veggio che gli homini ingannando vanno
Lor Hefisi in far fi parer curte T bore
Onde per far I' inganno anebor maggiore
.^jtefio giocho ha compoHo, e io ftejfo il dannai
Perche egli altro non è, che fproni, anzi ale
che il Tempo tanto preziofo , e caro
Scaccia, e dibatte qual' arco uno Hrale,
Ma poi che a tener quel non e riparo
E il fuggir tedio e inHinto naturale,
Scufa ancor me fe da natura imparo.
Qui però più che per altro fi conlervano per l’ antichità. Donòlle al Vfufeo U
lopramentovato Dottor Montalbani ; il quale ne’ precedenti Sonetti fuppli col¬
la penna molte parole > che mancavano, rofe non tanto dal tempo , quanto dal¬
l’ufo di tali Carte.
V
6 MAZZO di CARTE MORALI, d’ invenzione Francefe di CXXXIIL
anni, qu into mcn’ antica della precedente , tanto più gentile , e nelle carte , e ne
gLintagli,e nella Rampa, ma per avventura trovata ad emulazione, fe non ad
imitazione di quella. Potrebbe chiamarli il GIVOCO delle MVSE , come
s’ elprede nell’ Indice del Muleo , Rampatone! 1657.12. al num. 325. fe non
fulfepiùtofto DE QVATTRO POETI PIV' SENTENZIOSI tra glianti-
chi Latini , cioè Orazio, Seneca, Plauto, & Ovidio; con le Sentenze de’ quali
pretefe l’ Inventore di queRe Carte d’ infinuare in chi fulfe per divertirli con elle
i più ferii documenti delia Morale . ' Che però in cialcheduna carta ne propofe
alcune ,contrafegnando la carta medefimi col fimbolo della Poefia praticata da
quei Poeta, da cui le cava, citandone infiemei luoghi. Divifo per tanto il nu¬
mero delle carte, ch’è di LIl. in quattro parti uguali, Se alfegnatane la fua a
ciafchedunode’ludetti Poeti , clprelfenelle tredici d’ Orazio una Lira,* in quel¬
le di Seneca, ui’Irco; in quelle di Plauto, una Pietra Molare; c nell’ ultime
d’ Ovidio un’ Anorearciero: e quello, e quella ,fimboli non della Poefia, ma
di qucRi due Poeti. Non però moltiplicò le Figure, come nelle Carte prece¬
denti, mi diftinfe quelle Carte foto co’ Numeri Imperiali, e dell’abaco, da
quello dell’ unirà, finoal denario; &ad ogni decina di Carte femplici. Ne ag-
giunfe tré di figure, le quali fono quella della Mula propria del Poeta, di cui
elle fono, e quella del Poeta medefimo, e i’ ultima d’ un fuo difcepolo. La
Cc 3 Mula
30« ' MF SE 0 e 0 S P ! A N 0
Mufa d' Orazio , è Terficorc; di Scnec« Melpomene ; di Plauto TaBa ; d’Ovidio
Braco. principio di ciafeheduna fczzione, oltre la (cncenZa del Poeta, vi
nota qualche cola fpeteante al particolare di quelle Carte. Onde nell’ Affo di
Lira . dopo il verfo fentenziofo
Ep. I. Omner» crede diem tibi diluxi/J^ fu^remum .
frappoffavi la Lira, fegue, Flaccum, ut pote Lyrtcnm, fambuca mtat ; Tragi¬
cum hircus Senecam • Plautum Pifirino pre/ptm Molaris : Nafónem , quod amo¬
res luferit, Cupido, Charta dein quid valeat quaque , verfus indicant, ac
rnsri , In quello dell’Irco , al detto
Stn.Htre, ^ altra mollis e terris via,
dopo r effìgie dell* Irco, luccede. Cum privilegio Regis ad quadriennium , ne
quis vel latine, vel in vernaculum traduci as ferrnonem chartas hafee impri¬
mat , aut alibi imprejfas vendat. Regia mandata dati privilegii exaravit de^
Launay , Nella prima delle legnate colla Pietra Molare, notatovi
Plaut.in Ed prefeólo deus, qui quod gerimuf, auditque , é' videt ,
Capt, feri ve, LECTORI, Non abs re vifum efi Leiìor ea dicare tibi, qua cum ludi*
era Jint , animum tamen fententtis ornant : atque hoc eli illud , quod in rebuf
omnibus cenfetur pracipuum, utile dulsi commifeere , Vale, E nell* Affo di Cu*!
pido, oltre il verlo
Ovid, Bajl, Confeia méns reSli, fama mendacia ridet.
fi legge . Prodant nova hac chartarum ludicra in praclarà Parìjiorum Lutetia
apui Chrijlianum VVechelum fub fiuto B filienfi , tn vico Jacob ao ; & fib Pe-
Bellovacenfi , Anno redempta falutis 1 344, Non regiffro le len-
tenze dell’ altre Carte , perche n’ empirei più d’ un foglio ; c per faggio di quelle
ballano le qiiat tro addotte . E quindi lembra tolto il modello de’ fuffeguenti .
7 GIVOCQ di CARTE de’ RE di FRANCIA, inventato da Giovan¬
ni des Marefts, per far guftar’ in compendio nel trattenimento del giuoco l’ Ilio-
ria de’luoi Predeceffori a Luigi XIV, Contiene quello Giuoco XXXIX, Carte,
con Figure in rame di mano di Stefano della Bella famolo Intagliatore , (tampa^
te A Paris chez. Henry le Gras au 3. pilter de la grande Salle du Palajs à Z,
(ouronnee, Avec privilege du Roy , Le Leggi di tal Giuoco vanno attorno pu¬
blicate dal medclimo des Marefts in un libretto in lingua Franccfe , a cui rimet¬
to il Lettore, non foggiungendo io di vantaggio, per effere quelle cole affai
divolgate,
8 GIVOCO di CARTE delle REGINE FAMOSE» inventato dal me-
defimo intagliato , e ftampato come lopra ,col fine principale di lervirne il luo
Rè, inlìnuandogii con tal mezola cognizione delle Jftoric, che trattano in be¬
ne , ò in male delle Regine figuratevi . E’compofto di LII. Carte, come i Giuo¬
chi ordinariij e le lue Regole vanno attorno con le Carte medefime in un Foglio
volante .
9 GIVOCO di CARTE della GEOGRAFIA, inventate , intagliate, e
ftampate come lopra , e col fine ludetto, & in numero parimente di LII. V'ifi
rapprclentano i Regni , e le Provincie con figure humane: notativi a’ piedi i
loro confini . Del valore di quelle Carte , e del modo di giuncarci ne tratta un
Foglio ftampato in Parigi , il quale và con effe,
ro GIVOCO delle FAVOLE, dell’ Autormedefimo, e parimente inta-
X gliato dal della Bella , e ftampato come fopra, e collo Hello fine d’ erudirne il luo
Hè. Và loco fimilmente il Foglio delle lue Regole,
n Inventò parimente l’ Autor ludetto i Giuochi d’altre Iftorie , comede
gl’ Imperii, c d’altri Reamii degliHuomini illuftrij de’ Dei de gli Antichi ,
dii-
L ì B R 0 T E R Z 0. CAP, XXm. 307
tdi&rénceda quello delle Favole, Óltre di che mafcherando le Scienze , ridulTe
in Giuoco la Logicai la Morale > la Politica» e la Filìca;, Ipiegandolc tutte con
brevità » c chiarezza Angolare . Onde bà refe famofo il fuo nome ,
ta Tutti quelli Giuochi di Carte furono dedotti da quello de’ Tarocchi, in¬
ventato, com’ è fania, in Bologna, e, più che altrove, praticatovi quando i
Bentivogli v’eiercitavano autorità di Principe. Tellimonio di che fono lei^uì
ferbate .
13 CARTE di tarocchi, ufatc in Bologna CLXX, e piu anni fà , co¬
me dimoftra il ri verfo di ciafeheduna , in cui è llarapata l’ Arma de’ Bentivogli ,
Comel’ufavanoairhora,chev’efercitavano autorità di Principe, cioè con la
Sega rolla , e non altro nello Scudo , & una Pantera fopra il Cimiero , col motto
FIDES t ET 4M0R. SonoqueftemoltopiùgrandfdelIeordinarie,efimilmcn-‘
te dipinte di varii colori, Il Giuoco loro è più d’ingegno, che di fortuna , ma
non vi fanno buona confonanza le Figure Sapre, come quella del Papa, la quale
non parmi da porre tra le cofeda giuoco, fcandalizzandofi di tale abufo fino
gliEterodoin,
14 GIVOCO di CARTE di TAROCCHI di nuova , e capriciofilfima
invenzÌQne,& Intaglio in rame di Giufeppc Maria Mitelli, Pittar Bolognefe,
c Figliuolo del famofoAgoftino, c non meno del Padre ingegnofo, elfimato
nelle invenzioni, e difegrii, come dimoflrano trà Falere lue Opere le Artidi
Bologna da elio difegnate , & intagliate in rame ; elTendo quelle Hate riftampa-
lein Roma per Cole d’ Annibaie Cartacei. Di fua maqo è la Profpettiva del
Mufeo, propolla nel principio di quello Volume. Donò quelle Caricai Mu-
feo il P, Giovanni Mitelli de’ Chierici Regolari Miniftri de gl’ Infermi , fratello
deirAucQre,othcionflìmo Religiofo,da cui ne rellai favorito ancor’ ÌQ d’un*
Efemplarè legato in libro , che conferyo, come cola Angolare in quefto genere .
Alcune d’clTe con vengono colle precedenti nell’ effere Icgnalate cpU’ Armade*
Bentivogli , non però nel riverfo, ma ,ch’è affai più riguardevole, nel diritto :
effendo il Giuoco dedicato al Sig. Co, Filippo del già Co. Profpero Bentivogli ,
15 Due DATI d’ambra, ufati nella Mofeovia, e d’indi portati dal Sig.
Ercole Zani , con altre cofe da effo donate al Mufeo , 64 a fuói luoghi mentova-?
te. Ma dallo fcherzevole de’ Giuochi pafliamo’al ferio de’ Sepolcri , riflettcn-r
do, che le un Giuoco è la Vita , non è uno fcherZQ la Cosi ex ludis
etiam feria fas efi fraomirtari ,
T>€' Sepolcri antichi,
Cap. XXIX.
I ¥ L Sepolcro, eh’ è il Porro dell’humaua Mortalità, fe a’ Fedeli ferve di
1. Scuola della più feria FilofoAa, a’ Gentili diede materia de’più ridicoli
vaneggiamenti. Non vi fù , può dirli. Nazione, che con qualche particolare
(uperllizione circa di quello non deliraffe. Giunfero taluni Ano a fdegnare
d’haverlo nel grembo della Madre commune, come gl’ Iperborei, i quali, fazj
di vivere , e ben pafeiuti , da un’ alta rupe gittandoA nel Mare , Rimavano bca-
tilTima quella forte di Sepolcro . Altri lo (celierò nell'aria, come i PerAani , al
dire di Sello Empirico , & i Tibareni , ai riferire di S, Girolamo : i quali vole¬
vano effere fofpcA da gli alberi , recandoAa gloria quella pendula eminenza,
cheperaltroèlupplizio. Nè mancorno Popoli, che giudicaffero miglior Se¬
polcro di tutti il ventre delle Fiere , anzi de gli Huomini medeAmi , che pure In
Ctò erano Fiere, come fefuffepoAìbile il godere qualche avanzo di vita in una
Tom-
VannoX^.
Avvtnmtn.
Poltt. e Alt»
rat. P. HI. '
Vft. 7057,
Catx» 4f,
Benom.
Embl, Mer.
50*
PA/.4.C.IZ-
D‘Hitr. in
hvtntan.
lib. 2.
Porcaechi
nt' Ffititr,
ant.
Htrci. t, :ì.
5» 9.
V. ii6.
S08 M y S B 0 QOSPlAl^O
Tomba animata. Dique’poi, che non hcbbero a fdegnod’haverlo in terrai
tuttoché in ciò (aggi, che vanità non fi leggono in qucito piopofito? Si fecero
alcuni ergere le Sepolture così eminenti, che fcmbravano fronteggiar colle
Stelle , come qué’ Rè dell’Egitto, che nella fabbrica delle Piramidi , Edifici!
così vafti , ed eccelli , che fuperavano tutto il mirabi le in quel genere , prctelero
di manifeftare a’ Pofteri i prodigi della loro Potenza, e col far vili Icpelirc in ci¬
ma avvicinarfi, quanto fulTe poìfibile, più d’ogn’altro col corpo a quelle Stelle,
fopra le quali non erano mai per falire gli fpiriti loro , benché v’ haveflero bavu»
co commercio colle fpeculazioni Afirologichc . Li fecero forgete con luiio
eguale . Artemifia al Conforte Maufolo , c Porfena a fe medetìmo, accrefeendo
il Senario de’ Miracoli del Mondo , quella col Maufoleo ( che vedefi effigiato in
una delle Medaglie antiche del Mufeo) e queftì col Laberinto di Chiulì , Opere,
che impoverirono i loro Regni, lenza alcun prò de’ Popoli. Nè perciò quette
furono le maggiori delle vanità Sepolcrali dell’Antichità , Molto più folle fù
l’erezione, non che di Sepolcri, di Templi atanti Augufti, che benché dall’
adulazione de’ Sudditi aggregati fra’ Dei , tanto più lontani furono a participat
del divino, quanto più brutali, che ragionevoli s*erano palcfatine’coftumi.
Ma troppo lungo farebbe il raccordar tutte le follìe del Gentilefmo circa i Se¬
polcri . Che però lafciando la generalità di quello argomento a chi ne tratta di
profeffionc, come Gregorio Giraldi nel Libro De Sepulcris ^ ér vario fepeliendi
ritut ftampato in Bafilea coni’ altre di Ini Opere del 15S©. inf. Tomaio For-
cacchi ne’ funerali de gli Antichi ^ di diverd Popoli , e Na'^oni , forma dt SepoU
ture, di Efeefuie i &c. publicati in Vcneziadcl 1 591. f. Giovanni Meurfio nd-
l’Opufcolo de Funere Romanorum, ufeito dalle Srampe dell’ Haja del i5o4.
Giovanni Kirchmano nel Trattato de funerihus Romanorum , dai’O alla luccio
Amburgo del 1605.8. Pietro Moreftelli nel Volume de Pompa Ferali, (lampa
di Parigi del 1621. in 8, Francefeo Perucci nelle Pompe Funebri di tutte le Na¬
zioni del Mondo, llampate in Venezia del i639.inf. e Gio. Andrea Qucftcldr,
A. D. che fcrifie de antiquis ritibus Sepulcralibus Romanorum , Gr acorum , /*-
deorum, érCbriHianorum difputationes. VViterberga. \ & altri , de’ quali
per horanonmifovvienc: m’appiglio al particolare deh’ Anticaglie Sepolcrali
del Mufeo j le quali , fe per efler reliquie della Gentilità Latina, e Tolcana ,
riflettono nella memoria di chi le mira , qualche ombra di luperftizionc ; per la
modellia , che in effe riluce , fanno contrapoflo a gli ccceffi , e di barbarie , e di
Judo de’ fopra motivati Sepolcri . E tra quelle feparatamente , ed in primo luo¬
go ollervo
2 Due SEPOLCRI, ò MONVMENTI QVADRATI, di terra cotta ri¬
trovati in un lotterraneodi Chiufi.antichiffima Città della Tofcana,ove accen¬
nammo fcpolto Porfena ,e trapportati in quello Mufeo per fuo particolare or¬
namento. L’invenzione de’ quali può attribuirli a quella moderatezza lode¬
vole, che, nel rendere il fuo alla Terra, infegnò a sbandirne il luflo,& appa¬
garli di (ito conface vole al corpo. Poca terra badava a racchiudere poche ce¬
neri ; già che in poche ceneri appunto riducevanfi i cadaveri , dopo che fi lafciò
di fotterrargli intieri . Coflumanza ufata molto avanti la fondazione dì Roma,
come inferifce Virgilio, deferivendo i Funerali di Mifeno: ma non però intro¬
dotta in Roma , fe non dopo la morte di Siila , il quale , primiero , volle che il
fuo corpo fulTe abbrugiato, temendo non luffe ingiuriolamcnte diClepellito ,
coni’ egli ha veva fatto di quello di Mario , & era fucceffo d’altri, morti in guer¬
ra lotto Cielo ftraniero. Durò tale ufanza fino al tempo degli Antonini} in
cui tornò in vigore il primo iflituto di confegnare alla Terra 1 cadaveri non arfi .
Prima
I
LIBRO T E X Z <2. CAP, XXIX. 30^
Prima del qual tempo congctturanfi ftbbricati quelli Monumenti, de’ quali il
maggiore, che qui fi¬
gurato fi vede , è lun¬
go oncic 14. e meza,
largo otto, «Smalto no¬
ve . Nella parte lupe^
riore , ò fiali coper¬
chio , v* è fcolpita una
Imagine humana'gia-
cente , come fopra un
letto, con due origlie¬
ri /otto il capo , e tut¬
to il redo del corpo
coperto d* un lungo
manto lugubre ; e per
avventura rapprelen-
ca il corpo deircdinto
racchiuiovi. Sembra^
e potrebbe crederli di
Fanciullo, qui fepol-
tocol cadavero intiero, prima che fi collumalTe d’ incenerirlo: fe Tangufiia
del piano, ove giace, non haveffe configliato ad efpriinervi in piccolo l’ effigie
d’ uno adulto Defonto : fi come il leno di quella Tomba era capevolc delle ce*?
neri , non che d’ un Bambino , d’ un Qigante , le vi fufieiro Hate depofte, mentre
s’ usò d’ abbruggiare i cadaveri , Nella parte anteriore vi fi Icprgono di rilievo
alcune Figure Humane , che rapprefentano due Soldati tra di loro combattenti
a lume di due fiaccole lollcnutc da due donne armate: Tuno de’ quali par che
ferilcad’ un pugnale nella gola l’altro, che già cade, lenza làfciar però di di¬
fenderli. Il che potrebbe ombreggiare il calo della morte di colui, chequi
giacque incenerito , fe le medelìme Imagini fullero particolari di quello Sepol¬
cro, e non communi allalTeguente, Avvegnaché
3 L’ altro SEPOLCRO I d qual’ è dellaìlelTa figura del precedente , alqùani»
to però minore , fu fegnalato nella parte luperiore coireffigie del morto giacen¬
te , e nell’ anteriore con quelle de’duc Gladiatori , e delle donne armate , fofte-
nenti le Tede accefe nella politura , che mollra la Tavola addétta del primo . li
che è indizio, che je ludette Figure limboleggiano più rollo la morte in genera-^
le, che il calo particolare del Defonto: quando le ceneri d’uno Hello Defonto
non fodero fiate di vile , e fepolte per metà in amendue quelli Monuménti . Di
che però non pedo rendermi perfualo, edendo nel medefimo luogo, eh’ era un
Cimitero publico , fiati trovati altri Monumenti della fieda materia , e gràndez-?
2a, figurati, come quelli . Onde piu verifinvilc fembra che fiano Sepolcri di
Perfonaggi di verfi , fabbricati tutti dal medefimo Artefice , e sù, la ftelfa Matrice,
che improntava le medelìme Figure in tutti. Furono donati al Sig, Marchefe
Cofpi dalla cqrtefia del Sig.Cavalier Ferrante Capponi, Senator di Firenze
Prefidente deir lllullridìma, e Sacra Religione di S. Stefano, Se Auditore de(
Serenilfimo Granduca di Tolcana , Èqui , come Monunieriti di veneranda an¬
tichità furono collocaci sùfiguardevolipicdeftallij ed entrambi Fortano que¬
lla ilcriziionc , eh? roorua ranno » in cui furono /coperti ^
PRISCA eiNERFH
MONV^
Miif.Settal,
f. 2?.
AIo/(ard.
l. I. Ai»J<,
e> 28.
^to
H y s E Q C Q S p I A N 0
D
MONVMENTA
CLVSIl
'tVSCORVM VREIS ANTI^VISSIMM
LATEBRfS TFMVLaTA
recens in lvcem casvs EXT flit
ANNO BOM. M. DC. LXII.
OITcrvaripoidalSig.Gitolamo Dcfiderii ( Afcadcmico Gelato, altrove cita-
to ) (uggerirono alfa /i;a Mufa la nobiltà di quefti fentimenti morali .
PER GLI SEPOLCRI ANTICHI VLNVTl DI CHIVSI.
A le Tùfehe Pendici ecco 'vaganti
A i Eeljìnei Mufei giunger gli Avelli ;
Onde per meta offerti a( F afte avanti
Impongati freno a i moti fuoi rubelli.
Per funejiar le Luci altrui cp* pianti
Godati di chiara luce i tai novelli ;
Efccn dal Suolo ^ e al Suol con le tonanti
Voci il Beilin fetnbra che ornai ne appelli ^
Z' anguBo fen , che de le falme fr^li
di avanzi accoglie ^ a confeffkr c^ invita
Per quajì un nulla f tniftri Mortali,
Così fpiran gli Avelli orrpr , che addita
Vn vero lume ^ e fanff altrui vitali ,
Perche da Te, FERNANDO , han lume , e vita.
4 D’altre Anticaglie Sepolcrali del Mufeo fi favella ne’ Capitoli fuffeguenti
delle Vrne , delle Lucerne , e dp’ lylarmi Sepolcrali .
Delle Vrne Sepolcrali , p d” un Coperchio d' Vrna di bronl^ t
con Figure» e Caratferi dell' antica Etruria,
Gdp, XXX,
I \Ji Olto più frequente fù Tufo delle Vrne, che de’ già propofii Moniu
menci quadrati, per riporvi le ceneri de’ Defonti: Onde non è me¬
raviglia, che (e ne trovino di molte in diverfì Mufei, e fe ne veggano parecchie
effiggiate appreso gli Antiquarij , c di quando in quando fe ne Icavino in di vcr-
fe parti del Mondo , di varie figure , e materie , Ne conferva la fua porzione il
Mufeo Cofpiano j e tra quefte v’hà
2 Vn VRNA SEPOLCRALEdi macigno. Hi il fuo coperchio della flcRa
materia, di figura globofa, 8^ emisferica (fe più toRo noneccedefle lamerà
d’ una sfera, cciii partecipar dell’ovato ) con una lega di ferro, impiombata ,
commelTo all’ orifizio dell’ Vrna , la quale hà del cilindrico , in maniera tale pe¬
rocché ,difcendeudo , qualche poco s’adotiglia , e termina col fondo piano,
come mofira la qui addotta figura. Ffi trovata in Bologna del i6d2.& in mia
prefenja diffottcrrata nella piccola Pia?za ,che fi Teatro da Ponente alla Chic-
fa di S, Maria de’ Servi, coll’occafione che fi [cavavano le fondamenta della
Cala privata , che con quella Piazza, da quella parte, confina. Anzi con ella
furono trovate altre anticaglie Scpolerali. e particolarmente uri’ Vrna di trafpa-
rentiflimo A labafiro , che toccò ad altri . Congetrurafi che quello luogo fuiTe un
Cimitero dell’ antica Bologna , tanto più che in que’ tempi era fuori del ricmto
della Città: c non era lecito (cqmc pure avyertfice Flavio Gualtieri nelle fuc
Annettazioni fopra il PancitoJOnè fcpelirc, nè abbrugiarc alcuuo entro le mura:
legge
LIBRO T E T( Z 0. CAP, XXIX,
«
/eggendoficiò pcrmeffo folo in Roma,cd a pochi, cioè
agn!Tiperatori,alleVergini Vertali, c, (e v’interve- ^
nivalpeziale Senatuscoiìfulto ^ a qualche infignc Capi- 1“
lano, ò Perfonaggio, c’haveffe trionfato. Collocata |
perciò queft’ Vrna (opra onorevole piedeftallo, fù or- |
nata con cale licrizione dal Dottor Montalbani . ^
MARMOREA FERALIS VRMA
NVPER BONONIM
IN SVBTERRANEIS DOMFS
. S. MARIM SERVORVM
coemeterio FlNlTIMMt
OLIM VRBB ERTRAMVRALI
pomoerio
VETECTA ANNO MDCLXIT.
RII. KAL. NOFEME,
3 VRNA di terra cotta, di figura romboide, fe
mente patente, fimlTe in acuto; avvegnaché fotto
l’orlo rilevato di quefta riltnngi ndofi nel collo, e
quindi a poco a poco allargandoli nel ventre , c po-
kia gentilmente decrelcendo.fin che termina in una
punta aguzza, colla quale flava piantata interra,
forma quali un lombo, come appare dalla Imagine ,
che /e ne adduce . E'alra dalla cima al fondo piedi
. e la di lei circonferenza nella mag*
giore ampiezza è di . Può facil¬
mente maneggiarfi mediante due manichi, uno per
parte , fitti con un capo nella bocca , e coll’altro nel
ventre dell’ Vrna ; la quale, s* è antica rifcrizione,
che vi fi legge , come erta è antica , racchiulc le cene*
vi di Marco Acelio Bologncfehuomo fegnalatoper
lunghezza di vira , elTcndo campato cent’ anni , giu-
ftal' elprcflìone di quelli caratteri, che vili fcorgo-
no incili in maniera artai rozza .
M. ACCELIVS M. F,
VIX. ANN, C,
Raccordali pure quella età per offervabile da Flcgonte Tralliano nel Libro dea
Mirahilihui y longxvis , dove pure 1* alTerifce fiologUefe . Viveva circa l’an¬
no LXXXVIlI. dopo lanalcicadi Chrirto, come notò Paolo d’Antonio Mafini
nellalua Bologna Perluflratadeirultima edizione in 4.
4 VRNA dimiteria,efigurafimileallapreccdcntc, maconunmanicofo-
lo, figurata nella Profpetri va del Muieo proporta nel principiodi querto Libro .
5 VRNA, parimentediterracorta, trovata, nonèmolto, in Bologna, in¬
contro a S. Vitale.
6 VRNA pure di terra cotta , di quali trent’oncie di lunghezza, c di trenri-
feidi circonferenza , dov’èpiù grolla, di figura in parte limile alleantecedenti,
ma con due manich 1 lar gh 1 , c di manco giro , che in elle . Fù trovata non è mol¬
to, in Bologna, in un fottcrraneoda) Ponte di Ferro di S. Damiano. E perche
in quei fito è fama che fulleco fabbricate le prime Cale dell’antica Felfina, e
taluni
V
M y S E 0 £ D S E ì A N O
Coftm
^inta liiU
V, i6i<.
Nafcfméto
eii Minerva.
taluni penfano che vifuiTe il Sepolcro di Fclfina, la creduta fo^idatrice, e Dcrc-
minatricedi quella: non v’ è mancato chi habbia giudicato quefla pcr l’ VKN A
SEPOLCRALE di FELSINA. ISon eflendovi però altro confronto^ non tai
dà l’animo d’ affentire a quella opinione: maflìme haytndo motivi , e congec»-
ture in contrario . Avvegnaché da molti gravi Storici giudi.cafi favola ciò , che
di quella Donna fi legge : e particolarmente da quelli , che ammettono Ce Jfino,
òFcllìno , per Fondatore, e Denominatore deH’antica Città di Bologna. Oltre
di che ,quand’ anco fglTc vero tutto ciò, che Uà fcritto di Felfina: non appari-
fee per qual cagione quella debba crederfi l’ Vrna Sepolcrale più tolto di Felfi¬
na , che d’ altro Perlonaggio antico ivi Icpolto . Ma creda, chi vuole, a luo mo¬
do; a me balla di poter’ afi'ermare , che quella fia un’anticaglia molto tagguar-
devole,
7 MANICO d’un’ VRNA anticadi t^rra cotta, con elprelTevi in rilievo
quelle lettere RE NFS . Lo trovai in certi Frantumi cavati in un colle del Com.
mune di Calaglia , non lungi dal Fiume Reno : e lo congetturai Ifgnalato con
que’ caratteri, per denotare il luogo, do v’ era fiata fabbricata quell’ Vrna, ciop,
per dirlo col Co. Carlo Celare Malvalla ,
La , dove il picciol Reno
Fa de' piu bei Crijlallit
che roàcffèro mai fponda areno fa
Limpido fpecchio a La Felfìnea Atene .
avvegnaché lungo il Reno le ne lavora¬
vano anticamente in copia grande. Emi
fovviene d’ haverne veduto con quelle
note appreflb il Dottor Montalbani , infi-
gne Antiquario , le quali erano di quella
figura.
8 COPERCHIO d’un’ VRNA ann-
chilfima di bronzp, nobililfima reliquia
delie Tolcane Antichità , come moftrano
i caratteri intagliati allato delle Imagini,
delle quali è iftoriato, proprii di quella
Provincia, prima chevenifie in poter de’
Romani. Egli pure è di bronzo, della fi¬
gura, e grandezza per appunto elprefla.,
nella Tavola , che le ne porta qui appref-
fo: elTcndo rotondo piano in maniera, che rapprelentarebbe un Difeo perfet¬
to, le il di lui giro lotto i piedi delle Imagini che lo legnalano , non degenera fle
in un’appendice , che termina quali in quadro , facendo due angoli acuti , c for¬
ma un poco di manico piano : dal cui fondo alia cima del Bronzo v’ è difianza
di cinque onde, e meza» mentre il diametro lolo è d’oncic quattro, & otto
momenti del nollro Braccio Cremonele , figurato nella Geometria famigliare
d’ Ale(landroCapra,P.II. cap.I. p. loi. Per effere la più pregiata Giojadeir
Antichità ,che vanti il Mufeo,conleruafi nel più cofpicuo luogo d’clTo (come
cfprelTe il Pittore nella Prolpettiva di quello , propofta nel principio di quello
Libro ) incafirata in un’ ampia , e maefiola C ornice di legno d’intaglio ragguar¬
devole, tutta me fia a oro, e loftentara da un’Aquila volante co’Fu;roini tra’ pie¬
di , Inlegna propria della principale Deità , che v’è figurata .
9 Concio’fiecolache in quello Bronzo , che tutto l’ orlo hà lavorato di capri-
ciofi fogliami, e fiorami , che noi chiamcrefiìmoarabelchi, [puntanti da un gran
Fiore
i/'zao TERZO. iAP. XXX.
Fiore commentizip; che occhpà mito il manico .tapptefen^dqfi ilmifteciofó
Nafcimcnto di Minerva, per GIÒVE, II quale s
ri rnmmm ami , ■— ventfxndftm mn.Uudtbt
. untinretbi
Nume» faytunt., f fi *»
Od
Minetra .
lt[Ì3Tum *
f»tf. Lìrh,
Od.ii./t.Zi.
Minervtj »
perche nata
dal Capo di
Giove I par.
recipe de'
(noi coligli.
fi'. I}I.
|I4 S EO COSPIANO .
lì raffigura quella delle cinque Imagini intagliatevi , che , per gravità d’ afpecto»
c per proliffità di chioma , e di barba ondeggiante, venerabile , nel mezo di tut¬
te fola affila fi vede come in un Trono, òdi nubi, ò frà le nubi locato : coperta
d’ un manto , che gli fecnde dalla fpalla finiftra , c ,col lalciargli tutto il petto col
braccio defilo ignudo, cade a veftirla dal mezo in giù; mentre colla delira
proftefa regge un Fulmine efprcfio con qualche lembianza di lancia , colla cuf-
pide vergente al baffo: e colia finiftra tiene un’Afta diritta, quafi su quella ap*
poggiandoli , in ifcorcio , che ben palela lo sforzo , che fi richiedeva anco in un
Giove , per escludere dal capo , e perciò con modo al tutto inlolito , un Feto , fin
nel nafcere> bellicofo .
10 £ quella fi è appunto MINERVA, quella che da Greci chiamali, c Pai*
ladc, ed Atena, cfprclTa dalla feconda delle Figure di quello Bronzo, più di
tutte fublime; la quale fi vede fpuntare dal Capo fedo di Giove, colla- Celata
in tefta.d’ alto, c pennacchiuto Cimiero guernitu; e nel rimanente tutta arma*
ta >ed in atto di crollar i’ Afta arreftata nella delira, follevando rotondo Scudo
colla finiftra , quafi vibrandolo ( e perciò da Quinto Calabro fù chiamata-
, cioè Scutum vibrans) non altrimente che fe contro d’alcunofufle
adirata , come la rapprefentò Luciano nel Dialogo che fcrifie di quello aweni»
mento, e, conefTo, il noftro Benedetto Lampridio nell’ Antiftiofe IL della
XXVII, delle fuc Ode Metropindariche , ove la deferive nalcente ,
ili a flavum cinSla caput galea ^
Haftamque movens , clypeumque
Profiluit gravido de vulnere ^
Terrflcum ore fremens.
Tremuit tellus parens t
Et Iseum illuflris domus'.
Il che fù un* additarla per la più Ipiritoladi tutta la Proledei Tonante, già che,
come cantò la gentil Mufa di Francefeo Alfonfo Donnoli , amico Poeta .
Figlie, e Figli ebbe Giove,
Ma di tutti piu illudre, e più vivace
Minerva fù , che fol dal Capo ei fece,
1 1 Ed appunto perche nata folo dal Capo, e non, come Bacco, d’altra parte
di Giove, la credettero! Gentili fola trà gli altri Dei partecipe dc’più fegrcti
Gonfigli del Padre, & operante colla di lui virtù, e facilità medefima, fcriven*
done Callimaco il vecchio nell’ Inno in palladis lavacra .
aV Kctriftvfft, rlS'’ ìrTtAÈf dg,' irntitoif
tlafS.de. irei fuì/ra ^tv'e rlyt Zuya.7Ìpt»r
A«Efr tl^areJa, rarpetta rdfra flptr^cu,
AarpiX^oi, (jiHTtip t’ovTte jt/et* òéar .
A’fxd Alle aopypd. Atif ad Wiinóei
£.''HTtlov àea\ljae oi à ^uydrvp,
ò , come traduCfe Agnolo Poliziano .
e^dnuit his Pallas diclis , quodque adnuit ilU
Perficitur, foli lupptter hoc tribuit
ÌTatarum è turba, qua fini Patris omnia ferre,
Lotrices , Mater nulla Deat» peperit ,
f r.c'i imo lavis vertex, vertex lovis omnia nutu ^
Perficit, nata prorfus idem licitum eli, .
'AI che gentilmente allule Francefeo Bolognetci nel fuo Collante, lib. ii. 71,
dicendo, eh’ elTa è : ^ >
' quella
LIBRO TERZO. CAK XXX, 31^
qùeiU Dca y che fttor det cape Kfettai
Ì.fJendo gii del femmo Padre eterno ^
Seco partecipo de 1' infinita
Sua Previdenza y e fuo Configlio interno,
12 Anzi per la mcdellma cagione gli Antichi la coftituirono Dea della Sa¬
pienza, delle Scienze, c delle Arti : inferendo che ogni cognizione dilcende
dalla Me nteSuprcn:a, e che la vera Sapienza viene folamcntt da Dio : e forfi
r havevano imparato da gli Oracoli del vecchio Teftainento , nc^quali T Eterna
Sapienza di le ftelTa parlando, atreftò d*eflcr ulcita dalla bocca deli’ Altiffimc .
Che però ebbi a dirne ,
E queda fu la vera Pallai l Vero
Giove fu quegli-, ond’ c che , fucr che loro.
Non altra Deità cape il penfiero y
Altra Palla, altro Giove io non adoro,
edellatnedefima potrebbe intenderli il noftro Caravaegilà , dove Invoca Pal¬
lade prelala per guida nel terzo libro dc’luoi (agri Falli , dicendo
Tu mihi y tUy Pallas y virefque, animumque ministra y
fola e$ fummo vertice nata lovis ,
1 3 Rapprelentandola poi di tutto punto armata ,chc pur’ era Portentum , ce*
rebro dtgnum etiam lovis, fimboleggiorno la dilpoftezza della Sapienza, lem»
pre pronta per difendere non che le fteffa , tutte le Scienze , e l’ Arti , come ac¬
cennò il noftro Mulconio Padre ne gl’ Inni in que’ veri! .
T uque fupremi capite erta Panis ,
Divay qua teloy & clypeo corufeans ,
Pr aliis gaudes y & amica Vatum
Protegis Artes.
E così Tintefeil dottilTmo Co. Emanuel Telauro, che nella fua Filofofìa Mora^
le notò a quello propofito , Simbolicamente , ma faviamente fu dette y che Mi¬
nerva Dea della Sapienza nacque armata , dal cerebro di Giove , Dal cerebro y
perche chi hi quella parte pm pura, e più ingegnofox onde Cameade , h avendo a.
difputar contro gli Stoici y purgava il cerebro con T elleboro , Armata y perche
r altre Scienze fono protette y e_ di fife dalla Sapienza , ma la Sapienza e fola,
propugnatrice di fe medefimat e finche non e armata d' invincibili dimofirazio-
ni, non e Sapienza. Nè molto lì Icoftò da quello ler timento il virtuoiìffìmo
P. Angelico Aprofio , il quale nella Grilla)a , Curiofitl erudite di Scipio Gla-
reano , cercando ^ual fia la cagione che da gli antichi Mitologi Pallade venga
finta armata , dopo haverne addotto l’ opinione di Cornuto , che IcrilTe ; Fin¬
gunt eam armis inJlruFlam , cf armatam defcendijfe in hane lucem . Indicat au-
ttm hoc figmentum, quod Prudentia praparetur , (fi accingatur etiam ad maxi.,
ma, dr difficiliima negotia-, e quella di Natal Confi, che lafc'iò Icntto: Nata
efi armata , quod nunquam inermis eli animus Sapientis ad eventus fortuna
vel confilo , vel patientil fuperandos , loggiunle. A me parrebbe di aggiugne-
re , che fujfe nata armata , per darci ad intendere , che fi come le armi fervono
per noHra f carezza: così la Sapienza , in quelle figurata , frva per affi curai
mento del Mondo tutto . E che fi come le Cittì, prive delle armi fono efpefle alle
inv afoni de Nemici: così mancando il fapere , affiliti dalle fquadre deS' igno¬
ranza, una total rovina ne fovraQafie, E ne conferma il luo parerei' nv< ’ità
di quello Scoi iafte di Pindaro,che OiOXÒ.Hinc ed .quod Poeta Minervam A<*V«»r
appellent , hoc ed , populorum fervatricem , quod pr ac laris Mufis , d" Refipublica,
humanarum rerum jUtus conferventur . Exime Minervam ex hoc Mundo ,
D d 2 ' tolle
Dea^ della
Sapiéza, del¬
ie Sc>enze,e
celi' Atei .
Cattar.
Jmag.deSi
Lt* f. mihi
35S.
Pareg. dell*
Equità nel.^
la Calta,
fteolog del
Mamaili,
£• 3* 9*
Perche ar«
mat^ ?
ìae. Alt,
Chibbtf t.z',
LyrK, Od,
14*
lo.Thom'.
Jl4ufc:,n.
Hymn.y.x
L. 17« <'•^1
Crilla iSo
Hemer.
Iliaà. s*
Csrthar,
tee. ett.
Giunone .
3*^
M V $ B Q C 0 S P 1 À N 0
■folle litcras i & liter atos ex hoc terrarum ambitu , adime huic tiniver/i centro
liberalia studia^ nonne cunila intercident ^ ac in informe quoddam chaos ruenti
fecumque omnis boni y totius honefli , cunilarum 'virtutnrn materiem , ac aecus
trahent i Non così volle intenderla Gerardo Dicco , che dal lerio di qut Ilo ai-
gomento cavò una ridicola, ma ingcgnofaconchiulìone, fcriyendonc a Pietro
Cicmeo il (cguente Epigramma , regilìrato pure dal Glareano . ^
y^tis furori imbelles oderunt arma C amoena:
Grammatici femper , quis furor ? Arma colunt ,
Mercurius mitis y cum Phoebo Bacchus inermis
Dicitur: éP Pallas pro loie tela gerit.
Grammaticis igitur cur ft pax nulla requiris?
Dicam y nec falfus forjltan Augur ero .
Hi quoties dolii volunt Monumenta Maronis y
Fronte libri toties Arma, Virumquc legunt
Bella per ^Emathios alibi: nunc Ordior Arma;
Fraternafquc acies^ Magnanimumque Ducem.
^uod (t Graea petant y occurrunt Arma , Necefque
mUw» init pagina prima docet.
Kyfrma canunt omnes bellaci carmine Vates,
Hifioricos taceo y ,^uid magis arma movet?
Hinc ( neque decipior ) do^ijjlme Petre , furentes
Grammaticos metuens y Aegida Pallas habet,
14 E quelle pajonmi interpretazioni migliori di quella, che ne porta Mar¬
ciano in dilpregio delle Donne , forìì per non edere troppo loro amico , dicen¬
do, ederfi finto , che Minerva nalccde dal Capo di Giove, lenza Madre , pti in¬
dicare , che le donne non hanno configlio, nè prudenza alcuna : non sòie per
inerire al detto d’ Arinotele nelle Morali , cioè chele donne non hanno buon
eonfiglio . Il che , come non può negarli d’alcoue , così non deve concederli di
tutte : e ne habbiamo in contrario parecchi elempi del nolli p , e de’Secoli tral-
corfi , apprelTo diverfi Scrittori ,e nel noflro Tratratodelle Donne Letterate ; e
pel Muleo delle PoctelTe; e quando non ci fulTe altra autorità , non larebbe poco
quella deU'Ariollo, che non (oIq ^ttribuilce loro la bontà del conligho, tua
eziandio la prellezza cllemporanea nel proporlo , cantandone .
Spefo i configli delle Donne fonq
Meglio improvifo y che à penfarvi y ufcitix
che quello e fpez.iale , e proprio dono
T ra tanti , e tanti lor dal Ciel largiti ,
Anzi quella favola mcclcfima fà mentir Marziano, lomininillrando motivi favo,
revoli per Icdonnc, già che Minerva pure, che Dea della Sapienza vicn detta,
fu Donna: c quella, come avvertì il P. D. Paolo Botti Teatino, nollro Cremo-
nele, nel'a Donna di poche parole, cap. VI. riconofee per padre il cerebro , e per
madre la teli a di Giove , accio f appiano le Donne , che quanto meno faranno
Doane di lingua, faranno iìimate Donne di maggior fenno , Ma oflerviamu le
altre figure del nollro Bronzo.
15 Perche ad un Parto così prodigiofo pareva necelfario l’ajuto di provide
Olletrici, eccovi per tal rninillero efpreffo rinteryento di GlVNONE, e di
VENERE. Avvegnaché dalla terza di quelle Imagini, llantc alla finiltra di
Giove, avvinta le chiome di largo diadema, Scornata gli orecchi di Gipjc pen¬
denti , & ignuda le non quanto le feende dalla Ipalla delira un lungo manto fino
a' piedi I che fon coturnati, coprendoli una parte dell’ omero finillro, lapprelen-
tali
L l R 0 T E R Z 0, CAP, XXX, 517
ìafijcomciqmidòacredere, GfVNOVE, iaforella , e Moglie di Giove, la
quale forco nome di Lucina , nofi àltritncnte che Oianà,,con cui fù talvolta con-
fufa ( come in quella. vcrfò
Nafcenti Lucintt fnxeji eademque- lìiAnA td)
venne riputata la Dea'^utelare de’ E^erperii , e per tale invocata da Glicetia
spprelTo Terenzio > condire - > ' jn}
Imo Lue in A fer opem',s . ■
Stende le mani ad allevare l’armata Bambina, quali invitandola a difeendere
nelle fue braccia , efprene con parcicolar leggiadria , come quelle, che da Ome¬
ro, il qualeacialcuno Diodà un membro più bello de gli altri, belle t sbianche
lìngplarmenté fon dette , ove da lui appellali
ita AtvcWXfMP ìfpnl
De A candidos lacertos habens luno.
Carthér.
mihf log.
174. 17}-
L aroi.a S,
Ant. Pae„
l, 4* op» 41^*'
Ttr.im
Andr,
Jiidd- ài
16 Per VENERE poi s’inccnde la quarta di quelle Figure, che da tergore
dalla delira aflifte al Nume partoriente, fimilmentccoronatadi diadema, più an> Venete,
gullo però di quello di Giunone , fo'rfì per clfere di Deità a quella inferiore,
quantunque più antica , come quella che diceli edere nata dalla ipuma del Ma¬
re, in cui Saturno gettò Peparti vergognole da elfo tagliate a Celo fuo Padre,
Le cinge il collo vago monile di grolle perle, in legno per avventura, che
nacque dal Mare. Quella parimente, come il Nipote, veftita d‘ ùn drappo
fcendentegli dallà (palla liniftra giù per ildorfo, che mezo ignudo fi mira,e
piovente a coprirla dal mezo ingiù ,Hende colle braccia ignude le mani aperte ,
ecircondail pettodi Giove, quali con quell’ olficiolo abbracciamento lolle-
nendolo nella fatica di sì maravigliofa produzione. E, come ciò non ballalle
per additarla la Deade gli Amori , per maggior contralegno le le vede Icher-
zar dopo le fpalle la Colomba alfegnatagli dalle favole antiche , allo krivcrc di
Furio Publio Fulgenzio nel Libro li. delle lue Mitologie: la quale tenendo
l’ali follevate, quali dibattendole, pola co’piedi (opra il più alto ramulccllo
d* un Frutice , che replicato pure fi vede a’ piedi di Giunone , e lembra Mirto , fe
più tollo non è Granato, corno gtudicòllo Ovidio Montalbani nella Dendrolo¬
giadeli’ Aldrovaffdi,lib. 11. cap. VI. citando vi, e figurandovi quello Bronzo,
c [piegandolo con belle applicazioni Morali. ’
17 Vedefi in quincoluogo effigiato un giovane dibelloafpctto , nudo , fc
non quanto lo circonda sù Tanche un drappo modello , e lo calzano gentili co Vulcano^
turni . Sta col piè deliro sù’i pianocalcatodaGiunone,e da Venere ; e colfi-
nillro foUevato , quali montalle un grado . Pofa col cubito manco sù la colera
alzata , reggendo colla mano di quel braccio una bipenne , ò fiali accetta da due
taglijcon lungo manico, appoggiata all’ omero di quel laro, dal Montalbani
creduto uno Strumento Ginnaltico . Alza , ed incurva l’ alto braccio in maniera
che coir ellremità delle ultime tré dita fi tocca la cima del capo , quali forman¬
do un’arco alla maraviglia, che loia llar come attonito del prodigio, di cui è
fpettatore : le forfi , come intendente del lignificato di quel Parto , non atteg¬
gia T elprelTionc di quell’ apoftrofe di Prop zio a Giove ,
Semina curarum de capite erta tuo,
18 II Montalbani la giudicò effigie di Mercurio, ma io,con pace ditant’ buo¬
no, la credo più toftodt VVLCANO: già che Vulcano, e non Mercurio,
come leggeli appreùo i Mitologi , fù prefente a quel Parto si flupendo; anzi vi
cooperò ftranaraentc,lpalancando a Pallade T ulcita dal Capo di Giove, col
fenderglielo con un gran colpo della tagliente lua Scure di diamante, cosi da
lui medefimo comtpandato, come fende Luciano nel fppracicato Dialogo»
pd 3 etu
#. mihi 3f8i
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Cérthar. p.
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Vulcano a
lutti fuoco..
E,
feed. troie.
3 ft II-
fhornut Itb,
de nMt.deor,
jfS Si y s e 0 C 0 s p I A N 0
c fu efprsffo da Giovanni Sanibuco in quefto Epigramma. ,
Pttlcams, findit \uJfHS caput Altitonantis ,
^^0 latuit menfes Pallas amica decem,
x^rits proveniunt alti de -fede parentis ^
Nafcitur è cerebro quippe Minerva Dei.
^el'acccnnò il noftio Lampridio nel luogo citato diiopra» notandovi .
Nata magno e vertice
Pallas t dternoque love.
Partturo Mulciber
Vulcanius ferro, ac chalyhum ebditit arte.
Illa ^avum cincla caput galeat 0‘c, comelopra,
Ed appunto in un Simulacro di queito Parto , che, allo fcrivere di Paufania,
conlervavafiin Atene, Vulcano, enon Mercurio y’cra clprcHo, cofpe notò il
^ Cartari, che hmilmentc rapprelentóllo in Figura. £ d'elio ponno intenderli
quediverlì d'amica Mula.
ptpiuyil’ de , Keu feufU^ifOtl
IA»¥f uyrn eé0tr »! dàirati
Vt agtde, ai hafia decorano
Vnigenam coluere Athena,
19 Nèparmi contrariaa tale opinione la giovinezza, & avvenenza dell’af-
petco di quella Imagine, ftimata impropria di Vulcano, come quegli , eh’ è lo-
lito ad cflferc elprello nelle Fucine dell’ Etna , d’ età molto av vanzata ( c perciò
lovente rapprelcntante l’ in verno) tutto Iquallido , ed irto , affumicato , e zop¬
po . Perche , le quelle orride fattezze , che pure lignificano belle proprietà del
Fuoco lottolunare , convengono al luogo, ed all’eflercjzio, in cui fingefi im¬
piegato : c quelle leggiadre s’ addattano al Ciclo , in cui , chiamato dal Padre ,
collocòllo il Pittore : ed al miniltcrio quivi ingiuntogli ; non potendoli meglio
indicare il vigore d’ un Nume eletto PercufTore di Giove, che col proporlo gio¬
vane, e ben dilpofto . Al che, più che ad altro, forfihebbe la miia l’ Artefice ,
che figuròllo, valendoli, fino in quell’ Antichità , del Privilegio dcH’Arte, che,
come la Poetica, permette le licenze, quando fiano giudiziole. Onde correi!
Frovcibio
rnmmmm mmmmm _ PiPfortbus , atque Poctis
^^^idlibet audendi fempcr fuit aqua potcHas .
Oltre di che là miglior conlonanza al Icnlo miltico di quella Favola la difpo-
llczzadi Vulcano, che le fattezze da altri attribuitegli . Perche, come Giove,
col partorir Minerva dal capo , lapprelcnta rhuomo faggio, che coll’Intellet¬
to el pone alla luce Parti d’eterna gloria ; e fe Minerva nàlcence dal cerebro del
Padre , che veramente
Edit no.hile germen,
lignifica l* Induflria , Figliuola deirapplicazionc mentale , che inventò tutte le
Arti utili all’huomo: così Vulcano, che pure èFigliuolodi Giove, efpreffo
giovane, e dilpofto ,fimbolcgoia il Fuoco ,ch’è il più agile di tutti gli Elemen¬
ti , c cagione della perfezzione di molte Arti. EpcrciòFornutoncfcnffc. Ar*
tes Minerva, atque Vulcano tributa: Minerva , propter prudentiam , & indu,
ftriamx Vulcano , quia prasiet ignem, quo plurima artes perpetuntur . Ed ap¬
punto il cooperar di Vulcano alnalcimcnto di Miner va, elpi ime in figura l’aju.
to,chele Artitradilorofidanno.el’eflerne nate molte per opera deli’ altre:
ed in particolare dinota il benefìcio, che dalle Mecanichenfultà alle Liberali,
c , non che a quelle, alle Scienze medefime . Cosi Vulcano là conofccre ch’egli
è, come dille il Poeta, qui
319
LIBRO TERZO, CAP. XXX,
«■"— ■■ — — i* qui fufcitet Artes
Ignotas folers ,
Che però fù finto che all’opera di lui rìcorrelfcro i Numi nelle occorrenze di
qualchecofa Mecanica, Giove pe’ Fulmini, cquani* altri, òperfe, ò per altri
hebbero genio bellicpfo, per l’ armi : e che tra l’ altre cole , a tutti fabbricalTe ì
calzari di diamante, cotne racconta Igino; i quali /orli vengono lignificati da fAi,
quclii.chcluronodal Pittore efprelfi nc’ piedi delle quattro maggiori Deità,
figurare in quello Difeo. Eleperleludetteragioni, & autorità, quell’ ultima
Fi gura dinota Vulcano, fi feorge quanto diflèntilTe dalle tradizioni de’ Mitolo¬
gi la Mula di Gio. Giovacchino BockenhofFer d' Argentina in quel Poemetto
Elegiaco , eh’ egli fcrilTc in lode di Carlo Patini , gran Rilloratore dell’ Antichi¬
tà , premefio al Volume delle Medaglie Imperiali mediocri , e minime di bron¬
zo del medefirao: rapprelentandovi quello rpodo di partorire trovato dado*
ve per fuppjire alIaRerilìcà della Moglie : e perciò eìcludendone Vulcano (che
pur fu figliuolo di Giunone) comenon anconato: e facendo che Giove mede-
fimo da le fteifo fi percotefie il capo , per mandare in luce Minerva . Conciofia-
colache così feri de.
Ok fteriletn thalamum , vacuamque propagine fiirpen»
/Ethereum fingunt ìngemuijje lovem,
Vxer erat Regina Deùm ì non illa Marito
Principio peperit pignora chara thori ,
Ne tamen exiguo Superum genus omne periret
Tempore, confulutt luppiter ipfe Jihi,
Percuffitque caput \ duro hoc difrumpitur iila,
E cerebro Pallas protinus orta fuit.
Et galea fulgebat apex , clypeoque corufeo
Virgineum Ii atim muniit illa latus ,
Egregium facinus, non indignumque Tonante,
^Hod Bupuere homines , quod Jlupuere Dii, (jrcl
2 0, Storgonfi a lato di cialcheduna delle mentovate quattro Figure maggio¬
ri di quello Bronzo alcuni caratteri , i quali , a mio credere , fono il più ragguar¬
devole de’ Monumenti quivi efprefiiu e foli autenticano quellqOifco per anti¬
caglia Tofeana . Perche fono particolari dell’ antica Etruria , e ci rapprefenta-
no alcuni vocaboli del linguaggio proprio di quella Provincia al tempo de’Lu-
curaoni , perdutoli affatto dopò che Turrenio ,l’ ultimo fuo Rè , confegnòlla a*
Romani CCCCLX. anni dopò l’edificazione di Roma. Non dubito però che
non lignifichino i Nomi delle Deità , preffo le cui figure furono intagliati. Ma
quanto è facile l’interprecarnc il lignificato, palelandolo i Ritratti medefimi,
altrettanto è difficile l’ cfprimernc il vero fuono , & il pefo . Conciofiacofache
quella lingua da Romani , e daGalli,che per più Secoli dominorno quel Paefe,
fù fuppreffa in maniera , che nè meno tra poRerì Nazionali ne rimafe vclligio;
attcllando Dionigi, r Alicarnalleo, che a’ fuoi giorni tra gli Arufpici Tolcani
nè pur’unotrovòlli, che ne hayefie cognizione, E pure quegli erano huomini
di molta letteratura, e di Angolare dottrina; e da elfi, come da tanti Oracoli ,
configlia vali Roma, la Reina del Mondo, ne’ più pericolofi frangenti. Onde
con gran ragione lene vanta la Tofeana medefima in quel Panegirico cjel P. Si-
gifmondo Regolo da S. Siivcrio , delle Scuole Pie, foavilfimo Cigno dell’ Ar¬
no, e degno rampollo della nobiliifima Famiglia de* Coccapani, ch'egli inti¬
tolò Regius , f ve. Ser^enifs. ac Reverendìfs. Princeps Leopoldus ab Etruria^
s.R.E. Card. Sacerdotio initiatus , tnttoducendola a cantar di le flella ,
Vft
TU 16.C.4.J.
Jt. Legt in
//«/. Ptttr.
t'
t,4,‘A,V.C,
t2J). p.ui.
Ali. Dend.
^ 2» p* Ó0<^.
S E 0 C 0 S P I A N 0
Vifa dia felix cum fecula, frifca viderent
j stare meas olitn Tufcis Lucutnonibtis arast
ridere venturis neftro fub Arufpce Roman* »
Illam ì Ó" fatidicis moderari Legibus orbem t
Vates per que meos cacas inquirere caufas^
Vel cum fulmineis tremerent Capitoli a flammis ,
Vel formidarent fubitam delubra ruinam.
Cum trifidi caderent atris e nubibus ignes.
Multaque thuricremas caderent flmulacra per arasi
Seu baccharetur dominam fera Pe/lis in Vrbem >
^jiidve fibi dirus telluris hiatibus Orcus
Pofceret, infolitis aut fiderà lucida flammis.
Cum premerent animos atrts minitantia monHris.
ai Ma fe nè meno in uno Iftituto d’huomini di tanto fapcre, e credito,
com’ erano gli Arufpici, potè confervarfi l’ Idioma de’ loro magg ori, egli è ben
necedarioche alta ne fullela cagione . E forfi ciò avvenne per non enervi Libri
di quella lingua , ne’ quali ella poteiTc cternarfì , come quella de gli Ebrei , de*
Greci, de’ Latini, e d’altre Nazioni erudite; ò perche gli antichi Tofcani,
quantunque dediti alle Lettere, & in particolare a gli ftudii della Filofofia, e
della Teologia, come notò Diodoro Siculo, non haveffero coftumato diicri-
verne V dumi , intenti a communicare le loro dottrine in voce , e non in iicritt >>;
ò pure fe lafciorno qualche memoria letteraria ( già che citanfene alcune da Pli¬
nio ) quelle , ò non ferbaronfi ; le non portate in latino , come qualche reliquia
delle loro Leggi tra le Decemvirali, che da’Giuridi Latini s’appellano delle
XII. Tavole , c tra effe quella: HETRVRIM PRINCIPES DISCIPLINAM DO¬
CENTO; ò furono in tutto didrutte da gli ftranieri, cheli lìgnoreggiorno, lo: li
per tema che la gloria de’ Tofeani non olcuraffe la loro . Quindi non è maravi¬
glia chea nollri tempi lìano molto rare le anticaglie Tofeane, e tra quelle ra-
rilTima la prelente.
2 2 Contuttociò non fono mancati huomini di molte lettere , c’ hanno prete-
fo d’ intendere i caratteri in effa Tavola incili. Felice Ciatti Minorità , che men¬
tova quello Bronzo nelle lue morie di Perugia , afferendo d’haver trovaro il
modo di combinare le Lettere Etrulche, dice d’haver combinato per Dias il
nome elpreffo dal capo di Giove. Non proponendo però egli quel Icomorio
di leggere tali caratteri, e non motivandone ragione alcuna, dubito che non
legga anzi a capriccio, che nò, e con principii più tollo Greci , che Tolchi , già
che i Greci Giove appellano isul. Delle altre dizioni poi non aie fà parola . Il
Montalbani nel luogo fopracitato, in \cczàiDias , legge ANIL-, e dalla fac¬
cia diGiunone DNAOi apprcllo Venere ANLAO-, e lotto il braccio deliro di
Mercuiio, com’egli intende, ò, come a me ferabra, di Vulcano, MNALOES ,
La qual Iczzione, quantunque congetturale , parrai affai più ragionevole, che
quella del Ciatti: avvegnaché fondata sù la fimiglianza che quelli caratteri
tengono con gli antichi Latini, e Greci majufcoli: effendovene alcuni, che
nulla varianoda Latini, e da Greci, come A, I, M ; Scaltri, chenon differilco»
noie non nell’ cllcre {travolti, rapprefentando volte a liniltra quelle lettere E,
D,L,N. Cosila © raflomiglia un’O, nonhavendodi più che ilpuntocen-
tralc. Dal che lì può far congettura, che la formadi molti de’ caratteri Latini
non fia che una riforma de’ Tolcani: c che i’ulo di quelli, portato pertuttoil
Mondo, habbia nella Tolcana cagionato il difulo di quelli. Anzi è verilìmilc
che molte delle ricchezze della Lingua Latina lìano Ipoglie illuftri della T olca
diftruc-
L l 'B K 0 T E \ Z 0, CAP. XXX, jn
di brutta ; eiTendo certo che i Romani convertirono in ufo loro le migliori delle
cofe virtuofede’Tolcani ; de’ quali perciò favellando Diodoro Sied ano, beh*
be a dirne , imitati poflmodum Romani y in melius cunifa ad fuam Remtu^
blicam tranftulere. Alla 9 però , che dai Montalbani jeggefiper O, io non ar»
direi di levare il Tuono , & il pefo della lettera Greca , che rappre lenta ; potendo
i Tofeani ha verta prela da Greci , che vennero in Italia dopo la Guerra di Troja,
edendo Hata inventata da Palamede in quel lungo afsedio. Onde potrebbe pro¬
nunziarli DN4THy ANLATH^ MNALTHES , Di che però mi rimetto a mi««
gliore Indovino : già che ( come notò Bernardino Baldi , Abbate di Guallalla ,
fin nel Titolo di quel fuo Trattato, ch’egli infcrilse InTabulam aneam Eugubit
in Vmbrià repertamy lingua veteri Hetrufcà perferiptamy "Divinatio y cfùltam*
pato in AuguHadel 1613, in 4.) non è altro, che giuocare a indovinare, il vo¬
ler leggere, dt interpretare pochi caratteri d’una lingua in tutto perdutali da
circa venti Secoli addietro : Per ravvivar la quale , nulla può fervir 1* Alfabeto ,
per Etrufeopropofto dal P, Iacopo Bonaventura Elpbruno Scozzefe dell’Or*?
dine de’ Minimi, e da efso publicato in una gran Tavola d’ Alfabe i> pretelì
delle fettantadue lingue; avvegnaché non contenendo alcuno carattere limile s|
quelli di quello Difeo, non può non efserefuppQllQ,& inventato a capriccio.
Non dubito però che , ove non giunfe la baldanza di quelli , non lìa per arriva*
re l’intelligenza di miglior Interprete, che farà per avventura il dottidimo Pa¬
dre Atanaho Chirchero dell’ lUuHrilTima , e Religiolìlfìma Compagnia di GIE«
SV: il quale , lì come hà faputo cavar dall’ oblìo l’antichillìma Lingua Copri*
ca col Libro intitolato: Prodromus Coptus , in quo tum Lingua Copta , fìve^
JEgjptiaca y quondam Pharaonica^ origo y atas yvicijfitudo y inclinatio , tum, hiero»
glyphica Liter atura indauratio y nova methodo exhibetur , Roma anno 1643.4,
C rellitoirla in quell’ altro, che porta il titolo: Lingua Mgyptica reFiituta , qua
Idiomatis primavi Mgyptiorum pharaonici , vetuFiate temporum pene collapfiy
est abiìrujts Arabum Monumentis injlauratio continetur . Roma anno 1643. 4,
& illultrarla con tanti altri eruditidìmi Volumi , che delle più allrufe antichità
Egizziache hd publicato ; onde, paragonatolo ad Orapoliine , potè dirne ami¬
ca Mula,
■ ■■ ■ Memphiticas adeo > Kirchere y Figuras
Calles y ut Fludits cedat Apollo y tuis ,
Così mi perfuado lìa per ravvivare la morta lingua Tofeana in quell’opera,,
che, tra le molte ch’egli tiene alPordine per leS/ampe , porta l’ilcrizzionc :
Iter Hetrufeum , quo Hetruria tum prip:a , tum tempore Reipublica Romana y
tum pofteray origo y /itus , natura y politica y catadropha , monumenta facre prò»
fana^ nec non natura admiranda y triplici ratiocinio y politico^phvficowgeographU
co deferibuntur y & explanantur . Nella quale egli adduce la Figura di quello
Difeo , e la fpiega , li coni’ egli m’avvila con fua data di Roma li ap. Marzo dcl-
r annocortente 1675, mollrando la dima che fidi quella bella anricaglia co*
feguenti periodi, ^uod vero me de nefeio qua tabula antiqutfsima anet difeiy
(jr Deorum eclypisy ér charaFieribus prifea Hetruria Itngu a inarata certiorem
reddis ; equidem , ut ingenue fateor , non memini e\ufmodi tabulam aut me vi^
di/fe y aut literis clari/simi Montalbani quicquam de ea indigitatum mthi fuif
fe . Vtique magno me benjeficio petitum arbitratus fuiffemy f taliy fr tam: pretio»
fo antiquitatis cimelio potitus , in ea prò tenuitate ingenii mei exponenda , aut
illuFlranda , operam meam conferre valuifem : prafertim cum in Opere (cui tU
tulus Iter Hetrufeum yVel Vniverfalis Hetruria tripartita Deferiptio) valde dif»
fufus firn y & in veterum Hetrufeorum liter atur* eruderanda curiofus , Magnum^
'M>. Ltt indi
Chry forne l.
di(t. 122,0’
af. Aldr. iH
Dendr. l. i,
e. f.f.fés.
«13*
'M S E 0 C 0 S P l A N 0
J'af2e dilio Operi ^ ^ augtnentnm , ornamentum accidtfftt ]am adeò dnJJdcra-
tnm dieta T abula veteris fapientia Jymbolum . ^toniam vero in j Vir an!tisf~-
fimo i iHiits modi in Dendrologico eruditifsimi Montalbani Opere l, 2. c. 6. con¬
ti neri mihi innuijli^ Hatim^relicìis omnibus , illud defiderio contuendi ^ tandem
repertum , examinavi , dr egregie ab amico illtiUratum inveni ; haud incon-
grttum effe cenfui idem operi meo infertum , pro opella mei nonnullis fcholiis ,
cum utriufque & Tui, dr c lar if simi Montalbani honorifica mentione fadla ili»-
tirare , &c,
23 L’ ufo di quefto Difeo, dal Montalbani fu creduto il fervire di Patera ne'
Sacrifizii de gli antichi Tofcani . 11 che può concederli , quando s’ intei-da de’
Sacrifizii mortuali. Ioperòoflervo,chcfervifle di Coperchio d’ Vrna Sepol¬
crale, come da principio accennòflfi. Perche, come ricavo da una lettera del
Sig. Francefeo Maria de gli Azzi , che ne fù pofleflore , c per tale viene con lode
mentovato dal Ciacti : colla quale accompagnò il dono , ch’egli ne fece , al Sig.
Cavalier Caltiglioni ( da cui , con ella lettera fù polcia mandato al Sig. Marchc-
fe Colpi ) lotto la data d’ Arezzo 1 6. Gennajo 1 644. fù trovato in Arezzo , Cit¬
tà dellaTolcana ,eBaliaggiodelSig.Marchele, nel fondamento dicertamu-
raglia, circa l’anno di noftra falute 1630. lopra un Vaio di bronzo ripienodi
ceneri: dentrodcl quale v’ era un’annellod’orofiniflìmo, che valle circa lire
vinticinque di quella moneta, & in vece di gemma racchiudeva una poizione
di cenere da gli eruditi creduta quella del cuore del Defonto . E perche quindi
argomentòlTi, che quegli luffe un gran Perfonaggio, e per avventura uno de’ Re¬
gi della Tolcana ,fùvi chi, lenza riflettcread altro giudicò egli effere ftatoPor-
lena Rè di quella Provincia, lalciandone quefto dittico ,
K^d Illudrif simum Dominum Marchionem Cofpium
de Vrna Porfenna Operculo»
Porfenna ei neres Vrna pars ifla tigebat,
t^Jferit hac mortem, vivere teque facit»
2 4 Che quivi però non luffe l’ Avello di Porfena , lo convince l’ Iftoria , che
Io palela lepolto altrove , cioè pretto a Chiulì, Città pure della Tolcana, in quel
fuo magnifico Monumento col laberinto: havendone lafciato Icntto Varrone ,
in un frammento che leggiamo appretto Plinio. Sepultus eft fub vrbe eludo, in
quo loco Monumentum reliquit lapide quadrato. E perche quefta Fabbrica fu
latta a competenza delle più inlìgni di tutto il Mondo, anzi , come dice Plinio ,
ut externorum Regum vanitas quoque ab Italis fuper aretur , non fono datrala-
Iciarfi le altre parole di Varrone . Singula Utera, foggiunge egli , pedum lata,
tricenum, alta quinquagenum-, inque baf quadrata intus Labyrinthum inextri.
tabilem: quo fquis improperet f ne glomere lini , exitum invenire nequeat . Su¬
pra id quadratum pyramides dant quinque , qtiatuor in angulis, in medio una,
in imo lata pedum feptuagenum quinum, alta centumquinqiiagenum : ita fall i-
giata , ut in fummo orbis anetis , dr petafus unus omnibus fit impofttis , ex quo
pendeant excepta catenis tintinnabula , qua vento agitata longe fonitus referant,
ut Dodona olim fadtum . Supra quem orbem quatuor pyramides infuptr fngttlx
txtant alta pedum centenum» Supra quas uno folo quinque pyramides , quarum
altitudinem pudet adiicere. Ma queft’altczza fù elprella da Plinio , eguale a
quelladitutia l’Opera, le tale pur effer poteva, loggiungendo : Tabula (io
leggerei più volontieri Tabula ) Hetrufea tradunt , eandem ftiijfe quam totius
pperis .
2 5 Ma tornando al noftro Difeo, s’ egli , come s’ è provato, non fervi di Co¬
perchio all’ Vrna di Porfena, poc è ben fcr vire a coprire le ceneri di Perfonaggio
/ non
Hotn, hymì
fs Afeli»
Lee. tifi
LIBRO TÈRZO. CAP, XXX.
non meno illuftrc, e forfi più antico di quel Rè> s’egli è vero che limili Co¬
perchi di bronzo per le Vrne Sepolcrali lì ufalTero fin quando Enea venne in Ita JliytkelA.j,
iia ,come notò Natal Conti , e ne habbiamo il rilcontro appreflo Virgilio, nell’
Elequiedi Mileno,dovclalciò Icritto.
Peftquam colUpfi cineres , 0“ fiamma quievit,
Relliqtiias vino, ^ bibulam lavere favillam,
Ojfaque leSla cado iexit Chor incus aheno.
Nel qualJuogo lotto nome di Cado di bronzo vien lignificato un Coperchio
d’ Vrna Sepolcrale limile a quello . Ad cmolazionc del quale pare che fia flato
fatto quel Coperchio , parimente di bronzo , d’ Vrna Sepolcrale , di quello pe¬
rò minore, che figurato fi vede ne gli Annali di Perugia del Ciatei. Perche, fe Lee.eitl
in quello v’ è intagliato il Parto di Giove , che lenza Donna concepì Minerva ;
in quello effigiato fi mira un Parto^ che Giunone la Moglie di Gio ve, fenz’ ope¬
ra d’huomo, emolando il Conforte ( com’elTa pure altra volta lena’ opera
d’huomo partorì Marte) fé nalcere dalla Terra: e quelli fu Tifone, quegli, Carthar. f,
che da Platone nel Fedro vien chiamato beftia di due nature, poiché dal mezo *»*^*418»
in su fembravahuomo , dal mezo in giù Serpente. In quello però del Ciatti
non ci fono caratteri, come nel nollro : i quali in quello fono contrafegno di
maggiore antichità . Imperoche , come offervò anco il Conti , i primi Artefici ,
c Pittori , non rapprefentando troppo al vivo la natura delle cofe , ch’elprimere
volevano , per lupplire alla r ozezza dell’ Arte nafeente , & al difetto della cola
daellìnonaballanzaefprelfa, apprelTo le Imagini intagliavano il nome della
c«fa, che delinea vano. Et appunto le Figure del noftro bronzo fono propria¬
mente delineate, cioè fatte con linee . Della qual forte di Pittura gli Egizi! fan¬
no inventore un certo loro Filocle; ed i Greci un Cleante da Corinto j quelli
però delincavano con i colori . I primi poi che praticallero il delineare lenza co¬
lori, come nel nollro bronzo, per relazione di Plinio, furono Ardice da Co¬
rinto, e Te lefane da Sicione: dalle Patrie de’ quali tal lavoro fu denominato
Corintio , e Sicionio ; ed in elfo la mancanza de’ colori introdulTe la neceflìtà di
notarci nomi apprelTo le cofe dipinte, fcrivendone Plinio, là dove della Pittu-
ra favella : Inventam linearem dicunt a Philocle Mgyptio , vel Cleanthe Corin^
thio . Primi exercuere Ar dices Corinthius , ér Telephanes Sicyonius fine ullo
etiamnum colore , jam tamen fp argenteo lineas intus. Ideo (jr quos pingerent,
adferibere inBitutum,
26 Oltre il Ciatti, il Montalbani, cd il Chirchero, fcrilfe di quello Difeo
Sepolcrale Tomaio Bartolini Danefc, Medico, & Anatomico famolilfimo: il
quale coi mezo dei Serenilfimo Principe , hora Cardinale Leopoldo de’ Medi¬
ci ne ottenne un’ efatiflimo difegno dal Sig. Marchefe Colpi (come raccolgo da
una lettera di S. A. S. delli 1 3. Novembre x 660. ) per adornarne il fuo Trattato
de Puerperio, ha vendogli indicato la fingolarità di quell’ Anticaglia il Sig. Gu¬
glielmo Langio fuo Nazionale, che molto tempo prima l’haveva veduta nella
Galeria del Sig. Marchefe. Nel qual Trattato, che per anco non hò potutove-
dere, mi figuro quella Tavola notabilmente illullrata, efsendo quel Letterato
d' Ingegno veramente Linceo , mentre penetra egualmente nel più bujo dell’an-
tichicà , che ne’ più ofeuri fecreti della Natura , come dimoflrano le di lui Opere
in amendue quelli generi di dottrina publicate , e trà le Filologiche parricolar-
mente il di lui curiolilfimo Trattato veterum, prafertim Zfanoyum,
(lampatoinHafaiadel 1647. 8. e le .^efitoni Nuzziali date in luce del 1670. ,
etràleFilolofiche, e Mediche, le Anatomiche : per le quali meritò d’elscre
dall’ Angelica Penna del P, Aprofio canonizato per il maggiore Anatomico, che y
fio,
C/£/Ì4IIJ.I0
var. hifl.
C. IQ.
3^4 MVSEOCOSVIANO
JÌa (lato fift qui prodotto dalla, Natura y che con tanti ritrovamenti bavera pian^
tate le Colonne del NON VLVS VLT RA alla Profefsione , In propolito diche
nell’ Ateneo Poetico , ove le ne favella non lolocome di Medico , ma come di
Poeta inligne ,e grand’ Encomiaftede’ Poeti Medici , come vedefi dal di lui Li¬
bro de Poeti f Medtcisy fovviemmi d’haver notato.
T bontà y in Re Medica plus Coo Lynceus airgo.
Et magis in Numeris y quam Plato y mellifluus:
Nt quoque fcripfljfesy te confpicientihus ipfe
De MEDICIS poteras EATIBVS effe LIBER.
»7 Ma le non hò potuto vedere ciò che quel grand huomo fcrifse di cosi
bella Anticaglia, ne meno fia già mai polìibilc, che io, od altri in avvenire lo
vegga. Perche, come ricavo dalle Lettere dellopramentovato P. Aprolìo, in
anatemi dopo Icritte le precedenti cole, quello cruditiflìmo Trattato perì nell’
incendio della Libreria dell’ Autore , nei quale parimente reftò incenerito il
Cornelio Cello di Giovanni Rodio ,& altri Manulcritti degni di tutt’ altra luce ,
che di quella del fuoco. Nè fù poco che vi rimanelsero, il Riftrettodi tutta_
r Opera , e la ferie , e titoli de’capi , quello , perche prima che s’ abbruggiafse la
Libreria era flato publicato in Hafniadcl 1646. con tale ifcrizzionc Thom&Bar-
ihalini Cafp. f. Antiquitatum veteris Puerperii Synopfls , operi magno pramifflay
ccoftituilce un Libricciuolodi non più che 34. catte. Quella, e quelli, perche
ferbatilì trà fogli volanti della Biblioteca dei medefimo P.Angclico: il quale,
dopo havermi di tutto ciò ragguagliato in data del primo di Maggio dell’ anno
corrente 1 675. fupponendomi di tutt’ altro talento , che non fono , m’ elortò ad
impiegarmi nel rifacimento d’Opera sì nobile, Icrivendomi. J^uefla farebbe
una fatica degna della erudita penna di V, S. e lo potrebbe fare Jenz^a tema
4' incorrer nota di plagiario y fpiegandofi nell* oc cafone di fcr ivere , venutagli
propoli a da gli amici , che non (affano di deplorare i ’ incendio della Libreria , e
con effa di qtiefto Trattato. E mandandomene a tal h'ne gli argomenti , chequi
trafcrivo,acciò s’ altri di miglior nerbo per queita imprcfa volefle applicarci,
polla più facilmente abbracciarla , loggiangc . Onde ter maggiormente muoverla
non po^o afienermi di mandargli gli Argomenti ài tutto il Libro , che mi ritro¬
vo tra le c art ac eie ; e quando bifognajje non mi fai ebbe di feommodo di fcrive^
re la Sinopfl,
Index Capitum de Nativitate Veternm .
Cap. I. de Puerperii def derio . IL de Puerperarum diata. III. de Puerperarum
privilegiis. W .de Puerperarum acitonihus. V .de Puerperarum habitu . VI de
loco Puerperii . W\. de Cenet a Mana , V\\\. de Poflversà y & Prosa . IX. de Eu¬
genia y 0“ Fluonia. \,de Nixis Diis. XL de limone Lucina. XII. de Puerperio
ipfo y & Natali Die. XIII. de Infantum lotione. XIV. de Infantis in Terram
depofltiane . XV. ^jiomodo e Terra Infans tolleretur? XVI. de Infantum expo-
fitione. XVII. de Infantum Involucris. XIIX. de Infantum Cunis . XIX. de
Virgis Natali iis . XX. de ObUetrice . XXL de Nutrice . XXII. de Genio Nata-
litio. XXIII. de Diis Natalitiis reliquis . XXIV. de Ploratu in die Natali,
XXV. de Gratulatione Natalitia . XXNL de Infantum oblatione . XXVII. dc_j
Muneribus Natalitiis . XXVIII. de Lccìo Puerpera. XXlX. de Manuum a par¬
tu ablutione, XXX. de Ludr aliane Natalitia, XXXI- de Circumcifione Infan»
tum . XXXÌl. de Nominum impofltione . XXX\l\ de AElis Natalitiis . XXXIV.
de Primogenitura . XXXV. de Procuratione Monjlrorum . XXXVI. Purifil
catione Puerpera , XXXWÌl. de Corona Natalitia . XXX\ III de F afeino In¬
fantum, XXXÌX. de Infantum Symptomatis , Xh.de Infantum Funeribus , XLI.
df Natali tiis Diebus folemnibus . Epi logus . Del-
L l n KO TÈRZO. CAP. XXXt, 3 1 5
DeUe Lucerne antiche di terra cotta ^ e di met allei
Cap. XXXU
I r Vrne delle ceneri coftumorno gli antichi di collocar ne gliAvelIi
ancora delle Lucerne: acciò > ardendo ivi lungo tempo «collo fcac-
darne incelTantcmente le tenebre , duralTeroluminofl indizi! dell* immortalità
dell’anima , c della chiarezza del (angue, ò dell* opere di chi vi giaceva incene- ’***
ritojcome avverti Fortunio Liceto, celebre Filofcfo, ed Antiquario del noftro L%ctt. de ^
Secolo, che ferine un’ eruditiflimo Volume di quello argomento, che porta il
titolo de Lucernis antiquorum reconditis ^ libri IF, e fù (lampato in Venezia, cìrrùt. '& t
peni Deuchino MDCXXI. 10 4. Ilqualepoiaccrefciuto di più della metà fù
riftampatoin Vdine MDCLII.inf. IntrodufferoqueftaufanzagliEgizii, eda ce»1{'jeR.6.
eflfil’apprefero gli Ebrei, da’ quali fi trasfufe a’ Gentili Greci, c Latini : eda
quelli pafsò ad alcuni Chrilliani della primitiva Chiefa, tra quali giunfead Uumifmi
acqu ftar vigore di rito religiofot collumandole i medefimi non tantum ad lui Jmfer.p.i6t
fnen inducendum y tenebrafque pellendas y come notò l’eruditilfimo Patini, fed 1
Ó" latitia causa y qua podmodum in religionem verfa ejl . Vna delle quali pen- p. 234.*'^’^*
10 che fuffe quella Lucerna da due lucignoli, chefùpolleduta da Bartolomeo -^rtng.Romi
Ambrofini,edaefforammemorata , e propofta in figura nel Mufeo Metallico
dell* Aldrovandi , coll’ Imagine d’' un’ Angelo (colpitovi nel coperchio, per * * *
cootrafegno della Religione del Defunto .
2 Erano quelle Lucerne, ò di terra cotta, ò di metallo: &in effe ardeva
una materia (limata di si lunga durata , che il fuoco appiccatole , per quanto di-
moraffechiufo nelle Tombe, credevafi non mai venir meno. In prova di che
molti adducono il tellimonio di veduta di certuni , che , (cavando la terra , fi (o- Sartcl.Ritr.
no avvenuti in qualche antico Sepolcro : e , nell 'aprirlo , riferifeono d’ havervi
(corto il lume , che poi mancò fubito , fuffocato dall’ aria impro vifamente colà
entrata: rimanendovi il fungo del lucignolo ancor fumante. Di che adduce (e
medefimo per tellimonio oculato l’ Aldrovandi, ollervatone fin da fanciullo il ‘ ’ *
calo in Bolog >a nell’ aprirli un Sepolcro vicino alla Chiefa di S. Giobbe . Cosi
al dire d’ uno Storico, (uccefie nell’ invenzione del Sepolcro di Pallante, Gigan¬
te (coperto in Roma al tempo d’Arrigo II. Imperatore con quello Epitaiìo.
HIC lACET PALLAS FILIFS EFANDRl, ^EM LANCEA TFRNl MI¬
LITIS INTERFECIT , Così afferma il Porta edere accaduto nello (coprirli a* Pcrtalte»
funi giorni nell’ llola di Milita il Sepolcro d’uno antico Romano; c cosìattella
11 Panzirolieircreoccorfo nellolcoprimentodella Sepoltura di Tulliola figlia tir'et.derek
di Cicerone, trovata nel Pontificato di Paolo 111. Ecosi narrai! Mo(cardoo(>
fervatoli in altri Sepolcri difforterrati in Elle, & altrove . E che lo llelfo fiaavve-
nuto in altricafi limili ne fà pur fede il Licetò, fé ben mi ricordò, nonhavendo ^'3*2.
bora alle mani quel Libro, nè elfendo in luogo da poterlo vedere. Dal cho
quelle Lucerne trafiero il nome di Lumi Eterni : il quale però , quando tutto
ciò fu (e vero, più che alle altre, converrebbe a quelle, che non perancofeo*
perte,col venire alla luce, non hanno perduto^ propria luce.
3 Ma quanto più al chiaro credefi la maravigfiofa durevolezzadi que* Lumi
fepolti , tanto più ali’ofcuro giace la compoliziòne dell’alimento loro inconfu-
mabiie: mentre, per quanta 1 uce diffondefiero ne gli Avetti.no n’è mai penetrato
un piccolo barlume a (coprirla nelle tenebre dell’ antichità, dalle quali fù affor¬
za quando ne cefsò l’ ufo : nè, per quante Lucerne fianfi fin’ bora diffcpelite ,hà
mai potuto rinvenirfi. Che però alle congetture fù nccefiario che ricorrefiero
Ec
Ittrei. l, t,
f.4.
Xm, cit.
Wàrté lec,
€ft.
jildr, Mu/»
f.
liS M y S B O c 0 S P l AH 0
%egl’lngegni, c’ hebbcro curiofità di metterfene in traccia . Credettero alcu-
**i,chequcfto licore fuffe olio commuoc miftocon falercforfìnctraffcro il mo»
*ivo, da gli Egizii, i quali non folamente furono i primi ad introdurre le Lucer¬
ne ne’ Sepolcri .macoftumorno ancora la compofiatione dcH’olio, c del fale
nelle Lucerne, c particolarmente nella Feda di Minerva Samitana: che con
gran concorfo di popolo, ócaccenfione di Lucerne piene di (ìmilcmateriafo-
leva celebrarli non foio in Sami Città dell’Egitto, dov’era il famofo Tempio
di quella Deità , ma eziandio in tutta quella vada Provincia: (crivendone il
Padre delia Greca Idoria Erodoto, come lo fà parlare il Padre dell’Epopeja
Tofeana Matteo Maria Bojardo, Conte di Scandiano (da cui, nonaltrimentc,
che da Omero .Virgilio prefe l’argomento, & il meglio delle Idorie dclfuo
Poema l’ Ariodo ) che quando mila Città di Sami s' adunano ( parla della copia
de’foradierico ocorrenriallafopramentovatafeda) lanette tutti Hanno fuori
delle mura al difeoperto , accendono tante Lucerne , eh' c tino fiupert . ^Jtejìe
empiono d ’ olio , e di fale , con molta fi oppa , e fanno le ardere tutta la notiti ,
Chiamafi quefta feBa 1' accenfione delle Lucerne. Coloro ■, che a quejlo Sacrificio
non vanno , accendono pero tutti quanti le Lucerne nelle fue Città a cafa fua , e
faft quefio univer falmente per tutto 1' Egitto , Dal che però non può feguirne ,
che l’olio filato fu(le l’ alimento delle Lucerne Sepolcrali: perche febeno
queft’ olio conferva il lume il doppio tempo di quello faccia il femplice , come
pureattedailMofcardo; nulladimeno tal durata può dirli momentanea in ri¬
guardo a quella, che viene predicata de* Lumi Eterni. Altri fe lo perfuadono
olio di fale ; ma egli è da riderfene col Porta , e colla Scuola de’ Chimici : eden-
do certo.che qued’olio non arde . Taluni Io giudicòrno olio cavato da metalli;
ma queda congettura non è men fallace della precedente, effendo del tutto
inetto anco qued* olio a nutrire il fuoco , mentre non patiffe accenfione . Volle¬
ro altri , che fude olio cavato dal legno del Ginebro : affermandolo non facile a
confumarfi dal fuoco : già che i carboni fatti dello (leffo legno, accefi , e fepolti
nelle ceneri caIdeèfama,checonfervinoil fuoco un’anno. Ma neanche que¬
da opinionefu(lìde,e(fendofalfoilfuppodo, giuda le prove fatte dell’olio, c
de’ carboni; perche quello arde, come gli altri olii di legno; e quedi coperti
di calde ceneri non confervano il fuoco ne meno un giorno . Non pochi de’
Chimici dicono tal licore edere dato una certa da effi appellata Acqua celejle y
fubìimata con gli organi Chimici , la quale da Democrito , e da Mercurio Trif-
megido fù chiamata Latice Scitico. Ma non perciò ixifegnorno edere egli altro
che un’edratto Chimico. Il che non è più di quanto fe ne impara dalla memo¬
ria , che ce ne lafcip Madìmo Olibio ,in ccrt* Vrna da edo dedicata a Plutone , la
quale fù trovata neldidrettodi Padova, con queda Ifcrizzione.
plutoni facrtim munus ne attingite fures 5
Ignotum eli vobis hocy quod in Vrna latet.
Namque alimenta gravi claufit digefla labore
Vafe fiib hoc modico Maximus Olibius .
K^dfit facundo cuflos tibi copia cornu y
Ne pretium tanti depereat laticis.
Conche s’accennau 'altra Vrna minore, che fótroa queda nafeondevafi, con
lettere, che dicevano M A XIMVS MAXIMO PLVTONI Hoc SACRVM FECIT.
Nella quale racchiufaodervòdì una Lucerna piena di puridìmo licore, chefù
creduto haverla confervata accefa molti anni . E taluni furono di penfiero , che
quel licore fude una quintedenza della pietra Amianto , e che d’eda pietra filata
fudero gli doppini di quelle Lucerne» facendone congettura dall* infiammarli
. ' queda
I
LIBRO TÈRZO. CAP. XXXI. 327
quella fenzaconfumarfi. Onde in queiranrichità la cela fatta d’efla piecrafer-
viva ad involgervi! Cadaveri, che s’abbruggiavano, rimanendo in elfalc ce¬
neri del Defonto feparate in tutto da quelle del rogo . La qual Sentenza , come
più delle precedenti plaufibile, così potrebbe feguir/ì, quando pure fi potelfe
cavar’ olio da tal pietra ; e quello , come la pietra medcfima , potefiìe ardere len¬
za confumarfi ; ma perche il filo , e tela dell’ Amianto non concepifle il fuoco le
non v’ è altra materia combullibile , che ve l’ introduca , e l’ alimento , così non
apparifce come fenz’ altro ajuto bavelle potuto ardere il licore dell’Amianto:
e quando pure havelTe potuto ardere folitario , non colla come per tanti Secoli
ardendo nulla havelTe perduto della fualoltanza. Oltre diche non s’ è per an¬
co, ch’io fappia, trovato chi habbia cavato olio da tal pietra, abile ad ardete
nelle Lucerne ; e qnand’ anco le ne fuffe trovato il modo , la difficoltà d’ ellraer-
lo rhavrebberefocariffimo, & in confeguénza molto più raro il di lui ulodi
quello indica la moltiplicicà delle Lucerne Sepolcrali , che fi trovano . Altri fi.
naimentepù pelati nel credere, fi sbrigano da tutte quelle, & altre limili diffi¬
coltà circa la materia deli* alimento de’ Lumi Sepolcrali , col negarlo eterno. E
veramente hà dell’ incredibile, che diali, oliali dato naturalmente un’olio, di
cui poca quantità , cape vole in una Lucerna , fuffe ballevole a nutrire perpetua¬
mente un fuoco : parendo ciò non più vero , che i racconti della Vera Illoria di
Luciano ; il quale pur finle la Città delle Lucerne , ma la collocò nel globo del
Sole , forfi per additarci , benché Ateo , che lolo colalsù devonfi cercare i lumi
inellinguibili.
3 Io per tanto con quelli mi dò a credere , che que’ Lumi non ardeffero con¬
tinuamente, ma folo per qualche tempo, sì perche era finito, e determinato
l’ alimento loro , come perche il fuoco s’ ellingue , fe non è ventilato dall’ aria .
Noa ferha. il fuo fplendor lume rinchiufo .
E mi conferma in quefto parere il trovare illituito il mantenimento meftruo de’
lumi a qualche antico Sepolcro. Ed è celebre in quello propolito appreffoi
Leggifti queir articolo del Teftamento di Mevia. Saccus fervus meus ^ & ■£’«-
iychia , ^ Irene ancilldi me a , omnes fub hac conditione liberi funto , ut monu^
mento meo alternis menjibus Lucernam accendant , éi‘ folemnia mortis peragant.
Sopra il quale articolo fondòlfi il P. Paolo Aringhi , quando nella Roma fotter¬
ranea fcriffe . In Sepulcris quoque defunctorum Lucerna liatutis quibufdarn_j
temporibus accendi confueuerant, E quanto a’ fuochi veduti nello Icoprimcnio
de gli antichi Sepolcri, che fono il fondamento principale di chi (lima eterni
que’ lumi, mi perluado, che quelli fuffero efalazioni pingui, quali appunto
quelle , che fi vedono alcuna volta ne’ cemeteri de’ noftri tempi : ò che fiano re¬
liquie dell’ alimento di que’ lumi, rimallevi dopo effere flati eftinti per mancan¬
za d’ aria , che gii ventilaffe : le quali , per effere di raillura limile a quella dell’
efalazioni fulfuree, e perciò facilmente accendibili, dopo effere Hate per molti
Secoli racchiufe , al primo fentir dell’ aria s’ accendano in maniera , che fembra
polcia , & è creduta una ellenfione della fiamma fin’ allora durata quella , che
potè effere non altro , che una repentina accenfione . Di che fe ne fono offervati
efempi notabili nella Chimica; ed il Porta ne racconta uoofingolareoccorfo
ad un fuo amico : ed è che , havendo quelli fatto bollire in aceto fortiffimo del¬
la Calcina , del Tartaro , del Litargiro , e del Cinabro , e polcia in vaio ben co¬
perto , è lutato confegnata quella materia al fuoco veemente d’ un’ ardentiffìma
Fornace , dopo ha ver vela I afeiato a fuo piacere , cavatone il Vafo , e lafciatolo
poi da parte alcuni meli , volle finalmente vedere ciò che ne luffe riufcito: c, nel-
i’aprir quel vafo , vide , quali per non più vedere , ufcirne una fiamma , che gli
- Ee a arie
Lucian. pai',
versi.
Càv.Teed.
Od. 7. y.
Z. Mavia
44. Dtg. de
Ttfl.
Gnatber, de
luT. man,
l.z. c. ir.
Rem. fitbter.
If. r. c. 18.
L. deSe
Jmprtft,
tmpr. I4J,
Scarabei,
Caler. Sfft
tal. c. 25.
p.l2p.
in Aprofta»
ttifrn CT
Tom 11. Ut.
bltoth. Apri
tfiFerd.
Co/p.
)z8 m S E 0 C OS PI ANO
arfe le ciglia ,c mancò poco che non racciecaffe. Efc la maceria in quello vafo
per ranci meli racchiufa, nell’ introdurvifi l’arias’accefe, e (vaporò in tanta
fiamma, perche non potrà fare il (ìmilc anco!’ alimento delle Lucerne Scpol.
crali , quantunque per maggior tempo (lato racchiulo ?
4 Ma quando pure fuffencceffario il concedere, che per tanti Secoli (ì fuffe
confervaca accefa in un Sepolcro una Lucerna , crederei con Monfìgnor Arefe ,
Vefeovo di Tortona , mio Concittadino ( come nel Libro de gli Scrittori Cre-
r monefi dimoftro ) (eguito in quello anco da gli eruditirtìmi deferittori del Mu-
feo Setcaliano età non j)ojpi ej?ere avvenuto altronde ^che da gli occulti fpi.-
ragli della Terra ^ col me^ de' quali fi derivafie la materia atta a mantenere il
fuoco j e che nell' ili e fa Lucerna e forz^a che fi trovajfe la virtù attraente fro*
perdonata , in quella maniera che molte Montagne dt continuo ardono , e man¬
dano fiamme in alto , non mancando mai loro il pafcolo , avvegnaché fempre fe
ne confumi,
5 Di (imili Lucerne molte fe ne vedono nel noftroMufeo,editerra cotta ,c
di bronzo: etra le prime, che furono più communi, (ono più ragguardevoli
quelle , accennate dalla gentil Mula di Pietro Andrea Trincliieri nobile Poeta ,
& Avvocato di Nizza al Varo, nel nonodillico deirElcgiafcritta al Sig. Mar-
chele Colpi lopra quella Galeria .
^ternos Lychnos., cana myficria Vefia ,
Omnigenum rerum prodigiale decus.
6 LVCERNA SEPOLCRALE, penllle, di terra cotta, lunga oncie 5, al¬
ta, e larga tiè, non piana, come tutte le luffcguenti, nel coperchio, ò fiali parte
loprana , ma rotondeggiante , col ventrefimilmente tumido j e quello, e quella,
tutto fcacchcggiato di Rombi rilevati, coll’ imprellione d’un circolo cavo, e
d’un’ altro eminente, aguifad’un’occhiocolla pupilla. Scherzo gentililTimo
dell’ Artefice, che in ciò la dilTerenziò da quant’altre me ne lono capitate alle
mani. Hà di lopra un’appendice traforata, che lervì per appenderla, come
dimoili a la Figura , che qui le ne porta .
7 LVCERNA sepolcrale, fimiimentc di terra cotta, di figura roton-
da comprelTa , di lette deta di diametro ; nella di cui parte luperiore , che mode¬
ratamente è (cavata , fono (colpite tré figure ledenti : delle quali quella eh’ è in
mezo , coronata, e barbata, colla finiltra appoggiata ad un’ afta, rapprclenta per
avventu-
L in no T E \ TjO. CAP. XXXI.
Avventura Giove; quella da man fìnilìra» cifigiata
Con gran Corona in te^a^ onde f ornigli*
Di tutti i Dei l ' incoronata Madre .
inentre ferabra coronata di Torri, può coagcttu.arfi fatta per Berecintia; e
Taltra, ch’è legnalata d’ una cotona più baila, elTendo di donna, può cre¬
derli elprella per Giunone. Tengono nelle mani alcune cole, che non li
dìAinguono, elfendo roHlìcchiate dal tempo , che le conlu.na i marmi , e i
bronzi , molto meno perdona alle cole più fragili « come quella LucerniL..
Onde merita compatimento il Pittore, le non hà ben'elprctlo coronate tut«
fc 0)eptovacc lin»giai nella Tavola qui addotta.
JSern Tafs*
Fterfd.C,io
aS.
8 LVCERNA SEPOLCRALE,
rotonda, di terra cotta, dipinta rut¬
ta di nero, con fopra il coperchio
elpreffavi dijilievo la meza figura
anteriore del Pegafo volante fra le
nubi. E forfi quello vi fù figurato
per indizio che ’l Defonto , il cui
Sepolcro lù iliullrato da quella Lu*
cerna, era Poeta, c tra’ Poeti emi¬
nente: fimboleggiando il volo del
Cavallo Pegafeo i trafporti de’ mi¬
gliori Ingegni Poetici. Così fpie-
gò il Liceti una Lucerna col Pega-
(o, differente da quella ; feorgen-
I’eet.{.6.de
lue ant,
f. 52.
£e 3
dovili
jjo MVSBO Compiano
'“^■dovili oltre il Pegafo le lettere ael fondo TAELCii. E di quelle tueerne
iimboliche ne figura diverfe il Mofcardo,
9 LVCERNA sepolcrale, grande , di terra cotta ^ nel cui coper¬
chio fono [colpiti due Cigni, uno per parte, ma in modo che il deliro hi
il capo volto verfo il lucignolo, l’altro v’hà i piedi. Mi dò a credere che
anco quella fulTe così [colpita , per denotare che chi giaceva nel Sepolcro,
dove trovòiTi, era Poeta, efiendo parimente [imbolo de’ Poeti il Cigno , c
per tale s’ adduce dall’ Alciati nell’Inlegna gentilizia , ò fiali più tolto Im-
prc[a de’ Poeti, che coftituitee 1’ Earblema CLXXXIV, a cui [otiolcjiffe ,
1 .
Gentiles (lypees funi qui in lovis alite geUent t
Sunt quibus aut Serpens t auf Lee ftgna ferunto '
Dira fed hac fatum fugiant animalia ceras , (
Do^aque fuHimat Stemmata pulcher Olor . j
Hic Phoebo facer y ^ nostra Regionis alumnus t
Rex olim y veteres fervat adhuc titulos.
Ma eccone qui la Figura diligentemente efprelTa in quella Tavolai !
IO LVCERNA SE.
POLCRALE mediocre,
nel cui fondo in un gi¬
ro rotondo della gran¬
dezza d’una delle più
piccole Medaglie Impe¬
riali , fono improntati tré
caratteri majufcoli, qua¬
li giudico gl’iniziali del
Prenome, Nome, e Co*
gnome del Defonto,per
cui fù fabbricata quella
Lucerna, cioè ^G. C,
come nella qui effigiata-»
fi vede ,
3Si
i I B US 0 r E , HI 2 a. cab, xxxl
II LVCERNA fimile, ma-
più grande, nel cui fondo pari¬
mente v’ è notato il Nome del
Defonto , con quelle lettere, C.
DESSI, come pure nella qui ad«
dotta Tavola figurata fi vede,
iz LVCERNA SEPOLCRA¬
LE, lunga, nel cui fondo fi feor-
gono elprelfi in rilievo altri carat-
teri latini antichi , che dicono
TORTIS. I quali fe non fignifica*
no il Nome del Defonto , ò non
ne accennano la Virtù , come di
huomo per fortezza fegnalato ;
certamente denotano quello del-
r Artefice, come indicano altro
Lucerne con tale iferizzione, of-
fcrvate anco dal Liceti , che no
mentova una, in cui vedevafi elprelfa nella parte fuperiore una teda d’huo- Df recerd.^
mo in atto di piangere. Della cui nota, FORTIS , non addotta però la fi-
gura di tai Lucerna, ci lafciò fcritto; ejfe ■prof rium nomen Fabri confiat ex ea c.LXXXF'i
cer/iffimà con ')eóIierà , qmniam id nofnen pajftm habetur in plurimis Lucernis ,
qua ab uno Fabro Lucernario fa6l a fuerunt neceflarib.
13 LVCERNA SEPOLCRALE , nel cui fondo fi legge VERI. Nome
del defonto, nel cui Sepolcro fù ritrovata, come avvila l'Aldrovandi nel j ^ .
Mufeo Metallico, dove ne figura alcune. hiii-
14 LVCERNA SEPOLCRALE, di terra bigia , che s’ attacca alla-
lingua, come fuiTe di Bolo , Fù difiepellita con alcune Navicelle di bron¬
zo .
15 LVCERNA SEPOLCRALE, pure di terra cotta, della grandezza
della precedente, ma fchietta fenza figure, e lenza lettere.
x6 Sei altre LVCERNE SEPOLCRALI, di terra cotta , diverfe , alcu¬
ne rotonde, altre lunghe, di varie grandezze, e figure,
17 E perche ve ne hà , come fi motivò di fopra , anco di bronzo; tra
quefte olìcrvo, quanto durevoli per la materia , ragguardevoli per la figu¬
ra, eh’ è uno sforzo ftravagantilTimo dell’ Arte, le due luficguenti,
18 LVCERNA di bronzo con tal bizzarria fabbricata , che rapprefenta
una Statua humana così aggruppata , che ftando colla Ichiena piantata fo¬
pra un piededallo di bronzo, figurante al naturale un piede d’ Aquila, c-
prele con ambe le mani le cofee, drizza le gambe in alto, e trà quefte con
getto ridicolo caccia la tetta, che hà faccia di giovane sbarbato, con cape-
gli corti', e ricci, e la bocca fconciamente aperta in atto elprcflìvo di fo-
verchia fatica nello fcaricarfi, che moftra di fare, il ventre: nella cui cavi¬
tà infondevafi 1’ olio, ufccndone Io ftuppino per la bocca: benché poten¬
do quefto bronzo fervire ancora di Calamajo , nel cavo del ventre poteva
ferbarfi l’ inchioftro, in quello della bocca la penna , piantatavi colla-
fommità dopo fcritto . Siali però, ò Calamajo, ò , come più tolto a me
fembra Lucerna ; la bizzarria della fua figura efprime forfi qualche cola di
più del fempiice fcherzo dell’ arte . Avvegnaché può rapprefentare quella
forte di fpafmo,ò copvulfionefierilfima, che da Greci chiamali f
jj» Uf'SBO.COSPtANO
la quale sforza a piegar nella forma di quella Statua il corpo humano.
Potrebbe anco elprimere alcuno de* moti ridicoli di certi barbari nelle lo¬
ro danze, come de’ popoli della Scithia avvertì Celio Olcagni^i ca^
tando.
Intfleìcos videas: caput urget cruribus ille.
Hic femur, hic turpes occupat ore nates •
Se più tollo, come può congetturarli dalla capigliatura corta , e crefpa \ è
dalla groflezza delle labbra di tal figura, non alludeffe quel bronzo allo
Ipettacolo, che di le fanno nell’ Egitto alcuni Mori, i quali, per relazione
del Veslingio, ellcndo di ligamenti a maraviglia rilalTati, piegano le mem¬
bra per ogni verlo, e col corpo figurano, quando una Nave, c quand’ al¬
tro, che loro aggrada. Il che fimilmente , per offervazione del medefimo,
fanno anco certe donne venali della ftella nazione , le quali cinte a mezo
■ " di
LIBRO TERZO, CAP, XXXl. 333
di fottìi velo, c nel reftante nude, fogliono per 1* Ofterie danzare a fuono
di Strumenti Muficali, aggruppando, e divincolando in varie guife ftrava-
jantiifime il corpo. Cbd ie dall’ Iftoria antica vogliamo dedurre qualche
urne per quefta Lucerna, 1’ habbiamo in quella Legge de gli Atenicfi, che
)un>va gli Adulteri colla pena del Rafanifmo, potendoli dire di queRa Sta»
ua CIÒ , che fp egando 1’ Epigramma XV. di Catullo , feriffe il Murerò,
:ioè: Alludit ad Sap flictum , quo plim. Athenienfes ajficiebam f auferes it^
\dulterio defrehenfos\ eis enim de filabant nates cinere calido ^ deinde etiam Ra^
'hanos fragrandes in fodicem immittebant. Se qui però fpecifica ij Murerò
he con tal pena fi caltigalfero folamente i poveri convinti di quel delitto,
0 noto, eh’ ella fulTe commune a tutti i anzi che le ceneri calde non fi
dopraffero per pelar le natiche de ’ Rei , ma bensì per riftagnar loro il fan.
:uc dopo la pena foiferta : e me 1’ infegna lo Scoliate d ’ Ariftpfanc nelle
Nebbie , citato a quello propofito anco dal Glareano , dicendo , conforme
Ila verfione dell ’ Hartungo: Defrehenfis Adulteris mos fuit contumeliose Ra~
hanos in annm imf ingere y ^ ewulfs filis caltdum cinerem inffergere ea far.
r invulnera. Nè lolo co’ Rafani efeguivafi la Sentenza, ma talvolta anco-
* co’ Mugili, come accenna Catullo nel fopramentova?o Epigramma XV,
on que’ verfi ,
Afidoph',
Neh. aEl.f,
Se 3« Seip,
Gtar Grtll,
19. §. 3?-
Hartitfig. do
eur. i.e.i,
^•2.
Giuvenale .
J^tòd fi te mala mensy furor que vecors
In tantam imfulerit y fceleUe y culfam^
Vt noflrum in/tdiis cafut lacejfas y
tum te mi ferum , mah que fatiy
^uem attraófts fedibus , fetente forta^
Percurrent Rafhanique , Mugilefque ,
— — — neeat hte ferro y fecat ille cruentis
Verberibus y quofdam Machos , éf Mugilis intrat.
ISat. 19.'
V.317.
nzì non IoIq gli Adulteri , ma parimente i Rei di nefanda libidine fog«
acevano a tal pena, come fi deduce dal lenlo di tutto 1’ Epigramma fo-
acitato di Catullo. Quindi è che quella Lucerna può efptimere un’ Adul¬
to, o un Pederalla già condannato, e punito , e nello fcorcio medefimo
verlar langue dalle parti offele immediatamente dopo il fupplizio, mo-
ando infieme nel volto i legni del fiero dolore conleguente a tal pena ,
)co diverfamente giudicò in fimil cafo anco 1’ Enciclopedico L'yeti : il
lale nel luo Volume delle Lucerne reeondite de gli antiehi , figuratovi un
onzo di quella invenzione , e per avventura del medefimo artefice , già
»ireduto da Giacomo Pighetti Patrizio di Bergamo , lo defcrilTe in guifa,
e non mi rincrelfe di regillrarne qui le parole, potendo accrefeer luce al
(Uro, ed autenticarne le congetture addotte, facendone infieme feorgere
differenza, che anderò accennando a’ fuoi luoghi, dice dunque. Lucerna
ex are , nudum corfus humanum refert , cafut cafillis, criffis fr aditum in- ^ ^
duo crura furfum elata constringens y fedihus ambobus in altum, fufra calva- Lucern.
tm fublatis : incurvatur , (-r fummo nixu faces alvi de f onere videtur in vaf- 74»
ium frominens. ( quello non fi vede nella nollra ) ellychnii flammulam^
bere folitum in Lucerna, quafi non excrementorum amurcam 'y fed olenm ho-
' fodice de f oneret in Lucerna caveam , magnum egerendi conatum exfrimens
vca , velut in damnor e , nimis h tante . In utriufque fedis flant a fufina media
fora.
3jl4 MVSEO COSTI A Ì4Ò
foramen apertum vifttur ( nè men quefto vi fi fcorgc ) in tòhiam fendensi
jtoH quidem per quod «leum tn Lucerna cavitatem infunderetur , quia nulluirta ;
eorum foraminum , ultra mediant tibiam protenditur ^ fed arbitror in quod i
ntrunque ferrei y vel arei emunctorii crus infigeretur . M oleum infundebatur \
in Lucernam per oris hiantis valde patentem meatum . Incertum an smago vi- i
rum Mthiopem referat y an mulierem , non enim oflentat ulla fexus alicu]us ini
ditia y non apparentibus vinlibus organis ( i quali lono parentiflimi nella no-;
Ura ) neque muliebris pudendi myrto . Capillorum crifporum brevitas non ar- -
guit necejfarib mafculumy quia foemina Maura capillitio fìmiliùr crifpo , bre¬
vique funty ut viri regionis torrida. Pudenda virilia pofiunt abtfe , propter ea
quod cadrati fic apud barbaros deformari fapiffime foleant , virilibus totis am¬
putatis ab radice \ cum cos eunuchos ad cufiodiam Vxorum ftiarum ponere con-
fleverint , nolunt quid in eis relinquere , quod eas ad Hstprum pellicere . folU-
citareque valeat . Sexus autem muliebris delitefcere facile potefl , verfus , ac
imminens iuferne , prominenti vafttlo e clunibus , Hu)ufcemodi figuram quum
adfpexijfet nuperrime CL. Veslingius nofler Anatomicus , ipfi valde placuit
ridiculum , ac elegans Lucerna fchema ; memoriamque fub^ecit hominis ex
fpafmo emprofihotono Grace nuncupato , prompte figuram illam antrorfum i
incurvato corpore citra lufum violente reprafent antis . Ad ecit infuper ob-
fervajfe fe pridem apud Mgyptios Alexandria Mthiopes homines , ob miram
ligamentorum laxitatem , re^eclo in cervicem utroque crure , eodem penitus
modo carinam e dorfo , atque c reliquo corpore cymbam efifbrmafe , ^uin, dr
mulierculas ex eadem natione y ut libidinem virorum incenderent , tenui ffimo
velo ieclis pudendis , ad mufica fonumy atque concentum corpus ita ^gura-
tum per orbem in tricliniis permovere confuevifife . Vt )am iììà figura de^
pravata natura leges in convulfioney vel artis etiam mimica y meretriciaque
luftts non tranfeendat , indic et que penitus artificis ludibundam imaginatio¬
nem . Sed quid ni dixero Lucerna fadiore reprefentari poenam Mac boriimi
antiquam , dr pueros turpiter inclinantium , quam referunt Arifiophanes »
Catullus y Itivenalis . & alii veteres Poeta Satyrici ? drc. Nofira vero Lucer¬
na typus reprefentat adulterum , feu Machum , vel ante primam panam fibi
metuentem ‘btilfuras pilorum y adeeque manibus constringentem clunes y atque
quoquomodo fubter fugientem exponere partes obfcanas ad fupplicium : vel
etiam Hatim poli omnes panas dolentia membra conHringentem ad atroci¬
tatem doloris y utcunque temperandam y drc. 11 che può lervire inlieme di
fpiegazione della fulleguente.
19 LVCERNA di bronzo, che finge Ia Statua d’un Vecchio , genu-
fleffo (opra il piedeftallo , colla tefta china sù le ginocchia , c le biaccia.,
fiele al lungo dei dorfo , & i piedi congiuntamente alzati verfo il fondo t
della fchiena, & uniti in maniera , che formano una cavità grande , per la
quale fi getta 1’ olio in quella Lucerna , e n’ emerge il lucignolo. Crede- ;
rei, che amendue havclìero fervito ne’ Sepolcri, come le precedenti di ter- 1
ra cotta; non eflendovi tra gli Eruditi chi non fappia elTere parimente fiate I
ufate in fimile miniftero quelle di bronzo. Vna delle quali con figura di |
Sirena, c perciò parte humana, vedefi effigiata apprelTo il Patini trà le Me- i
daghe Imperiali, coll’ agg unta di quefie parole. Lucernas tum fiéìtlesy
tum aneas fuis monumentis Mgyptios recondidijje y nemo non novit, b pri- .
ma di quefti propofero i difegni d’ alcune Lucerne pur di bronzo con fi- ;
gure humane il Liccti nelle Lucerne antiche, e 1’ Aringhi nella Koma_.
focterranca * Altre, ma di figura ord.naria, coll’appendice però d’ una
Luna,
L ito TERZO. CAP. XXXI. 33 f
Luna^ 0fnbolo di nobiltà , poaao vedccfi figurate apprelTq» U MofcardQ nd
luo Mufeo.
so Bella fte/fa , ò per altro fìmile maceria trovane nel Mufeo àftre Lu¬
cerne, e parti loro, per antichità, e nobiltà d’ artifizio ragguardevoli, le
quali non devono e0erc lafciate forco fìlenzio in quefto luogo « meritando
d’ elTere foggiunte alle precedenti, fe non come Sepolcrali, come antiche
& in fuo genere non meno artifìziofe di quelle; e fono
21 LVCERNA di bronzo, il cui corpo figura una mezaluna ornata di
foglie d’ Acanto, fopra la quale pofa un’ Aquila fimdtncntc di bronzo.'
Softenta il tutto un’ alto piedediallo pure di bronzo , che finifcc in crè pie¬
di moftruolì. E tutta la machina è aita due palmi . Non ardifco d* affer¬
marla d* antichità Romana^ benché la figura Reffa di Luna, eh’ era Embolo
di nob'lta appreffo gli antichi Romani, poteffe far la congettura tale. Non
è però cofa moderna; e la fua manifattura tiene affai dell* antico, V’ ag¬
giunge poi molto di pregio i’ effer dono delia riverita mano del Screniffi-
mo Cardinal Leopoldo Medici.
22 Due LVCERNE di bronzo in figura dì Scarpe Turchefche , collaJ
punta lunghifEma , curvata fopra il colio del piede , dalla quale pende un
fonaglio • Sopra il pertugio del lucignolo v’ ha una Statua di Paggio per
ciafeheduna . Tutta la fuperfizie loro è intagliata di varii Arabefchi . La.-
firuttura delle quali non è invenzione de’ Secoli poRcrìori, mentre calzata
di fimill Scarpe flrane, aguzze, e rivolte all* insù adoravafi in Lanuvio la
Statua dì Giunone, come riferifee Ciccane, i. de^Natura Vcorum , ove
h chiimn nefande , ' “ ' ' .
?3 Jfè
J. t- f-
Theed.Pttf.
Od. 32. 29.
MeruU ,
Santudr. di
Cremoftdt
P. II. Ùtfe.
1 1. p. 197*
Oldrad.còf.
192>
Cant. I}.
fi. 18. 19>
M y s B 0 [ 0 s"p ì A n 0
33 Tré LVCERNE d’ottone, tra molti circoli equilibrate nel centro
d’ altrettante Sfere , ò Globi dello fteffo metallo , tutti traforati : i quali,
oltre che per ogni foro lafciano libera 1’ ufeita al lume , quando v’ è rac-
chiiifo , ponno clTere girati per ogni verfo , sù per quallìvoglia piano , o
portarli in faccoccia pieni, & accefì, lenza che quel lume s’ cftingua, ò fe
ne fpanda 1’ olio, che l’ alimenta. Sono quelli Globi di varie grandezze,
chi lavorato alla Zimina , e chi khietto , come pur notòlfì tra gl’ Idrumenti
Matematici al num. 27. Di limili Lucerne fà menzione Bartolomeo Cre*
feenzio Romano nella Nautica Mediterranea, lib.II. cap. XI. p.360.
24 Coperchio d* una Lucerna antica di bronzo , illoriato gentilmente
di Figure del Vecchio Teftamento , rapprefentanti il famofo Giudizio di
Salomone , il SapientilTimo Rè , che giovanetto ancora li vede alTifo nel
Trono, alTillito dalle guardie, con quel Soldato avanti, c* hebbe comman>
damento di divider vivo il Fanciullo litigato: la di cui Madre li fà avanti,
& impedifee 1* elecuzione di quella Sentenza, rinunziando il Bambino in¬
tiero a queir altra, che ne pretendeva la metà, già che, come cantò il Ca-
valier Teodoro.
vfra Genitrice
Cenvien, mentre del ver trionfa il finto ,
Perdere il Piglio pria , c ' h aver lo ejlinto .
Del qual fatto nel Giudizio eRremo di Toldo Collantini lì leggono i fe-
guenti verli, ove di Salomone lì favella.
Quelli , immaturo ancor , ponji a l* udita
T>i due Donne garrenti in dubbio fatto ^
Perche tanto la Rea., quanto r Attrice
Efier vuol 4' un Bambin Madre, e Nutrice l
Ma per trar' a fuo prò si occulta gara
Non 'e di lor chi teftimonio , ò Tegno,
O' fcritt a rechi, ond' ei ricihieae, in chiara
Voce un Coltel , quajì commofo 4 /degno:
E datolo a Sadoc , con quello /para,
Diffe, r ignoto, e litigato pegno:
Ma viva ( una grido) viva, e fa fuo,
cui rifpofe il Re; Pigliai, eh' e tuo,
E folto quelle Figure v* hà un fregio d* Armi diverfe.
aj Coperchio d'altra Lucerna antica di bronzo, con cfpreflovi unJ
Telchio di Medufa alato, altrettanto terribile per 1 ’ orridezza del fembian-
te, che ammirabile per 1’ clquilìtezza dell’ artifizio , con cui furono rap-
prefentati gli attorcigliamenti, c le fpire di quegli angui, che le Iculano di
capegli. Non li può efpriraere a ballanza la bellezza di quello bronzo,
di cui lì fà menzione anco tra Balli Rilievi profani del Mulco, nel Lib. IV,
Cap. XXVII. num. 42.
26 Dilegno d’ una Lucerna antichillìma di bizzarrillìma invenziono,
eh* è in mano del Sig. Dottore Santa Sofìa , Celebre Medico Padoano , e
Primario a Parma in quello Studio.
De'
LIBRO TE%ZO. CAP. XXXll 537
De' Marmi Sepolcrali , con IfcrìT^ìonì ^
Cap, XXXII.
t poi eh’ erano gli Avelli, con emrovi e le Vrne delle ceneri, eie
Lucerne (delle qualis’ è favellato a baftanza ne’ due precedenn Capi)
t talvolta altri Strumenti ancora , come Vali Lagrimatorii ( de’ quali prima che
s’entri in quefto Mufeo , fc ne vedono alcuniin quello dell’Aldrovandi , per cui
fi paffa, venendo a quefto ) e cofe limili: coftumòflìda taluni il fare incidere
inuno, ò più lati d’ elfi, s’ erano di materia loda, cfopra terra; overo in qual¬
che Laftradi Marmo, ò d’ altra pietra dura, che vi piantavano appreffo ,ò lopra
s’erano (otterrà : qualche Ifcrizzione durevole, che palcfava chi eia il Defon-
to,eirendovi efpreiTo il di lui Nome, e fovente quello del Padre, e d’altri atti¬
nenti, ò amici, l’Officio efercitato, e l’età eh’ era viffuto: come moftrano tan¬
te Lapide Sepolcrali , che pafeono la curiolìtà de gli eruditi non folo ne’ Mulei ,
Kija in diverfi altri luoghi, e publici , e privaci ; e vedonfi non folo nell’ Italia, ma
per tutta l’Europa, trovate, può dirfi, per quanto fi ftefe l’Imperio de’ Roma¬
ni . Delle quali fe ne legge un grandiflimo numero appreffo i Raccoglitori del¬
le Memorie antiche, e particolarmente Iacopo Mazochio, che ci lafciò Epi~
grammata i Jìve Infcriptiones antiquA ,ch*egli medefimo ftampò in Roma
del 1 5 2 1 . in f. Pietro Apiano , e Bartolomeo Amanzio , de’ quali unitamente cs
fono Infcriptiones Sacrofan^ia Vetabatis , non Romana tantum , fed ér iotius
fere Orbis, Rampate in Ingolftadio del 1534. inf. Martino Smezio, di cui fi
vedono Infcriptiones antiqua, qua paffim per Europam reperiuntur , publicate
in Leiden del 15 88. inf. & altri , che tutti, co’ precedenti , furono lafciati ad¬
dietro da Giano Grutero in quella fempre memorabile Opera, che porta il ti¬
tolo Infcriptiones antiqua totius Orbis Romani , data in luce in Franefort del
idoj. in f.
2 Non fù per tanto inutile per gli Pofteri, nè vana in tutto per gli Antichi tal
coftumanza. Poiché quellafù un’Arte di fare, che ,adifpetto delia Parca ho¬
micida, (opravi veffero a’ proprii Funerali gli Eftinti . E’ perciò degna d’ap-
piaufo quella induftria , che fù cagione , che tanti , e tanti de gli Antichi , i quali
per altro farebbono affatto incogniti, vivano oggi nella memoria de’Pofteri,
quanti le ne trovano mentovati nelle Lapide Sepolcrali fin’ bora feoperte. An¬
zi!’ onore, che in quelle fù fatto a’Mortijfù un Bene veramente diffufivo dife
flfcllo, mentre riufeì di non minor gloria a’ Vivi, che Io procurorno a qucllis
effendofi in tal modo aflicuratidall’oblìaanco i nomi di coloro, che fecero di¬
rizzare alia rimembranza de’ loro Defonti que’ Monumenti . Così è riufeito a’
Soggetti mentovati ne’ due fuffeguenti Marmi del Mufeo , citati da Giovan Ni¬
colò Pafquaii Aiidofi Bolognefe nel fuo Diario. àpag. dS.eyo.
3 MARMO SEPOLCRALE quadro oblongo, ellendo alto tré piedi, e
largo quafi la metà : colla cornice della fteffa Pietra , efpreffa nel Profpetto del
Mufeo, che s’hà nel principio di quefto Volume. Fù dedicato alla Memoria
dìLucio Ajato Frocuiejanoda Domizia Feliciffìma fua Moghc? con quefto
lettere intagliatevi.
D. M.
L. A I A T I
PROCFLE
lANI
DOMITU
F F f
Jjg M y S E 0 C 0 s P l A N 0
felicissima
CONIVGI bene
MERENTI, CEM
^0 VIXIT
ANNIS IV,
4 MARMO SEPOLCRALE, minoredcl precedente, fimilmente quadro,
ma largo un piede , e mezo , & alto uno , Fù pollo al Sepolcro di Cajo Quinzio
Gmniano da’luoi Genitori con quella Ifcrizzione .
D. M.
C, ^INTIO IV NI A NO
C. ^INTIVS SALVIVS,
ET ^INTIA GLTCONIS
FIL, DVLCISSIMO FECER,
5 E COSÌ riufcivaa più d’ un’ altro, le giungeva a noi intiero il Marmo Se¬
polcrale d' un Fanciullo : del quale v’hà nei Muleo folo quello frammento , in
cui li legge da un lato
J^VI Vlx. ANN, V. M. II. .
ET SIBIf POSTERIS,^
e dair altro
-DVLCISSIMO ^V. A. .
D. xxnx, FECERVNT FI .. .
• t • • • 9 ^ •
elTendofi nel refto avvcrrato di lui ciò, che d’un’ altro Monumento cantò il
Boldoni, nella caduta de’ Longobardi, C. 19, 8. ciocche
Sopra quello Sepolcro in Marmo efpreJ?o
Già il Nome fh ; ma da I' etade ojfefa
Perde U Pietra ogni fuo fegno imprej^o .
1
DEL
339
MVSEO CÒSPIANO
LIBRO QVARTO
In cui fi deferì vono le Medaglie antiche i e moderne, Sc
i bafsi rilievi iacri, e profani di bronzo , che in
efifo Mufeo fi confcrvano.
De^ * utilità, , che reca lo iiudio loro ^
Cap. /.
Sfendo non meno Utile, che dilettevole Io Studio deiriftoria,
che alla veduta de’ pofteri mette i Secoli trafeorfi, e con gli
efempli di quelli gli ammaeftra: nonmengiovevolc,chc va¬
ga dovrà confeflarfì la cognizione delle Medaglie, che fono
: ficuriflìmi confronti dell’Iftoria, anzi una Iftoria figurata»,,
molto più efatta della fcritta, mentre fupplifce a varii difetti di quella, favel¬
lando fovente , dov’ella tace , e proponendo alla Pofterità non folo i fatti de gli
huominì illuftri , mainfieme le loro Imagini, che in elle, come in Ifpccchi tan¬
to più ragguardevoli, quanto men fragili, poco men che vive fi feorgono, e
più dilettano gli occhi figurate, chelamente ,defcritte . Per lo che fù dovuto
rapplaufouniverfale, con cui fù ricevuta dal Mondo l’ invenzione di coniar
Medag! ie : riufeendo molto meglio l’ eternarli in quello modo ne* Metalli , che
nelle Tele, ò ne’ Marmi: elTcndo quella maniera affai più commoda, per la fa¬
cilità di moltiplicare lenza alterazione le copie d un’originale: e non men fi-
cura per la durevolezza della materia; la quale, benché fepolta, in molti luo¬
ghi hà delulo la voracità del tempo, confervando a fuo difpetto i Ritratti natu¬
rali de’ Perfonaggi effigiati in effa; dimodoché riportandoli da’ Sepolcri alla
luce , gli efponc ad una feconda vita , che godono ne’ Mufei , dove reca non
ordinario diletto il vedere clcrciti intieri di Confoli Romani , d’ Augufti , e Ce¬
lati , d i Regi , e Principi , e Letterati di verfi Latini , e Greci , e d’altre Nazioni ,
in poco lìto neretti a gran gloria di chi gli accolfe .
Ff 2
2 Nè
(
34®
M y S E 0 C 0 S P ì A N 0
2 Nè al diletto di vagheggiarle Imagini de’ Grandi nelle Medaglie, cedeJ
punto 1’ utile, che da’ Kiverfi loro fi cava : mentre in tutta l’ erudizione dcl-
r Antichità nulla v’hà di curiofo, che in elfi effigiato non veggafi: nè v’hà pro-
felfione alcuna, che da’ medefimi qualche giovamento non tragga, come chi
punto ne gufla, chiaramente conofee. Che però molto plaufibilc è la diligen¬
za di varii Principi , e Signori per raccogliere quante Medaglie loro è polfibile :
come ha fatto il Signor Marchefe Ferdinando , che ne hà melloinfieme tante
d’ ogni forte , che oltre il riempirne un ben grande Scrittorio , fono baftevoli ad
ornarne copiofamente le pareti, & i numerofi Scaffali del Mufeo, in cui , feiba-
torordinede’tcmpi,fonocosìdifpotte,cheinun girar d’occhio ponno ve-
derfi , e facilmente diftinguerfi . Così appefe tengono fofpefa la maraviglia di
chi le ofierva , per efiere Trofei del Tempo vinto da Perfonaggi in elle tfpreffi ,
foldifendendofi con quefti Scudi : tuttoché paja fentirne altrimentc la Moral
Mula del Sig.C. A. R. che riflettendo fopra quello argomento, cantò
Schiera d' AuguHt , e con quai bronzi audace
Scendi in Arena , a guerreggiar con gli anni?
Cure d' eternità fon vani affanni \
E ogni fortuna al fin cadcy e fi sface.
^ttai metalli rapiti al fiero Trace
Predano i voftri avan:!f i dì Tir anni y
E fero i Itevi y e rugginofi vanni
Ombre a la Gloriay e ne ofeurar la face.
Così fere T onor di tanti fregi ì
E il tempo rode a le memorie infefie
Fulgidi nomi y e fìmulacri egregi i
Ey qual barbaro Atreo y menfe funefte
Ne f piega altrui yfe de gl/ efiinti Regi
Così ferba a terror tronche le tede.
E perche la bellezza , e confcrvazione di quelle Medaglie le fà comparir degne
di particolarmemoria,e la liberalità di chi ne ornò quello Mufeo, merita che
fi fappia quali per appunto fiano : prendo a farne individuai menzione in que-
fte carte, lenza però intraprenderne la fpiegazione a minuto, sì per non dif¬
fondermi più di quello permetta una luccinta Deferizione, come perche ne
hanno abbondantemente trattato trenta , c più dottiffimi Scrittori , che ne com-
pofero groffi Volumi , c poi la maggior parte ne portano belliffime figure : ba¬
llandomi lolo il notare fedelmente la diverfità delle Ilcrizzioni, a la politura
delle Figure ne’ Riverii , accioche meglio apparifea la varietà de’ conii , e la dif¬
ferenza, che palla trà alcune di quelle, & altre Medaglie, che, Ipecificato il
lolo Ri verfo , potrebbero crederli tutte d’ uno impronto .
Ma furie a taluno potrebbono Icmbrar poche , in comparazione d’ altre , che
in molto maggior numero fi trovano in diverfi Mufei. Che però non vuò Ja-
feiar d’ avvertire, che non li delcrivono per uno Studio intiero di quella mate¬
ria , ma per parte di Mufeo : raccolte , non da un Principe , ò da più Perfonag¬
gi d’ una Famiglia , &in molti anni, come ne’ più copioli Mufei è accaduto; ma
da un folo Cavaliere, & in poco tempo , non per tenerle , ma per donarle , len¬
za alcuna intenzione ,che s’havelTero a deferì vere . Ned’ è così facile il metter¬
ne infie me quantità maggiore ,fe non s’hà l’ incontro d’acquillarle radunate in
altri Mufei. Quantunque non così poche fono quelle, che non fervano di
grand’efempiodellaliberalitàdelSig. Marchefe, degna d’eflere, quanto am¬
mirata, imitata . Nè parve Icario il numero loro al facondo Trinchicri , il quale
nell’ Elegia, che fenile lopra quello Muleo,nc cantò . Piu-
LIBRO A \ T 0, CAP, /. 341
plurima Cafareo fignata Numifmata vultu .
Irradiant variis viva fnetalla modis .
Singula profequerer i mihi Ji fr acor dia phabus
Fortius urgeret , f ostaque verba daret ,
Sarebbero tuttavoJca aitai più numerofe , e forle non ne mancherebbe alcuna al
corapimenro di tutta la [erre de gì’ Imperatori fino ad Eraclio , fe quel genio ri¬
verente , che il Sig. Marchefe profefla a diverfi Signori Grandi , che fi dilettano
di quella materia , e maffime al Serenifs. Sig. Principe Card. Leopoldo de’ Me¬
dici iuo Padrone, non l'havefle portato a contribuirne loro non poche delle
più rare, tralcelte per fingolari dagli Antiquari più eruditi.
Medaglie Imperiali, Cap, II,
I. C sfare .
> CAESAR DICTATOR. TeftadiCefare Laureata, col Lituodopo
le Ipalle, infogna propria dell’ Augurato. Hà per riverfo le tré me¬
morabili parole , colle quali Celare fignificò a gli amici la fua preltillrma vitto¬
ria di Farnace, figliuolo di Mitridate, cioè
in una Corona di Lauro. 3. V’allufe Gregorio Ducchi , c. 3. Scacch,'
VIDI I ^7. cantando ,
VICI / \_Allor che Cefar vinfe , e venne poi ,
E vide vinti gl' inimici fuoi^
2 C. CAESAR DICT. PERPETVO. La fteffa Imagine.
L. BVCA. Il Caduceo interfecato da’ Falci, la Scure , due delire congiunte i
& un globo figurato pe ’l Mondò. 3. Adduce quello riverfo Giacomo B.eo,
p. E. Halli pure in argento, figuratodal Vico tra le Medaglie diCefare,e dal
Goltzio,p. 1 83.
3 DIVOS IVLIVS. Telia, come lopra, mafenzaLituo.
S. C. Figura della Salute fedente avanti un’ Altare , fopra cui guizza il Serpente
d’Efeuiapio.
4 CAESAR DIVI F. Telia d’ Ottavio addottato da Giulio Celare ; ò più
tofto, com’alcri giudica, di Cefarefigliuolo di Giulio, e di Cleopatra. Figu-*
rano quella Medaglia Sebaftiano Erizzo p. 9^. Fulvio Orfini p.122. Monfig,
Antonio Agollini, Dial.d.p. 195.0.2. ilBieo fopracitato, p. i i.eFranccIco
Angeloni , p 7.e 24.
5 DIVI IVLI. Giulio Laureato , col Lituo a tergo . Ha dall’altra parte
MAR. VìC, lettere foctoferitte ad un piedellallojò altare, fopra cui drizzato
fi vede un Simulacro di Marte Vincitore, come fuonano le Indette parole abbre¬
viate: davanti al quale fi mira una Figura di donna fedente con un Corno di
dovizia nella delira, & una Statucttaalata della Vittoria nella finillra . E* Me¬
daglia d’argento; il di cui Riverfo trovali molto diligentemente figurato ap^
preffo il Vico tra le Medaglie di Cefare al num. 1^. dove però egli tralakia
rilcrizzione MAR. VIC.
11. t^Hgufo".
I FMP. DIVI F. PP. Due Telle,!’ una d’ Augnilo Laureata, l’altra d’ A-
J. grippa , rollrata , in memoria della famofa V ittoria Navale d’ Azzio , nel¬
la quale fù Capitano Generale Agrippa . in onore di cui furono perciò battute
le Medaglie, che fi delcrivono a ballo tra quelle de gli huomini iliullri Latini',
antichi .
COL. NEM. Vna Palma , alla quale è incatenato uu Crocodilo , pendendo da
Ff 3 un
$4»
ai S E 0 C 0 S P l A 'N 0
un rannodi quella una Corona, come d'alloro. Medaglia battuta dalla Colo¬
nia Ncmaufienie, una delie XIV. Colonie Romane della Gallia Naibonenfe, in
memoria dell’ Egitto da Ottavio foggiogato . La figurano , e /piegano diligen¬
temente l’Erizzo , p. ic<5. L’ Agoftini,DiaI. 3.P.99. nu.6.& altrove, 1’ An-
geJoni p. 24. e’I Vico nelle Medaglie d’Augufto,al num.42. ma quello vi
iralafcia la Corona appefa alla Palma. Il Goitzio , pag. 203. e’I Bico p. 16.
y’efprclTcro non una, ma due Corone da quell’ Albero pendenti .
2 CAESAR . PONT. MAX. TcRad’Augufto Laureato.
ROM. ET AVG. Vno Edilìzio, ò Portico, ò più tolto Tempio dedicato a
Roma, & ad Augnilo, condue colonnelaterali, (opra cadauna delle quali Ili
r Jinagine alata della Vittoria con una Corona d’Alloro nelle mani, cioè ad una
nelladeftra, all’altra nella lìnillra. Con quello riverfo fono improntate molte
Medaglie d’ Augnilo. Con tutto ciò quella, che figurali dal Goitzio p. 213.
hi del raro, differendo nell’llcrizzione da quella che figurali, e Ipiegafidall’
Erizzo , p. 1 76. c da Carlo Patini tra le Medaglie Imperiali di bronzo ai medio,
ere, e minima grandezza , p. 31. enei Teloro delle Medaglie più rat e d’oro, e
d’argento, n. i. p,i 3. c dalle altre mentovate da Adolfo Occone p.30. 36.0 40.
Col medelimo riverfo fi vedono anco delle Medaglie di Tiberio, due delle
quali figuranfi dall* A gollini ,dial.9. p. 25 3. dall’ Angeloni p. 25. c dal Vico .
3 IMP. CAESAR DIVI F. AVGVSTVS IMF. XX.
PONTIF. MAXIM. TRIBVN. FOT. XXXIIII. S. C. 6. Figurato dal Vico.
4 FORTVNAE AVGVSTI S.C. Imagine della Fortuna, che Uà in piedi,
con un Cornucopia nella lìnillra, una verga nella delira, con cui tocca un
Timone da Nave.
5 . i . Telia Laureata d’Augullo.
C. CAESAR. AVG. . . S. C. (forfiF.) CCS. Telia di Cajo Celare figliuo¬
lo d’Augullo.
6 DIVVS AVGVSTVS S. C. Augnilo colla Corona radiata . 3.
CONSENSV SENAT. ET EQ^ ORDIN. P. Q^R. Statua d' Augnilo to-
gata;ledente [opra un Seggio, col globo, limbolo del Mondo , nella lìnillra,
& un ramo d’ oliva nella delira , come a Pacificatore del Mondo . Riverfo figu¬
rato dal Vico, apprelToI’ Angeloni p. 34. e ’l Patini tra le Imperiali mediocri , e
minime f. 52.00. 3.
7 DIVVS AVGVSTVS PATER. Augullo Laureato.
s. /ci^s\ c- Corona di Quercia , lotto cui duplicato fi vede il
\ SER. / legno del Capricorno , Afcendente di Celare .
8 Colia Indetta Ilcrizzione. Augullo Radiato.
PROVIDENT. Il Tempio di Giano tra le due lettere S.C. 18. di variiconii.
Trovali quello riverfo figurato ne’ Dialoghi dell’ Agollini , p. 57. nu. 4. & ap-
prelTo Guglielmo du Choul , nel Libro della Religione de gli antichi Romani ,
tradotto da Gabriel Simeoni ,p. 67.nu. 3. ilBieo,p. i5. ilVicone gli Augn¬
ili ,rAngeloni , p. 24. c ’l Patini , tra le Imperiali mediocri ,c minime ,£.52.
9 IMP. T. VESP. AVG. REST. S. C. Aquila con le ali dillcfe, riguar¬
dando il Cielo, c tenendo un Fulmine tra’ piedi. Vico, e Patini, loco citato
num. 5.
IO 11 12 S.C. I
Aquila fopra un Globo , in atto di levarli a volo .Vico,
e Patini, ivi,nu. 6.
Fulmine di Giove. Vico Angeloni, p. 24.
C Velia fedente, con un’ alla nella delira, Òc una patera
nella finiftra. Vico, dove lopra, Angeloni, p. 39. Trium»
LIBRO ^ V A RT 0. CAP. II. J4}
Triumviri Monetali (otto Augusto,
15 CAESAR. AVGVST. PONT. MAX. TRIBVNIC. FOT.
P. LVRIVS AGRIPPA IIIVIR A. A. A. F.F. cioè > come interpretano Va¬
lerio Probo, Scaltri, Trevir. Auro, Argento Aere T landa Feriundo, Figura¬
ta daif AngeJoni,p. 24.
14 SEX NONIVS QVINCTILIANVS IIIVIR A. A. A. F.F. 2. E
quefta , e la Scure feguente fono differenti da quel la , che figura I* Orfini p. 1 75.
15 CAESAR AVGVST. PONT. MAX. TRIBVNIC. POTEST.
SEX. NONIVS OyiNCTIUAN. 1
16 P. LVRIVS AGRIPPA I
17 C. CASSIVS CELER ^IIIVIR A.A. A. F.F. S.C,
18 M. MAECILIVS TVLLVS. 2.orf.p.i48. \
19 M. PACVIVS OTHO. 2. J
20 CAESAR AVGVSTVS TRIBVNIC. POTEST.
L. SVRDINVS IIIVIR A, A. A. F.F. S,C. 4. differenti da una fimile, che
figurai’ Orfini tra le Famiglie Romane , p. 172.
Corone Civiche y decretate ad AuguHo,
ai AVGVSTVS. TRIBVNIC. POTEST, in una Corona di Quercia: la
quale in alcune Medaglie di quella Ifcrizzione è d* Alloro , come in quella di
V. Stolone Trium viro Monetale, figurato dal Patini trà le Imperiali mediocre,
c minime, f. 30.
L. SVRDINVS IIIVIR A. A. A. F.F. S.C.
22 C. CASSIVS CELER IIIVIR A. A. A. F. F. S. C. due di conio
differente , Rivcrfo figurato appreflo Guglielmo Choul nel Libro della Religio¬
ne de gli antichi Romani , p. 1 1 9.
23 OB CIVIS SERVATOS, in una Corona di Quercia, cui circondano
due rami di Lauro.
C. PLOTIVS RVFVS IIIVIR A. A. A. F.F. S.C. Vcdefi figurato appref^
io r Orfini , p, 2 02 . & il du Choul nel luogo citato , p. 1 2 o.
24 DIVO AVGVSTO S.P.Q.R. & in una Corona di Quercia, follenuta
dal legno geminato del Capricorno, OB CIVES SERVATOS.
TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. P. M. TR. FOT. XXXVIL
S. C. AgoRini, p. I i.num. 2. Angeloni ,p. 39.
III. Tiberio Figliuolo addottivo d' Auguflo.
I Tni. CAESAR. AVG . Tetta di Tiberio Laureata.
1 PONTIFEX TRIBVN. POTESTATE III. S. C.
2 TI. CAESAR AVGVST. F. IMPERAT. Corae fopra.
PONTIFEX TRIBVN. POTESTATE XII. S. C.
3 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. IMP.
PONTIFEX MAX. TRIBVN. POTEST. XVII. S. C. Vetta fedente coiu
un’ atta nella finittra , & una patera nella delira .
_4 1 1. CAESAR AVGVSTI F. IMPERATOR V. ROM. ET AVG.
TempiOCondueVittorieftantifoprale colonne angolari: & alcune palme, c
Corone {colpite nella facciata del medefimo .
5 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. IMP. VII.
PONTIF. MAXIM. TRIBVN. POTEST. XVII. S.C. Vetta fedente, co¬
me nella precedente . Riverfo figurato dal Vico .
6 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVG. P. M. TR. FOT. XXIIII.
IVSTITIA. Tetta da taluni giudicata di Livia, fotto fembianza della Giufti-
2ia. Trovafifigurataapprettof Agoftinidial. 2.p.45.n. i. il Vico nelle Don-
344 m V S B O C O S P I A n 0
ne Augufte p. 36. ildu Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani,
p. r lé. il Bico, p. 17. r xAngelonip. sp.e ’l Patini tra le Imperiali, f. 65.00. i.
dove però nulla motiva , che quefta lìa 1’ Imagine di Livia .
7 SALVS PVBLICA. Imagine, come pur giudicali da molti, di Livia»
ma per vera effìgie della falute publica propofta dall’Agoftini dial. 2. p. 74.
nu. 4. e dal Patini loc. cir. e da altri .
8 TI. CAESAR DIVI AVG. AVGVST. IMP. Vili.
PONTIF. MAXIM. TRIBVN. POTEST. X'XIllI. S. C. 3. Vico.
9 CIVITATIBVS ASIAE RESTITVTIS. Verta fedente con la patera
nella delira , e T alta nella finiftra , come fopra . Medaglia battuta per la riftora-
zionc delle fette Città dell’ Alia , rovinare dal terremoto , come nota il Patini ,
che figura , e fpiega quello riverfo nel fuo Teforo delle Medaglie , p. 1 40. i’ ad¬
duce pur l’ Angeloni , p. 39.
10 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVG. P. M. TR. POI. XXXVI. S. C.
DIVO AVG.VSTO S. P. Q^R. Carro trionfale tirato da quattro Elefanti.
1 1 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. P. M.TR. POT. XXXVIl. S.C.
DIVO AVGVSTO S. P. Q. R. & in una Corona di Quercia, fortenuta dal le¬
gno geminato del Capricorno, OB CIVES SERVATOS. 2. Agoftini p.ii.
n. 2. Angeloni p. 39. . ;
12 Tl. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. IMP.
PONTIF. MAX. TR. POT. XXXIIX. S. C. Globo con un Timone. Vico.
13 TI. CAESAR DIVI AVG. F. AVGVST. IMP. Vili.
PONTIF. MAX. TR. POT. XXXIIX. S. C. Vn Fulmine.
14 Lamcdefimallcrizzicnedaogniparte.conun Caduceo nel riverfo, tra
le due lettere S.C. 3. Figurato dal Mofeardi 1. i.Muf. c. 14. p. 26. c dall’ An¬
geloni p. 39.
15 Tl. CAESAR. DIVI AVG. F. AVGVSTVS.
PONTIF. MAXIM. Donna fedente, con un’ afta nella dertra,& un’ erba nel¬
la finiftra. Medaglia piccola d’argento.
ir. Brvfo t Figlinolo di Tiberio^ e d* Agrippina .
RVSVS CAESAR Tl. AVG. F. DIVI AVG. N. Tcfta di Drufo
Giovanetto .
PONTIF. TRIBVxN. POTEST. ITER. S. C. 5. Ne portano beila figura^
Monfig. Agoftini nc’fuoi Dialoghi , p. 4. nu. 1. e l’ Angeloni, p. 39.
2 DRVSVS CAESAR TI. AVGVbTI F. TR. POT. ITER. S.C.
PIETAS, Bcllillìma Tefta velata della Pietà. Stimali da taluni i’ Imagine di
Livia Augufta cfprefl'a lotto 1’ habito di quella Deità . Figurano quello riverfo
l’ Agoftini , dial. 2. f. 3 i.nu. 1. ilBieo,p. 17. l’ Angeloni. p. 39. & il Patini,
f. 79. delle Imperiali mediocri, e minime.
K Nerone Claudio Drufo .
I ERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP.
TI. CLAVDIVS CAESAR AVG. P. M. TR. IMP. P. P. Figu-
ra della Pace affila fopra un Seggio , fotto cui giacciono proltrate alcune arme
da guerra , nella delira tiene un ramo , come fembra , d’ Oliva . 2.
2 NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMAN. IMP. Vn’ Arco Trionfale,
fopra di cui fi vede la Statua Equeftre di Nerone Drufo, con un trofeo d’arme
per ogni Iato , in memoria delle Vittorie, eh’ egli ottenne de’ Germani, per le
quali il Senato ordinò le luffe drizzato un’ Arco trionfale nella via Appia , rap-
prefentatoin quefta Medaglia, battuta d’ordine di Tiberio Claudio fuo figliuo¬
lo, il di cui nome vi fi legge dall’altra parte intorno alia propria Imagitìc , ef-
preffo come neiia precedente . TI.
D
L I 3 R 0 ^ P A%r 0. CAP, Il 345
Tr. CLAVDIVS CAESAR AVG. P. M. TR. P. IMP. P. P. Figurafi
da]rAgoftini,diaI.4.p. isy.nu.a.
FI. Ger manico .
* ERMANICVS CAESAR. Carro trionfale tirato da quattro Cavalli,
V,_T conentrovi Germanico trionfante, dopo vendicata la (conficca da lo¬
ro data a Varo , e ricuperate l’ Aquile , Infegne Militari a quello tolte .
SIGNIS RECEPTIS DEVICTIS GERM. S. C. Figura intiera di Germai
nico paludato, che nella finiftra tiene un’ Aquila, Infegna Militare, che ligni¬
fica quella medefima , che fù della Legione di Varo , da lui perduta nella Icon-
ficta riceuuca l’ anno di Roma 7 6g. e da Germanico pofcia ricuperata, come (cri*
ve Tacito , e dopo efio il Patini , che figura , e (piega quella Medaglia tra le Im»
periali mediocri , e minime,f. 83. publicata prima dall’ Angeloni, f. 39.
2 GERMANICVS CAESAR TI. AVG. F. DIVI AVG. N.
Tl. CLAVDIVS CAESAR AVG. GERM. P. M. TR. P. IMP. P. P.
S. C. Patini loc. cit. Havvenetrèdiqucftoimpronto,runadel!equali mifù
donata dal Co. Antonio Michele Bombaci , del Co.Gafparo, Ifiorico celebre
di quella Patria.
VII, Caligola .
I CAESAR AVG. GERMANICVS FON. M. TR. FOT.
V>* VESTA S. C. 2. LaDea Verta, affila (opra un Seggio, colla pate¬
ra nella delira , e l’ alla nella finiltra . Figurano quello riverlo il Vico , e l’Eriz-
20, che lo (piega p. 197.
AGRIPPINA, DRVSILLA, IVLIA. S. C. Le tré Sorelle di Caligola figu^
rate in habito di Deità . La prima legnata col nome d* Agrippina , dando colla
delira appoggiata ad una colonna, rapprelenta la Collanza, e tiene la finirtra
alzata lopra la (palla di quella di mezo , eh’ è Drulìlla , la quale tiene una patera
nella delira , e lignificala Concordia . L’ ultima , legnata per Giulia , reggendo
colla delira un Timone da Nave , fi maniferta elprefla per la Fortuna . 4. di conii
diverfi. Sene hà bella figura appreffo il Bieo,p. 18. il Vico , ne’ Celari,!’ An¬
geloni , p. 42. e’I Patini tra le Imperiali f. 9 1 . ma quelli lo porta come riverlo
cavato da Medaglia d’Ilcrizzione limile alla lulleguente .
2 C. CAESAR AVG. GERMANICVS. P. M. TR. POT. PIETAS.'
La Pietà ledente eon una patera nella delira .
DIVO AVG. S. C. TrèfigureinattodilacrificareadAuguftounBuc, 4.Ve-
defi leggiadramente figurata ne’ dialoghi dell’ Agortinif. 3 1. n. 4.
3 C. CAESAR DIVI AVG. PRON. AVG. P. M. TR. P. III. P. P.
PIETAS. La Pietà ledente, come nella precedente. Vico.
DIVO AVG. S. C, Il Tempio >col lacrifizio del Bue, come (opra, figurato
dalBieo,p. iS. dalChoulnel Librodella Religione de gli antichi Romani, tra¬
dotto dal Siraeoni , p. 65 . e 2 3 9. e dall’ Angeloni , p. 49.
4 C. CAESAR DIVI AVG. PRON. AVG. P. M. TR. P. UH. P. P.
Caligola Laureato.
AGRIPPINA, DRVSILLA, IVLIA. S. C. come lopra :
5 ADLOCVT. COH. Caligola in piedi (opra un palco, dov’ è una ledia.
A ballo vi li vedono cinque figure di Soldati armati , colle Inlegne Militari . Ri-
verfo figurato dall’ Erizzo , p. i9<5 ma come cavato da Medaglia d’ ilcrizzionc
diverla , dal Bieo, p 18. dall’ Angeloni, p.42. e dal Vico,
6 C. CAESAR DIVI AVG. PRON. AVG. P. M. TR. P. IIII. P. P.
PIETAS. La Pietà ledente, come lopra.
DIVO AVG. S. C. Tempio magnifico, nel di cui limitare fi vedono letrèfi-
gurc
54«f
y S E 0 C 0 S P l A N 0
gure faciiikanti , come nella feconda , e nella terza . La figura il Vico p.2 2. n.6.
VII!. Tiberio Claudio, Fratello di Germanico .
1 ^"ipL CLAVDIVS CAESAR. AVG. Mano , che libra le bilancie , tra le
J|_ qualifile^ge P.N.R. figuratadalT Angeloni, p. 49. Hà nel riverfo
PON. M. TR. IMP. COS. DES. IT. S. C. Medaglia piccola ,diverfa ncl-
i’ifcrizzione da un’altra fimile , mentovata dall’ Occone , p. 72.
2 PON. M. TR. P. IMP. P. P. COS. III. S. C. Hà dall’ altra parte un
Vafodarrumcnto.
3 TI. CLAVDIVS CAESAR AVG. P. M. TR. P. IMP.
CONSTANTIAE AVGVSTI. S. C. Imagine della Coftanza , coll’Elmo
in tefia , e l’alta nel la (ìnifira , c la delira levata in alto , col fecondo dito alzato .
l'igurafi quefto riverfo dall’ Ago{tir.i,diaI. 2. p. 47.00. 4. dal Vico ,tav. 1. dal
Bico,p. 19. e dall’ Angcloni, p. 49. e vedefi parimente iti una d’oro tra le
Medaglie della Galcria di Cafa del Sig. Marchefe Ferdinando , coll’ ifcrizzione
TI. CLAVD. CAESAR AVG. P. M. TR. P.
4 LIBERTAS AVGVSTA. S. C. Figura flolata della Libertà in piedi,
col Pileo nella delira, & una verga nella finifira. 4. di tré conii differenti non
folo trà di loro, ma anco da quel riverfo, che figurali appreflol’ Agollini , dial.
3. p. 8 3. n. 2. in cui una Statua d’huomo ignuda efprime la Libertà .
5 S. C. Minerva dante, collo Scudo nella finilira, e nella delira queU’arma
in afta , che da Romani chiamavafi Pilo . 2. figurata dal Vico ne gl' Impp. c dal
Mofeardo fottola Statua di PalJadc, l.i.Muf.c.xviii. p.34. edall’Angeloni,p.49.
6 TI. CLAVDIVS CAESAR AVG. P. M. TR. P. IMP. P. P.
LIBERTAS AVGVSTA. S. C. Come nella quarta. 3. Vico, Angcloni, loc.cir.
7 NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMAN. IMP. L’ Arco trionfale
fopramentovato nelle Medaglie di Nerone Drufo , lenza la bolla notatavi dall’
Erizzo colle lettere N. C. A P, R. p. 202. Riverfo figurato dal Vico , tav.
I. Bieo, p. 19. Angeloni, p. 49.
8 SPES AVGVSTA. S. C. Tré figure Militari, & una togata . Vico,
Bieo , ne’ luoghi citati .
9 I o Altre due di conio trà di loro diverfe , ma colla fudetta ifcrizzione , e
r imagine della Speranza in piedi , con una mano levata in alto , molirando un’
erba di tré foglie . Figurata dall’ Agoftini , dial. 2. p. 44. n. 3. c dall’ Angeloni,
pag. 49.
I r Altra fimile, conunabolladallafiniftra della Speranza, con quefte let¬
tere N. C. A P. R. che vengono interpretate Nobis Conce^nm A Populo
Romano .
1 2 In altre, oltre l’ addotta ifcrizzione, fi leggono quelli caratteri in una bol¬
la lotto la facciadi Tiberio, P. R. OB. cioè, a mio cx&àctc ^ Populo Romano
oblatum .
IX. Nerone .
I T^T ERO CLAVD. CAESAR AVG. GER. Nerone giovanetto, Laureato.
PON. MAX. TR. P. IMP. P. P. S. C. Figura Militare, galeata,
fedente fopra una mafia di fpoglie guerriere, come talvolta fuoleclprimerli Ro¬
ma colla delira diftefa. Medaglia minuta, ma bcllifiìma.
3 NERO CAESAR AVG. GERM. IMP. 3 p
S. C. la Vittoria alata, con uno Scudo, in cui fi legge q Di quefte ve ne hà
undici di fei conii differenti . Ne figura uno il Vico t.i.
I PACE P. R. VBIQ. PARTA lANVM CLVSIT. S. C. Ifcrizzione
trà le antiche la più fuperba. Cinque di grandezza mediocre, col Tempio di
Già-
LIBRO ^ y A R T 0. CAP, II, 347
Giano chiufo, varie di conio. Riverfo figurato appreffo Guglielmo du Choul
ne! Libro della Religione de gii antichi Romani, p. 18, della traduzzionedel
Siraeoni , n, i . e tra le Imagini del Bieo , p. a 1 , e tra le Medaglie Imperiali me¬
diocri , e minime di bronzo (piegate dal Patini , p. 1 1 3. & apprefio l’ AgoRini ,
dial. 5.p. 140.0. 2. ma <^uivi,come cavato da Medaglia d’oro, d’ ilcrizzione
differente da queRa , e da tutte le fuffeguenti ,
4 NERO CLAVD, CAESAR AVG. GER. P. M. TR, IMP. P. P.
PACE P, R, TERRA, MARICL PARTA lANVM CLVSIT. S. C. Il
Tempio di Giano chiufo , come nella precedente . 3. Medaglione figurato dal-
T Angeloni , p. di. e dal Patini , nel Teforo , p. 143. Oltre i quali figurano que¬
llo riverfo il Choul nel luogo /opracitato, il Vicojtav. 2. il Bieo p. 21. el’A-
goRini ,dial, 5. p. 148.0. 1. portandolo però queRo, come cavato da Medaglia
d’ ifcrizz ione differente da queRa , e dalle fottouotate .
5 S. C, la Victoria collo Scudo, e lettere , come nella feconda,
6 VICTORIA AVGVSTI, S. C. la Vittoria, che nella deRra tiene unaJ
Corona d’alloro, efquifitamenteefpreRa, nella finiRraunramo di palma. 4.
di conio diverfo. Vna figurali dal Vico, tav. i.
7 ROMA S. C. Roma, rapprefentata in habito di donna armata, fedente
(opra un mucchio di fpoglie militari , colla Celata in capo , & una piccola Ima¬
gine delia Vittoria nella deRra, nella liniRra un baRon da comando, fe più to¬
lto non è il Parazonio , eh' era una forte di Spada , la quale non haveva punta ,
per lignificare, che il Capitano non deve incrudelire ne'fuoi; figurata nella lì>?
niRra di Roma , per infogna di fortezza , e dignità guerriera , di cui Marziale .
Militia, decus hoc ^ grati mmen honorts
K^rma trihuniciumt cingere digna latus.
Figurali queRa Medaglia dal Vico trà quelle di Nerone , tav, i. dall’ AgoRini,
dial. 3.p.9S«nu.4, dal Bieo, p, 20, e dall’ Angeloni, p.^i,
8 La medelima iferizzione , e riverfo , in cui 1' imagine di Roma tiene la fini«
Rra appoggiata al petto , come nella figurata dal Vico nel luogo fopracitato,
9 Altra limile , in cui Roma hà nella deRra una Corona d’ alloro :
I o Diverfe altre Medaglie colla ReRa iferizzione , e riverfo moRrano Roma
colla deRra armata d’ un’ aRa, oltre che porta la Vittoria nella finiflra, 3, Ve¬
dali il Vico nella Indetta tav, i.diNerone,
II GENIO AVGVSTI. S. C. Il Dio Genio in piedi, che nella deRra tic-^
ne una patera (opra un’ altare , nella liniRra il corno di dovizia. Riverfo figura¬
to apprelTo il Choul, p. 150. il Bieo, p. 20. il Vico, tav, 2. delle Medaglie di
Nerone, el' Angeloni, p.Oi.
12 DECVRSIO S, C. Due Soldati a Cavallo, in atto di correre colle Lan-
ciearreRate, Medaglione figurato dal Vico, tav. i, differente nel difegnodcl
riverfo da quello, che adducono l’ Angeloni, p.òi, n. 17. & il Patini nelTe-
foro,p. 143. in cui vièunfoloCavalieretràduepedonì.
13 AVGVSTI. POR. OST. S, C. Il Porto d'ORia fatto fabbricar da
Claudio, che morì prima di riceverne l’onore della Medaglia; la quale fù pofeia
battuta a gloria di Nerone, com* erede non folo del dominio, ma anco degli
onori deRinati a quello. Vi fono efprelfc fette Navi di diverfe figure , c gran¬
dezze, di minutilììmodifegno» ma con particolar diligenza fcolpìte. Scorgelì
nella bocca del Porto il Faro, e più dentro 1’ imagine fedente di Portuno Dio
de’ Porti, come interpretali daH’ÀgoflinijChe figurò queRo riverfo diahs.p.l * * •
n.i. òdi Nettuno, colla deRra appoggiata ad un Timone, c la finiRra Refa
(opra un Delfino in legno del commovimento del Mare acquetato , come fpiega
l’Eriz- "
34» H y S E 0 C 0 S P I ^ N 0
l’Erizzo, che parimente lo figurò, pag. 21 6. il che pur fece il Vico, tav. i. il
Bieo,p. 20. i’ Angeloni , p.6i. il Patini tra le Imperiali, p. 1 13. enelTcforo,
p. *4?* e pritnadi qucfti Gioleflo Caftaglione, che in dichiarazione di quello
Kiverfo, e d’un’ altro d’ una Medaglia di Trajano, ne fcrille un Trattato a parte
ftampato in Roma, in 4.
14 NERO CLAVDIVS CAESAR AVG. GER. P. M.TR. P. IMP. P. P.
PACE P. R. TERRA, MARIQ. PARTA lANVM CLVSIT. S. C. Il
Tempio di Giano chiufo , come nelle due fopramentovate ,n. 3. e 4. Quefta fi¬
gurali dal Mofeardo lotto la Statua diNerone,!. i.Mul. c. 6i.p, no.
15 ROMA. S. C. Roma fedente lopra le Ipoglie militari, colla delira ap»
poggiata ad uno Scudo, & un'afta diritta nella finiftra. Figurata dal Vico nel¬
le Medaglie di Nerone , e dall’ Angeloni , p. 6 1 . nu. 2 2.
16 DECVRSIO S. C. Due Soldati acavallo, checorrono,l’unocoila-
Lanciaarreftata,raltrocon una bandiera. Angeloni, p.6i.nu.i8.
17 NERO CLAVDIVS CAESAR AVG. GER. P. M.TR. P. IM. III. P.P.
Ifcrizzione , e Ri verlo della Medaglia precedente , ma d’ altro conio .
18 IMP. NERO CAESAR AVG. GERM.
S. C. la Vittoria in piedi, colla delira dirtela lopra uno Scudo. Vico.
19 PACE P. R. VBIQ. PARTA lANVM CLVSIT S. C. Tempio di
Giano chiufo, come nella 3. 4. e 14. Due di (lampa differente .
20 IMP. NERO CAESAR P. MAX. TR. P. P. P.
Il Indetto Ri verlo , e lettere d’altro conio ,edifegnomolto più vago.
21 IMP. NERO CAESAR AVG. P. MAX. TR. P. P. P.
GENIO AVGV^STI. S. C. Imagine in piedi del Dio Geniocolla patera nella
delira, e ’i cornucopia nella finiftra .
22 S. C. La Vittoria in piedi, in atro di caminare con uno Scudo dalla de¬
lira pendente , in cui S. P. Q. R. Riverfo figurato dall’ Agollini , dial. 2 . p. 5 3.
n. 2. e dall’ Angeloni ,p.6r.
23 IMP. NERO CAESAR AVG. FONT. MAX. TR. FOT. I.
DECVRSIO. S. C. __
24 IMP. NERO CL A VD. C AESAR AVG. GERM. P. M.TR. P. XIII. P.P.
ROMA. S. C. Roma ledente foprauna malia di fpoglie guerriere, colla Vit¬
toria nella delira, e Talta nella finiftra . Vico , tav. r.
25 PACE P. R. TERRA, MARIQ. PARTA lANVM CLVSIT. S.C.
Tempio di Giano . Medaglia piccola, ildicui gentililfimo riverfo figurali dal
Patini tra lelmperialiminute, e minime, p. 113.
X. Calha .
1 n ER. GALBA IMP. CAESAR AVG. P. M. TR. P. Galba, Laureato.
O libertas PVBLICA. S. C, Figura della Libertà, in piedi , col Pi¬
leo , fua infegna nella delira. 2. Riverfo figurato dal Choul nel Libie delia Re¬
ligione degli antichi Romani, p. 1 1 3. dal Vico, tav. i. delle Medaglie di Gal¬
ba, dall’ Angeloni, p. 67. n. 1 1. c dal Bieo, p. 22. il quale però cavòllo da_
Medaglie d’ifcrizzione differente da quefta , e dalla fufleguente .
2 IMP. SER. GALBA CAES. AVG. P. M. TR. P.
Col Riverfo precedente.
3 IMP. SER. SVLP. GALBA CAES. AVG. TR. P.
Col fudetto Riverfo .
4 IMP- SER. SVLP. GALBA CAES. AVG. TR. POT.
ADLOCVT. S. C. Effigie di Galba fopra un palco, in atto di parlare ad una
Squadradi Soldati, Tré di beliiffimo conio. Riverfo figurato dai Vico, nella
tavor
LIBRO A \ T 0, CAP, IL 349
tavola fopracicacai differente da quello, chefigurafi da Carlo PatininelTcfo*-
ro, p. 146.
5 PAX AVGVST. S. C. Imagine della Pace, che (là in piedi» con un ra«
mo d’ ulivo nella delira, & un corno di dovizia nella (ìniftra. Vedefi figurata
apprclfo il Vico, ta v. i. 1’ Agoftini , dial. 2. p. 4.J. n. 7. c l’ AngeJoni p. 67. n. r.
ó IMP. SER. SVLP. GALBA CAESAR AVGVSTVS. Mcdaglioncdi
prima grandezza»con Galba Laureato , fenza rivcrfo .
XI. ottave .
I ¥ MP. OTHO CAESAR AVG. TRI. FOT. Ottone di vago afpetto, e
J, di capigliatura corta , ma riccia .
SECVRITAS P. R. S. C. LaDeaSecuritàinpiedi, che nella delira tiene
Una Corona» come d’alloro, e nella finidra un’ alla . E* Medaglia di bronzo
con molti legni d’antichità, fatta per mano d’ eccellente maellro. Figurali dal
Vico , aluoluogoydall’ Agollini,dial.2.p.49.nu.6. dalBieo»p. 23.0.1. e
dall’ Angeloni , p. ép. nu. 3.
2 'Simile, più recente , ma per la bellezza, efinezza del difegno , e dèi conio»
maravigliola. Trovali pure in argento quello riverfo, legitimo, figurato dal
Patini nel Teforo , p. 67. & in oro, figurato dal Vico, trà le Medaglie d’ Ottone,
f av. 3. Incontrali la medefima ilcrizzione anco intorno a riverii d altro dilegno,
come nell’Ottone d’ Ovidio Montalbani»da lui publicato in un foglietto volan*
te , che da qualche antiquario fù approvato , benché lo talli uno Antagonida di
quello nel Commentario de Othone Mreo fua..
XII. Vitellio,
j A VITELLIVSGERMAN.IMP. AVG. P.M.TR.P. Vitellio laureato.
Xm,* S. C. Marte Gradivo, che nella delira tiene un’afta, nella fìniltra
porta un trofeo d’armi, appoggiato alla Ipalla. 2. Angeloni.p. 73.00 4.
2 A. VITELLI VS GERMANICVSIMP.AVG.P.M.TR.P.comelopra:
PAX AVGVSTI. S. C, Imagine della Pace in piedi, con un ramo d’ulivo
nella finiftra,& un corno di dovizia nella delira. Riverfo figurato dal Patini
nel Teforo, p. 147. dove però il cornucopia viene efprelfo nella liniltra della
Pace.
XIII. Veffcifiano,
1 . . ; : . . VESPAS. AVG. P. M. TR, P. P. P. COS. . I . . Vef-
palìanoLaureato»con faccia, comedichi li sforza, quale appunto difegnòl/a
Svetonio, di lui feri vendo, fuit vultu, velati mte mi $ . Onde ne cantò iJ Padre
Carlo di S. Antonio di Padova, nelle fue Mule Anconitane . lib.IU. epig,4o.
Suo riget, ingenti redi or fub fondere, vultu,
FUvius hoc vultu Veffafitinus erat.
Nixum animi exterior (ìgnahat forma latentem,
O quantum mentem Principis angtt onus!
Hàperriverfo S. C. Marte Gradivo,come nella prima di Vitellio. Figurali
dal Mofeardi,!. i.Muf.c. 19. p. jd. _
2 IMP. CAES. VESPASI AN. AVG. COS. HI.
CONCORDIA AVGVSTI. S. C. Figura della Concordia fedente con una
patera nella delira , & un cornucopia nella finiftra . Diverfa da quella , che fi¬
gurali ne’ Dialoghi dell’ Agoftini, p.39.n.2.edalVico, lav. 1. delle Meda¬
glie di Vefpalìano.
3 IMP. CAES. VESPAS. AVG. P. M. TR. P. P. P. COS. III.
PAX AVGVSTA . S. C. Figura flolata della Pace, in piedi, con un ramo
d’ ulivo nella delira una Corona nella finiftra .
Gg 4 IMF,
35© M y s E 0 c 0 S ? l A N 0
4 IMF. CAES, VESPASIANI AVG. P. M, TR. P. P. P. COS. HI.
L’ Anfiteatro di mano d’ eccellente Macftro , lenza lettere.
5 FORTVNAE REDVCI, S, C. LaPortuna, in piedi, chetieneunramo
nella deUra, colla quale regge un timone da Nave, havendo nella finiftraun
cornucopia , E* Medaglia diycrfa da una , che con fimile rivcr/o fi mentova dal-
rOccpnè , pag. 97. Figurafidall’ AgDftini,dial.2.pag.^5.rum. 3. dal Vico,
tav. I. delle Medagliedi quello Imperatore, edalTAngcloni , p.So.n.S.
6 ROMA RESVRGENS, S. C. TrèFigurehumanc,dueinpiedi,&una
inginocchiata . Quefta rapprelcnta Roma , a cui una delle Indette, ch’è laurea¬
ta, elprcHa per l’Imperatore, porge la delira in atto di lollevaria. L’altra ar*
mata, colla Celata in capo, eloScudonellafiniRra, puòellere fatta per Marte,
come ben difeorre PErizzo, che figura, e Ipiega diligentemente quello ri-
verfo a pag. 244, Lo figurano parimente TAgoRini, come però cavato da
Medagliad’altra iIcrizzione,dial. j.p.pj.n. 10. e’I fiieo,p. 25.
7 IMP. AVG. F. COS. DES. IT. CAES. AVG. F. DES. S. C, Le
Imagini intiere di Titp, e di Domiziano, Figliuoli Vcfpafiano, che Ranno
in piedi, e tengono cialchcduno un’ alla nella finiìlra. Medaglia belli^ima,^
battuta quando Tito la (econda volta fù defignato Confolc ,' e Domiziano
Celare; lignificando quelle parole Imperator Augujìi Filius , Cenful Defigna*
itts Ittrum . Cafar AuguUi Filius Defignatus • Nctìguròilriver/o,eIpiegòlJo
diligentemente rÈnzzojp.ajo.cbmé’purfece il Patini nel Telerò delle Me¬
daglie, p. >49.dovefiguròla Medagliaintiera, '
8 IMP. CAESAR VESPASIAtSVS AVG. P. M. T. P. P. P. COS. Ili,
PAX ÀVG. S. C. Bellilfima Figura della Pace in habito di donna, conun-
ramo d’ uliva nella finiìlra, & una facclJa accefa nella dellra^cpn cui incende
un mucchio d’arme davanti un’ara. Dietro alla quale Imagine fi vede una co¬
lonna ,con una figurina (opra , alla baie della quale Uà appoggiato uno Scudo,
figurali queftorivèrlodair AgoIlini,p.4i, da| ChouTnel Libro della Reli-
gionede gli antichi Romani, tradocrodal Simeoni, p. 14.0.1'. dall'Angeioni,
p. 80. nu. 7. c dall’ Frizzo, p. 249. ma da quello con ilcrizzionc diveria. Fù
battuta dopo la prela della Giudea .
“ 9 IMP. CAES. VESP. AVG. P. M. T. P. COS, V. GENS,
FELICITAS PVBLICA. S. C. Imagine llojata della Felicità, in piedi , che
nella delira tiene un’caduceo, nella lìnillra il corno di dovizia, 2. Vedafiil
Vico, tav. I. delle Medaglie di quello Impeèatore, e l’ Angeloni ,p. 80. n.9.
10 IMP. CAES. VESP. AVG. P. M. TR. P. COS. VI. VefpafianQ
radiito. ....
Col riverlo come nella precedente,
11 ÌMP. CAESAR VESP. AVG. COS. YU*
AEQVITAS AVGVSTI. S. C. La 'Dea Equità \ che nella delira tiene
bilancie, nella finiRra un’afta. Riycrio figurato dairAgoftini, dial. a. pag.
4d. num.j.
12 Altra con limile ifcrizzione, ma lenza riverlo^ _
1 3 IMP. CAES, VESPASIAN. AVG. P. M. TR. P. P. P. COS. VII.
VcIpafianoLaurcato. '
S. C. Facciata del Tempio della Pace , dentro i) quale fi vedqno diyerft.
Statue, come parimente di fuori le ne feorge una ^al deliro , un’altra dal
Iato manco del Tempio, in piedi, (enz* ^itre lettere , che quelle del S. C.
Figurata dall’ Frizzo, p. 947. dal Choul nel Libro della Religione de gli
antichi Romani, p. XI. e dall’ Angeloni, p. 80. n. 14.
14 IMP.
L RO ^ y À R T 0^ CAP. IL 35«
14 IMP. CAESAR VESPASIAM. COS. Vili.
S. C. Vna Figura in piedi, con una Corona d’alloro nella delira.
15 VICTORIA AVGVSTI. S. C. Imagine alata della Vittoria in piedi,
in atto di fcrivere in uno Scudo appefo ad un’ Albero , che fembra palma . Haf-
fi figurato apprelTo il Vico, tav. i. delle Medaglie di Velpafiano. e l’Angelo;
ni,p. 80. nu.
16 IMP. CAES. VESPASIAM. AVG. COS .
S. C. Figura ftolata in piedi, con un’afta nella finiftra.
17 AEQVITAS AVGVSTI. S. C. L’ Equità,coile bilancie nella delira,"
& un* afta nella finiftra . Vicp , tav. 2.
1 8 CAES. VESPASIAM . TR. P. COS. XX. ò pili follo IX.
Col riverfo della precedente, fimbolo non difaddatto a’ meriti di Velpafiano»
di cui Aufonio .
^usrenài attentus ^ moderato commodus ufu^
•Auget, nec reprimit Vefpafianus opes,
o/im , gui duhiam privato in tempore f amant ,
Par aliis Prineeps tranfiulit in melius.
XIIII. Tito .
1 |MP. T. CAES. DIVI VESP. F. AVG. P. . : ; : e nelmezo S. C:
J[ Capo di donna, velato, con alcune lettere attorno, che non fi diftinguo.
no. Forfi è della Dea Vetta, di cui fù devoto Tito , il quale fece figurare
il di lei Tempio in alcuni riverii delle fue Medaglie , come pur fece Do;
iniziano .
2 T. CAES. VESPASIAM. IMP. P. TR. P. COS. iT.
AEQVITAS AVGVSTI. S. C. Figura dell’ Equità, come nelle due ultime
di Velpafiano .
3 IMP. T. CAES. VESP. AVG. P. M. TR. P. P, P. . . . .
Col precedente riverfo. __
4 T. CAES. IMF. FON. TR. P. COS. II, CEMS.
S. C. Figura ftolata, che leva in alto la man delira.
5 T. CAES. VESPASIAM. IMP. PGM. TR. POT. COS. II.
S. C. Marte Gradivo, che nella delira tiene un’ afta, nella finiftra una Infegna
militare, ò più tofto un trofeo. 2.
6 IMP. T. CAÈS. VESP. AVG. P. M. TR. P. P. P. COS. IIII.
S. C. Imagine ftolata della Iperanza in piedi .
7 T. CAES. VESPASIAM. IMP. PON. TR. POT. COS. V.
1 . . . . AVGVST. . . S. C. Figura ftolata in picdi,con un cornucopia neb
la finiftra , e nella delira non sò che non fi diftingue , e forfi fono le bilancie , per
farla conofeere 1’ imagine dell’Equità, potendo edere l’ifcrizzione intiera,.
AEQVITAS AVGVSTI. E’ Medaglia rara, non mentovata dall* Occone,trà
tante migi ia ja , che ne deferì ve , nè da altri , che mi fovvenga .
8 IMP. T. CAES. VESP. AVG. P. M. TR. P. P. P. COS. VII.
FELICIT. AVGVST. S. C. Imagine della Felicità , con un’ afta ,5c un ra¬
mo nella delira, & un corno di dovizia nella finiftra ,d’ efquifito lavoro .
9 S. C. Donna velata in piedi, colla delira diftela, e non sò che inmano,'
che non fi diftingue i fembrano fpiche , le non è più tofto il trifoglio , per dichia¬
rarla Imagine della Speranza .
10 IMP. T. CAES. VESP. AVG. P. M. TR. P. COS. Vili.
AEQVITAS AVGVSTI. S. C. Effigie dell’ Equità, che ftà in piedi, tenen¬
do le bilancie nella delira un’ afta nella finiftra .
Gg 2
Il VI-
M P' S E 0 C 0 S P 1 A N 0
Il VICTORIA AVGVSTI, S. C. Imaginealatadella Vittoria in atto dì
caminare , portando una corona d’alloro nella delira , & un ramo di palma nel-
lafiniftra. Angeloni p. 88. n. 8,
j 2 La medefìma ifcrizzione coll’ effigie della Vittoria , che ftà in piedi fopra
un roftro di Nave ; tenendo nella finiftra il ramo di palma, e nella delira la coro¬
na d’ alloro . Fù battuta in memoria della V ittoria Navale contro i Germani , di
cui favella Svetonio. Il conio è d’ eccellente maeftro.c ’l riverfo figurali dal
Vico nelle Medaglie di quello Imperatore , tav. 2. dal Bieo ,p. 29. e dall’ Eriz-
zo, cheinlìemelolpiega,p.2 59.
13 S. C. Figura llante con alcuni fiori ,ò [piche nella delira.
14 S. C. Simile coir Imagine della Speranza; fe pure non èia RelTa colla
precedente . _
15 IMF. T. CAES. VESP. AVG. P. M. TR. P. P. P. COS. VUL
S. C. Effigie Rolara delia Speranza, col trifoglio nella delira. Vico, tav. 3.
16 IVOAEA CAPTA. S. C. Imagine della Giudea figurata in fembian-
za di donna piangente , affila lotto una palma, circondata da alcuni trofei mili¬
tari . Riverfo figurato da Guglielmo du Choul nel Libro delle antichità de’ Ro¬
mani tradottodal Simeoni, p. i t.differenteda tutti quelli, che figuranfi dall’
AgoRini , dial. 3. p. 90. e dal medelìmo Choul , p. 1 2.
17 PIETAS AVGVST. S. C. Figura velata della Pietà, che llà in piedi
nel mezo di due imagini diritte, rapprefentanti Tito, c Domiziano, che fi dan»
no la mano , moRrandofi la Pietà conciliatrice d’amendue . Dei fuo lignificato
vedali l’ Frizzo ,p. 257. che figuròila, come pur fece il Vico, tav. 3. l’Agofti-
ni,dial. 2.p. 34. nu.7. Se il du Choul nel Libro delia Religione de gli antichi
Romani ,p. 129.
18 T. CAES. VESPA SI AN . Tito con corona radiata.
ROMA .. . ^ . S. C. L’ effigie di Roma affila fopra una malìa di fpoglie mili¬
tari , con una corona d’ alloro nella deRra , & un’ aRa nella liniRra .
19 DIVO AVG. T. DIVI VESP. F. VESPASIANO. Vna Figura affi-
fa lopra una feggia , con un* aRa nella deRra , & alcuni papaveri , come fembra-
no , nella liniRra , diRefa verfo un’ ara quadrata . Hà per riverfo
IMP. CAES. DIVI VESP. F. DOMIT. AVG. P. M. TR. P. P. P. 5c
in mezo S. C.
20 DI¥0 AVG. T. DIVI VESP. F. VESPASIAN. S. C. Vna Figu.
ra fedente fopra una malia di fpoglie militari , con un ramo , che fembra d’ allov
ro, nella delira. Hà dall’ altra banda.
L’ Anfiteatro di Tito di conio diligentiffimo , con un’ Obclifeo da un lato , ch^
da taluni chiamali Me/a fudans , e dall’ altro un’Edilizio quadrato, con colonne
a due , ò tré folari , da certuni detto Ninfeo . Se n’ hà belliffima figura apprello
il Bieo, p. 29. rAgoRini,diaI.4.p. 1 13. n. 1. l’Angeloni, p. 88. e’I Patini
nelTeloro , p. 148. nella cui ilcrizzione, dopo l’AVG. mancail T. di que-,
Ro Anfiteatto parla Marziale in quel famoliffimo Epigramma .
Barbara Pyramidum fileat miracula Memphis \
yifftdutts ]a£iet nec Babylona labori
Nec Trivia' templo molles laudentur honores t
Diffmuletque Deum cornibus ara frequens,
Aere nec vacuo pendentia Maufolea:
Laudibus immodicis Cares in ailra ferans.
Omnis Cafareo cedat labor Amphiteatro :
Vnum pra cunilis fama loquatur opus.
XV. "Domi*
LIBRO à RT 0. CàP. II. 553
/
Xr. Domiziano t
t ^ES. DIVI VESP. F. DOMiriAN. .......
^1^ S. C. Figura di donna in piedi, ccxn una vergaio pilo nella delira, &
un’alta nella finiftra. ^
a CAESAR AVG. F. DOMITI ANVS COS. il Tcfta di Domiziano
giovanetto di primo pelo .
PRIMCEPS IVVENTVTIS. Imaginedidonna velata, e ftolata, affila fopra
una leggia , con una verga , ò baAon da comando , ò più colio un parazonio nel¬
la finiltra , & una Statua nella deftra , che fembra d*un Marte armato . Medaglia
d’argencobelliffima,ildicuiriverIofìgarafidal Vico tra quelle d’oro del luo
Domiziano ,n. 2.
3 CAESAR AVG. F. DOMITIAM. COS. . . . forfi II. come in altre
di ùmile impronto.
S. C. Figura equeftre di Domiziano in arto di correre, con una mazza, ò pi¬
lo,© più toftoinfegna coir Aquila, nella finiftra. Hà del raro, elTendo nell’
ìferizzione differente da quella , che mentovali dall’ Occone, e figurali appreffo
l’ Angeioni, p. 98. n. 2 1. & il Patini tra le Imperiali mediocri, e minime , p.i 57.
Oltre che in quella la Statua non bà lotto il Cavallo l’ huomo calpefiato , come
quella ,in memoria della debellata Germania, come nota l’ Frizzo.
4 IMP. CAES. DIVI VESP. F. DOMITIAN. AVG .
TR. P. VII. ..... forfi DES. Vili. P. P. come in altri Riverii. S. C.
Figura militare in piedi, colla delira lollevata, e lo Scudo nella finiftra. E per
avventura fia Pallade, com’ efpreffero il Bieo, p.ja.n. i. e’I Mofeardo, che.
lotto la Statua di quella Dea porta quello riverlonel luo Mufeo, l.i.c.18. p.34.
5 IMP. CAES. DIVI VESB. F. DOMITIAN. AVG. P. M.
TR. P. COS. Vili. DES. Vini. P. P. S. C. Figura militare, che fembra
Pallade, con l’Elmo in cella, l’afta nella deftra , e lo Scudo nella finiftra .
6 La medefimailcrizzione, e riverfo, in ciò differente dal precedente, che
quella Figura miltrare hà nella deftra un Fulmine , e l’afta nella finiftra .
7 IMF. CAES. DOMITIAN. AVG. GERM. COS. X.
SALVTl AVGVSTI. S. C. Vn’ Altare, figuratodall* Angeioni, p.pjj.n.jo.'
differente nel dilegno da quello , che propone l’ Erizzo nella lua Medaglia Gre¬
ca di Domiziano, p. 280.
8 IMP. CAES. DOMITIAN. AVG. GERM. COS . forfi X.ò XI.
polciache non prima fi fece chiamar Germanico .
MONETA AVGVSTI S. C. Imagine della Dea Moneta, che Uà in piedi,
colle bilancie nella deftra , & un corno di dovizia nella finiftra 2.
9 IMP. CAES. DOMIT. AVG. GERM. COS. XI. GENS. FOT. P. P.'
S. C. Giove, conuDfulminenelladeftia,&un’alfronellafiniftra.
In alcune Medaglie di fimil dilegno fi legge IO VI CONSERVATORI, come
nella feconda figurata dall’ Angelon i p. 98.
10 Figura militare, forfi di Domiziano, che porta una Laurea nella delira,
de un Trofeo d’armi nella finiftra, che allude alia Vittoria Getica Sarmatica_
dello lleffo .
11 IMP. CAES. DOMIT. AVG. GERM. COS. XII. GENS. PER. P. P.
FORTVNAE AVGVSTI. S. C. Imagine della Fortuna in piedi, col la deftra
al Timone , e *1 cornucopia nella finiftra . 2. Angeioni , p. 99. n. 28.
12 MONETA AVGVSTI. S. C. Effigie della Dea Moneta, colle bilan¬
cie nella deftra , e’I cornucopia nella manca .
13 FlDEI PVBLICAE. S. C. Figura ftolata, con alcune fpighe, e papa-
G g 3 veri
354 M V S E 0
veri nella dcftra,& una patera nella finiftraalzjta. Figurano quello riverio il
Clioul nel Libro della Religione de gli antichi Romani > pag. 34. e l’ Agoftini ,
dial. 2. p. 58. nu. 9. ma però come cavata da Medaglia del iuiicguente Conio-
lato di Domiziano, COS. XIII.
,4 IMP.CAES.DOMIT.AVG. GERM. COS. XIII. GENS. FERP.P.P.
VIRTVTI AVGVSTI. S. C. Figura militare, in atto di caminare , con un
pilo nella deftra,& una mazza,© parazonio nella finiftra. 2. Figurata apprelTo
r Agoftini , dial. 2. p. 37. n. r , & il du Choul nel Libro fopracirato , p. 2 1 .
15 IMF. CAES. DOMIT. AVG. GERM. CoS. XllII. GENS. PER. P. P.
PONT. MAX. TR. P. Vili. LVD. SAEC. Vn Tempio , di cui ft vedono
tré Colonne d’architettura Dorica ,& in elio una Figura aftila lopra un palco,
in atto di porgere una patera ad un’ altra Figura in piedi , che la riceve ; tra cui ,
& il pilco v’ è r effigie d’un fanciullo, che inalza le mani in atto di chiederò
qualche cola . A piedi della Figura ledente vi iono due Vali , uno per parte , dì
belliffimo artifizio: e nella baie del palcofilegge S. P. Qj^ R. SVF. P. D.
dotto S. C. Nel che trovafiquefta non poco differente da quelle Medaglie di
Domiziano co! rivcrlo de’ giuochi lecolari, figurate dall’ Frizzo , p. 278. c fe-
guenti. Fu battuta quefta, quando Domiziano, celebrati i giuochi lecolari,
diftribuìal Popolo Romano 1 Suffimenti per efpiarfi avanti i Sacrifizii , fignifi-
cando le ultime lettere d^l palco, Suffimenta Populo Data^ cioè Lthamina^
eh’ erano zolfo, & incenfo. Riverì© figurato dall’ Angeloni,p. 98.00.7,
16 IMP. CAES. DOMIT .
COS. Xllll. LVD. SAEC. F. S. C. Tempio, con un Sacrifizio di tre Fi¬
gure: una delle quali rapprelentara in habito Sacerdotale Ita con una patera
nelladeftra in attodi verlarla (opra il fuoco, che arde sù l’ara . Delle altre due
1’ una ftà in atto di fuonare la Cetra, l’altra di dar fiato a due pifferi. Figurano
diligentemente quefto riverfo il Vico tra le Imagini de’ Ccfari , al nu. 2. di Do¬
miziano, p. 56. c Guglielmo du Choul nel Libro della Religione de gli antichi
Romani, p. 251.00. 2. del di cuifignificatomeritad’efler lettociòche nclcri-
ve Carlo Patini nella Ipiegazione delle lue Medaglie Imperiali di mediocre, c
minima grandezza, dove a p. 158. ne figurò cinque differenti da quefto, e
d’impronto , c d’ ifcrizzione .
17 IMP. CAES. DOMIT. AVG. GERM. P. M. TR. P. XI.
IMP. XXI. COS, XV. GENS. P. P. P. Statua di Pallade lopra un piede-
jftallo , con un fulmine nella delira , e lo Scudo alzato nella finiftra , e la Civetta
da piedi . Medaglia d’ argento piccola .
18 IMP. CAES. DOMIT. AVG. GERM. COS.XV. GENS. PERP.P. P.
lOVl VICTORI. S. C. Giove fedente coll’ imagine alata della Vittoria nel¬
la delira, de un’ afta nella finiftra. 3. Riverì© figurato dal Choul nel Libro Io-
pracitato,p. 55. n. 3. e dall’ Ange Ioni nell’Iftoria Augnila, p. 98.0. 20.
19 VIRTVTI AVGVSTI. S. C. Figura militare con un’ afta nella delira,
& un pilo nella finiftra.
20 MONETA AVGVSTI. S. C. L’effigie della Dea Moneta, che nella
delira tiene una Statera, nella finiftra un Cornucopia. Agoftini fol. 5. nu. 7.
21 FORTVNAE AVGVSTI. S.C. Imagine llolata della Fortuna in piedi,
col timone, e ’l cornucopia. Riverì© figurato dall’ Agoftini, dial 2. p. 63. n.5.
2 2 IMP. CAES. DOMIT. AVG. GERM. COS. XVI. GENS. PER.
P. P. Domiziano colla Corona radiata.
23 VIRTVTI AVGVSTI. S. C. Figurarailitare » coll’ afta, e ’l pilo, co¬
me lopra nella decimanona . 2.
24 lOVI
LIBRO A \ T 0, CAB, Il
24 lOVI VICTORI. S. C. Giove fedente, colla Vittoria, c l’afta, Gome
nella quinta . Bico, p. ?i.
25 VICTOR. AVGVSTI. S. C. Marte Gradivo.
26 FORTVNAE AVGVSTI. S. C. I/ Imagine della Fortuna in piedi,
col timone nella delira , e ’l cornucopia nella lìniftra . DalT altra banda i’ Impe¬
ratore hà la Corona radiata .
27 MONETA AVGVSTI. S, C. Il tipo della Dea Moneta , come fopra .
Tré di conio differente , efiendo in una l’Imperatore colla Corona radiata, nel»
le altre Laureato.
28 IMF. CAES. DOMIT. AVG. GERM. COS. XVII. CENS. PERP.
P. P. L’Imperatore colla Corona radiata. Quefta Medaglia nonhà riverfo .
In altre però di lìmil conio v’è S. C. con un’Arco trionfale, e due Quadrighe
tirare da gli Elefanti.
XFl. Nerva,
a |MP. NERVA CAES. AVG. P. M. TR. P. COS. II. DESIGN. III.
£ P. P. Nerva Laureato,
CONCORDIA MILITVM. S. C. Due delire congiunte. Medaglia divcr-
fa da quella, che con limile ilcrizzlone figura TErizzo, p. 297. clprimendo
quegli nel fuo riverfo una Infegna militare tenuta dalle due mani congiunte , e
di lotto una proradi Nave, come olTervali anco in una figurata dal Eleo, p.37.
che in quefta non fi vedono .
2 IMP. NERVA CAES. AVG. P. M. TR. P. II. COS. III. P. P.
FORTVNAE AVGVSTI. S. C. La Fortunaftante, coltimonealladcftra,
& un cornucopia nella liniftra , da cui pende un drappo . 11 diritto di quefta Me¬
daglia trovali figurato apprefto il Patini nelle Medaglie di mezana, e minima
grandezza,!. 171. Mifù donata dal Co.Gafparo Bombaci, trovata in Imola
dai Co. Antonio fuo figliuolo .
3 IMF. NERVA CAES. AVG. P. M. TR. P. COS. IIIl. P. P.
FORTVNA AVGVSTI. S. C. Colla Fortuna, come nella precedente, ma
di conio differente. 2.
XVIT. Tradam,
1 I MP. CAES. NERVA TRAIAN. AVG.
1. S. C. Figura militare, che ftà in piedi, tenendo un pilo nella delira , e lo
Scudo nella liniftra ; piccola , ma vaga .
2 IMP. CAESAR TRAIANVS AVG. P. M. TR. P. COS. II. P. P.
Trajano radiato.
SALVS PVBLICA. S. C. EHìgicdellaDcaSaIute,conunapatcranena-
delira, e la liniftra appoggiata ad un timone da Nave, tenendo un piede alzato
fopra un globo , che in alcune fembra un vaio . Due di conio differente .
3 IMP. CAES. NERVA TRAIAN. AVG. GERM. P. M.
TR. POT. COS. mi. P. P. S. C. Imagine alata della Vittoria, che tiene
uno Scudo nella delira, in cui
S. P.
Q.R.
Sei di tré conii diverlì
4 IMP. CAES. NERVA TRAIAN. AVG. GERM. P. M. TR. P. VI.
IMF. mi. COS. mi. DES. V. P. P. S. C. Figura di donna fedente, con
un ramo nella delira , & un’ alla nella finiUra .
$ Figura fedente avanti ad un’ ara , con una patera nella delira , & un cornu*
copia nella finiftra .
6 IMP. CAES. NERVA TRAIAN. AVG. GERM. DACIVS P. M.
TR. P. VII. IMP. mi. COS. lilL DES. V. P. P. La Vittoria , che teocn.i
do li
35<5 ^^ySEO COSPIANO
do il piè deflrofopra un globo, (là in atto di muovere il paffo, portando nella
(iniftra un trofeo d’arme , nella dettrauna corona d’alloro.
7 IMF. NERVA TRAIANVS AVG. GER. DACIVS.
P. M. TR. P. COS. V. P. P. Imagine alata, e ftolata della Vittoria, che
camina tenendo una corona d’alloro nella delira, & un ramo di palma nella (ì-
niftra. Medaglia d’argento non mentovata dall’ Occone.
8 IMP. CAES. NER. TRAIANO OPTIMO AVG. GER. DAC. P.
M. TR. P. COS. V. P. P.
S. P. Q. R. OPTIMO PRINCIPI. S. C. La Vittoria, che in uno Scudo
attaccato ad un tronco d’albero , che fembra palma , (crivc a Icuoc lettere , forfi
DAC vede, e parcicolarmcntenel river-
fo colla mcdcfìmaifcrizzionc figurato dall’ Agoftini, diai, z.p. 53.0.9. e dal-
l’ Angeloni, p. i 22. nu. 20.
9 La fudetta ifcrizzione , con una Figura di donna ftolata in piedi, che tiene
un’afta nella finiftra , e la delira diftefa (opra un globo.
10 IMP. CAES. NERVAE TRAIANO AVG. GER. DAC. P. M.
TR. P. COS. V. P. P.
FELICITAS AVGVST. S. C. Figura di donna ftolata in piedi , con un cadu¬
ceo nella dcftra, & un cornucopia nella finiftra . Medaglia molto grande, c bella .
P II Figura Equeftre di Trajano armato có un dardo nella dcftra, in atto
j di correre addolfo a gl’ inimici , de’ quaii le ne vede elprcflo uno proftraro
i (otto il di lui Cavallo ,comc nelle Figure, che propógono l’ Erizzo, p.30 1.
j ilBieo, p«35. e’I Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri, cm nimedi
S* bronzo, p. 179. n. i.
1 2 Altro fimile,ma più grande di conio differente, d’eccelicntifs. artef.
13 ImaginedellaSalutefedentecolSerpente tel’altare. Trèdi gran¬
dezza diveda.
14 Figura militare in piedi con un’afta nella delira, 8c un baftone da
comando , ò più tolto parazonio , nella finiftra . Due , nelle quali l’ Impe¬
ratore è radiato , Rivcrlo differente da quello , che con limile ilcrizzione
figurali dal Bieo ,p, 35. nu. 7.
1 5 Effigie di donna dante con una verga , ò ramo d* albero nella dcftra.
Se un parazonio nella finiftra .
1 6 Altra con tré legni militari , Halli pure in argento quello riverlo ,
figurato dal Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani ,p. 31.
della traduzzione del Simeoni .
1 7 Fortuna dante colla delira al timone, e’I cornucopia nella finiftra . 3.
18 Trofeo d’ un’ Armatura intiera drizzata (opra un legno, collo Scu¬
do alto , rotondo . Tré differenti, cioè coll’Imperatore Laureato, c ra¬
diato . Figura quello riverfo il Bieo , p.,34.
19 Eifigiedcll' Abbondanza in habito di donna dante con un cornu¬
copia nella finiftra , e nella delira due (piche lopra un vaio pieno pure di
{piche, loftenuto da un crepiedi: di dietro v’è una prora di Nave . Meda¬
glia d’eccellente Maeltro , col capo dell’ Imperatore radiato .
20 Marte Gradivo, con un’ afta nella delira, & un legno militare nella
finiftra ^appoggiato {oprala {palla. L’Imperatore è radiato.
21 La V ittoi ia , che nella finiftra tiene un ramo di palma , & impone la
delira {opra un trofeo .
22 L’ Equità colle bilancie nella delira, & un cornucopia nella finiftra.
23 iMP.
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C
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1^1 •
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4
PO
1
I
LIBRO SPARTO. CAP, il, 357
»3 IMP. CAES. NERVAE TRAIANO AVG. GER. DAC P. M. TR.
P. COS. VI. P. P. Trajano colla Corona radiata.
S. P. Q^R. OPTIMO PRINCIPI. S. C. Marte Gradivo come nella 17.
24 £ELICITAS AVGVSTI. S. C. Figuradi donna in piedi, che levato
alto la dcRra , e nella finidra tiene un corno di dovizia.
....... ANO AVG. GER. DAC. P. M. TR. , , , , Trajano Lan^
reato .
COS. VII. S. P. Q. R. OPTIMO PRINCIPI. Figura ftolata in piedi, con-
un ramo nella delira : d* argento .
, XVIIL K^driano .
I ¥MP. CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG. AdrianoconCo-
¥ rona radiata .
PONT. MAX. TR. POT. COS. II. S. C.
2
f FORT. RED. La Fortuna fedente,
colla delira al timone, e ’l cornucopia
nella (ìniRra. 2. Figurata dal Bieo ,
' p.37.nu. 9.
^C^* Figura della Pietà,
Lche alza le mani Copra un* altare. 2.
3 aeternitas AVGVSTI. S. C. Imagine dell’Eternità figurata in
habico di donna, in piedi, con una teda radiata per ogni mano, fignificante
quelle del Sole , e della Luna . Figurali dal Choul nel Libro della Religione de
gli antichi Romani, p. 131. edairAngeloni,p. 147.0.10. ma come cavata da
Medaglia d'altra ifcrizzione .
4 P Figura di donna in piedi colla de*
Idra alzata, & un cornucopia nella fi^
nidra .
PONT. MAX. TR. POT. COS. III. S. C. ^ Roma fedente colla Celata in capo;
. 5 I l’ada nella dedra, e la Vittoria nella
ffinidra. Inamendue l’Imperatore è
'^.Laureato.
6 IMP. CAESAR TRAtAN. HADRIANVS AVG. Laureato;
'7 r Figura dolata , con un ramo nella dedra , & un
(cornucopia nella finidra. 2.
Nettuno, con un tridente nella dedra, & un
f Delfino nella finidra, tenendoli pièdedrofopra
P. M. TR. P. COS. in. S. C.< una prora dì Nave .
9 ? FORT. RED. La Fortuna fedente, come nel-
I la prima.
[ I LIB. PVP. Effigie della Libertà , col plico
^nella dedra , & un* ada nella finidra .
io HADRIANVS AVG. COS. III. P. P. Laureato.
FORIVNA AVG. S. C. Xa Fortuna io piedi, col timon della Navenella
dedra, & un cornucopia nella finidra. 3.
Il Simile, ma più piccola, nel cui riverfo laFortunahà una patera nella,;
dedra.
12 FELICITAS AVG. S. C. Imagine della Felicità col caduceo nella fi¬
nidra , porgendo la dedra all’ Imperatore . la figurano l’ Agodini , dial.2. p. 2.
nu.4. el’Angelonip. i48.nu. 35.
«3 AEQVIT . S. C. Iraaginc dolata dell* Equità, colle bilancie
nella
U V S E 0
nella delira, & un’ afta femplice nella finiftra . Riverfo non veduto dairOcconel!
14 HADRIANVS AVG. COS. III. P. P. S. C. Figura ftolata io piedi
con una patera nella delira , & un’ afta nella finiftra ,
FORTVNA, SPES. ImaginijdcllaFortuna.edellaSperanza, che fi porgono
le delire. La Speranza hà un cornucopia nella finiftra.
15 ANNONA AVG. S. C. Figura dell’ Annona, che colla finiftra ioopui
gna una pianta di frumento , nella delira tiene alcune Ipiche fopra un vafo , che
clivi hà da’ piedi , fimilmente pieno di Ipiche .
16 VICTORIA AVG. Figura alata, e ftolata della Vittoria in piedi, che
nella finiftra diftela tiene un ramo di palma, & accofta la delira ad una bolla,
che le pende dal collo ,come la chiama l’ Occone , p. 1 57.
17 CLEMENTIA AVG. COS. III. Figura ftolata in piedi, con una pate¬
ra neliadcftra, & un’ alia nella finiftra.
18 AFRICA. S. C. Figura dell’ Africa efprelfa in habito di donna giacen¬
te , coll’acconciatura della teftafimigliante al capo d* un’ Elefante, tenendo un
corno di dovizia nella finiftra , & uno Scorpione nella delira , con un celione a*
piedi pienodi (piche di frumento. Spiegano Tornamento del capo di quefta
Figura que’ Verfi di Claudiano.
T UHC fpicis , & dente comxs infignis eburno ,
"Et calido rubicunda die Jìc Africa fatur .
Medaglia battuta forfi perche Adriano fù di nazione Africano , come nota Dio¬
ne. La figura, clpicga l’Erizzo, p.350. l’ Agoliini, dial. 3. p.8$i. n. i. c’I
Patini tra le Imperiali mediocri , e minime , p. 1 9 1. nu. 7.
19 AEGYPTOS. S. C. La Dealfide ledente, con un fiore lui capo, il fi-
ftro in mano , l’ uccello Jbidc da un lato , e il celio p'cno di biade in terra. Ri-
verlo figurato dall’ Agoliini ,dial. 3. p. 99. n. 1 . dal Bieo , p. 39. dall’ Angelo-
ni, p. 149. n. 57. dal Mofcardojl. i.Muf.c. 7.p. 14. (dove però!’ ilenzzione
dell’altro lato è alterata ,leggendovifi COS. IIII )c dal Patini tra le Imperiali
minute, e minime, p. 191. n. 4. enelTeforo, p. 161. dove pure lo publica,
<om’ efprefto in argento , p. 66.
20 HADRIANVS AVGVSTVS. Adriano radiato.
S. C. Oianain piedi .colTarco nella finiftra, & una freccianelladeftra.
21 r Figuraalfìla (opra una mairadifpoglie militari, tenendo la
j Vittoria nella delira, & un cornucopia nella finiftra .
2 2 Effigie di donna in piedi , che nella finiftra alzata tiene una
Daterà dìc na di biade .
24 . Figura (iolata in piedi, furi! della Speranza, colla delira di-
I ftefa, & un cornucopia nella fiuiftta . Due di conio differente,
! vedendoli in una la telia dcU’Imperatorc radiata, nell’altra..
^Laureata .
25 IVSTITIA AVG. COS. II. S. C. Donna fedente, con una patera
nella delira, & un’afta nellalìniftra.
26 IVSTITIA AVG. COS. III. P. P. S. C. colla figura del preceden¬
te riverlo, ma in forma più piccola.
27 CLEMENTIA AVG. COS. III. P. P. Figurata dall’ Angeloni,pag.
147. nu. 1 3.
28 COb. . . . S. C, Imagine d’ Adriano a cavallo, inatto di viaggiare,
fopra cui fi legge PRO. AVG. c\oh Profeflio Augufti ,
29 HA-
L l rB K 0 P A%T 0, CAP. il. 35>
%9 HADRIANVS AVGVSTVS, P, P, Adriano radiato .
HILAH1TA3 JL* Irnagitie deir Ai{egre;?a in piedi oon un cornu*
copia nella finiftra*c la delira dillefa (opra un ramo di palma, con due fìgurine
di fanciulli in piedi, uno per laro, e lotto CQS. III. 2. Figurali quellQ viverlo
dajl'Àgoftini.dial. a.p.yd.n, i. edall?Ange|pni,p. 149.11.
ConlìmiIcIfcrÌ2zìone,eriyerlo ,ma con un Fanciullo lolo.
il CLEMEiyjIA AVGj COS. IJI. P. P. S. C. Figura ftolata della
Clemenza, che tiene una patera nella delira, & un’afta nella finiftra. Riverfo
^gurato dall* Agoftini , diài. 2. p. 47. n. 3*
^ It 9 .. . COS. . . . S. C. VnajQalea col fuo ordine ^i remi differente*
da quella ,che figurali, c /piegali dall ‘Frizzo nel fuo Adriano, p. 370.
33 IMP. CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG, P. M. TR. P.
COS. II|. , .
CONCqRDIA EXERCITVyM.S, C Figura della Concordia in piedi con
un legno niiljtarc per ogni mano . Vedalcncr effigie appreffo F Agoftini, diai,
?:P*39‘n.7-
34 IMP. CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG. P. M. TR, P.
CQS. III. P. P.
MONETA A YGVSTI. S. C. Imagine ftolata della Dea Moneta in piedi
colle bilancie nella delira , & un cornucopia nella liniftra .
XIX. Elio.
* T AELIVSf CAESAR. Faccia maeftofad’ Elio, con capigliatura, ebar-
JL^* ba riccia,
S. Ci Cinque figure militari , & una togata in piedi avanti un’ altare di Giove,
c’hàl* Aquila da’ piedi,
2 L. AEL. AVREL . come (opra ,
TR. POT. S. C. Effigie di donna in piedi , colla delira folleviua ij
f diftela in fuori , e che colla (ìniftra (oftiene una falda della Tua Velie . Forlì è in
Pietà , piotivata dall’ Occone , p, 1 67.
XX, Antonino pio .
I A NTONINVS PIVS AVG. . . . . ‘
a\. S. C. Figura di donna, in piedi, con un ramo nella delira, & uncor»
nucopia nella finjftra,
2 .... . ANTQNINVS AVG. PIVS.
...... COS. DES. II. S, ip. Figura ftolata in piedi ,^on tre (piche nella
delira un cornucopia nella lìnillra .
3 .... . ANTONINVS AVG. PIVS P. P.
........ S. C. Figura ftolata in piedi, con uu cornucopia nella finiftra,
e la delira , che regge , ò il timone , ò le bilancie non ben diftinte.
4 ANTONINVS AVG. PiyS. P. P.‘ TR. COS. I?,
imperator il LIBERT. S, Imagine della Libertà rapprefentata in ha^
biro di donna, che Uà in piedi, tenendo il pilco, lua Inlegna, pendente dalla
delira, & un* afta nella liniftra.'
5 ANTONiNys AVG. PIVS.
. . . . ERA . . ... Figura di donna ftolata, che nella delira tiene due Ipl-
che, Q papaveri , che fiano : nella liniftra una patera piena , come di biade .
^ . . Telia d’Antonino Laureata.
........ S. C. Lupa lattante Romulo, e Remo, Medaglia, di minima
grandezza pe^que* tempi. Simile riverfo, con lettere IMPERATQR IL fi«
gurafi dal Patini tra le Imperiali mediocri , e minime , p. a 14. n. 3.
7 IM-
UVSEO C 0 S T ì A 0
7 IMP. T. AEL. CAES. HADR. ANTONINVS AVG. PIVS .
P, M. TR. POT . (forfiCOS, II. come nella mentovata dall’ Oc-
concp. 170.) S. C. Imagine della Fortuna, colla delira ai timone, & un cor¬
nucopia nella fìniRra. 2.
8 ANTONINVS AVG. PIVS P. P.
TR. POT. COS. II. S. C. Figuraaffìla in un leggìo, tenendo una verga, ò
baRoncello nella delira . & un corno di dovizia nella lìniRra .
9 . COS. II. S. C. Figura Rotata in piedi, con un ramo nella de*
Ara, & un cornucopia nella lìniRra. Due differenti di conio.
10 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. COS. III.
AVRELIVS CAESAR AVG. PII F. COS. S. C. Teltadi M.Aurelio.*
ti OPI AVG. S, C. La Figura d*Opi in habito di donna fedente con un*
aRa nella deRra , con cui tocca la terra , e che lì mette al capo la finiRra .
12 . . . NE . S. C. forfi MONETA AVG. La Dea Moneta,
che Rà in piedi , tenendo le bilancie nella dcRra , Se il cornucopia nella lìniRri:.
13 IMPERATOR II. S. C. La Vittoria in atto di caminare, portando con
ambe le mani un* aRa , con [opravi un trofeo d’atmi . 2. Rivcrfo figurato ap»
preffoii Bieo, p.4i.cdairAngeloni,p.'i7i.nu. 1 1.
14 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P . . . forfi COS.
HI. come in altre.
SALVS . (forfi AVG. come notai’ Occone.p, 173.) S. C. Imagi¬
ne della Dea Salute, con un’ aRa nella lìniRra, & una pace ranella deRra, diRcfa
verlo il Serpente d’ Efculapio , guizzante lopra i’ ara contigua, lotto cui li leg¬
ge CuS. HI.
15 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XI.
ANNONA AVG. COS. IIII. S. C. Figura di donna, in piedi, con due fpi*
che di frumento neliadeRradiRefa lopra un vaio pieno di Ipichc . Nella lìtiiRra
tiene non sòche lembraò vomere, ò raRro. Vna limile Medaglia figura TEriz-
zo,p.463.elprimendo nella lìniRra deli’ Annona Ut> ramo, e lotto quello un va¬
io pieno di vane cole fpettanti all’ Abbondanza . L’ Agoltini in vece del ramo
feccelprimere un’ancora nella lìniRra dell’Annona, dial.2. p.7o.n.i. Vn’alcra
con limile ifcrizzionc figurali dal Mofeardo , I. i. Mul. c. 22. p. 43. ma in que-
Ra l’ Annona diRende egualmente le mani da ambo 1 lati in due celli di Ipiche .
/ 16 ANTONINVS AVG. P. P. TR. P. XII.
FELICITAS AVG. S. C. Figura di donna in piedi con un Caduceo nella de¬
lira, & un ramo, come lembra , nella finiRra. Colqual riverlo lì vedonoalcu-
ne Medaglie d’ Antonino, Rampate nel di lui terzo Conlolaco, mentovate dal-
TOcconc,p 271. Vapurdifferenteda quella, che figura l’ Agoltini, dial. 2.
p.6i.n.3.c’l bico,p. 41.
17 IvlP.CAES.T.AEL.HADRIAN. ANTONINVS AVG. PIVSP.P.
TR. POT. XlII. COS. mi. S. C. Figura affila in un leggio, tenendo due
[piche di frumento nella dcltra diRela lopra un vaio pieno pure di /piche , e reg¬
gendo colla lìniRra Un corno di dovizia .
18 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XV.
COS, ini. S, C. Donna 111 piedi, con un timone alla deRra, & un cornuco¬
pia nella lìniRra, elpreffa per la Fortuna .come in una d’argento, il di cui river-
[o figurali dal Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani , p. 1 96.
. . S. C. Figura Rolaca in piedi, con un’ aRa nella dcRra ,&
una patera, come lembra, nella fiiiiUra.diitcla [opra un* altare. Forfi è laSa-
bace , come nella fullcgucnte .
20 SALVS
X t B R 0 ^ V A R t 0. CAP. II. jSi
io SALVS AVO. COS. . . . S. C. Effigie della Salate, coll’afta nella
finiftra , e la patera nella delira in atto di facrificarc fopra l’ altare d’ Efculapio
figuratovi nel Serpente. Due di conio diverfo.
2 1 IMP. CAES. T. AEL HADR. ANTONINVS AVG. PIVS P. P.
TRIB. FOT. XV. COS. IIII. S. C. ANNONA AVG. Figura di donna fe¬
dente con due (piche nella delira , (otto cui fi vede un cefto pieno parimente di
(piche. Nella finiftra hà il corno dell’Abbondanza. Figurali dall’Agoflini,
dial. 2.p.7o*n*7*
22 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XVI.
iNDVLGENTIA AVG. COS. IIII. S. C. Figura di donna fedente» rap-
prefentata per i’ Indulgenza d’ Antonino, la quale ftende la delira, & hà un'afta
nella finiftra.
ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XVIII. Antonino radiato:
LIBERTAS. COS. UH. S. C. Imagine della Libertà in piedi, col pileo nella
delira , e la finiftra diftefa . Due di conio di verfo , vna grande , e Taltra medio»
ere, amendue differenti da quelle, che mentova rOcconc, p. 17R. battutene
nel TR. F. XVII.
24 ANTONINVS AVG. : . TR. P. XVIII.
FELICIT. .... COS. mi. S. C. Figuraftolata in piedi, con un’ afta nella
delira , e due (piche diritte nella finiftra diftela in fuori . Ri verlo differente da^
quello , che s’ hà figurato appreffo i’ Agoftini , nc’ dialoghi , p. di. n. i,
2j ANTONINVS AVG. FIVS P. P. IMF. II.
TR. por. XIX. COS, mi. Figuraftolata in piedi, con alcune fpiche nella
delira , e che impone la finiftra fopra un’altare ,
2d ANTONINVS AVG. PIVS .
C ..... . IH. S. C. Figura d’huomo in piedi con alcune fpiche nella de»
lira , e non sò che , che non fi diftingue, nella finiftra .
27 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XXII.
FORTVNA OFSEQVENS, COS. IIII. S. C. Imagine della Fortuna Obfc»
quente in piedi ,con una patera , come fembra, nella delira appoggiata ad un ti*
mone da n4 ve, ed un cornucopia nella finiftra . La figurò i’Àngeloni, p. 172,
n. 3 T. & '1 Patini trà le Medaglie Imperiali mediocri , e minime , f. 2 17. n. 4. c
prima di quelli l’ Agoftini , il quale non sò perche in vece del timone facclle ef-
primere una coionnetta,ò ara piccola lotto la delira della Fortuna, d.2.p.64.n.2.
28 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. XXIII.
PIETATI AVG. COS. IIII. S. C. Figuramoltobclladclla Dea Pietà, che
nella delira tiene come un globo , nel braccio finiftro un bambino , con due fan»
ciulli a piedi , uno per Iato . Imprefa,ò fimbolo ben degno d’Antonino non
meno di fatti, che di cognome Pio, com’efpreffe Orlino Velio ne’ fuoi Diftici
fopra gl’imperatori ftampati colle Imagini di quelli in Lione 15 J4. 8. cantan¬
done. Nomine non uno PittSj Jntonine , vocaris.
Par que Num£y nullo crimine notus obis,
Figurafiqucftoriverlodair Frizzo, p.427. e dall’ Agoftini, p.jj.n.tf. dove
parimente al nu. 4, ne figura uno d’altro conio , in cui la Pietà , oltre i due fan¬
ciulli da piedi, ne hà due altri nelle braccia, come in altre figurate dal Choul
nel Libro della Religione de gli antichi Romani, p. 125. cavato da Medaglia
d’argento.
29 PACI AVG. COS. UH. S. C. La Pace dante, con un ramo d'ulivo
nella delira . Et un’ afta nella finiftra.
20 COS. IIII. S. C. Vn Tempio, ò più torto un’ Arco di Tempio, con fot-
Hh touna
M y S E 0 C 0 S P I A N 0
to una Statuai che fembra di Mercurio, ha vendo nella finiftra non sò che pare
un caduceo ♦ Guglielmo du Choul, che figurò qut fto ri verfo, c’ hà del raro, nel
fopracitato Libro, p. 67. efprelfe quefta Statua lopra una baie quadrata, con
Uno Scettro nella finiftra, & un frutto nrlla delira: che per unramulcellofù
e/preflfo dall* Angeloni , p. 1 72.0. 43.
3* VOTA SVSCEPTA DEC. III. COS. IIH. S. C. Figurad’huomo
facrificante.
32 ANTONINVS AVG. PIVS P. P.
VOTA SVSCEPTA DEC. IlII. COS. IIII. S. C. Sacrifizio, come nella
precedente.
53 TR. POT. COS. un, S. C, Figura Aolata in piedi, colla delira diftei
fa, &un’aAa nella finifira.
34 FORTVNA . COS. II. . . S. C. Imagine della Fortuna in_
piedi col timone alla de Ara , e *1 cornucopia nella fini Ara .
33 . . S. C. Donnain piedi, con un pileo, come fembra,
nella deAra,& un cornucopia nella lìniAra ,e perciò figurata per la Libertà .
36 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P.
COS . PAX AVG. S. C. Figura ftolata della Pace in piedi, con un
cornucopia nella finillra,& un parazonio, come Icmbra . nella delira. Battuta
nel mi. Confolato d’ Antonino, come nota 1* Occone all’anno di Roma 897.
37 ANTONINVS AVG. PIVS P. P. TR. P. COS. . .
FELICI . S. C. Facciata d’ un Tempio lolKnuta da dicci colonne,
nel di cui mezo fi vede una Statua di Deità favolola , e lopra il corniciotto alcu.
ne altre. Nonparerimagmedel Tempio d’ Augnilo rifatto da Antonino, per¬
che dove egli ferve diri verlo alle Medaglie di quello Imperatore hafolootto
colonne, e quella ilcrizzione d* intorno TEMPLVM DIV. AVG, REST.
COS. mi. S. C. Nè meno è quello, che fi vede in una Medaglia Greca bat«
tutadagli Efefii.havendo egli orto colonne , e lotto b^esion. che lo fanno
congetturare quello di Diana Efelina . Ma forfi farà quello , che in altre Meda¬
glie d* Antonino fi vede con quefta ilcrizzione ANTONINVS AVG. PIVS
P. P. TR. P. CO"'. III. ROMAE aeternae S. C. EfTendo parimente
ivi elpreffocon dieci colonne. Ilchemifàlolpettare, che forfi debba leggerli
in quella ROMAE FELICI.
38 AET . S. A. . . S. C. forfi AETERNITAS AVG. Figura
di donna in piedi rapprelentante l’Immortalità, con due tefie radiate, una per
mano , non in altezza uguale , come nel fa terza Medaglia lopra riferita d’Adria-
no , ma r una , eh’ è nella lìnillra , a ra , e l' altra bada .
39 SALVS PVBLICA. S. C. Imagine della Dea Salute ledente colla pa. .
tcra nella delira lopra l’altare , e’i Serpente d’Elculapio , e la lìnillra appog¬
giata alla leggia , lopra cui è affila .
XX/, Marco Aurelio Antonino Tilofofo,
I A VRELIVS CAESAR ANTON . M Aurelio giovanetto.
XX TR. POT. COS. . . HONOS. S. C. Imagine delTOnore in pie¬
di , con un ramo , come fembra nella deftra , & un cornucopia nella lìnillra . Al¬
cuni la giudicano Medaglia d’ Antonino Pio , ma la tella piò fi ravvila ad Anto¬
nino Filololo in età giovanile, del quale fi trovano alcune Medaglie a quello
propofito, coir intiera ilcrizzione AVRELIVS CAESAR AVG. PII F. — .
TR. POT. COS. II. S. C. HONOS, con una figura ftolata in piedi, che tic.
ne un cornucopia nella deftra , & un’ afta nella lìnillra , come nel ri verlo figura-
lod4U’Agoftint,dial.2.p.8i.n. 1. e dal Choul nel Libro della Religione de
gli antichi Romani, p. 37. nu, a. a AV-
LIBRO il_yA\TO. CAP. Il
I AVRELIVS CAESAR ANTONIN. AVG. PII FIL. Aurelio, che co-’
mincia a mettere la barba .
TR. POT. VI. COS. II. VIRTVS. S. C. Figura militare in piedicon uno
Scettro , ò bafton da comando nella delira, Se un’ aRa nella fìnìRra . Con limile
ifcrizzione, & impronto ven’hà una d’ argento tra le Medaglie di Caia del Sig*
Marchefe, trovata dal Dottor* Ovidio Monralbani, di bona memoria nella fua
Villa di Cafaglia , in un campo , detto il Campo delle Pietre, per trovarli in elio
non foto delle Medaglie , ma di frammenti di fabbriche nobilidime, come capi¬
telli di marmo lavorati efquiiitamente , e pezzi grandiflimi di tra vertin', con im«
poRaturc di ferro: tutte reliquie de* /uperbiediHzii , che nobilitavano fanti-
chiama Via di Toicana ; la quale da Pianoro palTava Savena , dove quello Fiu¬
me è più Rretto , e tirava dritto per gli Colli bora detti di Cafaglia , e per Cafa-
iecchio , padando il Reno dov* egli era più anguRo , e giungeva toRo nella via
piana della Lombardia . Di che ne fono indizio altre ycRigia d’ antichità , che
ti trovano ne gli accennati luoghi . ~
3 AVRELIVS CAESAR AVG. PII FIL.
TR. POT. Vini. COS. II. S. C. Imagine della Salute in piedi, con una pa-'
cera nella deRra Rela fopra l’ ara d’ Efculapio efprelTo vi in figura di Serpente . a .
4 AVRELIVS CAESAR AVG. PII F.
TR. P. XIII. COS. II. S. C. Figura militare in piedicon un baRon da co¬
mando nella RniRra , Se un’ aRa nella deRra .
5 CONCOR . S. C. Figura della Concordia in piedicon una
patera nella deRra , & un corno di dovizia nella RniRra .
6 IMP. CAES. M. AVREL. ANTONINVS AVG. P. M.
CONCORD. AVGVSTOR. TR. P. XV. COS. III. S. C. Le Imagini de*
due Fratelli Marco Aurelio, e Lucio Vero, che lì porgono le deRre in legno del-
r uniformità de’ voleri nel gran maneggio dell’ Imperio . E’ Medaglia di fingo-
lare bellezza, e la Rgurano il Choul nel Libro del la Religione de gii antichi Ro¬
mani, p. 24. eTErizzo, che di vantaggio la /piega, p.473. propongono il
medelìmo ri verfo anco l’ AgoRmi , p. 40. n. 5. e 1* Angcìoni , p. 1 93. n. 1 a . ma
variano nell* ifcrizzione.
7 IMP. M. ANTONINVS AVG. COS. . : . forfi III.
; . AVG . forfi CONCORDIAE AVGVSTOR. co¬
me in altre fi vede , havendo queRa le due Imagini de* Fratelli Augufli congiun¬
genti le deRre, come nella precedente: de* quali uno hà l’aRa nella RniRra . E*
Medaglia aliai più piccola dell’ antecedente , ma non men bella , e forfi più rara;
8 . ANTONINVS AVG. P. M.
. IMP. II. S. C. Vittoria gradiente con una Laurea nella deRra;^
& un ramo di palma nella RniRra .
9 M. AVREL. ANTONINVS AVG. ARMENIACVS P. M.
TR. POT. XX. IMP. III. COS. III. S. C. Figura di donna con una vergi
nella deRra , un’aRa nella RniRra , & un globo da piedi .
10 M. ANTONINVS AVG. ARM. PARTH. MAX.
TR. POT. XXIL IMP. V. CoS. 111. S. C. Imagine di donna fedente col.
le bilancie nella deRra , Se un corno di dovizia nella RniRra ,
II TR. POT. XXIII. IMP. V. COS. IH. S. C. Colla figura del prece:
dente riverfo.
12 M. ANTONINVS AVG. TR. P. XXV.
COS. III. S. C. Figura di donna in piedi, con un dardo nella deRra /allevata^
&un*arconelIafiniRra,efpre(ra forfi per Diana. 2.
Hh 2 . ^} IMP*
(
3^4 UP S E 0 C 0 S P l A N 0
13 IMP. M, ANTONINVS AVG. TR. P. XXV.
PRIMI
N ALES ) in una gran corona d’alloro. 2. Riverfo figuraro dal Bico, p. 45,
cos. Ili/ edall’Angeloni^p. 193.0. 18.
s*
14 M. ANTONINVS AVG. TR. P. XXVI.
IMP. VI. COS. IH. S. C. Imagine alata, della Vittoria in piedi accanto ad
un tronco d’albero, che fcmbra palma , da cui pende uno Scudo con alcune let»
tere , chenonfidiftinguono , maforfilono VIC. GERM. come fi vede in al¬
tre Medaglie di quefto Imperatore , mentovate dall’ Occone , p. 195.
1 5 La medefima ifcrizzione attorno 1’ effigie di donna fedente coll’elmo in
iella , una V ittoria nella delira , & un’ afta nella finiftra ; efpreffe lorfi per Palla¬
de, ò per Roma.
16 M. ANTONINVS AVG. TR. P. XXVH.
Il medefimo ri verfo della precedente , toltane ha celata alla donna fedente .
17 M. ANTONINVS AVG. TR. P. XXVIII.
IMP. VI. COS. III. S. C. Figura d’huomo in piedi con un ramo nella de¬
lira , ^ un’ afta nella finiftra .
18 M. ANTONINVS AVG. TR. P. XXIX.
IMP. VII. COS. III. S. C. Figura d’ un Fiume giacente, vcftito dall’ umbi¬
lico in giù , che colla delira tiene una barca , c colla finiftra un ramo , appog¬
giandoli fopra un* Vrna , che verfa in abbondanza l’ acqua . A Icuni io giudica¬
no il Tevere , che fieramente inondò al tempo d’ Antonino , come in altre Me¬
daglie del medefimo fi vede , con lettere TIBERIS . Io però col Patini , che
porta in figura quefto riverfo nelle Medaglie Imperiali di mediocre , e minima
grandezza, p. 234. n. 5. credo fia il Fiume Reno, come fimbolo della Germa¬
nia da M. Aurelio loggiogata,fi come dimcfirano altre lue Medaglie . Figurano
quefto riverfo anco 1’ Agoftini,dial. 3. p. 103. n. 2. il Bieo,p. 47. e l’ Erizzo,
cheinfieraenedilcorrealungo,p.494. di quefto conio ven’hà 2.
19 M. ANTONINVS ÀVG. . . GER. TR. P. XXVIIII. M. Aurelio
colla Corona radiata.
S. C. Marte Gradivo , con un’ afta nella delira, & alcune fpoglie militari nella
finiftra , lollenute colle fpalle .
20 M. ANTONINVS AVG. GERM. SARM.
SECVRIT. PVB. TR. P . (forfiXXX.) IMP. VIII. COS. IH. S. C.
Figura di donna fedente, colla delira lolle vata al capo .
* 21 M. ANTONINVS AVG. GER. SARM. TR. P. XXXI.
IMP. VIH. COS. IH. P. P. FELICITATI AVG. S. C. Naveco’fuoi re-
miganti,con una Statuadi Nettuno in poppa, ftantc, col tridente nella delira.
Medaglia diverfa nell’ ifcrizzione da una fingile citata dall’ Occone, p.i 98. E da
un'altra figurata daU’Agoftini , dial. 2. p. 6 1 . n. 4. e dall’Angeloni, p. 1 94. n. 2.
22 M. ANTONINVS AVG. GERM. SARM. TR. P. XXXI.
FELICITAS AVG. IMP. VHII. COS. HI. P. P. S. C. Figura llolata in
piedi, con un caduceo nella delira, &un’afta nella finiftra, differente, corno
mollra l’ ilcrizzione , da que’ fimili riverii , che mentova rOccone,'p. 199,
23 M. ANTONINVS AVG. GERM. SARM. Laureato.
IMP. Vini. COS. HI. S. C. Figura llolata di donna ftantc colle bilancio
nella delira ,& un cornucopia nella finiftra .
. . M. Aurelio radiato. Col precedente riverfo.
25 M. ANTONINVS AVG. IMP. ARMENIACVS.
FÉ-
LIBRO A R T 0, CAR. 11. sSf
felicitas AVG. IMP. VIIII. cos. III. P. P. S. C. Imagine della Fci
licita, con un Caduceo nella deftra, & un’ afta nella finiftra , come nella 22.
26 IMP. . . M. AVREL. ANTONINVS AVG. P. M.
. S. C. Figura ftolata in piedi, con un cornucopia nella finiftra'
XXII, Lucio Vero , T rateilo di M, Aurelio .
L. AVREL. VERVS AVG. ARMENIACVS. L. vero Laureato.
• TR. P. III. IMP. II. CCS. II. S. C. REX. ARMEM. DATJ
L’ Imperatore fedente (opra un palco, aftìftito da tré Figure d’ huomini in piedi .
A balio vedefil’imagine coronata del Rè da L. Vero dato a gli Armeni. E' Me¬
daglia di bel metallo , e d’ eccellente artefice, diligentemente figurata, e defcriN
tane’difcorfideli’Eriit2o,p. 502. IIBieo,pag.5o. & il Patini nelle Medaglie
Imperiali mediocri, e minime, p, 255.0. 5. e nel fuo Teforo , p. i72.ciefpref-
fero TR. P. IIII.
2 L. VERVS AVG. ARMENIACVS:
C . . . IMP. II. COS. II. Figura Equeftrc dell’ Imperatore in atto di correre,
c di calpeftarc un Nimico.
3 L. VERVS AVG. ARM. PARTH. MAX, TR. P. VIIII.
1 . L’Imperatore affilo in un Trono eminente, con un’ afta nel¬
la deftra ;cui affiftono due Figure militari galeate , l’una delle quali colla deftra
gli porge 1’ imagine d’ una Vittoria; l’altra nella finiftra hà un’afta. Quefte fi¬
gure in alcuni riverfi delle Medaglie di L.Vcro, fono circondate da quefte let¬
tere TR. P. VII. IMP. mi COS. III. P. P.
XXIII, Commodo y F. di M, Aurelio,
h T AVREL. COMMODVS AVG. TR. P. III. Commodo giovanet-
to. Laureato.
LIBERTAS AVG. IMP. II. COS. P. P. S. C. Figura ftolata della Liber¬
tà , col pileo pendente dalla deftra , & un’afta, ò baftoncello nella finiftra. Me
fa menzione l’ Occone all’ anno di Roma 930. pag. a 1 1. cfprimendo che quefta
Imagine habbia il capo come di ftolido giumento ( cum capite veluti afinim)
che nella noftra Medaglia non fi offerva.
2 L. AVREL. COMMODVS AVG. TR. P. IIII.
'..... COS, If. S. C. Figura ftolata, che in atto di facrificanteftà in piedi
a vanti un’ altare , in cui arde la fiamma : colla finiftra tiene un’ afta , & uno Scu¬
do pofato sù’l pavimento .
3 L. AVREL. COMMODVS AVG. GERM. SARM. TR. P. V. Comi
modo cfprelTo fino a mezo il petto, dibelliffima prefenza. Laureato.
IMP. III. COS. I. P. P. Imagine alatadella Vittoria in piedi, col finiftro cu¬
bito appoggiata ad una colonna rotonda , tenendo una Corona d’alloro nella.,
deftra , & una verga nella finiftra . Dubito della fincerità di qucfto Medaglione,
maffime, che dovrebbe in elio leggerli COS. II. come nel fufteguente riverfo.
4 IMP. III. COS. IL P. P. Il medefimoriverfo d’altro conio, ma genti-
liffimo , con un ramo di palma nella finiftra della Vittoria , appoggiata con quel
cubito ad una colonna quadrata .
5 L. AVREL. COMMODVS AVG. TR. P. V. Commodo colla Co¬
rona radiata.
VIRTVS AVG. IMP. UH. COS. III. P. P. S. C. Figura militare galeata
fedente , con un’ afta nella delira , & una verga , ò parazonio nella finiftra .
6 M. COMMODVS ANTONINVS AVG.
VOTA DECENN. SVSC. TR. P. VI. IMP. IIII. COS. III. P. P. S. C.
Figura ftolata davanti un’ ara, con una patera nella deftra, e la finiftra involta
nelJaftola. Hh 3 7 TR.
^66 ^VSEO COS PIANO
7 TR. P. VI. COS. mi. P. P. S. C. Figura ftolata in piedi » che indi-
na la delira con alcune (piche , & hà nella finiftra un cornucopia .
8 TR. P. VII. IMP. V. COS. mi. P. P. S. C. Figura ftolara in piedi,
Con un cornucopia nella (ìnidra, eia dedra didefa (opra un vaio pieno » come
di (piche .
9 TR. P. Vili. IMP. VI. COS. mi. P. P. S. C. Figura militare in at¬
to di caminare,tenendo una piccola imagine della Vittoria nella dedra, & un*
ada nella dnidra.
10 . MODVS ANT .
. S. C. Figura fiolata in piedi, con un’ ada nella dedra,ò più to-
do un caduceo adato, & una imagine, come (embra, nella (ìniftra; (e piùtodo
non è quefia ingombrata da un corno di dovizia , come in altre Medaglie , che
hanno quefia ifcrizzione, che (orli è l’intiera della prelente . M. COMMODVS
ANTQNINVS AVO. PIVS — P. M. TR. P. IX. IMP. VI. (inalcu.
le VII.) COS. mi. P. P.
11 M. COMMODVS ANTONINVS . Commodo radiato .
TR. P. Vini. IMP . ((orli VII.) COS. IIII. P. P. S. C. Imagine
di donna in piedi, con una patera nella iìnidra, & un globo, ò pomo, come#
(embra, nella delira.
12 M. COMM. ANTON. AVG. FIVS BRIT. radiato.
P. M. TR. P. X. IMP. VII. COS. mi. P. P. S. C. Figura militare, alìì-
fa (opra alcune Ipoglic, tenendo nella delira una piccola imagine della Vittoria,
nella finiftra un’afta .
13 M. COMMODVS P. FELIX AVG. BRIT.
ROMAE AETERNAE COS. V. P. P. S. C. Effigie di Roma affila (opra.,
una malia di (poglie militari, con una picciola imagine della Vittoria nella de¬
lira , & un’ alla nella finiftra , come nella precedente .
14 . ANT. P. FELIX . Commodo radiato.
. . COS. V. P. P. S. C. Figura ftolata in piedi, con un cornuco*
pia nella finiftra , e la delira dillcfa (opra non so che non fi diftingue .
15 M. COMMODVS .
/ S.pTq^R. n
/ LAETITIAE j in Una gran Corona . Medaglia grande , belliffima , e rara .
COMMOD. ANT. P. FELIX AVG. BRIT. _
MINER. VICT. P. M. TR. P. XIIII. COS. V. DES. VI. S. C. Mincr.
va in piedi, colla celata in capo, una figurina della Vittoria nella dcftra, l’afta
nella Iìnidra , e da tergo un trofeo d’ arme ,
17 L. AVREL. COMM. AVG. P. FEL.
P. M. TR. P. XVII. IMP. Vili. COS. VII. P. P. S. C. La Vittoria in at-
to di caminare, con unaLaurea nella dcftra, & un ramo di palma nella finiftra.
18 L. AEL. AVREL. COMM. AVG. P. FELIX.
P. M. TR. P. XVII . ( forfi IMP. Vili. COS.
VII. P. P. come in alcune d’argento) S. C. La Vittoria, come (opra, ma con
«na ftella (otto la Laurea . Medaglia maggiore della precedente .
19 InunagranCorona, nel cui mezo fi vede la Clava d’Èrcole.
/romano\ Dall’altra parte hàvvi la prima ifcrizzione della Medaglia
Y AVGV. ì precedente, e vi fi (corgel’ imagine di Commodo d’età ma-
tura , veftito delle (poglie Leonine , come quegli che fi fece
chiamare Thrcole Romano. 11 che molle a cantarne il Mariani.
Tif
LIBRO ^ y A R T 0. CAP: II. $67
T li quoque C^farearfi foedalli , Comwode , fedew ,
"Et tui/ten Herculeum nomen, arma geris .
Te magis illuflrat. tua ^urpnra mollis , ^ anrum j
i^Pta tihi clava eli , fed magis apta colus.
Nempe fuis Mundum domuit Tyrinthius armis,
T u pariter Mundum , fed muliebre domas .
Figurano queftoriver/orErizzojch’eruditaraente lo fpiega, p. 521. TAgo-
ftini , dial. 5. p. 1 6S. nu. 2. il Choul nel Libro della Religione de gli antichi Ro¬
mani , p. 1 80. r Angeloni nell’IRoria AuguRa ,p. 2 1 8. num. 29. Octavio Rodi
nelle Memorie Brefciane, p. 27. il Mofcardo,!. i.Muf. c. éa.p. 1 12. e’l Pati¬
ni tra le Medaglie Imperiali mediocri, e minime, di bronzo, f. 260. n. 7. Tro¬
vali pure in argento , figurato fimilmente apprello il Patini nel Teforo , pag. 75.
XXir. Settimio Severo ,
i r SEPT. SEV. PERI. AVG. IMP. III. Severo Laureato:
JLrf* MONETA AVG. S. C. Tré Imagini della Dea Moneta colle bilancie
nella delira , & un corno di dovizia nella liniRra . Due di conio differente . Fi¬
gura uno di quelli riverii 1’ Agoflini,dial. i. p. 5. n. 8. e ’l Bieo, p. 5 j. n.4,
2 L. SEPTIMIVS SEVEKVS PERTINAX. AVG. IMP. VII. Severo
Laureato, come fopra , ma elpredo con tutto il petto armato .
DIVI M. PII F. P. M. TR. P. mi. COS. II. P. P. Marce ignudo , in-
piedi, coir elmo in tefta,& un panno fopra le fpalle, tenendo nella delira un*
alla , con una corazza apprello, e la linillra fofpefa fopra uno Scudo . Medaglio¬
ne di bel metallo, di gran rilievo, benilfimo confervato, quale appunto ilde-
Icritrò dall’ Erizzo , che lo figura , e fpiega a p. 5 64. Vedeli parimente figurato
apprello il Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani ,p. 200. n. 2.
3 L. SEPT. SEV. PERT. AVG. IMP. Vili. Severo figurato fino al petto,
ADVENTVI AVG. FELICISSIMO. S. C. Figura Equellre dell’ Impera¬
tore , che giunge in habito di Pacificatore, colla delira levata in alto. Medaglia
figurata dal Bieo, p. 53.0.5. & apprello l’ Angeloni, p. 243. n. 13. e’I Patini
tra le Imperiali mediocri, e minime, p. 279.0. ó.
4 SEVERVS PIVS AVG. Laureato.
P. M. TR. P. XVI. COS. HI. P. P. S. G. Giove con un fulmine nella dei
ftra, e l’ alla nella linillra, fenza i fanciulli, che fe gli vedono a piedi in altre Me¬
daglie coll’ iferizzione P. M. TR. P. XVIII. COS. HI. P. P.
5 SEPTIMIVS SEV. Con quella ifcrizzione halli 1’ imagine di Settimio
Severo efquifitilfimamente intagliata in una Medaglia di Madreperla i di cui tra
le moderne favellali.
TXT. Caracalla \
,1 A NTONINVS PIVS AVG. Caracalla attempato, ma fenza barba
/V PONTIF. TR. P. XII. COS. III. S. C. Imagine della Vittoria^
ftante col piede linillro alzato fopra un globo , colle mani alzate ad uno Scudo
collocato (opra un tronco'di palma, in atto diferivervi dentro alcune lettere ,
forli Vie. BRIT. effendo quella Medaglia Rata battuta per onorar Caracalla,
in tempo eh’ egli haveva ottenuto la Vittoria Britannica . Onde lì vedono altre
fue Medaglie col medefimo riverfo, circondato però da queRe lettere VICTO¬
RIAE BRITANNICAE, c ne figura una l’ Erizzo, p. 594.
2 ANTONINVS AVGVSTVS. Medaglione coll’ imagine di Caracallai
giovanetto. Laureato, efprelfo con tutto il petto. Hà per riverfo l’ effigie d’unà
donna ignuda piangente, affila fopra d’ un falfo,vicino allaquale li vede una tcRa
di morto, fopra cui col deRro braccio s’ appoggia un’Amorino fedente, con unii
fiamma nella finiRra , fenza lettere . £' lavorio moderno • AN?
jjy.hstAt
R0OT.ff.1p4
3^8
ÀNTXINEINOC .
AHMAPX. TITATOCTO b.
M y s B 0 c 0 s p 1 A N
0
Aquila coll* ali fpj'egatc,^
XXFI, GeU .
j WMP. CAES. P. SEPT. GETA PiVS AVG, Geta Laureato, con laal
J| nugine al mento . i
POMTIFEX TR. P. II. COS. II. S. C. Tré figure davanti un’altare: runa]
delle qual., rapprefentata per Geta Sacrificante, è in habito di Pontefice con'
una patera nella delira , in atto di verfarla fopra il fuoco dell’ ara , a piè di cui fi i
vedono alcuiii animali dillefi, come morti. La figura, c (piega gentilmente I
A £1 rizzo d ^ ^ S 3 *
XXr//. EUvabalo.
1 A NTONINVS PIVS PEL, AVG.
*«» CONSVL. II. S. C. Figura ftolata in piedi, colie bilancie come i
fembrano nella delira, & un cornucopia nella finiftra: mfcgne dell’Equità 1
pazzamente vantata, ma non mai conokiuta da Elagabalo. ^ **
nu/quum ncque turpe magis ^ neque trijlius ullum
Monjlrum Romano Jedit in imperio,
come degnamente ca ntò Aulonio .
2 IMP. CAES. M. AVR. ANTONINVS PIVS AVG.
VICTORIA ANTONINI AVG. S. C. Imagine alata della Vittoria in atto
dicaminare, portando una Corona d’alloro nella delira, & un ramo di palma
nella linillra. Riverlo figurato dal Bieo, p, 55.00.7. & apprelTo l’Aneeloni,
pag. 2 75.num. 2, ' ® .
XXVIII. Severo AleJTandro .
T |MP. CAES. M. AVR. SEV. ALEXAMDER AVG.
J. FIDES MILnVM S. C. Effìgie di donna llolata, che Uà nel mezo di
due Inlcgne militari, tenendone una per mano. Figurata appreffb l’Aeollini,
pag.38.num.7. o rr 5 *
2 P. M. TR. P, II. COS. P. P. S. C. Marte Gradivo,con un’afta nella ’
delira, & alcune fpoglie militari, appoggiate sòia (palla nella finiftra . Colla
quale ilcriz2Ìone,eriverfo, mad altro conio, ne oflervo una d’argento tra le
Medaglie , che il Sig.Marchefe conferva nel fuo Palazzo ; in quella però Mar¬
te ha un pilo nella finiftra , & un ramo nella delira .
3 ... . . . S. C. Figuramilitare,con un globo nella delira, & un’afta
nella finiftra j ladicuiilcrizzionedevcdire. P. M. TR. P. III. COS. P P
trovandoli tale in altre Medagl, e dello ilelTo conio .
4 P, M. TR. P, IIII. COS. II. P. P. Marte Gradivo, con un’afta nella
delira , & un trofeo d’armi nella finiftra, appoggiato alla Ipalla.
5 SECVRITAS PERPETVA. S. C. Imagine ftolata della Sicurezza affi¬
la lopra un leggio, con un ballon da comando nella delira, e la finiftra, che fà
guanciale alla fella ; cui lolìiene, tenendo il cubito appoggiato alla parte fupe-
tiore del leggio. Hà un ara da vanti, lopra cui ardono le fiamme. -
6 P. M. TR. P. VI. COS. II. P. p. S. C. Figura llolata in arto di ca¬
minare, ftendendo la delira , in cui fi vede un ramo , come d’alloro, e tenendo
jUn afta nella finiftra-
7 PONTIF. MAX. . ; . COS. . . . S. C. Imagine ftolata in piedi , ap¬
poggiata col finiftro cubito ad una colonna, tenendo nella ftclTa mano un cornu¬
copia, e nella delira una verga ftela lopra un globo , che le fi vede a piedi .
8 IMP. SEV. ALEXANDER AVG.
P. M. TR. P. Vili. COS. III. p. P. S. C. Figura di donna in piedi, che
lembra
\
X..
l ! 'S ìt Ò ■ ^ P A 71 T 0, CAP. IL 169
Sembra la Libertà , havendo netìa deftra ii pilco pendente, nella finiftra un ba-
ftoncellojò raggio.
9 Altra colla medefima ifcrizzione, & una Figura nuda in piedi colla delira
diftefa, & un baftoncello, ò raggio nella finiftra. -
10 P. M. TR. P. Vini. COS. III. P. P. S. C. Figura d’huomo ignu¬
do in piedi, con una mano alzata verlo il Cielo. Forfi è 1’ imagine dei Sole,
come nelle lulTegucnti .
1 1 La raedefima iferizzione , e Figura nuda , ma Laureata .'
12 Le fteffe lettere, e figura nuda Laureata, con un globo nella finiftra.
13 Le fudette abbreviature .coll’ imagine alata della Vittoria, che Icriveits
unò Scudo'affiffo ad un tronco di palma .
14 P. M. TR. P. X. COS. III. P. P. S. C. La Vittoria con una Laurea
■nella deftra, & un ramo di palma nella finiftra .
»5 VICTORIA AVGVSTI S. C. La Vittoria, come nel precedente.».
Due riverfi di folo conio differenti .
35 La medefima iferizzione , colla Vittoria , che Icrive in uno Scudo appefo
ad un tronco di palma ,
17 IVSTITIA AVGVSTI. S. C. Imagine ftolata della Giuftizia fedente
con una patera nella deftra , & un* afta nella finiftra : (imbolo beo degno di que¬
llo Principe, il quale
Exegit caHris vitia, & documenta feveris
Legibus inìiituit .
come fù fottoferitto alla di lui Imagine, portata tra quelle de gli Imperatori, ca¬
cate dal Teforo di Giacomo Strada, e ftampate in Zurich del 1559. in foglio
Reale. Trovali figurato quello ri verfoappreffol’Agoftini, dial. a. p.4J, n, j.
&ildu Choulnel Libro della Religione de gli antichi Romani, p. »17.
18 IMP. ALEXANDER PIVS AVG.
PROVIDENTIA AVG, S. C. Figura ftolata della Providenza in piedi con
alcune (piche nella deftra, pendenti (opra un vaio pieno fimilmente di (piche.
Nella finiftra tiene un corno di dovizia . Ve ne hi di cinque confi differenti . Fi¬
gurali uno di quelli riverfi dall* Agollini, diai. 2. p. 58. n. 2. e dal Choulnel
lopracitatoLibro , p. 71.
1 9 La medefima iferizzione ,e riverfo, in cui la Providenza non hà il cornu^
copia nella finiftra , ma un femplice baftoncello .
20 P. M. TR. P. XII. COS. III. P. P. S. C. Figura nuda, radiata del
Sole icolladeftraftefa inaito, & una sferza nella finiftra, (opra il cui braccia
fvolazza un panno . Ve n’ hà di due ftamp^ diverfe .
21 P. M. TR. P. XIII. COS. III. P. P.S. C. Col riverfo della precedente;
22 P.M.TR.P.XIIII.COS.lil.P. P.S,C. Collo Hello riverfo. Duedico^
nio differente.
SPES PVBLICA S. C. Figura ftolata della Speranza in piedi. Due
di (lampa diverfa.
24 MARS VLTOR. S. C. MarteGradivo,conquell*afta,chechiama-
vali pilo, nella deftra, e lo Scudo nella finillra . Due, di conii diverfi, ma bel-
lillime. Figurano quello riverfo Guglielmo du Choul nel Libro della Religio^
ne de gli antichi Romani, p. a 01. rAngeloni,p. 182.0. io. ilMofcardo J. i.
Muf. c.rp. p.g^. & ii Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri,e minime, p.34^;
n. I. Trovali pure in argento , figurato apprelTo T Agoftini , dial. 5. p. 1 7 r. n. 3.
-25 . . (forfi, come in altre, IO VIS PROPVGNATOR S.C.
Giove in piedi, con un Fulmine nella deftra.
2^
? •
Vyo M V S E 0 e 0 S P l A N 0
. . ; . : . ALEXAND .
S. C. Figura in piedi, con un’ afta nella finiftra, c non sò che nella deftra*
XXIX. Majfmwo .
I *MP. MAXIMINVS PIVS AVG. D'argento.
4 SALVS AVGVSTI. Imagine.delia Oca Sature fedente colla patera nel*
Ja delira davanti l’altare d’ Efculapio, che fopra vi fi vede in forma di Serpente .
Riverfo, che fi vede anco in bronzo, col S. C. comcapprelToil Bico,p. 56.
a PAX AVGVSTI S. C. Figura ftolata della Pape, in piedi, colla dcftra
diftefa,con cui tiene un ramo d’ulivo. Colla finiftra regge un’afta. Trovali
quello riverfo anco in alcune Medaglie, che dall’ altro lato portano l’ifcrizzio*
ne della quarta fulTeguente , come apprelfo l’ Agollini , dial. a. p. 43. num. 6. c
1’ Angeloni,p. 187. nu. 2.
3 . S. C. Imagine alata della Vittoria in atto di caminare*
portando una Corona d’alloro nella delira, & un ramo di palma nella finiftra.
4 MAXIMVS PIVS AVG. GERM.
VICTORIA GERMANICA. S. C. Due Figure in piedi, l’ una delle quali,'
efprella per la Vittoria con un ramo di palma nella finiftra , tiene una ghirlanda
d’alloro nella delira levatalo alto in atto di coronare 1* altra, propella per Maf*
limino , havente una Corona radiata nella dcftra, quali toltafela di capo, per dar
luogo alia Laurea , tenendo in tanto nella finiftra un’afta , ò più tollo ballon da
comando. Oltre di chele le vede figurata da piedi 1’ imagine d’ una Provincia
( & èia Germania ) ledente inatto malenconico . Per Medaglia rara la figura-
nol’Erizzo, p.675. c’I Patini nelle Imperiali mediocri, e minime, p. 33d.nu.
3. c nel Teforo , p, 19 4. Fù battuta per T infigne Vittoria havuta da Malfimino
contro i Germani iComefcrivcGulio Capitolino.
5 FIDES MILITVM. S. C. F gura della Fede Militare in fembiante di
donna ftolata , che ftà nel mezo di due legni militar', tenendone uno per mano .
Ve n’hà di quattro coniidiverfi. In una delle quali è così diligentemente cf-
prelTa l’ imagine di Malfimino , che le gli potrebbono contare i capegli , che fo¬
no cortiifimi , Se i peli della barba .
. . VGVSTI S. C. Ripongo SALVS AVGVSTI. Imagine della
Dea Salute affila in un leggio , con una patera nella delira fte/a fopra l’ altare , da
cui s'erge il Serpente d’ Efculapio . Due nel conio divcrfe da quella, che cita
l’Occone, p. 292. lotto Tiferizzione IMP. MAXIMINVS PIVS AVG.
XXX. Majftmo.
AXIMVS CAES. GERM. Mafhmo giovanetto.
PRINC. IVVENTVTIS. S. C. Figura intiera di Malfimo giova¬
netto, con un parazon o, ò ballon da comando nella delira, inclinato verfo
terra, nella finiftra quella lotte d’afta, che chiamavafi pilo , c da tergo due In-
fegne militari .
2 PRINCIPI IVVENTVTIS S. C. Col riverfo, come nella precedente T
Figurali quello dal Bteo , p 36. edal Patini, nelle Medaglie Imperiali di me¬
diocre, e minima grandezza ,p. :?38.n. I.
XXXI. Gordiano III.
MP. GORDIANVS PIVS FEL. AVG. Gordiano Laureato.
M
I
_ lOVI STATORI S. C. Giove Statore con un’afta nelladtftra ,& un_.
Fulmine nella finiftra. Ve n’ha di quattro conii differenti; una delle quali fi¬
gurata lì trova nelle Tavole del Bieo , p. 57. & apprelfo Guglielmo du Choui
nel Libro della Religione degli antichi Romani , tradotto dai Simeoni, p. 6x.
ma. eneil’Illoria AuguftadelTAngeloni, p.aoi.n.a.
3 MARS
LIBRO A R T 0, CAP. IL 371
* MARS PROPVGNAT. S. C. Marre Propugnatorcin atto di caminare,
coir afta nella deftra , e lo Scudo nella liniRra .
j FORTVMA REDVX. S. C. La Fortuna fedente, che regge còlla deftrà,
un timone da nave, tenendo un cornucopia nella finiftra. Figurali dalBieo,p.57.
4 P. M. TR. P. II. CCS. P. P. S. C. Figura ftolaca, che colla delira»»
tiene una patera lopra un’ altare , nella finiftra una verga .
5 CONCORDI^ MILIT. S. C. Figura fedeijte con una patera nella dc^
ilraftefain fuori, e due corni di dovizia nella finiftra.
6 LAETITIA AVG. N. S. C. Imagine dell’Allegrezza in piedi, con
una ghirlandanelladeftra.&unbaftoneellonella finiftra. Di quelle ve n’hà
nove di cinque conii differenti. Trovali figurato quello riverfo appreffo i’A-
goftinljdial. 2.p.75.n. 3.
7 SECVRIT. PERPET. S. C. Effìgie della Sicurezza in piedi con un'afta,
ò verga lunga nella delira , Seil finiftro cubito appoggiato ad una colonna. Fi¬
gurata ne’Dialoghi dell’ Agoftini , p. 48. n. 2.
8 SECVRITAS PERPETVA S. C. Col precedente riverfo. Di quella
ve n’hà di tré conii differenti .
9 AETERNITATI AVG. S. C. Figura nuda, cred* io , del Sole, colla.»
Corona radiata, e la delira folle vata al Cielo , tenendo un globo, come fem*
bra , nella finiftra . Sei di tt è conii di verfi , uno de’ quali figurali dall’ Angeloni,
p.?oi.p.3.
10 PAX AETERNA S. C. Imagine ftolata della Pace in atto di caminare,
con un ramo d’ulivo nella delira ,& una verga nella finiftra. 2. Vedefi figu¬
rato quello riverfo ne’ dialoghi dell’ Agoftini , p.42.n. i.
11 FELICITAS TEMPORVM S. C. Figura ftolata della Felicità io pie¬
di , con un’ afta nella delira, & un cornucopia nella finiftra . Sòia cima dell’ afta
fi vede collocato un caduceo. Tré differenti.
12 LlBERALlTAS AVG. III. S. C. Donna in piedi, con unaTelTera.»
Frumentaria nella delira, e due corni di dovizia nella finiftra, benché con un fo-
lo la proponga Guglielmo duChoul nel Libro della Religione degli antichi
Romani ^ portandovi figurato quello riverfo , p. i 43. Trovali pure in oro , fi¬
gurato appreffo l’ Agoftini, dial. 2.p.6d. nu. I.
13 IMP, CAES. M. ANT. GORDIANVS AVG.
P. M. TR. P. 1111. COS. IL S. C. Figura ftolata in piedi, con un globo
nella delira, & un pilo nella linillra.
14 VIRTVS AVG. S, C. Figura militare, coll’elmo in tefta , un ramo
d’ alloro , ò di palma nella delira , & un’ afta nella finiftra , differente da quelle,
che trovanlì figurate appreffo l’ Agoftini , dial. 2. p. 27.0. 4. & 9. & il Patini nel
Tcloro delle Medaglie , p. 1 97. e l’ Angeloni , p. 30 1. n. 1 1. nel drito delle qua¬
li Icggeli AVGG.
15 FIDES MILITVM. S. C. Imigine della Fede militare , che colla de¬
lira tiene una inlegna da guerra , e nella finiftra un* afta , ò fia pilo .
16 PROVIDENTIA AVG. S. C. Figura ftolata in piedi, con un globo
nelladeftta, de uh ballonceiio,ò raggio nella finiftra. Due differenti .
17 VICTORIA AETER. S. C. Imagine alata della Vittoria in piedi, con
unramodi paimanellafiiuftia>&una verganelladeftra. Vicino al piè deliro
le le vede l’ effìgie d'un prigioniero giacente.
18 . . Figura di donna fedente lopra una malfa d’arme, con un
globo nella delira, & un baftoncello nella finiftra. '
19 IMP, GORDIANVS PIVS FEL. AVG.
P. M.
iji ' y S E 0 ÓOS PIANO
P. M. TR. P. IIII. COS. II. S, C. Imagine di donna fedente con un ramo
di Lauro, ò d’ulivo nella deftra, flando col braccio fìniftro appoggiata alliL
parte fuperiore della foggia , fopra cui è affila.
20 P. M. TR. P. V. COS. II. P. P. S. C. Donna affila fopra un leg¬
gio, nello fcorcio della precedente. 3.
21 P. M. TR. P. VI. COS. II P. P. S. C, Figura limile alla preceden¬
te , con un ramo di Lauro nella delira .
22 . . Ripongo AEQVITAS AVG. S. C. Imagine.,
ftante dell’ Equità , figurata colle bilancio nella deftra , & un cornucopia nella.-
finiftra.
23 IMP. GORDI ANVS PIVS FELIX AVG.
AETERNITATI AVG. S. C. Imagine radiata del Sole, come ncH’ottava
Medaglia
XXXII. Tilippo , Padre .
1 ¥ MP. M. IVL. PHILIPPVS AVG, Filippo Laureato.
FIDES MILITVM S. C. Imagine flolata della Fede militare, che ftà
ìnpiedi nel mezodi due fegnidaguerra, tenendone uno perogni mano. 3.
2 FIDES EXERCITVVM. S. C. Quattro Infegne militari diritte; lo
quali fi trovano figurate appreflo l’ Agoftini ne’ Dialoghi , p. 38. nu. 3. & il du
Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani , p. 3 1 .
3 PAX AETERNA S. C, Figura ftolatadclla Pace in piedi, tenendo un
ramo d’ulivo nella deftra, & un’ afta piegata nella finiftra .
4 SALVS AVG. S. C. La Dea Salute in piedi , con una patera nella de¬
ftra in atto di vcrfarla fopra l’altare d’Efculapio . Hà nella finiftra un’afta . 2.
5 LAET. FVNDATA S. C. ImagineftolatadeH’AllegrczzajchccolIa..
deftra regge un timone da nave fopra un globo, nella finiftra tiene un manipolo
difpiche. Figuratadair Agoftini, dial. 2. p. 75. n 4.
6 P. M. TR. P. II. COS. P. P. S. C. Donna fedente con un globo nel¬
la delira, & una verga nella finiftra. Il Bieo la figurò Laureata, come luffe virile.
7 VICTORIA AVG. S. C. Imagine alata della Vittoria in atto di camina¬
re, tenendo una ghirlanda nella deftra follevata , & un ramo di palma nella fini¬
ftra, appoggiandolo colla fommità alla manca fpalla .
8 FORTVNA REDVX. S- C. La Fortuna fedente colla deftta fopra un^
timone , & un cornucopia nella finiftra .
9 NOBILITAS AVGG, S. C. Figura ftolata in piedi, con un’afta nella
deftra , & un globo nella finiftra . Riveifo figurato appreffo l’ Agoftini , dial. 2.
pag.79.num. 3.
10 ANNONA AVG. S. C. Figura ftante dell’ Abbondanza con due fpi-
chc nella deftra , inclinate fopra un vafo , in cui fe ne vedono tre altre , nella fi-
niftra hà il corno di dovizia . 4. di conii diverfi.
11 LIBER ALITAS AVGG. IL S. C. Effigie di donna ftolata in piedi,
cfpreffa perla Liberalità, colla Tcffcra Frumentaria nella deftra , & un cornuco-
pianella finiftra . 2.
12 AETERNITAS AVGG. S. C. Elefante col fuo rettore fopra le fpalle,
che lo guida con una verga nella deftra. Medaglia di mano d’eccellente artefi¬
ce ,e , come rara , figurata, e fpiegata dall’ Erizzo, p. 729. e dall’ Agoftini , dial.
2. p. 35.0.5. dal Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani, pag.
*32. e dall’ Angeloni, p. 308. nu. 9.
13 SAECVLARES AVGG. S. C. La Lupa con Romulo,c Remo, lattan¬
ti: figurata dal Bieo , p. 58. &appreffo l’ Angeloni, p. 308.0. 6.
14 Colla
L 1 B R 0 A \ T 0, CAP, il, 375
^ 14 Colla fteflaifcrizzione. Vn Cervo, ò.più collo un’Alce. li Bicolohgui-à
pei un Cervo j i’ Angeloni l’efprcfl'e, e per Cervo, e per Alce, in legno che lono
due riverii differenti, colla medeiìmailcrizzione,p 304.0.7.8.
1 j Le fudette lettere attorno^id una colonna, io cui li legge m.* Col quat
riverlofenc vedonodidueconii,cioèlatclla deirimperatore laureata, c ra-^^
diaca : come nella Medaglia figurata apprelTo il Patini era le Imperiali di bron¬
zo mediocri, e minime, p.38o.e 381. dove fpiega quello ri verloi che prima
fù propello in figura dal Bieo , loc. cir.
jd P. M, TR. P. V. COS. III. P. P. Figura militare in piedi, con umj
jramo nella delira, un’ alla uella linihra , 6c una Pelta, ò Scudo lunato . J
17 IMF, M. IVLIVS PHILIPPVS AVG. Filippo radiato.
ADVENTVS AVGG. Statua equeftre, colla delira levata in alto, & una maz*
za, ò più toRo parazonio nella linillra . £' Medaglia d’ argento , il di cui ri verfo
fi trova in altra i ma è rara per l’ ilcrizzione deli’ altra parte , che non hò veduto
tate nelle altre , non leggendoli in elle il nome diltclo I V LI VS , ma folo abbre-’
yiato , IVL, Figurano quello riverlo il Bxo, p. 5 8. e l’ Angeloni , p. 308. nu. 3Ì
18 . . Filippo laureato, d’ ilcrizzione corrola, e di ri verfo raro.
CONCORDIA AVGG. S. C. ImagìnelloIatadellaConcordiainpiedi,con
unapatcra nella delira, & un cornucopia nella linillra.
19 ATTOK. K. M. lOTAI, «lAinnOC CEB. ANTIOXEON MHTPOKOAnN. CÌ*
bete incoronata di Torri , adorata da gli Antiocheni , che batterono quella Me¬
daglia , chiamandoli in ella Mkt/isWii , cioè Matris divìim Cultores , Oltre laj>
quale ilcrizzione di qua, e di la dal capo di Cibele compartiti vi fono quelli
caratteri a. E. S. C.
20 La medelima ilcrizzione con un Tempio, e nel di luimezo un’Idolo^
efprelfo forli per Cibele .
Più però, che per quelli bronzi è memorabile Filippo, per edere Rato, come
notano alcuni, il primo tra gl’ Imperatori, che s’ alcri vede alla Milizia ChriRia*
na. Onde ne fù cantato . '
Cétfareos inter Proceres fuit ecce Philijrfus
Primus t qui ChriBi facruy fdemque colit.
Così fùfottoferitto alla di lui Imagine tra quelle de grimperatori, cavate dal
Teforodi Giacomo Strada , e Rampate in Zurich in foglio regio 1559.
XXXIIl. Filippo Tiglio . )
I WMP. PHILIPPVS AVG. Filippo fanciullo, laureato.
Jt PAX AETERNA. S. C. Figura flolata della Pace, che Randoi'n piedi
leva in alto colia deRra un ramo d’ulivo ,c nella fìniRra tiene un baRoncello
pendente.
a IMP. M, IVL. PHILIPPVS AVG.
Coir ilcrizzione , e riverlo precedente, ma d’ altro conio
3 LlBERALirAS AVGG. III. S. C. Due Figure ledenti , che rapprefen-
tanoidue Filippi, Padre, eFiglio, l’uno de’ quali nella deRra tiene uh globo.
2. Trovali qucRo riverlo figurato apprello l’ Agoflini ,djal. 2. p. 67. nu. 1 1. il
Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani, p. 143. e l’ Angeloni
nell’Ifloria AuguRa ,p. 318. n. 19.
4 SAECVLARES AVGG, S. C. Vn’ Alce, ò altro animate di limite fi¬
gura. IlBìeo,ch’efiìgiòquefloriverfo,v'efprcdelabarba,p.58.
XXXIV. Tra\ano Decio,
1 f MP. C. M. Q^TRAIANVS DECIVS AVG. Trajano laureato;
1 GENIVS EXERC. ILLYRICANI. S.C, Trajano in habito del Dio
li — - Genio, .
574
M S E 0 C 0 S P 1 A N 0
Genio , in piedi , con una patera nella deftra , un cornucopia nella finiftra , e da
tergo UT legno militare . Tré differenti tra di loro , & anco da quel riverfo ,chc
s’hà fìgjrato nelle Tavole del Bieo , p. 59. Se apprello ì’ Angeloni , p. 3 1 2. n.4,
incui li legge ILLIRICI AMI. Apprello il Patini nelle Medaglie imperiali
mediocri, e minime, p. 390. n. 3. leggelì ILLYRICIANI.
2 DACIA. S. C. Imagine ftolata di Donna in piedi , che rapprefenta la
Dacia con un ballon nella delira, nella cui fommità fi vede un capo d’ alino,
come, figuratolo, fpiegano 1’ Agollini ,dial. 3.p. 95.0. 4. l’ Angeloni p. 312.
nu.5,. ilTrillano, e’I Patini, nellopracitato Libro, p.39o.nu.t. Così puro
CelprelTe il Bieo , p. 59.
3 PANMOMIAE S. C. Due figure fiolate in piedi, Tunadeltc quali nel»
la delira , e l’ altra nella finitlra tengono un legno militare . Oltre il quale tiene
la prima un ramo nella finiftra ; il quale nonfù elpreflo nelle figure, che portano
di quello ri verlol* Agoftini ,dial.3. p. 9 J.nu, 2. e’IBieo »p. 59. Ven’hà due
di conio diverlo,una ielle quali s’ hà con tutta diligenza figurata apprello l’An-
geloni.p. 312. nu. 3.
4 VICTORIA AVG. S. C. Imagincalatadella Vittoria con una Corona
d’ alloro nella deftra , & un ramo di palma nella finiftra . Medaglione , il cui ri-
verlo , come raro, figurali da Carlo Patini nel luo T doro , p. 1 2 8. n. 2. Ve n’ hà
di due conii.
5 LIBERALITAS AVG. S. C. Figura ftolata in piedi colla TelTcra Fru¬
mentaria nella deftra, & il cornucopia nella fioiftra. Due divede. Nell’ una
Trajano fi vede laureato , nell’ altra radiato ,
6 IMP. CAES. C. MESS. Q. DECIO TRAI. AVG. ITmp. laureato.
PAX AVGVSTI. S, C. Il fimulacro ftolaro della Pace, con un ramo d’uli¬
vo nella deftra (tela in fuori , & un’afta , ò baftone nella finiftra .
7 IMP. CAES. M. Q. TRAIAMVS DECIVS AVG. Medaglione di
gran rilievo , con Trajano radiato .
F . TAs S AECVLI. S. C. e deve leggerli FAELICITAS , &c.
Imagine ftolata della Felicità, con un Caduceo fopra un’ afta nella deftra , & un
cornucopia nella finiftra .
XxXf^, Erennio Decio, Figliuolo di Tra]ano.
HER. ETR. MES. DECIVS NOB. CAE. Decio giovanetto lau¬
reato .
PRINCIPI IVVENTVTIS. S. C. Figura giovanile d’ Erennio,
con una verga, ò baftOne, come da comando, nella deftra, rivolto ingiù, e
nella finiftra il dardo Romano, che chiamavafi pilo. 2. Riverfofiguratoap-
prclTol’ Angeloni, p. 31 2. nu. 9. differente da quello, che viene propello dal
Bieo, p. 59. e dal Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri, e minime di bron»
■Q.'
20, p.393. I.
. XXXVI Treboniano .
I |MP. CAES. C. VIBIVS TREBONIANVS GALLVS AVG. Trebo,
J[ niano laureato.
LIBERTAS AVGG. S. C. Imagine della Libertà in piedi, col pileo nella
deftra, & un’ afta nella finiftra.
2 IMP. CAES. C. VIB. TREB. GALLVS AVG. Laureato, come fopra.
APOLL. SALVTARI. S. C. Statuad’ Apolline, ignudo, in piedi, chete-
nendo nella finiftra la Cetra appoggiata in terra , ftende la deftra in fuori , con.,
un ramo d’ alloro pendente . Havvenc di due conii differenti. Figurali quello
riverlodairAngeloni,p.3 ?5.n.2.
XXXV li. Volu-
I
LIBRO A R T 0. CAP. Ih 37^
XXXVll, Vo tufi Ano y Figliuolo di Trehoniano.
y JM?. CAE. C. VIB. VOLVSUNO AVG. Volufiano giovanetto J
Jg laureato.
......... SALVTARI S, C. Forfi, come in altre, APOLLIMI SA-
L VTARI. Imagine d’ Apolline ignudo , che nella delira tiene un ramo d’ alioi?
ro , nella liQiftra la Cetra .
XXXVIII, Licinio Fdleriano .
j |MP. C. P. LIC. VALERIANVS AVG. l’ Imperatore radiato:
VICTORIA AVGG. La Vittoria con una Laurea nella delira, ditta ra*
mo di palma nella lìniftra .
APOLLINI PROPVG. Apolline Arderò, nudo:
3 IMP. C. P. LIC. VALERIANVS P. F. AVG.
PROVIDENTIA AVG, Tipo della Providenza.
3 IMP . VALERIANVS AVG.
SECVRITAS AVG. Imagine della Sicurezza in piedi, con un'alta nella de«
lira, e la lìniftra appoggiata ad una colonna. Fùperòinfcliciffima quella lìcu-
Tezza,che condulfe Valeriano a fervir di {gabello a Sapore Rè della Perlìa ,
qualor montava aCavallo, lenza, che nefacelTe calo, nonché vendetta Gal¬
lieno di lui figliuolo, di cui perciò un’Eroico Poeta Bolognefe,cioè Francefeo
Bolognetti,nelfuoCoftante,C. 2. r45.nelcriffe
Non pur, come devriui cur a non fredde
Di for che il Padre in fervitu non mora',
Ma,fe ne parla alcun, tanto 1' ejfende , '
che lo perfegue in fino i morte egn'‘ bora, ' ’’
XXXIX. Gallieno F. di Valeriano '. i
y ALLIENVS AVG. Gallieno radiato.
Vj LAETITIA AVG. Figura dell’ Allegrezza, con una Corona pen¬
dente dalla delira , & un baftoncello nella lìniftra. 3.
a DIANAE CONS. AVG. Vnabellidìma Cerva in piedi. Per tale figu¬
róna il Bieo, p.5i. L*Angeloni però col farci efprimere le corna la dichiarò
inafchio,p. 365.nu. 12. Ven’hà di due conii diverfi.
3 APOLLINI CONS. AVG. Col Centauro arciero, a differenza del rx-
verfo figurato dal Bieo, p.6o. dcappreffoT Angeloni,p. 325.0. 10. col Cen¬
tauro, che tiene un globo nella dcftra,& un timone da Nave nella lìniftra.
4 LIBERO P. COS. AVG. VnaPantera. Occ. ad ann V. C. 1010.
FAX AVG. Imagine della Pace, con un ramo d’ulivo nella delira, & uno di
palma nella lìniftra. 2.
5 INDVLGENTIA AVG. Figura dell’Indulgenza fedente con unaCo-
rona nella delira, & un’afta femplice nella fioiftra. Se mai però Gallieno meri¬
tò titolo d’ Indulgente, CIÒ fu quando, condannato alle Fiere un Giojclliere,
c’haveva venduto gemme falle per vere a Saloninafua Moglie, con curiofa_
bizzarria li rimelle la pena, e diede occafìone alla nobii nenna dell’Abbate Sar-
rini di notarne. Licinius Imp. dum gallum Leonibus obiicit , prò forte gemma¬
rio , infinmt Principem decere clementiam . Diche parimente nc cantò il mede-’
fimo. - - -
Jn gemmis opifex Licinum deceperat
mifer ille feris oblidendus erat.
Immisi Cafar Gallum pro forte Leoni,
Lepido clufit plena theatra dolo. '
i 1 2
Sarrin.Otia
Pailaà. ef.
His’
I
i^tb.lKEpi'
f r. 20.
, M S E 0 CoSPl A no
His lUe in populo vindex Inudabitis ira
Praconem )u/f,t vociferare notis.
Hic in, pojl urant fecit ^ fubeatqtie vicifm
Impojtor fraudem i fraude ferat veniam t
.^ani decet ingenuos animos Clementia. Noxa
Nobilis ultor erit qnifquis inultus abit .
Ma più brevemente il Religiofo Marziale d’ Ancona , che tanto è dire il F. Car¬
lo da S. Antonio da Padova, della Congregazione delle Scuole Pie,
Pro veris, vitreas gemmas bona fufeipit Vxor
C afar is \ at pceuas t fraude patente ^ petit.
Ergo illttforem raptari in vincla repente ^
Exponique feris dentibus ille jubet.
Cumque tremans reus expetat trucis ora Leonis i
Ridiculus Capo projilit in medium.
Digna inflitta quidem pcena eFly deceperat ille y
Deceptus miti à Principe , & ill( fnit .
6 LIBERALITAS AVG. A. . . Vna Pantera. Medaglia rara, leggendoli
in altre attorno la Pantera LIBERO P. CONS. AVG.
7 AETERNITAS AVG. Figura in piedi, radiata, col'a delira folicvata al
Cielo, & inelTa una tefta radiata , lignificante il Sole, & un’ altra limile nella fi-
nillra ,efpren'a per la l una , come in altre .
8 MARTI PACIFERO. F gura militare di Marre Pacifero, con un ramo
d’ulivo nella delira , el’alla, eloScudonella finillra.
9 FORTVNA REDVX. Imagine della Fortuna ledente, con un timone al¬
la delira , & un cornucopia . Di verfa da quella , che s hà figurata apprcRo l’An-
geloni , p. 3 2 5. n. 7. colla Fortuna llante .
Jo VIRTVS AVG Figuramilitare, con un ramo nella delira, & un Pilo
nella finidra jbenilfimoelprelfo.
11 IMP. GALLIENVS AVG. Gallieno radiato, come fopra.
VICTORIA AVGG. Imagine alatadella Vittoriain attodi caminare, portan¬
do un ramo d’ alloro nella delira , & uno di palma nella finillra.
12 IMP. C. P. LIC. GALLIENVS AVG. D’argento.
VIRTVS AVGG. Comenella decima. Quale però fnde la virtù di Gallieno,
che nulla cuiò l’ignominiofillima prigionia del Padre, ce Ravvila il Bologne tti.
che della di lui oziofa ,e diffolutilfima vita , nel Collante, C. 2.63. cosi cantò.
Donna alcuna già mai piu d una volta ,
Nè volfe un vin due volte ad una cena;
Quando a gli horti fuoi giva , ogni hor la molta
Copia di donne in quei capiva a pena:
E ài toga viril ciafettna involta ,
Mentre /’ Europa era à' incendio piena , ^
L’ una il Confol dicea , I' altra il Pretore,
^uefa il Prefetto fuo, quella il ^jieBore ,
XL. P. Tetrico, il IX. de' XXX Tiranni ,
1 »MP. C. TETRICVS P. F. AVG. Tetneo il vecchio .radiato."
1 PAX AVG. Imagine llolatadella Pace in pie di , con un’alladirittanella
finiltra, & un ramo d’ulivo nella di lira . Col qual riverlo furono battute Me¬
daglie anco a Tetrico , il g ovane, come nella figurata apprcllo il Patini tra le
Imperiali mediocri , e minime di bronzo , p. 428.0. 8.
XLI. clan-
L l -S S 0 ^ F J 0. CAP. II. J77
XLI. Claudio Gotico.
I f MP. C. CLÀVDIVS AVG. Claudio radiato,
£ GENIVS EXERCI. II Dio Genio in piedi, con una patera nella delira,'’
& un corno di dovizia nella hniftra . Forlì è l’ Imperatore lotto quell’ imagine
clprelTo . Riverfo figurato apprello Guglielmo Clioul nel Libro della Religio¬
ne de gli antichi Romani, p. 150,0.4.
2 MARTI PACIFERO, Marte Pacifero con un ramo d’ulivo nella delira,’
& un* alla nella finillra .
3 SPES AVG. Imagine llolata della Speranza i
4 PROVIDENT. AVG. Figura llolata della Providenza in piedi, con una
verga nella delira , & un cornucopia nella finillra, colla quale Uà appoggiata ad
una colonna. Da piedi fe le vede un globo figurato per il Mondo, Riverfo
effigiato appreffo il Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri, e minime di bron-
2o,p. 42^. nu.4.
5 ANNONA A'VG. Effigie llolata dell’ Annona, con alcune fpiche nella
delira , & un cornucopia nella finillra .
6 VICTORIA AVG. La Vittoria con un ramo d’alloro nella deftra,& uno
di palma nella (ìnillra .
7 lOVI VICTORI. Giovein piedi, eonunfuIminenelIadcllra,&un’ alla
nella finillra.
8 AEQVITAS AVG. Figura llolata dell’Equità in piedi, colle bilancie
nella delira , & un cornucopia nella finillra .
9 IMF. CLÀVDIVS P. F. AVG, Rad iato, come fopra,!
ORIENS A V G. Il Sole Oriente , efprelTo lotto figura d’ huomo nudo in piedi ,
con Corona radiata, & una imagine, come lembra, nella delira alzata, &un
globo nella finillra.
ViRTVS AVG. Figura militare in atto di caminare , portando un’allancilaJ
delira , & un trofeo d’ arme ne Ila finillra , Nel che và differente da que4 riverfo,
che con limile ilcrizzione figurò i’Angeloni, p. 329, n.4. ellendo elprcfio un
ramulcello nella delira della figura militare, da elio intela pei quella di Claudio.
10 DIVO CLAVDIO OPT. IMP.
CONSECRATIO. Vn’ altare con alcune fiàme, eh’ cleono dalla di lui luperff-
zie . Ri vcrlo figurato apprelTo l’ Angeloni nell’ Illoria AuguUa , pag. 3 29, n. 7.
& il P^ini trà le Medaglie Imperiali mediocri , e minime di bronzo ,p.426. n.2.
JTL//. Aureliano ,
1 ¥ MP. AVRELIANVS AVG. Aureliano laureato.
J. ORIENS AVG. Figura d’ Aureliano radiata, che Uà nel mezo a due pri¬
gionieri ledenti in terra , calpellandone uno col piè deliro . Nella finillra tiene
un globo , & hà la delira levata in alto . Sotto vi li legge CDXXI.
2 Simile ilcrizzione, e riverlo, differente lolo nelle note , che parte role,
terminano diverlamente,elprimendo .... RI. la figurò l’Angeloni,p.3 36.
n. 5. Il Patini trà le Imperiali p. 432, n. I. propolc uno di quelli riverii colite
note XXlVI. de il Choul nel Libro delia Religione de gli antichi Romani , pag,
a 90. ne figurò uno , con un folo captivo , e la nota
3 CONCORDIA AVG. 4 Due figure , che li porgono le delire,* l’ una mi»
litare rapprelenta l’ Imperatore , che tiene un’ alla nella finillra j l’ altra è di Se-
verinalua moglie* 2. Riverfo figurato apprelTo TAgoRini, dia), 2. p.40. 0,4.
c i’ Angeloni , p. 3 36. nu. 7.
4 ADVENTVS AVG. Figura equcllre in atto di correre ,
5 lOVI CQNSER, T. Due figure in piedi, cioè Giove ignudo appoggiato
li 3 ' ad
37» MVSEO eos PI ANO
ad un’ afta incontro l’ Imperator paludato, collo Scettro nella ft.iiftra; e chei
congiunta la delira con quella di Giove, vi loftcìita il Mondo, come /piegò
l’Ang.eloni, che figurò quefto river/o e/pruiicndovi lotto S.
6 PIETAS AVG. Due figure, che fcambievolmcnte li guardano, tenendo,
cia/cheduna-uiia patera nella delira /opra un’ altare ; l’ una è virile , e forfi d’ Au*
leliano , l’ altra donne/ca , forfi della Pietà ,ò dell’Imperatrice /ua moglie, /oc-
tprabito,& il nome della Pietà.
7 CONCORDIA MILIT. Due figure militari, che congiungono le delire-,
8 IMP. C. AVRELIANVS AVG. Laureato.
CONCORDIA MILITVM. Due figure, come /opra , congiungenti le deftrc;
ma l’ una togata, e Taltra, come (embra, ftolata : quella e/prefta per la Dea Con*
cordia , quella per l’ Imperatore: due di conio differente; una delle quali colla
tefta dcirimpcratore radiata vedefi figurato apprello l’ Angeloni , p. n. i.
2. con /otto le due figure la nota XXIQ^
XLÌii," Tacito,
MP. C. CL. TACITVS AVG. Tacito radiato.
l
VIRTVS AVG. Figura galeata in piedi colla delira fopra unoScudq
pelante in terra ,& un’afta nella liniftra,
a iMP. C. M. CL. TACirVS AVG. 1’ Imperat, fimiitncntc radiato.
3 CLEMENTIA TEMP. Figura liante della Goitanza con un’afta nell§
delira , e la finiftra appoggiata ad pria colonna .
4 CONSTANTIA TEMP» Figura limile a quella dei precedente river/o.
LAETITIA FVND, XXL B,' Figura tìplatadcll’ Allegrezza, in piedi, con_
una Corona , come (embra , di fiori nell^ delira , & un ballonet Jio nella finiftra.
Figurali quello river/o da Monfig. Agqltini ,dial. a.p 75. nu. i.
5 VBERTAS AVG. XXI, Ei Eifigie llolatj} ddT Vbeita in piedi, con un
cornucopia nella delira , ji] atto di verl’arjo, & un’altro diritto nella finiftra.
Può vederli apprcftb l’/\ngelqni , p. 34t .nu 9,
6 VIRTVS AyG. Figu?-amilitareinatrodicaminarc,conun’aftane]lafi-.
niltra ,& un trofeo d-arrne' nella delira , appoggiato alla /pall.T. Rivcr/o raro,
ritrovato nelle mine della Vecchia Claterna , e con mole’ altri donutorai dal Co,
Valerio Zani , eruditilfimo Cavaliere ,
XLIV, Floriano .
MP. C. M. AN. FLORIANVS P. AVG. Floriano radiato .
I
P
CONCORD. MILIT. S. C. Due figure , che congiungono le delire.
Inaltririverfis’hàrjfcrizioneintiera CONCORDIA MILITVM, comencl
figuratoapprelfoT Angeloni, p. 342. n. j. & il Patini tra le Medaglie Imperia¬
li mediocri, e minime, p 435. n. 2.‘
’ ■ ’XLK Probo.
ROBVS P. F. Avo* frobiq laureato, figurato con tuttofi petro.
ADVENTVS AVG. Figura equeftrc di Probo in atto dicaJpcftare
un captivo. Se le vede unfulmineìqcto i piedi nel mezo di qut He lettere H.Z.2.
2 FIDES MILITVM* Statqa piilicarc, che nelf una, enelT altra mano tie¬
ne una In/egn i da guerra , Dall’ altro lato Probo è laureato ,
3 IMP. pROBVs Aya " “
moneta AVG. La Dea Moneta, come altrove.
4 IMP. PROIiVS r. F. AVG, ■ •
ADVENTVS AVG. Come (opra Figura un limile river/o il Patini rrà le Me¬
daglie Imperiali mediocri, e minime di bronzo, p.437. n.4. ma colia nota K. A.
5 CONCORDIA MILIT. P. XXL bue figure militari, che congiungQno
le delire come nella leconda. 5 ViCTO-
L ÌSRO. A 0. CAF.ll ìjp
6 VICTORIA A VG. r Imagine alata della Vittoria, Dall’ altra parte Pro¬
bo bàia corona radiata. 2.
7 VICTQRIA GERM. Trofeo con due prigioni di guerra.
8 IMP. G* pRQBVS P. F. AYG. Meza figura di probo laureato i
Conservat? AVG. ApplUne radiato, in piedi, mezo ignudo, colladeUra
inalzata ,& un globo nella HniRra , fopra il cui braccio fypUzza ui panno .
9 lOVI GQNSERVAT. Due figure, che Icambievolmente fi guardano i
r una ignuda , rapprelentante Giove , con un globo nella deftra , in atto di por¬
gerlo all’altra , eh’ è veftita alla militare , & elprime l’ Imperatore ^ che offerike
non sò che cola a Giove .
10 CONCORD. MIL. Due figure militari aftate,chec6giungono le delire^
11 IMP. C. M. AVR. PROBVS AVG. Probo radiato.
ADVENTVS AVG. . . , Figura equeftre, lenza il captivo da piedi, che fi
vede nelle fopra mentovate .
12 IMP, C. M. AVR. PROBVS P. AVG.
ADVENTVS AVG. . . XXI. P. Statua equeftre, come nella precedente.
1 3 IMP. g. M. AVR, PROBVS P. F. AVG,
ADVENTVS AVG. come fopra-
14 VIRTVS PROBI AVG. XXÌ, Probo io atto di caminare , portaq^
do nella finiftra un trofeo appoggiato alla fpalla , Và divetfa dalle altre Meda¬
glie di limile ifcrizione , che nel ri verfu hanno la Statua equeftre di Probo , co¬
me nel figurato appreffo 1’ Angeloni , p. 3 47, n. 8,
*5 . . BVS AVG. Proboradiato,
yiRTVS AVGVSTI g, Figura militare in atto di caminare, con un’afta nel-
laliniftra, & uno Scettro , come fembra , nella deftra . V Angeloni v’ elpreffe
la deftra fopra uno Scudo pofante interra, p. nu. 7. degno (imbolo della
virtù di Probo, che non mendi fatti, che di nome fu da’fqqi Soldati chiamato
frobus y cb vere Profusi Onde vi fu chi ne cantò, come fi legge lotto la di lui
imagine tra quelle de gl’imperatori ftampate in Zurich i 5 $9, in f.
Hinc Prohus y ér vere probus\ or bis Sceptra gubernat f
^uem probat miles y &. facra turba Patrum,
Barbaricos motus compefeuit' undique y Pacem
Romano pulchram fecit in Imperio.
XLVU Caro]
I V MP. CARVS AVG. Caro radiato,
1 AETERNIT, IMPER. .. Figuraignudadel Sole in atto di correre, té*
nendo una sferza neìlà finiftra, e la deftra inalzata. Come riverfo raro vedefì
figurato appreffo il Patini tra le Medaglie imperiali di mediocrc,c minima grani
dezza, di bronzo, p. 4^8. n. 2.
2 DIVO “caro PARTHICO. Caro, come fopta, radiato,
CONSECRATIO. Vno altare, dalla cui fuperfizìeorizontaleafcendono al¬
cune fiamme. Per Medaglia parimente rara la figurò il Patini nel lopracitatq
luogo, nu. 5.
XLVlt Carino F, di taro.
1 f MP. CARINVS P.'F. AVG. Carino radiato.
1 FELICIT. P VELICA. Effigio della Felicità, con un Caduceo, come
fembra, nella deftra follevata , c la finiftra appoggiata ad una colonna, lotto
cui fi vedono quelli caratteri . D* XX. Due » di conio differente . ,
■' " xLrm. Nu-
^$0 M r s s 0 X 0 s p i ^ ^ 0
XLVIII Numerìan»^ Fruttilo di Canno,
I WMP. C. NV.vlEKIANVS P. F. AVG. Numcruno rad iato.
£ VOTA FVbLICA. Due figure ftanti l’ una m taccia all* altra «con due
Integre militari, & un Labaro. Sotto v fi legge ONS. XXIP. rara.
2 FIDES EXERCIT. AVGG. S. M. S. XXL r. Figura di donna few
dente nel mezo di trèlniegne militari .
XLIX, Diocle&iant ,
K ]| MPé DIOCLETIANVS AVG. Diocleziano colla Corona radiata.
A lOVI Conservat. AVGG. Giove in piedi, con un fulmine nellaJ
delira , & un* afta nella finifira . Rivetfo figurato dal Bieo , p. 64.
2 IMP. DIOCLETIANVS F, F. AVG. radiato.
CONCORDIA MILn VM. A. Due figure militari , che congiungono le
deRfC: nel mezodelle quali fifeorge Timagine della Vittoria follevacaaù le
ali, e porgente la Laurea alia figura delira, eh* è quella dell'Imperatore, Ri»
vetfo publicato dall* Angcloni, con lotto la nota ALE. p. 3 $6.0.4.
3 GENIO POPVLI ROMANI. Imagine del Dio Genio, che tiene una pa¬
tera nella delira, & un cornucopia nella finilira . Dall' altro lato la tefia deli’lm-
pcratore è armata d’ elmo. Apprello l’Angclonijloc.cit. n.6. v’hà la nota SMN,
4 VOT. XX. in una Corona roftrata,
5 IMP. C, C. VAL. DIOCLETIANVS P. F. AVG.
lOVI CONSERVAT. AVGG. B. G!Ove,come nella prima ^
6789 CONCORDIA MILITVM. Due figure militari, con una Vitto¬
ria nel mezo , come fopra . Quattro di conio differente . In una nel riverfo, ol¬
tre l'ilcrizz.Ot.e vi lono quiite note H. B, In un’altra A. nella terza V, nella
quarta XX.
10 VOT. XX. A. invnacoronad alloro.
11 IMP. C. VAL. DIOCLETIANVS AVG. radiato.
lOVl CONSERVAT. Giove, con e lopra , ma con l’Aquila da piedi, eTafta
tra due legni militari. Sotto vi fono i caattin P. XX. ì. Kivcrio differente
da quello, che s’hà figurato appiedo 1’ Angcloni, con un’altra infcgna militare
invece dell’afta, e le note CXXIT* p. ^56. nu. 3 In alcuni altri v’ è Giovefe-
dente, e Tiferizzione non abbreviata, come appreffu il Patini tra le Medaglie
Imperiali mediocri, e minime^ p,442, n. 6.
’M
AXIMINVS NOB.
L, Maffimiatto .
CAEs. Maffimiano laureato.
SACRA MONETA AVGG. ET CEsS. NOSTR. f. La Dea
Moneta >n piedi colle bilancie nella dcftra , ic un cornucopia nella fintftra . Ri¬
verfo figurato appreffo Monlìg. Agoftini , p. 5. n. 4. e p. 72. n. 3,
2 C. M. l. VAL. MAXIMIANVS NOB. C. radiato.
yOT. X. F, K. in unacorona d’alloro.
3 VOT. XX. T. fimilmcnte in una laurea,
4 C. M. L. VAL. MAXIMIANVS NOB. CAES. radiato.’
CONCORDIA MlLlTVM Due figure militari , che lì porgono le deftre, e
tengono ciafchtduna un’afta nella fìniltra. Nel mezo di loro lì vede!* imagine
della Vittoria .
5 Simile ilcrizione,criverfoi colle note K. A. e fembra quello, che s’hà
figurato appreflol’Agoftioi ne’ dialoghi , p. 39.0. 8. doveperònell’ifcrizzio-
ne dell’ altra banda, in vece di C.M.L. fù clprcffo GAL.
6 I oftello riverfo, & ilcrizzionc , co’ caratteri K, B.
7 IMP; MAX1.V.1A.NVO F, F. AVG.
GÈ-
L I B R 0 ^ P A K T 0. CAP. IL 381
GENIVS AVGVSTI S. S. T. Il Dìo Genio in piedi, con una patera nella
delira , & un corno di dovizia nella lini lira .
8 lOVI CONSEilVAT. AVGG, Giovein piedi, conunfulmineoellafi-
riftra, &un'afta nella delira.
9 ,IMP. C. VA. MAXIMIANVS P. F. AVG. radiaro:
CONCORDIA MILITV'^M. Due figure militari congiungenti ledeArc»coil
la Vittoriane! mezo, e di lotto K. a. 2.
10 IMP. C. VAL. MAXIMIANVS P. F. AVG. fimilmentc radiato.
CONCORDIA MILITVM. KA. Figure elprelfe nella precedente.
11 lOV. ET HERCV. CONSER. AVGG. XXIZ. Due figure congiun*
genti le delire , come [opra , colla Vittoria nel mezo di loro ,
12 IMP. C. M. A. MAXIMIANVS P. F. AVG.
GENIO POPVLI ROMANI. HTA. Il Dio Genio, come fopra; sù’l di cui
capofilcorgeun vaio. Medaglia bellilllma.
13 lOVI CONSERV. AVGG. Giove con un fulmine nella delira, & un*
afta nella finillra .
14 VOT. X. inunaLaurea.
15 VOT. XX. fimilmente in una Corona d’ alloro .
16 VOT. XX. parimente in una Laurea, colla nota C. 2.
17 VOT. XX. inunaLaurea. S.
18 VOT. XX. in una Corona roftrata. P.
19 VOT. XX. D. io una Corona di Lauro.
20 IMP. C. M. A. MAXIMIANVS NOB. Maflimiano laureato
yOT. XX. P. in unaCoronad’alloro .
21 !MP. C. M. AVR. VAL. MAXIMIANVS P. F. AVG. radiato.’
lOV. ET HERCV. CONSER. AVGG. XXI. B. Duefigu e, che fi riguar¬
dano infieme, una delle quali ha un* afta nella finillra , & un g'obo nella delira;
r altra ha 1’ imagine della Vittoria nella finillra , e di lotto una Stella. Due bel-
liflime , di conio diverfo ,
22 DIVO MAXIMIANO SEN. FORT. IMP. Maflimiano laureato.
REQVIES O 'TIMO MERIT. R. P. Figura ledente,con non sò che non
fi dillingue nella delira . Medaglia fingolare beliiflìma .
23 MEMORIAE AETERNAE. R. T. Vn’ Aquila in atto di levarli a vo¬
lo. Medaglia non men rara della precedente, come differente d’ilcrizzione da
quella , che s* hà figurata appreflo 1* Angeloni , p. 3 5 8, n. 5.
LI, Cofianz^o Cloro .
I ^^ONSTANTIVS NOB. Collanzo laureato cfprelTo con tutto il petto.’
GENIO POPVLI ROMANI. Effigie nuda del Genio in piedi, cotu
^una patera nella delira, & un panno Ivolazzante su Paltro braccio, nella cui
mino tiene un cornucopia .
2 CONSTANTIVS NOB. CAES.
VOT. XX. in una Corona.
3 SAG. MON. . . . AVGG. ET CAESS. N. N. Imagine della DeaJ
Mogeta in piedi colle bilancie nella delira , & un cornucopia nella finillra .
4 FL. VAL. CONSTANTIVS NOB. C.
PROVIDENTIAE CAESS. Vn’ Edilìzio, lotto cui quelle lettere ASIS. cioè
Afifcienfibus fignatum .
5 fE. VAL. CONSTANTIVS NOB. CAES. Coftanzo radiato, cfpref-
focon tutto il petto*
VIRTVS AVGG. Statua d’Èrcole, che ftrozza il Leone, havendo la clava da
piedi, (opra CUI vi è B. ciotto XX. CT. 5
Vrf.Vtl
uvsnò co SVI ANO
5 DIVO CONSTANTIO PIO PRINC.
MEMORIAE AETERNAE. A. T. Vn’ Aquila in atto di levarfi a volo I Tré
piccole > di due conii di verlì .
LIl. Maffimìno .
CHiamafi da taluni Maflimiano, e viene perciò confnfo coirantcceflbrc di
Coltanzo Cloro, come predo!’ Abbate Sarrini, nel Poemetto intitolato
ConHantins luBrAtHs , in cui le^geli, v. 58.
• Compellare libet te, Maximiane fu f erbe,
Dum vis Herculeus dici, Alcidefque videri,
Te Leporem praBas , &c,
le di lui Medaglie però infegnanodoverfìchiamar Malfimino, leggendoli io effe
I MAXIMINVS P :VS AVG. GERM. Maflimino laureato.
SALVS AVGVSTI. S. C. Effigie della Dea Salute fedente colla patera nel¬
la delira , in atto di vcrfarla (opra Taltare, dove ftrifeia il Serpente d’Efculapio.
3 IMP. MAXIMINVS PIVS AVG.
SALVS AVGVSTI. S. C. La Salute, come nella precedente. 2. di conii div.’
3 PAX AVGVSTI S. C.ImagineftolatadcllaPace,conunramod’ ulivo
nella delira follevata in alto , & una verga nella lìniftra . Due differenti .
FIDES MILITVM. S. C. Figura llolata della Fede llantc nel mezo di due
Infegne militari , tenendone una per ciafeheduna mano . Due di conio diverfo
PROVIDENTIA AVG. S C. Effigie llolata della Providenza ftante coiu.
una verga , ò baftoncello inclinato verfo un globo , che le giace a piedi , cfpref-
fo per il Mondo , nella lìniftra tiene un cornucopia .
VICTORIA AVG. S. C. La Vittoria gradiente con una Laurea nella delira
inalzata , & un ramo di palma nella lìniftra.
LUI. CoHantino Magno .
1 ^ONSTANTINVS AVG. Coftantino armato di Celata;
Cui Magni impofuit pietas, & dextera nomen,
ROMAE AETERNAE. PRDT. Roma galeata, ledente (opra un mucchio
d’arme,tenendocollafinillraunoScudo, incoi x Riverlo figurato appreffo
l’Angeloni, ma colle note PRRP. p. 377.0. 1 5. v
2 PROVIDENTIAE AVGG. Vnbelliffimo Edifizio , (otto cui fi legge S.
M. P. . òforfi S.M.K.B. come nel riverlo figurato appreffo TAgoftinijdial.
2. p. 5 7. n. 5 . lignificanti per avventura Signata Moneta Konsiantinopoli .
3 bin ile ilcrizzionccoirEdifiz.o, loitocui A. O. P.
4 S’inile ifcrizzione,fen2’aIrrc lettere. Figura .0 quelli riverii il Pati¬
ni colì’iUr7ZÌone -n retto, e le note S. M.AL. cioè Signata Moneta Alexan-
ùria, tra lelmpcrisli, p. 466.4.
5 CONSTANTINVS AVG. Coftantino co! diadema.
D. N. CONSTANTiNV> MAX. AVG. attorno
ad una cotona, come lembra, d’ alloto, in cui, xx.
V.
6 CONSTANTINVS col diadema. Medaglia minuta, ma bella .’
VICTORIA . Due Vittorie in piedi, runa contro l’altra, cialcjuna
delle quali colla delira follevata tiene una Corona d’ alloro.
7 CONSTANTINVS MAX. AVG. col diadema ingiojcllato.
GLORIA EXERCITVS. Due Soldati armati, che appoggiati sui loro Scudi,
con un’allaperciafcuno. Ranno mirando l’Infcgna del Labaro, confitta nel
mezo di elfi col calce in terra, vedendovifi impreffo il venerabile fegno p fotto
la quale Infegna lì legge V. SIS. 4. Riverfo figurato appreffo l’ Ange ^ Ioni,
p. 377. n.j. ma con lotto E. SIS. • 8 Si-
L IB K O ' ^ r A Bt 0. €AP: II. 583
S Simile ifcri2zione,c ri vcrio»coIte note S. M. K. T. 2.
9 Simile ri verioy&ifcrizzione, coile note confufe* ma di verfe. 2.
10 La medeiìmaiicrizzione,c figure militari, come /opra I con una fola In-
legna da guerranei mezo loro, e/otcoaquefla ASIS. due di tutta conlerva-
zione, trovate nelle mine deirantica Claterna, donatemi dal Co. Valerio Zani ,
‘ 1 1 Lo flieflo riverfo, di due figure, de una inlegna foia , colla precedente
ìfcrizzione, fenz’ altri caratteri .
12 CONSTANTINVS P. F. AVG.
SOLI INVICTO COMITI. C. T. EflSgienuda d’ Apolline radiato, colla
delira inalzata , un globo nella finidra , èc un panno dallo ftelTo braccio pendeOiJ
te . Riverfo digerente da fulfeguenti , e da quello , che lenza l’ aggiunta d’ altre
notes’hàEguratoappreffol’ Angeloni,p.377. n. 11. ' T
13 IMP. CONSTANTINVS AVG.
SOLI INVICTO COMITI. K. T. B. T. F. Apolline, come fopra .
14 IMP. CONSTANTINVS P. F. AVG.
SOLI INVICTO COMITI. P. L. C. Come nelle precedenti. Otto di co¬
nio differente.
15 Simile ifcrizzionc, e riverfo, colle note H, S. di gentilillìmo conio. Fir
gurò uno di quefli riverii Guglielmo du Choul nel Libro della Religione de gli
antichi Remani, ma colle note T. F. P. L. C. Vedefì nella traduzzionedd
Simeoni,p. 187.
16 lOVI CONSERVATORI AVGG. NN. Statua ignuda di Giove
te coir imagine alata della Vittoria nella delira , & un" alla nella fìniflra .
17 D. N. CONSTANTINI MA. AVG. CSIS, attorno ad unOiCorona
d’ alloro , nel cui mezo vot. 2, Riverfo figurato appreflo il Choul, nel fudetto
Libro, p.344.
18 D. N. CONSTANTINI MAX. AVG. ST. colla Corona , in cui vot.
10 Simile ìferizzione, e riverfo, colle note ASIS*
20 D. N. CONSTANTINI MAX. AVG. . ,
VICTORIA ...... Imagine alata della Vittoriainatto di caminare,'
21 D. N. CONSTANTINVS MAX. AVG. Teda di Coilantino col dia¬
dema . . V
GLORIA ROMANORVM. Cotìantino colla delira diftefa fopra il capo d’ un
capti vo, e nella fìnidra il Labaro, col fegno p. &F. IL
22 . NTINVS . Coftantino colla celata ,
. . . . . EXERCIT. Il Labaro, con VOT. XX. E due captivi dalle bande^
come fivedemunadi Licinio coli’ifcrizzione VIRTVS EXERCIT. come#
devefì leggere in queda , eh’ è rara .
23 CONSTA NTINOPOLIS. Teda galeata di Coflantino Magno.
Vittoria gradiente con arabe leali /piegate , & uno Scudo nella liniflra,.coi]u
fptto 1 piedi RO. . . Due di conio differente.
Lir. CrifpOt F» di CoBantim M.
1 y^RISPVS NOB. CAES. Meza figura di Criipo giovanetto."
•' ....... VOT. X. in una Cotona. Eforfi devono dir le lettere
quivrtofc CAESARVM NOSTRORVM, comein altra Medagliadel mede?^
fimo figurata appreflo il Patini tra le Impcpali mediocri , e minime , p. 4^7.11. i.’
con VOT, V. nella corona.
2 CRISPVS N. C. COS. II. Meza figura di Cri fpo laureata, c che nelU
dedratodieoeunainfegna da guerra, fopra di cui l’Aquila Romana, in legno
delle felici condotte militari, eh’ egli heobe nel Settentrione, perle quali di lui
fù cantato, ^
V v>
TIS
XX.
^ M y S C 0 S P KA N 0 ^
'Hir Puer fefttm dtmitor T rionum >
Dufter hic felix ^ Helenxtjue magnàc
CaHus alumnus,
BEATA TRANQVILLITAS, sttorno ad una bafe, in cui fileggi
Sopi-a labafe v’hà un globo circondato da tré Stelle. 2. Riverio fìguia-
to appreflo il Patini nel luogo fopraCitato , n. 4. Poche altre di lui Me¬
daglie fono giunte a cognizione de’ polleri, perche poche ne furono
battute , edendo fiata troncata col filo della di lui vita in età per anco tenera la
ferie di quelle gcnerofe azzioni , che da edo afpettavanfi , degne di moltiplicati
bronzi , e di marmi. Avvegnaché edendoliegli nella continenza moftratoun*
Ippolito con Fauda, la fua infaulla matrigna, (perimento quella una Fedra tanto
cruda , quanto impudica. Che però ne cantò il Sarrini nel fuoCoflantinolu»
(Irato, V. 1 14.
»■ un» TauHa infìdiante necatur , • -
perche quella Privignum Crifp»m^ cu]us languebat amore , ' ....
Detulit ad Regem falfoy velut altera Phadral
ytc (t tentajfet Iccium violare paternum ,
11 qual fatto dal P. Bernardino Stefonio della Compagnia di Giesù fù così al vi¬
vo efpredo nell’ Azzionc Teatrale ch’egli ne cqimpofc ,che quella meritò d’ ef¬
fere chiamata la Regina delle Tragedie Latine de’ nollri tempi . V à per le mani
de’ Letterati con quella ifcrizzione. Crijpus ^Tragoedia Bernardini Stephonii
Sabini y Prasb. e Soc, lefu, Mediolaniapud Io BaptiilamBidclluia idi/, id.
LV, Majfenz,io . '
AXENTIVS P. F. AVG. Madenzio laureato T
CONSERV. VRB. SVAE. Vn Tempio, nel di cui mezo fi vede
una Siaiua, come vogliono alcuni, lignificante Roma, con lotto A« T. Con
quello ri verfo ve n’hà lei differenti non dalle fottonotate, ma anco da quella,
che s’ hà figurata appreffo l’ Angeloni , p. 36^. n. 4. lenza alcuna nota , c colla
ilcrizzione dall’ altro canto di verla .
a VOT. (^Q4_D. IVL. XX. in una Corona, Medaglia minuta.
3 IMP. C. M AXENTIVS P. F. AVG.
CONSERV. VRB. SVAE, Tempio colla Statua, come fopra. Quattro fenz*
altra nota, come in quelle che figurò il Patini trà le Imperiali, p. 456. 4. j, *
4 Laludettailcrizzione,eTcmpio,con(ottovilanota A. C. T.
Altra fimilecon A. £. B.
Simile con A. E, S. ò più tollo AL, S. cioè Alexandria signatum.
Altra con A. T.
Il medclìmoriverfocon H. A. N. Il Bieo, p. 65. ne figura uno, con lot¬
to A. O. T. Vn’ altro Guglielmo ChoulFrancele nel Libro della Religione
degliantichiRomani,p.id2.incui D R. P.
9 FIOES MILITVM AVG. N. StatuaftolatadellaFedeflantetràdueia-
fegne militari, tenendone una per ogni mano. Di lotto vi fi legge NOST.
10 AETERNITAS AVG. N. Due Figure militari, drittein piedi, guar¬
dandoli vicendevolmente . L’ una ha nella delira una piccola imagme della Vit¬
toria, & un’afta nella finillra; r altra hà un’afta nella delira.
• Il AETERNITAS AVG. N. NOST. Callore, e Polluce ftanti colle afte,'
r uno nella delira , l’ altro nella finiftra , tenendo cialcuno coll’altra mano le re¬
dini del proprio Cavallo . Due di conio differente. Vedefi figurato quello ri-
verlo appreffo Monfig. Agoftini, dial. 2. p. 3 6. n. 1 1 . & il Patini tra le Medaglie
Imperiali piediocri ,e minime di bronzo ,p. 4^ d. n. 3.
M
.5
é
7
%
LVl, Roma»
LIBRO A7(_T 0. CAP. IL jSj
LVI, Romulo di MAjfenziù,
JVO ROMVLO NVBIS CONS. Romulo giovanetto.
__ AETERNAE MEMORIAE. S. . . Qj_ Vn Tempio aperto in due
parti , lopra di cui vedefi un’ Aquila . Riverfo differente da quello , che s’ hà fi»;
guratoappreffol’Angeloni^p. 3<56.n.8. con lotto la nota Q^F. R. 3c il Pa¬
tini tra le Medaglie Imperiali mediocri, e minime/p.45 7. colle lettere R. P,
- - LVIL Liciniano Licinio,
MP. LICINIVS P. F. AVG. Liciniano laureato .'
‘I
SOLI IN VICTO GOMITI. P. T. Apolline radiato con un globo nella
finiRra ,da cui pende un panno: e là deRra inalzata , lotto cui fi vede una Rella .
a La raedefimaifcrizzione, e riverfo, colle note S. F, •. T.
3 IMP. C. VAL. LICIN. LICINIVS P. F. AVG.
lOVI CONSERV. AVG. Giove Rantc con unFulmine nelIadeRra, &un*
aRa nella finiRra. ^
4 lOVI CONSERVATORI AVG. d* Giove in piedi, coll* imagine del¬
la Vittoria nella deRra , un’ aRa nella finiRra , & un’ Aquila da piedi con una co<«
rona nel roRro . Riverfo figurato dal 6ico,p 55. ma lenza i' AVG. n. comd
pure appreffo il Patini tra le Imperiali, p 459.n. I. ^ ^
5 lOVI CONSERVATORI. SH ANTO m’Giovc , come nella
precedente, con una figura,'quafi captiva, fedente a luoi piedi. Adduce queRo
riverfo il Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri, e minime, p.4d8. 0.2. come
di Medaglia di Licinio il giovane , figliuolo di queRo . £ l’ Angeloni io propo¬
ne come cavato da Medaglia d’altra ifcrizzione, colle note SHRB. p. 3^7. 0,3.
d DOMIN. LICINI AVG.
VOT. XX. in una corona.
7 DOMIN. LICIN. VICT. AVG.
yOT. XX. parimente in una corona.
LVIU, CoFi amino luniorè",
> ^OWTANTINVS AVG, CoRancinoga^eato;
V-/ Vittoria gradiente, coir ali fpiegate,& un captivo a piedi, fenza letteci
re. Pierebbe dalla Indetta ifcrizzione dubitarli coli’Occone, che queRa Me¬
daglia Riffe di CoRantino Magno, fé non la faceffe credere più toRo dei giovane
refferei! riverfo fenza lettere, che in quelle del Magno non mancano, e’I ve¬
derli la faccia dell* Imperatore molto fimile a quella, che nelle feguenti Meda¬
glie fi feorge.
2 CONSTANTINVS NOB. C. CoRantino radiato:
yOT. XX. in una corona.
3 CONSTANTINVS IVN. NOB. C. CoRantino coll’ elmo in teRa.'
BEATA TRANQyiLLITAS,&in un Cippo
il Patini trà le Medaglie Imperiali mediocri , e
vo
TIS
XX.
Riverfo figurato appreffo
minime, p.47o.n.4.
4CAESARVM NOSTRORVM.epoi VOT. X. in una corona, c P;
jTR. Figurato dal Bieo,p. «56.
5 GLORIA EXERCITVS. MHAOB. due figure militari con gli elmi in
capo,e coli’ aRe nella deRra dell’ una, e nella finiRra dell’altra, tenendo nel
mezo loro due Infcgne di guerra due di conio differente ,
6 GLORIA EXERCITVS, colie figure del precedente riverfo, e lotto lo¬
ro CONST. in legno che quefta Medaglia fù battuta in ConRancinopoli .
7 CONSTANTINVS IVN. NOB. Coflanano laureato.
Kk
GLO-
jStf MV$ E 0 c Q S P l Ali 0
GLORIA EXERCITVS. S. SIA. Due figure militari , come foprà^ Vnodi
quelli rivcrfj diligentemente figurato fi vede tra le Mcdaglielmperiali di me¬
diocre, e minima grandezza del Patini, p. 470.11.3. colla nota S, IS. interpre¬
tata signatum lìfria,
LIX. Ccfixnte,
I I^JL. IVL. CONSTANS NOB. CAES. Cofiante laureato;
Jr PROVIDENTIAE AVG. rEdifizio,comenelleMedagliediCoftan-
tino Magno Padre di Coftante, colle note fottoferittevi I. M. R. A.
^ a D. N. CONSTANS P. F. AVG. Coftante col diadema.
.FELIX TEMPORVM REPARATIO. Figura militare, che conduce un fan¬
ciullo a mano, tenendo un* afta nella finiftra . Tre riverii di conio diverlo^e tutti
differenti da quello,che s’ hà figurato apprelTo il Patini tra le Medaglie Imperia¬
li , p.472. n. j.
3 GLORIA EXERCITVS CONST. Due figure militari colle afte, e gli
Scudi, & un fegno da guerra nei mezo loro. 11 Patini nel luogo fopracitato,
n. I. ne propone una lenza il CONST. mainluaVecc S. M. ANI.
LX. CoUanzM II,
1 /^ONSTANTIVS NOB. C.
v.^ . VOT. XX. in una corona;
3 CONST ANTIVS P. F. AVG. Coftanzo col diadema.
gloria EXERCITVS. A.R.P. Due figure militari, delle quali l’una colla de¬
lira, Paltra colla finiftra tégono un’afta,e nelle altre mani uno Scudo per ciafehe-
duna . Nel mezo di loro fi vede un fegno da guerra, col Labaro da elTo pédente,
3 REPARATIO REIPVBLICAE. A. P. Figura ftante con un globo
nella delira , & un p io nella finiftra .
4 D. N. CONSTANTIVS P. F. AVG. Col diadema ingiojellato, ed a
tergo A. in altre a.
. Figura militare in piedi ,con un’ afta nella finiftra , & una imagi¬
ne , come di captivo, fedente a fuoi piedi.
5 FEL. TEMP. REPARATIO. Figura militare con un ginocchio fopra
una figura equellre prollrara . T rè bellilfimi riverii .
6 Le medefime lettere, e figure, colle note P. ON.
7 Simile ifcrizzione , eriverlo, coll’aggiunta di quelli caratteri in fondo
CONSTA. Di quelle ve n’ hà otto , due delle quali fono di conio differente .
8 Lo ftelToriverfojConabalfo A SIS. S. I.
9 Altra con S. M. K. £.
10 Altra con S. M T. S. B. e quella s’hà figurata appreffo il Patini tra le
Medaglie Imperiali mediocri , e minime , p. 476. n. 4.
11 L’ifcrizzionefudetta , coll’ Imperatore haventc nella finiftra il Labaro
col fegno p. & un globo nella deftra, e fopracllo la Fenice, flando in piedi in
una nave ,al di cui timone fiede la Vittoria . Sotto la nave feorgonfi quelle note
A. T. Riverfo figurato appreffo r Agoftini,p. 1 5. n. 5. colle note R. D.
e tra le Medaglie Imperiali del Patini, p.472. con R. P.
12 D. N. CONSTANTIVS IVN. NOB V.
FEL. TEMP. REPARATIO. ASIS. Collcfiguré.come nella quinta;
13 D. N. CONSTANTIVS IVL. overo IVN. NOB. C. A.
FELIX TEiMP. REPARATIO. ANE. Il riverfo della decima, di conio però
differente.
14 FL. IVL. CONSTANTIVS NOB. C.
GLORIAE EXERCITVS. Due figure militari , con due Infegne, e lotto effe
CONST. 15 Simi-
L l B R 0 A R T 0» CAP, Uh 387
15 Simile ifcrizzione,c rivedo, colie nere . . MNA.
16 VIRTVS AVGG. S. F. O. P. TEdifìzio, eh’ effigiato fi vede nelle
mentovate Medaglie di Coftantino Magno , e di Coftanre .
17 D. N. CJ>lSTANriVS P. F. AVG. Coflanzo con un* A. dopo la
fella, e davanti *.
HOC SIGNO VICTOR ERIS. AESIS. l’Imperatore in piedi, in atto dì
cammare con un Labaro nella delira, in cUiil facro carattere Da tergo fi ve¬
de la Vittoria, che tiene la deflra inalzata per coronarlo. R vedo figurato dal
Bieo,p.<55. &apprefror Agoftini,p. i6.n. i. & il Patini, p. 476.0. 6. delle
Medaglie Imperiali mediocri , e minime di bronzo.
L XI. MagneJi^o .
I N. MAGNENTIVS P. F. AVG. Magnenzio laureato, con on’ A;
JL/* da tergo.
gloria ROMANORVM. Figura equeftrecó una della (opra la tetta del Ca¬
vallo, & un’ atta impugnata nella dettra,in atto di ferire un Soldato proftrato, lo
di cui Scudo, e l’atta rotta fi vedono fotto i piedi del Cavallo, e lotto quelli A. E.
2 IMP. AE. MAGNENTIVS AVG. A.
FELICIA . REPARATIO. Figura militare in piedi fopra una nave,
coir Imagine della Vittoria nella delira , & una bandiera nella finittra , in cui fi
vede efprefiTo quefto venerabile carattere P fotto la Vittoria fi feorge un’ A.
Regge quella nave una Donna fedente col le mani al timone . Sotto la nave fi
legge TR. P. cioè, come interpreta il Patini, Treveris -^ercuff. Medaglia al¬
trettanto ben confervara , che rara .
L X II. Giuliano .
I 1^ N. FL. CL. IVLIANVS P. F. AVG. Giuliano efpreffo fin al pet-
to, col diadema.
SECVRITAS REIPVB. Toro di belliffimodifegno, con una della tra le cor¬
na , & un’ altra fopra le fpalle , fimbolo dell’ Oriente, e dell’ Occidente ; davan¬
ti a cui il vede un’ uccello , che fembra un’ Aquila , con una corona nel roftro .
Sotto a quetto fi legge S. CONS. cioè Signatum Confi antinopeli . Quel Toro
da taluni credefi figurato per lo Dio Api de gli Egjzii.di cui fù di voto G aliano,
dopo bavere apoftatato dalla Fede Cattolica . Altri lo congetturano ef pretto in
fegno dell’ ufo de’ facrifizii cruenti, eh’ egli fi pregia va d’haver rcttituiro, fa¬
cendo talvolta fvenare a cento a cento 1 buoi a’fuotfalfi Dei. In pnpr-fito di
che Ammiano Marcellino di lui parlando nel lib. 22. no òche hoFlias fanguine
plurimo ■. aras crebritate nimia perfundebat tauros aliquoties immolando centenos ,
2 Simile ifcrizzionc , e ri verfo , colle note A NT. F. Rivet lo differente eneo,
nio, e di note non folodai precedente, maanco da quelli che vedonfi figurati
appretto Monfig. Ago(li.ii,dial.2. p. 49. 0.3.6 dial. 5. p. 175.0. 3. & il Pauni tra
le Medaglie Tnp p.480. n.i. Da quali notali l’opinione d’alcuni.che quel Toro
fia figurato per lo Dio Api : il di cui culto promotte Giuliano dopo haver empia¬
mente rinegato !aS.Fede,e meritato il miferabil fine,ch’ei fece, dado occafione
di cantarne Deferter Fidei fuccejfit ApoHata nofirx
lulius , infanus deditus aufptciis ,
T>um fubigit Gallos AtiguHi nomen adeptus
CongrLjfus Perfis , vulnere raptus obit .
LXIII. Valentiniano ,
I rN N. VALENTINI A NVS P. F. AVG. Col diadema;
U* SECVRITAS REIPVBLICAE. La Vittoria in arto di caminare coti
una corona d’alloro nella delira, & un ramo di palma nella finiftra, e fotto
Kk 2 i piedi
5«« M y S E 0 C 0 S P 1 A N 0
i pitdi alcune lettere, che non hdiftinguono. Ve u’ na vu c. è conii differenti,
2 Simile i/crizzione, enverfo condivjiragj^io ShOVN^iA.
LXIf'. Valente.
I N. VALENS P. F. AVG.
1 3‘ SECVRITAS REIPVBLICAE. La Vittoria, come nelle precedenti
di V .icntinianofratellodi Valente, coll’aggiunta d’multelia. 4. u.fitreuti*
a Simile ilcrizzione, e nverfo, con SECVNDA.
3 Le ftelle parole, e figure, con STIRT.
4 Le mede lime lettere, &imag/ni, con ASIS
5 GLORIA ROMANURVM. Figuramilitatc 10 piedì.con un’ afla nellaJ
finillra ,e la deftradiftefa fopra una figura, che Icaibru dj captivo , lotto cuifi
legge TEST. Medaglia rara.
6 Simile ifcrizzione,e nverfo, con SMACS. e l’afia della figura militare
adornata del Labaro, in cui J*. come in una figurata app ello l’ Agoitiui , p. 1 d,
n. 3. differente da quella, per haver le note UB. SiSC,
LXV. C razziano.
» jTX N. GRATIANVS P. F. AVG. Graziano coronato col diadema, &
1^* efprefTo con tutto il petto.
REPARAIIO REIP. Figura deH'Imperatore in piedi , che porge ladcftts ad
una figura giacente inatto di follevarla, mentre la Vittoria volandoli dopo le
fpallc,rnoRrad’ incoronarlo . Sotto vi li legge S. CON. cioè Signatum Ccn-
iiantinopoli .
a REPARATIO REIPVB. FiguramilitarediGrazianoin piedi,coll’ima•
gine della Vittoria nella finiftra, e la deftradiltefa verfo una figura genuflcilu in
atto di follevarla : efotto S. M. R. P. Senza le quali note fi rro^a figurato que-
ftoriverfo appr-’flo il Patini tra le Mcdag'ielmperiali medioc. e min. p.486. 2.
3 GLORIA ROM ANORVM. Graziano col Labaro fegnato del gioriolo
carattere de’ Ci ifliani nella finiltra, e la dcftra diRcla lopia un capuvo inginoc»
chiaro. Patini loc.cit.
LXVI. Magno MaJ/ìmo ,
I jr\ N. MAG. MAXIiViVS P. F. AVG. Maflìmo col diadema.
!_/• HEPARATIO REIP, Maflìmo in piedi, porgendo la deUra ad una
donna inginocchiatagli avanti. Nella finiftra tiene una piccola iroagine della_
Vittojia,che moltra di coronarlo . Medaglia minutiflìma,di gentiliflimo conio.
LXVIl. Teùdojìo 1,
1 N. THEODOSIVS P. F. AVG. Teodofio figurato con tutto il petto.
JL/‘ REPARATIO REIPVB. Teodofio Primocoirimagincdella Vitto¬
ria iKfiu finiltra , e la delira portaad unadonna genufiefla , in attodi follevarla ,
comenella/cconda MedagliadiGraziano: ciotto A SIS. C. foifi ASifeien-
Jibus cufum . Rivcrlo figuraioapprtflo il Patini tra le Medaglie Imperiali, ma
code note S. . M, . .
2 vONCORDIA AVGGG. Sratuagaleatafedcnteconun’aflanellade-
flra,& un globo nella finiflia, e quinci e quindi ♦. K. ciotto ANTT.
3 ViCfORIA AVGVSTORVM. CON. La Vittoria in piedi. Medaglia
d’oro piccola , donata da D. Teodoro Bondoni.
LXV III. Arcadio.
* N. ARCADIVS P. F. AVG.
. ATAGIT. Figura militare in piedi con un’afta nella
delira, la parma nella finiftra , e da tergo la Vittoria alzante la delira in attedi
porle fui capo una corona d’alloro. Sotto vili legge CON5. P. fi-rfì Condao-
tinopoli percujlum. LXIX, One-
L/TRO ^ P A \ r 0. CAP. //. iS9
LXIX, Onorio ,
N. HONORIVS P. F. AVG. Onorio Coronato di Tenia.
• VRBS ROMA ...INO.. Statuamilicareinpiedi. Mcdagliaaflai
confervata , e non men rara .
a VICTORIA AVGGG. Imagine dell’ Imperatore con un Labaro nellaj
deftra , un globo nella finiltra , c ’1 ginocchio Ranco lopra una figura proltrata ,
c quinci M. e quindi D. e lotto COMOB. Medaglia d’ oro tra quelle della
Galena di Caia del Sig. Marchefe, deftmace al Muleo . Trovali quello riverfo
figurato apprello l’ Agoftini , dia 1. 2. p. 54. nu 2. e nella Roma Sotterraneadel-
rArringhi,P.II.lib. Vl.cap XXIII.n. 14. ove per lo captivo lotto i piedi del-
ITraperatore intende il Serpente Tartareo, e l’ Idolatria conculcata, pretenden¬
dolo aìlufivo a quel detto del Salmo. Super afpidem, & hajìlifcum ambulabis,
^ conculcabis Leénem, Draconem .
LXX. Giu Bino 1.
ji N. IVSTINVS P. AVG. MezafiguradiGiuftino.coirimaginedcI
JL^* Mondo nella deftra , e la Croce foprapoftavi .
Iin una gran corona, come d’alloro. Colla medefima ifcrizzione, t*
* T imagine di Giuftino giovane, e nel ri verlo un’ abbreviatura compofta
d’un’ H. R. B. in una corona d’alloro. Iene vede una d’oro del me-
defirao Imperatore tra le Medaglie della Galeria del Sig. Marchcle , de¬
sinate al Mufeo.
D. N. IVSTINVS P. P. AVGJ Meza figura di Giuftino, come (opra. Con
quelli caratteri nclriverlo.
.BJ
NIKO.
LXXI. Eraclio,
t DD. NN. HERACL . Meza figura d’Eraclio in faccia , ronJ
quelle di Coftantino, e d’Eraclione fuoi figliuoli, una per parte . Ha
yerrivcrlo.
LXXII. GìuB intano .
j» r\ N. IVSTIN. : ; . LNCLl. ...
MlJ* La giudico di Flavio Anicio Giuftiniano, di cui l’Occone
mentova una Medaglia con quella ifcrizzione , e ri verfo, p. 3 9 J.
n D. N. IVSTINIANVS P. F. AVG.
3 Altra colla medefima ifcrizzione yC quelle lettere, e caratteri
liclriverfo. La qual trovali figurata appretto Giulio Lipfio lib. III.
de Cruce cap. XVI.
Nel riverfo vi fi fcorgono alcuni caratteri confufi .
LXXIII. CoflantCt e Cojlantino .
I DH. NN. CONSTANS ET CONST. . . . AVGG. Duemezefigu-
f c di Coftance , e di Coftantino , nell’arto in cui le figurarono il Goitzio in gran¬
de, p. CI. &il Panvini in piccolo ne’ Falli Romani, p. »4^.
LXXIF, Cojlantino , forjt /’ ultimo ,
t BASILE. CON'iTANTINN. Due meze figure de’ Collantini.
t IHS XPS REX REGNANTIVM. Meza figura del Salvatore , colla-
Kk 3 deftra
IJÒ M y S E 0 0 S P ì A N 0
dcftra in atto di benedire, & un libro chiufo nella finiftra, fignificantc per avven¬
tura quel libro (errato, di cui fà menzione S. Giovanni nell’ Apocalille . Figurò
quello ri vcrlo il Bieo , p. 68. 11 primo , che facellc icolpirc nelle Monete T ima¬
gine di Grillo noftro Signore c fama che fuHe r Imperator Giovanni Zimifce;
come racconta Cutopalate nel fine della di lui vita il quale fiorì del 970. Delle
quali fe ne vedono molte ; e nel Mufeo fi trovano le lottonot ate ,
fatte per mano di molto cattivi Maellri ,con caratteri Grccolati-
ni lignificanti lESVS CHRISTVS REX REGNANTIVM.
Dall* altro canto v’èmeza figura del Salvatore con diverfi ca¬
ratteri confali.
La fudetta meza figura del Salvatore dal diritto, conqueRo
riverfo.
Del dritto d’ una di quelle Medaglie fe ne vede il difegno nella^
Roma Sotterranea dell’ Arringhi, P. II. lib. IV. cap. XLVil.
pag.407.
E qui finifee la ferie delle Medaglie antiche de gl’ Imperatori , e Cefari, che tro¬
vo nelMuleo; come che Tane di batterle, nata può dirli, e crefeiuta con il do¬
minio Romano, col medelimo ancora cadelTe, naufragando anch’elTa in que*
diluvi di Barbari , che l’ Italia inondorono , e le belle Arti , colle Cittadi intiere
dillrullero . Di che fe n’ hà miferabile efempio nella ruina d* Aquileja elprelTa
nella feguente Medaglia d’
K^ttiU Re de gli Vnni.
TTILAS REX. Meza figura d’ Attila, colla teda orribilmente cornuta:
il cui terribile alpettopalefa la fpietata crudeltà dell’animo, che infor*
mòno.
AQVILEIA. La Cittàd’ Aquileja, cui eglidi(lruiredel449. prefala dopo
un’ ollinatoalTedio di tré anni : non perdonando a fello, ò ad età , come avvez¬
zo ad elercitarc tutte quelle maggiori crudeltà , che 1’ humana mente può capi¬
re, Onde vi perirono òdi fuoco, òdi ferro tutti gii habitatori, ch’erano circa
trcntalettemila,come notò il Mofeardo, che figurò, e fpiegò quella Medaglia
nel iuo Mufeo , lib. i . cap. 64. Quindi pafsò quel barbaro ad affliggere di vcrlc
altre Città d’Italia, alpirando all’ in vafione di Roma , per imitar Alarico Re de’
Goti, che quarant’anni prima rhaveva prefa. Ma non gli riufeì il difegno:
poiché intraprefo il viaggio di Roma, & incontrato da S. Leone Papa, vellito
de gli habiti Pontificali, & accompagnato da pochi Sacerdoti, fù sforzato a con-
fellarfi vinto da quella maellà , che , Vicaria di Dio , fin ne’ Regni della Morte è
temuta . Ond’ hebbe a cantarne il P. Sigilmondo Regolo Coccapani da S.Silve-
rio Chierico delle Scuole Pie, come fi legge nell’Arte Epigrammatica dclP.
Carlo da S. Antonio di Padova , cap. 5. p. 1 2 1 . n. 1 .
PoB varias Vrbes % foft plurima Regna fuhacla
Romulidum fedes Attila inire parat. ’
Jam^ Romane^ tremens fervili brachia ferro
IngeriSt & mifero colla f ubarla }ugo ,
Dia/ed era Leo venientibus ob\ieit y atque
{^r matas Scythia, terret ab Vrbe feras.
Hunniaeas contemne fer as t Romahe y potentis y
t^d qua confugias , ora Leonis habes .
Medaglie
L l "S i 0 ^PàRTO. CàP. ttL $91
Medaglie di Donne Augufie l
Cap, li, 4_
/. ۓulU Figliuola di Cefare , Moglie di Pompeo Magno',
I I VLIA C. C. F. POMP. VX.
‘ ^ Senza ri verfo.
j IVLIA C. CAES. F. POMPEI MAGNI.
Senza riverfo. La figurò diligentemente il Vico nelle Donne AuguftC) p^ao^
£d il Mariani foccoicriiTe alla di lei Statua , Star. Rom. 1. 1 . ep. 62.
Uac pereunte perit Roma concordia Patrum,
lulia Cafaris ejlt Patria Cafaris eli.
11. Livia Moglie d* Augjio '.
'1 'niETAS. Imagine belliiTima di Livia lotto (cmbianza della Pietà} vela«^
MT ta. Figurata dal Bieo, p. 17. &appreffoi’ Angeloni,p. jp,
DRVSVS CAESAR TI. AVGVSTI F. TR. POT. ITER.
2 SALVS AVGVSTA. CosìftaIottofcrictoal!’effigiecredutadiLivia,in
memoria della Statua drizzatale dall’ adulazione de* Romani inhabito, c (otto
nome della Dea Salute. Figurata col la precedente dal Bieoj&appreffo l’Ange-
loni ne’luoghi lopracitati. Hi dall’altra parte TI. CAESAR DIVI AVG.
F. P. M. TR. POT. XXIIII. S. C. nelmezo.
3 I VSTITIA . Ta e è la fottoferizzione , che in altra Medaglia fi legge lotto
il Ritratto giudicato di Livia, figurata per la Giufiizia, in memoria d’altra Statua
drizzatale da’ Romani, perefprimetequejlaDeità medefimata con Livia. Hà
dall’altro canto riferizzione TI. CAESAR, &c. come nella precedente^.
£ quella , e quella figurata fi vede tra le Medaglie delle Donne Augufte del Vi¬
co, pag. 48.0 5 d. &appre(IoilBieo, el’ Angeloni ne’luoghi fopramentovati»
Anzi quell’ ultima trovali parimente figurata apprelTo Guglielmo du Choul nel
Libro della Religione de gli antichi Romani, p. j 16. come riverfo però cavato
da Medaglia d* ilcrizzlone differente da quella , che pure in alcuni caratteri è di-
verfa da quella, che figurali, e (piegali dal Patini tra le Itnpecjaii mediocri ,6
minime ,p. 67. nu. I.
II/. f^grippina Maggiore
1 A GRIPPINA M. F. MAT. C. CAESARIS AVGVSTI. Effigio
bclliffimad' Agrippina.
S. P. R. MEMOHIAE AGRIPPINAE. Il Carpento tirato da due Mule.
Medaglia di metal giallo, d'elquilitilfimo dileguo •'figurata' dall’ Angeloni,
p.40. e dal Patini nel Feloro, p. 142.
2 AGRIPPINA M. F. MAT. C. CAESARIS AVG. NERONIS. Di
metallo Cotintio.
MEMORIAE AGRIPPINAE. IlCarperfto, come (opra, ma d’altro conio.
Ri verlo figurato dal Vico , p. 94. Benché però fiano di bronzo quelle memorie,
non perciò è per datar meno di loro quella, che ne lalciò Bartolomeo Torcolet¬
ti, cioè Agrippina Ma\or t Tragoedia. Romx excudebat LudovicusGrignaous
MDCXXXIX. 8. Cumponimenco di rutta perfezione in quel genere.
IK Giulia Figliuola di Tito .
1 fVLI^ AVGVSTA. IIcapodiG.uln.
j| pietas PVBLICA. figura della Pietà ftante colla delira in atto di
pòrgere qualche cola ad un fanciullo , che le llà da piedi , e la fimllra alzata in..,
cui
ipì ^ V s n 0 c 0 s p i N 0
cui tiene una patera , ò caneftro pieno di varie cofe . E' Medaglia rara non meni
covata dall’ Occonc, nè dal Vico, e differente da quella, il di cui riverfo s’ hà
figurato appreffo Monlig. Agoftini , dial. 2 . p. 3 1 . n. 6.
F. Domini» , M di Domiziam .
,OMITIA AVGVSTA DOMITIANI IMP.
’D
L
DIVI CAES, MATER. S. C. Doraizia fedente avanti un’ altare
colle fiamme accefe in atto di facrificare a Celare luo figliuolo già morto , e
deificato. La figura il Vico, p. 20(5. • ‘
VI. Sabina, d' Adriano.
\ Q ABINA AVGVSTA HADRIANI AVG. P. P.
^ S. C. Imaginedi Doanaledentecon una sferza nella delira, & una fa<^
celia nella finillra.
VII. Lucilla , M. di L, Elio ,
VCILLA AVGV^sTA.
FECVNDITAS. S. C. Statua della Fecondità ledente, con tré fan¬
ciulli ,uno al petto, gli altri un poco maggiori in piedi. Figurata appreffoTA-
goftinijdial.a.p. 78. n.4, cl*Afigeloni,p. 152.0. d.
^ HILARITAS. S. C. Figura ftante dell’ Allegrezza, con un ramo di pai-’
ma nella delira ,& un cornucopia nella finiftra .
3 . S. C. Figura (lolata in piedi con una patera nella delira davan*'
ti un'ara , fopra cui arde il fuoco .
Vili. Taufiina Magiore»
1 TJAVSTIMA AVGVSTA.
17 FECVNDITAS. S. C. Imagine della Fecondità in piedi, con un’
afta nella delira, & un fanciullo nella finiftra. Figurata apprelTo l’ Agoftini,
dial. 2.P.78. n.5.
2 VENVS VICTRIX. S. C. Statuadi Venere vincitrice, in piedi, conJ
una Vittoria nella delira , c lo Scudo nella finiftra , quale m’occorfedclcrrver la
in un’ Oda delle Lodi di Bologna , antifto. 3.
Oi/'* ITtfAXaV, turi XvTfìt
E*r«xA«f , a!t rofit^dt ,
OÌA <ì5cLveu'a.v
l’r J/V Aa.jctS'atfieh
Aturtper ir nflrif i\SéIr
A rr/or iufù raKot
T/ I 9(Ì9 yv^rn
'Simra.ra, .
Che tradotti confi fteft’ mt^ifuona-^or
i^chaa non fum Pallas ^ ut putabas ^
Armata nec CitheriSf
J^ualis Athenarum
Divam \am Lacedamene
Ae^ua ftbi arma movere
Cuptentem enimofa rei uditi
^utppe ubi nuda prius
Vtcìt eam, quid non ér
Loricata dchtnc vinceret?
Figurò quello rìverio l’ Angeloni nell’ Iftoria Augufta , p. 1 94. 0.44^
3 . . . S. C. Figura di donna ftolaca in piedi, con un’ afta nelliu
finiftra,
6
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z I B K 0 ^ r A nr o, cab. ih, 395
nni(lra,&una patera, ò p>ù tolto un pomo odia dcftra, per farla conofcere per
Veierc, dovendo in queito rwerlo per avventura leggerfl VENERI AV-
OVSTAE, come IO quello, che figurafidalBreOjp, 43. n. 14.
4 DIVA FAVSTINA.
CERES. S. C. Cercrecon due fpichc pendenti dalla deftra, & una verga.*^
come fembra , da battere il frumento , nella finiftra .
5 AETERNIT. . . S. C. Imagine dell’ Eternità efprdfa in fembianzadi
donna alTiia in un feggio con i I globo fìmbo'o del Mondo nella deRra , e la Feni¬
ce (opra di quello. Figurata dal Bieo.p. 43 n. 18. Scappreflol’ AgoRini,diaI.
2.p.S6.n.6, er Angelonip. 1 75.0. 58
Figura Boiata in pi. di , con un’afta ,ò più toftouna lunga face nel¬
la deftra , e due fpiche pendenti nella finiftra , elprefta forfi per Cere*
re , B eo, p. 43.
Figura ftante con un'afta genicolata nella deftra,e la finiftra invol-
a nella ftola .
Figura fedente con due fpiche nella deftra, & un’ afta nella finiftra.'
F'gura ftante colla deftra diftefa , & in e(Ta alcune , forfi (piche , con
la finiftra appoggiata ad un’ afta. Sembra il fecondo ri veilo figurato
^lalBieo,p,45.
/X. Fauflina Minore ,
1 'nAVSTINA AVGVSr .
J/ FECVND. AVGVSTAE. S. C. Imagine della Fecondità efpreflfa in
fembianza di donna ftolata in piedi , con quattro Fanciulli , uno per ogni brac¬
cio, e due in terra. 2. Figurata dal Bieo, p.^g.n.6. & apprcfìo l’Agoftini,
dial. 2.p. 78. n. 3. l’ A'igcloni ,p. 1514. 0.42. &il Patini tra le Medaglielmpe-
riaìimedocri, e minime di bronzo, p. 248.0.4. Trovali pure quello rìverfo
in Medaglie Latine, e Greche d’argento, figurate appreffo ilChoul nel Libro
delia ReligionedegliantichiRomani,p 158. &.il fopracitato Patini nel Tefo-
ro delle Medaglie più prcz]ole,p. 72.0. 13.
2 FECVNDITAS. S. C. FiguradellaFeconditàinpiedi,conun’aftancI-
la deftrj , & un fanciullo nella finiftra. Angeloni, p. 194.0.41.
3 SALVTI AVGVSTAE. S, C. Imagine della Dea Salute fedente colla
patera nella deftra ,& un’afta nella finiftra. Due dilFei enti rrà di loro, e da quel
riverfo, che s’hà figurato dal Bieo, p. 48. n. IO & apprelTo Monfig. Agoftini ,
p. 73» n. 3. dove la Salute non hà l’afta nella finiftra.
4 HILARITAS. S, C. Figura dell ’ Allegrezza in piedi con un ramo di
palma nella delira, & un cornucopia nella fimft a .
5 . . . (forfi CONe.ORDIAE) S. C. Due figure in piedi , che^
fembrano congiungere le delire, come ir, una Medaglia di Fauftina Maggiore
coll’iicrizzione. DIVA AVGVSTA FAVSTlNA.
6 FAVSTlNA . . AVG. PII AVG. FlL.
. TAS, S. C. forfi HILARITAS, come in altre Medaglie,maflìme
vedendoli in quella 1’ imagine dell* Allegrezza limile a quella della quarta pre¬
cedente, le non in quanto di vantaggio badi lotto un Pavone.
7 FAVSTINAE AVG. PII AVG. FlL.
.HILARITAS. S. C. Figuradell’ Allegrezza in piedi, con unramo dipalma
nella finiftra , eladeftra inattod’accoftarfelaalcapo.
8 VENERI GENETRICI. S. C. Venere in piedi con un pomo nella de¬
lira, &un fanciullo nel braccio finillro, Bieo, p. 48.0. 4.
9 FAVSTlNA AVG. ANTONINI AVG. PII FIL.
S. C.
3P4 M y S E 0 ^ 0 S P t À N 0
S. C. bei Figure di Vergini Vedali (acnfìcanti alla loro Dea coll’ intervento di
una di quelle tanciuiic di lei in diecianni ,ch’erano accettate nel loro numero
per iinpjrarvi iritidcl laci ifìzio, e proteffarvi la virginità. Riverlo gentilmen¬
te figurato apprello Guglielmo du Choul nel Libro della Religione de gli anti¬
chi domani ,p. ai 2. delia traduzzionedelSimeoni.n. i.
10 DIVA FAVSTINA.
IVNO. S. C. Figura ftolata in piedi, con una patera nella delira, & un’afta
nella lìniftra, lenza il Pavone , che in alcune Medaglie della ftefta ilcrizzione fi
vede,comcin un nverfo figurato dal Bieo,p.48.n. 1 j,
11 DIVA FAVSTINA PIA.
CONSECRATIO. S. C. Imagine di Fauftinafopra un Pavone i che volando
fìngedi portarla in Cielo. Riverlo figurato dal Bieo,p. 49. &apprefloi’Ago-
ftiiii ,dial.4. p. i2 2.n. 2, il Choul nel Libro lopracitato,p. 78. &il Patini tra
le Medaglie Imperiali mediocri, e minime di bronzo,p. aji.n. 4.
12 SIDERIBVS RECEPTA. S. C. Figura ftolata in piedi, tenendo in_.
cialchcduna mano una facellaacccla . 2. Riverlo differente da quelli, che fi-
guranfi dal Bieo ,p.49. n. 2. 3. e dall’ An geloni, p. 195. n. 50.
13 . NITAS (forfi aeternitas; S. C. Etfigie di donna Ilo.
lata in piedi, con una face, comelembra, diritta in cialchcduna mano , & il
manto adai (piegato. Colla ftefta ilcrizzioncs’hà un riverlo figurato appreflo
l’ Agoftini ,dial. 2.p. 35. n. 2. ma in efto T Eternità hà un globo nella delira,
{imbolo del Mondo , lopra di cui pola un’ uccello , che ftimali la Fenice .
X. Lucilla Moglie di L. Vero .
VCILLAE AVO. ANTONINI AVG. F. ^
PIETAS. S. C. Imagine ftolata della Pietà in piedi, davanti un’ alta¬
re. Figurata dal Bico,p. jo. nu. a. & appreftol’ Agoftini ,dial. 2. p. 32. nu. 2.
el’ Angeloni , p. 200. n. i<5.
2 SALVS. S. C. La Dea Salute in piedi, colla patera nella delira davanti
r altare , lopra cui fi divincola il Serpente d’ Elculapio j & un’ afta lemplice nel¬
la finiftra.
3 VESTA. S. C. LaDea Vefta in piedi, col fuoco eterno lopra l’altare .
RiverlofìgurarodalBico.p. 50. & apprello l’ Agoftini, dial.2. pag. 80. &1I
Molcardo nei luo Muleo , 1. 1. c. 6. p. 1 2,
X /. Crifpina Moglie di Commodo ,
1 ^RISPINA AVG, . . . IMP. COMMOD. . . .
SALVS. S. C. La Dea Salute ledente colla patera nella delira, in
atto di lacrifi iare ad ELulapio ,che in forma di Serpen e fi vede llrilciar lopia_.
l’altare. Ha la finiftra appoggiata alla parte più eminente del Seggio, lopra
cui Ita afilla .
2 CRISFINA AVGVSTA.
IVNO LV* ina. S. C. Fgura di donna in piedi con una patera nella delira^
& un cornucopia nella firiftra.
3 LAEUTIA. S. T. Imigine ftolata dell’ Allegrezza in piedi, con una
ghirlanda nella utftiapiegata al bado, & una verga , come lembra, nella lìni-
fira , con CUI rocca uo globo. ApprefiorAgoftini,neldialogo 2.p.75.n. 3. e
i’Angeloni,p.a 18.0.44. fi vede clprcftacon un vomere,ò timone nella fiiniftra.
Xll. Giulia Me fa.
VLIA ma ESA AVG.
L
■I
SAECVII FELICITAS. S. C. Figura ftolata, che afflfte ad un’altare^
tcncudo una patera nella delira, & un cornucopia nella finiftra, col legno del
Sole ,
L 1 É K 0 ^ V:A RT 0. CAP. ìli
Sole , ò d'una della . Sioiiietivedoin alcune Medaglie d’ àrgenco di Mela aio-
ftra la Felicità con un’alia nella lìnidra > in vece del Cornucopia i come heUali*
gura, che fc ne ha ne* dialoghi deir Agoftihi, p. (5i. n. 2.
XIII. Giuli/t JifAmea,
i f VLIA MAMAEA AVGVSTA.
J[ FECVND. AVGVSTAE. S. C,? Donna fedente , con un fanciullò
davanti, cui porge la mano.
2 FECVNDITAS AVGVSTAE. S. C. Donna in piedi, con un fanciul¬
lo dante da man dedra, & un cornucopia nella lìnidra. Riverlo figurato ap¬
preso r Agodini , dial. 2. p. 78. nu. Se il Choul nel Libro della Reiigione de
gli antichi Romani, p. 1$ 8. .
5 FELICIT. P VELICA S. C. Figura dotata in piedi-, con un Caduceo
nella dedra inalzata .e la Anidra appoggiata ad una colonna. .Ve n’hà cinque
di tré conii differenti , Halli parimente il medelìmo riverfo in alcune Medaglie^
d’argento, coir ilcrizzione IVLIA MAMAEA AVG. FELICITAS PV-
BLICA, figurato apprelTol* Agodini ,dial. a.p.éo.n. 3. e dal Eleo, p. 56.0. 2.
4 VENERI FELICI. S. C. Imagine dolata in piedi, con un* ada nella
delira, & un fanciullo nel braccio Anidro. 2.
. ND. . i . . . forfi FECVNDITAS PVBLICA, come in, altro;
S. C. Vnadonnaconun fanciullo, effigiali forfi per Mamea, &Alellandro Se¬
vero fuo figliuolo . Sopra il code! nomecosi fcherzò il Mariani nelle Statue di
Romalib. I. cpigr 199.
Si Mamnf£a vocor, nunquam Mammo fa vocahorl
Augura fcelus eli ^ ex f onere peSius apertum.
XIK Marzia Otaciìla , Moglie di Filippo Magiore \
1 /^TACIL. SEVERA AVG.
V.^ PIETAS AVGG. S. C. Donna ledente con un* ada nella Anidra^
porge ido a Jedra tctuefahciullini ,cheledannodavanti. Rara.
2 MARCIA OTACIL. SEVERA AVG.
CONCORDIA AVGG. S. C. La Dea Concordia alfifa in un feggio colla
patera nella dedra, e due corni di dovizia nella Anidra. 5.
3 4 PIETAS AVGVSTAE. S. C. Figura dolata della Pietà in piedi;
colla dedra inalzata. Quattro differenti. Io una la Pjetahàun’aradavanti,Si*
mile riverlo Agurafi dall* Agodini, dial. 2. p. 3 t.n. 7.
5 PVDICITIA AVG. S. C. Figura dolata della Pudicizia fedente con un
badoncello nella Anidra, e la dedra in atto di coprirA la faccia col velodclca*
po. Figurata dal Eleo, p. 58. dcapprcffol* Agodini, dial. 2. p. 77.0. 2.
6 SAECVLARES AVGG. S. C. Vno Ippopotamo, òfia Cavallo fluvia¬
tile . Riverlo figurato dal Eieo, p. 5 8. & apprelfo l’ Agodini , dial.5. p. 1 64. n.2.
ma con lotto all’ Ippopotamo la nota II II. che nella prelenre Medaglia non A
vede. Oiqueda Auguda parla un Marmo in Forlimpopoli, citato da Pietro
Maria Cavina, eruditilfimo Iftorico di Faenza, neììniaà Faveniiu» antiquijji~
ma Re^io, rediviva , con quefta ilcrizzione , p. 1 37.
’ “ MATRI OlVM -
MArTiA OTACILLA Ay«;
“ ' ■ D. "
MATRI DEVM
i TAVROPOUVM.
컫
. 3m y s s a c 0 s p / 4 n o
H
J7'. Erennia Etrufcilla, F . di T rA)ano Decio I
ERENNI A HETd VACILLA AVO. Tetta a’ Erennia figurata in una
meza luna .
PVDl^-ITIA AV'G. S. C. Iraagine ftolaca della Pudicizia, aflìfa in un leg¬
gio, la quale colla dtft a pigliando parte del velo, òde’ capégli.fà atto dico-
i prirfì il volto, Ncllafinittra tiene un’afta fcmplice. 3. Kiverfo figurato ap¬
pretto rAgottini,dial. 2. p. 77.n. 1.
- XVI. Cernelid Sdonin* Moglie^ài Gallieno,
-I QALONINA AVG.
- O PIET AS AVG. Effigie della Pietà in piedi davanti un* altare i Riverfo
differente da quello , che s’ hà figurato appretto l’ Agoftini, dial. 2. p. 33. nu. 7.'
cr Angcloni,p.325,n. 19. „
, 2 VENVS .... forfi FELIX, benché in alcune leggali VICTRIX. Sta¬
tua di Venere in piedi , con un pomo nella delira , & un’ atta, come Icmbra, nel-
"lafiniftra. Le^o più rotto FELIX , che VICTRIX, non havendo quella
Venere il ramo di palma nella finittra, come in altre Medaglie di limile ilcriz.
alone, che rapprefentano Venere fedente. Medaglia trovata nel Territorio
B liognefe nelle ruine dell’ antica Claterna , e donatami dalla cortefia dei Con-
.te Valerio Zani, Nipote di Monlig. Zani Vefeovo d’ Imola , Cavaliere non mcn
chiaro per Nobiltà di fanguc , che per lullro d’erudizione .
3 CORNELIA SALONINA .....
IVNO REGINA. S. C. Figura di donna in piedi con una patera nella delira,
& un’atta lemplice nella finittra. Riverfo figurato appretto rAngclonineli*
IttoriaAugutta» p.325. n. iS.
HelU Monete ConfoUri, & àltre antiche Romane',
Caf. IV,
Tl4.i4.e./i. T A gran quantità , che fi trova a’ notiti tempi i de* metalli coniati ne* primi
i ^ Secoli di quella invenzione, ricevuta con applaulo da tutto il Mondo, hà
fatto credere che tutti fervittero per Moneta . Ma le congetture, e le oflervazio-
ni de* più dotti in quella materia, hanno fatto conolcere, che le Medaglie legna¬
te coll’ Effigie de’ Principi, non furono a ral’ufo ba tute, ma folo acciòche in ette
rettatte memoria all’età lutteguenti de’ Perfonaggi, in onore de’ quali erano fia¬
te coniate, come beo dimottrano alcuni, e fpezialmentc l’eruditittìmo Sebattia*
no Erizzo in un Difcorlo di quello argomento . Per lo contrario lervivano a
(penderli folo quelle , che da principio furono improntate coll’ imagine di Gia¬
no bifronte da un lato , e d’ una Prua di Nave dall* altro ; delle quali le ne trova
gran numero ; ò che porrattero impretta la figura d* un Majale , ò d’ una Pecora
(che a noftri tempi non veggonfi) donde nacque il primo nome generale del de-
najo, Pecunia: overo che futtero legnate colla tetta armata di Roma da un la»
to,econuna Biga, ò Quadriga daH’aitro, dalla Vittoria fovente guidata; per
lo che chiamavanfi Nummi Rigati , Quadrigati , ò Vittoriati , come per lo più
fono quelli , che furono battuti al tempo de’ Confoli Romani, e che in gran par¬
te de’ nomi di quelli , ò d’ altri Officiali della Repubhca fi leggono imprtffi , ol¬
tre 1’ effere non di rado marcati colla nota X. propria del denajo, che valeva
dieci affi , c corrifponde va al Giulio Romano , che fimilmente vale dieci bajoc-
chi: od havevano quello legno V. confueto del Quinario, ch’era la metà del
denajo, l’uno, c l’altro femprc d’argento, come l’affenon era che di rame.
Che peto non per Medaglie , ma per Monete fi notano le feguenti del M ufeo .
Mone-"
Monete Confolfiri J* 0rgenio\
C4/. K
I, Cé)o Confidio Peto,
P^ETI. Teftadi Cajo laureata, fop^.un* altra teda, che fembra di donna:
i’ una , e r altra figurata in profilo dalla fìniftra .
CONòIOI. fottofcruto ad una- Quadriga . Il qual rjverfo figurato fi vede
nelle Medaglie deilaFamiglia Confidia, num.j.trà le Romane dell’Orfini,
lenza però le due tede , che fanno .cop.ofcere quefia dalle fue differente nel co¬
nio . Fù quello Confidio Peto Queflore contro Milone nella morte.di Clodio .
II, Ca\o Egna>ule]e, . ^ -
C. EGMATVLEI. C. F. Q, Sua teda laureata con faccia giovanile.
^OM A. fottofcrittoair imagine alata della Vittoria, cheflàin piedi fcriven*
do in uno Scudo pendente da un trofeo d’ arme » Onde apparifee haver quello .
Cajo Egnatulejohavuto qualche infigne Vittoria, della quale però nonfeno
trova notizia , non effendovi chi di collui favelli . Anzi nè meno alcuno di lua
famiglia c mètovato da gli Scrittori antichi,trattone 1* Egnatulejo.forlì di collui
figliuolo , celebrato da Cicerone nella terza Filippica . La figura F Orfini, p.9 1.
. Ili, Caio Memmio.
C. MEMMI. C. F. Telia giovanile, cinta di falcia, òlla diadema. In una
limile figurata dal Goltzio,p. 1 96. la tella è di donna, & ha C. M EMMl V S C. F,
C. MEMMIVS imperator. Trofeo d’arme, a cui legato vedefi uà capti¬
vo inginocchiato. Figurato appreflo l’ Orfini tra’ denari della famiglia Mem¬
mia, ai fecondo luogo, p. 158. Dove nota,chci nomi replicati in quella Mo¬
neta lignificano due perlonc differenti, cioè nel diritto, un figliuolo di Lilone
Pacrenfe,addotrato da C, Memmio Imp, Eperc:ò giufta le leggi dell’addoz-
zioncchiamaro C. MEMMIVS C, F. Enelriverfo,C, Memmio Imp, il Par
dreaddottivodel precedente, il quale fù figliuolo naturale di Lucio, e non me»
no del Genitore Orator famolo, come attelìa Cicerone, chiamandolo arguto :
grande amico di Lucrezio Poeta, che aluiindrizzòilluonobililTimo Poema
della natura delle cole, Acquiltò il nome d’imperatore, mentre commandò
nella Bitinta j d’onde ritornato a Roma, fù pofcia confinato nell’ Acaja, dova
s’ addotto li Indetto figi molo di Lilone , in cala d : cui cortefiirimainente era lia¬
to ricevuto, c trattenutovi, Cic.in Bruto , id.iaepilì.adSer.Sulp.
IV. Caio Norbano.
C. NORBANVS. Telia, come lembra, di donna, dopo cui fi feorgono;
quelle note XXXXVIIII. Hànclrivcrlo
V na bpica, 1 Falci , & un Caduceo , lìmboli di Pace , di Giullizia , e d* Abbon¬
danza , che principalmente fiorirono ne’ tempi d’Augullo, di cui leggefi, che
quello Morbano falle Collega nel d. cimo Conlolato , l’anno di Roma 729. Fi-
gurauna Moneta limile l’ Orfini, p. 176. n. i. ma ne’numeri Imperiali , legnati
dietro la tefta , non elprefle altro che XXXaE come fece anco ilGoltzio,p.i92.
donde appare quella efierediverla da qtieila, Opnòlla al big, Marchele il Sig.
D. Teodoro Bondoni, Fiorentino. ,
V. Cajo poUumìo .
La telli di Diana ,.dopo le cui (palle fi vede l’arco, e la faretra .
C, PJSrVMI. fcritto lotto! piedi del Cane da Caccia, in/egna di Diana, iti
atto Jj correre velociflì mamence. Denaio,come può congetturarli, battuto in
pccafione de’ giuochi fecoUri , benché di collui tiiuno antico faccia menzione s
Li ' ' " ‘ come ,
H ^ S Ji (f e S P i 4 ìt 0
come nota 1* Orfini, apprefTo 4i cpi nelle Fatnigiip P*3 1 9, nia.. baffi figu*
rato il prerente denaro, che fi trova parimente effigiato apprefio Guglielmo da
Choul nel Lihf. della Kelìg. de gli antichi Rom. p.83, dove lotto i piedi del Cane
s’hàclpreflounofpiedodiliclo, che inquefta Moneta non fi difiingue>come
corrola dal tempo,
FI. C4)9 Sniffa fi',
D. P. P. cioè P/i Leduetefte laureate dc’Pei Penati,
C, SVLPICl, C, Ff l,c dite finagini armate, e ftant» de* Dei Penali, con un*
alia nella mano di ciafcheddnQ,e lopra di loro la nota d*un P. Nel mezo d* amen-
due vedefi r effigie d’ una Porca giacente, che per ayveotpra lignifica quella, che
in ILavino partorì j trenta Porcelli bianchi a buono augurio d’ Fnea : la quale in.
fieme co’ Dei Penati dal medefimo portati in Italia , fu per molto tempo conler*
vata , e venerata in (.avino , ferivendo Varrone a quello propofito, 1. s. c. 4. de
re Ryft. fy f/ta àUud fnijfc ffrikimr , quod Sus Aeneé Lavini
tri^infx porcos pepa fi aUfQU cittfid por terfderif, fall um\ triginta annis
ut Lavinie ff/ef andereni Ql>idunf ^Ifiam* Hh]HS fnftf ac perctrupa etiam nune
t>efligia apparent ; ]am tfc Jìmulnaet eornm etnea etiam nunc in^ puhlico pejìta ,
^ corpus matris ak facerdotil^us^ a pad in falfura fuerit, defpon^eatur , Onde
può congetturarli quello C. Sulpicio elTere liato nativo di Latrino , maxime ac¬
cennando Tacito, che quella famiglia v’hebbc il domicilio: ò fullc egli quel
C. Sulpicio, figliuolo d^ un'altro Cajo, che fù Conlolc cpn M. Claudio Marcel¬
lo r anno di Roma DLX>C>f VII, come pretendono alcuni ,* ò più tofio C. Sulpi¬
cio Platorino, come volle l’Qrfini, che figurò quefiocon altri denari del in¬
detto nella feconda tavola delle Monete della Famiglia Sulpicia in primo luo^
go,p.s54. lofigorò pureilGoltzÌQ,p.95,
f7/. T>ecio Silano ,
Teq.T di Roma,colla celata, dietro cui fi feorge la nota V, propria del Quinario,'
N La V ittoria , ^he guida un Carro tirato da due Cavalli , tenendone
D.siLANV^ j ella le briglie in mano , Sopra le quali figure fi vedono le ludctte
d note numeriche, c lotto i piedi de’ Corficri le altre parole. De-,
nqo dilfcrente daquello , che s’hà figurato appreso l’ Orfini nella Famiglia lu-
nia,tav,3,n. r.p, ii7. pofciache in quello v’c latefta gakatadi Romaìfnz*
f ollana, in quello dell’Orfini fi vede (4 iella torquata di D. Silano* addotta'»
nella Famiglia Manlia de’ Torquati , In oltre il denajo dell’ Orfini a d-fferenza
di quello non è legnato colla nota V. ma in (ua vece moAra un’ A. e di vantag¬
gio lotto la biga, oltre D. SILANVS hà F, come in uno figuralo dai
Goltzio. , p, 1 59.^c indica D. Silano efiere fiato fratello di M# Silano, ConCole
Fanno di Roma DCXLIV,
FflM, Cahinifi^
. ABJNIVS S, F, credo debba leggerli G^BIN^VS, che fard fia
Aulo Gabinio Legato, mentovato da Livio* Tre imagini di Soldati a cavalla
in atto di correre. Dall' altro lato
ROMA, con una teda di donna 1 Madagiiarara, non veduta 4aU’Qi'fini.
LR ^nejfi Cornelio Lentulo,
I Telia barbata, coll^clmo,c Palla dietro le (palle ,
CN. LENTVL* Vn Cocchio tirato da due Cavalli retti dalla Vittoria, fattoi
quali fi leggono le Indette Icttctf, penajjQ. come femfira ,allufivq all’ ev^aio-
nedi quello Lentulo , quando entrò in Roma con mille cinquecento peli d* oro,
ritornato dalla Spagna citeriore, dov' era (lato P.roconfole|Coraeftrive Livio.,,
Halli figurato apprcQoFgrfinlncUitfitimi tavola delie Monete della F- migliai
|Corqelia4p,iri*Q*4. % T«fi9
L I ^ ^ 0 'SPARTO. ۈP. r. >99
2 Tetta laureata, fenz’ altro, forfi di quelto Lentulo,
CN. LENT. La Vittoria,che (Là in atto d’imporre una laurea fopra un trofeo
d’armi. Anco quettodenajos’hà figurato appretto i’Orfini, nella lopracitau
tavola , in quinto luogo .
X. L, Lucrezio Trione.
Tetta gio vanile radiata ,forfi di quefto Lucrczjo Trione ^
L. LVCRET. TRIO. Luna crelcente, circondata da feiftelle, le qualìatpàiìì
rcr dell’ Orfini , che fece figurar quefto denajo in fecondo luogo tri quelli della
Famiglia Lucrezia, p. 145, rapprefentano i’afterifmo del Settentrione, pec.
avventurafattoquiviettìgiardaLucrezio, per alludere all’ origine delfuo co¬
gnome, fcrivendo inquc'fto propofico Varrone nel fello Libro della Lingua La¬
tina , antiquos rudicos frimttm notaj^e quadam in coelo fìgna .qua fr A''
ter alia erant injìgnia ^atque. ad aliquem ufum cultura tempus defignandum coni'
•venire advertebantur . E queis Jtgna funt quod has Cepitm flellas Graci,ut Ho^
merus vocat £na.^<tvj ^ propinquum e\us Jlgnum BowVifr? nofiri eas feptem flellas
Boves , ér T riones , & prope eas axem . T riones enim , é‘ Boves appellantur à
bubulcis etiam , nunc maxime cum arant terram : e queis ut dióli valentes gle¬
barii , qui facile profcindunt glebas : fic omnes , qui terram arabant , a terra,
teriones: unde T riones , ut dicerentur a detritu. E non molto dopo. Bojfent
Triones dici feptem', c^tod ita fit a fella terna trigona faciant.
XI. Lucio Memmio Gallo.
ROMA F. Tetta di Quirino, òdi Romulo, figurata in profilo dalla finittra,'
con fotto legnati da un lato i precedenti caratteri .
L. MEMMI. > Biga , ò Cocchio tirato da due Cavalli , fopra i quali vola la
GAL. 1 Vittoria, che prefenta una corona d’alloro à colui, che guida
il Cocchio; efottoaquefte figure v’è l’ifcrizzione propotta. E forfi quefto
Lucio Memmio è quello , che tra nobili Scrittori numerato da gli Autori fi tro¬
va , Padre di Cajo Memmio fopramentovato , a cui Lucrezio dedicò il fuo Poe¬
ma. Dicoftuifi trovano alcuni denari figurati appretto l’ Orfini, p. i j8. Tra
quelli però non ve ne hà alcuno , che in tutte le note confronti con quefto ; che
però ha del fingolare .
XII, Lucio Tifone '.
Tetta laureata di L. Fifone trà due noce Y. limili a quella, con cuigli Aftro-
nomi legnano 1* Ariete .
L. FISO FRVGI -j Figuraequeftre in atto di correre velociflimamente,coh
P jTji X un ramo, che ferabra di palma nella fitiiftra; fotto vili
* * leggono le fudette parole. Fùcoftui il primo, che dalla
parfimonia riportaffe il cognome di Frugale , come nota Cicerone nell’ Orazio¬
ne prò Fonte'jo. E quella figura equettre ind ca i giuochi Apollinari, che net
Magiftrato di C. Calpurnio Pretore Vrbano furono ittituiti dal Senato per cele¬
brarli in perpetuo, allo fcrivere di Livio, 1.26. ^ FISO FRVGI
Denajo ditterentedaquelIo,chefigurail Goltzio, p. 144, con cxxxxv.
XIII. Marco Valerio Eonte\o.
M. V. FONTEI. Nave di bel lavoro, con lotto un’ F. dall’altro canto vi
fono le tette di Cattore , e di Polluce, colle due loro ftelle lopra il capo , e ’l le¬
gno del denajo X. incerlecato da una linea ; le quali Itelle vi lono elprettc per ef-
lere quelle propizie a’naviganti . Onde Orazio i.i.carm. della nave di Virgilio
Sic U diva potens Cypri,
Sic fratres Helena, lucida flderay
Ventorumque regat pater.
Li i
Viene
400 U y S E 0 C 0 S V l A H 0
Viene fìguratotrà denari dellaFamiglia Fontejadeir Orfini in fecondo luogo^
p. loo. dove foggiungecfiere quefto qu el M. Fontejo, in difefa di cui orò Ci¬
cerone: il quale fù figliuolo di C. Fonte jo Capitone, Confole Tanno di Ro¬
ma DCCXX.
XIV. Marco Vargonte\o.
M. VARG. Tefta armata di celata, folto il cui mento fi vede la nota del dc-
na;o X.
ROM A . Quadriga retta da una figura , che nella delira tiene un ramo, come di
palmi . Trovali eifigiata apprelTo TOrfini , p. 2 7 1 . Fù quefto Vargontejo Lega*
to di Marco Graffo nella guerra Panica , come fcrive Appiano .
XV. Marco Volte]o .
M. VOLTEI. M. F. Cerere Tedifera nel carro tirato da due Dragoni. In
propofitodi che vedali Ovidio 1. 5. met.e Claudiano 1. i.de Rapt. Prof.
Telia della Dea Libera coronata d’ellera, come notò Teruditiflìmo Orfini, fi¬
gurando quella Moneta tra quelle della Famiglia Volteja in terzo luogo, p.286,
&offervando infieme che di quefto M. Voltejo niuno antico là menzione. Da
quefto denajo però, e da altri, eh’ egli propone in figura, potrebbe congetturarli
Sacerdote di Cerere . Trovali quella Mon età pariméte figurata appreffo l’ Ago-
ftinidial.5.p. 172.^4. & il Choul nel Libro della Religione de gli antichi Ro¬
mani, pag. 134.
XVI. Puhlio Clodio.
Telia giovanile radiata, dietro la quale li vede il legno d’ un’ I.
P. CLODIVS M. F. Luna crelcente attorniata da cinque ftclle. Chi fia co-
flui non appare da* Monumenti de gli antichi, non effendovi chi lo mentovi, co¬
me pure notò TOrfini, che figurò quefto denajo biella feconda Tavola delle Mo¬
nete della famiglia Claudia, in primo luogo p. 6 1. Onde nulla di certo può dirli
della cagione, per cui faceffe in quella Moneta figurar la Luna, colle ftelle;
s’egh per avventura non haveffe voluto alludere alTaflerifmo del Settentrione ,
come L. Lucrezio Trione raccordato di fopra . Egli però ne’ tempi di Celai e fù
Prefcttodella Zecca, come offervòTOrfini dalTifcrizzione d’ un’altro denajo
del medefimo, ch’egli propone in figura nella lleffa tavolain terzo luogo,
XVII. Fabio Labeone .
LABEO, in faccia ad unatefta galeata, dietro cui fi legge ROMA.
Q:. FAB. L. . . foffi L. F. Quadriga , ò Cocchio tirato da quattro Cavalli,
lotto 1 piedi de’ quali fi vede effigiata una prora di nave , e lotto quelle figure le
precedenti note. Figura un limile denajo il Goltzio , p. 1 23 . lenza notarvi L.
F. come pure fa l’ Orfini .diedi vantaggio tralalcia la parola ROMA, p. 93.
Il che fà credere quefto differente nel conio da quello. Fù Q^Fabio Pretore
Tanno di Roma 564.Gonlole del 570.6 Pontefice del 573.
XVIII. Termo .
Tefta giovanile con bella celata in capo, adornata d’ un ramo d’ alloro^
Q;^ THE. ... e deve dire Q^ THERN. M. F. come nelle più confervate
di quefto conio fi legge, lotto le imagini di due Soldati combattenti , nel
mezo de’ quali fi vede quella del^ terzo, giacente, come caduto. Figurata^
appreffo 1’ Orfini tra le Monete della Famiglia Minucia in quinto luogo,
pag. 164. come appartenente a Qj^ Minucio Termo , figliuolo di Marco:
lotto di cui Giulio Celare, che fù pofeia Dettatore , militò da giovanetto
nell’ Affa, e nell’ efpugnazione di Mitilene riportò dal medefimo la Coro¬
na Civica, allo feri vere di Svetonio, in Cjef.c, 2.
XIX. spn-
l I B R 0 4 y À R T O ; ' «ifc r» 4ò i! „
XTX Spurio Aframo. '" )
Tetta galeata di Roma, con a tergd'iàho^àX. confucra del idena/o, ’ '
S. AFRA. Biga, ò Cocchio tirato da due Cavalli guidati dalfa Vittòi*ìaù^
che ne tiene le briglie nella lìniftra, e nella deftra lo ftaffile alzato . Sotto if Ven.
tre de’ Cavalli correnti fi leggono le propofte abbreviature del nome di Spurid
Afranio, lotto le qiiali dovrebbe leggerfi ROMA, ma iltempo ne hà rofi iVà-
ratteri . Nè altra memoria fi trova di cottui, che il prefente denajo , figurato api
pretto 1* Orfini, p. 12. n. r. Dalla qual Moneta fi cava, che il prenome di Spili
rio anticamente feri ve vafi con unS.folo. Halli parimente di cottui una Mone*
cadi bronzo, di cui fi fave Ila a luo luogo.
XX. Incerte', .
[i rx Enajo bigato, fenz’ altre lettere, che ROMA, fottòferitta alla Biga'»
colla tetta galeata di Roma dall* altro lato,
2 Denajo incerto, coll’impronto d’ una prua di nave da un lato, ed* una
mafehera dall’ altro ; quale appunto vedefi in alcuni di Cajo Panfa , figurati ap¬
pretto rOrfiru,p. 131.278. 280. Il che era fimbolo de’ giuochi Cereali folitia
celebrarli nel Teatro col concorfo de* Poeti , che garreggiavano di perfezione
ne’ loro componimenti , come notò Dione , Ub. 47.
3 Incerta Moneta, ò Medaglia d’argento, in cui da una banda fi vede una^
tetta d’ huomo , con diètro il Lituo : dall’ altra una, ò due imagini equettri , che
non bene fi diftinguono; fottole quali fi legge | o 1 v i A | Mt I . Non trovali
tra quelle deli’ Orfini, nè d’altro Antiquario, eh’ io babbi veduto.
4 Sono tutte quelle Monete d* argento , di grandezza mediocre ; alle quali
vanno limili nella molediverfe Medaglie parimente d’argento , thè nei corfo
delle Imperiali fi fono deferitte.
Monete Latiae antiche di bronzo ,
Cap. ri.
'1 Rà le Moneteantiche di bronzo, le prime, che fi fpendeflcro nel Lazio»
furono quelle legnate colla tetta di Giano bifronte da un lato , e d’ umi
prora di nave dall’altro, introdotte da Giano ftettb, che fù il primo a batter
Monete di rame , regnando egli con Saturno nel Lazio'molto innanzi l’ edifica- ,,
zionediRoma. Onde Girolamo Caravagigi, che fùl’OVidioCremonele «la-
feiò fcritto ne* luoi Falli , lib. I . V. 409.
lanus erat Latiis quondam celeherritnus orisi
Et qui coujilio fape ]U'varet opes .
lUe dedit Regi Saturno regna., domofque:
Nam pater imperiis ah ìove pulfus eratl ^
Signavitque locos., regni prafcrtpjìt honorem %
^tin etiam HVMMIS VELA, RATE M^E dediti
Cum quibus athereo fugiens "Saturnus Olympo
latrar at latias , rege jubente, domos,:
1 II qual Giano, al parere de* migliori ingegni; riOìi altri fò, che Tanticò
Noe , che appretto i poderi potè lortire il nome di Giano dall’ Ebraico /«r», che
fignificail v!no,dicuiegli fù l’inventore: corrifpondendo beniflìmO'alla di
lui Iftoria le fudette Monete, mentre colle due faccie alludono all* ha;e^ egli
vedutoli Mondo vecchio, e nuovo, dopo il diluvio, e colla nave raccordano
la generazione humana da lui falvata nell’ Arca , fi come và difeorrendo l’ eru-
ditilfimo P. Silveftro Fietrafanta nel lib. 2 , de Symbolis heroicis ,c,i, fcrivendo ,
' ' LI 3 ' n
V Ai r s r 0 c 0 s p i A N o
yt dicam, ^u»d miht •verof/miltus eli^ lanus Noe fuit, eamque ei af>pe lationem
dedit vox Hebraa lain., idefi vtnum, cum Noe fuerit vinea , ac vim repertor ;
quoniam itaque ab ipfo univerfa hominum poflerttas fervuta, é" propagata eli\
idcirco ob ingentis beneficii recordationem in nummis fcnlptus Noe , feu lanus ,
Ijp biceps quidem fuit, nam utrumque Mundum, i^eterem, cjf novum fpeciavtt ,
qp^N.ultus geminos habstijfet: fed é" additur rojlrum navis, ejus nimtrum, in
qua cum Noe, & Uberis e)MS feliciter hominum natio , velut redama, in com~
pindium.,, gubernante Dee, navigavi.
3 Di fimiU Monete fe ne vede gran copia nel Mufeo , parce delle quali non
cfTendo improntate di carattere alcuno, trattane la teda di Giano , e la nave, pof-
(ono giudicarli ftampate innanzi rcdificazione di Roma ; le altre, come battute
dipoi, portano imprelTo il nome di ROMA (come le battute da Romani nella
prima guerra contro Cartaginefi, al riferir di Plinio, lib. 23.) e talora quello
d’alc,unPerfonaggio Romano, al di cui tempo furono coniate. Ed in caecan¬
to più convenevole fembra l’ impronto della nave , quanto più aggiuftato fimr
^olo di Roma ella riefcci mentre quella, appunto come nave , quando fù ret¬
ta da negligenti nocchieri , portò pericolo di naufragio : ma governata da vigi¬
lanti Piloti (comeanollri tempi) godè ogni licurezza di calma. Onde può
dirlene con Pierio Valeriano, lib. i.Od. i.
Dum Roma fummam rerum habuit potens,
Dumqtie Imperator jura dabat probus,
/Equata cunSfis in verendo
Cultu habita, celebrata navis.
Tofi quam furore, civium, (fi hoHium
In longa adauSio facula, funditus ,
Everfa Roma eB , (fi T r ir emis
obruta in his latuit ruinis.
4 Pare che fuffe di quello penfiero quel Cavalier Romano, che a Cejonio
Albino ( quegli che meritò il nome di Collante, da cui furono denominati 1 Co-
Rantini da lui di/celì ) perfuadendo la difefa di Roma pericolante (otto GaHie-
no, cosi hebbe a dirli, come lofi parlare Francelcofiolognetti Senator Bolo-
gnefe, c Poeta Eroico, che de’ Fatti di Collante ne tefsè nobile Epopeja.
La Citta noffra è come una gran Nave
pi merci carca, e di piu genti piena,
che mentre fpira Zefiro foave ,
Sicura, in porto fi conduce a penar
Ma s' Auftro fofla impetuofo, e grave,
E che faccia ofeurar I' aria ferena.
Conf ando il Mar , bifogno allor d' accorto
Necchier le fa, che la conduca in porto .
Ma fe da tal\Nocchier negletta, viene
Lafciata in preda a 1' Aujlro , a la tempefia",
Hor verfo il Cielo, (fi hor verfo le arene
Se n va per coffa in quella parte, e in qttejla.
Talché alfin fianca, al Mar ceder conviene, (fic.
5 Quelle Monete lì fpende vano in Roma fin nell’Imperio d’ Adriano : di
che n’c indizio il gridar Capo, ò Nave, che facevano i fanciulli d’ allora, quan¬
do elercitavanli in quel giuoco, che pure oggi giorno collumafi, di gettare in
alto la Moneta , & indovinare qual parte nel cadere rimanelle di lopra .
6 Di quelle Iccondarie coniate da’ Romani fono le leguenti^di
/. Cinna.
t / 3 K 0 ^ P A ■\T 0, W. 4e||
f ' 4
/. Ciana,
Tefta di Giano Bifronte.
CINA , (opra il roftro della nave. E quella Moneta forlì appartiene àJ^.Cin?
na, che fù quattro volte Confole; ò al di lui Nipote Cn. Cornelio, figliuolo
di L. Cinna ^ che chiamali L. N. cioè Lacii Nepos ^ e fù Confole con L. Vale¬
rio MelTalaVolufo l’anno di Roma 757. Nè importa, che fia fcritto conua-
femplice N. CINA, perche,come avvertì Quintiliano, era uGtatilfimo il non
raddoppiare le femivocali,fcrivcndofi sifena, SuU^ e Luculus ^ Simile river*
io , col dritto d’ una tefta galeata s’ hà figurato apprello i'Orfini , p. 75.
IL Lucio Murena.
L. M VRENA , improntato (opra il roftro della nave ,c’ hà di lotto ROMA,’
c dall’altro canto Giano. Ne publicò la figura TOffini tra le Monete della Fa¬
miglia Licinia, elfendoiMureni ramo di quella, Fù L. Murena Confole con
D.GiunioSiIanorannodiRoma5pi.afavoredicui habbiamo una orazione
di Cicerone .
Ili, Lucio Saufeio .
1 L. SAVF. fopralanaveroftrata, collateftadIGianodairaltroIato. Fa
di coftui menzione Cicerone lib. i.epift. 5. e lib, 7. epift. i. ad Attico. Mone¬
ta figurata apprelTo l’ Orfini , p. 2 3 2.
2 Simile Moneta d’altro conio.
IV. Lucio Surdim ,
L. SVRD. fopra il roftro della nave, che dall’altro Iato hà il capo di Gia¬
no. Hà quella Moneta del raro, non facendone menzione I’Orfini nel fuo librò
delle famiglie Romane, ove tralafcia quella di L. Surdiao.
V. spurio Afranio,
S. AFRA, fopra la nave roftrata, colla tefta confueta di Giano dall’ altro
canto. Dicoftui vedali ciò che fen’ è fcritto di fopra con occafione d'altra di
lui Moneta, tra le Confolari d’ argento riferi-a di fopra .
VI. 4^into Tizio.
Q. TIFI, fopra il roftro della nave d’ aliai buon conio , colla tefta di Giano
dall’altra banda . Ve n’ hà due di ftampa di verfa . Ne porta figura l’OrfinLp.i^r.
7 Senza la tefta di Giano fono le fulleguenti di
/. Tizio fudetto.
TIFI. Così leggefi fcritto foctot piedi d’ un Cavallo Pegafo, che ftà in
atto d* alzarli a volo . Dall’ altro lato hà la faccia in profilo della Vittoria, dopo
le cui fpalle fi vede un poco d’ ala . Il Pegafo , con i caratteri cfprelfi fotto i di
lui piedi ,par che alludano aFizio Poeta mentovato da Orazio lib. i. epift, 3,
Vedali 1 Orfini , che ne propone la figura nel fopracitato luogo .
Il, Marco Metello. r
M. MEFELLVS. Così ftà Icrittonel fianco della nave cpftrata, eh’ è bellif-
fima, fottocui ROMA. Oall’altrocantofi vede una tefta giovanile colla fpò^
gliaLeonina. Fùqueftifigliuolodi Metello il Macedonico. Frovafi figurata
quella Moneta apprello l’ Orfini, p. 39; & il Goltzio, p. 93.
8 Senza Giano, & il nome di qualche Perfonaggio Romano, fono le fegucti.
I. Colla nave, e dall’altro canto una tefta fola, XVII. cioè.
II. Con tefta armata d’elmo, forfirapprefentante Roma, 4.
III. Con tefta coperta di fpoglie di Leone, 2. Delle quali fe ne hà bella fi¬
gura apprello Monfig. Agoftini , p. i o. n. 3.
iV. Con tefta coronata di Diadema. 6. ^
V. Con tefta di donna, le quali molto meglio efprimono Roma difarmat^
che "
- % V S E O ^ € 6 S P l A ’N 0
che quella commentizia Medaglia, di cui favella Girolamo Catena ,1. 6. Poem.
14, fcrivendo Ad Ioannem 'Ba.ptiJiAm Alexium de qtiodtim numifmate dono da,,
lurf qucd ROMA appellatur ,
Hoc magica iUt perhibent ^cjl arte Numifma repertum
Monte, uhi fatidica voce Sibylla canit.
Certa canit ventura viris, antro que remugit,
• ^^od propius Patria cernitur effe mea.
Roma ibi nuda fedet , galea fpoliata fuperbà]
Membraque nequitia non pudibunda tegit.
Scilicet bac magis exercet tua bella. Cupido \
' Mars pater egregia pellitur urbe fua.
Tu'folus revocas virtutis femina, Alexi,
Et refides animos evehis ipfe polo.
Terte quod vetuit dilapfi injuria fac li
Antiquas vires fumere Roma potejl . ’
Tantum in te viget hic Romani fangutnis ardori
Propterea à nobis hac tibi ROMA datur .
VI. VRBS ROMA. Mczafiguradidonnaarmata,coll’clmoincapo,cf-
preffa per Roma guerriera . Hà dall’ altro canto
La Lupa con Romulo, e Remo lattanti . Alla quale allufe l'Elogiaftica Pen»
na di Pietro Ercole Belloi , fcrivendo nella gloriola Spoglia del Leon Bargelini
p. iS.elog. 2. in lode di Monfig. Pietro Bargelin» , Arcivcfcovo di Tebe .
Hac efl Lupa cicur,
1 w^uA feritate in regibns educandis exuta,
^ Oves infidi ari defuevit,
ajiuevit laiiare ,
Trovali qùeRa Moneta figurata apprelTo l’ Agoftini , dial. 3. p. 93. 0. 8.
VII. INVICTA ROMA. La Lupa , come fopra . Di quella ne propone
bella figura il Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri , c minime di bronzo,
■p. 2. dove notaeflere Rata battuta al tempo di Collantino Magno .
' Colla medefimaifcrizzione. Due braccia, che foftengono un’elmo.
Vili. Con teda armata di celata da un lato, ed un Cavallo dall’altro, con-.
ROMA, I. ;
IX. Con teda coronata di falcia , ò fia diadema , da un lato , Se un Cavaliere
‘dall’ altro . 3. Quella è l’ infogna antica di Spagna ,come fi vede in molte delle
Medaglie incognite Spagnuole della Biblioteca del Dottor Francefeo Ximenes
d’ Vrrea , Capellano di S. M. e Cronifta del Regno d’ Aragona , figurate, e pu¬
blicate nel fine del Mufeo delle Medaglie Incognite Spagnuole, dato in luce da
D. Vincenzo Giovanni de la Stanofa, Signor di Figar velas. Rampato inOfea
por Ivan Nogues 1645. 4.
X Con un Cavallo da un canto un Bue dall’ altro, i.
Pef antichi Latini]
Cap. FU.
j I tré onde, colla teda di Roma armata di celata, da un Iato, e la tneza
Jl-/ nave dall’altrocon ROMA.
a D’ un* oncia , con una teda galerata , ò pileata da ogni banda .'
3 Di raez’ oncia con una Rapa da un lato , & un’ Ancora dall’ altro , colle no{
fc Imperiali VI.
Meda-.
LIBRO A RT 0, CAP» Pili. 405
Medaglie d' Hmmiai illujlri Latini^
Cap, Vili.
/. Ca\o Capio ,
CCASSIVS. Contornano quefte Ietterei’ effìgie di CajoCaflIo, figurato
• con tutto il petto in età giovanile. Non hà riverfo . Medaglia figurata
Zita' Aula Heroum del Conte Giacomo Zabarella, p. 104.
II. Crifpo Saltili io.
SALVSTIVS AVTOR, Meza figura togata di Saluftio, di grave afpettor
PETRONI PLAGIAS» ò più torto, come altri legge, PLACEAS. Trèfigu-
re togate in piedi . Medaglione di bronzo di mediocre antichità , battuto , per
mio credere alquanti Secoli dopo la mòrte di Salurtio lo Storico da gli Amiter¬
nini luoi Compatrioti in memoria di così illuftre Cittadino loro , come d’ altri
Soggetti hanno fatto diverfe altre Città. Fulvio Orfini, Antiquario di primo
nome , che figurò querta Medaglia nel Libro intitolato Imagines» & "Elogia.
Virorum illujlrium , ér eruditorum ex antiquis lapidibus , & nomifmatibus
expre/fa cum annotationibus, efprimendovi nel rivcrlo MONE . . GEAS,
dubito che apparteneflTe a quel Salurtio , che fù Confole con Leonzio l’Anno di
Roma MXCVII. come nota il Pan vino, cioè quando imperavano Coftantino
il giovane , Cortanzo , e Coftante j e ’l di lui dubbio per verità ficura fù aflferito
daireruditiffìmo Carlo Patini nel fuo Teforo delle Medaglie , p. 1 3 2. dove , fi¬
gurata querta, negò rapprefentare lo Storico, ma piu torto il Conloie . Io però
con pace di tant’ huomo ,ed altrettanto amico mio , mi perfuado, che apparten¬
ga allo Scrittore, e non ad altro Salurtio, non tantoper refempio,e congettu¬
ra addotta, quanto per la parola AVTOR neU’ifcnzzione.
I/I. Cnejo Domi:^'o,
CN. DOMIT. Facciabelliifima della Vittoria, Hà per riverfo 1* imagine
d’ un Bue . Non giunfe quella Medaglia alle mani dell’ Orfini , che però non ne
fà menzione nel fuo difcorfo della Famiglia Domizia, p. 85. Forlì appartiene
aquel GnejoDomizio,chefùEdileCurulerAnnodi Roma 692. fervendone
d’indizio d Bue nel riverfo, come da limile impronto argomenta l’ Orfini in una
Medaglia di L. Li vinejo Regulo jp. 140.
IV. Marco A grippa .
M. AGRIPPA L. F. COS. III. Effìgie di Marco colla Corona Rollrata,^
come pur notòffì nella prima delle lopradelcricte Medaglie d’Augurto,
S. C. Agrippa figurato io fembianza di Nettuno ftante, con un Delfino nella
delira ,& un Tridente nella finiflra. 13. Furono battute quefte Medaglie per
la Vittoria d’ Azzio, nella quale generofamente pugnò Agrippa per Celare,
con cui trionfò, onorato della Corona roftrata; diche Virgilio cantò
Tarte alia ventis, dr "Etiis Agrippa fecundis
KMrduus agmen agens, cui belli infìgne fuperbum
Tempora navali fulgent rofirata corona.
Trovali quefto riverfo figurato appreflol’Agoftini, dial.5. p.145, num.i. il
Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani , p. 99 n. 2. l’ Angeloni,
p. 24. &il Patini nelle Medaglie Imperiali mediocri, e minime, p. 59. num. 2.
dove eruditamente viene (piegato .
V. Marco Bruto .
M. BRVTVS, Teftadj Bruto, lenza riverfo.
VI. Mar.
4oé
MVSEOdOS^lAno
'VI, Marco Fontejo ,
M. FONTEI. C. F. C. . . foriì C N. ò CAPITO. Tcaa di Marco,'
laureata .
Effigie equeftre di Marco in atto di paffeggìare tra due captivi . Medaglia rara,
che non giunfe a notizia di Fulvio Orfini . Quefto Marco Fontejo fembra quel¬
lo , che lù difefo da Cicerone contro M. Plctonio .
VII. Publio Fontejo Capitone ,
Di P. Fontejo Capitone giudico certa Medaglia del Mufeo, la quale da unj
lato hà una telia giovanile colla celata, intorno a cui dall’antichità fono fiate
rofe le lettere . Dall’ altro canto hi una figura equefire in atto d’ affaltare alcuni
pedoni. Verifica tal congetturai’ Orfini, che tra le Famiglie Romane a p. loo.
propone la figura d’ una Medaglia fimile, colla tefia di Fontej'o, intorno acuì
leggeri P. FONTEIVS P. F. CAPITO IIIIVIR.
Vili. Virato .
1 VIRGILI VS MARO. Tefia laurcau di Virgilio.
EPO. le quali lettere fono fatte forfi per iniziali d’EPOPOEV^S, attributo, che *
per antonomafia appartiene a Virgilio non meno di quello di POETA, quella j
è una Moneta antica di rame , battuta da Mantovani , e donatami dal Co. Gaf^ »1
paro Bombaci. \
2 Collefudettelettere,cdairaltrapartcl’imagineradiatadelSole,ven’hà :
tre d’argento.
Medaglie fSrtch e t Regdi\ j J
Cap. IX.
7. Agatocle T iranno della Sicilia !l
iirAaoKÀEosT • V AGATHOCLIS rVn Fulmine figurato tra le due fudettfi
BASIAEOS REGIS. i parole Greche.
. ISSA, cforfi deve dir basiaissa, cioè REGINA, lignificando
per avventura la Moglie d’ Agatocle, mentre que’ caratteri parte rofi, e parte
intieri, fono difpofii intorno la faccia di bella donna. In altre Medaglie del
medefimo v’ è {colpitala tefia con tutto il collo di Diana circondata da quefie
lettere anxEiPA, cioè SERVATRIX, come in quella, che s’ ha figurata ap-
prelTo il Choul nel Libro della Religione de gli antichi Romani, tradotto dal
Simeoni, p. 92.
II. ^.Aleffandro Magnai
AAE^ANAPos . BeIIÌffima tefia d’ Alcllandro , armata d’ Elmo , in cui fi diftin-
guc un Nettuno effigiatovi .
niPsis AA0EISA. AIelIandro,convn captivo davanti, inunCarro trionfale
tirato da quattro Elefanti verfo un* Arco trionfale, ò più tofio la Porta d’ una .
Città , in una parte del quale fcolpita fi vede una Quadriga , coll’ effigie d’ Alef- |
fandro,in memoria di quefto trionfo. Lo precedono la Vittoria volante, uil.
Trombetta, chefuona,&unSoldato,cheporta avanti la di lui Spada vitto-
riofa. Medaglione di metal giallo, di conio efquifito, e di notabile antichità,
non però tale che corrifponda a’tempi d’Alefiandro. 'ìli, dUf. Re dell' Eptrd.
aaisanapot^ . V ALEXANDRI t Mirali trà quelle due parole Greche^
BASiAias j ^ REGIS, l fcolpito Giove fedente,daime20 insù
ignudo, conun’aftanelIafiniftra,erAquilanelladeftra. Hàdall’altro canto |
figurata d’ altro rilievo la tefia d’ AlelTandro d’ età giovanile , coperta delle fpo-
glie Leonine, come fi vede quella di Commodo in alcune fue Medaglie. Tro¬
vali
l t B K O AT(T 0. CAP. IX 4oy
vi(S quefta leggiadramcoce figurata qel Prontuario delle Medaglie • P. i p. i
Caci iViuieodel Moscardo, lib, i,capr 5f p> f i» Ve n*hàtrè beililfimc di metal
(gialiOtCutie differenti di conio da quella» che propolero in figura rAgofiini,
dui. 5» p. 1 40. n. I. dt il Choul net Libro della Religione de gli amichi Roman!»
p»4$. della traduzsione del Sin>eoni, Baffi il medefimoriverfo» dtifciizzione
ancoia alcune Medaglie d* A leifandro figliuolo di Marco AntoniOiCdi Cleopa*
Cra^ nelle quali la di lui cella è radiata ; come in quella» che s* ha figurata appref»
io il Patini tra le Medaglie Imperiali mediocri , e minime > fol, 24.
/r. x^rtemijia ,
<*PTIMIS1AS. Cosi leggefi fopra la btlliffima fabbrica del Maufoleo effigiato
in una Mea^gUa d* Artemifia » la di cui telila velata fi vede efprefia dall’ altra par*
ce » di mano di buon Maeftro .
V, Dìonìfit ,
OiOHTSor SdTHpos ^ APONiTilN» e forfi dcvc leggerli MAPOmTAM»'
cioè DiONYMl SLRVATORIS MARONITARVM. Circondano quelle
parole una beila figura ignuda in piedi» con un panno avviluppato al braccio
uniltro » che tiene , cdme due verghe » e nella delira non sò che indtdinto fopra
unTtipude» Dall’altra parte li vede figurata in profilo latelladì Dionifio»
maellofo, di capellatura riccia, con una corona di grolle gemme tcmpellata.
L'ifcrizzione dim^llra cITerc fiata battuta quella Medaglia da* Maroniti » ò lìa*
no quelli di vi ironea» Città dei Tracia» in memoria dilegnalato benefizio ri¬
cevuto da Dionilìo.
f7. Filippo Ma^tdont,
1 . lAznnoT foprauna figura cqucitre in atto di correrei
Faccia u niippo» d’età giovanile» lenza barba » con capigliatura fafcìata»òfia
coronata ^ • fema»
% ♦XAiTiliOT figura equeftre in atro quali di CQrrere»come nella precedente.
Facciaui attempato» con lunga barba, e capeglirìcci, coronata d’al¬
loro, quale appunto viene elprefia nel Prontuario delle Medaglie, P, 1, p» 127,
E* Me duglia maggiore della precedente: eruna»c Taltra d’ eccellente Maci;
Uro, di metal giallo, di belliffimo conio.
VII. Lifi^nca ,
f A¥Sl|ifAXQT BASIAEAS. Imaginedi PalUdc , ò di Bellona, colTcImo |fli
capo, 4Uiia in un leggio Umpl ce, dietro a cu' Rà appoggiato uno Scudo, nel
quale Icmbra (colpito il telchto di Medufa: nella delira difiela tiene una pic¬
cola figura alata della Vittoria, e dietro il braccio Palla. Le fi fcorgono ap*
predo alcune I inee , che figurano come parte d* un Laberinto .
Faceta écarmà di Lifimaco in profilo, di filonom'a leverà, co’ crini fafeiati , Me*
daglia di bel metaliogiallo,e d’elquifito artifizio .
2 Simile ifcrizzione, e figura di Pa 'a'dp affila in un feggio lavorato a baffi
rilievi , lotto CUI di vantaggio leggefi XAAXA, colle quali pure lì trova figurata
«ppreflo Guglielmo di Choul nel Libro acna Religione de gli antichi Romani,
p. 51, delia traduazione del Simeont. Non vi fono le linee figuranti parte del
Laberinto: e fii vantaggio della Medaglia del Choul, (otto la delira di Tallade
ioltenente (a Vitrqria vi fi legge fAATKOT* Medaglione di buon maefiro colla
Tuccia di Lifimaco più piena, che viciu piecèdente Medaglia *
3 Medaglione deUudetto, con fua faccia in profilo, cinta del diadema rea¬
le , e di vantaggio ornata del corno di Giove Ammone , come appunto (ù figu¬
rata apprelfoT Agoftini,dial,i^,p. i84.nu. I. & il Choul nel Libro delia Reli-
|ÌQae de gli aocichi Romanì,p,$ 1, e nel Prontuario delie Medaglie, F.i.p^
Hà
408 S E 0 e 0 $ T t A fi 0
Hà nel riverfo Pallade armata d’elmo, fedente fopra alcune fpogfie militari;
con una Vittoria nella dcftra,c 'I braccio ftefo (opra uno Scudo, colia Gorgo¬
ne, e quinci BASiAens, quindi atsimaxot. * ^
4 . l’accia di Lifimaco, tenia il corno d’ Aminone .
Aqu.la iti arde,coll* ili diftefe,in atto d^alzarfi a volo,con un fulmine tra* piedi.'
5 B.ASIAEAS ATziMAxoT • Telia di Lìlìmaco , Come nella ptcccdcnte òtatUB
di Liùmacu ledente , con una Vittoria in mano ,
Vili. Lifone .
ATSON. BAziAins. Tcftadigiovane laureato, d’altilTìmorilievo.
AIONTSO AXIPOS. Tré figure di donne danti, delle quali la mezana tiene per
tnano le altre due. Tra di loro fi vedono compartite quelle lettere AnoA, e
lottol’O, viè una fiamma. Medaglione d’argento, che palla uno Scudo di pe-
(o . Figura diligentemente quefto riverfo Guglielmo dii Choul nel Librò della
Religione de gli antichi Romani, tradotto dalSimeoni, p. 139. dove erudita¬
mente interpreta quelle tre figure di donne per le Baccanti, che ballano ^ facen*
do UH prefente a Dionijto ( che così ancora era chiamato Bacco ) con un fuoco /tu*
fegno di facrifiz,ie ,e lettere , che dicono, AI0NT20 AftPOS, cioè Dono a DtonU
yfi?. Cosi egli (piega la teda dall’ altro lato per quella di Libero, interpretando
cosi la parola AT2AN, e dicendolo coronato d’ellera. Màeglinonavvcnì,che
la corona di queda teda, ha vendo le foglie lunghe , e non molto larghe, fi mani,
feda più todo d’ alloro , che d’cllera . Oltre ch’egli non ci efprcffe la parola sa-
ZIAEA2, tìgnificante Rèdi quel nome, (a quale eflendo di calo obi quo inrtjca
inùeme che la precedente AT2an. non fiacópita.ma abbreviata per Ar2nN02.
IX. Mitridate ,
BA2IABA2 1 Vna gran Corona , come diRo/e, che cìnge le fudette parole,
C nel mezo delle quali fi vede effigiato un Pegalo pafeente, con
J ma meza luna , & una della loprail capo.
Faccia di Mitridate in profilo, elprefia con tutto il collo, e ca-
pegh lunghi,
t ricci , fafeiati col diadema Reale, inlcgnabcndegnadichi fù al¬
trettanto gran Medico, che gran Rè /2irr««i,comelcrilTe Patcrcolo,
1.2. femper animo maKtmus, benché viduto fra accidenti edremaraente contrari.
X, Prujìa,
SA2IAEA2 T Statuì ,conie fembra , dì Giove in forma di cacciatore, con un’ada
nROT2ioT_j nella finidra,& un drappo fopra il braccio finidro, & una corona,
come d’ alloro ,ò più tododi quercia , nella dedra didela , (otto cui fi vede l’ A*
quiU con un fulmine tra’ piedi , e le precedenti lettere fatte di punti . Vna limile
Statua di Giove figurata in grande può vederli nel Muf. Molcardo, l.i . c.5.p. 1 j.
Teda maedola di Prufia giovane sbarbato, con tutto il collo, c parte dèlie*
fpalle. Hà la capellatura corta, c riccia, coronata col diadema. Fù Prulia Rè
di Bitinia, circa gii anni del Mondo 3774. per il ludo, e mollizie della (ua vita
fàinofo; da cui fù chiamato Prufiaanco una forte di Bichiere diritto, come col
tedimoniodi Nicandro Colofonie citato nel libro de ys , Prujìa contige^
rune, fcrive Ateneo, Itb. x.Deipnofapb. Spiega eruditamente quella Mcdagiiai
propollale in figura , il Patini nei Teloro, p. 29.
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MI0PA4ATOT
EVnAT0P02
8A2IA1 AZ \
2EAETXOT “
M. 1,
>.niANOT2
XL Seleuco .
Figura flolata in piedi , coli’imagine alata della Vittoria ncllA*
delira. •
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jeda giovanile di Sekuco cinta di diadema;
.1. V . ;:,; ‘ :. Greche t Mon Keg^iyi
i ■’ G^^t ■ Ki
intimo i U diletto d* Àdriano^,
1 bCWAioC ijAPKEAAoc o lEPfixc TOT ANTTNOOT. Facci» d’ Antlnooin
.f)rofi)u,dji àogolar òeilezza,cò capigliatura ricciaiCucto il collose parte del petto.
JTQIC AXAioic ANEQHKI, Bciiiflìma figura ignuda di Mercurio cò i talari a i
piedi> il quale (opra il finiftro braccio tiene un panno» & inmanoil caduceo
alatoycolladefiraftriog^il freno ad un Cav^allo Pegafo , che fi erge eòi piedi
anteriori in alto per volare intorno a cui fono le fudette lettere, che fignificano
Achàiis pe/uit: come le contrapofte s’interpretano Hojlilius Marcellus Antimi
Sacerdos. Medaglione di metallo giallo, d’ eccellente Maefiro, fatto battere in
honore d* Antinoo dal mentovato Oftilio Marcello j. che fùfuo Sacerdote, ifii-
cuito dall* Imperatore Adriano , che lo haveva deificato ; e propofio aJla ven(>
razione di tutto il Mondo,con fargli drizzar varie Statue in ogni Provincia del>
l' Imperio , e fabbricatogli un Tempio in Mantinea , e coniata la di lui imagine
in varie Medaglie d* oro , d’argento ,e di bronzo . Quella s* hà figurata appref-
foMonfig. Agoftiniydial. 5. p. i59.nu. I. & ildu Choulnel Libro della Reli>
gione de gli antichi Romani , p. 208..
2 Telia, come fembrad’ Antinoo, con un Caduceo alato da tergo.'
Due Figure nude , che congiungono le delire; una delle quali hà un panno pen¬
dente dalla fpalla finillra , e>tiene nella mano da quella parte non sò che fembra
r imagine del la Vittoria. L’altra nel la fini lira hauti Caduceo. Siede a piedi
quelle una Figura militare , che col finillro braccio fi follenta il capo armato di
celata . Medaglia molto rara , di mezana grandezza, e metallo giallo , di conio
efquifitOjfenza lettere, ■
/ Incerte:^ Greche.
> \ Gap. XI,
il ; . Jet. nnN. Imagine llolata della Vittoria in piedi, con un ramo di
Palma neda iinillra , & una ghirlanda d’ alloro nella delira, con cui Uà in atto di
coronare un trofeo d* armi , al piè delie quali fi vede come una patera , (opra cui
guizza un Serpente.
7ell* incognita d’ Huomo barbato , colla celata *
2 -Hi in. Vn belliifimo Polpo, conottocirri fpiegati in giro, facendo varii
attorcigliamenti, come nella XIV. delle Medaglie Siracufane figurate, e (pie¬
gate dall' eruditiflimo D. Vincenzo Mirabella, e Alagona , Cavalier Siracufano
nella fua fioritilfima dichiarazione delle Medaglie della fua Patria, tav.a. Da cui
però non cavo luce alcuna alle tenebre di quella Medaglia , c’ha dall’ altro lato
La Telia incognita di bellilfima Donna , figurata in profilo , d’ altiflìmo rilie¬
vo, colla chioma involta in un velo , che fa molte pieghe , da cui cleono alcune
chiocchette di capegli , che piovono attorno il collo , e fopra l’ orecchia delira ,
dalla quale pende come una Perla : fenza lettere . La giudicherei Medaglia , ò
Moneta di Saffo Poetelfa , fe dall’altro canto, non ci fultero i due caratteri ir.
avvegnaché i Mttilcnei batterono Monete coiriraagine di Saffo da uncanto
molto limile a quella, c con un Polpo dall’altro, con lettere mitia, come ap¬
punto vedefi in una figurata apprelTo Fulvio Orfini nelle Imagini, & Elogii de
gli Huo(niniIllullri,& Eruditi, cavate dalle antiche Lapidi , e Medaglie. Al¬
cuni che i* hanno veduta, hanno pcnlato, che tale imagine fia d’ Ippolita Regi¬
na delle Amazoni, congetturandolo , e da* precedenti caratteri perche fo-
' Mra *19
410 M P S'IB 0 € 0 S P U 0
no i primi nel di lei nome ,'c dal Polpo lotto quelli figurato , come indizio, che
ella regnò nelle proprie genti. Polciache , come Icrive Oro Apolline , gli
Egizzii quando volevano fignificareunojche comandi a Genti della propria.*
Nazione, dipinge vanoun Polpo, Non'eflendovi però altro fondamento, non
è d’ aiTerirfi quella' edere Medaglia d’ Ippolita Regina delle Amazoni, tanto più»
che le luffe tale , lembrerebbe convenevole , che la di lei tefta luffe Rata figurata
colP Blmq , per denotarla guerriera . Medaglia aliai grande «e di bel metallo .
; I > • > ' ; ■ .
Monete Grethct & altre Curiofìtk /ìmili,
Cap, XII.
/, Tìe*Chij. ‘
r xinN, Vnoffrumcnto,chelembra Vaio d’acqua,
ÌQBOAos, Vna Sfinge, Quello è l’Obolo. Monfig. Agoftinìne’fuoIDialoghì,
p. 5 . n. 1. ne figura una , in cui la Sfinge nel mezo delle lettere xihn tiene nella
zampa delira anteriore un’ Vrnav& hà nel riverlo accapiot conun’ Vrna.,
aguzza nel fondo , ftante nel mezo di due Allerifchi .
Il, De ' jReginì .
2 PH.. NAN, ò, come riporrei , phiinan. VnoEdifizio.
Tefta incognita cò i capegli legati .
III. De* Neopoliti'.,
3 . . onoAiTnN. forfi NEonoAiTUN. Mmotauro, o fia Toro con faccia
humana, tale appunto qual’ è quella, che fi trova 'figurata tra gl’idoli. Sotto
il ventre hà is. e lotto a quelle le Indette lettere denotanti il nome del Popolo,
che battè quella Moneta , eh’ è d’ àrgeiìto dorata , e dall’ altro canto hà una tefta
di Donna bellilfima . Simile a quella Moneta ne figura una l’Agollini, diai 5.p,
1 5d. n,4. e p.i dj. n. r. nella quale s’ h ì elpreffa una Vittoria in atto di cotonare
il Minocauro,lotto cui fi legge NEon*AiTHS. a, c fotte la tefta della Donna
IV, De Tur li nella Magna Grecia.
I eoTPiAN. Vn Toro in atto di cozzar colle corna, tenendo però il ginoc¬
chio deliro anteriore piegato in terra , con una linea , che lo lepara da un Pelcc
de’ lunghi, effigiatoli lotto i piedi,
Tefta incognita , ma belliffìma , d’ huomo giovane, coll’ elmo, fopra cui fvolaz-
zano alcune piume mirabilmente elpreffe ,
a Simile ilcrizzione, e figure, trattone il Pefee,* la tefta incognita però èef-
preffa più attempata , che nella precedente .
3 Simile Medaglia , ò Moneta , colla tefta giovanile non gaicara , ma falcia¬
ta , ò fia cinta di Regio Diadema ,
if, Diverfe.
4 Arione lui Delfino itafteggiante la Cetera .' ’
Col riverlo d’ una Conca Petina ,
5 Diverfe altre Monete, e Medaglie antiche, con figure, e caratteri indiftinti,
ò barbai i , & altre cavate , ò finte dalle antiche , per brevità non fi dclcrivono ,
Tià quelle però non fono da tralalciarfi le poche luffeguenti .
6 ALEXANDER MAGNVS MACEDON. Circondano quelle Ietterò
una tefta in profilo, con lunga, e riccia capigliatura, lenza elmo > finfa per
Aleffandro , con molte note d* antichità , le quali però non ballano a far che coq
tutta ragione le ne polla dire col Bo'ognetti , Colt. C. i a. i $ 5.
Scolpita d' Ale^atidro qui /' altera
faccia (t vede con fembtan%a vera.
Medaglione per altro belliflìrao. 7 KOJ
L l ^ ìf. 0 A K T 0. CAF, Xlh 411]
7 KOPINNA . Belliifima imagine di Corinna in parta antica*
è Terta incognita di Vecchio coronato di diadema. Hànelriverfo
Due Aquile io piedi , con alcune lettere , che non fi diftinguono ,
9 Tetta di Vecchio col diadema , come nella precedente ,
Gio ve ftante col fulmine nella deftra, l’afta nella finiftra, e . 1, CICV, l I
10 Colla medefimaTefta altre incerte. 2.
j[i Tetta di Moro coi riverfo d’ un' Elefante ,
Medaglie ebraiche l
Cap. XIIL
I Erta venerabile di Mosè » con quefti
X caratteri nel ri verfo
cioè li primo Precetto del Decalogo NON
HAfiEBIS DEOS ALIENOS PRaETER
ME.
»
nzr-ì NniNi
■7b
cioè CHRISTVS VENIT IN
PACE , ET GENS EXCEL¬
SA. CVSVM ANNO 410.
lenza altra figura, ò riverfo.
NARCIHA NASIA. Mcza figura di Giova-
^ 7; netta Ebrea, col nome, e cognome Indetto ef-
preOb in Ebraico; lotto cui fi fcorgono i leguenti caratteri latini, denotanti l’ età
di lei, A. XVIII.
Ma p^amo a vedere nelle Medaglie Moderne de* Latini
tfra Bucttm, ^ Fatunt, Sapientumque Ora Virortim\
Medaglie Moderne, e prima de' sommi Pontefici,.
Gap, XIF,
1 W 7, Innocenzio l,
Innocentivs I. p, m.
CLAVES REGNI CELORVM.LeChiaviPontificiepédcntidauncordoneJ
II. Vrbano HI.
3 TTR8ANVS III. PONT. MAX.
y S. PETRVS. CLAVES REGNI CELOR VM. S. Pietro , collt.
Chiavi in mano , come l’ elpreffe il Boldoni, nella Caduta de’Longobardi , can¬
tandone i* aurate chiavi, end' ei chiude, e dijferra
De I' Inferno , e del del le immenfe Porte
Regge la facra man, che unqua non erra,
E ne' tuoi Regni ha impero, b cieca Morfei
III. Martino V,
3 X>f ARTINVS PP. V. Il Papa ledente.
iVl SANTV. PETRVS. S. P. Q^R. Chiavi di S. Pietro incrocicchia¬
te. D argento.
IF. Gallino IIL
I /^ALLISTVS PP. TERTIVS.
V-> S. PETRVS. Colle Chiavi. D’ argento i
2 S. PETRVS. S. PAVLVS* ALMAROMA. D’argento;
Mm 2 P, Pfo*
Stat.Li.filvl
Zfm
Càt. 19> 13:
•p
4|t / M S E 0 C 0 S P ! A N 0
«
K Paolo II,
AVLVS VENETVS PAPA il.
_ HAS AEDES CONDIDIT ANNO CHRISTI MCCCCLXV. 3.
Sontuofo edilìzio, che fembra unaRoces* con due Torri laterali, e tre Porte
nella facciata.
a PAVLVS II. VENETVS PONT. MAX.
HANC ARCEM CONDIDIT ANNO CHRISTI MCCCCLXV. L*Ar.
ma del Papa, fenz’ altro .
3 AVDIENTIA PVBLICA PONT, MAX. II Papa,che dà Vdiéza publica:
4 PAVLVS SECVNDVS PONT. MAX.
HILARITAS PVBLICA. Figura ftolata dell’ Allegrezza ftanre con un ramo
di palma nella delira diftela,& un cornucopia nella liniitra, con due fanciulli
da piedi , uno per lato.
5 PAVLO VENETO PAPE IL ITALICE PACIS FVNDATORI
ROMA. La medefiroa ikrizzione, & impronto nel rivcrlo.
FI. Sifto IV.
I Q IXTVS IlII. PONT. MAX. SACRI CVLTOR.
^ CVRA RERVM PVBLICARVM. Ponte lopra un Fiume in una gran
Corona Civica .
2 SIXTVS PP. QVARTVS,
S. PETRVS. S. PAVLVS. ROMA. D’argento.
PII. Innoceazio Vili.
NNOCENTIVS PP. VII', La di lui Arma gentilizia.'
S. PETRVS, S. PAVLVS. ALMA ROMA. MezeHgure de’ SS. Pietro,
C Paolo, Vili, K^le^andro VI.
I A LEX. VI. P. M. L’ Arma gentilizia d’ Aleffandro ,
jtX de ASCVLO. La Rocca d’ Alcoli. o
2 Alexander vi. pont. max.
S. PETRVS; S. PAVLVS. ROMA. D’argento.'
IX. Giulio II.
VLIVS LIGVR PAPA SECVNDVS.
I
I
CENTVM CELLE.. Porto di Civitavecchia.
2 IVLIVS LIGVRII. PONT. M.
RO, ECCL. FVNDATORES. SS Pietro, e Paolo. D’argento.
3 IVLIVS II. PONTIFEX MAXIMVS. Battuta in Bologna col riverfo
di S. Petronio fedente, e leccete . S. P, BONONIA DOCET. D’argento.
4 IVLIVS li. PONT. MAX.
Col nverfo de’ Principi de gli Apoftoli , come fopra .
X. Leone X.
I T EO X. PON. MAX. Efiìgiedi Leone, Pontefice, dicui telTono Panc¬
ia girici quali tutti gli Scrittori del luo tempo , & in particolare 1 Poeti, tra’
quali Michel Guyio dalla Mirandola, Canonico Regolaredi S. Salvatore in un
Poema Anccdoto contro Lutero così nè cantò, >. 1. v, 34. apprello di me MS.
Hic pi US ille Leo t terrarum gloria quondam ^
lujiitiaque Pater, cut fata dedere rebelles,
Vlctfci populos, ultro cui purpura ce fit,
Rederet ut propriis pacatum viribus orbem,
DOMINVS PARM^. L’Armagentiliz ade’ Medici,
2 LEO DECTMVS PONTI. MAX. Imagine d’un Leone foftentantc la
Chiela di S, Pietro di Roma , con quelle lettere MARI. D’argento.
ì - PETRE
V
t t B K e A Bt Oi CAB. XlP. AtJ
PETRE, ECCE TEMPLVM TWM. Leone PonceHceinginocchiacoda-
vaoci S. Pietro , in atto di prcfentarii la di lui Chiefa .
J7. Adriano VI.
ADRIAN, . VAN. GOO. GlELOREN. P. . S. A. ROMEN.
M
LVTRECHT GlELOREN. Eilìgied'Adrianoialiabico Fuutifìca-
le. Medaglione di bronzo di gran rilievo, fenza riverfo^
XU. clemente VII,
I /^LEM. VII. PONT. MAX.
O EGO SVM lOSEPH FRATER VESTER.' GiofefFo fedente nel
TrOi-G , in atto d’ accogliere i Fratelli , e darli loro a conolccre , come s’ ha ncl-
i’Efodo,c. 17. Medaglione d’argento battuto del ] 5 2d. figurato, e fpicgato
tra le Medaglie moderne di Gio. Iacopo Luckio , p. 5R.
a CLEMENS VII. PONT. MAX. AN. XI. Mi D. XXXIIII.
VT BIBAT POPVLVS. Moisè nel deferto, che pcrcofla colla verga laru^
pe, nc fà fcaturire l’ acqua , prefente il popolo Ebreo , che la raccoglie, c beve,
come lo dcfcrille il noltro vida , iib. II. Chriltiad. v. 61 %. cantando .
Vux caelum afpeltans virgàt cum protinus amnis
Trofilit , ér dulcem faxa erupere liquorem^
Atque haufere novis populi de fontibus undam\
.^uos fitis ex longo colleSla urebat hiantes ,
Anzi molto vt li Icorgonoinattodi maravigliarfi, come la prodigiofa deftra
dei loro Duce , retta da Dio , con tanta facilità potelTe
Romper le pietre y e trar dal monte aperto
Vn vivo Fiume,
XIII. Paolo III,
X T> AVLVS III. PONT. OPT. MAX. AN. XVI.
Jl RVFINA, epiùbalfo TVSCVLO REST. Veduta di Tofcolano;
XIV. Giulio III,
VLIVS III. PONT. MAX. ANNO I.
HILARITAS PVBLICA. Figuradell’AIIegrezza publica, in fembian-
te ai do.,)na lirante eoa un Cornucopia nella finiftra, & u«i ramo di palma nella
delira , appoggiato lopra tiè monti «arma gentilizia del Papa .
a IVLIVS III. P. M. A. IVBILEI I. in una corona d’alloro. _
IVSn INTRABVNT PER EAM. La Porta Santa , con ROMA, AN. DNI.
M.D.L. d’argento. Riverfofigvracoappreiroil Luckio, p. 382.
3 IVLIVS III. P. M. A. il.
OMNIA TVTA VIDES. ROMA. Roma fedente fopra ì fette Colli . Me¬
daglia d’argento.
4 IVLIVS HI. PONT. M. AN. IH.
GENS, ET REGNVM, QVOD NON SERVIERIT TIBI, PERIBIT,
in una gran corona d’ alloro . Medaglia d’ argento .
Altra Medaglia con limile ifcrizzione , e rivetfo , dì bronzo .
XV. Paolo IV,
I r> \vLvs ini. PONT. opt. m.
X ROMA RESVRGENS. Figura armata di Roma in.piedii coll’ alla
ne ha delira^ lo Scudo nella finiftra, & una malfa quinci d’arme, quindi di li¬
bri . Medaglione battuto del 1 55 5. differente di conio da quello , che coi me-
defimo riverfo vien figurato tra le Medaglie moderne del Luckio, pag. 179. i!
quale fpiegòllo , notandone .• Sumit hoc (ibi laudis , in nummo , Pontifex , quod
fuis ^partim armis ^ partim libris ^ ac literis revixerit Roma,
Mm 3
l
Taff.Gernf,
C.13.7X.
I
4*4.
‘P
M y s E 0 C 0 S P Ì a u -o
XVI, Pio IV.
IVS Ilir. PONT. MAX. I io. ANT.
HODIE IN TERRA CANVNT ANGELIS ChriftoneI prcfepFo,
come di freko nato , adorato dalla Vergine Madre , e da S, Gmieppe , coiralfi»
(lenza d’ale uni Angioli. Spettacolo fovente figurato nella mente dei noftro
yida>cheneli*lnno Magn* Matri virgini , V, 8tf. e to8. ne cantò*
Safe mi hi videor tc fof lite .cernere y Virgo ^
Subnixam , infanteme^ue recens mir arter ortum
T lagrantem , late radiis vibrantibus aurum ^
Teque tuos prono venerantem pexiore foetus y
Attonitumque fenem tantis vix hifcere monjiris z
Sapius ^ volucres te mtra in vejle mintjlros
Affari.
xvir. Pio V. _
(IVS V. PONT. OPT. MAX. ANNO VI. I p I
* P'
DEXTERA TVA DOM. PERCVSSIT INliviiCvfM 1571. II con¬
flitto dell* Armata Chriftiana colla Turchcfca nel Golfo di Lepanto > ove fi ve¬
de nell’ aria 1’ imagine di Dio percuotente l’Efercito Ottomano, c la Vittoria
paffeggiantesùleNavide’Chriftiani. Tré, due di bronzo nel Mufeo, &una
d’ argento nello Scrigno più nobile di Cafa del Sig. Marchefe, deftinata pei ò a
quello Cimelio, Riverfo figurato gentilmente trà le Medaglie moderne del
Luckio,p.2 38.
2 PIVS V. PONTIFEX MAX.
PAX. La Pace, che difcaccia nn’EfercIto^
XVm. Gregorio XJIh
1 REGORIVS. XIII. PONT. MAX.
y T OPTIME REGITVR S. P. R. Le Infegne del Senato Romano;
fopra tc quali per cimiero fi vede il Dragone Pontificio; de* cui (imboli .emble¬
mi. &allufioni Principio Fabricio da Teramo ne publicò ungroflo V'olume,
con belle figure in rame, (piegate con altretanti Sonetti, che mi diedero occa-
fionedifctiverne.
Symbola dum fabricas y ducens de Principe nomen y
Singula perfecH Principis alla cànis :
^jiidy nifi Cantato fi dignum efi Principe carmen y
Tu quoque fis Princeps carmine y do6le Faber I
2 GREGORIVS Xlii. FONT. M.
IVSTI INTRA6VNT PER EAM. La Porta Santa con entro vi quelle lettere
AN. D. 1575. Medaglia d’argento. _ _
I GREGORIVS XIII. PONT. MAX. ANNO IVBILEI. I fed. pa^n. \
DOMVS DEI, ET PORTA COELI 1575. 11 Papa, che api e la Porta San¬
ta. Quattro di diverfe grandezze, e conii.
4 GREGORIVS Xlll. PONT. MAX. ANN. IIII.
IN NOMINE lESV SVRGE, ET AMR. 1575. S. Pietro accompagnato
da S. Giovanni , nell’ alto d’ entrare nel Tempio , benedicendo un po veiq ftor-»
piato.
5 GREGORI. XIII. P. MAX.
NVNQVAM SITIET. Chrifto , convertente la Samaritana. D’argento.
6 GREGORIVS XIII. PON. M. AN. X.
aggregata relìgio. La Religione in habito di donna fedente , colle
chiavi Pontificie nella lìoillra ,e la deftra diflefa ad abbracciatela Bafilic.» V itir
cana. Medaglia d’argento. XIX. sifio
L l B SPARTO. CAB. XlP. 415
XIX. Sino r,
I C» IXTVS V, PONT. MAX, AN, II.
D VIGIIAT SACRI THESAVRI CVST09 Vn Leone fedoni
te lopra una cada rapprefencau per conferva di (dori p tenendo la zampa delira
anteriore (opra tré monti , sù quali è una (Iella •
a SIXTVS PONT. MAX. ANN. Ili,
I^VBLICVM BENEFICIVM, Acquedotto fontuolìffìmo, che con moltiri-
giri và a finire (otto tré mon ti ^ (opra i quali fi vede fa Statua d* una vergine > che
verlaracquadadueVrne, a,
S SIXTVS V. PONT, MAX. ANN. IIII.
QVARTVMANNO qVARTO EREXIT 1588, L’ Ohe li (co di Flavio Co-
Ilanzo , drizzato $ù la Piazza di S. Gio, Laterano . AHuIe nobilmente a quella ,
& altre Piramidi da Sifto alzate la riverita penna di Pietro Ercole Belici j che
nella Spoglia del Leone , Elogi acutiflìmi a^ meriti di Monlig. Pietro Bargelini p
Arciyefcovo di T^be, parlando di quel Pontefice , pag, 4p.elog. 6, notò .
Pyra fH\us RonfAm tr<r»fht4p
Non in Pyram.
Sed i» Pyramidas degenerarunt .
XX. demente fili. _
I ^LEMENS VIII. PONT. MAX. A, VII. 1 gior.ran. |
V-^ FERRARIA RECEPTA, Profpetto della Città di Ferrara, Meda¬
glione d’ argento nello Scrigno maggiore di Cafa del Sig, Marchefe , deftinato
alMufco. XXI. Gregorio XV.
I ^REGORIVS XV, PONT. MAX. AN. IL
\J QVINQVE BEATIS COELESTES HONORES DECREVIT:
j6zz. La Canonizatione de’ cinque Santi > Ipnazio, Francelco Xaverio, Fi¬
lippo Neri, Ifidoro , e Tcrcfa , Medaglione d’argento , nello Scrigno più ricco
di Cala del Sig, Marchefe confervato con altri deflinati a quello Cimelio *
XXII. Vrbano Vili.
I \TRBANVS Vili, PONT. MAX. A. Ili,
V le mane TE VESPERE, con S, Michele Arcangelo in atto d’ef#’
fer auorato dal medelìmo Pontefice . _ _
3 VRBANVS Vili. PON, MAX, A. VII. Igas.moi.. f. m.dc.xxx.|!
SECVHITAS PVBLICA, 11 Forte Vrbano lotto 1’ imagine di S, Petronio,
che glt rtiiiftc in una gran Corona d’ alloro , tenendo l’ eifigie della Città di Bo¬
logna in mano. Di quella Rocca fondata nel Bolognefe da Ponente, fe ne hà
beilithma deferìzzione nell’ Eroe d’ Andrea Taurclii , ò fìa Vita di papa Vrbano
Vili. pag. 55.
3 VHBAN, Vili, PONT, M. A. Vili.
AVCTA AD MBTAVRVM DITIONE. Roma fedente con un’afta nella
delira, foftentando una Città colia finiftra. D’argento,
4 VRBAN. Vili. PONT. MAX.
AVCTA AD METAVR. DITIONE. Roma (edente, col Tempio di S. Pie-
tto nella delira. D’argento, _ _
5 VRBANVS vai. PON, MAX. A. XV* I ÙAS.MOL. M.DC.XXAViIM. | '
MVNIFICENTJA ANT. BARBERINI S. R. E; CARD. CAM. SoC.
lESV ANNO CENTESIMO PIE CELEBRATO, qo, idc. XXXIX;
y. KAL. OCr. Il tutto in una gran corona d’alloro.
6 VBBANVS Vili. PONT. MAX. A. XV.
SVB VRBANO RECESSV CONSTRVCTO. ROMiE* un Cartello in una
Collina vicino al Marc. xxni. inno-
41« M y S E 0 £0SP Ì 'À,N0
XXIII, lonoctHzio X.
I f NMOCEN. X. PON. MAX. A. V. D'argento:
1 ABLVTO AQVA VIRGINE AGONALIVM CRVORE. Profpctto
del Circo Agonale , detto oggi Piazza Navona , coll’ Obelifco di Caracalla fo-
pra la Fontana dell* Acqua Vergine , drizzatovi d’ ordine di bua Santità > da cui
portai! nome ti' obelifco Panfilio^ come pure fù intitolato reruditidìmo Libro,
che ne fcrille il P. Chirchero . Sopra quella Guglia vedelì la Colomba Genti^
lizia del Pontefice, la quale al P. Carlo da S. Antonio di Padova Anconitano,
Chierico Regolare della Congregazione della Madre di Dio , gcntiliflimo Poe¬
ta , lugger! la nobiltà de* lenii morali , elprefli nel feguente epigramma , che ap-
prelTo di lui fi legge nel lib. r. de Arte Epigrammatici , cap, 4.0.38. 5 nel lecou-
doiibro delle Mule Anconitane, epigr. i.
Hìc^ ubi lata fuper ^ petit aBra Columba y ohelifcty
Quattuor y Ó" fubtus flumina vafia fluunt t
Spcéabatur Agon : mentem erige , grandia volve ,
i^ttonitus tjui tam nobile cernts opus.
Sax a vetufla notant y ér lubrica flumina mortem:
(Vita hominum propera labi tur inflar aqua,)
Ipfam flgnat Agon mortem quoque ; luflus at unus
Mortis viBor abit y celfa Columba decet:
^jia bene cum ramo: mortis conamine frati o't
Cum palma vili or luBus ad aflra volat.
E per fingolarità di bellezza quello Medaglione fù figurato tra le Medaglie Im¬
periali di mediocre , e minima grandezza , di bronzo , Ipiegate da Cario Patini,
ibi. 150.
2 INNOCENTIVS X. PONT. MAX. AN. VIIII.
REPLEVIT ORBEM TERRARVM. Lo Spiritolanto circondato da un ramo
d’olivo.
XXIV. LMleflandro VII.
* /I^LEXANDER VII. PONT. MAX. fMOCLViTo. m. f
FEL. FAVS. Q;_ INGRES. Entrata lolenne del Pontefice in Roma per la Por¬
ta del Popolo.
2 ALEX. VII. P. M. VATICANI TEMPLI AREA PORTICIBVS.’
EXORNATA [ 1657. G. M. I
FVNDAMENTA EIVS IN MONTIBVS SANCTIS. La Balilica di S. Pie¬
tro di Roma figurata con tanta bellezza, c maellà, che ben mollra l’or.guialc
ellere l’ottava maraviglia del Mondo , come provò il fopramentovato P. Carlo
da S. Antonio di Padova , notandone lib. III. epigr, 76.
TEMPLVM DIVI PETRI ROHM IN VATICANO ',
(Anagramma purum ,
EN modo NITETy APPARET MIRACVLVM Vili,
Pyramides Memphis y Muri Babylonis, & ingens
DtHynna Templum y Turris, & alta Phari •,
luppiter ex eborcy Heliadum Patris area moles y
Et Mali folci pondera celfa ThoH,
Septem Orbis miracla\ vehtt nunc inclyta Roma
OBavum: Templi culmina facra Petro.
Vedelì con elio la di lui Ipaziofa Piazza ornata in giro di fuperbilfime Loggìe;
che
L l •S R 0 A\ T 6, CAT. XI?. 417
che formano un Teatro degno deila Magnificenza d’ AlelTandro » e degliap-
plaufidi ruttii Secoli, come ne* feguenri due fpiritofiifirtji Componimenti con-
chiuie la nobil Mufa del iudetto P. Carlo, Iib.lII.epig.78,& de Art.epig.c.IIl.i 0.
theatrvm divo petro apostolo erectvm romae m monte vaticano.
Anugrnmmii putiu» .
HOC TOTO MVNDO ERJT CORONATVM^ Et pia memoria, et aeterno tLAVSV, '
Prifca verecundo Jìleat Roma ore Theatrt^
Bum Faticanus fur git ad afira labor.
Tollitur innumeris Moles oferofa columnis^ '
Trafenti Moles obfequiofu Petro. .
Et fimulacra facro tollens f ia culmine y ’)ujf»
Pontifcis SumiHi 'ce Ifof altra videt,
Quantum cernis opusl non magni hac pondera Mtlis\
Maximi Alexandri 'vella fed imperio .
Molis et it tanta qua digna coronai Corona
Tanta equidem Molis Fama perennis erit.
Fama Coronabit tam grande ater na Theatrum',
Mterna auguflum Fama coronat Opus .
3 ALEXANDER Vll. P. M. PIVÒ IVST. OPT. SENER PATR;
GENTE CHISiVs.r MDCLIX. < / f .
MVNIFICO PRINCIPI DOMINICVS IACOBATIVS, ET ÈERA ME¬
MOR BENEFICII. Teatro, con un Leone, acui un Soldato cava una Ipina
d’un piede ,coJI’ ailufione al fatto d'Androdo, accennato dal mio géntililfimo
Lorenzo Graffo , Poef. 5 . pd ir p, 27,
Al tuo Leon le fpine
A tor non forge Androdo ,
4 ALEXANDER VII. boNT. MAX. AN. VI.
NAVALE CENTVMCELL. un*"Arlenale fui Mare per fabbricar Navi;
d’argento, . ‘
5 ALEX. VII. PONT. MAX. A, VI. ) g m. f
EXEMPLVM DEDI VOBIS. Chrifto,cbe lava i piedi a S. Pietro, di cuj fi
leg^o IO intorno a quella Medaglia quelle parole, TV DOMINVS, ET MA¬
GISTER. Soprala quale Iftoria Evangelica notò bella ponderazione la gentil
Mula d’ Andrea Mariani Bologncfe , nelle Statue di Roma, Itb. Ii.ep.1p4. Scri¬
vendone Obfeqtiiis lenire ferum fi pojfit ludam
Tentai humi valido firatus amore Beus ,
Refiituenda fuo capiti notat efcula plantis ,
Has lavat, eft liquidas .fletibus auget aquas.
Cur pia non potuit fabre fall a compede , Lymphet
Stringere facrilegos conglaciata pedes?
In glaciem for t affé rigens concreverat ‘unda ^
At Bernini calidts defiliit lacrjmis,., ^ ^ -
6 ALEXANDER VII. PONT. MAX. A^l. VII.
FVNOAMENTA EIVS IN MONTIBVS SANCTIS. II Pòrtico avanti
S. Pietro j d’argento.
EXV. Clemente IX, ^ ^
i /^LEM. IX. PONT. MAX. A. L . W
V> TV DOMINVS, ET^MAGIStER. Chfiflb lavante i piedi a’Dìfté^
poli, come nella precedente, col motto EXEMPLVM DEDI VOBlSt'd’arg,
a DE-
4i8 , MVSM^O C 0 S P 1 A li 0
2 dedit indica rosa odorem svavìtatis anno
M.DC.LXVIII. in una gran Corona di Rofe. Medaglia a’argento battutain
{nemuria della Canonizzazione di S. Rofa Limana . Dotiòlla con altre fiinili al
Sig Marchefe il Serenils. Cardinale Leopoldo Medici ,
3 CLEM. IX. PONT. MAX.
AVXILIVM DE SANLTO. S. Pietro fedente . Medaglia d* argento^
4 CLEMENS IX, PONT. MAX. A. I.
IPSE DOMINVS POSSESSIO EIVS. Lo Spirito Santo conforto l’Agnel¬
lo. d’argento.
Medaglie d' EminentiSimi Cardinali .
Cap. XV,
\
I, K^lejfandro Tarntfe,
Alexander card. farn. s r. e. vicecam. : : j MILON. F. I
FECIT ANNO SAL. MDLXXV. ROMAE. La bclliffima Facciata
del iamofo Tempiodel Giesù^ edificato da quello Cardinale.
IL K^lfonfo Gefualde.
ALPHONSVS EPVS OsTIEN. SACRI COLLEGII DECANVS S. R.
E. CARD. GESVALDVS IVSSV CLEMENTIS PAP-® Vili. APERVIT,
et CLAVSIT ANNO IVBILEI MDC.
IVSTI INTRABVNT in EAM. La Porta Santa.
in. K^luigi Capponi ,
ET LAPIS ISTE VOCABITVR DOMVS DEI. IlCardinale; che be-
ncdifce la prima Pietra della Chiefa de*Carihelitani Scalzi di Bologuat con que¬
lla ifcrizzionc dall’ altra banda .
IN
MARIAM VIRGINEM
LACHRIMOSAM ,
FRATRVM CARMELITARVM
DISCALCEATORVM
ALOYSII
S. R. E. CAKD. CAPPONII
BONON. LEGATI
DEVOTI ANIMI
^ ' MONVMENTVM.
il tutto nel giro compiilo di quelle pa. ole PAVLl V.FELICISSIMI TOTIV’S
ECCLESfaE MODERATORIS ANNO XV. MDC. XIX.
IV LAntonio Santacroce .
BENE FVNDATA E>T SVPhA FIRMAM PETRAM. La Sacra Ima¬
gine della Madonna del Baracanod* Bologna, con quello riverlo
DIE XXIII. MENSIS MAI! ANNI MDCXXXil. L’Arma gentilizia di S. E.
V, Benedetù Ciujlimano .
BENED. S. R. E. TRE. » AH. IvSTlNlANVS BON. LEG. PAVLO
V. P. M. P-, Facciata'dclla Chiela di S. Favolo di Bologna tra quelli numeri
M. DC. VII. e fottou'i meta figiirà del Cardinal Giulliniano; il quale dell’ anno
fudetto fò celebrato Ha Favolo Macci , con fioritilTìmo Panegirico , che porta in
fronte lUuIirijfimoy Reverendi/s, D, Benedico Card. Ittfiiniano Boneni* de La»
tere Legato, fault Malli Mutineujts Panegyricus . Bonomìe, apud hcredesloan-
“nis Rollìi MuCVIi. 4. ■ ,
^ - ■ S. PAV-*
LIBRO 4 A RT 0. CAP. ATK 419
s: PAVILO APO. ET Ó. SÀNCTIS CONGRE. CLER. REG. S, PAV-
LI DECOLL. S. Favolo con una Spada, una Tromba, & una Difciplìna avvi;
ticchiatcinfieme, e (opra l’iìriaginc dei Santo ui)CartdlQ volante, con lettere
AN GLAbiVS.
f/, Bernéirdino spada .
L*Arma di' S, E, in un Medaglione, lena’ altro. Stimafi riverfo d’aleune
Medaglie gettatene- fondamenti deir Altare delia Decollazione di S. Favolo,
eh’ è il maggiore nella di lui lopramentoyata Cbiefa di Bologna , da S. E. fatto
fabbricare con magnificenza degna della fua generofità ; di che Michel Bon vi¬
cini Dottor Teologo, publico Profeirore di lettere Humane in Bologna, e Pro¬
motore del}’ Accadeniia de gl’ Infiammati, lafciò lafeguente memoria in un’
Òde,c}ies’hà nelle prime Compofizioni di quell’ Accademia, che portano in
fronte Paulus Apojlolus Academia Inflammatoruns Prafes ?lecfus esg Spada df*f
piici Elegio celebratur . Bononia; M. DC. LI, typi§; DitCcianis in 4, - —
Bernardinet Virum potens Propago ^
Rottfulidumque \ubar corufians , ^c,
7€ Ara marmoreo micant nitore^
Artifcifque manu periti
Vertunt in Nioben vagos ocellos
Peljinei Populi videntis
Multum ‘i his pAVLVS amans fera beatu
Subdere colla necis Tyranni
Latatur gladio truci furentis
Et dolet innocuos Rebellis
I^us pracipiti manu venire,
VII, S. Car lo Borromeo .
' t B, CAR. BORROMEVS CARD. ARCHIEP. MEDI,
SOLA GAVDET HVMILITATE DEVS. Vn’ Agnello (opra un’Altare,
a S, CAR, BOR. CAR. AR. MU.
CANONICI REGVL. S. M. P. A. S. ^ . i Vna Corona (opra quelle let¬
tere hvmilitas.
Vili. Peder ico d ’ Hoftia ,
FRID, S, R. E. CARD. DIAC. P, LAND. HASSI^ EPIS. VRA;
TISLAVIEN.
LaPedecoirilcrizzione PRO DEO, ET ECCLESIA; di metallo,
IX. Plavio chigi,
MITTIT ARICIA PORROS. ProlpcttivadeIIaPiazza,e PalazziprincH
pali della Riccia , Ducato di Cafa Chigi ,
VIM PROMOVET INSITAM. Areo con quattro SaettedeculTate. Imprefa
dell' Accademia de GLI SFACCENDATI, eretta in quella Città dall’ Emi¬
nentiis. Flavio Chigi, Nipote del S. P, Aleflandro VII, le cui lodi mi pregio
d* haver accennate in quell’ Idillio Greco, che lì legge nel fine del Pindo in Pel”
ìinàt Sogno di N. C. Ò lìa Filippo Ottani y Rampato in Bologna .......
Medaglione malfimo d’ argento , con i contorni rapprefentanti cornice , battuto
in occalìone dell’ erezzione di quell’ Accademia. Ne fece un dono al Sig. Mar«
chele la liberal mano del Cardinal Leopoldo Medici ,
X. Prancefeo Ahdofio.
FR. ALIDOXIVS CAR. PAPIEN. BON. ROMANDIOLAEQ;^ C,
LEGAT.
HiS AVIBVS, CVRRVQi, CITO DVGERIS AD ASTRA, Giove co’
Fulmir
UVSno >.C 0 S P l /t.N 0
Pulmini nella finiftra in un Carro tirato da due Aquile, lotto le quali fi lcorgo-
no le due imagini de’ Pefei , e del Sagittario ,
Xf. ciò. Carlo Medici,
IO. CAROLVS DE ^TRVRIA S. R. E. CARD. MEDICES.
VASTVM PRIVS AEQVOR ARANDVM. La Nave d’ Argo tra le Stelle.
Medaglione , del cui conio ve ne hà due elemplan di bronzo nel Muleo uno
d’ oro nello Scrigno maggiore in Caia del Sig. Marcheie , desinato parimente
alMufeo. " >
Xll, Girolamo Colonna, ■ •
1 HIERON. PRINCEPS CARD. COLVMNA BON. ARCHIEP. ETC.
MDCXXXXII.
PALIANI, ET MARINI DVX, PALIANI, ET SONNINI PRINCEPS,
ETC. Laòità di Paliano. * , a
2 SOL , ET LVNA STETER VNT IN HABITACVLO SVD . HA-
BAC. 111. Il Segno radiato de’ SantilTtmi Nomi di GIESV', e MARIA.
Xin, Giuliano dalla Rovere ,
IVLIANVS RVVERE S. PETRI AD VINCVLA CARDINALIS,
LIBERTATIS ECCLESIASTICE TVTOR.
VITA SVPERA. Vna Nave in alto Mare, nella quale fiede unadonnacon
la bocca bendata, tenendo un’ aRa nella finiftra, e la deftra (opra la tefta d’un_ k
Leone, òd* un Pardo, che moftrad’ edere ammaniaco. Sta nella poppa un Gal¬
lo, (imbolo della Vigilanza ; e nella proram Pelicano , che fi (vena per ravvi¬
vare ipoili. Sotto la Nave fi legge il nome dell’ Artefice OPVS sPERAN-
DEl. Medaglione d’altiftìmo rilievo.
XfF. Giulio Sacchetti,
IVLIVS CARD. SACCHETTVS BON. LEGATVS DE LATEREM
TEMPLVM liONI lESVS A FVND. KEED. 1. F. N. I. cioè Ioan?tes
Trancifeus Niger Inventor, La Pianta della Chiefa del Buon Gicsù di Bologi.a,
in forma di^cudo, in cui fi legge VRBANO Vili. REGNANTE ANNO
5AL. MDC.XXX1X.
XF, Pietro Barbo . '■ { i t
PETRVS BARBVS VENETVS CARDINALIS S. MAR^I.
HAS AEDES CONDIDIT ANNO CHRISTI M. CCCCLV. L’Armcu.
gentilizia di quefto Cardinale, la quale è un Leone rampante attraverlato da_
una Sbarra , ò Falcia obliqua .
XFI, Prof pero Santacroce .
PROSPER SANCTACRVClVS S. R. E. CARD.’ . i, |
GEROCOMIO . Bellilfimo Palazzo in veduta, enn un Giardino, e lotto, 157^
* I
Lyfrcivefcovit e Ve/covi, / ^ j
_Cap, XFI, , ,
? A LFONSVS PAL^OTVS ARCHIEP. ‘ BON. SAC. ROM. IMP.
JfjL PRINCEPS. Meza figura grande di quefto Prelato. ' '
FVNDA NOS IN PACE. Imagme di N. D. con lotto i piedi M.D.C.V, ì
2 ERNESTVS D. G. ARCHIEPISCOP. > I
y. BAVAR. DVX, EPIS._L£ODi£N. L’Armafua. |!
3 IOAN. lAC. D. G. Apt. EPS. SALZ. A. S. L. CoronaArcivefeova-
lelopra tré Arme.
S. RVDBERTVS ET S. VIRGILIVS eI». Impronto tondo in laftra quadrai
aliai grande i d’argento . v ^
L I •S R 0 ^ P A \ T 0, CAP. XH. 4tt
4 ALTOBELVS AVEROLDVS EPIS. POLEN. BONOxN. ETC. TER
GVBER.
MATVRA CELERITAS. Quattro Figure^ una di Principe fedente collo
Scettro nella finiftraj un’altra di perfonaaffiftenteal medefimo; la terza dell*
Abbondanza col Cornucopia follevaco ; l’ ultima d’ huomo ftante con una bri¬
glia nella delira.
5 BER. RV. CO. B. EPS TAR. LE. BO. VIC. GV. ET FRAE. Me^
za figura grande di quello Prelato .
pB VIRrVTES IM FLAMINIAM RESTITVTAS. Donna in piedi (opra
tìn Carro di quattro Ruote , tirato da un’ Aquila, e da un Drago accoppiati .
6 AIcroMedagliqnedelmedefimqimpronto,fenzanverfq,
Imperatori , e Regi
Cap. XVII.
T A LFONSVS REX, REGIBVS IMPERANS, ET BELLORVM VIC-
TOR. Meza figura del Rè AIfófo 1. di Napoli, fopra una Corona Reale.
CORONANT VICTOREM REGNI MARS, ET BELLONA. Marte, e
Bellona, che incoronano Alfonfo. Medaglione di bronzo di prima grandezza,
battuto da Napolitani nel Solennillìmo Trionfo , con che Io ricevettero l’anno
[1445, dopo la Conquida da elfo fatta di quel Regno. Del qual Trionfo ne fà
ìRoriato da Pietro di Martino Milanefe, Scultore all’ bora famofilfimo,un grand’
Arco che a nollri tempi fi vede nel Caftello nuovo di Napoli,dalio ftelTo Kè fab-
bricato : nel quale, come nota Giovanni Antonio Summonte nell’ Iftoria di quel
Regno , fi legge quello Efametro confonante all’ifcrizzione del Medaglione .
ALFONSVS REGVM PRINCEPS HANC CONDIDlV ARCEM,
'edi lotto ALFONSVS REX HISPANVS, SICVLVS, ITALICVS, PIVS,
" “ CLEMENS, INVICTVS.
IMP. CAES. CAROLVS V. AVG. Carlo Laureato
S. P. Q:.MEDIOL. OPTIMO PRINCIPI. PIETAS. Imagine della Pietà;
fedente. Medaglione d’argento .
3 PLVS VLTRA, in un Cartello fopra le due Colonne d’Èrcole,’
4 CAROLVS V.DEI GRATIA ROMAN. IMPERATOR SEM PER AV<
GVSTVS, REX HIS. ANNO SAL. M.DXLIIII. ITATIS SVAE XLIIII.
Lalua Arma Imperiale, colle Colonne in lontananza, e’i motto PLVS VL5
TRA . Medaglione di bronzo di prima grandezza .
5 CAROLVS P.F. HISPP. PRINCEPS, AET. AN. XII. Meza figura di
Cario , armata , lotto cui fi legge il nome deU’Arteficc | f. pomp. i fenza ri verfo .
6 CAROLVS IL DEI GRATIA -
MAG. BR. FRA. ET HIB. REX i<?7o. Le quattro Arme, cioè quella del
Rè , c de’ tré Regni nell’ Ilcrizzione accennata . d’ argento .
7 CAROLVS, ET CATHARINA, REX ET REGINA. Meze figure
del Rè Carlo d’ Inghilterra , c della Regina fua Moglie .
DIFFVSVS IN ORBE BRITANNVS. Globo terreftre.
8 CAROLVS II. D. G. MAG. BRI. FRAN. ET HIBER. REX
PRO TALIBVS AV3IS. ArmataNavale ,&ilRèfuliido.^
9 CAROLVS Vili. REX FRANCORVM.
PROVINCIARVM PACATOR. Sanfone, che llrozza il Leone’
10 CAROLVS GVSTAVVSD.G.REX SVECIìE. iéj7.CoronaRcaIc
DALM. . . SO. . H . . M . . M. K. . .
“ Nri
ir FER-
MrSEO COS PIANO
,, fERDINANDVS li. HVNr3aRl^,ET BOHEMItE REX CORO-
NATVS in regem ROMANORVM X. SEPT. M.DC.XIX. d’argento..
LEGITIME CERTANTIS SVM. CoronaReg. loftenutainariada una mano.'
FERDINANDVS D. G. R. CASTELLE S. A.
FERDINANDVS D G. REX SICILIE. A. ^ d’oro, confervata in uno
Scrigno di Cala del Sig. Marchefe , ma però deftinaca al Muleo .
13 FERDINANDVS REX. Ferdinando II. Rè d’ Aragona, e di Sicilia,
III. di Napoli , V. di Cali iglia , come notò Giacomo Mainoldo Galerati Cremo-
nefe nel Libro eie T ttulis Phìlippi AuBrii Regis Catholici , p. 90. 9 1 . 96. 97.
EQVITAS REGNI. Vn Cavallo, (imbolo del Regno di Napoli, con alcuna
Role. Ve n’ ha otto di più forti . In alcune , oltre il Cavallo,' v’ è un’ Aquila.
14 FERRANDVS REX. Con uno de’ precedenti riverii. 3.
15 F. I. REX FRANCO. FRI. DOM. HELVETIOR. Medaglione dì
bronzodi lei oncie di diametro , con meza figura ai mata di Francefeo Valefio.
NVTRISCO EXTINGVO. Salamandra nel fuoco.
16 FRANCISCVS I. CHRISTIANISSIMVS REX FRANCOR.
NVTRISCO ET EXTINGO. Salamandra in una coppa piena di fuoco. Meda¬
glione, il di cui riverfo viene efprcllo in due altre Medaglie figurate dal Luk,p.53
17 HENRlCVS II. GALLIARVM REX INVlCTISS. P. P.
OB RES IN ITAL. GERM. ET GAL. FORTITER, AC FOELIC. GE¬
STAS. La Pace, c l’Abbondanza in una Quadriga guidata dalla Fama, che dà
il fiato alla Tromba, da cui pende un’ Infegna coll’ Arma Regia di Francia. Sot-
tovifilegge EX VOTO PVB. 1552, Figurata dal Luckio tra le Medaglio
raoderne,vol. i.p.i5i.num.2. _ _ _
18 HENR. mi. R.CHRIST.- MARIA AVGVSTA.f»^o3-G- DVPRBF.Jpue
meze figure d’aliifimo rilievo del Rè Arrigo , c della Regina Maria de’ Medici .
PROPAGO IMPERI [~n Arrigo, che congiunge la delira a quella di Bel¬
lona , ò fia PallaJe armata , tenendo ncllafinillra un’alta. Sopra le loro delire
vola un'Aquila, portando una Corona Reale nel rollro . Sotto vi Uà un Fanciul¬
lo ignudo, il quale prova di metterfiincapoun grand’E'mo col Tuo Cimiero,
Tiene il piè dritto fopra un Delfino ,& il finiltro interra. Se bavelle l’alipo-
tt'ebbc giudicali! Amore , egualmente polTente nella Terra ,c nel Mare , di cui e
fimbolo il Delfino, accennando chel’amor dell’ Armi , ò fia in Mare, o fia in_.
Terra , è fovente cagione che fi dilatino glTmperi , crefccndo quelli a chi lìtic-
ne con Bellona . Medaglione d’ argento di tré oncie di diametro , battuto forfi ,
ò per l’Augurio, ò per la nafeita del Delfino, Primogenito della Corona. E
quello con alcuni de’fopranotati, & altri, che fi mentoveranno, fù donato al
Sig. Marchele dalla mano li berale del Serenili. Card. Leopoldo Medici .
19 IO CASIM. D. G. REX FOL. & SVEC. M.D.L. R. PRVS. Me¬
daglione d’argento.
ERIGOR CjELITVS. Vn falcio di fpigherecife, gettato in terra dal vento,
ma fol levato da un braccio pendente in aria ,
20 IOANNES III. CORON. IN REG. POL. M. D. L. 2.FEB.i57d. La
di lui Coronazione.
CORONATVR QVIA PROTEXIT, colla fua Arme. Medaglia d’argento:
2 I IOANNES AVSTRIA CAROLI V. FIL. ./ET. SV. ANN. XXllII.
Ho.v.MiLON. F. 1,71. 1 Meza figura torquata col Tolone.
VENI ET VICI. Nettuno fopra un Delfino in atto di ferire col Tridente un
Turco naufrago. In prolpettiva l’ Armata Turchclca vinta, c fugata da gl’impe¬
riali nel Porto di TVNES. Della quale Città, lenza quali relfiftenza alcuna
s’im-
LIBRO A RT O. CAP, XPll. 423
s’impadronì D.Gio. come accenna l’ifcrizzione di queftorivcrfo, fimileaJ
quella d’ una Medaglia di Ce fare , come quella V itroria era tiara limile a que Ila,
diedi Farnace riportò Celare . Onde ne fcrifle Natal Conti. Tuneto, quia/ulf
iffum ft Atira ddventum potitus fuerat ^ netninc pene rcf Beate, fìmile quid irt_)
nummo babet cnm Cafare lulio, qui pernicitatem co»fl:Btis , quo Pharnacem fu^
gaverat, Romam /ìgnificans ad Amicum quendam Amintium fcripfit trta verba;
Veni , Vidi, Vici; qua dicìiones (ìmiliter cadentes non illepidam habent brevia
loquentiam. Trovali quella Medaglia diligentemente figurata tra le moderne
del Luclcio,p. 247* dove pure egli mentova altre Piazze prelc nell’ Africa da_.
D. Gio. prima che palTalTc contro 1 Turchi in Levante .
22 CLASSE TVRCIGA AD NAVPACTVM DELETA. CoIolTo
di D.Gio.d’ Auilria «coronato dalla Vittoria, (opra una Colonna, ò Molo, con
un mucchio d’armi , 3c inlegne Turchelche diftefe alla baie ,e la Prolpettiva del
Combattimento Navaledel Golfodi Lepanto, incui i Legni Turchefchifchie-
rati in un Icmicircolo , formano un’ Arco Trionfale alla Gloria della Chrilliani-
tà , che , riportandone f amolilfima V ittoria , fiaccò le Corna all’ orgoglio Otto¬
mano . Onde gareggiarono tutti i Cigni di que! tempo in cantarne gli Epinicia i
Vincitori ,che fi leggono in un Volume di Poefie latine intitolato .
I. In Foedus , Ficloriam contra T urcas \uxta fìnum Corinthiacum Non,
Olìob, OO.D.LRJTI. partam , Poemata varia, Petri Gherardi Bnrgenfs B lidio ,
é" diligentia conquiftà , ac difpofit, Venetiis OO.D.LXXII. ex Typogra-
phià Guerrteà in S.
II. Et in un’altrodi Componimenti volgari, colutolo
Anzi a parte ne furono ferirti Poemi intieri > come fono
III. LaChriJiiana Vittoria Maritima del Sig. Francefeo Solognetti . In Bolo¬
gna, per Aleifandro Benaccio M. D.L.XXIL 4. Libri III. in ottava rima.
. IV Pompei Arnolphini LucenJIs , Carmen Ioan. Aujiriaco Viliori dicatum'.
Bononiae, in Mercurianà loannis Roffii officin^ M.D. LXXII. 4.
V. Io, Baptiila Scarfaburfa Foro\ulienfis de felici fma adverfus T urcas Na¬
vali Viliori* ad Echinadas Libri Tres. Venetiis apud lo. Baptillam Somaf-
chum M.D. LXXilI. 4.
VI. La Vittoria Navale , Poema Eroico di Guidubaldo Benamati Libri XXXll.
In Bologna, apprcllo Giacomo Monti MDCXLVI4.
Ne fcrilfeuu’eruditifliìma Orazione Marco Antonio Murcto: Ed in memo-
ria di sì fcgnalata Vittoria fù drizzato un CololTo nel Porto di Medina, come
notò il Bucoltzero citato dal Luckio^ che diligentemente figurò, e fpiegò que¬
lla famofa Medaglia, con quella di Pio V. p. 238,
23 LVDOVICVS VII. GALLORVM REX. L’ Arma de’ tré Gigli, cir¬
condati da tré Corone .
SIT NOMEN DOMINI BENEDICTVM. Vna Croce quadrata, con due
Gigli, e due Corone, d’argento.
24 LV. D. G. FRANCORVM REX. I tré Gigli di Francia inquartati
coir Anna de’ Vifeonti .
MEDIOLANI DVX ETC. Due quarti dell’ Arma /udetta . Coll’ifcrizzio-
ne del qual riverfo il Signor Marchefe Cotfpihàuna Medaglia grande d’oro
con quefte lettere
25 LVD3VIC. D. G. FRANCORVM REX. d’oro.
MEDIOLANI DVX. ScatuaEqueftrediS. Ambrogio, con fotto l’Arme del
Re. La figura il Lucido fol. 3.
LVD. XIIIL D. G. F. ET NAV. REX.
N n -c
NEC
414 M V S E 0 C 0 S P l A N 0
NEC PLVRIBVS IMPAR. 1665. Il Sole che illumina il Mondo. Meda¬
glione d’argento, di conio, oltre modo bello. Donòllo con altri Medaglioni
di verfi , al Sig, Marcheie il Serenifs. Card. Leopoldo de’ Medici .
37 ARMIS TVT^ LEGES. Aftrca colla Spada nella delira, le Bilancic
nella linillra . 2.
28 LVDO. XIIII. D. G. FRAN. ET NAVA. REX. PARIS.
FRANC. data MVNERA COLLI. XV. Ynamanopendcnteinariafo-
pra la Città di Rems , lotto cui lì legge RHEMIS. H. L.
29 LVD. XIIII. D. G. FR. ET NAV. REX.
MARIE THERESE D. G. FR. ET NAV. REG. Imagine della Regina.
CONRAD. LAVFFER RECH. PFENING. MA. L’Arma del Rè Criftianifs.
30 HIS FLORENTIBVS FLOREBIT ET REGNVM. Gigli di Francia.
31 EX BELLO PAX, EX PACE VBERTAS. Donna ftolata con una..
Spada nella delira , circondata da due rami d' oliva incrocicchiati lopra un tro¬
feo d’arme, nella linillra un Cornucopia, lotto! piedi KILIA. KOCH. Que-
fto riverlo col precedente furono ufat i da Arrigo IV. e per tali figurati dal Lu-
ckio f. 369.
32 LVDOVICVS MAGNVS FRAN. ET NAV. REX. P. P. Meza.
figura bellilfima di S. M.
SOLISQVE LABORES. Apolline nel fuo Carro in atto di correre per l’E¬
clittica, circondato, invece de’ Segni delZodiaco, dalle Piante delle dodici
Piazze da S.M. prele nella Fiandra del 1 672. legnate col loro proprio nome con
quell’ ordine. NIMEGVE, GRAVE , ROFL , ORSOY, RHINBERG, VE-
SEL, EMERIGH, SCHINCK, ARNHEIM , DOESEOYFG, ZVTPHEN,
DEVENTER. Medaglione d’argento diconio a maraviglia bello; Al quale
parmi che alluda i’Abbare Nicolò Antonio Raffaeli nel Poema intitolato Leo
Triumphatus Gallico- Alcidtcarmen^ llampato in Ancona, per lo Serafini 1 6j^.
4. cantando verlo il fine .
Exiguus tihì Phoebus erit: fortaffe ytgalcs
Devotus t currufqtie dabit: fine crimine duces.
E prima delle Piazze qui mentovate , e a’ altre have va notato a v. 1 8^.
Meurfa patet Gallis y veneratur Lilia Ber eh a
Rhenoberga tuus te tandem perdidit attftis .
Non longe fequttur Vefalia-, fìfaque vallo
Embrica munitas portas vilioribus , offert .
Proxima fuccedit Daventria , 'volvitur audax
Neomagus y fle£lique negans y fit Schenchia mola.
Prada brevis , non agger oheJt , non ferreus ordo;
Excipit inde finu le filos Bommelia fortis ^
Nec belli fenem celeri tenet Ifala cur fu .
E non molto di poi , cioè a v. 2 1 <5.
Gravia quid potuit? Trajeci um quidve reprejftt ?
At Regi fervire , favor : dis jeci a Vahalis
Pondera fuf pendit y lanique ad fana recurrit.
Gelria tota jacet, formidant Mtera Regem,
Non glacie VVordena manes , tu fanguine folvis
Natur aque rara dedit munimina tuta.
Grolla finit vinei, ^c.
33 MATHIAS REX HVNGARIAE. Mattia laureato , lenza riverfo.
Medaglione di ptima grandezza ,
34 MA.
I
• L l R 0 P A 71 r 0.^ ÌCAP. XHl 415
34 MATHIAS REX HVNGARIAE, BOHEMIAE, DALMAT. Mat¬
tia laureato, come fopra, lenza ri ver/o: ' i
MATHIAS D. G. HVNGARI^.
AVS. REX . d’oro,alpefod*un*Ongaro;
36 MATTHIAS II, D. G. H, B. REX CORONI. IN REG. ROM.
^4. IVN.. i^ia. . •
CONCORDI LVMINE MAIOR. CoronaRegaletrà ’i Sole, eia Luna, di^
merralinente opponi . d* argento .
37 MATTHIAS REX H VNG A RI^, BOHEMI^, DALMAT. Mat-
ciacollateRa coronata d’alloro. . .
MARTI FAVTORI. rìvcrfocontrofei,fpoglie,efoldati a cavallo, c credo,
iìjnodi vittorie ottenute, e di genti fuperatein guerra, d’argento.
38 MAT. II. D. G REX HVNG. 1610.
PATRONA HVNGAR. La Vergine veftita di Sole.
39 MAXIMILIANVS DVX AVSTRIAE, BVRGVND. Maffiraigliano
eoi nuerfo
MARIA DVX BVRGVNDIAE, AVSTRIAE. Maria diBorgogna.
40 MAXIMILIANVS fR. CAES. F. DVX AVSTR. BVRGVND.
MARIA KAROLI F. DVX BVRGVNDIAE, AVSTRIAE, BRAB. C.
PLAN. 2.
41 MAXIMILIAN. MAGNANIM. ARCHIDVX AVSTRI^, BVR'^
GVND. ITATIS 19.
MARIA KAROLI FILIA HERES BVRGVND. BRAB. CONiVGES,
.^TATIS ao. 1479. d’argento.
4* MAXIMILIANVS D. G. BOHE. REX. MezaRguradiManìmiglia«
no armato , fuorché la refta ; lenza ri verlo .
43 MiCHAEL. D.G. REX POL. M.D.L. R. PR. Medaglione d’arg.'
DEXTERA DOMINI FECIT VITVTEM. Aquila lopra un Globo, lopra
della qualelì vede una Coro, a Reale, in cui collimano due monti, loRenenti
i’uaau.<o Scettro, l’altra una Spada circondata da un jramo, come kmbra,
d’alloro.
44 PHILIPPVS REX ^ Intorno a quelle lettere fi legge BNDICTY
SIT NOME DNI NRI IHV XHI. d’argento.
CIVIS TVRONVS. Piantacomed’ainaCittà,ò Fortezza, contornata dalle
indette lettere , e quelle circondate da un contorno di gigli .
45 PHILIPP. D. G. REX ARA. VTRI. I 1575- c.r."|
PVBLICE COMMODITATI 157J. Vn Cornucopia pieno di fpichc.
46 La mcdefimallcrizz/one, e riverfo battuto del 1597.
47 PHILIPPVS II. D. G. HISP. REX. Sua Imagine , con lotto lAC.
TRICI E.
SIC ERAT IN FATIS. Due mani fopra un Mondo.
48 PHILIPPVS IL HISPAN. ET NOVI ORBIS OCCIDVI REX.
ISABELLA REGINA' PHILIPPI li. HISPAN. REGIS; La Regina lua Mo-'
gie. d’argento. ;
49 PHILIPPVS IV. D. G. . . . Jdaa. 1
PVBLICA COMMODITAS in una gran Corona. 3.
50 PHILIPPVS 1111, D. G. colla zifra del di lui nome coronata, &M.P..
iUSPANIARVM REX 1^27. d’argento.
Nn 3 ji KO-
MVSEO C O.S ? ì A li 0
51 RODOL. a. IMP. AVG.
LVD. G. ANAS. D. I. VV. d’argento.
52 S^GIS^AVG. REX POLO. D. G. DVX LIT. uET. S. XXIX.
ANO D. NRI. M. D.XLVIII. L’ Aquila, Infegna di Sigifmondoi e '1 nome
di chi fece la Medaglia DOMINICVS VENETVS FECIT, 2.
5 3 Medaglia del Rè de gli Abiflini , detto il Pretejanni ^ efprcffo con mesa fi¬
gura , lenza ri verfo , e lettere •
Jiuchit e principi,
Cap. XFIII,
l. Medici .
I OSMVS MEDICES DECRETO PVBLICQ P. P.
PAX LIRERTASQVE PVBLICA, Imagine di donna fedente coiC
un gi4ii Giglio nella liniftra , & un Globo nella delira , Rapprefenta la Città di
Fiorenza , che per Infegna hà il Giglio ^ e perciò vi fi legge lotto FLORENTIA .
Medaglione d’ argento , con altri fimili donato al Sig, Marchefe dalla liberalità
del Serenifs. Card. Leopoldo Medici .
2 MAG. IVLIANVS MEDICES. Tcftadi Giuliano de’ Medici.
ROMA. Statua di Roma fedente fopra lefpoglie rnilitari, coll’ imagine della
Vittoria nella delira , io mezo a C. P,
3 Simile ifcrizzione.criverfo, lenza ROMA,
4 IVLIANVS MEDICES, La famola congiura de’ Pazzi contro Giuliano
Medici, eifettuata nella Chicla di Santa Reparata, dove fi vede Giuliano da
molti alfalito , Se uccifo : con tanto difpiacere de* Fiorentini , che ne atteliaUP i|
dolore le parole fottoferitte alla di lui tetta pvBUcvs^^ per riverfo
LAVRENTIVS MEDICES. I Congiurati affaliti in Santa Reparata daLo*
renzo Medici, il Padre di Leone X. Di quetta congiura ne fcritte un Libro
Agnolo Poliziano , lodato dal Giovio nell’ Elogio di Giuliano ,
5 lOANNES MEDICES. Medaglione di bronzo di mattìma grandezza,
con meza figura armata di Giovanni de’ Medici . Nel riverfo hà il fatto d’arme
famo(odiGhiaradadda,fottoladiluicondotta vinto dagliSforzelchi, come
rikrtice il Cavitellinottro Itterico ne gli Annali di Cremona all’anno 1524.
Al che allule Gregorio Ducchi, di lui cantando nel fuo curiofo Poema del
Giuoco de gli Scacchi , C. 2. 97.
\^ppvej?o un gran Leon /aràjfi degno
Per forza invitta y e valor ofo core y
(7’ hor contro il Veneziano y hor contro il Regno,
Di Francia moflrara l ’ alto valore .
E dar a vero , e f empiterno fegno
Di do, quando il Grigion , che con furore
Nell' Italia far a, come offe, entrato y
Da lui rimanere vinto , e fcacciato .
Il qual fucceffo poteva afpettarfi anco nell’Ettercito de’ Luterani cbf poco do¬
po calorono io Italia , e corfero a faccheggiar Roma ; fe l’ imprefa di ributtargli
a’ confini deir Italia bavette havuto per Principal direttore Giovanni, il quale
in un conflitto contro d’etti, non fecondato da chi doveva, generofamente
combattendo per la libertà della Chicla , vi perdè la vita in età d’anni XXVIL
com’ efptettc lo Retto Poeta , profeguendo .
Ma,
L t 3 » 0 ^1>ART0. CAP. XPttL 417
ivi quando gli Alentani in fchiere foltt ‘
t^d pcfu^ar I4 bell* Roma, andranno ^
Egli per mantener liete » e dijcioltt
L ’ alme Latine da fotanto affanno ,
Seguendo di coHor le genti accol e ,
Ancor non attingendo tl vent‘ ott' anno ^
Eia con danno maggior d' Italia opprejjò
Da un fulmine terrena che di fe Jleffo,
Fayprifec quefto penfiero Michel Guvip dall^ Mirandola , il quale nel libro I
contro Lutero( Poema che io foqfcryo Manirfcritto ) v. 121. narrando il pal-
faggio dg^ galloni nell’Italia , c deplorando la morte d» Giovanni, IcriVC ,
Ventum erat ( heu fortem invifam ! ) quo vi0^ dediffet
Emeritas fcelerum poenas audacia^ vifque
Succidue tepefaSla mero y nifi cocca lahanti
Aufgnia damnofa foret difeordia^ moxque
Intempefiivus x/itiaffet peSlora livor,
T ut ament b LatU decus (ullas addere Fama
Non opus efi vires J Medica de Hir pe I04NNES
Haud aquo dum Marte ruis , dum defpicts aufus
Barbaricos t vitamque cupis profundere in armis t
Vnus pro Ijatio occumbis y Patria ipfe decora
JEternum monumentum y no Hr i gloria fedi.
Hic primum fpes omms abit y frujir alaque fummo
Decejfit fortuna loco , (fic,
6 ALEXANDER M. R. P. FLOREN. PVX.
§. CQ5MVS. S. DAMIANVS. Tre d’argento di conii differenti .
7 CQSMV5 MED. R. P. FLOREN. DVX JI.
RELIGIONIS ERGO. li Giglio, Infegna della Città di Fiorenza, II qual ri*
yerlo lì vede anco in naolte Monete antiche di quella Città, colle lettere FLO¬
RENTIA, e S, Giovanni dall* altro canto; delle qua!» ne conferva parecchie il
Sig. Marchefe Colpi, corrifpondenti a’Giulii,&a’ Tettonid' oggidì .
8 THVSCORVM, ET LIGVRVM SECVRITAS, Il Porto d’Elba for¬
tificato , in cui fi vedono di verfe Navi di varia grandezza y giacendo nella bocca
del Porto Nettuno col Tridente nella delira. Sopra il Porto fi legge IL VA
RENASCENS. Fùbattutadel 1555. nella fondazione della Città di Cofmo-
poli , e coftruzzione d* altre Fortezze d* Elba , come nota il Luckio , che la figu¬
ra , e la (piega diligentemente nei fuo Libro delle Medaglie moderne , f. 1 7^,
9 COSMVS MEDICES REIPV. FLOREN, DVX IL
PVBLICAE SALVTI. In una Corona Civica.
10 COSMVS MED. II. REIP. FLOR. DVX,
ANIMI CONSCIENTIA, ET FIDVCIA FATI, Il Segno Celeftc del Ca*
prieprno , (opra cui fi vedono lette Itelle. 2, Riverlo figurato appreflo Ottavio
Kolfi nelle Meinorie Brefciane , p. 1 54.
11 SALVS PVBLICA. Imagine dellaSalutepublicz in piedii con un’afU
nella finillra .
12 COSMVS MED. FLOREN. ET SENAR. DVX II, lydi,
HETRVRIA PACATA, Donna in piedi, con una Infegna militare nella de¬
lira, un Cornucopia nella finillra, e quindi un Leone, quinci un pajò di Buoi
accoppiati .2.
FRANCISCVS MEDICES FLOR. ET SENAR, PRINCEPS.
IOAN,
)
41« ^ V SE 0 CO S P l A NO ,
lOAN. PRINC. FLOR. ET SEN. ARCHIDVC. AVSTRìjE.
14 FRANC, MED. MAGN. M. D. ETRVHl^ li. 1 M.M..577. i>
PVBLIC/E SECVRITATI . Pianta di Fortezza circootìata dall’ acqua » lotto
cui A. S. ciD. iD. xc. 2.
15 FERDINANDVS II. MAGN. DVX ETRVR. Mcza figura di Fer¬
dinando armata fuor che la tetta. I GAS.MOZ. 1
VIRTVTIS PREMIA. Vno Scettro ,che palla pe’I centro della Corona Du¬
cale di Tolcana. circondata da’ lei Globi Medicei .
16 FERD. MED. MAGN. DVX ETRVRI.E III.
Col precedente ri verfo .
17 FERDINANDVS MED. MAGN. ETRVRI^ III. \ m m. {
MAIESTATE TANTVM. Sciame d’Api volanti, col loro Rè nel mezo,
fenza pungolo. 2.
18 COSMVS II. MAGN. DVX ETRVRIjE IIII. Medaglione di maffima
grandezza, con mcza figura di quetto Principejlenza riverfo . _
19 COSMVS II. MAG. DVX ETRVRI^ II li. f (i. MOL. I
SIDERA MEDICEA. Giove ledente, col Fulmine , lo Scettro , e l’Aquila,
circondato dalle quattro Stelle erranti, che s’ aggirano attorno al di lui Pianeta,
(coperte in quetto Secolo dal Galileo , e da lui chiamate Medicee, come pure da
gli altri Attronomi più moderni , Se in particolare da Giovandomenico Cattìni,
Attronomo prima di Bologna, e pokia del Rè Crittianittìmo : il quale publicò
un Volume delle loro Efemcridi .
20 MAR. MAGDALEN^ ARCH. AVST. M. D. ETR. coKuoritrat-
to,c I g.m. I cdallapartedel G.D.l’aggiuntodel i6i8.
21 COSMVS III. D. G. MAGN. DVX ETRVRI^. _ _
MARG. ALOY. AVRELIANENSIS D. G. M. D. ETRVRI^. If.cheron.i
22 FERDINANDVS PRINCEPS ETRVRI^. Ferdinando, figliuolo di
Colmo III. _
MARIA ANNA COSMI III. M. D. ETRVRI^. | f. cheron. \ d’argento.
23 ANT. MED. P. FIS. (cioè Prior pìfartim) I R- G I
AMPLECTITVR OMNES. Figura nuda d’una Virtù, forti della Verità,
Coronata, la quale colla delira abbraccia un fanciullo, che tiene un Libro aper¬
to nelle mani in atto di farfi ammaettrare : c nella finittra hà un Cornucopia .
//. BJienJì.
I A LFONSVS DVX FER. M. S. R. E. CONF.
XA DE FORTI DVLCEDO. Sanlone colla Tetta del Leone piena-,
d’api . Del qual riverfo fe ne fervi anco Alfonfo III. come fi vede in una fua Me¬
daglia figurata appretto il Liìckio,p. 21, battuta del 15 1 1.
2 ALFONSVS II. DVX.
FERRARI.1È, &c. l’Aquila Eftcnfe.
3 ALF. IL DVX REGII . V.
NOBILITAS ESTENSIS. l’Aquila, come foprai
4 ALOYSIVS ESTENSIS M.D.LX. Mcdaglionecon mcza figura di que¬
llo Principe, fenza riverfo.
5 BOKSIVS DVX MVTINaE Z KEGII, MARCHIO ESTENSIS, Ra'
DIGII COMES. Meza figura di Borio, di gran rilievo. Hà perriverfoua
Bactifterio aperto, con lettere d’intorno, che manifeftano l’Artefice OPVS
PETRELINI DE FLORENTIA MCCCCLX.
6 CAESAR DVX MVT. REG. E. C. -
. . ' ’ NO* ■
I
i
LIBRO J^P J \ T 0. CAB. Xm. 4x9
NOBILITAS ESTENSIS. L’ Aquila Eftcnfe» Figurata tra le Me^aglie^mo-
dernc del Luckio , ove favella di Ferrara ricuperata da Clemente Vril. p. 367.
7 FRANO. ESTEN. MARCH. MASSAE. Francefco. Senza riverlo.
8 HERCVLES_DVX FERRARIE.
SVRREXIT XPS REX. C. LE. La RefurrezzionediChriRo. Medaglia»
ò Moneta d’oro.
9 HERCLES DVX.
REGIVM, OLIM AEMILIA. Arma della Città di Regio.'
10 HERCVLES FERRAR. DVX IL d’argento.
Gruppo di Serpenti nel fuoco. Si valle del medefimoriverfo il Duca Alionfo
III. come fi vede in una dì lui Medaglia figurata apprello il Luckio , p. 2 1 . òat-
tucadel 1 51 1. con quelle lettere d’intorno SIC REPVGNANT.
11 DVX FERRARIAE llll. Meza figura del Duca, veftita da Ercole, len¬
za nome, lignificato dall’ habito . Figurali dal Luckio col riverlo d’un Rinoce-
rote, animato dalle lettere VRGET MAIORA, Ipiegandofi dal medcfimo a
fol. 190. fottol’ anno 1558. di cuifù battuta.
12 HERCVLES IL FERRARIE DVX IIII. 1559. d’argento.
SVPERANDA OMNIS FORTVNA. Figura, che fembra della Pazienza,’
colla catena al piede.
13 HERCVLES IL DVX FERRARIAE IIII.
NE QVID IN OCCVLTO. Eicole,che ammazza Cacco fui limitare della
Caverna , da cui cleono alcuni de’ Buoi rubati . Sotto vi fi legge l’ età del Duca
AET. 27. 2. ’
14 SIGISMVNDVS ESTENSIS ILLVSTRISSIMVS. Medaglione di
malfima grandezza . Figura alata d’ Amore in piedi con un ramo di Palma nella
c]ellra,&uda Spada nella finillra, circondato da quelle lettere, che palelano
l’artefice OPVS SPERANDEI.
///. Gonzaghi,
I T>E, lì. MAR. MANT. ET MONTIS F.
IT* FIDES.
2 FEDERICVS DVX MANT. ET MAR. MONT. F.
HIG EST VICTORIA MVNDI. Chrifto in Croce fui Monte Calvario tra
due imagini di donne piangenti , colla Morte , e ’l Demonio diltefo a’ piedi .
FE. IL
3 FRAN. DVX MAN. IL ET MAR. MON. F. Francefco Giovanetto J
Medaglia d* argento .
VIAS TVAS DOMINE DEMONSTRA MIHI. L’Arcangelo Rafaele gui¬
dante Tobia, che tiene il Pefee nellafinillra idi cui Domenico Regi nel Tobia
Drama, apprello di me ManuferittOi così fà parlar il figliuolo di quelbuon^
Cieco, Att.V. Se. III. (
' . Bove il gran Fiume Tigre
Rode r arena t e intorbida le /fonde ì
In cui, volendo io poi
Render monde le piante,
Viddi repente ufeire ,
Immane Mefiro , un Pe/ce fmìfuratO }^
Bnd' io /uggia temendo, '
Anzi chiedevo a\uto al mio con/orte, ^
> Ma ejjo rimirando ii mio /pavento, .
Commando, eh* io prendevi
450 M y s n 0 c 0 s p I A K o
li guiT^Afite Animd^ che non fuggiva. ' . -1
Et io Jopra 1' arena
Dal fuo getto cavai il cor ^ e ’l fiele ^
Dicendomi A zzarla
che qttedo fervirebbe a darti lumey
Già che le luci tue hai fofche ^ e cieche^,
4 FRANC. MAR. MANTVE UH.
D, PROBASTI ME, ET COGNOVISTI M. Vn falcio di verghe d’ oro in
un Crociuolo nel mezodelle fiamme.
5 GVLIELMVS MAR. MONTFER. ETC. d’argento.
CRI. RO. IMF. PRINC. VICA. P. P. L’ Arma di quefto Principe:
6 G. D. G. D. M. III. E M. F. P. & in un velo oatmhos. Mcdaglià
di Gugliclmo_Duca di Mantova.
SANGVIS XPI. lESV. Eremita ador.ate il Satifs. Sangue di Chrifto nel Calice.
7 FERD. D. G. DVX MANT. VI.
NON MVTVATA LVCE. IlSole. Medaglia d’argento.
8 CAROLVS D. G. DVX MANT. VIIII. ET MONT. F. VII. Col
rìverfo , & ifcrizzionc della precedente . Medaglia d' argento .
5> FERDINANDVS GONZAGA DVX HI. GVASTALL^. d’argéto.
10 VESP. DVX SABLONETjE I. col riverfo di S. Nicolò.
11 ALOY. CAESAR G. SAB. DVCES, S. col riverfo medefimo.
12 SCIP. GON. S. R. I. BOZ. PRIN.
IVNCTVS SPLENDOR. IlSole
SCIP. D. G. DV. SABL. S. R. I. ET BOZ. PR.
SVB PENNIS EIVS. L’Aquila Imperiale di due tefte.
14 CAR. GON. D. G. S. R. I. PRL D. SOL. cioh Solfarini Domini .
LVX COMMVNIS, HIC PROPRIA. Il Sole. Medaglia d’argento.
15 FER. D. G. CAST. PRIN. lenza riverfo.
IV, Sforzefehi.
I -r^RANCISCVS SFORTIA VICECOMES DVX MLI QVARTVS:
Ir* CLEMENTIA, ET ARMIS PARTA. Il Duca a cavallo, lotto un
Baluacchino , accarezzando , c ricevendo coi tefemente la moltitudine del po¬
polo ,che và a baciarli la mano, c riverirlo, raentre^gli fila fua prima folcnnc
entrata in Milano. __
2 GALEAZ M. SF. VICECO. DVX MLI. QVI.
P. P. ANGLE. Q^CO. AC lANVE D. C. Z. M. L’Arma Sforzefea.
3 IO. GZ. M. SF. VICECO. DVX MLI. SX. Armade* Vifconti .
LVDOVICO PATRVO GVBERNANTE. TeftadiS. Ambrogio tra le let¬
tere S. A. cioè i". Ambrofius. d’argento.
4 IO. SF. CONSTANTII SF. F. PISAVRI &c. D.
PATRIA RECEPTA, Vn Giogo, Due; l’ una di bronzo, l’altra d’argento.
5 IOANNES SFORTIA PISAVRI DOM.
PVBLICE COMMODITATI. 2.
6 IO. S. DE ARA. CO. COTI. PISAVRI DO. L’ Arma Sforzefea , e
d’ Aragona inquartate .
ORA PRO N. P. L’ imagine di N.D. fedente, d’argento.
f'’. feltri della Rovere,
I T^RANCISCVS MARIA DVX METAVRES.
J/ MORTALIVM IMMORTALITAS. Figura della Fama volanlè con
vna Tromba nella deara,& un’altra nella finiftra. Medaglia battuta l’anno 1517.
nella
L IIS 2t 0 A K T 0. CAP. XPlll 451
nella ricuperazione del fuo Stato d’Vf bino occupatogli da Leone X. come fcri-
vono il noftroPiatina,GiacomoSchrenck, Gerardo di Roo, & ilLuckio, che
figura , e fpiega quella Medaglia tra le fue moderne tf.37,
2 GVIDVS VII. VRB. DVX.
.... CO. MONT. FE. AC DVRANT. 2. diverfe.
I'/. Bentivogli, Signori di Bologna,
I f 0. BENT. II. HANIB. FILIVS, EQVES, AC COMES, PATRIA
1 PRINCEPSi AC LIBERTATIS COLVMEN. Medaglione di maflìma
grandezza, con meza figura di quello Principe , Ha per riverfo la Statua Eque-
ìtre di Giovanni medelimo, accompagnata da un’altra imagine di Cavaliere, ta¬
le appunto , quale olTervafi al naturale nella nobile Cappella de’ Bentivogli in S.
Giacomo di Bologna . Di chi fia manifattura,lo dichiarano le lettere nel contor¬
no d’ elio riverfo. OPVS SPERANDEI. Parlano di quello Principe quali tut¬
ti gl’Iftorici, e Poeti di quel tempo; «Se in particolare Gio. Michele Nagonio, che
in lode di lui Icriffe un grolTo Volume di Poefic latine , che confervo Manuferit-
to , per publicarlo un giorno , fe ci accud irà Chi più di me v’ è interefiato , e più
d’ una volta me ne hà dato parola , fecondando il configlio di chi cantò .
Br omittas facito t quid enim promittere laditf
Promijfis dives quilibet efe potejl ,
Porta quello titolo: loannis Michaelis N agonii Antoniani , publico decreto Civis
Romani i Poeta Laureati ^ de Gedis loannis II, Bentivoli Bononienfum Brinci-
pis , Farior um 'far minum Libri VI.
2 IOANMES BEMTIVOLVS IL BONONIENSIS.
MAXIMILIANI IMPERATORIS MVNVS MCCCCLXXXXIIII. quattro
di bronzo nel Muleo , & altrettante d* argento , ma di tre conii differenti , ne gli
Scrittorii di Cafa del Sig. Marchefe^ dellinate pure al Muleo.
3 I. 6, L’Arma BenttvoIefca,inquartata coll’ Aquila Imperiale.
S. IOANNES EVANG. S. Gio. Evangeiifta.
4 MAXIMILIANI IMPERA. MVN. L’Arma inquartata , come fopra*
d’argento.
5 MAXIMILIANI IMPERA. MVNVS. Medaglia grolTa d’argento, col
ri verfo della precedente . Del conio della quale il Sig. Marchefe ne hà una d’ o-
ro di pefo di due Ongari .
6 IOANNI II. BENTIVOLO. L’Arma inquartata de* Bentivogli.
MAXIMILIANI CONCESS. Aquila Imperiale, d’argento.
7 ANTONI... GAL.... L’ Arma Beativoglia , col Capello Prelatizio. 2.
HÀNIBAL BENTLI S. Aquilainunnido,coImotto NVNC MICHI. con
che quello Annibaie lignificava trovarli egli col Fratello , & il Padre nel poffef-
fo di quella grandezza , nella quale altri non havevano potuto mantcnerfi, eda
cui polcia egli fteffo col Padre , e Fratelli fù precipitato . Fà quello il fecondo
di tal nome , così chiamato in memoria dell’ Avolo , che dal Carcere di Varca¬
no fù portato al Principato della Patria da Galeazzo Marefeotti Cavalier Bolo-
gnefe ; il quale di quella imprefa , e delle guerre che ne fuccelTero , e nelle qua¬
li egli hebbe gran parte, ad imitazione di Cefare, ne fcrille fedelmente un Com¬
mentario, ma in Italiano, e dedicòllo a quello fecondo Annibaie. Ne giunfe
in mio potere l’Originale in carta pergamena gentilillìmamente miniato, cura
perfuafione del Sig. Marchefe Ippolito Bentivogli , difeendente per dritta linea
da G'O. IL tradurti in latino , con farvi diverfe Annotazioni , le quali farebbero
(lampare col medefimo Commentario, fe non havelfero corfo la fortuna di quei
Codice, di cui fa velia Ottavio Scarlattini al num.22. de’ Manuferitti diverfi*
ch’egli
43^
^ V S E 0 C 0 S ? I A "N 0
':dìàr. Mnf.
Afet. l. 4.
tl-t- 546,
C.6.4J.’
"^nt. Liba-
mr. Fifa di
'Dav. Dan-
dtntt mthì
279^
chVgli mentova nella lua Lettera al Lettore, premeva alle Poefic Latine di Gio»
GandolH.
8 NVNC MICHI. L’Aquila, come fopra. Hà dall’ altro canto l’ Arma
nuda della Sega, 3.
f'/L Tegoli .
} /^VIDO PEPVLVS BONONIENSIS COMES.’ Meza figura d’ altif-
Vj fimo rilievo.
SIC ìJOCVI regnare TYRANNVM. Due figure fedenti, l’unadiRc
Coronato, collo Scettro nella finiftra; l’altra di Filofofo, ambe nell’atto di
giuocare a’ Scacchi. Sotto vi fi legge OPVS SPERANDEI. Gentiliffimaim-
prefa, con cui alludendo all'infegna del fuo Calato quello Perfonao^io non
folo accennò a Regnanti la ficurezza dello Stato conlìftere in tener alleltito un’
Elercito, come viene efprelTo nella Tavola dello Scacchiere : ma rinovò al Mon¬
do la memoria dell’ induftre Filofofo Serfe , quegli che circa gli anni del Mon-
do 3635. per divertire da gli atti della tirannide il Rè Enimeldracco, figliuolo
di Nabuccodonoforre , inventò il giuoco de gli Scacchi : e coi tenerlo impedi¬
to in elTo, mediante l’applicazione che vi fi richiedeva, a poco a poco gli fece
capire, che, come in quel giuoco il Rè facilmente poteva eficre oppreffo, fe
nonerafollecitamentealfiftito,edifefodafuoi >• cosìlaMaeftà d’un Monarca
è vacillante, fc non hà pronti alla difefa i Sudditi , che coll’ amorevolezza fi
mantengono in affetto. Di che Gregorio Ducchi Poeta Brefeiano, il quale di
quefto Giuoco fcriffe un curiofo Poema , altro ve citato , ne cantò
Oratore i Tilofofoj e Poeta %
Co» fottile y e con mirande
Arti ridujje il giuoco a la fua metal
Ter far da farte por /’ opre nefande
' C// Enimeldracco y e la troppo cndtfcretay
E da lui molto ufata tirannia y
Implicando tl penfer per queBa via.
Era codui si gran ricco y e potente
Ma sì crudele , e perfdo T iranno ,
che uccidere facea di molta gente ,
E dava a i fusi foggetti molto a fanno 1
^ueH ’ huomo dunque afiuto , e affi prudente
Penso di difior nar lo con inganno,
che quefio fottìi giuoco , e tempo , e ingegno
Ricerca a chi lo vuol condurre a fegno .
Nel qual Poema fe lo ftile è humile , non è bada l’ invenzione , che riufeì altret¬
tanto felice, quanto fù grande l’ animo dell’Autore nell’ intraprendere un’ar¬
gomento con ogni perfezzione maneggiato prinaa dal nollro V ida nel fuo Poe¬
ma intitolato di cui fi portò li fiftretto in quattro verfi nel pre¬
cedente Libro al Cap. XX Vili. num. 4.
Altri però non a Serie il Filofofo, ma a Palamede attribuifeono l’invenzione
di quefto ingegnofiftìmo giuoco ; afferendolo da elTo trovato nel decennio del¬
la Guerra Trojana , per loilevamento de gli animi dell’Efercito Greco . Quin¬
di Giorgio Cadreno nel Compendio delle Iftoriea pag. 103. della edizione di
Guilelmo Silandri ne fcriffe .♦ Is efi Palamedes , qui ad exercitus reficiendos
obleSiatione animot , tabulam , eyis compofitionem , philofophica admodum in-
dufiria invenit. Così giudicò DaniclSouterio nel fuo Palamede ftampatoin
Leiden
L i B n 0 4 y A R T 0, C4f. ma.
Leiden in 8. il 1 62 5. da gli Elzeviri; infieme co’ GiuoehidclQrcci del Mci^rEoi
6c altri citati dal Sapricio ne! Veratro, P. il. pag. Il j, .
2 TADEVS DE PEPOLIS.
S. P. DE BONONIA, d’ argento.'
3 Monete d’argento dello ftedo,c5 BONONIA MATER STVDÌÓRlYM’
4 Tré altre di coni; differenti con lettere Lacinogo-tiche, . T,"
FUI. Principi diverjt. , *
j A L. EM. D. G. DVX SAB. . . . . Il CavalÌo,Infcgnadi S, A. RV
A SERVATA PATRIA. La Croce, Arma Ducale. ^ ^
2 ALEXANO. PICVS DVX. MIR_H.
VOLVAM, ET INSCENDAM. Dettriero bizzarro ,.infeIIatoZ i
3 CAMILLVS AVSTRIA CORR. COM. > i
SVB VMBRA ALARVM TVARVM. L’Aquila Auftriaca:
^ 4 CONSALVVS FERD. CORDVBA IL Senza riverloi „ .
5 FERDINAN. CAROL. D. G. ARCHID. AVS. 153«. d’argento;
DVX BVRGVNDI. COM. TYROLIS. L^Arraafua. ::r
6 D. FERNANDVS TOLEDO DVX ALBE. HàperriverfòdUe Amo>
fini volanti , ciafcheduno con una Corona nelle mani .
7 FRANCISC. TRIVL. M. VIGLa 7. L’Armadc’Triulzi. .
SANCTV. GEORGIVS.
8 LVDOVICVS DVX AVI. P. G. RESTITVTQR. , . i
RESTITVTVM j mpad 'RPr'MVM ^ F'gura militare fedente, alfalita
SERVATVM J da un Cavallo Coronato, che
viene refpinto da un’altra figura ,che fe gli opf onc con un baffone nella delira,
c colla finiftra foftènta la predetta figura militi re, cadente per l’impeto ^' cbcA-
moftrad’havergli fatto quel Cavallo. . . i V
0 NICOL AVS TRONVS DVX. Col riverfo di S. Marco: .
IO DVX VENET. ET DVCIS.lmagine intiera del Doge, e difuaMogiieJ:
PAX TIBI MARCE EV. Il Leone di S. Marco, di cui Gio.Gandoifiepig.^,
Cur tibi fit facies animofi. Marce ^ Leonis
Jiuarimus, Hoc fidei robur inejfe notat.
XI OLIVAR. O. G. R. P. ANG SCO. ET HIB. &c. PRO.
PAX QVJERITVR BELLO. 1658. L’ Arma gentilizia di quello Tiranno vj
degno veramente di quello Elogio, che gli fù indirizzato dall’ crodicilfinjo
Ghibbefio, ch’èadiredall’OraziodelTamrgi, Lyric.Iib, IV.Od.XI. cioè. ,
O* infamis apex ^ & Phalaris crimimbus nocens?
Detefiata tuo cum fodiet marra cadaveri ; _
Sub furca tumulum \ (lanfque \ecur diffiderit fidasi
Nunc dr qtii tnmor eU Tarquiniis faftibus auSiior
Tseprefus Cromdéllum in faniem fuderit horridam . .
12 PASCALE CICONIA DVCE VENETIAR. ETC. AN.DNI 1595.
Il Leone di S. Marco ,
FORI IVLII. ITALIAE, ET CHRIS. FIDEI PROPVGNACVLVM. La..
Pianta di Palma Nuova,con entro le lettere PALMA,e .{opralaCroceIualnfe-
gnail motto IN HOC SIGNO TVT A. Medag. figurata nella Tavola di Palma,
cheli vede nel Teat. delle Città d’Italia, p 76.deired.diFranc.Berellii($29.4.
13 SIGISMVNDVS P.D. MAL ATESTIS S.R. ECL. C. GENERALIS
MCCCCXLVI. Ha ne! riverfol’Imagine della Fortezza ledente.
14 SIGISMVNDVS PANDVLFVS MALATESTA PAN. F. Medagìio-’
nedi prima grandezza ,conineza figura di SigTmondo.
Oo CA3
4^4 ii v s à & -Tc^'o 5 P / a'V^O'
GAàTéLlVM SISMVNDVM AKIiVilNENSE MCCCCXLVI. Vcdui»
dclnobjliiijino Cafteiiofdbbricato-da Sigifmondo. 2.
14 SIGISMVNDVS PANDVLFVS MALATBSTA.
PONTIFICII EXERCITVS IMP. HCCCC.XLVII. Bracciacottimramo,
còmékoibra.di PaImaihunaman9,allu(ìvo alla felicità, c*on che combattè
più volte, c viole Sig'Imotido, portando la Vittoria, dove comandando militava,
delle lue azzioni tr^atrano molti, & in particolare il Giovio,c Giulio Rodi Orlino
ne gir Elogii Militari ; Ninno però nc faveì'U come di Letterato,- e fpeciaJmaente
Poeta, benché tale egli fulfe.j^ non mancando confronti , che palclaiio la fertilità
della di lui vena, anco trà gli Crepiti della guerra : cólcrvando io alcune lue Foe«
iìe Italiane,» molte Latine •Manufcri'teyCheeiàdimoRrano. Che peròhebbià
icrivcrn£« MarSj & fihi Prince^ MaUteFi* lel armis,
Vir-vidùs iti mediis, •mefra. fsnorti dabat,. -
i ttuuCf dando, jferct'fosiy^Jlatce Poetis .
^*i boàus e Fi Vates iinttr éd arma cattiti
ij SIGISMVNDVS PANDVLFVS MAL ATESTA PAN. F.
PRAECL.AR1MINTT1SMPLVM AN.XiRATIAE V.P.MCCCGL. Facciata
della bellilfima Chiefa di &'FranccIco di Rimini,fatta fabbricar daSigilmondo.
16 SYRVS AVS-TR. CORR. .PaiNÌ *1
MEMORES VBERV TVORVM. EffigiediNoRraSignoradettadéllà-
Rola, di Coreggio, M-d’ argenta, i •' .
, Megike y é Prtkewjfe . . ,
Ca^ . XIX/
9 ^HRISTINA REGINA. Telia iJureatadcIIa Regina Criftina di Svezia.
II. M. Tré Corone Reali . Medaglia d’argento.
* MARGARITA AVSTRIA. Serrza riverfo, come la Medaglia figurata-
apprelTo il Lucido, p. 22 i.bartutadel •
3 MARIA AVSTR. REG. BOEM. CAROLI V. IMP. F.
CONSOCIATIO RERVM DOMINA. Donna con una Corona Imperiale
nella delira, & uno Scettro con due rami, uno d’oliva, l’altro, come lembra,
d’alloro per parte, nella finiftra, in atto di caminate per una gran mafia d’ armi,
de infegne militari modèrne .
4 MARIE THERESE D. G. FR. ET NAV. REG.
LVD. XIIII. D. G. FR. ET NAV. REX.
J MARIA I. REG. ANGL. FRANC. ET HIB. FIDE! DEFENSA¬
TRIX. Effigie di Maria Stuarda, Itnzanvcrlo, il qualepuò vederli nel Meda¬
glione figurato apprèso il Luclcio lotto l’anno 1 5 53. p. 165.
6 MARIA DVX BVRGVNDIAE, AVSTRIAE. Maria di Borgogna.
MAXIMILIANVS DVX AVSTRIAE, BVRGVND.
7 MÀRfA KARÒLI F. DVX BVRGVNDIAE, AVSTRIAE, BRAB.
C. FLAN.
MAXIMILIANVS FR. CAES. F. DVX AVSTR. BVRGVND.
8 MARU MAGD. ARCHID. AVSTR. MAC. DVX. ETR. Meza figura
di<jucfta Principefla velata , fatta con tanto artifizio , che nel velo fi diftir^gucno
le fila. Sotto vi è il nome dell’artefice abbreviato in quelle note |'gasp.]
AETHER a . L’Vccello di Paradifolorvolatc le nubi , attorno cui fi leggono gli
antedetti carattc i . Sotto in pfofpettiva fi vede un fquarcio della Città di Firéze.
9 MAR. MAGDALEN^ ARCH. AVST. M. D. ETR.f^;] Ha |>riv.
COSMVS 11. MAG. DVX ETRVRIu® Illl. Tg-mol. .^gTl
*■ - ^ IO Al-
L i 's & 0 ^ Par t 0. CAP. xix. j
10 Altra fimile, fenzarivcrfo.
11 MAR. MAGDALEN^ ARCH. AVSTR. MAG. D. ETR. Meda¬
glione di prima grandezza, pure fenzarivcrfo. 2.
12 MARIA CASIMIRA CORON. IN REGIM. POL. M.D.L. DIE zJ:
FEB. i6y6. Incoronazione della Regina di Polonia.
FVLGORES SOCIATAM VOCAT IN CONSORTIA REGNI. La Lu¬
na , che illuminata dal Sole camina fopra d’ un Carro tirato da due Cervi . d’arg,
13 BIANCHA CAPP. MED. M. DVC. ETRVRI^. Senza riverfo.
34 CHRISTIANA P. D. L. GRAN. DVC. DI TOSCA. Meza figu^
ra di quella Principeffa di fuperbfflìmo lavoro .
FRVCTVM. LVMENQ. PVDORIS. Vnafpicadifrumento, incuifivedc
una Stella circondata da fette altre alludenti alla coftellazione della Vergine . 2.
ij CHRISTIANA PRINC. LOTH. MAG. DVX HETRVR. Meda,
gUone di maffima grandezza , lenza riverfo ,
16 ELEONORA FLORENTIA DVCISSAJ
CVM PVDORE LAETA FOECVNDITAS. Pavone coafottoTalifpie-
gate fei Pavoncini,
17 MARG. ALOY. AVRELIANENSIS D. G. M. D. ETRVRI^!
1" F. CHERON. ] d’argento.
COSMVS III. D. G. MAGN. DVX ETRVRI^, di cui cantando là
Fama colla felice Mufa di Iacopo Gronovio , degno figliuolo di Gio. Frederico.
mmmmm w-i.iw nufquAm elementior ilio
Imperii Lucumo moderamina, rexit Etrufcif
Non probitate prior , non magnificentior alter,
18 MARIA ANNA COSMI III. M. D. ETRVRIiE. f f- cheron.' |
d* argento .
FERDINANDVS PRINCEPS ETRVRI^. II Gran Principe , figliuolo di
Cofmo IlI.
19 BARBARA AVSTR. ESTEN. 1505. fenza riverfo,
*0 HIPPOLYTA GONZAGA FERDINANDI FIL. AN. XV. c di
lotto AiflNAPiTHNOZ. Senza rivcrfo . 2.
21 HIPPOLYTA GONZAGA FERDINANDI FIL. AN. XVII. 2.
fenza riverfo.
22 HIERONYMA FARNESIA D. S. VITALI. 1556. P. fenzarivcrfo;
23 IVLIA FELTRIA DE RVVERE EiTEN. efotto P. lettera iniziale
de) ome dell’artefice. Senza riverfo.
24 CAMILLA SFOR. DE AR AGONI A MATRONA^j. PVDICISSIr'
MA, PISAVRI DOMINA. - ^
SIC ITVR AD ASTRA. Vergine aflìfa fopra un'Alicorno, & un Canc,con
lottovi OPVS SPERANDEI. Medaglione grandilfimo di bronzo.
2j CATHARIN^ SF. DE RIARIO FORLIVII , IMOLAE , 01. CP.
Meza figura di Caterina Sforza . Senza riverfo .
26 LVCRETIA BORGIA ESTEN. FERRARIS, MVT. AC REGI!
D. Mezafigurabellilfimadi Lucrezia, che fù figliuola d’Aleffandro VI. e fo->
rella del Duca Valentino .
VIRTVTI AC FORMAE PVDICITIA PRAECIOSISSIMVM. Albero
da cui pende un trofeo di Strumenti Muficali . Al tronco vi ftà legato colle ma¬
ni dietro le fpalle Amore , la di cui faretra rotta pende da un ramo di quell’ Al¬
bero, Medaglione di prima grandezza, tanto più offervabile, quanto meno
concordano coll’ ifcrizzione del fuo riverfo alcuni Scrittori di quel tempo . ^
O o a Huo» *
4 3 M y S E 0 C 0 s P l A N 0
i _ Huomini illufiri ,
Cap. XX,
t A LEXANDER LIVICELLVS CREM. Mcza figura d’huomo vecchio/
fenza riverfo .
2 rt.NlDREAS BARBATI A MESSANIVS EQVES ARAGONJEQVE
REGIS COMSILIARIVS IVRIS VFRIVSQVE SPLEN DI DI SSIM VIVI
IVBAR. y^iidrea Barbaz za Cavai icr Meflìnefe, come nc adita i’ifcrizzione ,
Nel riverfo uaa figura|in piedi di Donna ignuda coni capelli Iparpagliati, con
braccia aperte tenendo nelle mani due Libri, a piedi della quale ve nc fono mol¬
ti . Dalla ifcrizzione di tal Medaglia, e dalle ali, che fono fei, cioè alle fpalle, a i
lombi , 3c alle ginochia,c manifefto, che tal figura fia la fama del fuderto Dotto¬
re: oltre che l’ ifcrizzione, eh’ è FAMA SVPER AETHERA NOTVS, confer¬
ma il tutto. Qjantafulfc la fama di quello Celebre Dottore, non folo loda a di¬
vedere la prefenre Medaglia col riverfo d’ una Fama, fuor dell’ufato effigiata, ma
ancora le Opere ftampate dal medefìmo, effendo quello flato Eminéte nel noflro
Studio, (ft havendo fondata la Nobiliffìma Famigl.a di tal nome in quella Patria ,
dove fono fcaturiti celebri huomini in lettere , & in armi . di Metallo .
3 ANDR ALCIATVS IVR. COS. COMES P.
ANAPOX AiKAioT KAPnos OTK AiioATCA. Vn Caduceo,có due Comi di dov,
4 ANDRE AS DORI A P. t. Meza figura del Doria, col Tridente di Net¬
tuno dopo le fpalle . Hà per riverfo una Galera in alto Mare , feguita da un Bat¬
tello. 5 Spiega quello riverfo il Luckio, p. 1 30. figurandolo col motto NON
dormii QVI CVSTODIT.
5 ANT. LyEVA CMS. EXER. IN ITAL. IMP. MEDIOL. REI.
Vie. GEN.
yNDIQ^ PARTA. La Fama, che Tuonala Tromba, flando con un piede fo-
pra un giobo, il quale pofafoprà un faflo quadrato. In profpettiva fi vede la
Cittàdi Milano .
6 CAMILLVS AGRIPPA ANT. F.
VELIS, NOLISVE. Statua Militare, che tiene per i capelli la Fortuna^
7 CANDIDVS STVDIORVM HVMANITATIS DECVS . Medaglio-
ne con meza figura di Candido d’ altiflìmo rilievo. Hà nel rivet fo un Libro
aperto , con otto fegnacoli pendenti , il tutto di belliflìmo lavoro del Pifani , co¬
me moflrano le lettere, che Io contornano. OPVS PISANI PICTORIS.
8 C. CONCINI MARQ^ DANCRE. MAR.'"'^ DE FRANC. L’AtmsL-
del Concini , coronata .
TVTA SORTE FIDELITAS. 1514. Ellera avviluppata intorno ad un’ An¬
cora , fopra di evi vedefi un globo alato .
9 CAR. ERRARD MONSTRAT ITER. Meza figura di quefto grand’
hu omo, riguardante il Cielo: & in effa intagliate quelle lettere [roma. ■671.')
SIC FIES APOLLO. Imagine d’ Apolline, che addita in lontananza il Pitone
urcifo. Medaglione d’argento , d’efquifìtiilì no conio , opera di chi v’efpreffe
[f.<-h&kon/) Nefece un regalie al Sig. March, il Ser. Card. Leopoldo Medici,
il quale có quello donò al medefìmo altri Medaglioni,come se notato di fopra.^
10 DOMINIO. FJNFANA CIV. RO. COM. PALAT. ET EQ. AVR.
IVSSV XYSTI QVINT. PONT. OPT. M 'X. EX NER. CIR, TRANSTV-
L1T,ET EREXIT i58'5. L’Obelifco Vaticano, la cui crezzione viene minu¬
tamente deferitta da Monfig. Michele Mercati nel luo Libro de gli Obelilc. c 40.
facendo infieme gloriola menzione deli’ .Architetto, chclo tralportò , & t rcHo
nel cap. 38. 11 FER^
LIBRO A R T O, CAR. XX. 437
II FERDINANDVS COSPIVS PATR. ET SENATOR BONOMIA;
EQVES COMMEN. S. STEPH. ET BAYV. ARET. MARCHIO PE-
TRIOLI . Pianta del nobile , & antico Cafteljo di Pctnolo ; il quale , coi fuo
Territorio, illicuito Marchelato, dal Sereniffinio Granduca Ferdinando II. fù
con gcnerofità degna di tanto Principe donato in Feudo al Sig. Bali Colpi , co¬
me appare dal Diploma fpedito lotto il dì 29. Luglio 1648. Giace quello Ca-
ftello nel diftretto di Siena , e lontano da ella XV. miglia, lìtuato fra due Icolccfi
monti sù la viamaeftra, che conduce a GrolTeto. Fù dalla Republica Sanele
cinto di belle mura, circa Tanno di Chrifto 1200. & il di lui governo iù per
qualche tempo amminillrato da un Podeftà: apparendo in una Scrittura antica,
fra quelli, che governarono il detto Callello, uno della nobililfima Famiglia
de’Beccarini. E per quanto fi raccoglie da alcune Memorie antichilfime, heb-
be lotto la fua giurifdizione i Caftelli di Tela , Tocchi , S. Lorenzo , e Pari, ove
di prefente è trasferita la refidenzad’un Vicario, due miglia vicino a Ferriolo/
colla giurifdizione de’ Indetti luoghi. Lo refero fopra tutto famofoi Bagni,
che fono fiati giudicati i più antichi d’ ogn’ altro del Territorio di Siena ,e d’ al¬
tre Città d’ Italia ; inrenderidofi fa\/ellar di quelli Celio Aureliano nel lib. I. IL
c V. 4e tardis Pajjlonihtis y dovefà fpecificamenzione delle acque Sanefi, tra-'
iafeiando le Tifane, & altre che in Italia erano in ufo; e Vitruvio, che nel libro
Vlli.cap. HI. de aquis calidis a metallis prodeuntibus y frale Italiane, che pure
erano molte, celebrò le Sanefi in Tofeana . Nel che furono feguiti da Giorgio
Agricola, che fece lofteffonellib.lv. de natura eorum, qua effluunt ex terrà.
Che poi dove gli antichi nominano le acque Sanefi in ifpezic , quefte debbano
àntenderfi per quelle di Petriolo , fi può cavare dalle parole di Gentile da Foli¬
gno , gran feguace , e Commentator d’ Avicenna : fcrivendo egli nel fuo primo
.Trattato: Balneum Petrioli a-^ud antiquos famoflus erat. Nel qual Trattato fa¬
vellando delle virtù di quefti Bagni, dice, che Balnea Petrioli de comitatu Sena^
rum. habent multum de Sulphure in fubjlantià groflà. & ftttt fortia in ex fic¬
cando. dr calefaciendo , E nel fecondo Trattato foggiunge .• Balnea Petrioli
qua funt multum fulphurea. ép cum fuhfiantià multum groflà. multum calefa¬
ciunt .exiccant . fubtiliant humores, ér refolvunt eos in habentibus dolorem ytnm
clurarum. Fecero fimilmente particolare, e lunga menzione di quelli Bagni
Vgolino da Montecatino , il Savonarola ,& il Mengo da Faenza , & altri Medi-
cidigrannomene’Secolipaflfatijegliantepoferoa tutti in virtù, e concorfo.
Dice Vgolino , eh’ è fulfureo , & a luminofo , che rifcalda molto , eficca , e rilol-
ve ; e perciò era giovevole a gli affetti delle giunture , e nervi da caufa fredda ,
alle fciatichc,& alT intemperie fredde della teda ; e che s’adoperava con doccia,
fottomcttcndo la teda per qualche tempo dove calcava l’ acqua, che ufeiva fuo- "
ri d’u'ta bocca di Leone. Approva l’andare a quefti Bagni li Mefi di Marzo,
e d’ Aprile : benché altri diceffero di Settembre , e d’ Ottobre ;e la ragione d’ V-
golino fi è , perche di Settembre, ed’ Ottobre il freddo fopravegnente correria
per gli pori della cute aperti nell’ufo del bagno,e farebbe gran nocumentodl che
fifeanfa ufandoIidiMarzo, e d’ Aprile; e conchiude finalmente, che eli Bal¬
neum infgnis fama. II Savonarola nota con altri , che quefio Bagno prele il nó¬
me dal Caiiello di Petriolo, e che erat cateris famoflus \ e che era tanto fulfu¬
reo , chefpargeva T odore del follo mezo miglio lontano; e che bave va una
tale fchiuma fulfurea fopra ì’ acqua : di poi nomina molte infermità fredde , al¬
le quali giovava . Scrive il limile il Mengo da Faenza, aggiungendo però che
crede che quelli Bagni habbiano perduto in gran parte le virtù fudette , per mi-
ftura di qualche acqua dolce . Ne tratta parimente il Baverio in un fuo Confi-
Oo 3 glio.
/
4j8 M V S e 0 C 0 S P 1 A 0
Slio , in cui ordina, che nel bagnarfi fi cominci dal Bagno di Caldanellai e poi
fivada a quello di Pctriolo, come più caldo, e più ethcacc . Numera fimilmen-
fe quelli Bagni colle virtù predette , e lucceflìvamenre gli altri di Siena , Barto-
iomeoda Torino , Medico pure famofo de’ luoi tempi . E così il Franciotti , &
il Mercuriale in varii luoghi : e con e(fi il Sennerto ,& il Vecherio, benché ol¬
tramontani, Segnalò quelli Bagni Pio II. Pontefice , conferitoli ad elfi per ren¬
derli libero d’ alcune lue indilpofizioni; Per lo thè rimale il nome del Bagno
del Papa .che cutt’ oggi dura, a quel luogo, dov’ egli loleva bagnarfi . Et avan¬
ti detto Pontefice per ducente , e più anni, furono frequentati detti Bagni da più
Baroni Romani, come Colonnefi .Gaerani ,& altri; de’ quali ne appare memo¬
ria nel ludetto Caftello . Trovali alprclentePetrioIodalleingiunc dcliempo
alquanto dameggiato ;&i di lui Bagni, le bene conltrvaro la virtù medicinale
di prima , non fono tanto frequentati ;forli perche tendendola vici flit Udine va¬
riabile ogni cofa .anco alle Terme medicinali lìa fiato alTc gnato i! loro periodo,
I» FRANCESCO DA SANGALLO SCVLTORE ET ARCHHET-
TO FIORENTINO. Francelco da Sangallo colla detta ilcrizzionc .
Ha nel rivcrlo un Termine, che con una mano palce un Cane, e tutto circondato
d’un feltonedi frutti , colf ilcnzzione DVRABO. di Metallo.
13 GABRIEL LIPP. MezaStatua d’huomo non moltoattcmpato.con un
Cornucopia nella lìniftra ,
14 GA*>PAR ELEPH ANTVTIVS. Mera figura di Gafparo, colla velie
Dtma'cda ''on-ore, lunghifiima baiba,di bcliilTimo artifizio ,
AJìPON ©EOT ZTAMA?, Mcza figura di donna politi van.'cni c veli ita .
15 lOANMES B iPT. PORTA LYNCEVS NEAFOL. in habito da Dotr.
NATVRA RECLVSA, Vna figura nuda con una fiamma in t£ Ila , un globo
nella delira , e una fiaccola accefa nella finiRra in atto di ulcire da una fabbrica
antica, di Metallo.
16 GIOVANNI FONDATI N. F. fenza riverfo.
17 HANS KRAV VV1NCKEL. SCHIF. Tré Galere veleggiami .
PIETATE, ET IVSTITIA. L’ Armadel RèCriflianilTimo.
18 HIER. CARDANVS AETATIS AN. XLIII.
ONEIPON. Diverfe Figure rapprelcntanci un Sogno. Con che fori! allufe il
Cardano a ciò, ch’egli Icrillc de’ Sogni .
19 HIFPOLITVS BRACCIOLINVS. Mcza figura armata, con lotto S. P.
PVTIDIS NON ASSIDET VLLIS. Ape lopra un Fiore, che Icmbrarcbbe
• Rofa, le la Pianta fulfc meglio clprclTa ,
20 lACO. BOVIVS IVRECONS. BONON. EQ. CO. ALM^ VRB.
SEN. Meza Figura torquata di Giacomo Bovio in un Medaglione di leioncie
di diametro , lenza rivcrlo . _
21 lACOBVS III. COMES DE PANICO GEOMATES. Medaglione
di bronzo con meza figura di quell’ huomo.con lunga barba ; lenza rivcilo .
21 C. V. lOHANNES ORSINI DE LANFKEDINIS DE FLOREN¬
TIA. Medaglione con Giovanni , d’ alttllìmo rilievo .
SIC PEREVNT INSAPIENTIVM SAGIPTE , ET ILLVSTRANTVR
IVSTI. Vna bcllilfima Facciata di Chicla, con due Statue d’ Angioli , una per
parte ,c 1’ imagine d’ un’huomo ,che v’ entra per la Porta maggioie , giunto al¬
la cima d’una Icalinata , che a quella conduce; in fondo della quale lì vede l’ cf-
figied’un Sagittario col turcallo in terra , in anodi Icoccare una Saetta nel cor¬
po di colui ch’entra in Chiela , figurato per Giovanni Lar fredini : il tutto cir¬
condato dalle fudcite lettere a rilievo , che /piegano a ballanza l’illoria accen¬
nata.
LIBRO A\r 0. CAR, XX, 43J
nata. Di chi (ia manifattura, lo moftrano le lettere intagliatevi OPVS SP£.'
RANDE! .
23 IOANNES ALOISIVS TVSCANVS AVDITOR CAM. Il Tofca-
no, laureato.
OyiD NON PALLAS? BelliUìma Statua di Pallade in piedi fopra un DelH^
no , tenendo n ella dedra un’afta , a cui è avviticchiato un Serpente . Nella ftni*
ftra hà lo Scudo , e quinci, e quindi L. P. 2.
24 IO. BA. GAS. CAR. V. CAES. PER. RO. REG. ET BOE. RE.
EXERCIT. DVX.
CAPTIS, SVBAC. FVSISQ:^REG. NAVAR. DACI^ . ET OLIM
PERSA TVRC. DVCE. Quattro Statue intiere in piedi, cioè quella del Ca.
ftaldi , che riceve uno Scettro da una imagine di donna coronata, efprelfa per il
Regno di Navarra, vicino acuì ftà rcffigied’unTurcoa nian deftra del Caftal-'
di : & a mano lìniftra una figura di Rè , che riverifce il Caftaldi , legnate forfi per
il Rè di Dacia. 3,
25 IO. BAP. CASTALDVS . . ALA . . PER. ROMA. ET BOE.
RE. EXERCIT .
TRANSXVANIA CAPTA. Effigie della Tranfilvania efprelTa in forma di
Donna ignuda, colla Ceiatain capo, fedentea piedi d’un Cavaliere armato,
figurato per il Caftaldi .
25 IO. BAPT. MALVETIVS EQVES AC COMES BON. ETATIS
AN. XX7.
ACCEDO SED NON SVCEDO ONERI. Albero di Palma, da cuipen-
dono due peli, uno per parte. Nel pedale vi fi legge | io. f. | Medaglione^
malfimo .
27 lOtiANNES BATTAGLINVS. LadiluiTefta. Hi per riverfo una
Figura di donna fedente con un Cornucopia nella finiftra, dcuna patera nella
deftra in atto di vcrfarlafopra uno altare, in cui ardono le fiamme.
28 EQVES IOANNES LAVRENTIVS BERNINVS AETATIS SVAE
LXXVI. Sua effigie.
SINGVLARIS IN SINGVLIS, IN OMNIBVS VNICVS. Imagini dcllsu
Pittura , Scoltura , Architettura , e Geometria .
29 LVCAS SALVIONVS PAT. IVR. CON.
LEGIPERAS CERERI. Statua di Cerere in piedi, con un Libro nella deftra,
un Cornucopia nella finiftra, & un capo di Majale lotto i piedi . Gli antichi pe>
lò figurarono in altra maniera Cerere Legifera, efprimendola in un Cocchio
tirato da due Dragoni ; de’ quali fù ferite o
Le^feram Cererem foliti veSiare "Dracones
Si^na redundantis fertilitatis habent .
30 LVDOVICVS ARIOST. POEF. L’Ariofto laureato.'
PRO BONO MALVM. Api , che fuggono dall’ alveare, lotto cui fu accefo il
fuoco.
31 M. MANT. BENAVIDIVS PAT. I. C. ET COMES.
FESSVS LAMPADA TRADO. Vn Bue giacente.
32 MARCVS MANT VA BONAVITVS PATAVINVS IVR. CON.
Hà per riverfo due tette , cò i nomi :
ALEXAND. BASSHNVS. ET lOHAN. CAVINEVS PATAVINI.
33 MICHAEL ANGELVS BONARROTVS FLOR. AET. S. ANN.
88. I LEO. 1 Meza figura di Michelagnolo ; del quale lenza iperbole può dir.
fi con Aiuonio Gigante Carm. elcg. p. 1 2 3.
Si
440
M V S E 0 C 0 S E l A "N 0
si ma Praxitelem , Jl non fuperavit Apellem ,
Ambohus certe par Bonarota fnit ,
Pafsò a miglior vita del 1564. come appare dal Volume de’ Componimenti rac¬
colti nella lua morte, e publicati da Domenico Legati in Fiorenza dello ftifs’
anno in 4. Il che pure notò il ludetto Legati anco nel Sommario di tutte le cofe
notabili jfeguite al Mondo dal al 1590. in Venezia 1590. i2,
DOCEBO INIQVOS V. T. ET IMPII AD TE CONVER. Cieco gui¬
dato da un Cane.
34 Due altre dello ftefl'o impronto, ma fenza riverfo ,
35 N. C. StampadellaMedagliadiNatalConti,colladiluieffigielaurca-
ta, e le fuderte lettere , donatami dal Sig.Gio. Antonio Vittoni, Arciprete di
Fiumazzo. Scriffe la Mitologia, & un Poema della Caccia: de’ quali Compo¬
nimenti raifovviened’haver fcrirto nell’ Ateneo .
K^rcipstens COMITEM num te delegit Apollo t
T am bene venatum qubd tua metra docent ?
Hoc ego credideram j ni dtitn tu fi eia recludis y
Phoebum venari fabula vana foret.
16 NICOL. TODIM. ANC. ARCIS S. ANG. PREFECTVS. Hànel
riverfo la Pianta di Caftel S Angelo .
37 NVDVS EGRESSVS SIC REDIBO. Nicolò Palmieri Siciliano, col
capo, e bufto ignudo.
ANDREAS VACILOTTVS CONTVRERNALIS B. F. VIXIT ANN.
LXV. OBIIT A. D. MCCCCLXVII. Vn’huomo ignudo in piedi , che col-
Ja finiftrailà appoggiato ad un’afta , e colla delira fofticne un' Orologio da polr
vere, di metallo.
38 NICCOLAVS PICCININVS VCOMES MARCHIO CAPITA¬
NE VS MAX. AC MARS ALBER. Di bella maniera coll’ impronto del me-
defimo armato.
BRACCIVS PISANI P. OPVS N. PICCININVS. Attorno una LeonelTa
grifa alata, che alatta due puttini, e nel collare PERVSIA.
39 OVIDIVS GIBETTVS ART. DOC. AN. 42. fenzariverfo.
40 PETRVS ARETINVS. Meza figura di Pietro Aretino, con lunghilfi-
ima barba .
VERITAS ODIVM PARIT . Imagine della Verità , ignuda, in atto d’eftcre
Coronata da una Vittoria , havendo un brutto Satiro da piedi , figurato per l’ O-
dio, come (piegano le fudette parole , cavate da Terenzio nell’ Andria Ae'l. i.
Se. I. Sopra la Verità fi vede Gio ve in aria co’fulmini alla mano in atto di Ica»
gliarli contro l’ Odio additatogli dalla Verità .
41 DIVVS PETRVS ARETINVS. Senza riverfo . Dove però il titolo
DIVVS ulurpatofi dall’ Aretino vivente , manifefta che non cedè aLuciftro
nella fuperbia : come il fembiantc tutto fatirico lodichiara vera Imagine della
Maledicenza;e per tale fù canonizzato dal Beazzano, che ne’Iuoi varii Poemi,
yerfo il fine , di lui cantò ,
Nunc ego nec piclum poffe tacere pitto.
42 DIVVS ARRETINVS FLAGELLVM PRlNCIPVM.
VERITAS ODIVM PARIT. In una gran Corona d’alloro. Della qual fen::
tenza il P. Carlo da S. Antonio di Padova Anconitano nel lib.IV. epig. 32.
enigmaticamente ne fcnlTc .
0 ploranda nimis, fané nimis, optima Mater:
Ex te qui natus, non nifi pe fimus eli,
infe-
L l B IS, Ò A BT 0. CAP. XX. 441
Infelix Ulter t Materefue tntferrim* : femfer
Hic fre^a. ut ]aceas ^ curata ^ ut pereas.
Ed apertamente, macoU’acutezzalua propria S. Agottino* eur Veritas ^ diflc,
Ùdium parti ? nifi quia fc amatur Veritas , ut quicunque altud amant , hoc ,
quod amanti velint efe veritatem i quia falli nolunt ^ nolunt convinci , quod
falfi fini .
43 PIERRE STROSSY CHEVALIHR DE L* OR. DV ROY , ET
MAR. DE FRANI. Meza figura dello Strozzi armata, fuorché la teRa . Me¬
daglione lenza riverfo .
44 SIPIO BVZAKREMVS PAT. Hà per riverfo una figura ftolata in piedi,
con uno Scettro nella delira, e lettere dalla finiftra, che dicono E GADON.
45 THOM. PHIOL. R. VEM. PHYS. EQ^ GVARD. D. MAR. MAG.
1552.
GEnIITA a IOVE , ET SORORE. Donna ignuda giacente in un cerchio
di Stelle , con un fanciullo al petto , portogli da un’ Aquila . Sotto il cerchio di
quelle Stelle fi vede una pi anta di Gigli , con alcuni augelli, che volanvi . Sem¬
bra quella donna efprelfa perGiunone, come il fanciullo per Ercole, c quelle
Stelle per la Via Lattea , cosi chiamata dal fangue fparfoui, come dicono i Poe.
ci.daGiunonei alcune goccie del quale,cadutfi in terra, diedero il candore a’
Ggl'.
46 VITALIS GMELICHIVS A. XXXIX,, 1559. fenza riverfo.
Donne IlluHri,
Cap. XXI,
I T> LANCHA_REARIA.
O te DNE speravi. NO.M CONFVNDAR IN ETER. Le
tré ijiazie .
2 CAMILLA RVGERI. Meza figura, fenza riverfo.
3 DIVA CLARA ANNA ROSIE. RAGINA C. Meza figura di quella
Donna velata, fopra una Corona. Medaglione lenza riverfo.
4 ELISABETTAE QVIRINAE. Belliflìmatefta in profilo. Hà per river¬
fo le tré Grazie ig ude.
5 F. FRANCINAE FORMO^ISS. SIMVLACRVM.
IGNIS OMNIA VORAT, IPSAM RECREAT. La fenice fopra il Rogo
accefo
6 ISOTTAE ARIMINEN. MCCCCXLVI Mezafigura d'Ifot^a, velata.
ELEGIAE . Vn Libro aperto . E quefto , (e fi deve credere all’ ilcr izzione del¬
la prefentc Medaglia ,ch’è egitima.figmfi a un Volume d'Eleg e d’Ilotra : le
quali per avventura faranno quelle , che lotto il di lei nome ieggonfi in un Codi¬
ce d’ Elegie di diverfi, intitolato LIBER ISOTTjEVS, che io conlervo Ma-
nufentto in 4. eche,comeavv{foinraj il gcntiiiflìnn P Apre fio con fua data...
(otto li . nel principio del Secolo trafeorfo fù publicato lotto nome, le ben
mi raccordo, d’ un tal Balio io da Parma , di cui nel fine del m o Efemp'are Ma-
nufcricroleggefi un Poema Eroico,che porta il titolo Dtofympofeos: del quale
hebbi adirne.
Confueta cum forte lovem faBidia menfa
Caepiffent y fummo torft ab axe pedem,
tua diverti, Bafini , CONVIVIA ; guflanSy
PluSf aiti hic fapiunt neBar t & ambrofa.
Che
44» Mysso t 0 S P I 0 .
Che 1/otta però. Ia quale fu Moglie diSigilmondo Pandolfo Malatefla, Signore
tii Rimini , fucceduta alia Sforza , fia la vera Autrice di quelle Elegie , che ad effa
vengono attribuite nel mio Manufcritto: Io dimoftranon foloildi lei nome a
ciafcheduivadielle prefido, ma di vantaggio ilconfedar’clla in elle d’haver ap-
prefo r Arte Poetica da fuo Padre , che fù Francefco Atri Nobile Ar imincfc , di
cui badi una Elegia nel Indetto Libro , per la quale nell’ Ateneo de’ miei Poeti ,
fcriflìinperionadi lui .
Mercurio i pheboque potens y ut nubere po^ei
FUminio Regi Filia nefiray dedi,
^uam Vatent feci ^ Reginam pc quoque feci.
K^tta procul pngens . Atta me a Hiferia efl ,
Oltre di che Sigilmondo Malatelta medehmo , di cui nel Indetto Libro fi trova¬
no parecchie Elegiedi propofta,ò rifpoftaad Ifotta, & ad uncerro Tobiada^
Verona : in alcune di elle dichiarali apertamente d' bavere imparato dalla me-
defima a dettar verli latini, i quali riulcivangli molto felici anco nelle inquietez¬
ze Marziali , come s’ cfprelTc nello fcherzo regiftrato lotto una delle di lui Me¬
daglie. Quando anco però mancalTcro quelle prove, lupplirebbe per tutte il
fenlo letterale della ilcrizzione della prclente Medaglia, che confermandomi
ne’ miei lentimcnti mi fece accogliere llotta nel Muleo delle Poctclle , con que¬
lla critica delle lue Elegie.
In medio Arnidumy cum forte Poemata Vatum
Verfaret Phcebus , \udiciumqne daret :
Hapty ISOTTJEOS ELEGOS miratus y & inquit:
Vattbusy dr Nobis ecce MagiFira datur,
ineontranfi pure nello (fello volume alcune Elegie del fopramenfovato Tobia-,
da Verona, il quale, oltre quelle, che trattano de gli Amori di Sigilmondo, c
d*Ifotta,intraprefe un lungo Poema Eroico de’ fatti del Malatelta j ma preve¬
nuto dalla morte , lafciòllo imperfetto ; che però potei notarne .
Regis Ariminei quum cencinuifet Amores %
Dicere Tobias Arma paratus erat,
Ohfitit incoeptis pracox Libitina. Timebat,
Ne pbi Sifmundum carmine furriperet ,
7 IVLIjE PRATONER. Meza figura di donna dibellillimofembiantc,con
una Celata incapo, & alcune freccie dal lato liniftro. Senza riverfo,
8 LIVIA COLVNNA. Suatella. Hà per nverfo 1’ imagine della Fama_.
^elPatto di caminare colla Tromba alia bocca, & un Cupido avanti di fccon
una facelta accela nella lìnilfra .
j) LVCIA AQVAVIVA. Meza figura, fenza riverfo,
10 LVChETlA SCALIONA.
S. A, Vn’ Ancora.
11 MARGARITA LIVICELLA CREM Meza figura, fenza riverfo. a.
12 LVDOVICA FELICINA ROSCIA BONONIEN. 1572- Meza fi¬
gura, fenza riverfo .
13 PLACIDA TRENNA PICTR. LVCEN. A. XXX. Meza figura di
donna velata in habito pofitivo .
14 SOPHONISBA ANGVSSOLA AMILCARIS. FIL. Meza figura, fen¬
za riverfo. Fu Pittrice Cremo e^e di gran grido, come dimoftronel Libro de
tifi oribus y Sculptoribus , & Celatribus Cremon.
15 Incerta. Meza figura di bellilfima Giovanetta in profilo,coll’cfprefiio-
nc deli’ età, non dei nome, ellendovifolo quelle lettere ANN. XVIII,
L l B K O
^ a. tCAP. XXìl
Medaglie di Legno coniato
Qag. XXIU
i,r. t
^^ Vi»flfunque /emI>rnio.viM perla materia qiiieBe M^<iagJie^ chje foiposdMe?
góo, behfche non in tutro fpregicvoJe, per non peròcgcllnoQ;
di valore a quelle d’oro, anzi di tanto le avvanzano, quanto.più.diffi*
Cile è il còrfiare il legno , che l’ oro; élféndo quello di natura duttile, quellp uò,
ma re/o tale per forza d’arte, che lenza l’u/o dello /calpcllo,! ma prcparatà|p^;
coir acqua , c col fuoco , per roezo de’ torchi, e cònii jà impriiBervi quelle ligu¬
re , che più le aggrada; come và difcorrendo.F eruditiflìmo noftro Ovidio MjOnr
(albani nei lib. 1. della Dendrologia dell’ Aidrovandi , tra’ Prolegomeni,
telo Numifmata no. proponendovifu figuraalcUne Medagltédideg^o;
alle quali di bellezza non vanno iofériorite/ulTeguentiv ' :
I OCTAVIA CLAVDII IMPERATOR. F. NERONIS \XOK, MìlH
lima effigie d’ Otta V là .
KVNIG. FIRSTEN. BEKAN. MERCVIR D. GODER E. >& I. GENANDJ
LaFortuna acavaiiódel Pega/o. . ■ 'i T v
» PIVS mi. PONT. OPT. MAX. A. I. Imagine del Papa d’eccelìcntiw
lìmo difegoo,& impronto. Hà nel ri vcrfol* Arma gentilizia di S.B.' ,
3 Incerta, con effigie intiera d’huomo,. e di donna paffeggianti, coB(iie;pe|^
giungere ad un Cartello, che ia> profp'ettivafi vcde.-DaU’^itra^P^ttcr'y^j^P^
concerto di Satiri . . ..Sr >
Medaglie ' di Madre feria I
■caf,> xxm.
Ne meno delle precedenti fono degne d’ammirazione le Medaglie di Ma-5
dreperla , benché non coniate , ma intagliate; pofciacheqmmto loro to¬
glie d’ abil ita al conio la fragilità della matèria, tanto loro di ragguardevole iniy
prime l’ clquffitczza dell’intaglio , che rende k /eguenti emulc del/e più ftudia^
te tavole di rame . ^
I SEPTIMIVS SEV, Effigie' di SectimioSe vero laureato, d’efquifitiffimo
intaglio. Senzariverfo. .
2 Incerta , con meza figura coronata d' una Regina , di maertà fingolare I ,
3 Incerta, con méza figura d’ una donna ordinaria.
4 S, KOPH. Imàgine di S. Rocco, a cui l’Ai'gelo, facendo il legno deilal’
Croce , guarifee la piaga della coicia dertra . Da un canto (ì vede il Cane , col
pane in bocca , e di /opra le lettere di fopra addotte. Neiriver/o non vi è.euO
un femplice R. '•
Medaglie facre\ e morali ^ e Sigilli di bronzo l ^ .
Gap. XXIV.
I IS. oTs. Meza figura dei Salvatore. Medaglia, òfia Moneta battuta circa-
i tempi di Gio. Zimifee Imperatore de’ Greci , che fioriva del 9jo.ì\ quale, co¬
me rtfenfceCùropalate nella di lui Vita, e noto (fi nel fine deìle Mcdaglielmpe-
rialsfù il primo, che nelle Monete facefle imprimere figure facre animate: fi
come il primo , che vi fece coniare caratteri /acri fù Coftantino Maggiore , che
nel Labaro fece legnare la Sacrolaata nota ricevuta dai Cielo A Giovanni
* Zimi-
■■ My.SBÓ C4>S?tAN0
P»« fi tifcrilconolcd«cfu«csu.n,i,ta..c permano d. molto cam»
^fls-xs. basile
cano ItSVS CHRIST , . jcfta, la mano detti» in atto di bcoed^'
“‘‘’ tmYfKRKTYS BASILEY. BASILEO. Colla mcaafisutadd Salva-
dall' auto canto .coM nella :^^,s fig„„ di Chtifto N.S.'
” 4 lESVS NAZARENVS VN10.ET V^RI ' = ,.,i
X?'» FACTVS EST PRO NOBIS OBtu. vcv<_
dèlia-Paifionc .. ' c^rP F TVVS. Chrifto in Croce , confegnando
u ^afe^^af Ddce^'oife^JoTc Quello alla Madre . nel qual ' atto .1 Mattam
rmttod«ce.de(cUmam.|^^ ee»«a '“Cea"""”
^Mf. K>m. ; •■ Bji om»es inter VSo” AD M. Gliftrumcnti della
<.J.#^aoo. faci, est PRO NOB. OBEU. ySQ^
^“^“"xPS FACTVS EST PRO NOBIS OBED. VSQ, AD MORTEM.
Gliftmroenti della Palfione , c»™' ‘°P”ós ‘ DO. La Croce piantata Irà la Spm
*“ T aTer"°S ANGVINIS CHRKTIJES V ^ “venfe le Stimmate .
SVB TVVM PRAESIDIVM. .1 dito «ella piaga del collato.
g Chtiftorilulcitato, acuì S. Tomaio roett
®'‘rMADRÌ DI MISERICORDIA. ANNO DOM. rdld- pagine .
VWC otLpSRTlCcTGvTRaD Vn' Armatoli' Aquila,
& una Sbarra con tre gigli. ^Qt,£GII IVRIS PONTÌFICII BONON.
, . f- ,fd-, NO^RU mu.no in bracco t In, egira . e Si-
®"'“^ISarTaS 'Ìl,1^.A"sVE‘EErT!'sra della Carità ledente lopr.
a* e*cccUcnt.(fimo artefice . ^ va intorno gcntiliffi,
,,^..ar««d'Ode«
SlJomBVS Avm aI'd. MDC^^^^^^^
INSoc"pP X. IO. HIER. CARa LOMELLINO^^ ElVSD. L'Armi
COMP. ARCHIEP. BRa®SIDE, ET FABRI . j di Bologna.
g,„,,l,a. di S. S. de- due V/pom Bolognele. quando fi fece lUa
Medaeltone fatto battere dal Senato ,e ip
Volta mirabile della InfigneBafilica di S. cr • S.Gior-
L i ’S S O ^ R T 0. CAP. Xm. 4^'
1 5 S. Giorgio in atto d’ uccidere il Drago , da cui non lungi fi kuopre l’ itna^
gìne genufieffa di quella donna , di cui ii Taffo .
Vergine bianca il bel volto, e le gote
Vermiglia e quivi prejlo tm. Dragó^_avvinta ^
Con r alia il Mojlro un Cavalier percote ,
16 S. GEMINIANVS.
MVTINENSIS._ Arma di Moderna
*7 S. OyiR. EPS CORR. ImagìnediS.Qùtrlfió Vefcovo.Protettor di
Correggio. Hàperriverfo una Croce doppia, ch^è l’Arma di Correggio,
18 S. QVIRINVS EPS, CORRIGII PRO.
HIS PETAM SIDERA PENNIS. II Cavallo Pegafò volante. Imprefa d’uno
de’ Principi Auftriaci di Correggio .
19 AD MONTEM DVXERO. S. Caterina dalla Ruota.’
KIHIL INACCESSIBILE. Il Pegafo volante . Medaglia antica di Guaftalla.
20 Imagine ftolata della Caftità, con un Giglio nella deftrav c là finifttadi-
ftefa (opra un’ Armatura intiera .
21 LAETABITVR IVSTVS IN VIRTVTE : VA. Impronto rappre-
fentante le dignità Pontificia , & Imperatoria , eflendo vi una Tetta , che > guar¬
data per un verfo, è di Pontefice j per l’altro, d’imperatore. . ’
CONSTITVES EOS PRINCIPES SVPER OMNEM TERRAM. Tettai
figurata in maniera , che veduta per un verfo, rapprelenta la dignità Cardinaiir
zia, peri’ altro, r Epifcopale. 2.
22 S. FRATRIS GIL BERTI EPISCOPI APRVTINl. Sigillo lavdrató
da Gottica mano, come dimoftrano'i caratteri , e le figure, delle quali è impron¬
tato. Diquefto Vefeovo non ne fà menzione alcuna.!’ Vghelli nella ferie de’
Vefeovi Aprufini , ò fia diTeramo ; e forfi è di quelli che mancano tra Rugiero il
quinto,& Vberto il Ietto de’ Vefeo vi, eh’ egli nominaci correndo tra l’età deli’
lino, e deir altro il divario d’ un leccio, mentre il primo fiorì dell’ 887. del quai’
anno fi trova fottolcrito a certa donatione fatta da Teodoro Vefeovo di Fermo
al Monaftero di Santa Croce; l’altro mori del 1 1 15. come fi legge nella Vita di
S. Berardo Vefeovo , di lui fucceflfore .
REI FRVMENTARIE COGENTE INOPIA. S. Petronio Vefeovo
di Bologna , fopra r Arma della Città .
EX COLl.ATO ^RE DE REBVS SACRIS ET PROPHANIS IN EGE-
NORVM SVBSIDIVM M.D.XXIX. BONONIA. Sorto rimagihe dèi Ca-
ne di S. Domenico , colla fiaccola accefa nella bocca . Medaglia d’ argento, del
pefo dimezo Scudo ; la di cui ifcrizzione perle chiarilfima palcfa, che l’ occafio-
ne, per cui fù battuta, fù quella eftremacarcfìia, di cui s’intefe Michel GUviO
dalla Mirandola, Canonico Regolare di S. Salvatore, cantando nel Lib. I. del
fuo Poema contro Martino Lutero, v. 2 30. del mioManuferitto.
fcn/lt fraudata colonus
Semina: dumofa tener ts radicibus herba
Crudelem pepulere famem, populoque cadenti] h
^jio pecudum fuerant, epulas alimenta dedere,
24 S. M. S. 1590.
BONONIA DOCET. Medaglie battute in memoria della Careftia del 1590.
le quali diftribuite dal Senato à’ Poveri , fervirono di Monete, e di Scudi contro
rombile penuria di quell’anno.
25 ANGVLARIS FVNDAMENTVM LAPIS CHRISTVS MISSVS
EST . Nel giro deik quali parole fi legge quello Monumento della Pietà del Se-
pp nato.
Geruf.e.li
*3*
44^ M S B 0 C 0 S P I A/N 0
nato, c Popolo Bologncfe nell’ haver fatto fabbricare una inlìgnc Chicfa in ono¬
re di Maria Vergine noftra Signora .
VT
PRO PECCATIS POPVLI
ORET SACERDOS,
VIRGO,
CVIVS VTERVS
- - TEMPLVM DEI FACTVS EST
S. P. Qj_ BONONIENSIS
TEMPLVM HOC
TVO NVMINI EXTRVXIT
M.DC.XIX.
Dair altro canto v’ èl’ Arma gentilizia di Paolo V. circondata da quelle lettere
CVIVS REGNI NON ERIT FINIS. Medaglione di prima grandezza .
^26 PAX HISPANO-BATAVA. LaPace^ che, alfifa in un Carro tirato
da due Leoni coronati , per un campo feminato di Rrumenti Militari, vuota col.
la delira il Corno dell’Abbondanza, c colla lìnillrafoltenta un Caduceo, c Io
briglie di quei Leoni; il deliro de’ quali tiene uno Scettro nella zampa delira
anteriore , e lìmboleggia la Spagna ; il liniftro llringe le freccie delle Provincie
unite , e denota l’ Olanda i & ad amendue allude l’ Efallico , che concorda tutte
quelle figure, cioè
ETIVNCTI CVRRVM DOMINA SVBIERE LEONES.
Nell’altro lato v’ hà quella ifcrizzione .
PACiS FOELICITAS
ORBI CHRISTIANO QVA RESTITVTA
QVA AD INCITAMENTVM DEMONSTRATA
TOT REGNIS ET PROVINCIIS
AD VTRVMQVE SOLEM VTRVMQ^ OCEANVM
TERRA MARIQVE PARTA SECVRITAS
SPE ET VOTO
MONASTERY VVESTPH.
ANNO MDCXLVIII.
Medaglione d’argento di due oncic, e meza di diametro , con alcuni altri, di
{opra notati , donato al Sig. Marchefe dalia mano liberalilfimadel Sercnils. Car.
dinal de’ Medici Leopoldo, di felice memoria.
2 7 Medaglia Todefea alTai antica , che rapprefenta la creazione d’ Adamo ,
ed’£va,enelriverfoilMiracolodiGiesù Chrillo fatto nelle Nozze di Cana
Galilea, d’argento.
V.
Monete diverfe de secoli precedenti .
Cap. XXV.
Arie Monete antiche di
1 Bologna, so. d’ argento, di varie grandezze; tra le quali vi fono di
quelle, che chiamanfi denari, e denarini, con lettere Latino-gotiche.
2 Correggio. 4. 17 Lucca. $.
3 Ferrara. 3. 8 Mantova. 7.
4 Fiorenza. 5. 9 Milano. 6,
5 Genova, i, d’ argento! 10 Modona. 8.
6 Guaftalla. 7. ' Llj ** Pefaro. i. d’argento.’
12 Piacen-
t ì B X 0 js y k X r o. tixp: aay. 447
14 Piacenza con PAVLVS IJL ) PONT, MAX* DNÌ. cl4«
Mitra Papale. '
S. SAVINVS II. EPS PLAC. ,
13 PiIa,i.d*argento,con VIRGk> PSA i : PROTEC. : : - r. i ^
POP VLI PISANI.
14 Ragufa. 8* _ -
15 Sabbioneta.
itf Siena . 9. con SENA VETVS CIVITAS VIRGINIS:
ALPHA , ET A. PRIN Gl. ET EIN. , tré d* argento divaria grandezza J
17 Venezia. 2. d’argento, con ÀNTON. MEMO DVX.
SANCT. MARCVS VE. ~ ^
n-
z8 Vrbino 9. :-:t :■ /
19 E d’altri luoghi di qua, e di là da’ Monti* in copia, teile quali nonfono
da tralafciarfi alcune Monete deargento dì ' * • f
so Martino V* 1 ^ . t
SI Califto III. I
33 Sifto IV.- . Ai: „
34 Aleflandro VI. j : vn
ss Di Carlo V. Imperator e coti .7. ,
e AROLVS V. .IMP. Le djuc Colonne d’ Ercole col motto PLVS VLTRA,:
S. AMBROSIVS.; d’argento. f : ;
cAROLvs V. imperator: * ^ r
; >.5-
A ’
■ - i
r* ' ‘‘
-£ .^1.::
O4 'ii
' i» f
MONE. GIVI. 8. BISVNTINiE.. .L’Aquila Impeciale tra le due Colonne#
d’Èrcole. _ ,
26 Di Ferdinando Rè d’Vngheria,<on FERDLN*,D. ,G.,R. VNG, tssjt
VNG ARIE PATRONA. La Beatifliina Vergine, d’^grgento. v .
37 Di Mattia Red’ Vnghcria,. con, MATHIA. :K, HVNGAR.
Gol ri verfo della precedente r -
a8 Di Ladislao, con M. VVLADISLAÌ R. VNGÀR,
Colriverfomcdefiriio. - 7,
29 De’ Duchi Viiconti di Milano, coll’ arma loro da un cantone S,
gio fedente dall’ altro. 3.
30 SI . . . VOLAV. D G. CHRISTIANL DV.
MONETA NOVA ARGENT. jtfdi. L’Aquila Imperiale.
31 Varie Monete Turchelche d’ ai gemo , cioè afpri, aiprini, & altre tonde;
quadre, & eia gone . té. < 7 'i;
32 TVRKICHS KEISER H. K. Statua Equcftre dell’ Imperatore de* Tir¬
chi, acui ,7-. • . 7 '
Fa/t torti in mille f^fet i bianchi .li»l .
diadema in nuova 'forma a i crini ^ Vv
*
INSIGNIIS CIVIT. CONSTANT,. L’ Artna dellaÒttà di Coftantinopoli .’
33 Diverfe Monete Mofcovitiche-d^a^’gcntOi bisfupgh’c, le quali haonoda
una parte l’Arma del Regno, coll’eflìgie di S. Giorgio^ ca>fa^llo, in attod’awcn.
tar rada contro il Dragone j e dall’ altra alcune lettere. ,chépajonqGreche,;m2
lono Rutene .i Ghiàmanfi da.Paelaor Co/>ibt , e fonodi figura qiiand%
ovale •quandQellitioa:*^^di contorno i.rregplare,^ lottili come la noftraìa.tra , ffe*
foaoBislunghe , & a proporzione più grofle , quando fia^no più raccolte . Cin^
Pp 3 r - quanta
Taf. G(dl
17. IO,
44^. M K.S B 0 Ct)SPI:ìi N 0
quant^cTiique.d’efl'evaglionounTalaroich’clametàd’un’ Ongaro. Nè altra
forte di Moneta ufaiì al prefencc in quel Regno : dove appreso taluni fe nc ero-
vano malte da poterne caricar delle Carta . 1 Mofehi le contano con tutte le dc-
ta delle mani ad una per uno* con facilità incredibile : e molti della plebe nc
portano in bocca» nafcondendole fra le gingi ve , dove ne capifeono da felTanca
in circa» fenza che v’appaja gonfiezza ,ò ne tentano incommodo nel mangiate >
bere , e parlare ; anzi nc fanno faggio co’ denti , mordendole » per fentire la loro
durezza t difiinguendofi in tal maniera le Copike di buono argento, dalle falfe ;
elTendo quelle» e per lo Sigillo publico» e per la figura facili ad effere imitate,
particolarmente quando fono coniate di frefeo; onde talvolta fe ne trovano dci«
lefalfificatedi latta inargentata, che fi bandifeono, procedendofi con tutto ri¬
gore contro i falfarij . Se accade comperar qualche cofa di minor valuta d’ una-
di quelle Monete , ognuno tela può dividere per metà in lungo, c non in altro
modo. Aferivefi a delitto capitale il portarne fuori dello Stato. Contuttociò
nc capitano talvolta in Polonia nelle Città più infigni , come Varfavia , Vilna ,
& altri luoghi principali : dove non potendoli fpendere , per non cflcrvi in ufo,
giungono fovente in poter de gli Orefici , che le comprano per argento femplice
da fonderli ,e le rivendono pofeia a i Mofeoviti , come argento battuto : cercane
dolc quelli» e raccogliendole con particolar premura » per riportarle nella Mof- .
covìa; perlo qual fine talvolta le pagano anco più diquello, che vagliono.
Vfolfi una volta il coniarne d’ oro finillimo ima di quelle anollri giorni nonfe
nc vedono: non trovandotene che appreltopochiÒimi, i quali le tengono per
cote rare, come noi facciamo le Medaglie Imperiali. Così riferifee nel fuo
Viaggip Manuferìtto di Mofeovia il Sig. Ercole Zani, Gentilhuorao Bolognefe»
non meno per nafeita , che per varietà d’erudizione, c di lingue ragguardc vole»
e che merita , che fe ne dica , come d’ Vlifte .
^ui morts hominum multarum vidit , & urbes»
il quale con altre curiofità portate da quei Regno, donò alcune di quelle Mo-.
nete al Mufeo, a cui pure ne haveva contribuito alcune il Dottor Ovidio Mon«
talbani , di bon. mem. lotto nome di Monetine d ’ argento , con lettere Greco-lati-
ut antiche»
39».Moneta Encauflica di vetro , del colore del bronzo , improntata d* alcur
ni caratteri Ebraici.
Za^i Rilievi Sacri .
Cap, xxri. ‘
j Hriflo Fanciullo in un fuggeflo nel Tempio, difputtante co’ Rabbini
V_^ nell* atto appunto , in cui lodefcrilTe Gio.Battilla Vitale, riferito da
F. Maurizio Domenicano nel Rofario de* cinquecento Poeti » cioè che
Fanciullo in mezo de* Dottor difereti
A l- Fbraifmo illuminar le carte
De la Mof aie a Legge j e de’ Profeti
Ft aprir gli alti f enfi a parte a parte t
si feorge , e fa ciafeun per meraviglia
Stringer le labbia ^ & inarcar le ciglia.
Il bronzo cquadro bislungo » e contiehetredeci belliffime figure , comprefevi
quelle di Maria Vergine N.'S.c di S. Giufep^é, che foprarrivano,c lieti ollerva-
nodel loro gran Pegno La Sapienza ammirata: come foprafcrilJe all’ Ode di
quello argomcmo,ch’è la quintadel fuo Rolario, Agóftino Coltellini, gen^
~ tililhmo
L l ìt 0 ^ P A Oi CAP.XXfi: 1^49
tiliffimo Poeta, che in propofito di que/lo bronzo foaviffiiaamenifi cantò
Gli oracoli fatemi
E quel i che già da furor facro /finti
Vaticinar gl' Inter freti fovrani\
Come il mortai s’ eterni ^
E come fo/a Amor colare avvinti
Raggi divin fatto femhianti umani:
Sicché riefcan vani
, . .T>i Satan i configli , e I' Vomo /carco
J>alle ftie colf e al del fi fifiani il varco
Con mille e mtlle altr ' ofre
La Safien’i^ in quel fanciullo afcofa
Iteli' erario di Dio /piega a' più Savi,
2 II Sacro Cadavere di Chrifto,deppfto di Croce,, per efferefepòitè:, cir
condato da otto figure in atto di deplorarne la morte, .E quefte cfprimonola
B. V. che far di doglia anci/a^
le tré Marie, tré Apoftoli,& un’ altra donna. In profpctto fi vede la Città di
Gerufalcmme . Quadro bislungo d’ artifizio gcntiliffimo , da dettar pietà ne]
cuori più duri.
3 Statua Equettre tutta armata , in atto d’ uccidere un grandiffimo Dragone l
In lontananza fi vedono cfpreflc alcune figure humane genufleffeichc fanno cón^
gctcurarequel Cavaliere figurato per S. Giorgio, che vincendo quel velenofo
Mottro liberò il fuo popolo da una lerna di mali, & ìn una fola Vittòria meritò
più palme., perche necantatte il Duca di Gravina Pier Francefeo Orfini, oggi
Cardinale di S.C. non menpche per nobiltà di fangu e, per dottrina , e pietà
chiariffimojcomc dimottrail Volume degli EFigtammi facri, gli’ egli (ledicò al
FatriarcaS. Domenico.
Ma^'e^ Georgi, animis, ut 'màlìes en/e Draconem',
Et ferve s populum a fefie repente tuum.
Madie,, Georgi, animis , atque infer bella , Draconi,
Cocytique fide, dedrue clare domos,
ftmnibus ut fias par rèbus, fparge cruorem ', , ,
Hoc tibi perpètuo laurea, ferta paras
Quetto lavorio , ch’ è finilfimo , potrebbe kr.y ire per un bel rivcrfo di Medaglia
Sacra, eilendo fatto in un tondo. Ve n’hàdue impronti di vario, e differcntCr
difegno.
4 . S. Ignazio Vefeovo, e Martire, addentato da; tré Leonù e circondato da
quetta ifcrizzione ET SI CORPVS, NOhf FIDES MÀCvLABITVR. É
lopra la di lui effigie v’ è clpt^lfa una Sfer^col mottojqtto ALI ANDO To.
Bronzò tondo a guifa di Medaglia, Rapprefentoifii.queft’qrrendo fpettacoio
nell’ Anfiteatro di Vefpafiano , alla prefenza di Trajaijo, c’hawcya condanna*
to il Santo . Martyrol. Rom. diè i . Febr, Paul, Aring. Rom, Subierr. lib, II, c, I, ; -
Baffi Rilievi profani,, - ,
Cap, XXFII, ' vv! ‘ V-
Le nove Mufe,cfpfc(rc in altrettanti Quadri di bronzo^ in fembianza non
di donzelle « come le hàferapre creduto il Mondo , eie figurarono appref-
fo 1 Sicionij , Cefifodoto, Strongilione, ^ piimpioftenc , che al dire di Paufa-
nia nelle Cole di Corinto ,furono iprinualoadernc Statueidi^.ronzo : ma di
Pp 3' - • . V-. -
itìUfs Zeppi
• Nafcim. di
Chrifig i,ii
7U
Tpig. fAtf\
4S^ M V S B 0 £ ^ S P ! A N B
fanciuJiirapprcfcnrantilcIntelligen2e,allequali, è confecrato il Mufco, to*
loro nomi foprafcritti , c varii frumenti , che lo diftinguono , come in apprcffo .
1 CALLIOPE, colle Tavole (che tali fembrano) dell’Alfabeto: le quali
per avventura meglio ftarebbono nelle mani di Poiionia , che da’ Greci falsi in¬
ventrice delle Lettere, e della Grammatica: come offer vòDòmenicoGisberti,
che delle Iftorie, c Favole delle Nove Mule ne fenile un giufto Volume dillinco
in XXX. cruditifsime lezioni: e da loro nomi intitolò Nove Libri delle luo
leggiadre Poelie, ftampati in Monaco 1572.8. per le quali fù giufto, che nel
noftro Ateneo lì notaffe.
Munta dtfiribuens t invéntaque^ Regnarne Muds^
Caleflefoiuc Domos ^ ét fua cuique Metra:
Pro Phato Gisbertus erti. Tarn celfa nequibat ^
Cejft/Jes munus ni fibi^ P habet tuum,
3 CLIO, con alcuni Libri per terra, uno de’ quali è aperto; lignificandola
prefidente alle Iftorie. Onde Virgilio in quel fuo famofo Epigramma delle.^
; Mufeneferiffe :
Clio geli a canens tranfaSlis temfora reddit,
3 ERATO, con una Lira. Alchepure Virgilioallulc, notandone,
PleSlra gerens Erato tf altat pede ^ carminet vultu,
4 THALIA. tràmolti Alberi verdeggianti: per effere quella Mufa, cho
fà lungamente verdeggiare le glorie de* Poeti , giufta il fentimento di Diodoro
rei Libro V.dellefavolofe gefte antiche, in cui leggefi, 7"^4//4«r ( diólam vo¬
lunt J quod in longum tempus Poetarum laus parta florefeat ,
5 MELPOMENE, conunLibroapertoinmano, comediMufica. Onde./
Callimaco nell’ Epigramma fopra le Mufe, tradotto dal Giraldi.
Melpomene dulci concentu barbita ‘movit,
6 TERPSICORE, con un’ Arpa, ch’èia Cetera antica figurata nelle Meda-
glie. Quindi Virgilio,
Terpjtchore affelfus citharis mo^ety imperat, auget,
7 EVTERPE, con un Flauto alia bocca, & un’Organo a canto. Che però
Virgilio. Dulciloquis calamos Euterpe flatibus, urget,
£ Iacopo MafenioGiefuitanellalua Mirotogia.
Terpfichoren Cither as Euterpen tibia man'ìt,
8 POLYHYMNIA, con due Cetere, non molto c.Isiraiii nella figuradalle
moderne, di cui Callimaco. ■ •
Harmoniam numeris ^ faltufqtie Polymnia \unxit.
9 VRANIA , con una Sfera, coi Compailo , co» c quella , che per teftimo-
Diodi Virgilio, ^
— II mmmmm mmrntm calimotus' /crufatur , & aflta»
Coi qual*ordine(icin ciò variano Virgilio, Callimaco, e’I Mafenio) tutte
e noVé le raccorda Burcardo Pilade Poeta Brefciano nella Teogonia dclentta
nel Libro IV. delle fiie Elegie,dove di vantagio affegna l’ Etimologia de^Nomi,
e l’ officio , & invenzioni di ciafeheduna , cantandone .
Callioprn, Craeo prtmam fèrmone Poeta,
^Hod bona vox illi fertur adefle , vocant,
^ubd celebret qua geffa canit per carmina Clio
Surgit, ex illà gloria nomen habet.
Hanc inventricem HtEoria monumenta tulerunt , >
^lua nàta antiqui temporis acia forent , ^ - t
Dilla futi dulces EliXO quia cantet amores: '
- - / - -
ll^KO j? R r 0. ' CUP. XXf'U, 451
Nitm ^uod Etàa ' die ft Gi^ajus, amare yòaai, > -
lUiits inventum eonnubia prime fuiffè
Rettulit ad nodros nuneta fama dies ,
X>it quia multiplici cantu viret ufque Thalia »
laque dies floret Palladis auclus amor.
Hac una arboribus fretos autore ferendis
Rumor ait primos edidicijfe patres ,
Melpomena» a cantu Hetit appelatioi verum
Tcrpficorc, celeres quod ]uvet ipfa choros.
Euterpenque vocant, quoniam delehet , ^ ejfl
Omnibus ajfuevit grata canore fuo .
Huic primum dulcem modulata ed tibia cantum '%
Si ratus à prifeis fermo refertur avis.
Laudibus a multis, memorive Polymnia mente,
Lyfrverum cultus, notitiamque dedit.
A coelo Vranie , eoe lede s promere cantus
fertur, dr alìrorum pradocuifle vias,
10 Pallade dante fopra un’ altare , trà due hgure d’ huomini in atto dilagri-
Hcanti . Tondo di bronzo di diametro di lei onde , digèatililfìmp àrtiHzio> con
bella cornice dorata.
11 Bellona, che s’arma. ^
12 Diana, el preda in meza figura, colla faretra dietró le fpaHe,'
1 3 II Giudizio di Paride , ò fìa la Contela delle tré Dee , come intitolali un*
Opera di quello argomento , tutta piena di Veneri , trafportata dal Ffancele dal
Loredano. Spettacolo moltiplicato in tré bronzi, differènti nel difegno, ma
tutti eguali nella morbidezza delle ligure «nelle quali a maraviglia ne apparike
ciòchcnecantò ìIPerazzi»didich,var.no.84. ciòèche
y^d Veneris' fpeciem Inno jejuna remanfìt.
Invidia , (jr P alias pallida fa^a fuit , -
In uno di quedi bronzi v’ è cfpreffo il Home dell’ Artefice in quede lettere IO.
F. F. così 1* Arte moltiplicò i Paridi , c fece i nlìeme « che
■ ■ II» altri 'miri nella Valiti idea Taff.Florid*
Nuda Giunone i Pallai é Citereai"' '^ ,
14 Trionfodi Venere,alfifacon Marte in un Carro tirato da gli Amoriiru
fette gentiliilìme figure. . .
1 5 Venere fedente, lopra cui vola Cupido '^Lé Aàdalla lìnidra Imeneo Còl¬
la face, dalla quale una figura prolfìma ne accende un’altra. Dalla dedra v’hà^
un’ huomo con un trofeo , fopra cui lì feorgònó il Tefehiò d’ un Bue, quello d’ un
Cignale, e quello d’ un Leone: ed a tergo di quedi lì vede un Satiro, portante
fopra le fpalle una femina della fuefpezie; (otto vi lì’legge IO. F. F. Trèbrbn-
zi dello deffo Artefice . t "
1 6 Marte, e Venere in una grotta , prcli nella rete , c modrati a dito a gli al¬
tri Dei , cioè Giove , Giunone , Apolline , Mercurio , & altri , che compiono in
tutto il numerò d’ orto figure .
17 Ercole, che ammazza l’Idry. Baffo rilievo grande in quarto.
18 Ercole, che drozza il Leone, havendo la mazza appoggiata ad un tron-
cdd’albero. Baffo rilievo in quarto .
19 HEdGVLI D, Combattimento d’E-cole con i Centauri.
20 Centauro, che fugge colle Infegne d’Èrcole, cioè la Clava ,c la Spoglia
del Leone, &òitra ciò Una Tromba , una Infcgna W(ilitarc , & un Tamburro , ò
cola limile fopra il ca^O. Bronzdópató^ì ‘ C ' ai Erco;
UCCCiillUi
Q3
4jz S B Ò C 0 S P i. A H O
a 1 Èrcole , che lotta con Anteo , tenendolo fofpefo io aria . Sono amendue
con tanca energia efpredì, che» benché di bronzo» fetnbrano anelanti» Tuno
per condurre a fine l’ imprela qnalì già fuperata » l’ altro per accoltarfi alla Terra
Madre a ricevete il conlueto loccorlo : Il che non riufeendo a quefti » dà cam¬
po alla difperazione di paleggiargli fui volto » feorgendofi in clTo » che
Deficit hic pugnax Anthtus . in aere vi^us^
Dum nullam elato Terra ferebat opem,
Ad un tronco vicino firairaappefa la Spoglia del Leone» e l’Arco, c la Faretra
d’ Alcide , Per un miracolo dell’Arte, che così morbidamente condulTe quello
bronzo, che non njegliohavrebbe potuto lavorar nella cera» fu donato alSig.
Marchefe dal Sig.Gio.Francefco Negri» Pittore, Iftorico» e Poeta Bolognefe
di gran nome » p perciò ricevuto nel noftro Ateneo con quello Elogio .
Telfineis dìam Tajfi Solymeida metris
Si Niger e(ì, aufus vertere ^ Pi£ior eratl
Sed Pi£ior i -J^atefque.^ ita res fimul exprimit aiiaSy
Candorem a Nigro difeat ut omnis Oler , '
A tergo di quello bronzo, eh’ è quadro» & ornato di bella cornice dorata in
carta pergamena leggefi la Vita d’ Ercole , compendiata ne’ feguenti Vcrlì , per
avventura dettatidalla candida Mula del Negri .
Vedi e qutf che i due Serpi infante uccife^
V idra t e'I fiero Dragone ef angue fiefe:
Strette 'a morte ne l* aria Anteo fofpefe^
' E la Terra in due partii e ’/ Mar divife
^ yinfe Acheloo , fodenne U Cielo ^ ancife . . »
L' Arpie y Bufiri y e 'I Mar in MoftrOy fcefe %
Vivo a I' Inferno t Alcehii al Mondo refe% ,i
T efeo ne trofie , e Cerbero canquife . j '
tìco y ^ EulfitOy e i gran Centauri % e Nefiòy,
Duo Leoni y e la Cerva , e ’ / fit^ Cinghiale ,
Diomede Lacinio y e Cacce edinfe, • • '
Corion y MenalìppOy e ’/ Tauro vinfcy j . .
sforzo JPluton, Qiunon Proteo di Brale^
Tro\a difirufie y e al fine arfe fe fteffio-,,
32 Ercole, che ammazza l’Idra» in piccolo,
23 Capo d’Ercolecolla Ipoglia del Leone.
•34 Danza de’ Sii vani» e delle Dtiadijclprelfa con varie figure. Due bron*
zi differenti . • -
25 Meza figura di Pane, con lunghe corna.
^6 Meza figura d’ un Sileno , con brevi corna,
27 Meza figura dello ftelTo, d’altro difegno , in un bronzo tondo a gulfadì
Medaglia , col riverfo del favolofo Dio de gli Orti , che per capegli hà tanti ve¬
retri .
,38 Ovato piccolo di bronzo, con Satiri infultanti ad una Ninfa.
29 La Fortuna Reduce, con un Cornucopra, & un ramo nella delira, c la
finillrafopra un Timone da Nave, 1
30 N. O.Vna Sirena. • ' ■
3» Europa fopra il Toro, con Amore fcherzantc per 1* acque» mentre che,
gìulta l’ clprelfione del noftro Grotti nel Cirefio v. 3 84.
< ! . 1 Bof pelagus y maria alta feccans , latatury cvatque :
_ Harenii pradày (jr fpoliis-gxultat Opimisy 32 MCji ..
tl^ìiO ^VAKTO. CA^: 45J ^
■; 1% Mezafìguracl*un* Amazone «con un Grifo nel Cimiero, (opra cui (vo^
(azzano due vaghi penacchi .
3 3 Aleffandro Magno efprefTo con meza figura in due bronzi diverfi .
34 ALIS ANDRO. Meza figura armata dello ftcflfo, coll’ Elmo in tetta, nel'
quale fi (corge efprelTo il combattimento d’Èrcole con un Centauro. Ovato
belliflìmo.
35 Quinto Curzio, che fi getta nei Lago alia prefenza di folto popolo ^
3^ Tetta, come fcmbra, di Celare, lenza ifcrizzionc, e riverfo. f
37 Tetta d’ Augutto . ,
38 M. AGRIPPA M< F* COS. III. Mezafigura d* Agrippa in un tonde;
■grande .
3P Filofofofedente in atto d’ammaeftrare uno Scolare J
40 Faccia intiera di Giovane ricciuto, nelle cui chiome da clafcun lato s’at-
torcigliano^due pefei fquamofi , ò più totto due Serpi , che (otto il di lui mento
s’avviticchianocollecodc. Se non bavelle del venufto, c del mafchìle fi po¬
trebbe (olpcttare non fuffe , una Me dufa .
quii fimuUcro itlufire,
cui fcufit U chiomx angue fcaglìofa • . _
quando più totto nonfiaunadi quelle fuperttiziole figure, che nelle Gemme
Bafilidiane fi vedono, mentre in alcune d* elle
Tifchia ogni crine y e maculo fo firifeia ■.
Su* l collo in ficcìjol Drago , in maggior Bifcia 1
41 Meglio però che in quette, e nel bronzo defcritto fi vede (colpitolo (pa¬
vento, c l’orrore ne gli angui del mottruofoTefchio di Medufa, elpreffocoU*
ali nel coperchio d’ una Lucerna antica di bronzo del Mu/eo: non men terribi¬
le peri’ orridezze del fembiante, che ammirabile peri’ artifizio, con cuilono
e/prelfi gl’ intrecciàmenti , e le (pire di que’ Serpenti , che le fervono di capegli ^
42 Donna pofante con due fanciulli al petto, molettata da due Satiri petu¬
lanti. Spettacolo moltiplicato in due bronzi.
. 43 Figura ignuda a cavallo, coronata di frondi, come d’ alloro, con una Spa¬
da in mano alzata in ateo di ferire un Cignale , (opra cui faltail Cavallo .
44 Caccia di Leonefia afialita da quattro A lani,ed attorniata da cinque Cac¬
ciatori: trède’qualifonoacavailo,etuttiprovittid’arm6inatta.
45 Sei meze figure d’huomini in cogniti.
46 Sei meze figure incognite di belle donne del Secolo paffato;
47 Due ovati , con meze figure vaghilTìmedi donne , lenza nome J
48 Due Tette incognite, una delle quali è cinta di j^dema .
49 Statua , come di Roma'^.armata , con cHata in cTpO , ledendo fopra un^
matta di Spoglie Militari , còlla Vitcorial5élla finiftra» ;>
5 o Statua Equettre, glande, incognita , la quale ftà ih-atto d* andar patto pai-'
fo; è armata d* Elmo, e Gprlaletto,cd’ afta, colla fopravefta,
5 f Sacrifizio con nove; figure bumarne intorno ad uno altare, in cui arde la
fiamma . Havvi intornoVlcuhe Vittime, delle quali fi diftingue un’ Ircoin pie¬
di , & un Majale , cui mottradi getrarqellefiaminé deir aitare una di quelle fi¬
gure. Lalottolcrizzionepaicla l’ArtcjScCi dtcéntfò OB. VICTORIS CA-
MELIO. " ^
52 Veduta di Paefe con alcuni fiume in lontananza, e più vici¬
no due fquarci di Sei va, dal l’uno de’ qiiali fugge all’altro un’irluto Cignale.
Ettendo quetto bronzo tondo a guila di Medaglia , hà dall’ altra banda , ò fia nel
riverlo un’altro Iquarcio di Paele , con Monti , & alberi , & un Bue , ò V acca di
bellilfitno artifizio, ~
».i4Ss
Senam. Piti
iNatf. S. ao.
«
454 M P" S & O £ 0 S P i À N J)
5 ^ Broazd tondo > con un Putto ign udo> il quale calpeftando un Satiro ioaf-
Ha una Pianta fopra di fc ftcffo piegata in arcoiC nel pedale circondata da un Set^
pecche (là in arto di mordere quel fanciullo. A quella Pianta fono attaccate
due ale (piegate . Hà le foglie, che (embrano della Pianta Viva, ò (ìa Mi.nofa
di Fernambuco: e ciò da man delira del putto. Dalla (ìnittra vi è una Pianta,
comedi Ro(e fecebe, a cui è attaccato un Vaio d’acqua. Scia Pianta Viva pe>
rò è di togoiisiòne moderna , quello bronzo è di getto antico .
54 Figura Militare, che aggiulla una Corazza al petto dell’ imagine d'tini
fanciulloignudo,lollenutadapiede(lallo quadrato, & incoronata daunafìgu*
ra'RóIata . Brónzo nobile con figura di campana , ma piana .
55 Ovato con quattro figure humane, cioè d’ un Guerriero allìfo in unCoc«;
chio da due ruote tirato da due Cavalli » tenendone egli le briglie nella finillra ,
aifillito quinci da una donna, che fembra porgergli un ramo di Palma, e foriìè
la Vittoria: equindidaun’altradonna,chedapiedihàunpUtcoignudo,
porge colla delira un’Elmo, c colla finillra un’ all>a. Ovato elprimcntc per
- avventura un cappriccio Poetico, cioè Venere che arma Marte.
56 Prometeo legato con quattro catene ad una ru pe di monte , coll* Aquila ,
chelefquarciail petto, & in profpettiva una Città, con lettere attorno, cho
dicono '
COR EXEST NVSQVAM EXCORDIS REGINA VOLANTVM.
57 Tondo con meza Statua d’huomomaellofo, con lunghilfima barba bi¬
partita , e r Elmo in tetta . Lavorio di bronzo dorato in campo di pietra lazuli ,
circondato da alcuni giri dello ftelTo metallo , ne* quali fi legge in campo bianco
BONFEVS SVIS.
58 Meza figura di Giovanetta graziola di quindici anni in circa, con quelle
lettere attorno TERTIA lAM VIVITVR AETAS.
59 Donna ttànte con un Libro nciladellra, e la finillra follevata al Cielo r
nel quale fi vede la Luna corteggiata da alcune Stelle . Hà poco lontano una Ta¬
vola, (opra cui fi lcorgeunasfera,& un’Orologio da polvere: nè molto lungi
altri ttrumenti Matematrci . Oltre i quali vi fi vedono alcuni ttrumenti Muficali;
c tra quelli fi dillinguonò un V iolone , una Cetra , & alcuni Flauti; -Circonda»
no iftutto quelle lettere' NEC TEMPVS, NEC\^TAS. •
do Macrice,òforniad*un’ Aquila in unbrqnzoovaco^
455
MVSEO COSPIANO
LIBRO Q_VINTO.
In cui fi ragiona delle Imagini de gli Dij de gli Antichi^
che in detto Mufeo fi confervaho.
Continuazione dell' Opera,
In quìabaftanzai atnmirandofi nel Mufeo Cofpiano le mara¬
viglie della Natura, edel Tempo,fi è difcorfodelle Lapidi,e
delle Medaglie (permanenti memorie a’ poderi delle azioni
eroiche d’Illuftri anteccffori ) e dell’ Vrne Sepolcrali, e de*
Sepolcri ( veri infcgnamenti all’uomo del ben vivere) men¬
tre a parere di Seneca: non defunsi or ttm , feà vivorum cauja
Sepulturam inventam effe accepimus ; al che foggiunfe faggiamente il G raldi , ut De t/arù fe„
fciltcet posteri (ibi quoque moriendum effe admoneantur , 0“ fimul omnibus illue ntu .
tendentibus reSle , ac fanSle vivendum ejjè ; quibus omnibus ad bene , beateque
vivendum natura quodammodo \Hre impellimur . Eli è parimente fattamenzio-
ng deile Lampadi , ò Lucerne , che tontiriuatamcnte accefe in venerazione de*
morti fi mantenevano a’ loro Sepolcri . Ora fà di meftieri giuda l’ ordine , e la-,
difpofizione tenuta dalla impareggiabile prudenza del Sig. Marchefe nel fuo
Mufeo, il far paiTaggio alla confiderazione de’fimolacri , che di varietà di legni ,
di terre, e di metalli nel medefimo fi confervano, avanzi della favolofa gentilità,
a’ quali »come a fante Deità, ella porgeva oflequiofi tributi d’ adorazione .
2 E' dunque in primo luogo d’ avvertirli inficme con Eufebio , e con Lattan¬
zio, qualmente dalla magnificenza de’ fepoicri, e dal grande concorfo de’ po¬
poli alla venerazione de gli edinti Eroiche ne’ medefimi fi confervavano, ebbe¬
ro origine i tempii: Tuit enim ufque adeh antiquis fepulchrorum cura , ut non
aliunde templorum , & f aerarum adium originem deduSlam tradant : fe puro
non vo ledi mo dire con Clemente Alefiandrino, che le defie fabbrichede’fe-
polcri fodero i tempii medefimi: fuperBitio tempia condere perfuafìt: qua enim
prius hominum fepulchra fuerunt magnifcentiìis condita t templorum appellatione
voca-
45^ ^ y s E 0 COSPlAìiO
vocata funi. E non tlliraareì iraproprio il conchiudere coireruditoGiraldi,
^efacrìfi- fepolcri non {olo i tenipii,ma ancora i (ìmoiacri delie falh Deità de’Gen*
tiJi averterò avuto il loro principio; fed ut tempU^ ita & fimulacra ^atq., idoU
à fepulturis ortginem traxife funt qm videri velint . E parlando de’ Greci
Diodoro, quando fi portava oiii Egitto adimparareiritidireligione, coofer-
'hih>z> naa Jq fterto; Impiorum vero poenas ■> & campos Elyjtos % (jf Jìatuarum u/ttm ab
Mgyptiorum fepuUhrts fumpta introduxerunt ,* laonde , (e confufi i tempii co* fe»
polcri , & ivi errctti i iimolacri de gluftinti Eroi, a quelli fi offerivano incenfi,
&olocaulli: effendo preceduti i difeorfi de’lepolcri, e delle loro attenenze,
parrai opportuno in quello luogo il ragionare de’ fimoiacti, che in onore de gli
eftinci Eroi dentro a’ medefimi s’adoravano .
Del principio dell ' idolatria ,
Cap, 1.
jtHnaU A.
M 987*
'Meneeh.
vtr.x^an fa
ptam.c. 14.
Torniti. A.
M. i9}un.
30.
/Jujo de S.
ViÙ, in anm
not, tnicn.
Gtnef. e. x,
T erutti.
M. 1931. n,
5r-
I W O qui però non afplrocon le anneffe rifleflioni a determinare partitamente
1 il tempo, nel quale forte diffeminato frà il genere umano il peftifcro fem)b
dell’ idolatria : nè tampoco liimo in quello luogo opportuno l’ indagare da chi
traerte la primiera origine cotanta empietà , avvegnaché non mi fiafeondadi
quante controverfie fiano intorno a ciò ripieni i più famofi Cronologi ; ballando
a me per ora il potere coll’ erudito Tornielli dare un femplicc barlume di così
aftrufa, e rimota origine, e con elfo lui riferire, qualmente al tempo d’Enos,
nipote d’Adamo, figliuolodiSet, dcuomo timorato di Dio, nella maledetta
defeendenza di Caio pullulò così deplorabile perverfità, la quale pur troppo
trapafsònelladefcendenzadi Setmediante la contratta cognazione dell’ una_.
all’ altra defccndenza doppò il ratto al cielo d’ Enoc , mentre : videntes f Hi Dei
flias hominum y quid ejjent pulchra y acceperunt fibi uxores ex omnibus y quas eie*
geranty onde avvenne, che contaminato , e corrotto da così intolerabile delit¬
to tutto il genere umano, per giufta fentenza di Dio ( eccettuatone Noe , uomo
veramente giufto , colla di lui famiglia ) dall’ univerlal diluvio reftaffe eftinto ,
tutto che gravirtìmi fpofitori delle ìacre Iftorie fiano di parere, che prima deli’
univerlal cataclifmo non pullularte frà gli uomini l’idolatria : oh recentem adhuc
memoriam creationis .
2 Ma non così torto da’defcendenti del buon Noe fù refa copiofa d’ abitato¬
ri la terra, che dal violento , e tirannico dominio di Nembrod , nipote di Cam,
furono i di lui foggetri Popoli coftretti a feguirlo nell’ idolatria , empietà rinvi¬
gorita nell’animod’u) così potente Monarca per be i renderla da forti radici
flibilira ne’ cuori di chìCovea ubbidirlo: Nembrod mole corporis y dr viribus
alios fuperans , dominium cepit exercere per violentiam y induxit homtnes ad
idololatriam , ut ignem , ac folem , qui igneus efi yqtiafi Deum colerent . ^tem er¬
rorem podea Chaidai fecuti funt . Itaque Deo y & homini in)Uriam fecit y Deo y
quia ei debitum cultum ademit , homini vero , quia eum dominio inytfio opprefm^
fit y dr In errorem decipiendo induxit.
5 Succeduto poi nel domin o d’ArtìriaNìro(dettodaaltriAffur) e fpinco
quelli dal troppo zelo di pietà verlo il defunto genitore, al medt fimo inalzò un
fimolacro , privilegiandolo d’immunità per chiunque reo averte a quello latto
ricorlo . Laonde con un tal politico preierto di franchigia introdotto l’amoro
nc’ Popoli alla riverenza de gli ertimi Signori ,fù cagione, che i loro Iimolacri
fortero ricevuti come Deità ; il che appunto fi verificò nell’inalzato fimolacro
del Padre, che primieramente tenuto per Dio dagli Alsirii,trappalsòcon tal
culto
LI B Rj6 ih T 0. CAP. /. 457
culto a* Caldei , & ali’ altre nazioni , le quali conforme la varietà delle lingue^
/otto divertì nomi l’ adorarono . Quindi da'loggiogaci Popoli dilatato il tiran¬
nico domìnio di Nino fi aggrandì l’ empietà dell’ idolatria, mentre ereditata da'
defccndcnti , che nel dominio vi fuccederono , ebbe campo di moltiplicarli dal
numero de* Monarchi , e dalle inalzate imagini de’ mcdefimi , che pure lotto no¬
me di altretantc Dcità,quanrc erano le diverficà de’ Popoli fudditi,furono tenu- ,
te in vene razione, & adorate. Nè punto da ciò diflìmile è quello, che S.FuI- Dttscàg.de
gcntio riferifcc dell’ origine dell’idolatria prelTo gli Egizii, volendio , che un tal idolo .
Sirofànc, uomo ricco, fpinto dal foverchio amore verlo un figliuolo unico
etìinto, per allegerirfi dal dolore fattali fare una llatua del defonto, quella ve-
nitìeda' fervi adulatori con corone di fiori prima adornata, e con offerte d’in>
ccntìpofcia venerata: echefinalmehteadelfa, come ad alilo ciafcuno ricor¬
rendo , folle per divina riconofciuta : pretendendo , che non altro dall’ accen¬
nato Sirofa ne folle il nome di quel padre, che nella Sapienza al decimoquarto
vieti per autore dell’ indegno rito delFidolatria deteftato: Acerbo enim luet»
dolens pater rapti fibi citò filii fecit imaginem , ^ illum , qui tunc quafi homo
mortuus fuerat ^nunc tanquam Deum colere cepit conBituit inter fernos fuos
facra & facrificia ,
4 Troppo luogo farei, fe volelli deferivere le aftuzie, e gi* inganni del men¬
tovato Membrod, nel voler egli con fovrana podeftà edere ràr fopra de gli altri
rafloiuto dominio , avendo perciò , e fotto prctetìodi gloria indotti molripH-
cati Popóliafabricarecon elio lui la gran Babilonia, & ad ergere in quella la
fpaventofa Torre, dove feguitane per opera di Dio la confufione de’ linguaggi,
reftòfturbato l’intraprefo, e temerario difegoo.
5 Tralafcio parimente il cercare, come,non oftante la difperfione de’ Popoli
per la confufa favella in tuttala terrà, la maledetta generazione di Cam ne’de-
feendenti di Nembrod giungede ben pretto a gran potenza mondana per la
fondazione di grandi , e tirannici Imperi: onde con le idolatrie congiunte alla
fuperbia, alla potenza , & ad ogni vizio rettade corrotta : di modo ,che fra tan¬
ti Popoli ,nc’qua!i la pofteritàdi Noefù divifa ,laconofcenza,ed il purofer-
vigio di Dio rettane in breve fpazio di tempo predo che fpento. Furono, non
è dubbio alcuno , uniti al cattivo elempio i pervertì infegnamenti di Nembrod,
dt molta efficacia alla di lui potterità per ittabilire una mondana Monarchia, ne’
quali iftrutti 1 difperfi Popoli ebbero campo, ne! dilattarfi col dominio, d’ in¬
fettarne quali tutta la terra. Quindi per opra della confufa favella da moltipli¬
cate nazioni popolato il mondo non mancò di maggiormente dilatarli l'idola¬
tria , che al pari delle dlfperfc nazioni ne’luperttiziofi riti fi confule, mentre era
in potere d’ ogn’ uno l’ introdurre, il fingerli ,e l’appropriatfi per tutelare qualfi-
voglia nuova, & imaginata Deità: di modo, chedaM’Egiz'aca alla Greca, e
dappoi alla Romana nazione giufta alla prepotenza del dominio, trapaffando
una cale barbara coftumanza di religione , fù coftretto il Senato Romano lotto aUx. dur.
il Confolato di Cneo Cornelio Lenrolo,c di Publio Licinio CralTo, con rigo- geu.e.ult.
rofo decreto ovviare a limile difoì dine; Piget referre . Romanos ^tuue rerum do- '
minos t quibus foedera, leges. 0“ facra exteris dare nationibus imperium fuit^
quanto in errore . & quam tetra caligine verfatus fuit viSlor ille gentium popu¬
lus .& totius dominator Orbis omni fuperditioni obnoxius, [unones .Genios quo.
tidie fibi afeifeendo. efi nova Numina adoptando: qui etiam extraordinaria fa-
era ex fataltbus libris facere ceaBi. Gracum. ^ Graeam, totidtmque Gali s .
in foro boario ad placandas Deorum iras , fub terras vivos defodere veriti non
fuerunt. Licuitque diii in /acris hominem interimere. é‘T>iis imolare . adeout
. ~ 03 Satur-
itb.». €otrn
^ttontm .
gtor, 4.
hxoi. t, 8.
ibiÀ.
Mtrc,
T rtfm, iic.
9. IO*
^Àtaì.Com.
7<
458 MySEO C OS PIANO
Saturnit/n, lati ale m lovem humana ylac arent hoHia ^ cu\us fimulachrum dum
facri^cant ^ humano f anguine froluebant : donec Cneo Cornelio Lentulo , ^ p«.
ilio Lictnio Crajfo confttlibus , Senatus ConfuLto cautum fmt ^ ne novam inducere
reltgtonemy neve hominem immolare ^aut humano fanguine litare cuiquam liceret .
6 Prevaifero, non è dubbio alcuno, a principio ne gli Egizii più, chcinaU
tra nazione i fallì riti di luperlliziola religione, che alla malizia de’ foli Sacerdo-
ti appoggiata , con tante figure di varii animali ( da loro ftimati (acri ) leppero
accreditare apprello de’ più efpcrti , non che del volgo , i loro recònditi milteri,
per lo che non fù loro diificile l’ indurre i Popoli alla venerazione di moltipiici-
tà di beftie ; di modo , che fe il Mondo tutto avelie abbracciata una tale (ciocca
cofiumanza , fi avrebbe potuto conchiuderc con Flavio lolef: Orbem terrarum,
fi d^gy pilorum facra fujcepfcet, brevi hefìiarum plenum, inanem hominum fu--
turum , Quindi prcflo gli Egizii paffate in venerazione anche le più lozze , c re-
dicole beltie col lolo motivo , che la divinità fode didula si negli uomini, come
in ogni altra creatura:
— — ■■ — Beum namque ire per omnes
Terrafq'y tra£lujq‘, marzs , c«lumq\ frofundum y
molta ragione ebbe il Santo Mosè , quando nel paele d’ Egitto non volle laeti¬
ficare, mentre colà era pena capitale l’infanguinarfi nelle vifeere di qualfivoglia
vivente; quod fi maSìaverimus ea^qua colunt Mgyptii coram eis , lapidibus nos
obruent : il qual ridicolo culto elfendo ancora pallato alle cole inlenlate , non fù
agli Egizii cofa (limata ò falutifera, ò nociva, che da loro non folle tenuta in
venerazione , onde Giovenale
»— • — - - ■ I ■■■ quis nefeit qualia demens
JEgyptus potent a colat? Crocodtlon adorat.
Porum, ^ cape nefas violare, ac frangere morfu,
C poco dopò
O fanclas gentes , quibus hac nafcuntur in hortis
Numina 1 '•
C perciò parrai in quello luogo di poter veramente foggiungere con chi cfcla-
mando di loro feppc indovinarla: O pEgypte y Mgypte religionum tuarum fola
fuper erunt fabula , eaque incredibiles pofieris tuis .
7 Degli Egizii non meno luperftiziolì furono! Greci ; irapcrochc, fc bene
quelli tra l’altre nazioni crefeiuti in potenza grande, e da’ Sacerdoti Egizii già
addottrinati ne’ riti della Gentilità, acremente le ncrilero:clIì nondimeno cad¬
dero in peggiori (concerti nel pregiarli d’adorare lotto culto di Deità uomini
facinorofi, adulteri, ubtiachi, empii,e viziofi. Oltre che , le di loro dille Orazio
Gratjs ingenium, Graqs dedtt ore rotundo
Mufa loqui
non mancarono loro invenzioni di coprire, e di confondere il vero col fallo , c
di laperc accreditare lotto pretclli di religione i fuoi favolofiinlegnamcnti.
Anche i Romani nell’ avanzarli, e nel loggiogare , non chela Grecia, ma il
Mondo rutto , quafi captivam Ct acerum religionem in patriam tranfiulerunt .
Ma di ciò non contenti , vollero ancora alla favolola religione de’ Greci , c dcl-
l’ altre Rraniere nazioni loggiogate, aggiugnere le luperfiizioni della vicina^
Tolcana , e de’ Sabini .
8 Trovandoli dunque da tanta moltitudine di finte Deità confufa la religio-
ne^^nel doverne io in quello luogo dare qualche particolare ragguaglio per li lì-
molacri rapprefentanti varie Deità dc’Gcntili,li quali fi conlervano nel prefcntc
Muleo, forza è di favoleggiare in buona parte con chi fin’hora ne ha ragionato.
Begli
Il SKO tUT 0, CAP. II. ’.ts9
Ve gli vii dell' Afia^ e dell' Egitti,
CaP, //,
j TJ T eccomi appunto nel cafo all’ incontro di quattro fimolacri, ne’ quali af-
E tro d’umano non fi fcuoprc, che la faccia, c le grandi orecchie, avendo
quelli tutto il capo coperto da un velo, che cadente fi eftende dalla parte d’ avan¬
ti fino alla metà del petto , c da quella di dietro fino alle (palle ; non offer vandofi
nel redo del corpo altro membro , il quale dall’ effere koperto ci obblighi mag¬
giormente a defcriverlo . Mi pajono nella forma , e nel dilegno talmente limili ,
che quali fi potrebbono dire opera d’un folo maellro. D’altezza nondimeno
fono diluguali , paffando il minore oncie fette , e non eccedendo i più alti oncia
dieci della nodra mtfura di Bologna : ficome due di elfi fono differenti da gli al¬
tri in quella parte di velo, che circondando loro il volto, vi fi unifee lotioai
mento , dal quale , alla fimilitudine d’ una lunga barba, pendente fi offerva r mo-
ftrandofene parimente unodiffomigliantedagli altri per avere (opra del capo
un gran pennacchio, il quale da bipartite penne nella fommità relladivilo..
03 z Non
L%i, 49,
Itb, 6. f. 26,
ycU.de /dei,
itb. 9. c, 6,
‘Lib !• ele^,
10.
De Diis
leni.
r M K>S E U) Q a s P ‘1 Si N O
Non confervano parimenrealrro colore, che quello del legno, di cui fono fa^
oncati ì abbenchc usófj^rtoafiFumicato , e caiiginofo fi oUtrvi , e gli altri già fof-
fcroda varii colori ,c forfè alla Mùfaicadipinti , come in alcune parti de’ mede-
fimi pare, che lene veda qualche veftigio. Ad altro non faprci paragonarli, che
a quattro termini dirizzati nelle loro bafi quadrangolari , ò pure a tanti fanciulli
falciati , ancorché non fi feorgano le commidure de’ panni , ne’ quali fi poflàno
ftimare involti, ò le diftinzioni delle fafcie, che loro circondino : eftendendo-
fifolamente il barbaro lavorìo nella fimplicifà del volto, perfuadendofi forfè i
Gentili d’efprimere iloro Dii in così fitte manifat'ute, mentre a parere di Pie¬
rio, ex gracilitate cordorum innuere vellent ^ Dei naturam fpiritUy non corpore
coniiare: Je pure non volcifimo dire della nalcente arce ftatuaria ciòcche dilTc
Ebano della pittura bambina: adeo indo&e piUfores tunc temporis pentcUlunu»
tra6laffe ^ ut adjcribere nomina rerum necejfe haberent . E veramente ne* fimo-
iacri , de’quali ora li dtfeorre', e de’ qua|i per maggior chiarezza li fono polle le
figure , era ncctffaria una tale efprt fiìonic del precilo nome di quella Deità , fot-
to della quale veniva da' gentili adorata , quando ciò non folle flato contro 1* in¬
dituro dc’St^ccrdoti Egizii , i quali , come già diffi, clTcndo guardinghi nel pa-
lefare ad ogn’ uno le cofe della religione , anche con tali ofeure , & informi ab¬
bozzature di fimolacri volevano accreditare , non che coprire le loro fa volofe
Deità ; 'mperoche da gl’ me fi nomi ora fi verrebbe in cognizione lotto quali
Deità fòlTero già (lati ricevuti , & adorati. Et al certo tali imagini , per effere dì
Ifg o, danno ,a mio credere , affai indizio della loro antichità; tanto per lafìm-
piicirà dell’opera , quanto per l’abiliti della materia facile ad effere maneggiata
da chi ne fù il primo inveì torc per ridurla nelle forme , che qui fi vedono ; im«
pcroche è vero che l’ induftria ,t l’ingegno umano anno fempre faputo inventa¬
re cofi" gr mdi : non è però credibile , che l’ uomosù’l principiofoffe proveduro
di qualunque necèlTario oddgno per ridurre ad una tal perfezione l'arte flatua-
ria . Anzi mi dò a credere , che dall’ avere gli antichi adorate (otto culto di va¬
rie Deità colonne , piramidi ,afle ,ecofefimili , ciòaccadeffe dall’ imperizia de
gli artefici , i quali poi nella flatuaria ammaeftrati , a poco a poco feppero dare
al le colonne , afe piramidi ,& all’ afte quelle forme umane , nelle quali appunto
( mediante l’approvaz'oncde'loro Sacerdoti) credevano riporta tutta la Divi¬
nità , e a tal’ - ffetto pazzamente le adoravano: Primitiis ut homines , fic Deos
exprej^ere forma admodum rudi; nempe pedibus ]unclis , manibus lateri adhe¬
rentibus . Atque id ufque ad Dàdalum Piatu artum fuit. Ps primitiis Jic Jlatuas
fecit , ut eadem li/fea ejfem pedes i fed alter fe promoveret ^ dr progredientis in-
ditium foret \ quomodo viventes t & in alium conUitutos repretfentabat , Ml la-
fciarci parimente indunea credere ,che daireflcrc talifimoJacri di legno ^à'vet-
fero perciò volfuto i Gentili accreditare maggiormente la lorofriperrtizioia-rcli-
gione, additandoinuntal modo effere la povertàamica di Dio, comequelk,
che in fe contiene l’ umi'rà, c l’oneftà , onde Tibullo:
T unc meliits tenuere fidem, cum paupere ctiltn ,
n Stabat th' exigùd 'ligneus ade Deus , , '
‘2 Ebenche il Gualdi inclini a dire, anchecol parere di S. Epifanio, che gli
artefici anricamente cortumàffero di farfi 1 loro Dii di quella materia, la quale
fofle più comoda, e conforme all’arre , ch’erti maneggiavano ; ciimprimum fidi-
''fa religio per Damonum maleficia innovata ed , é" Deorum fimulachra expreffa ^
quemq, pro ' artificii fui materia Deos fiibi efmxifie: figulum ex luto , dt argilla ^
fabrurn lignarium px Ugno , aurificem ex auro , argentarium ex argento , (fi ca-
.ieros fimili rattonei vogiionondimenoperluadcrmuche i’ufodi farli di legno,
L l B K 0 in T 0. CAP. Il 4gt
è di tèrra il non folo per antichità Ha paiTato da gli Egizii al^altt e nazioni, ma an«
cora , che fiafi mantenuto lungo tempo , e pratticato ne’ tempii, come ne fà tedi-
monianza Plinio nell’ accennare , quando principiafle a difufarfi con tali parole :
Jdirum mihi •videtur , cum Uatuarum origo tam v(tus in Italia (ìt , lignea potius,
aut fiSitlia Deorum fimulachra in delubris dicata ufque ad deviai am A/ìam, unde ' ' *’
luxuria, fìcome, a relazione di Guglielmo Choul, rapendoli che fotto il dominio
di Romolo nel tempio di Giano fi adorava la ftatua del medefimo fabricata con»
forme lo Itile de gli antichi di legno, e che Numafù poi quello, che la fece fare
di bronzo da Maraurfio Ofeo , famofo Maeftro di fondere il bronzo ; e che Dio¬
doro Siculo narra, che in Memfi era il famofo tempio di Vulcano fatto perar- Zik.s.e.fi
chitettura di Dedalo, in cui parimente aveva collocato il Popolo la ftatua di le¬
gno, opera del medefimo artefice: Templi Vulcani vedibuli, quod pulcherri¬
mum in Memphifitum ed , Dadalum archite£lum fuijfe confi at\ obq e am rem ^
populo Eatua lignea in tempi», qua ab ipfo fabricata fit, donatum : potiamo
maggiormente pt rfifterc nella già concepita opinione . Ma troppo lungo farei,
fe qui voleffì regiftrare tutto ciò , che in tal propofiro fù fcritto ,* badandomi fo-
lamente d’ accennare , che apprelTo gli Orientali furono famolì i legni del loco ,
della palma, del fico, dello fpino, e della perfea: ficome non furono di minor
condizione anche apprelTo d’ altre nazioni non che de* Romani, quelli dell’éde¬
ra, del ciprelTo, della quercia, del cedro, e delia vite per tali manifatture, de*
quali legni avendone fatta iiluftre menzione in più luoghi il mentovato Plinio ,
non iftimo di propofito il diftbndermi di vantaggio in tal particolare, ferman¬
domi folamence a confiderare ciò che dille il medefimo ^j>arlando de* fimolacri
fattidi legno di vite, c che erano per lungo tempo durabili: levis fimulachrum
in Vrbe Populonia ex una confpicimus vite, tot avis inc»rruptum\ ad altro noti
potendo io attribuire tale incorrottibilità , che all’ artifizio congiunto alla ma¬
lizia de gl’ iftein Sacerdoti, i quali, ficome nel confacrarc tali fimolacri crede va¬
no nelle ftelTo tempo d’ infondervi la divinità, ò che gli Dii medefimi fodero
coftretti d’ infinuarfi in tali imagini , era ben di dovere, che tutto ciò accreditaf-
fero con qualche loro particolare artifizio mediante onzioni, ò bagni, che in-.
effetto non fodero altro, che prefervati vi dalla corruzione, cercando in unta!
modo di rendere perpetue , anche ne’ corrottibili legni , le loro fimulate Deità i
fe pure non volelfimo dare cotanta virtù alla naturalezza del minio , ò d* altri co¬
lori , e mifture de’ medefimi , de’ quali fi fervi va l’antichità nel colorire i loro ve¬
nerabili fimolacri .
j Mafiaciò,coraefivoglia,hàmolto, amio credere, del probabile , che t
mentovati quattro fimolacri di legno, che fi confervano nel Mufeo, fodero di
queni,chefitenevanoda’gentili ne* Tempii. Mafottoquali Deitàfodcro ve¬
ramente adoraci , ciò parmi molto difficile da congetturarli,' imperoche, fe bene,
a parere di Diodoro, era famofo approdo di qualfivoglia nazione il nome della tìh. i. r. %
Dea Ifide: ubiq\ enim fere terrarum Ifidem cultam, e ciò per li rifa iamenti, che
da eda i Gentili fi perfuadevano d’ ottenere, quando erano infermi, per la invo¬
cazione d’ una da loro tanto (limata Deità, come parimente ne fà chiara ceftimo>
nianza la Medaglia di bronzo di Claudio Impcradore, nel roverlcio della quale
fi vede la fopradetta Dea colla iferiteione SÀLVS A VG, con tutto ciò a prima
vifta non parerebbe di potermeli perfuadere rapprefentanti una tale Deità per
alcun fegno,chcfode proprio alla medefima* £ vaglia il vero furono i lìmola-
cri d’ Ifide ora fegnalati di corna di bue , ora inghirlandati di Ipighe d’orzo , c di
frumento , ora coronati di foghe., e di fiori di loto , ò della perlea , 8c ora ornaci
di diademi di Serpenti i ponendovi parimente talora i Gentili (opra del capo ii
Odi 5 fiiog”
Dt Mtnf*
Hifl. l$b. 4,
Foff, lib. I,
t.l9-dt $4«^
Ui4t.
46z M y S e 0 C 0 S P l A N 0
moggio, & altre volte impennacchiandoli delle penne dello Sparviere, Coftii«
mando ancora i medcfimi di porre nelle mani d’ una tale loro Deità il fiftro , il
Iccchiello , il moggio , l’ ablìntio marino , & il liburno . Molte di cali cole fi co-
fiumarono ancora nelle fefte d’ Ofiride , a’ fimolacri del cjuale furono parimen¬
te attribuiti quali gl’ ideisi ornamenti , onde ben dille il Pignorio colle dottrine
d’ Apulejo : co»»exaf»t imo vero unicam rationem numinis y religionifqy i» Ifi»
de y ^ Ojtride ejfe . Oltreche , Ic commune opinione, è ^ che Oliride tolle fratel¬
lo , e marito d’ J fide , era ben di dovere , che poco differenti folTero ancora i con-
trafegni , gli attributi , gli onori , e le pompe , che fi davano sì all’ uno , come al-
r altra , Anzi, fc già motivai della fama d’ Ifide, per la fperanza che concepivano
gli ammalati d’ottenere la lalute mediante la di lei invocazione,parmi ancora di
poter dedurre da Tacito medefimo, che per rifanarfi avellerò fatto ricorfo all*
Imperador Vefpafiano certi plebei di nazione Alellandrini , ciechi , e Itorpiati ,
cosi avvitati in fogno dal Dio Serapide , che appunto in fra gli altri Dii con if-
pezial culto fupcrUiziofamente da grifteffi veniva adorato . Ecertamente noti
era quelli altro , che il Dio Ofiride , il quale nel bue (che Api vien detto ) fim-
bolcggiato, da Ofiride , & Api fù primieramente detto Ofirapi, dal che poi
nacque la conluetudine di nominarlo Sorapi r ò Sarapi, come anche Serapide:
^ta Apis e£'€t Ofiridts imago y ab Ojiridcy & Apide , prius dixerint Ofirapis y
inde eonfuetudo fecerit Sor apis y vel Sarapis . Per tali ragioni dunque tradì lo¬
ro furono confule si famofe Deità, e ciò forfè per lolcarabievole,&incftin-
guibile amore, che fi confer varono in vita; impercioche non fuiono già diffe¬
renti da gli altri uominùnell’ edere (oggetti alle mortali vicende , abbcnche per
nuovi ritrovamenti di lettere, ed arti fi fodero refi fopra d’ogn’ altro fegnalati ,
ò pure per antichità fodero flati de’ primi , ò per dominio, e potenza avedero
avanzati gli altri mortali : (fe pure non voleffimo dire , che tali nomi non fodero
(lati poco dilsimili da quei de’ Faraoni , e de’ Tolomei d’ Egitto , e de’ Celati di
Roma , coir edere divenuti communi a qualfivcglia Deità ) non iflimarei di do¬
ver efsere tafsato d’ inavvertito , le a’ mentovati fimolacri di legno, fenz’alcun
riguardo, & indifferentemente attribuifsi i nomi sì dell’ una, come dell’altra
delle accennate Deità , cioè d’ Ifide , e d’ Ofiride . E le parimente ridetteremo a
ciò , che fetide eruditamente il Pignorio , (piegando le delineate imagini d’ un’
antica, e (limata (aera menla di bronzo , dove aggiuntevi lefigure d’Ofiride,
d’ Oro , e d’ Anubi fi ammirano i principali mifteri della fa volola Deità d* Ifide ,
non v’ è dubbio alcuno, che pàragonatiilopradetti fimolacri di legno a gl’in¬
cili in così famola menla , cadcranno a prima villa lotto il nome della Dea Ifide .
Abbenche fattone, a mio credere, piùrigorofo confronto, (limerei poterli an¬
che attribuire ad Oro , che per edere flato 1’ unico , & amato figlio d’ Ifide , e d’ O*
firide ,fù anch’egli connumerato trà le prime, e più ragguardevoli Deità del¬
la pazzareligione Egiziaca, Maperche abbiamodifeorfo degl’iddìi, Ifide, 8c
Ofiride, parmi in quello luogo ragionevole, prima di parlare più difiulamente
del loro figliuolo «Oro, il confiderare alcuni altri fimolacri di bronzo, che nel
Muleo ficonlcrvano, quali verifimilmentc podono flimarfifatti in venerazio¬
ne delle medefime Deità ,
LIBRO SVlliTO. CAP. Uh '4«5
tmAgine d' Ijtds . e d*Ojtrid€,
Cap, Ili,
io notimi diffonderò in deferì vere tali
‘ imaginiaminuto, awegnachediligen-
te intagliatrice abbia faputo far conofeere, che li
due qui delineati fimolacri fono di faccia giovi-
nile,e che il collocato nella parte delira» cioè il
pi ù picciolo di datura , è tutto ammantato, e con
volto teminile , e che l’ altro pollo alla parte lìni-
Rra di maggior grandezza, hà nel capo unabe*
retta, e (opra della fpalla delira un manto, che
coprendolo, non lafciafcoperti,& ignudi, chei
piedi , le gambe , & il finillro braccio , c gran par¬
te del petto j mentre pur* egli in una tal politura
ammirandoli , collo Rendere la delira mano alla
fpalla medefima dell’altro lìmolacro , in così fat¬
to abbracciamento dà in atto di unirli allo dello.
2 Non è dubbio alcuno, che l’uomo, allue-
fatto ad avere lotto gli occhi le cole terrene, dif¬
fìcilmente è dato inclinato a perfuaderlì,non che
a capire , le lontane dalle medelìme, e quelle, che non polTono cadere lotto del
fcnfo,e che non può intendere . Con tal motivo era ben facile dopò che fu intro¬
dotta la venerazione di moltiplicate Deità, alle quali veniva affegnata per fua^
danza la ceJede maggione , che l’ umana natura non vi fapeffe accomodare la fua
credenza : il che ben previdero i fagaci Sacerdoti della gentilità, mentre a* loro
Dii diedero un* effere corporeo poco dillìmile in altro dall’ umano, che dall* ef¬
fere incorrottibile : accomodando ancora il vivere delle loro Deità con una cer¬
ta proporzione , e paragone al nodro ; ma però con modo draordinario , e mira¬
bile per maggiormente tener in fede gl’infelici, e dolidi feguaci. Non furono
lenza fallo lontani dal fenfo, il Sole, e la Luna, primiere Deità, che panarono
lotto religiofo culto a tante Nazioni; e pure loro fù attribuita 1* umana natu¬
ra, mentre sù ’l principio furono riconofeiuti lotto i venerabili nomi d’Ifi-
de , e d’ Ofiridc , come appunto mi dò a credere , anche col fondamento di Dio¬
doro , poffano dimarlì i fimolacri di bronzo, che qui fi oflervano congiunti, rap-
prelentanti forfè tali Deità : Igitur primi illi homines olìm in Mgypto geniti ^ c.a?
^unc Mundi ornatum confpicientes , admirantefque univer forum naturam » duo^
effe Deos , & eos aternot , arbitrati funt , Solem videlicet , d* Lunam : &
quidem Ofir idem j hanc Ifiàem certa nominis ratione appellarunt . Erano dunque
Ofiride , & Ifide , famofi Di i de gli Egizii , cioè il Sole, c la Luna ; & in varie gui-;
le fi pinge vano, fecondo che varii effetti di quedi due gran luminari fi dinotava¬
no j e perciò non crederei improbabile il fupporre , che li delincati fimolacri ef-
primeffero qualche fimbolica figura delle fudette due Deità , e fi offervafTcro co¬
sì uniti , e coperti colmanto per fignificare , che la Luna , quando è congiunta al
Sole non fi vede , e talora ancora cagiona gli eccliffi Solari, come nel nodro calo,
dove il fimolacro maggiore , dinotante il Sole , non reda del tutto ofeurato , nel
modo, che accade nc’di lui eccliffi . E non fi dimi cola fuori dell* ordinario , o
non confueta alle Deità Egizie il vedere il capo colla capigliatura alla figura
rapprelentante il Sole , & Ofiride; imperoche tale fu la codumanza appredo gli
Egizii
4^4 M V S E 0 0 S ? ì A ìi 6
Egizii di chi peregrinò fuori della patria, come fece Ofiridcafìne d*in(lruir4U
Vhi tib.u nell'agricoltura, e nell’ arti i rozz! morrali: Omnibus deinde compojttis , oratts
Diis» Ojìridem comam., quoad Mgjftum redtret ,nHtriJfe a]unt,ac verfus Mthio»
fitm frofe^um^ confuetudo ufque ad hac tempera inolevit apudMgjpttos,
ut peregrinantts % quo ad domum revertantur , nutriant comas. Quanti tollero
i viaggi ali* accennato fine , e quali fodero gli onori , che furono facci da gli Egi^
zìi ad Ofiridc al fuo ripatriamento , mencre fù dichiaraco immortale , & annume¬
rato in fra gli Dii, chiaramente fi può comprendere da chi leggera Diodoro al
principio della fua fioria: Cum in Mgjptum redtjftt, tuht dona fecum à di»
'vtrfis gentibus data, ^jsapr opter pro magnitudine beneficiorum ^ donatus im»
mortalitate , (fi honores calefiium eH ajìecutus. Ma sfortunata per Oiìridcriu-
fcì tanta gloria acquiflatafi , mentre punfe con sì fiero flimolo d’ invidiali di lui
barbaro fratello Tifone, che quelli congiurandogli contro con alcuni grandi, al¬
la fine empiamente l’ uccife , di videndolo in ventifei parti , quanti appunto furo¬
no iconfape voli della crudeltà, coll’ adegnarc a ciafchcduno la fua porzione,
in pegno dell’ ajuto , che 11 dovevano dare per impodeffarli del regno . Da così
inumano fuccedo i Sacerdoti d’ Egitto , ò qualunque altro fi fofse, prefero moti¬
vo di dire, che l’ anima d’ Ofiride fi fofse convertita in Bue, che poi fotto nome di
Di0d.léb. t. ^P* l’altre falle Deità fù riverito per Dio: Honoris impen/teaufam nonnulli tra,
9, 4. dunt , quod defungi Ojiridis anima tn Bovem tranjmigrajfiet . Altri vogliono , che
Api,Rc de gli Argivi,raccogliefsc le difperfe membra d’Ofìride, e le riponcfse in
un Bue fatto dì legno , e coperto d* una bianca pelle dello flcfso animale : Ferunt
ibii. Api»* membra ejus collega in bovem ligneum corio bovis albo circundatu con]ecife ,
Io qui non flò a cercare a qual fondamento fiano appoggiate , quelle , c fimiii al¬
tre cole in tal’ occafìone favoleggiate dalla gentilità, ballandomi folo il dire,
chedagliEgiziifottocultodivino fù ricevuto il Bue, de' o'nle appunto fe nc
vede la feguente imagine,
Stmolacro del Buel
Cap. IV,
1 dunque vero \ che
il Bue in onore d’ Ofi¬
ride pafsò in venerazione de’
Gentili. Ne abbiamo nel Mu«
feo uno di bronzo delincato
nel modo , che fi vede, il qua¬
le non sò, fe debbafi llimare
reliquia della gentilità, ò pure
capriccio del fonditorc;impe-
roche nò pofso imaginarmi a
qual fine lìa fiato formato fal¬
cante, cola quali inconfueta.,
alla pigra natura del Bue: fe
pure figurato per un robullo,
& indomito Toro , corno
dalle patenti parti genitali ne
fiamo accertati , non folso
flato fatto appunto per 1* u lo ,
ibid. che fi ragiona : T aures facros.
L ì xs ^ 0 ^ V / nr 0, CAP. iP. 4^5
iptn fciliceti & Mnevimpù Diis honorant ^ fcrifse Diodoro, parlando dello
)eltà beltiali de’ Gentili . Ad ogn’ono è noto in quanta venerazione tofse ap-
>relso gli Egizii iiToro, mentre l’annoverarono in fra le ftelle, dove fi per-
uafero godefse T efaltazione la Luna , tenuta da loro per la Dea Ifide , e ftiman-
lo una tal beftia parto d’ una Vacca impregnata da un celefte folgore. Io qui
ifleftendo alla politura del delineato Toro , che, oltre al modo accennato, fi
►fferva con orecchie tefe , & in at to di ftraordinaria attenzione ( fe pure non lo
'ogliamoftimare reftiojòinattodi non aggradire l’ offerto cibo) midòacre-r
lerc , che la Gentilità, figurandolo in un tal raodo,volefsc dinotare qualche ftra-
agante, e ragguardevole avvenimento, già che Alefsandro Napolitano fà chia-
a m^Tizione de gli augurii , che da sì fatta Deità perfuadevafi d’ otte ;ere ; in
Egypto ^pis hos in phano antiqmjfimo , dr fanclijfmo intra fepta magna religio, de die.ltn.
is , in qitibus con]eóltfra divina mentis, 0“ pr aditiones futurorum putabantur .
icut in Memphi vacca dr in Heliopoli Mnevis bos , atque in Arfinoe crocodilus ,
lifqtie porreófam efcam accipientibus ,dut averf alitibus , felicia auguria > dr exi^
'is fortunati . nonnuiiquaih magna infortunia dr repentinum incommodum pra-
'ici, dr pramonflrari: il che di nurvo fà riflettermi alla pazzia de gli uomini
into imperverlati , che anche da gli armenti , e dal le mandrie iftefse pretefero
i fceglicre le loro Deità , e gl’ indizi! delle cofe dipendenti dalla incertezza del
Jturo; pazzia, eh’ ebbe forza di corrompere anche Io ftefso Popolo eletto,
uando fotto la felice ctìndòtta del Santo Mosè , tolto dalla lunga , & infoppor-
ìbilefchiavitudinedegli Egizii non tollerò la dimora del di lui fortunato con-
uttorecon Dio,inducendofi a porgere tributi d’adorazioni ad un tal fimolacro,
e gli ori proprii a tal fine fabbricato. Ecosìfortefi radicò una tal impreflìone
ella durezza de’ cuori di Gente sì rozza, thè le cagionò la prattica ancorché.»,
forzata, co’ (uperftiziofi Egizi! , la quale perverfità tanto è più deplorabile,
uanto che fe ne afcolta oggidì trasferita la coftumanza finò all’ Indile fe purci
ino degne di fede Le cole , che fi feri vono de gl’ Indiani , eciò vchd a tal propo-
fo regiflrò lo Scaligero : Quemadmodum olim ab Mgjpdis , ita mine ab Indisi
ui Cuchin regnum ine olunt -, bgs peculiari culiu prò Deo habetur t'& àppelUtHT^
"ambaran. ' ' ^
Figura del Caprai
Cap, V.
IO veramente più volte hò
fatto rifleflìonC aì già dt-
heato fimolacro, cmoltofo-
0 fiatò dubbiofo -, fc dove va^
neflo per un Toro, mentre
ireva, che lé corna, e laco-
i non mi porgeffero gl’ indi-
i d’ una tal beftia ; corrifpon-
ndo più tofio tali parti a.,
ielle d’ un fiecco , ò Capro ,
me è la figura di bronzò, che
t gli altri metalli fi ritrova an^
’ ella nèl Mufeo,la quale ap-
nto hò qùt fegultamcnfc^
llòcata' i aceioehé-dgn’ uno
s»
'Oi$d»l.ZtC»4
Wi»d> Hìd.
46^ M y S E 0 c 0 S P ì A N 0
nepoilafaréilconfrontocolfìmolacro già defcritto, e chenelfa faccianonmi
pare punto declinante dall’ effigie di Bue, & in tal parte non confarli coll* imprcf-
ìo Capro, che pure anch’egli tra le principali ferme Deità d’ Egitto fù connu*
merato , e riverito. Hò avuto parimente intenzione di ragionare in quello luo^
go d’una tale Deità, per aver ella relazione alle cole favoleggiate d*Ifide, e d' 0>
fìridc , Ebenche feriva Eliano , che folaroente le capre femine nella Tcbaide da
quei di Cana , detta già Copt/s , folTero riverite in riguardo a gli onori, che lì por¬
gevano ad Ilìdefuordimodoamatrice di tali bellic; Copitit cxcaprts ferhfaemim
n*s edunt , divinitatem etiam iis tribuunt : mares autem comedunt : fceminas
vero a]Hnt ejfe ob le d amentum ^ & delitias ifidos: altri Popoli nondimeno d’E¬
gitto diedero i divini onori al Capro, ò vogliamolo dire Becco, come efpiclTe
Erodoto: Capris etiam divinum Mendejìi honorem tribuerunt ^ ac magis mari-
bus ^ quàm feeminis, Atque ex iis caprarii pracipuo funt in honore x c Ciò for¬
fè per la lalacita , c fecondità attribuita a tal animale , c cotanto ftimata dalla fu*
perftiziofa Gentilità , come lì può dedurre da quello , che Icrilfc Diodoro ; Hir¬
cum inter Deos retulere ob genitale membrnm : ficut Gracis propterea a\unt ve¬
nerationi efe Priapum. Nel qual fcnlo appunto, e lotto le falacifpoglie di Bec¬
co fù ricevuto il Dio Pane, fecondo che favoleggiarono i Poeti, ch’egli fiera¬
mente impazzine ne gli amori delia Luna, che fù Ilìde, e la Terra : corrifpondcn--
doaciòparimentelccoferaccontated’Olìride, oggetto tanto amato da Ifide^
per cui l’antichità fi pregiava della generazione di tutte le cole, efsendo Olì»
ride perciò tenuto lo Hello che il Sole, che Dionilìo,chc Bacco,e che il Dio Pane.
Imagine d* un Lup9%
-, Cap, VI,
i A ritornando alle cole, che li raccontano
XVx d’Ifide appafsionata per l’inumano fuc-
celTo del riverito Ofiride, non mi è parlo fuori di
propolìto il portar qui la Statua di bronzo , che po¬
co maggiore dcirimprelTa figura li conferva nel
Mufeo,rapprefentante un Lupo, che degrigoando
idcoti Uà in atto di combattere; rammemorandomi ciò, cherTerifee Diodorò
dellaguerrad’Ifide,ed’OrocontraTifoBe nel favoleggiare lopra gli Eeizii,
che Oiìride vcnilTe in ajutoalla Moglie, & al figliuolo da gli abilsi ìnfemaù, traf-
formatoiu una tal forma; onde vinto, &uccifo Tifone, per cosi g o iolo farto
fodero dati i divini onori ad una tal beftia : Nàm cùm rjìs uni cum filio Oro cune
T ifone ejjet bello dimicatura , ferunt Ofìridem in Lupi ferma ab inferis auxilio,
éf uxori tifi filio veniffe. Vidores iitaque Tifone inter fedo honorem et antman*
ti impendife , cu\us interventu , fubfdioque vidoria parta effet . Io qui noxu
parlo di qut 1 .0 , cOc loggiugne il mento varo autore , ciò è deli' in vallone de gli
Etiopi , che fecero ne’ campi Egizii , dove da valorofa fquadra di Lupi cacciati
quelli lino ad Elefantina, rellarono vinti ; e che perciò nella Tebaide la C irta di
LicopolidaLupiprendefle il nomv", & ivi p?rr|colarmcnte arali bellic fodero
dati i dovuti honori : Tradunt nonnulli agros Mgyptierum incurfantes JEthiopes^ I
d Lupis fada acie ufque ad Civitatem Elephantinam repulfos . ^_ua ex re fit j
ér locus ille didus Lycopolts eis belluis honos d pofierts habitus ì impetoebe
c troppo favoiolo i) dire , che tanta copia di Lupi fi potcUc unire in uii fol luogo
per combattere , & effere vincitrice di formidabile efcrcito d’ uomini armati ; fe
pure non volelTimo dire , che tali Lupi fodero llaci le imagini dipinte ne gl> Hen*
dardi
i
L l'B K 0 ^ i n r 0, CAP^ Pi
dardi , fotto de’ quali militavano i Soldati Egiziii ò pure , che i Soldati medefi-
mi avexero avute jc celate fatte' della pelle di tali animali, ftimati da loro pro- BiedJik.x.
pizii ne gli affari della guerra , il che coftumarono ancora i Principi , & i Rè me- ^
defimi , ò foffe ciò per maggior decoro , ò per tener in timore i Popoli , ò pure a
qualche fine di religiofalupcrftizionc : già che i Gentili veneravano tadtTani»
mali, e dal numero delle perlone primarie Iceglievano i loro Sacerdoti^ Ma
bensì confiderò , come i Greci non vollero edere inferiori agli Egizii in così ri-'
dicolo culto jimperoche confecraronoancor effi ilLupo al Sole, che apprcffo
di quelli era Ofiride, e non folo vollero, che nella loro lingua Av'xat , Lupus , fof-
fe detto i «»»' r KÙxntt à prima luce y per effer tal animale la mattina molto per
tempo pronto alla preda ; nia ancora per la robuRezza ,e per logenio , eh" egli
hà di predare , Io giudicarono fido cuflode di Marte, laonde in Atene vi fù pena
r ammazzarne : ficome appreffo de’ Romani furono in ventrazione i fimolacri
di tali animali, per Tobbligo, che pretendevano d’avere alla fpezie di tali beRie,i
per edere Rata della medelima , come credettero , la noérice de’ primi loro fon«i
datori Romolo , e Remo : in memoria della quale furono da Evandro inRituite-
le fcRe Lupercali con i Luperci Sacerdoti , e col rimanente de’ MiniRri di quel¬
le , dedicando ancor effi il Lupo a Marte , che fù da loro creduto Dio dell a guer¬
ra , e padre de’ gemelli fudetti ; onde ufarono di portare alla guerra nelle ban¬
diere non folo l’ Aquila , eh’ era loro principale infegna , ma anco la Lupa, a cui
per la Reffa ragione diede titolo di marziale il Poeta Virgilio : . . ty^neid.iib,
atft matri multis balatibus agnum ver J, ^66.
Martius k ftabnlis rapuit Lupus»
2 MadifimigliantiritiabaRanza j avvegnaché ia rideffione fatta fopra l'otr
tenuta Vittoria ù’ Ifide contra il tiranno Tifone , e l’ ammirazione della iuperRi-ì
ziofa pietà di così forte Regina nel dare alle ricuperate membra del di vifo cor¬
po d’ Ofiri i divini onori ,ci faccia flrada a confiderare un’ altra più ridicola Dei¬
tà, che fono le parti genitali del mentovato Ofiride, le quali volle Ifide, che
fodero con particolare onore tenute in venerazionejabbenche vogliano alcuni*
che queRe gettate nel Nilo da Tifone, non poteffero effere ritrovate dalla me»
defima,ia quale perciò fuor di modoadolorata ordinò pure, che ogn’annoa
certo tempo con folenne cermonia di pianti , e di lamenti fi andaffero cer¬
cando , & indi a poco fi faceffero folenni , & allegre feRe in memoria del ritro-
vatoOfiri. Tali folennità,megIiodirò , enormità, nate in Egitto, edettePa-
raili, continuarono nella Grecia in onore del padre Libero Itifallo, ò voglia¬
molo dire Dionifio , Pane , ò Bacco , che fù Ofiride de gli Egizii , nelle quali co-
fiumarono di portare al collo la figura del membro virile fatta di varie materie,
cmaifimaraentedel legno di fico , detta da loro Phallo, la quale fecero ancora
di cuojo roffo , e con attraverfarla dinanzi tra le cofeie andavano con queRa fal-
tando in onore di Bacco , per ciò Phallofori detti : ficome inghirlandati di vio¬
le , e d’edera , e coperti le faccie di feorze d’ arbori , ò di pelle d’animali, erano-
confueti di folennizare mafeherati in un tal modo così laide felle . Quindi
nacque la Rima de’ Satiri, de’ Fauni , e de’ Silvani: & altrettanto furono celebri
le feRe coRumate in Cipri ad onore di Vcnere,dove i Phalli erano difpenfati a di
lei feguaci , quanto fcelerati foffero i decantati fecreti di Priapo , 1’ imagine del
quale pendente al collo de’ fanciulli fù Rimata ficuro difenfivo contro i malefici
incantefirai , Qui non occorre, che io rammemori tutte quelle cole, che in limile
occafione fi pratticarono anche appreffo de’ Romani , per.: he pur troppo trapaf-
farono i limiti d i quaìfivoglia abbominevole difoneRàibaRandomi folo il moti-
Vjarc,che nel Muleo fi confervano alcune Ratuette di brózo fatte, come io Rimo,
perlina tal memoria, e delie quali fi danno le feguenti figure. statue
^$8
M y S B 0 COSPIANO
Statua, di Ojtride rappre/entantc Priapo»
Cap. VII»
VcAe fono e di for(na»e di grandez¬
za eguali alle delineate, elsendo
foloòTtt'crentciapiù grande dall’ altre, per
avere il capo coperto da una bc retta, e lo
mani (fuorché un non sòchedi distinzione
nel deto grofso) fenza divisioni di deta , ef-
fendo tutte ignude , & avendo le parti geni¬
tali afsai cofpicue ; laonde mi dò a credere ,
che forte fiano Hate fatte in memoria d’ Olì-
ride , già che raccontano , che per comando
d’ilide tali fìoiolacri lì dovclsero portare
procefsionalmente ne*giorni celebrati in.,
onore dello Itefso. Punto poi non mi ma¬
raviglio , fe quelli lìmolacri ( sù ’i luppolto,
cherapprelentinoOiìride, che ful’iltelso,
che il 2>ole ) nella faccia moitrino d’eisero
. differenti d*età,imperochc vollero forfè in tal modo gli Egizii dinotare ladi-
verfità delle (lagioni cagionata dal Sole col luo Icoflarli , & avvicinarli al verti¬
ce : licomc efsi nel formare Oliridc colle membra ignude , c colle parti genitali
afsai manifelle , non li allontanarono dalla virtù del Sole , il quale mediante il
fuo calore da moto alle cole è cagione di molte produzzioni : volendo in un
tal modo, c fecondo che in vani modi formavano quella loro Deità, da cui lì
pregiavano ancora di avere la loro feconda di. Icendenza, far conofeere i varii
effetti del Sole , a cui attribuivano la generazione di tutte le cole: venendo dal-
Talrrc Nazioni ancora ricevuto a taf line lotto i nomidi Pnapo, ediBaccc,
mentre lotto il nome di quello comprendevano uni verlalmentc la generazione
di tutte le piante , c d’ ogni animale , e lotto di quello la maturazione de’ frutti ,
e malsime dell’ uve, llimando quello Dio de gli Orti,equellodella vendemia.
Ma elsendo l’ uno, e l’ altro lo Itefso, che il mentovato Olìride, non farà fuori
di proposito il perluaderli, che, licome quelli , giufta l’ accennato di lopra, lì
portò peregrinandoli Mondo ad inftruire gli uomini rozzi nella coltura de*
terreni , folse perciò creduto il Dio dell’ agricoltura , e lo llefso , che il Sole , il
quale pure col luo continuo volgerli intorno alla Terra vi produce i medclimi
effetti in ordine alla generazione, ad ogni u o ben noti.
* Tali forfè furono sù principio i tini della Gentilità, la quale ogni volta
più avvanzarafi in malizia,& in fupcrflizioni degenerò dalla Sua primiera fimpli-
cità , che pure farà fempre dccellabile . Quindi p; r la liberta , che ogn’ uno a vea
diparlare,edifaredeg.i Diiaiuopiacert nacque la moltiplicità dc’limolacri
fimboleggiati per una loia Deità ; od indi a poco a poco al pari del figurato Nu-
mcjfurono ricevute lotto cu todivino le figure medelime , Ciò avvenne, a mio
credere , del mentovato Oiiride , mentre in paragone de’ vani effetti del Sole, di
CUI fù fipura, venne da’ Gentili formato in varie guilc, e nelpalsaggio pari¬
mente , ch’egli lece con tal culto da gli Egizi i alle Straniere nazioni tu ncevuro
lotto numi divtrli, e per conlcguenz^ cerne le folstro Itate differenti Deità.
Dalle cole narrate d’Olindt tutto ciò è alsai mannello ,per lo che non occorre
pure, eh’ IO rammemori la moitipliciia di quegl’ animali, che anche i.*^ untai
modo
LIBRO l NT 0, €AP, yiL 469
modo caddero fotte le Deità regiftratc da chi ragiona di fitnife materia ^ Fù pa¬
rimente dalla Gentilità una fola Deità ricevuta (otto contrarii lignificati ; il chè
veramente non sò capire, mentre vollero, che tanto Ofiride, quanto Tifone.»
folsero lo ftefso che il Sole : e pure tale fù l’ odio dell’ uno contro i’altròjChe nc
avvenne tutto l’accennato di fopra per fentenza de gli antichi in tal propofito.
Con tutto ciò , fe nel fenfo della Gentilità confideraremo Ofiride per quegli ef*
ietti del Sole, che fono in ordine alla produzione delle cofe,c Tifone per le pro¬
dotte, e che per eccelTo di calore s’inaridifcono, non olTerveremo quella con¬
trarietà, che a prima vifta potevamo concepire originata da unacaufamedefi-
ma . Dedicarono parimente il Nilo ad Ofiride per la fecondità ,che ne rifultava
ne’ Campi Egizi! dalla inondazione del medefimo . Confacrarono a Tifone il
Mare , perche l’ acque di quello dannificavano il Nilo , & inaridivano la terra i
dove egli formonta va . Infomma tutte quelle cole , eh* erano indirizzate alla
generazione, & all’ utile commune furono fiimàce degne de gli onori d’ Ofiride^
c le contrarie a quefte , e le nocive, a quelle del tiranno Tifone . Quindi celebre
fù Timprefa de gli Ermopolitani, nella quale fi vedeva dipinto l’Ipopotamo
proftrato , e combattuto dallo Sparviere , dinotante l’ odio , e la guerra d’ Ofiri-
dc , e di Tifone, fignificando quello il principio d’ogni bene , c quefto l’ origi¬
ne d’ ogni male . A tal propofito hò penfàto ben fatto il ponere in quefto luogo
le feguenti imagini di due animali volatili, che nel Mufeo fi confervano, e maflì-
me perche mi pajono coerenti all’Egiziana Gentilità, per le ragioni, che fi ac¬
cenneranno , e perche forfè parimente polTono avere qualche relazione alle cofe
favoleggiate da gli antichi delle mentovate Deità .
I. Tì^uya dello Sparviere*
" Cap. Vili.
’t ^Ono quefte di legno,
O e dipinte di varii co¬
lori, come è manifeftoda..
una , che tale fi vedein quel¬
la guila appunto , che ftimai
fodero gl’ idoli di legno fa¬
lciati de gli Egizii , deferitti
di fopra . Quelle furono già
nell’ indice del Mufeo nomi¬
nate lotto i nomi di Barba¬
gianni , e di Civetta . Ora fi
pongono gl’intagli, accio- 1
che ogn’uno confideri, fc^ '
veramente pollano loro affimigliarfi, e cadere lotto tali nomi
2 L’ impreiTo intaglio in primo luogo non mi pare, che polla edere un Barba¬
gianni , da’Latini detto e volgarmente nominato Allocco, ma più tofto
lo ftimerei un fimolacro dello Sparviere, eh’ è Accipiter àel Latini , e
de* Greci, che altro non vuol dire, che uccello facro, per edere "ftato tenuto in
grande venerazione dalla Gentilità, si per l’utile, che ne ricevevano centrale
velenofemorficature de* piccioli animali, come perche gli auguri liconfidera-
vano nell’ ami vedere le cofeawenirc. Non èdubbio alcuno, ch’edendotal
animale agile di moto, c veloce di volo s’inalza al Cielo al pari, c forfi più di
qualfiyoglia altro uccello, onde edendorobufto nel colerare colla veduta i’in-
R r contro
Diod.l.z,e.4
Diod. tbid.
^bb. Sar-
rtn. eptg, 8i-
470 M r S E 0 [ 0 S P l J N 0
contro de’ raggi del Sole, con tal fine da gli Egizii fù ftimato fimbolo della lucé,
c dello fpirito, e per conlegucnza dinotante Qfiridc , da gl’ iftedì creduto il So¬
ie , Raccontano parimeRtc, che anticamente untai uccello portafTe a’ Sacerdoti
di Tebe uh Libro, dove fodero rcgiftrati i riti,co’quali fi dovedero dare gli ono¬
ri , & il culto a §l' Iddii : Alii accipitrem prifcis tempexihus dicunt librum pum
ntcets infcriptum literis^ in quo continebatur qui cultus Diisy quive honor de^
beretur y Thebas ad Sacerdotes detuHJJè, Quindi fu creduto uccello confecrato
al Sole , & ad Ofiride : c perciò nell’ Egitto tra gli altri animali , creduti facri ,
era nodrito , e tenuto anco dopo morte in molta venerazione . E dalle parole di
Plutarco, quando didc : Sai in veltibulo templi Minerva , accipitris fculptura
Deurn pranotari , fi conofce quanto fodc il rilpetto portato a così fatto uccello ,•
plcrcche portandolo feelpito anche ne gli anelli , e ne’ figilli>.è manifcdo , che
dovea fer vire per fingo'larc amuleto contro le malattie , ò per divozione era fU*
maco al pari di qualfi voglia altra barbara Deità.
Imagine della Civetta. . i .
;;i . Cap. IX.
<•
xT ’AltrofimoIacro.quì
iy in fecondo luogo
impr'cdojhà gran fimilitu^
dine con le Civette, 4 per
ellcr tale , parerebbe , che,
trattandofi delle Deità E-
giziache , non dovede avep
luogo tra le medefime; e
malsime, perche potreb¬
be crederli reliquia dell’
antica Grecia, che dedicò
quello uccello a Palladcj ,
perche le di lui proprietà
ad prudentiam y librat aque
confina referuntur t come.,
notò un’erudito, il quale
fpiegofsi meglio con que
fti verfi:
NoSiua , quam decorat Fallas , quam cufit in art
Cecrops y virtutis fert documenta tibi.
NoUe volat , noSluque canit , lucemque pero fa
Nocle videt y poter ts dicere noólis avem .
Hac quorfum? nsetuit nullam prudentia nollem ^
Cunila procul pernii y lucis acumen habet.
Abdita peruadit , fcit Regum arcana tacere ,
Confiliumque monet non fine lance dari,
dove accenna le Monete , che da gli Ateniefi batte vanf^ con l’ impronto della ter
Ila di Pallade da un canto, e la Civetta dall’ altro, Paefe tanto di quelle fecondo,
chepafsòin proverbio; NoUuas Athenas; , Alcune di quelle Monete fonodurate
fino a nollri tempi,e tra l’altre è ragguardevole quelladi bron?!od’Aitonino Pio
appreflo Guglielmo Chulio , nel re verfeio della quale fi vedono l’ Aquila dino¬
tante Giove, ilPavone Giunone^ e la Civetta Minerva . Con tutto ciò mi è parlo
opportu-
LIBRO in T 0, CAR. /X 471
opportuno in quefto luogo il parlarne coli’ attribuire queft’ imagine più che a*
Greci a gli Egizii, (limandola per una di quc Ile, che tra que* Popoli ufavalì di col¬
locar ne’ Sepolcri, tenendo cflì la Ci vetta per gieroglifico della morte, corno
avvisò l’AIdrovandi nell’ illoria naturale di quello uccello . Oltreché, le vollero orimh.l. S.
gli Egizii collo Sparviere , come di (opra fi è detto, lignificare la luce, lo Ipirito , c. 7.
& il Sole , non èfuori di propofico il perfuaderfi , che per la Civetta voleflero di¬
notare la notte , le tenebre , e per conleguenza la morte, già che pare, che ancora
appreso di qualcheduno duri ancora una certa vana opinione di conghietturare
da tali uccelli finiftri avvenimenti . E forfè da così fatti prototipi furono copiati
quegl’idoli Indiani in figura di Civetta , uno de’quali fatto di penne di uccelli
azzurre , verdi , e rolTe fi efprime dal noftro Aldrovandi , il quale ne portò l’ ef¬
figie nell’ Illoria naturale de’ quadrupedi ovipari, efiendo certo , che dall’Egit- Lib.i. e,u
to pacarono nell’ India divertì ritifuperlliziofi , come più d’ una fiata anno av¬
vertito gli Scrittori delle cofedi quc’ Pacfi, &atal propofito legganfi i viaggi
del Balbi, dove racconta, che gl* Indiani oggidì ancora anno in venerazione i
Gatti raaimoni, tenendoli legati intorno alle loro Chiefe. Lo ftefio avvertì il
Maffei nel primo libro dell’ Ktoria Indiana, raccontando d’ un bel Tempio de¬
dicato ad uno Scimiotto, Non è parimente da tralafciarfi ciò , che fcritfe ne’ fuoi
viaggi Giovanni Vgo nel raccontare l’ invafione , che fecero i Portoghcfi l’anno
1554. nell’ Ifola di Scilon, nelle (correrie della quale effendofi a tal fincinol tra¬
ci nella fornita d’ un monte , chiamato d’ Adam , dove era un ricco Tempio , trà
le cofe adorabil i , che fi ritrovarono nel medefimo , confiderabi le fù un T aber-
nacolo , dove altro non era , che un dente d’ uno Scimiotto , il qual pure quanto
foffe in venerazione da quei Popoli, fi conobbe dalle fpedizioni , che fecero per
ricuperarlo , e mafiìme collo sborfo di fetteccnto milla Scudi , al che fi farebbo-
no indotti i Portoghefi , fe non avefifero (limatp con una tal vendita di fomenta¬
re ne’ fupcrftiziofi Popoli una così deteflabilc empierà. Laonde abbruceiaco il
dente , al vento furono fparfe le ceneri .
SimoUcro di Scimiotto ,
Cap. X.
t A Tropofito delle fopraccennate cofe fi confèrva nel Mu-
,XJL feo un bronzo, rapprefentante uno Scimiotto, in quella
, tenendo nella delira mano una
capo , (là in atto di fofienere un-,
mprefio intaglio lo dinota . Que-
ntichì bronzi , era da una bella , e
gag! iarda patina in ogni parte coperto, come ancora in qualche
luogodel medefimo (c ne pedono vedere i veftigii ; con tutto ciò
edendo in gran parte tal patina (lata levata, il che non sò, (e io
debba attribuire all’ imperizia di qualche mano avara per accer¬
tarli della natura dei metallo , ò pure alla curiofirà di chi defiderò
erudirli nella (oda cognizione del fimolacro, che dalla fudetta
patina forfe.era gagliardamente immafeherato : da quello non¬
dimeno non voglio accreditare l’antichità d’un tal fimolacro:
imperochedubbkoadai, che le patine qualchevolca fipodano
artifiziofamente,& ancora con facilità introdurre sù’ bronzi . Ad
ogni modo dalle cofe accennate di fopra è manifefto, chetali beftie furono
adorate: & elTendo pur anche vero, che i riti dell’antica Gentilità d’Egitto
Rr s trapaf-
guii^ , che un’ uomo (là in piedi
palla , e colla finillra inalzata al
globo sferico, come appunto l’ i
fio , come faole accadere a gli
47*
M V S E 0 C 0 S P I A N 0
L.i. in Ehti
De hi/ animrn
t* 2*
Pltn. l. 8.
e. 54.
SeC$ri. e. 30.
De Sécnfi-
t$fj .
trapafTarono neirind/e, ora farebbe cofa dcfiderabile, che colà anche al di
d’ oggi ne folle fvanita la memoria .
3 Veramente piùvoltehòfattorifleflìoneaqueftofimolacro, emoltofono
flato dubbiofo,fe ne dove va far menzione in quello luogo, ove fi tratta delle
Derà de gli Eg/zii; imperoche , fe le Scimie non fono della llelfa fpezie de’ Cer-
copiteci , e de' Cinocefali , che in noftro linguaggio fono i Gatti maimonì,&i
Babuini, non avrebbono che fare colle falfe Deità dell’Egitto , e malTime , che
delle Scimie non sò ritrarne alcun rilevante motivo dalle miflcfiofe figure della
Menfa Ilìaca , eruditamente fpiegata dal Pignorio ; (c pure fotto nome di Scimia
vogliamo folamente intendere quegli animali di tale fpezie , che fono fenza co¬
da, e che da^iatini fono detti & Sìmiui, à de/ref/s , Sijìmis naribus , ò
pure, come dille il VolTio, quali Mimia^à />w//'?r/;conciofiacolachr,
nonelTendo uomini, cerchino nondimeno d’imitare i medefimi, onde dillo
Claudiano:
Httmani qualis Jìmulator ftmius oris,
3 Con tutto ciò voglio perfuadermi, che tanto i Cercopiteci, quanto i Cino?
cefali ,& altri limili animali felvaggi , abbenche fianodi varie fpezie , per elfere
tutti nondimeno imitatori deiruoino, pollono cadcre,col fondamento d’Arilìo-
tele, di Plinio, c di Solino, fotto il nome di Scimia, e che tra le belliali Deità del •
I Egitto folTero indifferentemente cìefcritti. Laonde, fe gli Egizii poferosù’l
catalogo de’ loro venerabili Dii così ridicoli animali , potrò io ben dire con Lu¬
ciano: mihi quidem foTiulare videfttur non qui re/rehendat , fed vel Heracli^
tum poti US aliquem t vel Democritum , quorum hic amentiam eorum rideat y il¬
le deploret infitiam: e mafiime, perche fuppofero, che a principio gliDiiper
numero, eper potenza inferiori a gli uomini, follerò flati coftretti timorofa.
mente rifugiarli in quelle beftie, le quali poi da’ mcdelimi per un tal benefizio
luctdM.ibieL furono confccrate : iijunt enim, priores DeoSy cum pauci numero ef,
DtedU.^.e.t > viribufque Populo impares y impietatem vero hominum timerent y fimiles
fe quibufdam animantibus finxiffe , eoque modo crudelitatem , vimque hominum
: parto deinceps Orbis Imperio , vt redderetur animalibus gratia y qua
fua f alutis caufam prabnifent , confecra/fe ilUy quorum fumpffent formam y
eflendtjfeque quo paclo , (f viva nutrienda ejfent , ér mortua fepelienda^ E che
le ',cimie tri le Deità dell’ Egitto folTero ricevute nel modo di fopra motivato,
ne fanno teftimoniaoza Luciano, & Alefsandro Napolitano, mentre quello
trattando de’ Sacrificii difse de gli Egizii ; Ad hac alium ibin , alium Crocodi¬
lum j alium etiam Simiam'y c quello più chiaramente allo Itefso fine Ieri vendo ;
Mgyptiis veròy licet ternpla marmare ydp auro cjjent elaborata, luxtt ingenti ^ dr
mira arte , tamen Deorum imago erat deridicula . Nam Simia , ib/s , vel Cro¬
codilus , aut alia id genus teHes Magorum , aut Mgyptiorum portenta pro Dii^
(olebantur: fegno manifefto , che molte, e varie fpezie di Scimie furono tutte in¬
differentemente ricevute per Deità , e falfaraente adorate .
4 A qual fine veramente follerò tali animali tenuti per Dii , e per qual cagio¬
ne il noftro limolacro , come dilli , colla mano , e col capo follenti sferico glo¬
bo , non faprei indovinarlo . ApprelTo d’ Orapollo il Cinocefalo flante in piedi
colle mani elevate al cielo fù fimbolo della Luna nafeente. Altri riferifeono,
che una tal beflia in Egitto era nodrita tra l’altrc flimate facre.pcr conofeere dal¬
la medefima il far della Luna . Fù opinione di molti , che dal vederli tali bellie
ingegnofe fuor di modo, folTero perciò llimatc degne della divinità , Io lenza
propofito non hò ftimato di porre il oollro limolacro trà le cole raccontate da
gli Egizii d’Ofiridcpcr indiz.o delia fecondità, fe pur’ è vero, che quelli folte
riceva-
De ditb.gen.
/• 2i« f • 2 2«
L ì •S it 0 EVÌNTO. iÙAP. X. 473
'riccvutoda’medefìmiperfimbolo della generazione forco i nomi del Sole,d;
Fallo, di Priapo, e d’altre limili Deirà di fopra motivate. Non è dubbio al-
«iunojchcimentovati felvaggi animali fono fuor di modo libidinolì, &incli-
nati a gli amori di quegli oggetti ancora, che non fono della loro fpèzicj laon- /« onom*.
denonèdatralafciarficiòjchefcrifl'eatalpropoficoilCarletone: Hu\us gene- Zei.
ris unum in aula, fua fervabat Carolus l. oiim 'Rex noBer ; fedy fofi biennium ,
fclopeto confici iufit, ob infignem falaciiatem . Tuit enim tam folutifiìmum ani¬
mai fUt, ad primum puellarum aulicarum confipeBumt libidine efierveficeret ^ é'
in amplexus ruere auderet. Quindi, fela Gentilità fu così fuperftiziofa intorno
alle cofe fpcttanri alia generazione , non farà fuor di propofito il dire , che ad un
tal fine fodero ricevute le accennate beftie ,' e mafumc, che il noftrofimolacro,
lofténcandocol capo un globo, e colla mano flringendone un’altro al petto,
accennerà forfè d’aver particolar riguardo alla generazione della Terra , & alla
fecondità dell’ Vmverfo; già che i Pani, i Satiri, & i Silvani ad un tal fine furo»
no in molta (lima nelle pompe di Priapo, e di Bacco, & a parere di Solino altro
non erano , che le Scimie , i Gatti maimoni , i Babuini ,e fimili animali, da alcuni
appunto tenuti per uomini feluaggi .
Figura colla fiaccia di Cane rapprefientante Anuhf.
Cap, XI,
2 T T N’altro bronzo di figura in piedi colle mani , e
V colle braccia allargate , e colla faccia di Cane ,
dall’ edere di cattivo difegno,e di bella patina-dà qualche
legno d’ antichità sù ’l fuppollo , che a principio l’arte fta
tuaria, & il modo di fare i fimolacri di bronzo non folTc.
così facile , come poi eccellente riufeì col tempo . Non è
men ridicoladeH’antecedente una tale Deità , che da gli
Egizii fù detta Anubi, eda’Greci peravere
51 capo di Cane. Soggiungo alle cofe motivate difopra
delle Scimie, che i Cinocefali, da gl’ Italiani detti Babuini,
fono una razza di Scimie caudate maggiori , e più fiere de’
Cercopiteci , e de’ Gatti maimoni, e che per avere il capo,
da faccia limile a quella de’ Cani , anno tal nome . Forfè
parerà a qualch’uno,che in quello luogo fi ragioni d’Anu-
bi , Deità dell’ Egitto , perche fi ftimicorrclativa alle Scimie, a’Cinocefali, & a’
Cercopiteci mentovati difopra, già eh:* Anubi, per avere il capo ,ò la faccia di
Cane, da’ Greci vel Jnirsu-poV»»-»? fù detto. Veramente grande è la
contro verfia trà gli Scrittori delle antichità, le il Cinocefalo fia loftelTo, che
Anubi ,ò pure fe quello folle figura di quello : ò più tollo fe fù tenuto' per Mer¬
curio,© per fimbolo dello llclTo» Che folle Anubi, lodinotarebbe la faccia di
Cane, colla quale veniva figurato, laonde meritò d'ellere detto Zatratordal
Foeta :
Omnìgenumque Deum monBra, é‘ Latrator Anubis.
che fofle Mercurio, inventore delle Lettere, lo accennerebbe i’ effere fiato al me-
defimo dedicato il Cane per la fagacità « tanto più che al riferir di Strabone, il Ci¬
nocefalo s’adorava in Ermopoli, Città confecrata a Mercurio,da cui ella appun¬
to prefe tal nome. Con tutto ciò ora più tollo mi voglio indurre a ragionare
d’ Anubi per la relazione , eh* egli hà colle cofe raccontate d’ Ilìde , e d’ Ofiride ,
che a difeorrerne, perche io lo fiimi lofieffo, che il Cinocefalo, ò mentovato
Rr 3 Ba-
f'irg.t/Sn.i
Avìen.
Diodor, l. 2
f, 4.
i/itOllévit
474 M y S E 0 C 0 S P l A N 0
Babumo: meglio inciinandoadireconDiodoroSiculo, che Anub: fi ritrovaffc
nell’ efercicod’Ofiride veftito , e colla celata di pelle di Cane , ò pine , perche
militando, porralle per inlegna militare un Cane lopra rarm',c perciò
folle certo, e che la luaimagine folle poi facta col capo di Care. Ma lauiHi-
coltà maggiore, che parmi pollaellere intorno ad una tanta da’ Gentili riverita
Deità , è il laperedi quale Ifirpc ella folle; imperoche, le, a riferire di Plurarco,
fù Anobi creduto figliuolo d’Oliride, e di Nepti, e che efpolfo dalla Madre
folle rubato da Ifide, che lo tenne per degna compagnia, e fedele cuftodia
Digna Poli conforSy & cura Latrantis Anubis,
non polso capire , come altri lo tucano figliuolo di fifone, e di Nepti ; e in vero,
come potrebbe foflener fi , che Anubi fofse (fato parziale d’Ifide , alla quale non
fù oggetto maggiormente contrario, e più nemico dello ftcfso Tifone è Jìcn^
comprendo , che Nepti lignifichi la parte inferiore della Terra, e che Ifide dinoti
la parte fuperiore della medefima , e che ad ambi fi attribuifca l’ Orizonte , c che
egli perciò allegoricamente folle ricevuto per Cane, per la cuftodia appunto,
ch’eglidovevaavere dell’ Emifperio tanto fuperiore .quanto inferiore dtha^
Terra . Và bene ancora , che alcuni fi perluadano ,che Ifide nel cercare le dif-
perfe membra d’Ofirideadoprallc iCani ò per dar la caccia a quallivoglia fie¬
ra, che folle per divorare le membra d’Olìride, ò pure per meglio ritrovare le
medefime, mediante il loro odorato, e perciò diceile Diodoro: infeHis Ifidis
praire canes pompam ^ veteri mere antiquam erga canes gratiam ojientante^:
lìcome non mi allontanerò dal fentimento d’alcuni, che figuiando Anubi col
capo di Cane ò lo llimarono cacciatore, ò lo credettero cuftodia delcorpo
d’Ifide,ed’Ofiride. Infomma tutto capifeo, e malfime, chetale Deità folk il
Mercurio de gli Egizii, e che per lo fapcre, e per l’ intendimento delle lettere gli
fodero conlecrati i Cani , i Cinocefali , & 1 Ccrcopiteci per la docilità, e faperc ,
che ne’medefimi più che in altri animali prevale; ma la genealogia attnbuitaglr
da Plutarco non fa, a mio credere, a propofito,c non confronta colle cofe rac¬
contate d’ Anubi , perfuadendofi la maggior parte de gli autori , che quello fof-
fcconfigliercd’Ofiride,cuftodedel mcdefimo,& infc parabile compagno d’ Ifi¬
de, già che fù lo ftedo ,che Mercurio , e figurato per lo Cinocefa o , come chia¬
ra teftimonianz 1 ne fece Mmuccio Felicc,parlando d’Ifide addolorata per la per¬
dita diOrofuodilettofigliuolo.cosìdicendo: Ijìs perditum ^lium^ cumCynoce^
, phalo fuo , ^ calvis Saferdotibus luget, plangtt , inquirit : ^ ijìaci rnijert c<e~
dunt peélora, & dolorem infelicijfima matris imitantur : mox invento parvulo
gaudet Ifis , exuit ant Sacerdotes , Cynocephalus inventor gloriatur : nec definunt
annis omnibus vel perdere , quod inveniunt , vel invenire quod perdunt-, legno
manifefto, che Anubi non fu figliuolo di Tifone, ma bensì d’Olìride al parere
di Diodoro , e che figurato per lo Cinocefalo fù tanto infeparabile compagno ,
c fedele cuftodcd’ Ifide, che non folo fervìalla medefiraa per ricuperare le dif-
perfe membra del divifo corpo del Padre, ma ancora, come valorofo Soldato
fervi ad Ifide per combattere, & uccidere Tifone , e per impodeffar quella del
Regno: ficome per opera principale di lui Ifide ritrovò il fuo amato figliuolo.
Oro , come più a baffo fc ne darà qualche ragguaglio .
Ima-
1
l B K <^ j H t o: Xll 4^
Imagine dèi Ltont^.
Cap, xn.
’i K Lcunt bronzi ancora rappre^
Jf^ 'fencanti varii quadrupedi fo¬
no nel Mufeo i e tra gli altri un Leone,
che col capo piegato a terra pare , che
ftia in attq di afferrare la preda, òdi
prepararli à qualche valorofo cimen«
to. Nonèqueftidi garrivo difègnoi;.
ina in le fteffo per antichità non parrai
molto conlìderabile , abbenche una^
tal fiera tra l’ altre Deità folle da gli
Egizi! annoverata , dedicandola prin¬
cipalmente al Sole, & a Vulcano per la natura ignea, eh’ ella tiene, e propor¬
zionata alle fudetre Deità , delle quali li ftitnava figura. Quanto folle riverito , t
dalla Gentilità il Leone, lì conofee, mentre fù riporto in fra fé Stelle: e quanta \r
relazione eglraveffe coi Sole, Nume primiero adorato da gli empii Idolatri, ben ^
fi può comprendere , mentre attribuirono ad un tal animale ciò, che poteva con*^
venire al Sole, che eiTendo il Principe de’Pianeti j adcffoperregia,e celertc
abitazione adegnarono il Leone ficome confiderando , che quello gran lumi¬
nare continuatamente fi raggira intorno alla terra , e fi muove in una grande sfe¬
ra , cosi fi perfualero , che 1 1 Leone , tnoMcndo , anco dormendo la coda , dovcfi
fe,comeacccnnò Ebano, aver convenienza con lo fteffo. Nonèdatralafciàrfi,
che in Leontopoli , Città d* Egitto, da’Leoni così detta, principalmente allaj
mentovata fiera fodero dati i tributi dU.dorazion(e . Anche i Petfiani , che altra
Deità non avevano , che il Sole , Mithras loro detto , per fimbolo dello fteffo
nelle (pelonche adorarono il fuoco. Eie beneè opinione di molti, che tale na¬
zione noninalzaffe alcun fimolacro ad una fua cotanto riverita Deità, nè che
coftumaffe di fabbricareTempii a fine di religione, e ciò principalmente perche ; .
uni Solii quem venerabatur ^ vix Mundus ipfe fufficereti formarono nOnd meUO ’
il Sole colla faccia di Leone, colla Mitra incapo, vertito alla Perfiana, e colle
mini comprimente le corna di bue, come ne fà erudita teftimonianza il Voffio
rapportando ciò j che fù fcricto fopra Statio , quando diffe :
■ — mmrnm feu Perfai fub rupibus antri
Indignata /equi torquentem cornua Mithram, ''
Perfe in fpelais Solem colunt. Et hic Sol proprio nomine vocatUr Mithrdax
quippe eclipfim patitur ^ ideo intra antrum colitur , EB autem ipfe Sol Leonis
vultu cum tiara Perfìco habitu , ^ utrifque manibus bovis cornua comprimens .
^ua interpretatio ad Lunam ducitur ^ qua indignata fequi fratrem , occurrit
illifdr lucem ei obfcurat \ indizio come tanto da gli Egizii furono fimboleg-
giati il Sole, e la Luna, che furono Ofinde, & Ifide, per lo Leone , c per
lo Bue, quanto dall’ altre idolatre nazioni follerò ricevuti lotto le irtcfsc>
figure.
e.91
Eigu^
Ovid,
tib. I.
fefluji»
Onob.
47#
M y S E 0 . 0 S P t A N 0
Tìgura del C Avallo .
Cap. XII/.
I 'TX I maggiore antichità » a mio crede-
re, fono alcuni fimolacri di bron¬
zo rapprefentanti quattro Cavalli , che fi
ritrovano nel Mufeo, mentre e dalla graci¬
lità delle membra , e dalla patina del metal¬
lo,. e dallatmrrofione del medefimo, e dal
difegno fe ne poilono cavare indizi! di
qualche probabilità. Mi è parlo di ragio¬
narne in qucfto luogo per la relazione, che
bàia natura di tal animale a quella del fuoco, che fùfimbolo del Sole, comedi
fopra accennai, a cui appunto il Cavallo da’ Pcrfiani, e da’ Maffageti , Popoli
della Scitia, fù conlecrato, & offerto in lacrifizio.
placai equo Perjìs radiis Hyperiona cin/him
Ne detur celeri vi/lima tarda Deo .
3 Non è mia parte ora il ragionare della gencrolità, del brio, dello fpirito, e
della nobiltà del Cavallo, ballandomi folamente il dire, che a relazione di Pierio
Valeriano fù preferito ai Leone ne gli affaci militari , e dalla Gentilità dedicato a
Marte,(limato il Dio della guerr3,deila quale ne fù (imbolo, come cantò il Poeta
Virgilio: Bello armantur equiy bellum hac armenta minantur.
Quindiio ben comprendo, che i Romani facrificaffero a Marte una tal beftia .
quod per e\us effgiemTro]ani capti fint', vel qtted eo genere animalis Marsdele/ìari
credebatur', ma non sò capire, come appreffo d’altre nazioni folle dedicato a
Giove, che fù creduto il DiodelJa pace, come accennò Fedo, quando dille:
aipudSalentinos Metani lavi equus dicatus vivus con\icitur in ignem : fe pure non
voleffimo perfuaderci, che ciò foffe flato fatto per l’acquifto della pace, median¬
te la guerra, ricevendofi il Cavallo per miniftro principale d’un fine cosìdefi-
derato. Nel qual calo appunto mi darò a credere, che i Gentili nel far conto
confidcrabile d’ una tal beftia fi fodero lafciati indurre ad aiTcgnarli per partico-
lareprefidentc la Dea Ipona , della quale fcriffe lu venale :
Solam Eponam, (jf facies elida ad pr afepia pietas,
e Lucio Apulejo p ù chiaramente: Epona Dea dmulacrum , quod accurate co-
rollis rofeis quidem recentibus fuerat coronatum, contrafegnodella grande
filma , che la Gentilità faceva di tali animali , defiderandone per lo fine accenna*
to c la conlervazione, e la felice fecondità.
Imagine d' una Tigre'»
Cap. XIV.
I è parlo ben fatto di con¬
nettere alla diferizziono
‘ M
de precedenti Cavalli quella d’un
lìmolacro di bronzo d’una Tigre, =
che fi conferva nel Mufeo , e ciò non
già con animo di far contrapofto al-
i*aftuta pazzia d| Vliffe, quando
attacco
LIBRO ^ l N T 0. XlF. 477
attaccò air aratro infieme congiunti un Cavallo» & un Bue , animali appunto di
natura di verfì, edendo quello veloce, e quello tardo di moto. Nè meno hò
avuto intenzione di ragionar in quello luogodellaTigre, perche la (limi una
Deità de gli Egizii , mentre non sò ritrovarne precifo rincontro ; ma ben sì per
la velocità del moto proprio de’ Cavalli già antecedentemente deferitti, e mira¬
bile nella Tigre, di cui ora lì ragiona , il nome della quale appredo de gli Arme-
ni , de’ MeBi, e de’ Perlìani non volendo d ir altro , che Saetta , dalla velocità del¬
la medelìma non meno quell’animale, che il rapidilfimo fiume Ircano, ebbero
il nome di Tigre . Etin vero non laprei imaginarmiqual bellia folle più fiera,
e crudele delia Tigre, e mafiìme nel vederli ella rapire la propria prole, onde
Marziale:
Non Tigris catulis citata raptis ^
Non dipfas medio peruBa fole^
Nec Gc feorpius improbus timetur .
laonde altrettanto crudele fù llimata ( e forfè più de’ Leoni, mentre anche con¬
tro il collume delle fiere è la prima ad alTaiire gii uomini ) quanto amatrice del¬
la propria prole ; per lo che non folo fù fimbolo della vendetta , ma ancora gie-
roglifico lìngolarmenteefprelfivo dell’ affetto paterno. Con tutto ciò fàamio
propofico 1* accennare , che tale animale fù confecrato a Bacco , e da gl’ Indiani
fù ri verito per fimolacro del Sole , filmandolo religiofo, mentre nafeendo , a rif
ferire del Voflìo , priores pedes orientem verfus attollat ; quod religiofum ejfe
animal oBendity modo d’adorare il Sole, efprelfo anco da Virgilio, quando diffC;
llli ad f urgentem converfi lumina Solem
Dant fruges manibus falfas,
il che forfè porrebbe corrifponderc alle cole fin qui narrate d’ Ofiride , (limato,
comedi (li, il Sole da gli Egizii , i quali tramandandole loro belliali Deità a tan¬
te nazioni , ne infettarono quali tutta la terra .
Lih,%, efìz.
3i-
Deiielol.
/•
^mii. lù
Delle Sfingi. Cap, XV.
1 1^ Già che de gl’ Indiani fi è fatta menzione , e perche ftimo j che i prefentì
due fimolacri , che fono nel Mufeo ,e de’quali qui fi pongono le figure ,
fiano manifatture de’ medefimi , mi è parlo tempo opportuno il darne in quell cr
luogo qualche ragguaglio . Il volerli deferì vere farebbe, a mio credere un’of-
fendere chi ne hà faputo co’ diligenti intagli darne le copie . Non è però da tra-
lafciarfi di motivare , che fono di legno, e coperti d’una crofiatura cosi leggie¬
ra, e lottile, e compofla alla Mufaicadi picciolifiime fquamedi diycrfc figure
e varia-
478 M y S E 0 C 0 S P I A N 0
e variamente colorite, che, fenel difegno non arrecano quella nobiltà, che
porta la miniatura, e Teflere co! pennello dipinte, moftrano nondimeno una
gagliarda pazienza di chi le hà iaputo unire iniìeme,c dar perfezione ad un’ope¬
ra così peregrina. Veramente a qual’ ulo fianoftati fatti , e qual nome pollano
avere, a me non dà l’animo d’indovinare. Sòbene, che alcuni lì fonoimagi-
nati , anche col fondamento di Plutarco , che dall’ unione umana colla beftiale
ne poteva qualche volta nafccre un certo parto, detto Sfinge, che apprelTo de gli
Egizi! fi figurava comporto di Leone, e di faccia di donna vergine, cciò, per¬
che ne’ meli quintile , e fertile , de’ quali il Leone , e la Vergine n’ erano cuftodi,
feguiva l’inondazione del Nilo, dalla quale appunto, ficomenefperavano la
fecondità dell’ Egitto, cosi parimente volevano con tali moftruofi fimbolidi
parti, da loro creduti da eccedente fecondità prodotti, dinotare la generazio»
ne, della quale, come di fopra tante volte hò motivato, la Gentilità faceva fopra
d’ogn’altra cola maggior conto. Altri riferifeono, anche col fondamento d’Igi.
no, che la Sfinge folle un mortruofo parto d’ Echidna, e di Tifone , che rifieden-
do nella Tebaide nel Monte Sfincio crudelmente alfaliffe i viandanti , il che non
corrifponderebbe alle cole narrate di fopra , mentre dalle dipendenti da Tifone
la Gentilità ne congetturava tutto ciò , eh’ era di male , e ftimavafi contrario alla
fecondità . In così dubbiofi enigmi , che appunto dalle Sfingi ebbero origine ,
mentre dal verbo Greco hoc cjì JlringOt vel vincio dicatur ^ quod
ffhiny; fìr ingeret homines fuis qualìionibus , ut fe expedire non poffènty non
faprei , che dire i e martime , che ritrovo , che gli Egizii diverfamente da’ Greci
figuravano tali mortri , pingendofi da quefti colf ali , coi capo nudo, e colla ca¬
pigliatura aggiurtata,c da quelli col capo velato, e fenz’ali, come vera tefti-
monianza ne fanno molti marmi , e medaglie antiche . Anzi fe vogliamo para¬
gonare ciò, che fù detto delle Sfingi colle noftre imagini, ron sò vederne ficuro
confronto; e martime, che una delle dilincate hà faccia umana fenza capiglia¬
tura, c l'altra s’avvicina a quella d’ una terribile Orca. M’indurrò più torto a
filmare, che la Gentilità figurafsc tali ofeuri mortri, e li nponefse tra le c^fe
ragguardevoli della religione , e gli collocaffe all’ ingrelTo de’ Tempii , non lol o
per dinotare l’ofcurità de’ mifteri appartenenti alla religione, ma ancora per far
conofeere , che Iddio fi doveva tempre altrettanto amare , quanto temere; c per-
ciò figuraffero tali mortri di figura parte umana , e parte ferina , dinotando in un
tal modo cfsere Dio fiero a gli empii , e piacevole a’ buoni ; nel qual cafo , fc i
noftri fimolacri fofsero di quei , de’ quali oggidì pur troppo , come accennai di
fopra , fc ne fà ftima da gl’ Indiani Idolatri , a tal fine torfe potrebbono rtimarfi
fabbricati ; fe pure non volcflimo con Diodoro perfuadcrci , che le Sfingi non
folsero animali poco differenti dalle Scimic , da’ Babuini , e da’ Gart i maimoni ,
ò pure le ilteffe brtlic; nel qual calo fi potrebbono con un tal riguardo, e
maggior confronto figurarfi con tacciasi bertiaIe,come umana, e corrifpon-
dente appunto a* delincati fimolacri, & a tutto ciò, che di fopra fi diffc di tali
animali.
"Dello Sparviere, Cap, XVI,
1 T T Iene , a mio credere , rapprefentato uno Sparviere
V dal prefentc fimolacro di bronzo antico, e di bella
patina, giufta la grandezza, eh’ egli è qui dilineato . E per¬
che di fopra fe n’c dato racconto, a quello mi riporto.
Sono però qualche volta fiato dubbiofo , fe tale imagine
vera;
l I •s K 0 evinto, CAP. XPL 479
veran^enteiapprcfentava l’uccello accennato, col riflettere a tanti uccelli, che.
gli Egijtii, eia Gentilità religiofamentc riverivano , e nel fapere,che tra i mólti
volatili facevano gran conto ancora dell’ Ibide , dell’ Avoltojo , e dell’ Vpupa-;
di quella, per dinotare , fecondo Eliano, l’amore, e la pietà, verloil padre,e
la madre, in ferentes fìAfit, riponendola appunto il Rè de gl’indiani a àe hi^.
tal fine nrà le più care delizie , ch’egli abbia : dell’ Àvoltojo , perche delle pei\-!-
nedi queftoirccello gli Egizii adornavano le fommità de* velliboli in onoiie
dtllìde, al capo della quale ancora fervivano d'ornamento; dell’Ibidc, per¬
che liberava il Paefe d’ Egitto da’ Serpenti , de’ quali n’ è divoratrice , e nemi¬
ca : dinotando ancora la purità , mentre i fuperlliziofi Sacerdoti d’ Egitto non lì
lavavano in altr’ acqua , che in quella , do ve quello uccello avelTc bevuto , per-
fuadendolì perciò approvata lapurificazionè dall’avervi bevuto il medefimo
volatile. Ma parendomi di non poter conolcere alcuna lìmiglianza del noRro
firnulacro co’ mentovati uccelli, hò Rimato, che più toRo fialTomigli ad uno
Sparviere, e perciò hò deliberato di riportarmi a quel tanto, che dilopra dei
medefimo probabilmente feppi dedu rre da quello , che n’ è Rzlò fcritto ,
Altre Egizie di terra d* animali volatili,
Cap. XVU,
•f A Ggiungo alle dijfcritte imagini tré altre Egizie,
X\, antiche di terra cotta, e picciole nella forma, che
fono gl’impreflì intagli, le quali efquilitamentc clfendo
Rate dilineate, a me levano Toccafione di darne ladilcri-
zione; e Rimandole d’ animali volatili, e- probabilmente
di Sparvieri (già che co’medefimi parmi abbiano molta
fimilitudioe) non Rarò a diffondermi di vantaggio, per
averne di fopra affai ragionato. Dirò folamente , che tali
imagini dalla parte fuperiore fono bucate, indizio,. che
fervivano a’ Gentilijper portarle al collo, come prefervativi da malattie, ò per
divozione , ò pure per appenderle ne’ Tempii in voto fatto alle loro mute
Deità.
Imagine d' lfide\ Cap. WUt.
t rx Agliaccennatianimalijcdallecofe fimboleggiato
I 3 del Sole, che fùOfiride de gli Egizii fòpaffaggio ad
un fimolacro di metallo, che Rimo fatto in onore della Dea
Ifide , che fù forella , e conforte del detto Ofiride , a cui ap¬
punto dopò morte , e dopò l’ ottenuta Vittoria contro Tifone
fucccdctte.impoffeffandofi del Regno,il quale nello Rato ve¬
dovile pacificamente godette. Non può dubbitarfi, che la
prefente imagjne fia d’una donna, non folo dalla gracilità
delle membra, e da’ monili, che le circondano le mani, ma
principalmente da quelle parti ,che fono proprie delle femi¬
ne. Io qui non voglio diffondermi nel deferivere la natura
del metallo , nè meno voglio parlare del difegno , e della cat-
tivamaniera,dellaquale è queRo fimolacro, per non por¬
germi queRe (ufficienti y ò probabili contrafegni d’antichità,
abbenche foRenendo il noRro fimolacro colle mani inalzate fopr a del capoH
moggio
Servius in
t t/€n.
Jfidd.tiC. il
480 éM V S E 0 COSTl^^ò
moggio mi dia verifimile indizio, che polla eflere (taro farro per rapprefcntarc
rimagine della famofa Dea Ifide. Et a tal propofito partni d’aver altre volte
motivato , che appiclTo gli Egizii tra le cofe celcftì il Sole fìi ricevuto per prin¬
cipio attivo d’ ogni lor bene, e che rrà le terrene il Nilo, ricevendoli tanto fotto
il nome del Sole, quanto lotto quello del Nilo, Oiìridc; e che parimente ap-
prelTo della ftclTa nazione era tenuto tra le cole del Cielo per principio pafli vo Is
‘Luna , peredere illuminata dal Sole ; e tra quelle di qua giù la Terra medefima ,
per effcrc ella fecondata dall’ acque del Nilo , che f ù Ofiridc ; comprendendoli
tanto lotto il nome della Luna, quanto lotto quello della Terra il nome della
mentovata Dealfide. Quindi, le tanto Ifide, quanto Ofiridc furono creduti!
principii della generazione di tutte le cole, e le Ifide era tenuta tanto laLuna,
quanto la Terra: Ijìs enim liagttA Mgyptiorum esi terra. , quam I/ìm volunt ejfe^
probabilmente potrà ftimarfi ,che il noftro fimolacro ( rapprelentante Ifide) ora
dinoti la Terra , e maflimc per aver il moggio in capo , che loftenuto da ambe le
parti dalle mani , dalla pienezza del vaio pelante inferirà ( anche col fondamen¬
to di Macrobio) maggiormente la fecondità della Terra: lam vero quia Ijìsvel
terra eli , vel natura rerum fub']acens , foli ideo ifdi modium , veluti frugum^
parenti , adfignarunt . E per ciò , e per quello ancora , che Icrille Diodoro , par¬
rai di poter congetturare, che, le nelle lolenni pompe di quella Dea precede¬
vano il frumento , e l’ orzo , ciò fi faceva non lolo per dar a conolcerc , eh’ ella fù
inventrice delle biade, ma ancora per implorarne l’abbondanza. Siulòpari^
mente in tali fellività di aggiugnere i pianti, e le lamentazioni alluono de’cim-
bali,de’timpani,ede’fiftri, il cheelprelTe Aulonio, dicendo;
Cymbala dant flictu fonitum , dant pulptta falti*
Jdia pedum i tentis reboant cava tympana tergis.
Jjlacos agitant Mareotica fftra tumultus,
Coftumarono ancora pungendoli con ferri acuti le proprie membra d'infangui-
narfi,di cercar’ clemofine, e d’allenerfi dal pane:riti,)i quali edendo flati imparati
da Amitaone nell’ Egitto, furono dal medefimo introdotti nella Grecia,e di là ad
altre nazioni communicati in onore di Cerere, di Prolerpina,di Venere,di Cibo»
le, di Rea,'dellagran Madre de gli Dii, e d’altri nomi di Deità, le quali, òfembri-
no,ò fiano volgarmente tenute diflferentidi nome, fono nondimeno ie ftefie, eli
riferilcono all’ antica Ifide , primiera Deità di Copti , Città la più antica della.^
Tebaide, e capo dell’Egitto, e dell’Arabia, fignificando tutte la natura fog-
getta alla potenza Solare , lotto la quale principalmente venivano in confidcra-
zionela Luna, e la Terra, ò parti di quella, come principii palfi vi della gcner
razione.
Imagine ài Mercurio Infernale,
Gap. XIX.
I Rà più ragguardevoli bronzi, che fono nel Mufeo, ioftimoilnuidilu
X neato, per edere Egiziaco, c d’ una incroRatura di patina confiderabile,
lenza alcun lolpctto , a mio credere , d’ adulterazione, e per l’appunto antichilfi.
mo. E' alquanto maggiore della quìadotta figura. Elprime un’ uomo collo
orecchie adai palefi,e con una mitra, ò tiara, incapo adornata da’latidaun
bipartito pennacchio, come accennai de gl’ Idoli di legno, delcritti sù*l prin¬
cipio , e d’ una ( ora dirò così ) groda gioja nella parte anteriore lopra la fronte .
L’ oder Vo lenza capcgli , e con un’ appendice al mento , la quale è più groda ìb_.
fondo , che in cima , ò dalla parte del mento , a cui è anneda. Viene vellico da uq
manco.
LIBRO CAP^XIZ ^8«
minto, che còpréndogli le fpalle forma fe maniche alTai larghe
sù ’l petto, e nd reftànte fi unifce, c lo circonda in guifa, che
lembra fafciarlo bene llretto , fenza lakiar veftigio didiftin-
zione delle gambe , e de' piedi , terminando in un tutto unito ,
come i bambini fafdati . Dalle maniche efcono le mani 1* una
all’ altra oppofte sù ’l petto , parendo d i tenere impugnato col¬
la delira iincerto ordigno , e colia finiftra il lituo . Molti rife-
rifcoDoquellildoli adifide , e perciò quello nell’ Indice dei
Mufeo, ftampato 1’ anno 1667. fù raccordato lotto nomc^
d’ Idolo d’ Egitto barbato con cimiero di bella forma , rappre-
{emante Ifide barbata . Altri riducono fimiglianti figure a Se¬
rapide* chiamandole appunto Serapidi, alle quali nel partico¬
lare di quella Statua fauorilce il dileialpetro malchile. Ma
quelli fono deboli contrafegni, da’ quali difficilmente lì può
congetturare la vera cognizione di una tale peregrina , & anti¬
ca Deità , circa la quale appunto panni , che vi fiano molte cor .
fe degne di rifieffione per determinarle con qualche verifi-
roile probabilità , come per vedere, le ci pollono condurre sù _
la vera cognizione del nome delia medefima , la quale porta in capo una bcret-
ta, ò cappello, a cui non so le debbano alTegnarfi tali nomi, ò pure quelli di
mitra, òdi tiara.
a Iosò,cheIaberctta,da’latini detta col teftimooiodiFello,deriva
à ga/ea, quod infiar Jìt gale*: eli enim f ileum capitis y ejuo Diale s flamines ute».
kantur . Fiebat enim ex hofiia alba loì/i afa , cui adiungehatur virgula oleagi^
nea: e che parimente, a parere di Svetonio tré erano le lotte de’ cappelli, che
collumavano i Sacerdoti ,dillinguendoli \n apicem, tutulum, ér galerum. Sed
dpicem pileum futile, circa medium virga eminente: tutulum pileum lanatum
meta f gura: galerum. pileum ex pelle hoiHa<afai e che non lolo di quel cap¬
pello , ò beretta , come dilli , detta galerus , le ne lervivano i Sacerdoti , ma an¬
cora quelli , che non erano deftinati alla religione, e le donne racdefime, caden¬
do appunto lotto tal nome quella , eh’ era fatta d i pelle , e coperta con tanto ar-
tificiodicrini umani, che lervendolene quei, eh* erano calvr, ò vecchi, òlc
donne di pelo nero, ingannavano con tali (noi dircfl[ìmo,/f//«rf^c,&i latini ^4-
Uricula ) chi non lapeva 1* arrificio :
Et nigrum flavo crinem ahfcondente galero
Intravit calidum veteri centone lupanar,
c Svetonio: munditiarum fuiffe traditur pene muliebrium : vulfo cerpùre: ga»
lericulo capiti propter raritatem capillorum adaptato & annexo , ut nemo digno-
fceret\ chiamando Tertuliano quella forte di beretta , capitis vaginam , e Gio¬
venale , capitis calceum , e per conleguenza ipfum caput calceatum .
5 Ritrovo ancora, chela tiara era ornamento dei capo in modo di luna fal¬
cate.., che in linguaggio Perfiano fignifica corona,© diadema, ulandoladi por¬
tare nella Perfia i Rè , e nella Frigia i foli Sacerdoti ; ficome ben intendo , che la
mitra era coprimento del capo ulatodalle donne, il quale, le bene nellaLidia,
e nella Frigia era coftumato da gli uomini, ciò nondimeno era biafimato da’ Ro¬
mani , ftimandolo poco virile , c lolo confacente a gli effeminati , & alle mcre-;^
trici. Quindi confidcrando, che quella, la quale fi offerva in capo al noftrofi-
raolacro, fi avvicina ad una delle tré dclcrirte da Svetonio, dirolla tutulum pi¬
leum lanatum meta figura, già che parrai , che venga formata in un tal modo,,
eiia adornata delie penne dello Sparviere, rammemorandomiappunto ciò , che
■ • Ss fcriffe
- X ^
Juvtn.fébt.^u
Zi^, a* 4«
$.iie rtaf.
Dtw»
Viri,
Viriti, ihìd.
49» .M V S E 0 C a S P l AMO '
fcriffe Oiodoro ,^4propter liter arm» faerarHtn fcriftort^ ióf
gcfìaatt ér Acciptris a Un* in cApitCi giulta l' uianza de’ Sacerdoti, a’ quali par¬
ticolarmente erano cotntncfTe le cofe della religione» Dal che pormi di poter
verilìmiimcnte comprendere ,che la noftra invagtne polla rapprelcniarc il Met.
curio de gli Egizii»che fu, a riferire di Diodoro , intimo Segretario, e Conlìglic-
re del Re Oliridc, e facro Scrivano del medefimo, c che, a relazione di Cicerone,
infegnò le Ietterei e diede le Leggi agliEgizii; elTendo ben noto, che quelli
non lolo addottrinò gli uomini nelle (cienze de’ Cieli , c nell’ offervare il moto ,
e gli effetti delle Stelle , ma ancora diede a’ medefimi i riti della religione , & il
mododilacrificare,di leggere, dello Icrivere, c di dar il nomea molte cole, c
di pronunciare le lettere ; laonde fu ben di dovere , che la terra d’ Egitto ( Her-
mochemia) sù’l principio detta, dal nome di Mercurio prendeffe il nome. £
perciò parmi di poter congetturare, che ai noRro lìmulacrò , capprefentantc una
così famola Deità de’ Gentili , foffe Rato da’ medefimi collocato nella mano de*
lira queir ordigno , dinotante forfè qualche Matematico (Iromeoto , ò pure ( al
che io facilmente inclinerei ) qualche lettera ,ò principio d’Al^bibeto» nel qual
cafo parendomi un triangolo ifocele, fi auuicinerà per l’appunto alla prima let*
terra dell' alfabeto Egiziaco, già che vogliono , che Mercurio, inventore di tali
lettere , volefie , che l’ Ibi ( vccello dagli Egizii cotanto Rimato ) folle la prima:
al che fauorifee, che gli Egizii in vece di lettere fi fervi vano d’imagini d* anima¬
li , volendo in tal modo ( al riferire di Plutarco) col mentovato uccello dinotare
la prima lettera, fèis in ingrejp* triAugnUrem effigiem , fett fignr ah* y erti-
ribus itA difpofitii reptAjentAret, ' .
4 E per venire in maggiorcognizionedclnoRrofimolacro, forfè rappre^
fentante la Deità , della quale fi ragiona , vò confiderando , che la Gentilità fece
conto di due Mercuriijattribuendoall’unoil miniRero di nunciodegli Dii, co¬
me efpreffe il Poeta, quando lo fece melTaggiero di Giove ad Enea cosi dicendo:
VAdcy Age y nAte y %>ha Zephyros , & Ubere pennis
HArdAmumque dutemy Tyria CArthagine qui nunc
ExpeBat , fatifque datas non refpicit urbes ,
Alloquere , ó" celeres defer mea diBa per auras ,
& affegnando ali’ altro 1’ otfizio ( come Rimo a propofito dei noRro fimolacro ,
che nella finiRra mano tiene una verga) ò di ricevere Partirne de* morti per con¬
durle all’ inferno, òdi liberare le medefime da’ profondi abiRì, come accennò
l' iReRo cantando :
Tum virgam capiti hac animas ille evocat Orco
Pallentes y alias fub triftia tartara mittit;
Hat femnos y adimitquey cz lumina morte refignat .
potendoli per l’appunto chiamar quello iKdfifWy equeflo cioè cele-
Re, e terreno. E riferendoli tanto l’uno, quanto l’ altro Mercurio al 5ole, ver¬
remo in cognizione del fenfo allegorico di chi favoleggiò , che Mercurio ( intc-
fo per lo Sole) uccidefTe Argo ( fignificante il Cielo) cuRoded’Io, che fùJa^
Terra , nel voler dire , che all’ apparir di Mercurio , indicante il Sole , fparifeo-
no le flelle del Cielo . In tal fenfo ancora fù detto Mercurius fuperus , cf inferus ,
col riferirfi al Sole, mentre di giorno illumina il noRro emifperio,edi notrefi
porta a gli Antipodi, onde Orazio
■II— ■■■■« — • fuperis Deorum
Cratusy é" imis,
e Claudiano in primo de R. P.
K^tlantis Tegeae nepos y commune profundit
Et fu»
.1
l t 'B R 0 ^ l N T 0. CAP. XtX. 5 -^83
, - r
Et fitperis numen: qui fas per limen utrumque '
Solus habes, geminoqtie facis commercia mundo,
c Macrobio nello fpiegare le due penne, bianche, e cerulee, aflìgnate da gli
Egizii a Mercurio, dinotanti il giorno , e la notte, ad altro non volle inferire,
che a’ due Mercurii, Ceiefte, e Terreno. E noi ancora con qualche probabile
indizio riferendo i! noftro Mercurio al Sole, per edere i di lui raggi dorati, cori
Omero lo diremo cioè aurea virga, e con Pitagora, a riferire di
Laertio, vàr 4yX'"*'> animarum quajlor , eo quid animas deducere ad in»
feros credebatnr',òc.o\ V'^ollio fve deducior, emiffor , inclinando adi¬
re, che il Mercurio infernale de gli Egizii non folle altro, che ilCarontede’
Greci, e de’Latini, il quale dal Poeta Virgilio e.lendo detto Portitor, e dal
Vodìo Miniftro dell’ira divina, avelTe particolar cura di portare l’ anime de’
danati a’ luoghi dsftinati al fuppiicio.
5 Sarà dunque quello il Mercurio tanto amato da Ilìde, a cui ( come riferifee
Luciano) avendo fervito di felice condottiere nel paefe d’ Egitto , di giovine di¬
venne colla faccia di-cane . E rammemorandomi a tal propofito le cofe di fopra
mentovare d- Anubi , ben comprendo quello, che fù fcritto da M inucio Felice ,
quando dille : mox invento parvulo gaudet Ifls , exultant fac er dotes , Cynocepha¬
lus inventor gloriatur , attribuendo ai Cinocefalo, che fù figura del Mercurio
Egizio, la gloria d’aver ritrovato Oro, il figliuolo d’ Ilìde, che forfè in mio
fenfo non vuol dir altro, che d’ averlo (anche col fondamento dell’ accennato
Luciano)mcdianteia verga ritornatoin vita: Alatus autem quoque efl , ac vir¬
gam quamdam apparavit, mirificam poteHatem , ac vim habentem, qua animas
evocat , é* educit mortuos. Ben comprendo ancora, eh? gu Egizii al pari defle
loro primiere Deità ftimarono per li molti benefizii ricevuti ii loro Legislatore,
onde riputandolo degno de gì’ ifteflfì onori, che attribuirono a’ioro principali
Numi , non mi maraviglierò, fe il fimolacro, di cui ora fi ragion3,abbia gTiltef-
fì ornamenti, de’ quali ornavanfi Ilìde, &Ofiride, emalfime coll’avere quella
grolla gioja nel capo , e fopra la fronte, eh’ io ftimerei il capo d’ un ferpente, ani¬
male immondo, con tanta religiofa fuperllizio e riverito da gMEgizii, e che
Ebano, /» diadematibus Mgyptiorum regum notavit, ut ita ^rmitatem imperii,
ér potentiam fignficaret -, e che la Gentilità aggiunfe alla verga, da’Greci detta
idefi caduceum, che fù ritrovamento di Mercurio, & ulata diponerfi
nciiC mani d’ Anubi , che fù figura dello ftell'o , come da antiche Medaglie fe ne
cavano i fondati rincontri .
Figura di terra cotta dilineata in ire faccie , rapprefentante Oro ,
Cap. XX.
t \ yf imagini di terra cotta , che nel Mufeo fi confervano ; ma
IVA perche quali tutte fi riferifeono ad una fola Deirà , mi è parfo bene il
darne Un ioio intaglio, eneImodo,chafivcde, per più chiarezza. Diquefte
ve ne fono delle grandi , delle mezane , c delle picciole , e di di verfità dì colori ,
e per lo più cinerizie , e delle verdi inclinanti al ceruleo .
2 Tràlcpiùconfervate,amioparereèIaquìimprefla imagine, la quale in
molte parti quelle fomiglia di legno, deferitte sù ’l principio , avendo anch’ ella
ileapoda un velo in tal modo coperto, che non falcia vedere , che le orecchie,
e la fola faccia: dillcn'dendofi tal velo dalla parte d’avanti finoalla metà del
petto , e ftringendofi forco ai mento in modo, che non permette l’ oflervare altro
d’umano, che il femplice contorno del volto . Cade tal velo dalia parte di dietro
Ss 2 del
Odif. i.
la diai- No.
tt,& Zepht-
rt.
in Odavio*
In dial. A-
poi. & Viti*
cani.
Lrb, 6,c.i7^
484 M y S E 0 Q 0 S P l A N 0
del dor/o , dove fi vede difiinto da una li*
nea tra reftrcmità del medefimo, ed’ un*
appoggio>a cui pare appoggiato col dorfo,
e ftante in piedi in una baie quadragolare .
Hà il corpo tutto coperto da un manto,lot-
to del quale incrocchiandofi le mani, efeo-
nodal medefimodalla parte d’avanti,mo-
ftrando di tenere nella lìniftra, che firife-
rifcealla parte delira, impugnata una falce,
c nella delira, che rilguarda la parte fini-
lira, un’alfa ( ò fiauna piramide) B: una
funicella, che in cavalcando la fpalla follie-
ne un canellro , pendente dal dorfo , ellen-
do il manto dalla parte anteriore. dalla me¬
tà del corpo fino aH’ellrcmità , tutto figu¬
rato di caratteri facri, detti jcroglifici.
3 Molte fono le cofe , che mi pajono
confiderabili intorno a tali imagini , le quali portando {eco, a mio credere , pro¬
babili legni d’ antichità tanto per edere di terra ( mentre le llatue sù ’l principio
d’ altra materia , e di legno ancora , come di lopra accennai , non fi fabbricava¬
no) quanto perche fono caratterizatc di lettere Egizie , collumanza folamcnte
ufata dalla celebre , & antica nazione d’ Egitto .
4 E confiderando il numero di tali fimolacri ( che non è poco nel Mufeo ) e
cheoonfiolTerva d’ una loia natura di terra, e che non cd’ un’ iftedo colore , vò
congetturando, òche non fi coftumadero di fate d’una determinata materia, ò
che dalla varia natura delle terre, e dalla maggiore, e minore cottura, potede
nafeere una tale diverfità: ficome non hà dell’improbabile, che edendovene
delle colorite di color verde inclinante al ceruleo, gli artefici vi potederodare
limile colore coli’ aggiugnervi quel luftro, che fi vede in qualcheduna a quella
guifa, eh’ oggidì gli artefici de’ vali di terra danno un fimile ludro , ò vetriatura
alle loro manifatture , & in particolare alle colorite majoliche ; e ciò forfè face-
; vano gli antichi a’ loro fimolacri per rendergli di maggior durata, abbenchc io
neodervi molti corrofi,e logorati, & alcuni ancora daincroftatura di patina in
, qualche parte coperti ; effetto , che fi può attribuire alla natura de’ bitumi, <S( alla
diverfità de’fali, de’ quali fi lervivano i Gentili nella conditura de’ cadaveri,
' entro a’ quali ,e madìme nel petto , ò pendenti al collo de’ medefimi , tali imagi-
' ni fi ponevano. Rammemorandomi in tal occafione quello, che rapporta il
Rondeletio d’ un cadavere intierocondito,c trafpoi tato dall’ Egitto a Maifigiia,
nel di cui torace furono ritro/ati venti fogli di carta antica ferirti con caratteri
Arabi, e da niunno intefi, benché vi fodero a relazione dello Aedo autore alcuni
Ebrei d’ Avignone, i quali fi vantadcrod’ intenderli col dire, che in tali fogli
flava regiftrata la vita del defonto : lo vvenendomi ancora ciò , che dice il Rei-
Ionio, d’aver veduto libri antichi, Idoli di bronzo, e molte altre luppeliettili
antiche ritrovate in tali cadaveri imbalfamati , indizio, che non lolo fimili Ido*
letti, <3: altre cole facre fi lepellivano co' cadaveri de gli uomini cllinti, ma an¬
cora altri differenti arnefi, òfpettanti all’arte, che maneggiavano vivendo, ò
corrilpondenti al genio, armi, e lettere» nelle quali fodero flati famofi, come
chiara teflimonianza ne fà Vitruvio , cercando l’ origine nell’ arte architettonica
dell’ordine corintico predo i Greci , dove con tal occafione accenna l’ ufanza di
fcpellirc co’ morti varie lupelletili ulatc da’ medefimi# mentre erano vivi .
, 5 Da
L 1 •B R 0 evinto: CAP. XX. 485
5 Da molti rincontri dunque emendo accertati , che le noftre imagini di terra
erano di quelie,cbei Gentili ponevano entro a* cadaveri conditi degli uomini
eitinti, farà neceflfariol’ inoltrarli di vantaggio col vedere a qual Deità verifi-
milmente fi polTano riferire, & a qual fine fodero fepellitico’morci nel modo
accennato .
é Quefiiveramentefono due punti principali, e degni di molta rifleflìonc ;
ma a me dà poco l’animo d* indovinare cofa tanto lontana , e che già fepolta og¬
gidì fi fcorge fotto le tenebre d’ una peregrina antichità , e maffimcche i’Aldro-
vandi,il Vormio, ilBavini,& altri famofi autori, avendone fatta menzione,
iono fiati lontani da quello , che i curiofi delie cole afirufe vanno cercando .
7 Non è dubbio alcuno , che il Goropio più degli accennati autori fi è dila¬
tato in limile materia, attribuendo ingegnolamente tali imagini al Dio Canopo,
che trà gli altri fallì Numi fù fiimato folo vincitore del fuoco , principale Deità
de’ Perfiani . Ma riflettendo a quello ,che in tal propofito nello (piegare la men-
ia Iliaca s’ imaginò il Fignorio , parmi, eh’ egli più d’ ogn’alcro fi fia avvicinato
alle cole raccontate , ò per meglio dire , favolleggiate , da’ Gentili d’ una tale lo¬
ro Deità ^ e perciò (limerò di poter dire col medelimo ,che tali imagini rappre-
ientino Oro , fotto nome dei quale appunto gli Egizii intefero il Mondo fotto-
pofio alle varie mutazioni , che di continuo in elfo fi oflervano, e rnalfime del na-
feere, e del morire , Sovvenendomi quel tanto appunto, che a relazione d’Eu-
febio vollero dinotare gli Eg zìi neH’efprimereìl Mondo co’piedi uniti, velli¬
to d’ un manto variegato , e col capo fofienente un globo , lignificando la fiabi>
lità , r effere ftellato , e la rotondità dello fteffo jficome non farà lontano da ciò
quello, che diffe Plutarco d’ Ilide nell’ aver ella reio Giove atto al moverli , già
che favoleggiarono effere egli prima nato co’ predi attaccati infieme, per inferi¬
re, che la mente di Dio per propria natura fra le cole in vilibili, e nafeofie fi mof.
fealla generazione delle cole. Vollero dunque gli Egizii lignificare col nome
d’Oro il MondoiC di qui molto bene s’intende quello, che riferifee Plutarco, fa¬
voleggiando co’ Gentili d’ Ilide , la quale ritrovato nell’ acqua il figliuolo Oro ,
lo reftituì in vita , e Io refe immortale : dinotando , che la virtù generativa dell’
acqua con la Luna ( intefa per Ilide Regina delle cole fottclunan) hà forza-
di fecondare il Mondo, e di rendere, per così dire, con la continuata ripro-;
duzione inimortali le cofe, che in elio fi offervano . Quindi appreffo la Gentili¬
tà s*^invigorì l’opinione, che la Luna, & il Sole foffero gli oci. hi d’Oro, cor-
rilpondendo appunto ciò al vero, mentre quelli due gran Luminari furono
creati per ufo, e benefizio del Mondo, il quale pure iùprefo fotto nome di
<^iove, mentre Tantichità fi perfuafe, che il Sole poteffe chiamarli rocchio
d’ una tale Deità , overo la mente dello lleffo, ò del Cielo , ò del Mondo .
8 Ma prima d’ inoltrarmi di vantaggio nel difeorrere intorno al nofiro fimo,
lacro , filmato rapprefentante Oro, parmi ben fatto, ritornando alquanto alle
cofe di (opra motivate d’Ifide Egizia, che fù la Cerere de’ Greci, e che amendue
furono riferite dall* una , e dall’ altra Nazione alla fola Terra, dinon traiafeiare
di fapere , che fotto tal nome di Terra le accennate Deità univerfalmente non fi
comprendevano , ma che folamente fi riferiva alle fieffe quella parte di Terra, U
quale bagnata dall’ acque del Nilo ,refiava fecondata , e che perciò dall’accop.
piamento del Nilo , e d’ Ilide folle nato Oro , dinotante la temperanza dell’aria ,
e della Terra, atta alla produzione delle cofe ,* nel qual (enfo appunto flimerei ,
che avelie parlato chi diffe, che Oro nelle paludi di Buri fùnodrito da Latona;
volendo dire,che la Terra in tal luogo effendo maggiormente atta a produrre de
gii umidi vapori , da’ medefimi la calidità dell* aria ancora reftaffe attemperata .
Ss 5 9 Hò
Eeet, e. 3.
ijib. 2.
èie N4t .
Deer,
De Nat.
Deor. hb, 3.
4B6 M V S E 0 C 0 S P I 4 N 0
9 Hò parimente (limato opportuno di non tralafciarc quello, che rifcrifcc
Diodoro d’ Ifide , creduta dalla Gentilità immortale, & inventrice di molte cofc
fpettanti aH’aggrandimento dell’ arte medicinale in particolare di rimedii
opportuni per liberare, non folo da malattie incurabili gli uomini, ma ancora per
renderli imraortali,fra’quali appunto, a relazione del medefimo, reditui in vita,
c refe immortale il figliuolo Oro , che ritrovò nell’ acque dalle infidie de’ Titani
uccifo : favorendo ciò appunto alle cofc già motivate del nodro (ìmolacro , che
rapprefcntante Oro, Deità de gli Egizii,ad un tal fine veniva forfè dalla Gentili¬
tà entro a’ cadaveri conditi de gli uomini edintiripodo; volendo in tal modo
far cooofcere , che quei cadaveri erano bensì d’ uomini morti, ma che conditi fi
raccomandavano ad una tale Deità con lafperanza, che in eda avevano di po¬
ter’ edere a fimilitudine della medefima redituiti alla vita, e refi immortali.
Figurandotqi appunto , che forfè i Gentili ponelTero nella mano Anidra-.
d’una tale, da loro fimolata Deità, la falce perfignificarc la preceduta mor»
ie,deilcaaedrofattodigiunchi, ò di foglie di palma (arbore tenuto facro da
gli Egizii ) per modrarc , che confcrvavano ancora le cofe fpettanti alla vita pall¬
iata , dimandole bifognevoli per la futura, la quale fperando, &attendendo vol¬
lero forfè dinotarla coll' Alfa, ò fia una piramide , poda nella delira mano d’ una
tale imagine, accennando appunto il principio della futura vita , che credevano
di confeguire , indrizzandofi in tal modo , coll' elTempio di Oro , all’ eternità .
DE GLI DII GRECI- E LATINI.
i
Conti nua'ì(^one àcU' Opera,
I là che di fopra abbiamo a badanza difeorfo de gli Dii dell* Afia , c del*
VJ 1’ Egitto , c che l’ ordine dei Mufeo ci conduce alla riflcfiìone di quei
delia Grecia , e del Lazio , in tal ptopofico è dà (opporli , che i Greci » e i Roma¬
ni in tré generi di Dii didinguelfero ìt loro venerabili Deità .
a Conliderarono io primo luogo gli Dii celedi , confentes yfelelti, dr ma\o»
rum gentium vocati . :
3 Hiceuerono in fecondo luogo gl’ Indigetj, i quali , fe bene furono uomini,
per l’autorità nondimeno, e per la potenza, & utile, che arrecarono al Mondo,
dimarpnfi degni della divinità, onde Cicerone: fufeepit autem vita hominuró,
Ó" confuetudo communis, ut beneficiis ttccellentes viros ad C<rtum fiama^ dr vo¬
luntate tollerent , che appunto dallo dedo, adferiptitii ^ e da altri, minorutn^
genttum, furono detti.
4 E finalmente apprelTo la Gentilità fi reputarono Dii quelle cofe, dello
quali gli uomini pregiandofi , e lodandole ,da’medcfimi furono tenute per di¬
vine , come la Pietà, la Fede , la Prudenza , e fimiglianti virtù degne di lode .
5 Eperchetrà gli Dii celedi , confentes dilli ^ quia in eot tjuod gerendum^
eli eenfentientes fiat , àpprelTo le mentovate Nazioni ebbe il primo luogo Gio¬
ve , di quedi ora ragioneremo , tanto più che ci porge tal obbligo un Siraolacro
di bronzo, che nel Mufeo fi conferva, barbato, e tutto ignudo , e colla dedra al¬
zata inatto di vibrare un fulmine impugnato, rapprefentativp di Giove, del
quale Iene dà la prefente Imagine.
Della
LIBRO l N T 0. CAP. XXL 487
Della Statoa di Giove ^
Cap, XXI.
I A Dogo’ uno è noto, che innumerabili,
per così dire , furono gli D»i di tal no¬
me apprcOb la Gentilità , la quale appunto fot-
to così famofo nome volJe comprendere , c_»
chiamare tutti quei Rè , e Principi , che per po¬
tenza^ e per autorità aveffero avanzato qualfi-
VGglia altro Potentato ; laonde non fù Secolo ,
che nona vefle avuto il fuo particolar Giove,
nè Nazione, che non fi folte pregiata d' aver
nodrita così famofa Deità . Con tutto ciò tut¬
te le azioni ò buone, òtrifte , che fi attribui¬
rono a quegli Eroi, che tal nome meritarono,
tutte fi riferirono ad unfolGioue, che fù per
l’appunto quel cotanto decantato da’Poeti per ,
figliuolo di Saturno, c di Opi, n ato in Cand!a,e
di nafcofto, e lenza faputa del Padre da’ Cureti
allevato nel Monte Ida, e di cui appunto s’ in¬
tende in propofito del nofiroSimolacro darne
ora qualche racconto .
z -Di quanta ftima appreffo de’Gentili folle
così mendace Nume, ben fi comprende da’ti-
toli , chegli dierono di ottimo, di mafiìmo,
d’onnipotente, di padre de gli Dii , e di confer-
vatore di tutte le cofe , come efpreffe Varrone ;
Itipiter omnipotens y rerttm , regttmque , Deumque
Progenitor , genitrixque Deum , Deus unus & omnes .
Quindi parmi , che la Gentilità prendclTe motivo di figurarlo mezo ignudo,
cioè dalla parte fuperiore, e dalla metàin giù tutto coperto da un manto, per
dinotare, che alle fole anime pure , fpiritofe , e celefti conveniva il vedere la na¬
tura di un Dio cosi grande, il quale pure doveva refiar coperto^ & ignotoa
quelli , eh’ erano immerfi nelle cofe bade > c terrene ,
3 E perche non fù Nazione j come diflì , che non fi pregialje d’avere il fuo
Giove, da ciò nacque Toccafione di figurar lo in varii modi, e maifimamente
per dinotarci varii eifetti,jche fi ftimavano provenire da si famofa Deità. E
vaglia il vero vi fuchi lo figurò cieco, per far conofcerei che, ficome era egli
Rimato il Principe de gli Dii, a guifaputede’ Principi non dovea foggiacere
alle palfioni d’odio, c d’amore. Altri, per dinotare l’impero, che tal Deità
aveva del Ciclo , del Mare , e de gli Abiflì , lo pinfe con tré occhi ; ficome al¬
cuni lo formarono fenza orecchie, e ciò come dille Plutarco, quia Principis^ Delfidt^&>
non eB uni magis aurem pr abere ^ quam alteri'. Altri fenza mani, come coftur Qfiride-
! maronoiìTebani, a tikùtedeWoRcRoaVitovCi ut ^gnificarefur» Principes non-
\<debere mtanus ad dona accipienda faciles habere ; & altri fedente in maefipfo
Soglio, pècdirtotare la quiete d’animo, che fi richiede nel Governante, e per
i efjprimere il perpetuo, & immutabile governo del Mondo, che fi attribuiva ad
I un Giove , fidi curSimolacro fù pure da Fidia , non fenza mifìero:^ 'figurato fe-
! dente , ma di talé grandezza , che rizzandoli in piedi , a riferire di Strabone ,
> tem-
t
48* M V S E 0 0 S V ì A n 0
la Vili. templum ejìet tecio nudaturus ; e ciò appunto per far conofcerc rimmenfa» &
inconiprenfibilegrandezzad’ una tale Deità.
4 Sono ragguardevoli le Medaglie di Nerone, e d’Antonino, neirovefeio
delle quali ftà (colpito Giove fulminante , e colle infcrizioni , & attributi di cu-
ftode , e di confervatore : rammemorandomi , che Paufania lo fi vendicatore,
per avere in amendue le mani il fulmine; cfovvencndomi, che altri Jo figura*
rono coir Aquila , colla Vittoria , e collo Scettro nelle mani per far conofeere ,
che la Reginadegli vccelli doveva eifere collocata nelle manidei Róde’ Regi ,
e che la Vittoria fi doveva riconofeere dal Sommo Iddio, e che lo Scettro dino¬
tava la porcftà, che fi Rimava aver Giove fopra gli uomini , e (opra gli Dii.
5 Confiderabili fono le Medaglie di bronzo di Augufto , e di Antonino Pio,
©r/^ Edig. rapportate dal Coulio , d ovefonoleimaginidella Saetta, òdelfulmine della^
de' Etmani. Deità , della quale fi ragiona , raccordando il mentovato autore, che i Gentili
veneravano tra gli altri arnefi di Giove la di lui Saetta, 1’ imagine della quale
veniva confecrata dal gran Pontefice , (limando , che in virtù di quella il Popo¬
lo , e le biade rcftalTero afficurati da’ fulmini , e dalle tempefte del Ciclo .
6 Coftumarono poi i Gentili d’ornare le tempia di sì riverito Nume con_.
fcrto d’oro, per dinotare la di lui grandezza: di coronarlo di quercia, per ef¬
fere quello arbore confccrato a quel Dio , il quale fù (limato autore di vita, già
che dalla quercia a principio ebbero il cibo, & il vivere i mortali; meritando
perciò una tal corona quei cittadini , i quali ( come autori di vita ) avelTero fal-
vatounfuo concittadino: e di ponervi la corona d’olivo, pereifercarboro
Icmpre verde, e di grande utile al genere umano; al qual fine appunto ufarono
ancora di confecrarli tutti gli arbori glandiferi, e d’ offerirli in facrificio il ca¬
vallo, il bue, il becco, e la pecora come animali di grande utilità; non trala-
feiando di dire , che anche il porco fù dedicato a Giove , e facrificato al medefiT
rer^.n. mo in tempo di (labilire la pace, come efprede il Poeta:
Po fi iiàem inter fé pojìto certamine Reges
' Armati Uvis ante arast paterafque tenentes
Stabant i 0“ cafa \tingebant fadera porca,
coftumanza originata in Candia ( patria di Giove ) e trasferita ad altre Nazioni
in memoria 'del nafeimento di così famofa Deità, la quale bambina riconobbe
da una tal befliala vita , a vvegnache il grugnir del medefimo animale cagionaf-
fe^, che i vagiti di Giove bambino non follerò uditi da! padre, che de’ proprii fi¬
gliuoli fù barbaro divoratore. J
7 Ma fuperfluo parmi in quello luogo il riferir d’avantaggio fopra fimilo
Deità, della quale tanto diffufamente ftà fcrittoappreffo tutti i Mitologi; eba-
ftami r avere fupcfficialmente toccate le fudérte cofe , perche con molta proba¬
bilità fi ravvifi il qui delineato impronroper uno di^quei vani Simoiacri, (ot¬
to de’quali fù riverita nel Lazio la fudetta Deità . i
: . Imagine di Apollo. - ^ > t
Cap. XXII. • ■
•. T ‘ -,
I A L defÉritto Simolacro di Giove fuccede il qui delineato, eh’ è di bronzo,
c che mi pare rapprefentativò d’ApoIlo da gli antichi creduto figliuola
della lopraccennata Deità . E benché più volte io fia flato dubbiofo , le doveva
dargli tal nome, da gl’ indizi! nondimeno, che mi hà dato Guglielmo Coulio
Delia Relig. Col dire, che.qualche volta ancorata! Nume veniva figurato colla vede lunga fi-
d«'Rtman$, no a’ piedi, e cofl Una tazza nelle mani (oltre il capo radiato) me nc lon refo.
certo;
1*
caf^ 17.
LIBRO l N T 0, CAB, XXÌl 489
certo j e pere iò , fe Apollo fù lo ftello, che il Sole,
dirò, ch’egli fù Deità altrettanto , e più ancora
del mentovato Giove , da’ Gentili (limata adora¬
bile} e ciò non già con intenzione di confondere
le De ita Greche , e Romane con quelle delle ftra-
niore Nazioni, le quali ebbero per primiero Nu¬
me, come altrove accennai, il Sole j ma bensì col
fondamento di Macrobio , che dille , diverfas vir-
tutes Solis nomina, Diis dedijfe : 8c altrove ; ap-
pelUtioms Beortm ad Solem certa arcana ra>
itone re ferri . Laonde, fe faremo riflclfione ad
Apollo , che fù lo Hello , che Febo , e che il Sole ,
e fe conlìderaremo i natali di una tale Deità , che
fù creduta partodi Giove, edi Latona, intende¬
remo il fenfo della Gentilità, e quello , che diflero
i Platonici nel riferirli a Giove Tartilicio del Mon¬
do, & a Latona la materia dell* univerlo; cioè
quod rudis illa , indigejlaqi moles innumeris la^
tuit feculis , ufque dum Mundi ille Architecius ,
omnibus in orbem redalìis ,fngulis fuum tribuerit ^erwri&aciòcorrifponderà
quello, che d'ile Tullio, quando ad Apodo allegoò per patria Deio, J'haw
enim efi manifeUtts ,, quia Sol luce fua amnia fecerit manifeUa , ac confpicua,
2 Furono dipinte le imagini d’ Apollo con bella faccia , d’ alpetto giovanile,
c colla capigliatura in forma di raggi , per dinotare , che il Sole non diviene iru*
alcun tempo, nè per fatica alcuna mai vecchio, e come dille il Volfio , quia no- De Moki,
vus, ac \uvenis femper renafeitur , Eoque, ut pueritia capillata effe folet^ etiam
ialis fingitur Apollo ,eb ju^iùs y quia radii eius ciaillorum quos de fe fpargity
effigiem prabent ; e perciò da’ Greci fù detto intonfus, ò pure naptf pdfoty
quafì aléns capillos yf ve crinitus , collumaodoii per l’appuoto in Atene da’fan^
ciulli , e da quei, che ufeivano dall’ età puerile, di portarfi in Delfo ad offerire le
chiome in tributo ad Apollo, onde Marziale
Hos libi , Phcebe , vovet totos à vertice crines
Encolpus , domini Centurionis amor .
fìcome fù detto «iwa-oJtoVwf per lo color d’oro del Sole, coll’ attribui¬
re ad Apollo l’ arco, i.. laretra , & ogn’ altra cola d’oro ; arnefi pure , che per al¬
tro non furono ftimati proprii d’ una tale Deita ,che per dinotare i varii effetti ,
i quali produceva il Sole in quello Globo terreno : lìcomefù creduto inventore
della Medicina, perche dal Sole dipende la generazione delle piante, le quali
maggiormente crefeono , e fono di maggior virtù ne’ luoghi aprici , che ne’ pa*
ludolì, & ombrolì; ad un tal fine ancora venendo (limato inventore dell’arte
divinatoria , e prefidente de gl’ indovini , e malli me, perche il Sole , che fù detto
l’occhio di Giove, non loio vede tutte le cole aperte, ma ancora le olcure:
Sol enint omnia illufirat y ut non alter Deorum juBius crederetur y caligine men¬
tibus pulsa humanis y pr affilar e y ut videant maxime occulta-, aflegnandoli per¬
ciò ilcripodepcrdinocare lacognizione, ch’egli hà delle cole pallate, delle*
prefenti , e delle future ,• & attribuendoli l’invenzione della Lira , c della Poea
fica , per fignificarc quella loave armonia , la quale i Pitagorici , & i Platonici li
perfuaderono nalcente dal moto delle eelclli Sfere , onde nel lenfo de’medefirai
difl'e il mentovato yquod Sol motus moderando fydereos , credatur fuaviffi-
mtim edere concentum . lalomma in paragone a gli effetti , che produceva il Sole,
la
’U. Vùffi Uè.
2» 12«
ibidem i
4Po
M'V S B 0 CO SPIANO
là Gentilità formò le imagini ad Apollo, e gli attribuì gli accennati ritrova¬
menti i ficomc al medcfimo fine feppero di cflo i Poeti con iorama facilità favo¬
leggiare quel tanto, che io ora per brevità tralafcio , riducendomi folamcntea
dire, che il nomed’ Apollo fù qualche volta ancora inttfo per principio d* ogni
male, e per genio cattivo , coll’ invocarlo la Gentilità ad effetto di non foggia-
cere a‘ danni , che ne paventava , venendoli pure a tal fine, in fencenza di Servio,
fff/. K. adegnate le faettc, quibus infernus T>eus t & noxius ]udicaretur\ chiamandolo
perciòOmeroautoresìdifalutc,comedipeftilenza;alche,s’iononerro,po-
tria riferirli, ciò che in propofito de gli Africani dille Mela, riguardando a gli
Lih,i, f.71 effetti cattivi , che in quei paefi produce il Sole : SoUm execrantur , & dìcm ori-
tur ^ & dum occidit ì ut ipjts agrifque feHiferum,
3 Ma troppo longo farei jicvolcffì dire tutto ciò, che fcriffero gli autori di
Apollo, come a dire, che fù coronato di lauro, che gli furono dedicati il gia¬
cinto , e i’ olivo : confecrati il lupo , il cigno, la cicala , lo fparvierc , il corvo, &
il ferpentc ; che fe gli offerirono in facrificio la pecora , & il toro , e che fc gli at¬
tribuirono tante altre cofe in riguardo appunto a gli effetti del Sole , di cui fù fi¬
gura, come chi eruditamente ne fcriffe hà faputo darne i veri rinetntri .
Imagini dì Mercurio.
: Cap. XXllI.
I frodici ftimaroi^
no gridola-
tri, che fodero gli Dii
confenti; fei mafehii ,
& altrettanti femine .
Tra il numero de’ maf¬
ehii l’ ultimo luogo eb¬
be Mercurio. E ben¬
ché , a riferir di Tullio,
di tal nome appreffo
de’ Gentili fodero mol¬
ti Mercurii , tra’ Gre¬
ci nondimeno fi (limò
per lo più rinomato il
Nipote del grando
Atlante, e diPIejone,
di cui Ovidio.
3. de fiat,
heorum .j
? aride'.
Conli hit ante oculos aélus velocibus alis
Atlantis Magni , Ple']onef que nepos ,
deaqueffo attribuirono le ambafeerie, loffabilire la pace, la lira, la paleffra,
la mercatura , ed i ladronecci.
• 3 Di tal mendace Deità molte fono le imagini di bronzo , che fi confervano
nel Mufeo.trà le quali una per a vere le ali (oltre le confuete fopra deH’orecchie )
nella fommità della beretta, ò cappello (petalo detto) tiene un gran pennac¬
chio , che da quello pendente cade su ’l dorfo ; e l’ altre fono ragguardevoli , per
^ avere l’ali al capo, la verga aliata, la boria, il Becco a’ piedi, & il manto nella
forma,che ne accennano gl’intagli.
I Qui
L t B R 0 ^ N t a. e:4Pi xxm. 4n
- '5 '® moti vafliìk ragioni,
per leqQaUgUanticbiiatai modo figuravero iinataie
ioró pcità» per elfcread ogu* uoo Ipice n(«e .. Con tut¬
to ciò) nonvógliatrafófctar di accenua^e^ebe > fe Mer¬
curio iù creduto Mdiaggiero , c Secretario de gli fìii ,
ai medefima bea fi dovevano le meacoyate alisi per
eieguirecon velocità i comandi di chi doveva ubbidi¬
re , coèae perebe ( efiendo forfc al i fimiglknti a quel-
kdeiiaiparvierc ) appunto ad un’ ambalciadore., e fe^
gretario degli ^affari degli Dii fi conveaivano , giufta
iJ fentimento di Diodoro ; ^afropjcr liter arum fur
erarum fcriptoret, & punte eum pileum gefiant , d*
tipitris slam’ m capite v rderéadofi perì, appunto Uri*
troyamento delle lettere ^ c della lira, &; il cappello
pollo nel capo di tal Deità > a* principali feopi de’ buo¬
ni ambalciadori di governarli nelle loro facendo (e-
grecamente » e d’ efprimére le loro ambafeiate con bel¬
la > e dolce orazione iconlaceodofi parimente il manto
attorno a’Simolacri ditale Deità ( che pure venne for*
mata con faccia giovanile) per dinotare» che con ve-,
oeodofi ad Un tal meVaggiero il portarli con celerità e
per loCielo »e perla Terra , le gli richiedeva » e iaro-
bullezza della complellìone, e il riparo contra qual-
livoglia ingiuria del tempo. 11 che veramente fà co¬
no/cere. la pazzia de’ Gentili, che facendo i loro Dii
foggettiallepallìoni, & a’difagi umani» in lai modo
gli allontanavano dall’ edere divino,
4 Et in vero io capifco»che Mercurio fodefigatato
fenza mani, e lenza piedi» e folamentc, cum veretro
rigido^ & intento, per dinotare» che» ficome dallo
patti dedinate alla generazione dipende la fecondità »
cosi ancora dall’uomo prudente» e facondo deriva l’orazione nervofa» & ab¬
bondante d’eloquenza : eam oh caufam Mercurium Senioret line manibus , é'
pedibus rigente f afeino fingunt, eo quòd emnem rem fermone fine manibus confio
dant : ficome comprendo , che da’ Latini Mercurius fode detto à mercibus » c
che da’ Greci fi dicede cioè interprete » ò torcimanno» e Dio della merca¬
tura per edere le parole mezane a far comprare » e vendere le cole : e che tenef-
fe nelle mani la boria per accennare, ch’egli era il prefidente de’ Mercanti» i
quali mi lutano k cole col guadagno : e che parimente portade per inlegna par¬
ticolare il caduceo per annunciare la pace: e che tali attributi potederoavcrc
qualche relazione a chi » in lentenza della Gentilità» partecipava della natura
divina ima non poVo imaginarmi» cóme follerò propriid’ un Dio gli adulterii»
già che fù detto , che il Becco folle alfegnato percuhodia di Mercurio in memo*
ria d’ un tal misfatto » quando egli innamorato di Penelope » la quale non volle
acconleotircalle di lui sfrenate voglie, lotto le forme d’ una tal bellia eumdem
compreffit, dalla qualeappunto nacque il mofirnolo parto del Dio Pane » chea
riferire di Luciano comuu habebat, nafum talem, ér harbam hirtum » podes_
bifidos » hhgimfifue , praterea ^ caudam fuper natibus .
5 E certamente troppo ridicole larebbono date così fatte Deità, le non auef%
fero avuto qualche fimbolica relazione alle cole de’ Cieli» e mafiìin^nien^eal
Sole»
c»
Plutar.de
frectp Reif.
gerenda,
Cou/.dells
PeUg.de* He.
mam ,
Pigner.mèf,
Jfiac.
Luctanut in
D*ahg. Pa.
VtiiSr'^Meri
'Jn
Panis , &
Mercurii .
LùcUnuj
ÀijtJirU0s>
Z.ib. 2. d0
n*t. Usar»
Itb. y
Lih. r. Sat^
Zib, t.
A9Ì m s è ò € 0 S P I a H a ’
Sole, alla Luna, & alle (Ielle, primieri numi ricevuti (otto culto divÌQoda!!
gl’idolatri : (ovvenendomi appunto , che il mentovato Luciano( oelracconta-
re, ch’egli fi l’ origine della Urologia, la quale effendo prirateramentc pallata
da gli Etiopi a gli Egizii , avanzatali però (empre più nella Libià>è dipenderò,
che I Greci non fodero ammaeftrati in tal profcffionc da gli Etiopi , 'nè meno da
gli Egizii ; ma che Orfeo folte quegli , che a così celebre Nazionè iniegnallc tal
arte; ma però con modo confuto, ofcuro,& affai diverlo da gli accennati.
vero^ Grdci, me ab JEthiopihus ^ nec Mgyptih de Aerologia qmequam audierunt)
•verum idis Orpheus JEAgrOy Calliopeque prognatus primus iti a modravit ; nan^
ille quidem admodum dilucide y neque rem clare docuit y .fed prtjligiis , ac my»
Hicis involucris obtexens. Dal che , a mio credere, i Poeti (ò chi fi foffe altro
della Grecia) prefero motivo di favoleggiare tante cofe intorno allaprcfentc
Deità in paragone appuntoa gli effetti , che fuppofero dipendenti dalla Itclla di
Mercurio nel raggirarli ella intorno al Sole continuatamente ; imperoche , lìco-
fne cosi errante, & inflabile (Iella hà per centro del (uo moto il Principe de’ Pia¬
neti .così non crederei improbabile, che la Greca Gentilità con un tal rifpetto
aveffe favoleggiato , che Mercurio foffe il Nunzio , e Segretario de gli Dii : «.«
che parimente dall’ offer vare , che quello pianeta foffe indifferente nel feguire la
natura di quella (Iella , alia quale foffe congiunto , ò di alpctto la rifguardaffc ,
òdi quel legno, in cui fi ritrovaffe, lodiceffero ora prefidente de’ladri con Sa¬
turno , meffaggiero della guerra con Marte , nunzio della pace conGiove j Dio
de’ mercanti in alpctto felice con Saturno.eloquente unito a llclle di natura Ve*
nerce , c. conformi al di lui temperamento ,• adultero congiunto a Venere ,& of-
fefo da’ malefici ; c ne’ legni d' Ariete , Toro , & altri , varii , e diverfi effetti pro-
duceffe in riguardo alle influenze .che credevano derivaffero dall’ appjicazionc
di una tale (Iella ali’ altre (Ielle del Cielo .
Imagine di Venere .
Cap. XXIV.
t T) Erche gli antichi folevano cogiugnere infieme le Statue di Venere , e di
ET Mercurio per far conofeere, che gli amorofi congiungimenti anno dxbr-
fogno di trattenimenti dolci , e foavi , c di parole piacevoli , perche quefte fan*
no (peffo nafeere , e confervano amore tra le perlone ; aneli’ io ad imitazione de*
medefimi hò llimato ben fatto di aggiugnere alle delcritte imagini di Mercurio
quella d’ una Venere , la quale , oltre alle altre di bronzo, fi conferva nel Mufeo
da perito artefice fabricata .
2 Fù Venere llimata Dea de gli amori , delle grazie, della bellezza , delle de¬
lizie, e de’ piaceri. E benché fi perfuadeffe Cicerone , che Venus y à veniendo ^
prcndeffe ilnome, qubd ad omnes res onde Arnobio : Veneris nomen li¬
bidinis per cunlia animantia diffufax t voleffero i Greci , che tal Deità , che da
iorofù cni amata derivafle ab àCpity & cioè à vita mollitie \ ò
pure 4^ difit y nempe d fpumay dalla quale fi dille roffe nata. E* nondimeno
manifclto , clic que to nome di Venere non hà derivazi one da nome greco . uè
latino.facendonerarateltim-mianzaMacrobio, dicendo : Venens nomeny ne
fub regibus quidem apud Romanos yvel latinum yvel gracum fuiffex inclinando
percio il Vo;fio effere tal nome 'Iraniero , e che introdotto nel Lazio da’ Tolca»
ni, quelli l’ avellerò apprefo da gli Alfirii .derivato dalla voce benotyt benos y o
che vuol dire tabernacolo, luogo appunto . nel quale fi dedicavano le
vergini a Vcocrc , riferendo a talpropofico Erodoto . che le Donzelle Afliric ,
Babilo-
libro 4 ?* / n r 0. CAP. xxif'. 493
lib. }.
C«B‘ i»*
ora fotto quello d’ A vverlatrice> per dar a conofeere quella^ che renefle lontani
gli animi da gl’ impudici amori ; con tutto ciò pare , che Ja maggior parte de gli
Scrittori , e de’ Poeti lotto un folo nome di Venere abbiano comprefo tanto gli
amori leciti, quanto gl’illeciti: dipingendo appunto quella Dea a tal fine di
forma bella , c giovanile , e per Io più ignuda , & ora (tante in una bella concaL,
nanna , ora lorgente dal mare , ora in un carro tirato da Cigni , e da Colombe ,
ora accompagnata dagli Amori, dall’ Ore, e dalle Grazie: tal ora ledente (opra
un Capro, ora armata, ora co’ ceppi a’ piedi, & ora colla teftuggine lotto medefi-
mi : lacrificandolc il Porco , e’I Toro , e dedicandole le pallere, le colombe , i ci¬
gni, le rolc,c il mirto: e per tempo a lei (acro affegnandole il Mele d’ Aprile;
cole tutte corrilpondenti a gli amori pudici , & impudici , e dinotanti la genera¬
zione, e il tempo a ciò opportuno, riferire alla Dea , di cui fi ragiona.
5 Ma prima di far paffaggio alla rifleffione d’ altre Imagini, che lono nel Mu-
feo , parrai d’avverrire , che anche fono il nome di Venere quei di Cipri adorai»
fero l’amica (ò folle la concubina) di Cinara, loro Rè, il quale appunto fù il
primo , che volle , che quella Venere di Cipri folle connumerata tra gli Dii . Se
bene lono alcuni,! quali vogliono, chetai impudica Deità non foflc moglie,
nè meno concubina dell’ accennato Signore; mabensì.chefofferolepartige-
nitalidclroedefimo, dando ciòa divedere le fede ,checolà ficoltumavanoatal
effetto: quarum participes pro Bipe collatx phallis donabantur ^ C tra le cole la- Pstrtn.ArL
crefimoftravanoillalc, & ifalli.
6 Ma le quella Deità, come accennai di (opra, fi riferì alla Luna tanto per
Tanalogia, ch’eilahàallamedefima nell’ olfervarfi corniculata, quanto per la
concorrenza , che hà alla generazione delle cole , onde meritaflc d’ eflcrc detta
Dianuj ò Inno Lucina , ò pure, Alma Venus^ non fù Icmpre vero, che folle ricevuta
T t per
Babiloncfi inghirlandate fi portavano nel Tempio della
Dea Militta, che altro non era, che Venere ,
enim ejì nativitas , progenies , genitura , Se ivi ledendo
non fi partivano fino a tanto, che nonfoflerovenutifo-
icllicrijiqualiriponendonel loro leno denari, le con-
jduccllero (eco per pigliarli buon tempo.
3 Ma derivi da dove fi voglia il nome di Venere, hà del
,vcrifimile,lela Gcntilità,come altrove abbiamo motiva-
co,fece gran conto della generazione, che anche ad un tal
fine quella Deità da per tutto fofle famolajche pure da gli
Affinile da gli Arabi elTendo riferita alla Luna, alla Terra,
Me all’ Aria , ciò fù per l’ appunto in riguardo alla genera¬
zione ; ficome perciò da’ Fenici venne ricevuta fotto no¬
me della Madre de gli Dii , c da gli Egiziifotto quello
d’ Ifide , E in vero a tal propofito fù allegorico il favo¬
leggiare de’ Poeti , quando diedero i natali a Venere dal-
l’acque Ipuraole del Marc , da’ tcllicoli del Cielo da Sa¬
turno rccifi , e buttati nél Marc , volendo eflì in tal modo
dinotare , che la virtù generatrice della Natura inferiore
dipende dall’ umido terreno , e dalle influenze de’ Cieli .
4 E benché i Gentili da’ varii lignificati di tale loro
celebre Deità moftraffero di far conto di più Veneri,
chiamandole ora lotto il nome d’ Vranìa , ò di celefte per
dinotare l’amore puro, e pudico: ora lotto ilnomcdi
jVolgì vaga , ò popolare , lignificante l’ amore illecito : &
VtU, it Jio*
hU
in f/ttlib.^*
Ceul della
Religione dt
Rimant .
^94 M y S E 0 COSPIANO
per dinotare gli amori klcivi t & impudichi . Anzi fe fù riferiti alla Tcfra , per
li virtù generatrice , che vi rifiede ,communicatale dall’ acque , e da’ C;eli , può
dirli, che non folofc le do veliero i nomi delle mentovate Deità, ma ancora^
quelli della gran Madre de gli Dii , e di Velia . Non tralaleiando di dire , che
ancora ebbe il nome di Libitina, per edere Hata creduta prclìdentc della morte,
c che avede cura delle cole fpettanti a’ funerali jonde quei , che lovraftavano al¬
le pompe funebri, di Libitinarii a vedero preio il nome . Inclinando perciò a di¬
re, che Venere in riguardo alla generazione non lolo fignifìcade il principio
delle cole; ma ancora rifpetto alla cura , ch’ella aveva de’ morti , dinotadc il fi¬
ne} e perciò fe gii dovedero non lolo i nomi di Libitina, ma ancora quelli di
Proferpina , e d’ Beate .
Imagine d' Ercole,
Cdf. xxr,
1 Tj Rcole fù connumerato da’ Gentili tra gli Dii
detti Indigeti, i quali, come altrove accennai,
furono uomini , ma peri* eccellenza del merito fù loro
attribuita la divinità.
3 Gli Antichi nel far menzione di quella Deità,
benché vogliano, che ne lode fiato più d’ uno di quello
nome (mentre tra’ molti, che fi filmano famQli,nc.»
fanno due di nazione Egizi! , & altrettanti Tirii ) di
quello di Tebe nondimeno ( detto Alcide ) lolamentc
ragionano, & a quello (benché pofterioredi tempo)
attnbuilcono tutte le imprcle, che colla forza, c col
valore gli altri più antichi di lui fi guadagnarono;!! che
molto bene elp ede Diodoro parlando così d’ edo lui ;
Cum ob longinquitatem temporum priores repertores in
oblivionem veniffènt apud plurimos ; hic haredis indar
in pojlefpionem venit induHria, & gloria eorum , qui
prius fuerant . Di quello dunque anch’ io ragionerò ,
il quale, quantunque non fi fode mai partito dalla Gre¬
cia, ebbe nondimeno 1* onore di meritar l’ altrui gloria,
e d’ottener il famofo nome d’Èrcole, che da’ Greci
detto òpaaKìie, ab d” non vuol dir altro,
cheglorij, quali ft gloria , fplendorque heroum. Nome appunto glqriofo , che
fiacquifiòcon tal elempio ogni altro, che per virtù, e per valore l’ avede me¬
ritato.
3 £ in vero di quanta fama fode creduto da’ Gentili il nome d’un tal* uomo,
fi può comprendere dalle Medaglie di Commodo Imperadore , figliuolo di
Marc’ Aurelio , nelle quali fi vede la tefia dell’ Imperadore acconcia come quel¬
la d’ Ercole, con pelle di Leone , arco , turcado , freccie , mazza , e lettere, che
in alcune dicono HERCVLI ROMANO AVGVSTO, &inaltre HERCV-
LES ROMANVS CONDITOR: legno probabile, che quefio Principe ri-
nunciade il proprio nome, eli ufurpade quello d’Èrcole, invidiando forfè al*
r immortalità del nome d’ un così celebre Eroe . Laonde il Popolo Romano , il
qual ben conobbe il genio ambiziofo del fuo Monarca, per adulazione alme-
defimo inalzò ftatuc alla fomiglianza dell’ Ercole antico colla maz?a in mano ,
e colla pelle di Leone , de a quella guifa , che fi vede 1’ imagine , della quale qui
fic
L l 1B K 0 SPINTO. CAP, 495
fi è ciato f intaglio, e cherapprefenta una tale Deità : offer vandofi appunto bar-;
bata,ecollafacciafenilc, e col Cane cerbero, dinotante i vitii fuperacì dalla
elperimentata virtù d’Èrcole invecchito ; che appunto , lecondo gl’ Iftoriogra-
fi ,effi.ndo flato eccellente capitano di gagliardo efercico , fi pigliò la cura di an¬
dare pel Mondo, non già con animo tirannico, avaro, e viziofo; ma bensì
fpinto da pietolo zelo, e da pura gloria di riformare i cattivi coltami degli
uomini, fpegnendoi tiranni,! ladri, egli affalfini così Greci, come barbari , e
Latini: edificando nuove Città , e dirizzando per publica utilità (quello, eh’ è
débito d’ogni buon Principe) i camini de’ fiumi , che guaita vano il Paele , e fa¬
cendo molte altre , e fimili azioni eroiche , attribuite tutte ad un tanto campio¬
ne, chetò un vero tipo della fatica , della pazienza, della fortezza, è del valo¬
re , colle quali virtù egli appunto , a folo fine di gloria fuperò quaifivoglia orri¬
bile moftro , fpenfe ogni vizio , fi portò fino all’ Inferno , e debellò quaifivoglia
tirannica crudeltà . Laonde la Gentilità da così fegnalace azioni fpinca a coonu-
merarloinfràglìDii, fuperftiziofamente lo giudicò meritevole de gli Altari,
de’ Tempii , de’ Sacerdoti , e delle cerimonie , che ad un tal fine inftituì con ma¬
gnifica pompa,
Df’ Gladiatori , Gap. XXVI.
I Ti I è parfo bene di aggiugnere alla Statua_
XVA d’Èrcole la prefente di bronzo, perche ar¬
mata di targa , e di beretta di ferro , & in atto di ferire
colla mano delira, alla quale l’antichità avrà levate
r arm», che nella medefima teneva , può verifimilmen-É t
te riferirti ad un Gladiatore, e darmi motivo di ragio- '
naine ,già che quelli furono detti <,'/ wspìr.V vlfMKià
Herculis Athletin , ^ Herculei Athleta , &
ebberoper loro tutelare Ercole, ai quale nelle arene
anficeatrali ereffero Tempii, dove tupplichevoli im¬
ploravano le torze, che a loro facevano di bifogno
e cht llimarono dipendenti da così ri verito protetto¬
re ; coftumando per l’appunto , quando erano rimalti
vincitori ne gli tpa ventofi giuochi , di appendere l’ ar¬
mi a’ lati delle porte dei Tempio di tal Deità in me¬
moria del benefizio ricevuto .
a E te di topra motivai col parere di Guglielmo
Chou!io,che Commodo Imper^dore, invidiando al-
r immortalità d’Èrcole , voleffe eflfer nominato col
nome di così famofo Eroe, volendo parimente efferè
dipinto fimile allo fteffo,eco’gliarnefi, &infegne, che fi aggiugnevano allo
imagini d’ Èrcole ( come teftimonianza ne fanno le Medaglie del ludetto Impe-
radore ) non hà forte dell’ improbabile, che anche tal Principe avelie meritato
sì riguardevole onore, per effer’ egli ftatobuono, e forte gladiatore: dd quod
fané certamen injìgnes nobilitate , d* opibus , neque obfcuri generis homines pie -
runque prodiere'. Nam Nero Cafar CCCC, Senatores ^ & DC. equites ad ferrum
exhibuit. Et Domitiani temporibus nobiles ud fpecimen virtutis ofiendendumy
in arenam prodite non dubitarunt y fcriffe Aleffandro Mapoljrano . E Tacito
anch’egli non lafciò di riferire, come a tuoi tempi Spectacula gladiatorum idem
annus hitbuit pari magnificentia ac priora , Sed foeminarum illufirium , Senato-
T t , a rumque
Delia ReMg.
de git antt-
cht nemanf.
Vofsius de
idololatr.
1-9‘Cy 32.
Dier. gen.
l. 6. c. 19‘
T ac, i 14*
r
Ik^em i
jllex, dk
^lex. ibid,
Ltb. 5. r.24.
Prudtnt. in
Hdmarti
gtnta .
4^5 M V S E 0 C 0 S F ì A N 0
rum^ffè filiorum plures per amnam faldati funt . Indizio, che ,fe il fopradetco
Commodo lì pregiò d’ elTere Itato force G.adiatore , volle mantenere ancora tal
nome nello (lato, nel quale fi ritrovava di fovrano , giudicando egli di dover al-
i' ora maggiormente dar faggio della fortezza, della virtù , e del valore, già che
tali giuochi , come riferifee il mentovato Aleflandro , Ucet fummo, immanitatis
ferent y duces in bellum profeSluriy Roma pleruntjue populo exhibuere : fciltcet
ut vulnera cernere affuefeerent , cadefqut , & pralia non formidarent , quibus
certa lex data , ut multa gravioribus armis pugnare difeant , utque diutius in
pugna fimulachris armati ajfuefcant yUt in patientia laborum educati y in confictu
pugna minus laborarent y neque ut tyrones corporibus y animifq\ deficerent , Co-
ftumanza , la quale , fe ben’ ebbe origine dalle efequie , da’ mortorii , c da’ facri-
fìcii funebri , detti i attribuendola molti ad Enea per leElIcquie di Pa¬
lante, & altri ad Achille (che fù più antico di quello) per li mortorii di Patroclo,
fù anche di ragione , che folTe congiunta a giuochi veramente tragici , e funebri .
5 Ma quanto follerò crudeli chiaramente fi comprende sì appreflo de’Greci,
da’ quali nacquero tanto feveri.cfanguinofifpettacoli, come appreHo dc’Ro-
mani , dove è fama, che furono introdotti da lunio Bruto, per la morte difuo
Padre, ò pure, come altri vogliono, lotto i Confolati di Appio Claudio, e di
M. Fui vio » e dove avanzati fi videro a fegno di tal fierezza , che ad un sì barba»
ro cimento efpofto veniva il più bel fiore della Nobiltà Romana , non che i con-
dennati desinaci alle fiere , ò tra di loro i foto sforzati Schiavi , e prigionieri del*
le nemiche battaglie.
4 Aggiungali a ciò, come per legge fù vietato alle donne l’ elfernc fpettatri-
ci, ne immanitati y aut feritati affuefeerent , e che Teodorico Rè de’Goti molti
fecoli dopo pofe fine a così barbara crudeltà, che pure fotto l’impero di Do¬
miziano di nottetempo anche tra le donne già s’ era introdotta, potendoli beo
dire con Rofino : enim immanius , quam vitam dare hominibus , ut eam
ipfi mutuis cadibus ab fe fe auferant? Nefas erat cum gemitu vulnus accipere .♦
\uffos ferrum ]ugulo non accipere y fanguinem fuum eodem , quo hoHilemy animo
infpefitare , Pcrluade idoli 1 Gladiatori in un tal modo d’elfere nelle amfictatra*
li arene, come in pubiici Altari , e magnifici Tempii, facre vittimedi Plutone:
Refpice terrifici fcelerata f aeraria Ditis ,
Cui cadit infetta fufus gladiator arena,
e credendo, come cari , e co ilacrati a Plutone , che fù lo ftello che Dite , c che>
Giove Laziale , Infernale , e Stigio , e che parimente ebbe il nome di Summano,
qnafì fummus manium Deorum ejfet y di placare col loro fanguc l’ anime de’
morti, ò gli Dii Infernali, eillorocapo Plutone, acuipure firiferiva la parte
intcriore della Terra , entro alla quale a tal fine fi riponevano i morti .
Imagine di Bacco . Cap. XXVll.
I ^ IcomeapprelTo de’ Gentili molti furono, che fi credettero meritevoli de’
^ nomi di Giove , di Marte , di Apollo , di Mercurio , e d’ altre famofe Dei¬
tà , così ancora molti furono quelli , eh’ ebbero il nome di Bacco , mentre trà gli
altri autori Diodoro nefà menzionedi tré, e Cicerone di cinque. Ora io inten*
do di parlare di quel Bacco , che nato da Semele per opra di Giove , quantunque
foflfe valoroio capitano, e perciò aveffefoggiogatediverfe nazioni, fù nondi¬
meno connumerato in frà gli Dii, per effere flato ritrovatore del Vino, e per
averne prima d’ ogni altro moflrato 1’ ufo a’ mortali ,
2 E' nota la favola, che fi racconta del nafeimento di tal Deità, e perciò
^tralafcio
L l rB B. 0 ^ P I N T 0. CAP: JlXPlt. 497
iralakiodi farne menzione, confìidcrando fojamentc, che i’ effer
Bacco riputato per figliuolo di Giove può intenderfi fecondo il fen-
£o tanto communc, quanto particolare. E primieramente, perche
ogni uno può dirfi figliuolo di Giove giufta il fencimcntod* Arato
lovfs omnes frogenies fumus . E fecondariamcnte , perche fu collu-
manza della Gentilità di chiamare figliuoli di Giove i defccndenti
di nobil fangue , e di ftirpe regia , e maffimamentc quei , che foffero
iiati /'/'i^^^tf come diffe il Volfio; tum enim hoc fticiebint nd
tegendum generis dedecus: ficome altri furono per virtù giudicati
meritevoli di sì gloriofi natali, come avvenne d’Àleffandro Magno,
prima che egli col valore fi foffe refo famofo ,
3 Rifletto parimente a quel lo , che fi diffe di Bacco , ufcito dal ven tre di Gio¬
ve, da’ Greci perciò detto itiz-iruf, perche a ve Ile avuto due Madri,
cflendo egli nato due volte, cioè una volta da Semele, e l’ altra da Giove,
favoleggiando i Poeti ,che Semele atterrita dalla maellofa prelenza di Giove
fulminante abortiffe Bacco, e che Giove compaffìonando il cafo nafcondefse
in una delle fue parte femorali l’immaturo parto, dove perfezionato, nacque,
poi di fuo tempo: e confiderò, che fù parte de* Poeti il difeorrere fempre
metaforicamente, e con nuovo modo di parlare rendere ammirabili le cole
ben volgari , & a tutti note , conciofia cola che omnes ex femore f atris na~
fcimtir. Modo di nakere, che, fe bene lì verifica per tutti, perche ogniuno
nake ex femore % cioè ex femine patris ^ da’ Poeti nondimeno fù folamcntc.»
attribuito a Bacco, imperoche i Greci riferendo l’invenzione del Vino al lo¬
ro Dionifio, che da’ Latini ebbe il nome di Bacco (ambirono la gloria d’ave¬
re concittadino un così felice ritrovatore di cofa nuova : coftumanza , cho
fempre pratticarono per far credere, ch’eia aveffero nudrito nel loro paefe qual- '
fivoglia uomo famolo , benché ftraniero . Quindi cercarono ingegnofamentc
di coprire i veri fatti con favolofe invenzioni, e fi perfuakro in tal modo di I
guadagnare r altrui gloria, e maffìmemente col riferire le cole diverfamente da
gli altri , onde di loro ben diffe Giufeppe Ebrèo : ef vera hiBoria indicium. Ci
de iijdem eadem omnes é" dicant, & feribant , At illi ita demum fe veriffim&s
omnium vifum iri judicabant , fi eadem altter feriberent. Igitur quoad dicendi Aitpntm.
peritiam , atq', vim attinet j -cedamus oportet G racis feriptoribus : at in veraJ
prifearum rerum hilioria non item , prafertim qua fiunt apud quofque patria.
4 Se dùnque fù vcro,èh6i Grèci vollero, che l’inventore dèi vino folle loro
nativo , convenne loro parimente il dire , per occultare maggiormente i’ iftoria
di ehi ne fù primiero ritrovatorc , che Diomfio , ò Bacco folle nato e da Semele ,
e da Giove nel modo avvertito . Favorendo a ciò appunto il fatto di chi prima
d’ ogni altro, ritrovato il modo di fare il vino, inebriato foggiacque a’ fonniferi ,
e per così dire , letali effetti del troppo , e non ifperimentatò liquore; imperoche
dal lungo letargo liberato, & in fefteffo rinvenuto, ben fi poteva dire, che in-
un tal modo , coll* efempio di Bacco ^ favoleggiato àbbortito per cagione d’ un
Giove fulminante ) foffe rinato a nuova vita l Còncorrcndp parimente a tal pro-
pofito l’ opinione de’ Gentili, che Giove foffe il Mondo, dal quale nata la vite ,
e per conkguenza il fócofo liquore del vino, fe ne foffero ofservati quegli effet¬
ti ; che provò chi incfpcrto fi prefe la 1 ibertà di fatiarfene fuor di modo; efsendo
appunto da’ Greci detto Adrt*«e ex Adt ^te, cioè lovis filius, & Liber , con- -
forme 1* ufo antico nel numero fingolare, ^«-2^ lovis liber ,five filius,. Sicomc
poi i Latini diedero a tal Deità il nome di Bacco originato aneli’ efso dal Greco
-dwl fi òpure chavuoldireftrepitarc, c gridare fpropofitatai
Tt 3 mente.
■49$ JUySBO cos PUNO
mente» come facevano le Baccanti nelle Felle della Deità » delia quale fi
ragiona.
5 Ma perche la figura, che fi ritrova nel Mufeo, è di terra» e di grandezza uni-
forme all' intaglio» c lenza alcuna particolarità attinente a Bacco , mi porge an¬
cora poca materia di più longamence efiendermi col difeorfo . Laonde elTcndo
ad ogni uno note le co(e,che fi raccontano di tal Dìo, e il modo con che fi figura¬
va, non ifiarò a diffondermi di vantaggio, ballandomi lolamentc di avvertire, che
egli fù il primo , che debellata T India ritrovalfe il modo di trionfarci aferi vendo
la Gentilità a Bacco non folo l’invenzione, come dilli, del vino, ma ancora
quella de* trionfi, e delle corone, ò de’ diademi Reali, de’ quali egli appunto
venne coronato . E c iò non sò , le fofie per aver egli le ludette cole meritato più
d’ ogni altro a cagione delle imprelevalorofc, e de’ foggiogati popoli, ò pure
per r invenzione dei vino , che tra ogni altro liquore è il più dcliziolo , c il più
abbondante , che fi polla cfprimere da’ frutti della Terra : meritando egli perciò
corone d’edera, òdi vite, cd’elTcre accompagnato da numerolo fìiuìlodi fe¬
mine baccanti , e di Satiri , e d’altre cole, che non è lecito il ridire: avendone
aballanza dato motivo altrove ragionando d’Ofiridc , e diPriapo, che (limai
gl* illclTi, che Bacco, riferendoli al Sole», che da’ Gentili tenuto per padre di
tutte le cole, fù la prima creatura (limata perciò da’ mcdcfmi dtgnad’ ado¬
razione.
Imagine 4 ” un Baanntc,
" Cap, .\XFII1.
ii *■
nT • O veramente non sò , fé per le fpggiogate Provincie , per le acquetate fe-
A dizioni , per le promulgate leggi , e per li famofi ritrovamenti di Bacco,
al medefimo i Gentili , in rincompenla di così legnalati beneficii ricevuti, avef-
lero inalzati altari, offerte vittime, & inftituiti giorni feriati , ne’ quali fi foffero
con non ordinaria pompa celebrate quelle felle, che dalle Arida, e da glillre-
pitali clamori de’ Baccanali ebbero il nome. O'pure , le il popolo da’ trionfi,
e dalle corone, che Bacco lì acquiftò nell’ India loggiogata, c da’ prigionieri di
flraniere nazioni , c dalle incognite fiere , eh’ egli Icco fotlc condullc in trionfo
nel luo ripatriar e , avellerò gli uomini prclo motivo di celebrare per tal memo¬
ria quelle fatiriche cantilene. Se olccni bagordi , che nelle fede baccanali col
tempo poi s’avanzarono ogui volta più in una sfienata libertà di libidinola li¬
cenza . O’ fe pure tali fede ad oggetto della generazione sù '1 principio inditui-
te dal Dionilìo di Grecia ( chef Ilio dedo, che Olìride degli Egizii, ilLibcro
degli Arabi, e il Bacco de’ Latini) nell’ acquido delle (oggiogarc prouiucie,
efingolarmente dell’ India medefima, in queda imparate l’ avede, e perciò nel¬
la Grecia egli dedo le avelTc introdotte, di dove trasferite ne’ Campi Etrufehi, c
Romani, e in tutta l’Italia, da'gravifcandali,chcnefuccedevano, fodc dato
obbligato il Senato Romano a decretar loro una rigorofa riforma .
a Non è dubbio alcuno, che tali fedività derivarono da enorme principio,,
come accennai, ragionando afirovc d’Ofiri, e di Priapo; abbcnche verifi-
milmente poda ftimarfi ancora , che col tempo dalla maliziola libertà dell’ uo¬
mo fi fodero aggrandite. Sicomehà gran probabilità, che gravi, eperniziofi
(concerti ne accadeffero , mentre ( a bbendic inflituiic in onore d’un loro Dio,
i Gentili le cclebraffcro al medefimo fine , e con fomma religione) tralcurato un
talreligioforifpetto, per rigorolì editti di fo vrana Podedà furono, come ac¬
cennai, proibite. ftera procedente tempore t diurnk
ferent
libro evinto: CAP. scxm. 49.9
fiennt (u)tdf .Ny^ile]* appslUta fiffif) promifcuis ingenitorum dr ]famiaarum
pupris cum BrepitUy & ululata in omne facinus yd>‘ libidinem t perpetuo Sena¬
tus ConfuliOt non modo ^ fd per omnem Jtaliam coercita fuere : maxi-
mifipue peenis inhibitum y ne Bacchanalia Roma, neye in Italia ferent s qtiumin
contubernio /ordidiffimorum patr arentur , ejjjntque maxi^orUfn fcdkruHk caufa,
dr feminarium . ^ .
3 In iìmili ragunanze fi oflervavano
nudi tanto gli uomini, quanto le donne» c
vi concorre vano a gara le matrone , ie ve¬
do ve, eie vergini, portando nelle mani
grappoli d’uva. Se avendo cinte le parti,
femorali, e coronati 1 capi di rami ò d’ ede¬
ra , ò di vite : c dì notte tempo celebran¬
doli tali fedi vita, alle quali precedevano
ie infegna de gli ofeeni falli » accompagna¬
ci da tumultuarti bagordi, e da lafcive can¬
zoni , fi vedeva ogni forte d’ uomini , e dì
donne correre , (altare , c beverc , e ferirli
tra di loro co* tirfi (ch’altro non erano, che
canne , ò come dille Macrobio , dardi co¬
perti, e circondaci da rami di vice, o d’ ede*.
ra) laonde credendo la Gentilità intal mo-
dodi confecfarfialDio Bacco’, honcufò
in limile occafione coU’impazzirediper-
derc ronore,c qualche volta ancora la vi¬
ta medefima. Multa enim cades per huiuf.
modi facriffeiorum furorem covtmitteban.
tur . Sic oceiji funi Pantheus , é" Ninus
India Rex , .& Lycurgus Thrax y & pr-
pheus, - , .
4 Ma quel lo , che maggiormente con-
fiderabile parrai , e chein così pazzi tripu¬
dii fi cofiumaya da’ latirici, e nefandi mi-
tiiiìri di Bacco è il lapere , che fi fervivano
di crivelli ( ò fodero caneftri, òceftifatti
di rami d’arbori) per dar ad intendere,
che ficome con cali ftrumcnti fi purgava il
frumento, cosi perfuadevàfi ancora di pur¬
gare r anime co’ loro baccanali , celebrati
appunto in onore del mentovato ^numc,
che perciò pure di Libero à Ukerandp»
vollero, che avcfleil nome. Et quoniam ad anima purgationem pertinere dice-
reni , etiam vannum., quo triticum, purgatur , adhibebant Se ciò veramente cor-
rilpondede a’ fatti, ogni uno dafe medefimo può confiderarlo ,e malfima mente
col ridcctere a gli enormi delitti, che. di notte tempd accade vano^ per cagione
dei vino, e per la libertà di vivere confufamente infiepic mafehi, efemme.»
d’ ogni forte, enei modo di (opra accennato. <
5 Quind’io voltando gli occhi alSirholacro di bronzo» che hà il Stg. Martr
chefe nel luo Mulco , parrai dlravvifarlo fatto forlea.fine di jrapprcleotare uitj
Minidro di Bacco, già che qucdifilcorge ignudo, &cal capo circondato dirami
. ■ : . di vite
XereHÌed FentànaBettH
et fat^, Bbiìom iSijt
Ahxan. ab
Altxan-
Dier, gtUy
l. i.l
Lud. yiuts
in M. Var.
ro.Ttrag.in
Alex, ab
Alex, ubi
fupra .
Alex, ab
Mex. loco
(ufracit •
, 50» ' M y S E 0 e Ò S P l A N 0
. <1. •,^V ■'
di vitcjcchcnelladcftra tenendo un corno, puòftimarfi, che in tal modolfì
gtffiftM lib. prepari alle baccanali raunanze : rammemorandomi , che gli antichi fi (erviva**
S, Mp. zi. corna di animali per bevere , come appunto nelle fefte di Bacco ( celebra»
te nella ftagionc d’ Autunno , & in occafionc della vendemia ) fi coftumava per
ifeufare colla inebriatura gli fcandali , e tutte quelle enormità , che ogn* uno da
fc medefimo può credere , che accadefiero .
é E fe anche il corno dei nofiro Simolacro folte dì dovizia, come Io potreb¬
be accennare il difegno, fe poteffe in tutto efprimere ciò,che dimoftra la Statua,
e che (pezzato coi finifirò piede dello (limato baccante , egli in così allegra po-
fitura (tante ne tcneffe parte in mano , e parte (otto al mentovato piede , non mi
leverebbe diil concepito penfiere ; imperoche tali corni d’abbondanza fi face¬
vano delle corna e di bue , e di capra , e fi riempi vano di fiori , e di frutti per di¬
notare T abbondanza d’jOgni frutto , e per confeguenza quella dell’ uve, e del
vino . Oltreche mi dò a credere, chetai Simolacro fatto mi(lerio(amente in co*
si fatto modo vaglia, ò fia (lato fatto per dinotare appunto verifimilmcnte quel¬
lo , di cui ora fi ragiona , mentre nelle fede di Bacco era in u(o di portare tanto i
grappoli dell* uve , come di bevete i| vino , (ucco c(pre((o dal medefimo frutto ,
de: sacrificii.
E DE- PROPANI SACERDOTI ANTICHI-!
Ca»ttffU4z,tff>e Of€ra '.
i XT On hà volfuto il Sig, Marchelc , che il (uo nobile Mu(eo fcarfeggi in
JL\| alcuna parte di quelle co(e, che pedono erudire qualunque virtuo(o
delideri entrarvi a riguardarlo. E benché al tempo d’oggi fia a tal (egnocre-
feiuto il numero di quelli , chea' virtuofi tràitenimenti de ^Mufei fi (ono appi¬
gliati, di modo che altri, a ciò inclinati, polTono dilficilmenre far raccolta di
robbe (ceke , per gUcrnire i proprii ; con tutto ciò l’ elatta di ligenza , e genero-
fità del Sig. Marche(e hà faputo raccogliere d’ ogni co(a il migliore , per rende¬
re il fuo in buona partecopioio, e ragguardevole. E vaglia il vero di maggior
numero de* de(critciSimolacri ancora è abbondante i]pre(énte Mu(eo, Ma di
troppa mole (arebbe riufeito il Libro , (e di cia(cheduno fi folle rapportato i di«
fegni, e le deferizioni ,‘^oltre che molte imagini fi (ono (limate poterli riferire
alle già de(critte Deità , tanto più che la lunghezza del tempo edendoli modi a.
ta nemica ad altri coll’ aver loro levati quei contrafegni, che dovevano condur.
ci alia cognizione delie Stelle, hà parimente a noi tolta Toccàfione di poterne
con qualche vcrifimilc fondamento ragionare . Con tutto ciò fin qui abbiamo
vedutonumeroconfiderabilediSimolacridilegno,diterra, e di varii metalli
(limati vcncrabùl.i sì dalle Latine , come dalle (Iraniere Nazioni Idolatre . £ (o
la Gentilità a tali Imagini fabrica va Tempii , inalzava altari, & offeriva olo-
cauki , ora mi re(la il dar qualche motivo de’ riti , delle cerimonie, e de’ Sacer-
dozii cofiumati da'.fuperdiziofi Gentili ne* loro Sacrificii, già che ilMuieo
Cofpiano in quella pane ancora non manca di quei Simolacrr, che rilguardano
quella parte , e che mi pajonacapprefencarivi di Sacerdoti e di limili perlone»
che (ctvivano a’ ptoiani altari, - -
libro i N T 0, CAP. XXIX. SOM
Vtir «rigt ne de' Sacrificii de' Gentili ,
Cap. XXIX.
I \ yr A prima di venire alla defcrizione di tali Imagini è da faperfi, chedo*
XVi po Toni verfal diluvio il buon Noè fu il primo , che profeguì nell’ ad¬
dottrinare i luoi figliuoli, e nipoti,e tutta la poftcrità ne’ puri riti, e nelle vere ce¬
rimonie della Religione, e de’ Santi Sacrificii , che fi dovevano all’ Onnipotente
Iddiosì in rendimento di grazie, come per placarlo, e per implorarne quegli
ajuti, de’ quali l’uomo èlemprebifogncvole, venendo appunto detti i Sacri¬
ficii in due modi per li fini principali , perii quali furono inftituiti , cioè
gratiarum a6iioy •ve l grata beneficiorum recordatio ^ & iKonutdi ide/i propitiato-
ria , expiatoria , imperoche in vece di uomini meritevoli di morte fi facrificava-
no animali colla fperanza di placare Iddio col levare in tal modo il reato, ò
l’ obbligo , che meritava la pena temporale . E fe altrove motivai , che l’ Idola¬
tria dopo il diluvio ebbe principio ne’ defcendenti di Cam, figliuolo di Noè ,
quindi è, che quelli ,benche addottrinati dal padre,e dall’ avo nell’ adorazio¬
ne del vero Iddio , trasferirono nondimeno tal olTequio empiamente alle loro li¬
molate Deità . E ficome il Popolo Eletto negli onori, che dava al Creatore del
tutto aveva llabilite le lue religiofe leggi , e quali , e quando fi dovevano facri-
ficarc tali cole ; così la Gentilità cercò d* imitarlo collo llabilire anch’ ella qual
forte d* animali elTer potelTe accetta a qualunque Deità: e così determinando
tutte le vittime più care, e piu proprie a qualfivoglia Nume,non fù tanto abboo.
dante la natura nel produrre di verfità d’ animali di qualfivoglia fpecie , che più
non follerò gli Dii ,chc leppcro inventare i fupcrlliziofi Idolatri coll’ attribuire
acialchedunoilfuo particolare animale, onde diflfe Arnobio, animalium
falla ejfet inter Deos divifio ^ Et oltre gli animali ufarono parimente di offerire
in lacrificio non lolo molte altre cole, conforme le ftimarono proprie de’ loro
Dii, e fecondo i fini accennati; ma ancora (per maggiormente accreditare i riti
della loro religione ) facrificarono gli uomini ilteflì . Et io qui confidero,che al
Mondo nó fù mai Nazione così barbara, e tanto lei vaggia , che non aveffe avuto
il timore de gli Dii , e che anche dal folo lume della natura gervernata non abbia
avuta la cognizione , che vi folle qualcheduno , che principalmente fovrallalle
alle creature , e dal cui volere dipendeffero le cofe . Quindi è ,che l’ uomo , ab-
bcnche aveffe deviato dal vero culto di Dio , non volle perciò allontanarli dallit
cognizione del medefimo, inalzando arai fine altari, erigendo lontuofi Tem¬
pii , creando Sacerdoti , moltiplicando cerimonie , e decretando religiofe leggi
anche a quegli Dii , a’ quali egli diede la divinità , e che in effetto da fe medelì-
mofifabbricò. Da’ marmi, e dalle Medaglie antiche, e dalle magnifiche fa-
briche , delle quali anche al dì d’ oggi ci fono riraafte le raaravigliolc velligia ,
di ciò fi cavano indubbitati rifeontri : effendo purtroppo vero, che gli antichi
Romani più delle ftraniere Nazioni furono immerfi nella fupcrlliziofa de¬
vozione d’ innumerabili Deità , che non folo da loro lleflì fi fantallicarono , ma
che parimente da’ vicini, e da’ lontani Paefi adunfimil fine feppero procac¬
ciarli. Ma qui non cefsò la pazza ambizione dell’uomo, imperoche, fe nel-
TAlìa Nabuedonofor comandò che alla fua Statua ogn’uno divoto s’inginoc-
chialTe: fe i Medi , i Perfiani , gli Egizii ,e quelli della Libia adorarono per Dii
i loro Rè, e le nell’ Europa da’ Macedoni Aleffandro il Grande, dagli Ateniefi
Demade , e Demetrio , e da gli Epiroti Pirro vollero vedere , che fe gli ergeffe-
ro altari, fimolacri, e Tempii, e che ogni Suddito porgeffe loro tributi d’ado¬
razione;
Ecelt t.
’JnO^Abio,
‘in 8.
Coul. della
Relig. degh
antichi .
50Ì M y S E 0 ,£ 0 S F l A N 0
razior.'e; s’intro luHc anche cotanto temeraria codumanza appreso i Latini
forco ri(nperod*Augufto> mentre al medefimo^ ancor vivendo, futonodati i
divinionori, onde Virgilio:
Namque crii ilk mihi femper Deus: illius aram
Sape tener noflris ab ovilibus imbuet agnus,
E fc bene fcrivc J:.vttori!0,ehelamodcltiaditalImpcradore non permife, che
sù ’l principio le gli facedero altari, e Tempii sì dentro, come fuori di Roma,
Ti/telTo autore nondimeno racconta, che in Lione fotto iConfolati di Giulio
Antonio ,edi Fa[>io Africano , & in Narbona ,cffendo Confoli T. Statilio Tau-
ro,c M. Emilio Lepido, gli furono dapoi inalzati altari, adorati i di lui lìmolacri,
facrifìcati animali , e da per tutto creati Sacerdoti col nome d’ Auguftalt . Non
furono inferiori d’ambizione i Tiberi ,i Caligula, i Claudii, i Domitiani , Scal¬
tri Imperadori, che ad Auguftofuccedettero,enel dominio, e nell’ ambire di
vederli confecrati , come Dii , e nell’ufurparfi ( ancor vivendo) i divini onori .
Tanto può l’ambizione , e la potenza di chi può farfi ubbidire , e tanto vale i! ti¬
more di chi fi paventa più (oggetto, e vicino al caftigo nel peccare contro il
Principe, che contra Iddio , comecfprelTe Minuccio Fefice parlando de’ Ce/a¬
ri , quod erat tutiìts per lovis genium pe]erare , quam Regis ! Ma più oltre paf*
sòii temerario ardire dell’ umana ambizione, mentre le donne iftelTc, e leper-
fone di poco conto, ancor viventi, fi videro al pari de’ Monarchi idolatrate , co¬
me di Cleopatra fcrilTc Servio , adfumpferat y ut fe Ifìm vellet
videri: e pure da gli Egizii non tù Deità cotanto riverita , come fù Ifide : e co¬
me Ateneo , parlando de gli Atenicfi, di(Te ,che non folo attribuirono gli onori
divinial loro Rè Demetrio, ma ancora aBurico,ad Adimante, &adOxitemi-
dc,adulatoridello fte(ro,aiTegnando loro are, Tempii, eSacerdotii , Ma fe i
Gentili a tanti loro Dii ftabilirono determinati altari , e proprii modi di (acrili-
carvi , bifogna dire , che innumerabili foffero i riti della fuperftiziofa Gentilità .
Con tutto ciò è probabile, che l’ antichità avefle diftribuiti gli Dii in certi ordi¬
ni , e determinate dalli , e che a ciafeheduna folte decretato il fuo modo di fa-
crificare, altnmentc l’ uomo non avrebbe potuto foddisfare a c|utll’ obbligo , al
quale egli fi era volontariamente alToggettito . Qiiindi è , che alcuni Dii furono
creduti dell’ordine Celefte, altri del Terreftre, alcuni avete la cura del Mare, &
edere peteiò maritimi. Se altri clTere infernali , altri aerei, e fovraftare ad’ aria , Se
all’ Inferno , ecosì fù facile a gliantichi l’adempire gli obb! ghi della loro fu-
perftiziofa religione . Oltreche molto verifimile radembra , che ad ogni clalTc
di Dii vi folte il fuo capo, e primiero Sacerdore , e che a tutti i capi d’ ordine vi
folte un maggior Sacerdote , che fovraftaltc a tutti gli altri, come in effetto ritro¬
vo, che Numa fù quello, che lo inflituìcol nqmedifommo Pontefice, c che
venne in tanta riputazione in progrelto di tempo , che non poteva ellere alcuno
fe non Senatore , avendo quelli cura del le cofe (agre così private , come publi-
chc , delle cerimonie , de’ prodigò , de’ mortorii , d’ interpretare le cofe divine,
legnare , feri vere , e comandare a qui li altari , e Dii fi dovevano fare i facrificii ;
e (opra tutto por mente , e proibire , che nuove ufanze non s’ introduceitcro in
Roma per difturbare , ò corrompere le cerimonie della loro prima religione , e
de’ loro Dii.
2 Ma troppo longo farei, fe voleffi far menzione di qualfivoglia forte di Sa¬
cerdotio antico ; imperoche oltre il maggior Pontefice v’ era il minore,- ficome i
Flamini, Se Archi flamini tenevano i primi ordini /acri ; gli Auguri per gli uccel¬
li : i Salii per Marte, & altri Sacerdoti furono alTegnati alla memoria de gl’Impe-
radori , dapoichc furono deificati, come gli Auguftali d’Auguflo, gli Antoniani
d’ Anto.
libro ^ V i ìì t 0. CAP. XXIX. 50J
ci‘ Antonino , gli Aureliani d’ Aurelio, & i Faufliiniani di Fauftina, tutti ordina¬
ti p er la religione , e per far facrilicii, dedicazioni , confegrazioni, fupplicazio.
ni, voti, etant’alcre, accennate da gli Scrittori, fimili, e vane pompe a’fallì
Dei della fuperftiziofa Gentilità.
3 Non approvo in quello luogo il tralafciare di dire, che tra gli ordini de*
Sacerdoti Gentili furono per antichità ragguardevoli i Luperci inllituiti da
Evandro, Rè de gii Arcadi, in onore del Dio Pane: coRuinando quelli ogni
anno nel Mele di Febrajo di correre nudi per la Città , e di battere le donne , che
incontravano con pelli di capre, per facilitar loro il partorire» e per rendetele
fierili feconde .
4 Antichi furono i Potitii, & i Pinarii, Sacerdoti ordinati parimente da
Evandro in onore di Ercole, a cui /acrilica vanii bovi la mattina, eia (era, fer¬
vendo atalifacriiìcii i Pinarii di (empiici minillri, e rellando a* Potitii tutta la
cura di mangiare , e di dar compimento ai fuperlliziofo olocaullo .
5 1 fratelli amali , che furono dodeci Sacerdoti inllituiti da Romulo, tra qua*
li egli volle elTere uno, ebbero Toffizio di ammazzare le vittime ambaruali in
nome di Cerere, e di Bacco, per implorarne l’abbondanza delle biade, e del
vino j e così fatti facrilìcii furono detti ambaruali , perche le vittime prima d* ef¬
fere facrilìcate, venivano da* minillri, eh* erano coronati di fpighe , con bianche
bende legate, procelHonalmente condotte tré volte intorno alle campagne^»
onde Virgilio:
Terque »6vas crrcu?» feelìx eat hofiia, fruges,
€ Fù celebre l’ordine de’ feflanta publici Sacerdoti, creati da Romulo, ia-
tempo , che Roma fù accrcfciuca d* abitatori , in ordi ne al quale due per cialche-
duna centuria fe ne elegge vanojchc pervirtù,cpcrprofapiaavc(Tcroavanzati gli
altri, e che perfetti di corpo, e di mente aveffero cinquant’anni, privileggian-
dolì di molte cole, &efcntandoli da gli affari militari , e da qualfivoglia sì pu¬
blico , come privato min; Reto .
7 Da* Caldei , e da’ Greci ebbe origine la religione de gli Auguri , che impa¬
rata da Tofcani,da quelli fu portata in Roma, do ve fù di tanto créd^ito, che quel
Popolo fupcrlliziolo non avrebbe mai fatto , nè deliberato cola alcuna dentro ,
©fuori di Roma, che prima non avelie preio l’Augurio. Anzi venne quella di¬
gnità in tale riputazione , rifpetto all’ onore , Se utile , che ne ricevevano quelli,»
eh’ erano Auguri, che i primi Romani cercavano d’ entrare in quello Sacerdotio ,
come lì vede dalie Medaglie di Pompeo , e di Celare Dittatore , che vi polo an¬
cora M. Antonio, e Lepido , nelle quali lì ritrova il lituo , il lìmpolo, il cappel¬
lo , il vaio , & i pulcini , tutte inlegne , che moRrano la dignità , e le cole necef-'
fané a queRo ollìzio .
8 Numa Pompilio fù quello , che ordinò , e chiamò col nome di Flamini i Sa¬
cerdoti di Giove , c di Marte, le bene dice Varrone , che gli antichi ebbero tanti
Flamini , quanti Dii avevano, come il Diale di Giove, il Marziale di Marte, il
Quirinale di Romulo , il Volcanale di Volcano, e così de gli altri . Ma dapoiche
il Senato Romano coRumò di deificare i luoìlmperadori,affeguò ancora a gl*
ìReffì ì Flamini : come gli AuguRali per AuguRo, e gli Antoniani per Antonino :
trà quali il Diale era meglio veRito de gli altri , & aveva la fua fedia d’ avorio ,
ordinata folamenre per li MagiRrati . £ il Flamine folo portava il cappello
bianco, lenza il quale non gli era lecito ufeire fuori di cala.
9 Dodcci furono i Sacerdoti da Numa ordinati , e detti Salij , da’ (alti, eh’ effi
facevano foleonizando i loro Sacrifica . Furono accrefeiuti fino al nùmero di
ventiquatcrodaTulloHoRilio: c dapoi furono tanti, che crearono ungrao-
Colle- .
I . Oeergie
V. 34f*
^04 U V S E 0 C 0 S P l A N 0
Colleggio , e non potevano edere di quello ordine , fe non quelli, ch‘ erano pri¬
vi di padre , c madre ; collumando di andare ballando per inezo le ftrade , e di
cantare verfi Saliarii nel Mele di Marzo portando nelle mani gli feudi celefti.
Ancili* , detti , in onore di Marte , come chiara ceftimonianza ne fanno le Meda¬
glie di Àugufto Celare, e di Antonino Pio.
10 Tri i molti Sacerdoti della Gentilità, ve ne furono d’una certa forte,
fubordmata a’ Pontefici , chiamati Epuloni , ò più tollo Sacerdoti di buon tem¬
po, inftituiti a fine d’ ordinarci con viti, che i Romani facevano celebrando le
felle de’ loro Dii, & annunciando il giorno, nel quale fi doveva fare la cena di
Giove ; dove fe per forte accadeva , che la foicnnità non folle interamente olfer-
vata con le debite cerimonie , elfi lo dicevanoa’ Pontefici , i quali rimediavano
a tutto .
1 1 Quindici furono i Sacerdoti , originaci da Tarquinio , & accrefeiuti a tal
numero da Aulio Cellio , c da Licinio Tribuni della plebe , e da Siila, & inllitui-
tiper leggere, & interpretarci Libri facri, ò Sibillini, e di rilpondere,e confi¬
gliare al Popolo Romano tutte le cofcdubbiofc,a(Iìllcndo a’ facrificii d’ Apol¬
lo , come mollra il T ripode impreffo nelle Medaglie di Vitellio , e di Vefpafiano
con lettere, che dicono QVINDECIM VIR SACRIS FACIVNDIS.
1 2 Tiberio Celare dopo l’ avere edificato un Tempio ad Augullo, il quale fù
conlccrato da C. Caligula dopo la morte di T iberio , creò il Collegio de’ Sacer¬
doti Augullaii, il quale fù in tanto credito, eh’ elTendovi aggregato Sergio
Galba , avanti che folle Imperadorc , fà cónofeere , che anche i primarii di Roma
ambirono un tanto onore *
1 3 Ogni anno al principio di primavera da’ Romani fi faceva una fella mag¬
giore di tutte l’altre in onore di Cibele, Madre de gli Dii, i di cui Sacerdoti
detti Galli, & Archigallo il maggior di loro, ufarono di portare procclfional-
mentecon le più prctiofecofe, che avevanoin cala il fimolacro della mentova¬
ta Dea , collumando ogni uno con tal occafione di vellirlì , e tra veRirfi a fuo pia¬
cere, il che 1! vide folennizare con illraordinaria pompa lotto l’Impero di Com¬
modo in ringraziaménto della Indetta Dea per lo fcampo dalla congiura di Ma¬
terno, avendo perciò il Popolo Romano fatte grandilfime allegrezze, e diverfi
giuochi per la fallite del fudetto Principe, chiamandoli Seteria ^ cioè facrificii
di faiure.
14 E fe bene molti furono i Collegi, e gli ordini de’ Sacerdoti appreOogli
antichi Idolatri , che pure fono fiati regifirati da chi ne hà fatto erudita menzio¬
ne , con tutto ciò non è da tralalciarfi , che apprelTo la Gentilità fù in tanta vene¬
razione la religione , che gl’ illelfi Monarchi ambirono l’ onore del Sacerdotio,
come del RèAnio fenfi^ Virgilio:
^ ^ Rex Amhs , Rex idem hominum , Phabique Sacerdos ;
3. it.v.jo 2 (vagheggiandole
cole conlìderabili,che nel prefentcMuleoficonfervaoo)èdiafpetto feminile,
e tutta velata, & ammantata fi ofier va, come l’intaglio ne dà fcnfibili contra-
fegni , mi fà di nuovo riflettere alla luperlliziofa religione de’ Gentili , raffigu-,
randomi tale imagine per una di quelle Vergini ,che avevano cura delle cole fa-
ere , e che prefiedendo alla perpetuità dei fuoco nel Tempio delia Dea Veda , dì
Vedali ebbero il nome; ordine appunto di religione, nel quale non erano am-
me0e,chele fanciulle maggiori di fei anni, e minori di dieci, e che obbligato
alla verginità fino a’ trent’ anni venivano a fpefe publiche mantenute nel religio-
fominilterod|effercitare le cerimonie, dei facrificii alla fudcttaDca.
Imagi*
L i ÈRO ^P> t N T 0. CAPI XXX. joj
ImAgine d' una, Vedale»
Caj>, XXX,
g \ Jf A prima d’ inoltrarmi di vantaggio nel dif-
correre in ordine al noftro Simo lacro delle
Veftali iacerdoteffe, parmi di non dovere in quello
luogo tralafciar di dire, che alcune volte T antichità
perla Dea Velia intefe la Madre di Saturno, che fòla
inedefima, che la Terra, òcheCibele, e Rea, Madre
de gli Dii : e che altrevolte ricevette così riverita Dei¬
tà per la figliuola di Giove, e per la nipote di Saturno»
dinotando all’ ora il fuoco : e che i Gentili per lo più ri¬
cevendo confufainente e per la Terra , e per Io Fuoco la
mentovata Velia, confiderarono in un’ iftelTo tempo
tutta la Terra,& il Fuoco ripollo nelle vifeere della me-
defima, come principii, e cagioni di tutte le generazio¬
ni . Quindi è, che gli antichi tanto conto fecero di
quel fuoco, lìmboleggiante una così pregiata Deità,
che videftinaronoSacerdotefle per renderlo perpetuo
colla loro vigilante alTiRenza, & i Romani vollero, che
tali affilienti folTero vergini alìmilitudinedel fuoco,
che per fe ItclTo non è capace di generazione : ficome le
Vergini libere dalla cura de’ figli uoli , dal marito , e da
altre faccende , potevano maggiormente vigilare alla
perpetuità di un tal fuoco, che le per forte rellava ellin-
€o , ne congetturavano i luperftiziofi Gentili declinanti
Jecolc pubbliche, e lìnillri avvenimenti,
2 Io qui non mi diffonderò nel cercare dove avelie origine così vana reli¬
gione, imperoche, fe dall* avere altrove motivato, che il Sole (intefo per lo
fuoco )trà le prime cofe create fùricevvtofotrocultodivìno da gl’idolatri, o
che lo Scaligero dille: Scriptum efi in hiìlorits Africanis ignem in Ljbia pr$
Deo habitumx quem VeHalium rifu perpetuum fervarents hddel verifimile,che
tal culto folle antico, e che i Latini imparatolo da’ Greci, quelli l’avelfero ap-
prelo dalle llraniere Nazioni , cflendo noto , che Enea fù il primo , che lo portò
in Italia, e che nel tempo di Romulo (ancorché altri vogliano in quellodiNu-
ma ) folte introdotto nel Lazio , dove in onore della mentovata Dea furono fon-
tuofi Tempii fabricati, c quelli di forma rotondi per dinotare la rotondità della
Terra , alla quale lì riferiva Velia nel modo di fopra accennato , e dove , a pare¬
re d’ alcuni, era vietato l’ingreflfo a gli uomini, fe bene altri vogliono, che ciò
folle folamente proibito di notte tempo, e non altrimente di giorno; elTendo
conlìderabile, che ne’ Tempii di Velia non era alcun Simolacro dinotamela
medefima, onde Ovidio,
Bfe di» finitus Vefia fimulachra putavi;
Mox didici curvo nulla fube^e tholo,
adducendo Ia cagione Io flelfo Poeta
Ignis inextinSius tempio celatur in ilio ;
Effigiem nullam Velia,, nec ignis habent.
E fe bene da Statue, e da Medaglie antiche fe ne vedono le imagini, e Snidala
faccia di fembiameferainile, e Plinio la figuri fedente : vogliono nondimeno
Vv ^ alcuni.
l
fap.e:
r4- 9-
e.zi, de ìAo‘
hlMrté.
De II 4 Rtlig.
de gli ami.
chi Remani .
>otf M y s E 0 c 0 s p i A n 0
alcuni, che tali imagini rapprefentinofolamente quella Verta, la quale tenuta
per la Madre di Saturno fi riferiva alla Terra : inclinando però io a dire , che an¬
che col fondamento delle Medaglie antiche quella Verta, tenuta per figliuola di
Saturno , e per lo fuoco , veniva da gli antichi figurata ora fedente, & ora rtante :
e maflìme, perche offer vo, che le imagini di tale Deità fono figurate colla face
in mano dinotante il fuoco perpetuo, e con la patera libatoria per lifacrificii,
che facevano i Gentili alla Dea, della quale fi difeorre; fe pure non voleffìmo
dire , che gli antichi non aveffero pretefo di comprendere in querteimagini sì la
Madre, come lafigliuola di Saturno, e per confeguenza riverire fottocultodi
fuperrtiziofa religione in un folo Simolacro due Deità di Verta,* indicanti con
tale imagine la Terra, & il Fuoco .
3 Ma ritornando al noltro Simolacro , che hòflimato di poterlo rawifare ad
una Vertale, confiderò nel medefimo il pietofo,c divoto fembiante proprio
d’una vergine, e che non difccrnendofi in alcuna parte del capo, quale è velato,
alcun fegno di capigliatura, mi fà raccordare, che nelfaggregarfi le fanciulle
nell’ Ordine Vertale fi tagliavano i capelli, che poi appendevano al Tempio,
dedicato alla Dea , alla quale dertinate fi conlecravano .
4 Nel riflettere parimente all’ abito , al manto , & alla velatura della prefente
imagine , e nel farne confronto colle Medaglie deferitte da g'i eruditi profeffori,
cmaffìmamente con quelle di Faurtina, e di Lucilia, raccordate da Guglielmo
Couiio , nelle quali fi vedono tali facrificanti nc gli abiti in buona parte unifor¬
mi a quelli del nortro Simolacro, mi fà perfirtere maggiormente nel dire, che
qiiertifiarapprefentativodiunadi quelle Vertali, delle quali fi ragiona. Anzi
confideranno al numero di tali Sacerdoteffe , le quali sù’l principio furono
quattro , c dappoi fei, c che col tempo fi aumentarono fino al numero di vinti , c
che tutte non erano dertinate ad un folo minirtero, parmi di poter verifimilmen-
te ftimare , che in qualche parte ancora tra di loro variaffero nel modo di ve larfi,
c di vertirfi , per dinotare forfè in tal modo la diverfità de gli ulfizii , a’ quali era¬
no dertinate ;imperochc,fe quelle Vertali, le quali di nuovo erano ammeffein
tal ordine , prima di diecianni di noviziato non potevano efercitarc il minirtero
di facrificare, e che le provette erano quelle, chefervivano di macrtre all’ altre
nell’ inf gnar loro i riti , e le cerimonie di una così fuperrtiziofa religione, e che
fopra il tutto ve n’ era una, che gode va il titolo di Malfima ,bifogna dire ancora,
che tali Vertali foflero dirtribuite in determinati ordini, e che per particolari
modi veniffe l’una dirtinta dall’altre.* favorendo ciò al nortro Simolacro, in
ogni cafo ,che nel velo , e nell’abito non forte a prima virta in tutto riconofeiu-
to uniforme a’cortumati dalle Vertali , delle quali ora fe ne fa menzione , e che
ritrovo, che giurta 1 ufanza di qualfi voglia Sacerdote antico cortumavano d’ an¬
dar vertite di lunghe vcrti , e velate , e quilchcvolta ancora avete le tempiaco¬
ronate di bende con querta differenza però , che le Vertali ufavano le vcftì bian¬
che, non fervendoli del color roffo, che a’ lembi delle vedi : ficome qualche
voltaancoraufarono di legare con bende le intrecciate chiome, le quali pen¬
denti dal capo , fopra del dorfo cadevano .
5 Di quanta rtima poi foffero tali Sacerdoteffe appreffo la Gentilità fi cono-
fee da’ molti privilegii, che loro furono conceduti , tra’ quali è ragguardevole
quello , che aveffero autorità di liberare dalla morte que’ condennati , ne’ quali
effe a cafo fi foffero incontrate : ficome è noto in quanta venerazione foffero ap¬
preffo il Popolo Romano, mentre per le loro preghiere fi videro più volte acque¬
tate quelle (edizioni , che turbavano laquiete civile, edi tutto il Popolo Roma¬
no, il quale fovente per lo rifpetto, che portava alle medefime, permife ,cho
trionfaf-
L r X n o f^ I N T 0. . CAP. >07
irionfaflfcro quelli, a’ qaa#per publico decreto era vietato, mentre a riferire di
Lipiìo, eFi inter exempla Claudio. yeFialis, qua fratrem in\ujfu populi triunt-
p h antem i afcenfo (ìmul curru , ufque in Capitolium profecuta ejl ^ ne vetare ^
aut interdicere cuiquam T rib unorum fas efet . -
6 Ma/equefte furono rifpettate, e riverite, e goderono Angolari onori , c
ragguardevoli indulti, altrettanto, e fe veramente ancora furono caligate , fe
mancanti dal loro uilìzio erano ritrovate; imperochc il gran Pontefice, al qualeà
iìcome fi apparteneva la cura di pigliarle dal Popolo, e d’ approvar quellei
eh efso giudicava migliori, c conformi alle Leggi del Veltale Sacerdotio (clsenJ
dogià pafsato da Muma a’ Regi, e da quelli, dopo il loro Impero, all’ accen¬
nato Pontefice la collumanza d’eleggere tali fanciulle ) così dal medelìmo di¬
pendeva l’ autorità di calligarle feveramente, nonfolo ogni volta, cheavelTe
ritrovato (pento quel fuoco, che da quelle accefo doveva effere continuatamen¬
te mantenuto , ma ancora di fentenziarié ad effere fepellite vi ve , quando avel¬
lerò deviato da quell’ obbligo di mantenerli vergini fino a quel tempo, al quale
s’ erano affoggettite, che appunto era di trent’anni di ordine Vertale, dopo il
quale fi potevano maritare, quantunque ( per quello che vanamente offervaffero
i Gentili) tutte quelle, eh’ effercitarono quella vita, e fi maritarono, follerò
sfortunate, e loro accadeffero infelici avvenimenti. Io qui non mi eftenderò
nei deferivere il modo , che cortumarono gii antichi nel condurre ali’ accennato
lupplicio le colpevoli Vertali , perche a baftanza ne anno ragionato eruditi
Scrittori: nè meno raccorderò la mertizia, e illutto,chene prendevano tanto
gii amici, c (parenti della rea Vertale, quanto tutta la Città, imperoche barte-
rammi il riferire ciò che dille il mentovato autore : neque ullam in ea diem tri^
Jliorem . Obvios autem via decedere , vado ubique fìlentio , attonitofque omnes
Mare i aut comitari: Nè tampoco farò menzione del grande rifpetto, che por¬
tavano gli antichi alla religione , & a così da loro riverite Sacerdoteffe , imper-
cioche non ad altri,che al folo Pontefice era lecito il conofeere le caule delle me-
defime,& il cartigare le impudiche; alle quali pure, levate le bende, e gli abiti
rcligiofi , al medefimo fine fi dava l’ ultimo (upplicio con fepellirle vive, come
bene efpreffc Plutarco : quia Romani corpus maximis confecratum caremoniis
occidere y aut manus mulieri adferre jnefas putaverunt , Sub terram icitur con-
dif cum viBu appofito , ut quajt fponte exanimata videretur , Ma volentieri mi
pregierò di far gloriola memoria dell’ImperadoreTcodofio il leniore, che nel
decimo (ettimo anno del luo Impero , chiufi i Tempii alla Dea Verta , e proibi¬
te le Vertali Sacetdoteffe,ertinfe quel IuperrtizioIofuoco,che vanamentefiper-
fuadettero di perpetuare i pazzi Idolatri .
Imagine d' altra Sacer dotejfa ^
Cap, XXXI,
1X7* N’ altro Simolacro di bronzo mi fi rapprefenta d’ una Sagrificantc , bel-
V io di patina , di buori difegno , e di affai rara antichità . Querto , come
lo dimortra l’intaglio, dal capo fino a’piedi è tutto velato da un manto , che gli
ferve di fopramanto all’abito, del quale è vertito, e cinto, rertando il deliro
braccio fuori dal fopramanto, e colla mano tenendo una patera, pare, che Aia
in atto di fpargere odori, ò d’infondere qualche liquore, ò vino fopra le vitti¬
me , ò ne gli accefi fochi (opra gli altari, come l’antichità coftumava di tributare
a’fallìNumine’fuoifuperlliziofifacrificii: intorno a’ quali veramente chìvo-
Ielle ininuumentedifcorrece, lì recederebbe dal prelcritto inrticutodi volerò
V V a lola-
f'tfiaìihus .
5og M r S E 0 t 0 S E l À U 0
folaoiente toccare alla sfuggita quelle cofe, delle quali
altri bene, e diffufamente anno ragionato, c ciò confor¬
me richiedono le cofe , che nel prefente Mufeo fi confer¬
vano; impcroche troppo lungo farci, fe con r occafionc
ditaliintagini di Sacetdoti volefit entrare a defcriverc
tutti quei modi, che pratticavano i Gentili nelvelarfiil
capo, nel coronarli le terapia ,e nel coprirli il corpo con
differenti ,c maeftoli manti , ulando in tali riti di variare
conforme la diverfa natura de gli Dii, a’ quali facrifica-
vano. Oltreche chi non sà, che a quegli Dii, che furo¬
no ftimati Celefti , li fabricavano lontuofi Tempii , li ac¬
cendevano lumi, c s’-offerivano in faerifìcio vittime in
luoghi fublimi, & in eminenti Altari? E' noto, che gli
antichi nella ftruttura delle fabriche de’ Tempii lì fervi-
vano per quelli Dii dell’ ordine Corintio , per quelli del
Ionico, e per altri del Dorico : che a Dii Cclelti la matti¬
na in faccia al Sol levante, c che a gl’ Infernali la lera ver-
fo il tramontar dello Hello , lacrifìcavano ; coronandofi i
Sacerdoti , i vali facri, gli Altari ,i minillri , e le fcielte , e
perfette vittime, di quell’ erbe, ò di quegli arbori, che
ftimaronlì ò confecrati,ò conformi alla natura di que’Nu-
mi , a’ quali fi facevano ifacrificii: che i Sacerdoti fi fervivano delle velli rolTe
per gli Dii Cclelli, e per gl’ Infernali delle nere : che fi offerivano inlacrilìcio
ad alcuni Dii gii animali mafehi , ad alcuni le femine , & ad altri le Aerili ; e che
tanto i Sacerdoti , quanto le Sacerdoteffe do vevano effere pure, e calle , ò alme¬
no edere precedentemente Hate lontane da gli amori lafcivi per novegiorni,
primadi accollarfia gli Altari: rammemorandomi, che i Sacerdoti di Cibelé
perciò fi tagliavano con certe, e determinate pietre le parti genitali , e che in_
Atene gl’illelfial medelìmo fine bevevano il fucco della cicuta, e che le femine
fi fervivano di foglie di viti per dormirvi fopra di notte tempo per confervarfi
immuni da gii Himoli impudichi, b* confiderabile ancora, che alcuno non ar¬
diva di accollarfia gli altari, prima di -efferfi ben purgato da ogni lordura, co»
flumando perciò particolari lavamene j , & acque di fiumi determinati, e di fon¬
ti tanto per lavarli le mani «quanto ogni altra parte del corpo : e che varii erano
i legni, che fi accendevano sugli Altari, e quelli conforme la diverfità degli
Dii, a’ quali lacrifìcavano, • effendovj parimente dellinati legnajuoli per tale
ufizio . Quali poi foffero le Leggi , che lì prelcriffcro gli antichi ne gli accenna¬
ti , Scaltri innumerabili modidi lucrificare, e quante le fuperllizioleoffervazio-
ni intorno alle bellie , che i minillri , & i dellinati vittimar jj con lulcnne pompit
conducevano a gli Altari, accompagnati da fonatori di varii llromenti, e da
dellinateperfone, che cantavano inni, c canzoni in lode delle Deità , alle quali
intendevano porgere i lupplichevoli olocaulli , ogni uno da fe medelìmo Io può
confiderare , mentre tanta fù la luperlliziola offer vazione della Gentilità , che
non folo dalla diligente inlpezione delle vilcere de gli animali lacrificati , c dal
modo di andare quelli , e di foggettarfi a’ vittimarii neU’ellere percoffe co’ ma¬
gli, òfeannate colle fecefpite da’mcdefimi minillri d’ordine del facrificante,
ne cavavano indizii di felici, ò disfortunati avvenimenti per qualfi voglia pri¬
vato ,e publico affare ; ma ancora dal dormire fopra le pelli de gli animalifacri-
ficati, elcorticati ,da’ foli fumi de gl’ incenfi,ò delle peci, ò delle legna accefe,
Cdcllìaate per li lacrificii, dalle fiamme rifplendenti, ò CAligiaole, ò acciden¬
talmente
L l R 0 evinto. CAP. XXXI 509
talmente agitate da’ venti, e da mille altre vanità prclero motivo di accrcditaro
i loro fognali prefagi gli Arufpici Romani , che furono figlinoli di Principi >c di
Senatori, i qu-ih s’erano portati nella Tofcana ad imparare un tal modo d’an¬
tivedere le cofe dipendenti dalla incertezza del futuro, aline d’animare colle Io* i .
ro bugiarde aiTerzioqi, quando tornava loro conto, i Popoli alla guerra, odi
fncrvarc i medsfimi col timore de gli Dii adirati, quando faceva loro di bifogno.
a Ma ritornando alla delineata imagine , che dalla gracilità delle membra, c
dal bel ferabiantc della faccia , c dalle mammelle, che elevando la vette nel pet-^
to , la quale cuopre le medefime , danno fegno , che fia di femina , mi fà credere,
che , oltre le Matrone Veftali, altre donne ancora, col rincontro di molti marmi,
c Medaglie antiche, erano ammefse ai Sacerdotio . Anzi il riflettere , che quetta
imagine colla mano dettra tenendo una patera inclinata ttà in atto d* infondere
liquore, ò polveri odorifere, mi conferma maggiormente nel concepito pcn-
fiero, che fia una Sacrificante , imperoche è vero, che fervivano a gli Altari
molti miniftri, e che ve n’ erano alcuni, i quali, quando levittimefi (cannava¬
no, con vali, epatereraccoglievanoilfangue, che fgorgava, non hàpcròdel
probabile , che la nottra imagine polla ttimarfi del numero di tali ufliziali , men¬
tre la patera inclinata, c con modo di non poter confervare fluido umore, non
può darmene (incero rincontro. Oltreché hà dei verifimile, che i mentovati
miniftri fi coronaffero d’erbe, e di frondi d’arbori, e fi veftiflero d’abiti aflai
di verfi da quei , che cottumavano i Sacerdoti, i quali erano maettofi, e talmente
grandi, che non lolo fervivano loro a coprire tutto il corpo, & ancora il capo,
quando non l’avelTero da bende circondato, ma parimente per iftrafcinare per
terra da ogni parte , a fine di rendere maggiormente maeftofa la dignità Sacer¬
dotale , olter vando , che i victimarii fi vefti vano delle pelli degli animali già fa-
crificati ,e che gli altri miniftri non avevano abiti ,c toghe uniformi , e così ma¬
gnifiche , c lunghe , come i Sacerdoti .
3 Suppofto dunque, che nella prefenre imagine fi ravvili qualche Sacerdo-
tefla , mi (ovvicne , che gli antichi conducevano con ogni maggiore folennità a
gli Altari Icbeftie ornate di varii abbellimenti, e fe erano bovi, maffimamente
con le corna dorate, come accennò Virgilio,
Et Jiatuam ante aras aurata fronte juvencunt. , ,
e {efolTeroftatebeltie minute colle coroqe di fiori, ò di rami delle foglie dell’
albero dedicato a colui ,al quale fi offerivi! la vittima; ò pure confafeie, òcon
bende di lana le circondavano il capo; & oflervate diligentemente tutte le ne-
celTarie circoftanze intorno alla beftia deftinata al facrificio , il Sacerdote vi get;
lava tra le corna la mola , e vi verfa va del vino , come l’ iftelTo Poeta cantò ,
• frontique invergit vina Sacerdos:
a propofito appunto del noftro Simolacro ; che può ftimarfi in atto di ciò fare :
coftumando il lacrsficante, prima di fpargere il vino sù la tetta della vittima, per J/.243.
dinotare , ch’ella era crefeiuta in dignità , di alTaggiarlo col fimpolo, vaCo picco¬
lo , altrove in quello Libro delcritto .
4 Io però qui non voglio negare,che il prefente Simolacro non polla ancora
rapprefentare una Sscrificantein atto di vcrfarc il vino sù l’ Altare all* ora quan¬
do li (limava fornito il facrificio; imperoche accefi i fuochi su gli Altari, riguar¬
date le vittime , e quelle fvifeerate , c ricevuti gl’ inteftini nc’difchi , ò bacini da*
miniftri a ciò deftinati, e prefentati i pezzi migliori della vittima feortieata, c
divifaalfacrificatore, quelli ne faceva abbruciare sul’ Altare, quantunque bene
jfpcllo ne gli ordinarii facrificii la maggior parte della carne reftaffe a’ Sacerdoti ,
ia quale con gli amici,e parenti dopo il facrificio con folennità mangiavano con-
yV 3 ’ ' ^
V.i')}.
De Idelol.
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Itb.6, c.S.
510 M y S E 0 C 0 s P l A N 0
vivendo allegramente , a differenza de’ facrifìcii grandi, da’ Greci detti
tMT*., ne’quali la vittima tutta fi gettava dentioal fuoco.come accennò il Poeta:
Et folida. imponit taurorum njifcera fiammis »
coflumando di verlare gl’ incenfi , & altri odori (opra gli altari, e (opra le vitti*
n5e,che fi abbruciavano sì per moftrare di maggiormente venerare gii Dii, come
per ammorzare il cattivo odore delle carni abbruciatr.verfandovi ancora,3 pro-
pofito forfè delia Imagine , della quale fi ragiona , come dilli del vino , nel qual
tempo fi ftimava fornito il facrificio .
5 Nè llimoinnopportuno in quefto luogo l’accennare, che gli antichi trà
gl’innumerabili loro falfi Numi ebbero in grande venerazione unaDeitàno-
minata Bona Dea , che pure ebbe il nome di , òdi Tatua, non già, per¬
che foCfe pazza , ma bensì per gli augurii, che fi prendevano dalla medefima:
Nam Fatuam vocarunt , non quad (iolidam putarent : fed ut vaticinatricem a
fatta , feu pradictione futurorum ; uti ér vatibus inde nomen , difleil Voilìo;
foggiug nendo lo ftclfo autore , che 1 Tempii furono detti ancora Tana, quid
fierent etiam aufpicii ergo; coftumando a quefta Dea le fole donne di facrifica-
re,e di celebrare inonorc della medefima quella feda , che i Gentili nominaro¬
no Damium, dalla parola Dorica idtun, ideU publicum, non già, perche fof-
fe lecito ad ogni uno il folcnnizarla , per eifer pubblica , ritrovando , ch’effa era
vietata a gli uomini ; ma bensì, perche fi faceva per Io pubblico bene , e per la fa-
lutc del Popolo , come il mentovato autore contra il parere di Fello accennò ,
così dicendo: Credebat ille publicum dici , qttafi minimè publicum: eo quod
viro nulli liceret ei interejfe. Nos abunde omnem antiphrafim expofuimus ora^
, tortarum infiitut. lib, 4, cap, j 3. §. 10. Veraque nominis ratio eìl , quod pro
populo fieret , Parendomi di poter io qui verilimilmcnte congetturare, che Ia
noflra imagine potelfe riferirli ancora ad unadi quelle Matrone, che pudica,
mentecelebravanoco’prefcritti riti le felle, e i facrificii alla mentovata Dea ,
la quale, per quantoraccontano , meritò gli accennati onori, e il nome di buo¬
na , imperoche vivendo fù tanto pudica , che non vide , nè conobbe mai alcun_,
uomo malchio , fuorché il fuo marito , e che non fù uomo al mondo , che avclTe
maifaputoilfuonome, laonde le fole Matrone Romane avevano autorità di
notte tempo, & in luoghi chiufi di facrificarvi, come eruditamente cfprelle
A'elTandioiI Napolitano , così dicendo; ^jii vero Bonam Deam dicunt Fauni
uxorem , illam tam illibata cajlitatis fuifie opinati funt , ut extra Gynaceum un.
quam egrejfa,nec virum viderit unquam, nee à viro confpeTla, nomenque fan¬
do nullibi auditum fit . ^ua quidem facra, quum Ma)0 mcnfe pro falute popu¬
li ferent , quicquid efiet mafculum , domo exigebatur , itaut non modo extr<uj
confpeTtum fummoverentur viri , fed tnafcula quoque piTiura tegerentur ; ,^od
compar Mifia Cereris f aerum obtinere dicunt , in quo quum feptem operentur
dies , tertia à templo exaTlis viris , pulfis etiam canibus maribus , mulieres ce¬
lebrabant . Cumque tn f acris Bona Dea vino libetur , illud non fuo nomine nun¬
cupant , fed lac dicunt effe , vini tamen amphoram in f acris obvolutam appo¬
nunt , quam dixere Mellariam; ad quod (aerum nifi cajlas , quaque a viris ab-
fiinuifient, nullas accedere licebat, templumque Dea , neque virum ingredi, nec^
tntereffe permittitur : cujus limina purpureis vittis velabantur . ^^a non ubi-
que , pafsim , fed in maximi pontificis domo , in receffu intimo , nofile , noru^
autem die fiebant. Et licet noàurna facra prifeo ritu mulieribus interdilla
fuerint, in hoc tamen facro, quum pro populo facerent , mulieres npelu interefie
non vetantur', quod quidem tanta religionis eH habitum, ut illud Vefiales vir¬
gines obirent, & per illas facrum fieret: foggiugnendo tutte Ic particolari ce¬
rimonie ,
LIBRO ^ y / W r 0. CAP, XXXI. 511
iimonie » che fi coftumivano in onore di tai Deità, e deferivcndoi Tempii, ^
tutco ciò , che veniva iuperftiziofamente pratticaco da chi era desinato per far*
crificare alla medelìma : parendomi confiderabrle tra T altre cofe» che fi raccon¬
tano d’ una tal Dea, che gij antichi avellerò opinione, che quegli uoniÌQi,che
avelleroavutoardire d’ciitrare ne’Juoghi, dove fi celebravano i facrificii alla
medelìma, di venilTero cicchi, onde Tibullo:
Sacra Bona maribus non adeunda Dea,
o// mihi fi cred&s ^ illam fequar unus ad arami 'Lii.i.tlegej
T unc mibi non oculis Jìt timuijfe meis .
abbenebe P.Clodio in abito di donna Ipinto da impudico amore verfo Pompeja,
moglie di C. Celare , gran Pontefice , vi folle entrato lenza tal pericolo , avendo
ben ragione dichiamar tal Dea col nome di Buona, perche non era di venuto
cieco. Con tutto ciò Cicerone, parlando del mentovato P. Clodio contro le
Leggi del Sacerdotio, deironeftà , e delle cedmonie dovute alla Dea, della
quale fi ragiona , dille , che vi entrò cieco , intendendo della cecità della mente,
non di quelladel corpo, mentre con tali parole del medefimo efclamò: ^»am
ìHe idcirco Bonam dicit , quod in tanto Cibi /celere ignoverit . Non ignovit , mihi
crede, non. Nifi forte tibi ignotum putas , quod te \udices dimif erunt
^ exhauHnm , fuo \udicio abfolutum , omnium condemnatum : aut quod oculos ,
ut opinio illius religionis eli , non perdidilii . .^uis enim ante te /aera illa vir fionfis .
/ciens viderat, ut qui/quam poenam, qua /equeretur illud /c eius , /cire poj/eti
an tibi luminis obejfit cacitas plus, quam libidinis ?
6 E veramente temerario fu l’ardire del mentovato Clodio, che può dirli
empio più di qualfivoglia altro , c di chi coftituito ancora in grado di lovrano fi
conobbe di non loggiacere alle Leggi umane; come di Nerone fi legge , che non
ardì di profanare il Tempio di Cerere Eleufinacoll’entrarvi dentro a difturbare
quelle Matrone , che dedicate alla.verginità , e maneggiando le cofe facrc della_. ab Alex M.
predetta Dea, alla medelìma riverenti facrificavano; Rito da Romani in qualfi- c‘t. ltb.6.
voglia tempo, econgiuntura con tanto riguardo ofservato, che difpenlavano
anche da i pubblici Lutti le Matrone nobili , accioche potefsero adempir l’ uffi¬
cio di Sacrificanti, conforme narra Valerio Maffimo, che il Senato Roroafiò do¬
po la rotta avuta da* Cartaginefi a Canne, pratticò con le Matrone nobili, ordì- Lib.i. e.u
nando che in capo di trenta giorni deponelTcro gli abiti Lugubri, e lafciaffcroi
cordogli, accioche , lenza legno alcuno di meftizia , potelTero , fecondo il coRur
me , allegramente fare a Cerere i debiti facrifizii ; perche fendo la maggior parte
del Romano Efercito rimafto morto in quel luogo infeliciflìmo , non era cala in
Roma , a cui non toccale il dover piangere alcuno de’ luci . Per lo che le madri,
le figliuole , le mogli ,e le lorelle de’ morti , furono coftrette a por fine alle lagri¬
me , e Ipogliarfi gli abiti negri , e vedovili , e riveftendofi di bianchiflìrai panni ,
fpargere gli odoriferi incenfi fopra l’altare di ella Cerere.
7 Scrive 11 Volilo, che a Diana, perch’era ftimata Vergine, facrificavano le
fanciullinenonmmoridi cinque, nè maggiori didieci anni* .^ia autem Dia. jj^gigiat,
na virgo-, eò, virguncula non minores quinquennibus , nec ma]ores decenni- i$b.2. e, 15.
bus , crocotula induta, /aera faciebant Diana Brauronia , vel Munichia . E Na- ju t. , ■
tal Conti, raccontandole cerimonie , e il modo, che fi coltumava ne’ facrificii t,b[i,taf.i^,
facti da gli antichi in onore di Diana Lafria, così detta, come Rimano alcuni, k
Laphrio Phocenjì, qui eam Calydoniis erexerat, conferma , che le vergini efer-
citavano l’ufizto di Sacrificanti alla mentovata Deità; Ber eam pompam virgo
nubilis, qua foret omnium pulcherrima , ér fapientiffìma judicata, Sacerdotio in
his
Liki i\ e
. Jit M y S E 0 c 0 S P l A N 0
fjis f acris perfungebatur f qua fequebatur pompam poHrema omnium y bigis jun*
Ila, cervis pro equis currum trahentibus', fegnomanifefto, chele donne (favo"
rendo Ic cole narrate al noftro calo) maneggiavano le cole facre, & erano fa"
crifìcanti, e che ràchiedendofi in loro la virginità, e quelle doti , che dipenden*
do dalla purità dell’ animo , e dalla perfezione del corpo , rendono ragguarde¬
voli i mortali , c bifognando per una certa apparenza l’ effere mondi da quallì"
voglia lordura del corpo, ftimàrono gli antichi tali prerogative» c virtù pro¬
prie de gli Dii , & clfere loro neceffarie , & a chi defiderava approlfimarfi anche
1 a' profani aitaci; E fono rari gli eferopii» che con tanti nobili, deilluffriauto-
ri rapporta Valerio Madìmo intorno a gli onori, &al rifpetco,che la Gentilità
portava al Sacerdotio, (Stalle cole facre: e della divozione, che aveva alle fai-
fe , & innumerabili Deità : e dell’ inviolabile olTer vanza delle Leggi , de’ riti , e
delle cerimonie, che coflumava con tanta fuperffizione in qualfìvogliafacrifì*
ciò, e cofe appartenenti all’onore de gl* Iddii, che filmarono gl’lmperadori
ifteffi coir inchinarli, e fcrvire alle cofefacrc, dover ottenere l’impero delle.,
umane, all’ora quando avellerò bene, e collantemente fervito alle divine ^
Farmi raro quei calo di Lucio Alvanio , uomo privato, nel tempo , che Roma fù
prefa da’ Franceli , che nell’ elTcrlì egli a cafo incontrato nel Sacerdote del Tem¬
pio di Romulo , che inlìeme colle Vergini Vellali , e con molte cofe facre fuggi¬
vano , fatti feendere dal carro la moglie , & i figliuoli, vi accomodò fopa le Ver¬
gini con tutte le loro cofe facre, c le conduce in falvamento; mollrandofiun
tal uomo all’ ora maggiormente zelante della pubblica religione , quando della
privata affezione de’ figliuoli , e della moglie fi fpogliò . Per lo che quel carro
così vile, & abbietto, avendo fervitoin tale necelfità a portare cofe llimate fan-
tiflime , e divine , fù reputato , che non folo pareggiaffe, ma avanzaffe ancora la
gloria di qualunque altro fplendidilTimo , & ornatiflìmo carro trionfale .
Imagine di Sacrificante co' Vafi da gli odori ^
Cap. XXXIl.
t Ti /f A di tali cofe a baflanza , già che tanti
XVx autori anno lafciati memorabili efem-
pii dali’offervanza della religione . E portando¬
mi a riflettere ad un’altro Simolacro,che in abito
di lunga toga, tiene fopra la medefima un magni¬
fico manto, che coprendogli il capo da ambe le
parti defeende con quella differenza, che dal lato
deliro fi palefa aderente al braccio medefimo
( che rella libero, & ignudo fino al gomito, e che
nella mano tiene una patera inclinata alla limili-
tudine del già deferitto Simolacro) e lo circonda
dalla parte d’ avanti coprendolo tutto, e paffan-
do fopra l’altra parte del medefimo manto (che
alla cintura pare affibbiata) circonda il finiflro
braccio, c la fpalla fudetta, dalla quale, e dal
dorfo cade infino a’piedi, olfervandofì, che nel¬
la mano finiflra foflienc una caffetta , che è di fi¬
gura quadrata, e che dal coperchio elevato mo-
ftrafi aperta, cconfervatrice di cofe, delle quali
è ripiena, vò cpngetturando, che rapprcfentiallafimilitudinc delle deferitte
Imagi-
/
LIBRO I N T 0. CAP.XXXIL 513
Imagini qualche Sacerdote antico, che in tal politura ftando, porga agl’Iddij
lacnficando divoti tributi ,
3 Qutnonparmi dadubbitarliicheil delincato Simolacro non fia in abitp
Sacerdotale, raffigurandomi il mento /aco manto quella velie detta da’ Latini
pr^texta, della quale gli antichi Imperadori, Conloli, Pretori, e coftituiti in
Magiliraci li lervivano , abbenche non fodero Sacerdoti , quando facrificavano ;
avendodel verilitnile, che , coltone i determinati otdini di Sacerdotii , nc’ quali
erano decretate le Leggi, le condizioni, e il numero de’ Sacerdoti, ve ne fode¬
ro non lolode’ pubblici, ma che ancora lode in libertà di quallìvoglìa privato
fpinco da particolare divozione di facrificare a quallivoglia tutelare Deità, e
che perciò , e per maggior decoro , e riverenza , che gli antichi portavano a’ loro
Dii, fodero preferirti i determinaci abiti, de’ quali ogni volta doveanfi fervirc
tutti quelli , che, le bene non erano Sacerdoti, delìdera vano facrificare.
3 Vò parimente confiderando, che quella veli:e,ò mancofa differenza della to¬
ga , della quale fi fervi va ogni uno, e malfimamente la plebe, onde Giovenale ,
- — — . ^ I veniet de plebe togata
^ui juris nodos y é" legum anigmata folvat)
che da’ Latini fù detto fupfibulumi e del quale Fello Pompejo parlando, così
dide: fuffibulum veftimentum album erat oprate xtum^ quadrangulum ^ oblongum^
quod in capite Veli ales virgines factific antes habebant , idque fibula comprehen»
debatur ( potendo aver relazione al manto , che rende ragguardevole il prefen-
te Simolacro )fia ancora per farmi credere, che alla fimilitudine delie Vedali,
ogni altra femina ancora, fuori di tal ordine, fìfoffe fervita di (omiglianti abiti
per facrificare . Sicome hà del verifimilc , che per maggior riverenza de gli Dii,
& a fimilitudine de gli Egizi! , fi tondalTero , ò radelfero i capelli , come parmi di
feorgere nel nollro cafo: e che le donne ( ad una delle quali ravvifo il nodro Si¬
molacro). non fodero così frequenti, come gli uomioi, a facrificare le bedie ;
ma che maggiormente s* adoperalTero a fpargere liquori di vino , ò di latte , ò ad
offerire in facrificio fiori , frutti , Se odori : nel qual cafo dimerei , che la prefen-
te imagine, nella finidra tenendo la cadetta de gli odori (che purè fi modra ap¬
petta ) colla dedra mano modrade di dare in atto di fpargerne fopra gli altari ne
gli accefi fuochi colla patera , ò fia altro ordigno a ciò forfè dedinaco , che incli¬
nato nella fudecta mano , e fodenuto fi oderva .
4 Et al nodro propofito io dimodi non tralafciar di fare nuova rifieffionea
quelle Imagini , le quali , ragionando altrove delle Deità de gli Egizii , ravvifài
ad Ifide , ed Ofiride ; itpperoche hò fempre avuto molto dubbio , fe in paragone
dellaprefente,cdeUégiàaccennateImagini di Sacrificanti, fidovedero vera¬
mente quelle raffigurare alle mentovate Deità , abbenche dall* edere ammantate
potederodimarfirapprefcntativediSacerdotiantichi. Ma il non avere 'volu¬
to recedere dall’ autorevole opinione , che intorno a* medefimi tenne il già dot-
tidimoGio.Battida Capponi famofo Profedoredi queda Vniverfità, e degno
Prefetto del Mufeo Aldrovandi , a cui dà annedo il prefente Cofpiano, cioè che
fodero Ifide , & Ofiride de gli Egizii, mi diede impulfo a dire in fentenza del me-
defimo quanto già congetturalmente da cofe così adrufe feppi ricavare ; impe-
roche, fe qui ne dovelfi ora far menzione, inclinerei forfè a dire «dreffodero Sa¬
cerdoti in atto di farei voti pubblici per l’eternità dell’ Impero, per la fanità de*
Cittadini, e principalmente per la falutede* Principi. O' pure che volederodi-
notaredi attendere le ambigue rifpodeda gli oracoli di quegli Dii , a quali nelle
cofe dubbiofei medefimi facendo ricorfo,pubblicavanodi aver intefe ìnquel
modo, che per loro dima vano più vantaggiofo, eper la pubblica Utilità .
5 Ma
Sat. gJ
$14 M r S EO [ 0 S P l A N 0
5 Ma ritornando a fidare lo (guardo alla qui impreda figura devo avvertire
che più '/ohe hò cercato, come porcifi adìcurarmi in dilcernere, le lalunga to¬
ga , della quale è di lotto vellica ,fode da qualche cintura ne’ fianchi cinta, ò pu*
re le potevafi conolcere ,che fode dilciota , come coftumavano gli antichi nelle
funebri funzioni. Sicomeparmi di non aver tralcurato di cercare, per venire
sù ’l chiaro , le la mcdefima imagine veramente ne’ piedi fode calzata , ò le pure
avede quegli ignudi , a quella guila ,che la Gentilità pratticava in molti lacrificir
alla fimilitudine di quelle Matrone, che fi portavano al Tempio della Dea Velia,
F0/.€. come clprcde Ovidio :
Ulte fede mxtrDnum nudo defeendere vidi .
Maconolcendo, per tutte le diligenti inipezioni, che hò laputo fare , di non
poter veramente affermare nè uno, nè l’altro, hò giudicato il non fermarmi di
vantaggio a farne maggior ridedìone ,
6 Sono dato parimente più volte dubbiofo , le doveva llimare tal Simolacro
d’ un Sacrificatore, ò pure fatto per rapprelentarc qualche lervente minillro di
Sacrificante, già che fi avrebbe potuto ravvifare per uno diquei miniltri, che
adìftendo a gli altari , poteva fervire di portare i vali , ò cadetta , dentro a’ quali
gli antichi conlervavano gli odori, e i profumi: edendo noto, che, ficomc
lervivano a gli altari fonatori di Hauti , di trombe , e di limili ftromenti ; i fan¬
ciulli , e le fanciulle ( camilli detti ) i vittimarii , i legnajoli, i popi , i proclamato¬
ri , i defignarori, i vefpiglioni , & altri miniltri : così hà del vcrilimilc , che vi fof-
fetoancoraquei,cheavedcroavuta cura, ò che lomminiltralTero i vali degli
odori, e degl’ incenfi, come mi fon perluafodi poter dubbitare nel noftro calo.
Ma confiderando , che i mentovati miniltri , a differenza de’ Sacrificanti , anda¬
vano vediti diverfamente da’ Sacerdoti, mi ha fatto credere, che la delincata
imagine fia di Sacrificante, c non altrimente di minidro fervente a’medefimi.
Oltreche il tenere efla quella patera inclinata nella mano dedra, chelporge
avanti , dà gran legno, che dia in atto di f pargere lopra gli accefi fuochi gli odo-
ri,de’ quali pure Icmbra sù la mentovata patera fi polla Icorgere qualche proba¬
bile vedigio:' dimando gli antichi a tal propofito l’incenlo da’ Greci detto
fi /«Mf, divinis of erari , per effere di propofito per le funzioni divine , e
proprio di quegli Dei , che avevano la loro refidenza ne’ Cieli , e eh’ erano cre¬
duti di natura Ipiritofi , imperoche fi perluaderono gli antichi , che colasù giun^
gelseto gli accefi incenfi, e potcllero tali odori recrearc,e rcficiarc quegli Ipiriti ,
che da’ loro furono creduti divini , e perciò in tal modo adorati .
7 Avrei potuto con tale occafione dai e qualche barlume di tutte ieluperdi-
zioni, che codumarono gl’idolatri intorno a gli Altari, edi tutti quei modi
d’adorazioni , che i medefimi ollervarono con tanta divozione di porgere alle
loro falle Deità j ma conolcendo , che ciò larebbe dato un’ apportare le copie
di quelle originarie imagini, che a gli occhi di tutto il Mondo anno laputo el-
porre tanti famofi , Se eruditi autori , hò peniate ben fatto col tacere rimettere il
Lettore a’ medefimi , potendo ogni uno in quelli invedigare più da vicino i veri
fondamenti di cole così lontane , & adrule : non mancando io in quello men¬
tre di porgere vive luppliche a qualnnque erudito, che riconolcendo le delinea-
te Imagini differenti da quelle , eh’ io probabilmente hò congetturato, ficom-'
piaccia d’ indirizzarmi con migliori rifleflioni alla verità, protedandomi, che
alcrivcrò a mia gloria (ingoiare l’ incontrare l’ onore d’ effere erudito anche col
dovere dildirmi di quanto hò laputo fin qui in fentenza de gli altri compcndio-
(amenie addurre .
IM-
5*5
INDICE
Delle Cofe, che s’ ammirano nella Galleria
Dimeflica del Signor Marchefe
FERDINANDO COSPL
IntrodazMns m
MAncherebbe non poco alla propria riptitazione quel Perfonaggio, che
comparendo in pubblico veftitod’abitipompofi col feguito di fuperbe
Li vrce,ave(Te pofeia da vergognar fi d’effer veduto in propria Cafa sfornita d'ar¬
redi corrifpondenti, eXoIo mal proveduta di mafferizie communali . Quindi do-
poaver fatto comparire nel pubblico Palazzo così nobilmente guernito il vir-
tuoio f.uo genio , hà faggiamenteceduto il Sig. Marchefe Cofpi alle inftanzie de’
fuoi amorevoli, rifolvendo di far anco palefe, come ftia in propria Cafa a tal
legno proveduto, di poter eiler’ Qfpite bendegno dell’ altrui ammirazione , il
che chiaramente fuccederà neJfoflervare la feguentedeferizione della fua dime-
lìicaGallcria, nella quale molti Perfonaggi, e Principi grandianno trovato , non
loiochc lodare.macbedefiderare, effendovi alloggiati li Sereniffimi Arciduchi
d’ Auftria Ferdinando Carlo , Sigifmondo fratello ,e Arciducheffa Annacquan¬
do fi portarono a Firenze la prima volta , e tutti li SeienilHmi Principi , e Cardi¬
nali fratelli del Sefenifsimo Gran Duca Ferdinando II. ficome il Serenifsimo
Gran Duca CofimoHI. ben quatro volte hà decoratola di lui Cafa nel fuo paf-
faggio, e ritorno da Viaggi; non rammemorando altri Principi Italiani, e Ol¬
tramontani, che fi fonoprefi rincomododi vederla nella loro dimora in Bolo¬
gna;, appagati fempre, con dilettazione in offervarla della generofa prontezza
del Sig. Marcheie medefimo nelPofierir loro quello piaceva •
? 1 r T
DI Andrei del Sarto . Ritratto di
Ficodella Mirandola .
Deli' Abbate Primaticcio .Ritratto d’un*
Architetto^
Dell' Aretufi , V n Ritratto tefta,e butto.
Di MaeBro Amico . Due quadri bif-
lunghi di Sacrificii antichi , figuro
piccole.
Dell' Albano. Vn"* Europa fopra del
Toro, con quattro amorini, e più fi¬
gure al Lido .
Vna Galatea fui rame fopra d’ un Car¬
ro con molti amorini .
Vna Semele in un’Agata, forma ovata .
Vna Venere con di verfi amorini, che
accendono faci , forma ovata .
V R E.
Due Paefi compagni; in uno una Ve¬
nere a giacere con varii amorini ,
nell’altro, un ballo di fanciulli ,che
ballano al fuono d’ un Satiro .
Di Agodino Mitelli, quale morì in Ifpa-
gnaal fer vitio del Rè Filippo IV.
Vna Profpettiva in tela alta lei, e larga
fette braccia.
Vn Paefe in penna.
Due Profpettive .
Di Angiol Michel Cohnna, che meritò
d’eficrafervircil medefimo Rè Fi¬
lippo IV. di Spagna , c poi Lui¬
gi XIV. di Francia.
Vn’ Imeneo grande, e un fanciullo,
che fervonodi cielo ad un Letto .
Vna
«
51^ G A L L
Vna Volta di una Sala, ove è una Ga¬
latea in Mare , e varie figure , e fan¬
ciulli ; e r ornato di quadratura è di
Hcopo ALborefi ,
"Del Bronzino vecchio . Vn Ritratto del
Gran Duca di folcanaCofimoL
Del Eertufi. Vn Mosè nella culla per
lo Mila , recuperato da Therraut
figlia di Faraone, con varie figu¬
re.
Del Brunetti. Vn'ovato con un’An¬
gelo al naturale.
Di Bartolomeo Gennari, Vna Venere
col pomo in mano , meza figura.
Df Benedetto Gennari , Vn Ritratto del
Duca Alfonlo di Modana ,
DelBrt:^zi, VnaTeftadi Morto, che
fi putrefa, dipinta maravigliofamen-
te sù l’acciaio.
Di Fra Buonaventura Bigi . V na Santa
Maria Maddalena.
Vna Concezione con un’ornamento
attorno di varii fiori al naturale .
DelBertuJì. Vna Manna, con un Va-
Icello dipinto fopra una pietra Ai-
berefe grande .
Del Borgognone . Due Battaglie .
Vn Paele con un Villano, & un’Afino.
Del Frugolo . Due Paefi con figure, e
incendii .
Vna ftrage de gl’ Innocenti.
Di Baltajfar Francefchini , detto il Fol-
terrano .
Demoftene, che mofira Io Specchio
ad uno Scolare, con un’ornamento
tutto intagliato di bella invenzione,
con Arme del Serenilsimo Principe
Card. Gio. Carlo de’ Medici, che lo
donò al Sig. Marchefe Colpi,
Ritratto del Screnils. Gran Duca di
Tofeana Cofimolll. meza figura.^
arn3a;ra,con un fuperbifsimo orna¬
mento intagliato , e dorato , dal me-
defimo donato al Signor Marchefe
medefimo.
Di Crijlefano Allori . Vna Vecchia con
un paro di Capponi,
De' Caracci. Vn Ritratto del Dottor
Roda , meza figura .
DelCavedoni , Quattro Tcftc ai natu-
E R l 4
rale, un S. Antonio , un David , una
Maddalena, & un Vecchio.
Di Dionigio Fiamengo , Vn quadro in
rame da Letto , encrovi la Madonna
con Giesù in braccio, S. Domeni¬
co, e S. Antonio,
Vn Grido Ortolano, che appare alla
Maddalena .
Vn* Annunziata coll* Angelo.
D'Elifabetta Sirani , Vna Galatea con
varii amorini.
Vna Cerere có le fpighe del frumento.
Vna Diana con arco,e dardi alla mano.
V n Ritratto del Sig.Co.Vincenzo Fer¬
dinando Antonio Ranuzzi, quando
era piccolo, vedito d’ Amore, con
arco, e faretra.
Di Filippo Napolitano , Vn Paefc fui
rame.
Due Paefi con figuri-
Di F rance/co Monti detto il Brefciam .
Vna Battaglia \ r u- . u*
Vn Pitie con figure J f»™»>>'slunghi
con ornamenti incagiiati , e dorati ,
donati al Sig. Marchese dalla Sere-
nidìma Madama Marga: Ita Duchef-
fa di Parma-
Del Francia . Vna rapprefertationc al
Tempio in tutto cinque figure.
Di un Fiamengo
ne fui rame.
Del Furino, Due Tede al naturale con
budi .
Di Guido Reni. Giufeppe ,e la Moglie
di Puttifarre, figure maggiori del
naturale .
S. Sebadiano al naturale legato, e faet-
tato .
Santa Cecilia , che fuona la Spincttaj;
meza figura al naturale.
La B. V ergine piangente , più di meza
figura alnaturale .
La 6. Vergine Affunta,meza figura con
le braccia in croce.
Vn Giesù infante, nudo a giacere , con
le mani alzate .
Vna Cleopatra,mcza figura con l’afpi-
de in mano, e una Paniera di fichi
fui tavolino.
Erodiade con la teda di S.Gio.Batti-
fta in un Bacino.
Vna
C ó S P
VnaTefta, Ritrattoci* un Vecchio.
VnaTefta, Santa Maria Maddalena.
S. Girolamo grande al naturale inat-
teazionc ad un’ Angiolo^ che (uona
la Tromba .
Vna Teft^ , c bullo * S. Pietro .
Venere, e Adone, figure al naturale
con un’ Amore .
Vna Telia di una donna , e bullo .
Vna Telia di un’ Elcna,
Due Ovati , in uno S. Vitale inchiodai
to, nell’ altro Sant’ Anna.
Due Ovati limili, in uno la Telia di
Grillo, nell’altro la Maddalena.
DiGio.Vrancefco Barbieri , Vna Sibil¬
la, più di meza figura con un Libro
in mano.
Vn Marte armato in atto di colpire.
2)(?/(7fj^.Vn Quadro cóGiesù in brac¬
cio alia B.V. S.Ceciiia,e S.Dorotea.
y n’ altro pure con Gìesù , e la Madon¬
na, S. Vincenzo, eS. Collanza.
Di GìuJloStitterma» , Otto Ritratti de*
SerenilTimi Principi di Tofeana con
ornamenti incagliati , e dorati , dall’
Altezze donati ai Sig.March. fono il
Gran Duca Ferdinando II. GraDu-
chelTa Vittorla,Card.Carlo Decano,
Card. Gio. Carlo , Card. Leopoldo,
& uno di quello avanci fulfe Cardin.
Principe Mactias , e Madama Mar¬
gherita Ducheflfadi Parma; tutti in
una Camera co un*lmprcfa,cioè una
Falla azzurra con tré gigli d’ oro in¬
coronata, e retta da due Aquile,ma-
no del Colonna, con un dillico lotto
Mediceos vultus , finxit munus inditu Tufii,
Mtdiceos animos , Kegia dona notant .
Di Gio. lac orno Sementi . Agrippina...
fatta uccidere da Nerone con due
Soldati, più di meze figure .
Vna Circe, meza figura con una Tazza
in mano, vellica all’ antica .
Vna S.Maria Maddalena,cella,e bullo.
Vna Donna meza Scheletro, e meza
viva in piedi al naturale , con un’
Orinolo a polvere .
Vna Santa Giullina in un’Ovato.
DiGio. Andrea Sir ani, Vna Panfilia,
che pettina Bombage.
ì A\ n à. 517
Vn’OvatOjDónna con una paniera eii-
trovi due Colombine .
Vn’ Ovato, Teda di Donna vellica da
Turca .
Di Giovanni Pieci^detto il Domenichino.
Vna Santa Cecilia , che fuona il V tolo-
ne,più di meza figura al naturale,
con un’Angiolo , che gli tiene là
parte .
Di Gio, Bellini, Vna Telia recifa di
S.Gio. Battillafopra di un Bacino.'
piGiufepped* Arfino , Vu Lot con le
figliuole, che bevono.
Di Guglielmo Vandrek . Due Quadri dì
fruttile varii Nautilli.
Di Gio. p-alefio . Vn Ritratto al naturale
di un Turco a chiaro , e feuro .
Di Iacopo Callotti , Varie figure in due
Quadri di pietra Alberefe .
Di Iacopo da Pontorno , Vn Ritratto, Te¬
lia, e bullo di un giovane.
Tf Inmcentio da Imola . Vna Madonna
in legno con varie figure .
Altro Quadro del medefimo, ouero del
FraciayCoWz B.V. in ginochio,Giesù
tenuto da un’ Angelo a federe fopra
un facco, S.Giuleppe,& altre figure.
Di Lucio Majfari . Vna Santa Giuliana
Banzi colla Madonna , e Giesù .
Di Lionello Spada, Vn David con la
Telia del Gigante , e fionda .
Vna Teda recifa di S.Gio. Battida po-
fata dal Manigoldo fopra di un Baci¬
no retto dalla mano di una femina .
Di Lavinia Fontana . Vn Ritratto di
una Donna, teda, e budo.
Altro Ritratto limile, teda , e budo «
Di Lorenzo Loli , Ritratto di bellilfima
Dama Fiorentina.
Di Lorenzo Pajinelli, Vna Sibilla in
atto di fcriverc.
Del Malteje di Roma , Due Qiiadri en-
trovi Tappeti, Frutti, e Vali.
Di Mario da iFipri. Due Specchi en-
trovi molti fiori al naturale.
Di Mon/ft Montagna , Vn Quadro con
una fortuna di Mare.
Di Matteo Loves . Vna S. Maria Madda¬
lena col Crocifiilo, eunTefehiodi
Morte,
Del
Xx
O A L
Ve:l , Ritratto di un Moro gran-i
de al naturale.
Ritratto d’ un Nano* .
Martirio de’ SS, V itale , & Agricola
Vn’Eliajche fu’l Carro afcede al Cielo,
Di Pufbes Fiamingo . Vna Cleopatra c6
una Serpe in mano,^ uno Specchio.
Di Paolo Ver onefe , Vn Ritratto di una
Veneziana.
Del Parmigiano . Vna R. V, con Gicsù»
S. Ciò, Battifta» Si Ciiufeppe, e San¬
ta Maria MaddaleR3,con bel Paefe.
Del Salucci 4i Vira Profpcctiva
ràpprefentante antichità di Roma ,
Di Salvator Rofa, Vd Pacle rapprcfen-
cante parte Selva ,\ui;]i Molino rovi-'
nato, e varie ligure . •
Altro Facfe parte Marina, e quantità di
barche con figure , ansjbidue li Qua-
, dri con ornamenti intagliati, e dora¬
ti .donatili dal Sereuils., Sig. Princi¬
pe Card. Leopoldo di Tolcana.
Di Simone da Pef aro , Vna Cleopatra ,
che pone la Perla nella Tazza .
Di Santi di Tito . Ritratto d’ una Dama
Fiorentina con bufto.
Ritratto di una Vedova ,
Due Ritratti del medcfimo di un’ uo¬
mo, edi unadonna,
pi Scipio» Gaetano , Vn Ritratto, Telia,
e bufto .
Di Tibur":(go Pajferotti, Vna Venere a
giacere grande al naturale con un*
amore ,
E K t 4
Due Ritratti, meze figure^
Vn Ritratto di Giulia Saraceni più di
meza figura con una copia della,.
Madonna di S. Luca ,
DiTiberio T iti.Vn Ritratto più di meza
figura della Signora Coftanza Me¬
dici , Madre del Sig. March. Colpi .
Vn Ritratto della Signora Catarina
Medici, Ziadelmcdefimo,
DelTempeJla^ Vna Battaglia fu’i rame.
Di Tiziano . Vn Ritratto di Cofimo
Primo Gran DucadiTolcana,.
Di VV Vaeljl Olandefe ^ Varii Volatili
uccifi, ed Archibugio con altri ar-
nefi da Cacciatore, con bella Ccr-
Qice intagliata, donatoli dai Sere-
nifllìmo Signor Principe Card, Gio,
Carlode’Medici ,
VnQuadrorapprelentanre la Camera
dell’ Audienza del Serenils, Gran
Duca, ove fi vede Ferdinando IL
'quando fila funzione d’infeudare
il Sig.Marchele del Marchelato di
Petriolo ,
Altro Quadro di fimil grandezza , ove
fi vede il Caftcllo di Petrioio del
luo Marchelato.
Quattro Ritratti interi al naturale,
Il Gran Duca Ferdinando IL in abito
Granducale .
Quello della Gran DuchelTa Vittoria ,
Il Card. Carlo Decano .
Il Card, Gio. Carlo, quando era Seco¬
lare.
Ci fono anco una infinità di Ritratti della Cafa in quadretti piccoli.come Pae-
fi,c Ritrattini.e limili, che fi tralafcia notargli , per non far Volume maggiore .
Li fopradetti Quadri fono tutti in ornamenti intagliati da diverfi diligenti
Maeftri, e dorati,
MINIATVRF.
Piatti, c Tazze di varie grandezze
al numero di aS.per lopiùdipin-
re da Rafaello d' Vrbino ,
Di Luca à' Olanda . Vn CrocifilTo con
tre figure, quadro da Letto.
Del Sig, Cavalier Silvio Alti , Vn Qua¬
dro di ftucchi,finge pietre intarliate,
copia di uno di Salvator Rofa .
Del Sig.Co. Anibaie Rannidi . Il luo pro¬
prio Ritratto latto da giovanetto.
Vn Paefinodel raedefimo.
Del Ligozzi, Vn Carro Trionfale, che
figura un Pavone con varie figurine
attorno.
Due Miniature incarta pecora,varii Eoi
ri,&uccelli,in uno un’ Andromeda,
nell’ altro un’ Arianna , benifs. fatte.
pi Mqnfu Giovani Van Ac he lo m Olndefe,
Vn Ritratto del Serenifs. Gran Duca
Ferdinando Secondo fomigliantilfi-
mo.
c 0 s P
mo, ma di carta tagliata con le cifoje
mirabilmente fitto.
VnazuflFadiCani,& un Paefino, fatti
purdi carta.
T>t Stefano delU Bella , Vna battaglia in
penna sòia carta pecora,
il Palazzo , ove abita il Serenifs. Gran
DucadiTofcana con varie figure,
Vn Paefe in penna con figurine .
Altri difcgni in penna al npm.di 1 5 o.di
varie mani, cioè del Sig. Mar eh. T orna,
fa Guido ni^di Giulio Romano ^di Pietro
da Cortona , di Ciro» del Cantagallina»
l A N A. 51P
del MalafeT^a , dì Valerio Spada ,
Di Baccio del Bidco coloriti,
figure in abito da comparfa per Gio-
lire, e Comedie, tutti in foglio reale.
Ci fono poi molti difegni di Lapis , e
d’acquerelle,^/ Guidoydel Guerci-
HO »d' Andrea del Sarto , de' Caracci ,
di Michelagnolo , di Paolo Veronefe ,
di Lelto da Novellar aférc. che troppa
lunghezza porterebbe defcrivergli.
Due Pappagalli maggiori del naturale
ricamati, ma per la diligenza, con
cui fon fatti , vengono confide : ati .
Tutti lifopradetei difegni fono pure in cornici parte incagliate, e tutte dorate."
SCVLTVRE » E PIETRE COMMESSE
DI Michelagnolo Buonarroti . Vn_.
baffo Rilievo di marmo di Car¬
rara rapprefentance ludit, colla Te-
fta d’ Oloferne .
Due braccia di marmo, delle quattro
da lui fatte, per adattare le due mi¬
gliori alla Statua di Venere , che di¬
cono fatta da Prafitele , e che in Bo¬
logna fù poi comprata dal Serenifs.
Signor Principe Card. Leopoldo di
Tofeana .
Di Alfonfo da Verrar a . Vna Sibilla ,
baffo rilievo.
Dell' Agnefini . Vn* Amorino alato di
marmo bianco con arco , e dardi,
giacente.
SeiTefte antiche venute di Roma con
bulli pur di marmo al naturale . LE¬
PIDO. M. IVN. BR VTO , ANT.
DIADOM. FAVSTINA TRAIA-
NO, M. PORT. CAT.
Vna Teda d’ Aridotile fenza bullo, ma
grande di marmo.
Vna Teda d’ un’ Agrippina conbudo
di marmo.
Vna Teda, baffo rilievo d’ un Poeta an¬
tico, di marmo.
Vna Teda fenza budo, effigie diCice-
i;one,di marmo.
BRONZI
VN fanciullo nudo fopra di un pie-
dedallo d’ebano, e dorati con
pietre.
Vn’ Amorino , che dorme sù la pelle
del Leone , di marmo .
Vn Torfodi marmo Greco bellilfimo.
Guido fe ne valeva, per difegnare,
grande al naturale .
Vna depofizione di Grido dalla Cro*
ce , di mezo rilievo di marmo .
Vna Venere antica con un’Amorino,
di marmo.
Vn Satiro della medefima grandazza,
di marmo.
V n Confole antico , di marmo .
Altra Teda antica , di marmo .
Vna donna appoggiata ad una Colon¬
na, figura antica di marmo.
Due Vali antichi intagliati congrot-
tefehe, di marmo.
Sette Tede di mediocre grandezza,pur
di marmo con budo, cioè una Cleo¬
patra, un fanciullo, lulia Mefa, Por-
zia Domizia, Adriano Augudo, e
Caracalla.
Vn S. Francefeo mezo rilievo , con or¬
namento d’ Ebano donato al Signor
Marchefedai Serenifsimo Principe
Mattias di Tofeana .
Due gambe (una fola col piede)di Co-
loffo di marmo , grandi quattro vol¬
te più del naturale .
DI RILIEVO,
Altro fanciullo a cavallo d’una Chioc¬
ciola, fopra di un piededallo d’eba-
Xx ^ no.
520 G A L Zi
no , c pietre, ambi donatili dai Sere‘9
nifs.Pnnc.Card. Leopoldo IVledici .
Vn’Ercole con un Cignale sù la fpalla,
con piedellallo d’ ebano , c pietre .
Vn Satiro (opra un piedeltallo dorato ,
Vn Gladiatore /opra diunpiedeltallo
nero .
URIA
Quattro Cavalli pur di bronzo, tré an¬
tichi , e un moderno, con piedeftalli
d’ebano, e pietre.
Ci fono altre figure picciole sì di Mar¬
mo, conae di Bronzo , e Terra cotta,
che, per non far maggior Volume,
non fidefcrivono.
ALTRE COSE DEQNE DA OSSERVARSI,
DVe Scrigni di pietre varie di quel¬
le della Galleria del Serenilsimo
Gran Duca di Tofeana lavorati,
d ’ Ebano , ficome fono li feguenti ,
Altro Scrigno fimile con la facciata di
commeifi , pietre dure , e tenere , in^
mezo un Paele con luoipilallri^ e
bali.
Altro Scrigno , con la facciata di com¬
meifi fiori, & uccelli, pietre dure,
la portella rapprefenta un Vaio di
fiori , con fuoi pilaftri , &c.
Vno Scrigno maggiore delli tré fopra
d’ un piede pur d’ebano con lavori
di Tartaruga , e fornito di figure-,
d’argento, & altro ,
Vno Scrigno, anco più grande dc’fo*
pradetcì a guifa d’ Armario, nel qua^
le vi fono incallrate quantità di pie¬
tre dure,e tenere, e alcune gioje.con
fei colonne pur di pietre, adornato
ne’ vani, e pofamenti di Statuette
d’argento, e altre cofe curiofe , ve¬
dendoli anco dalle cadette , che in
faccia annocrifialli,le Galanterie,
che rinchiude: fopra detto Scrigno
vi è un Tabernacolo, entrovi un_.
Crocifido grande con figure^ lavoro
d’ ambra gialla, e bianca , portato di
Polonia al Sig.Marchcfe da Monlig,
Ranuzzi.
Vno Scrigno in piedi, che s’apre in
quattro parti con quantità di com¬
parti, ove fono di tutti li remedii ,
quintelTenze, e odori della Fonde¬
ria del Sercnifs. Gran Duca di Tof¬
eana , confervandoli il Sig. March,
non tanto per fcrvizio , c bilogno di
Cafa propria,quanto per compartir¬
ne all’occafioni ad amici,e Padroni,
che gliene richiedano a bifogni.
Vn Cofano, ò Studiolo dicriftallo, &
Ebano , pienodi Medaglie d’Oro, e
d’argento di belli conii, Gioje, Inta.
gli , e Carnei antichi , che non fi de-
lcrivono,per non tediare il Lettore,
Vn’ Annunziata, & Angelo di pietre
commelTe, ornamento d’ebano, e
bronzo dorato, donatali dal Sere-
nilfimo Principe Cardinal Leopol¬
do di Tofeana.
VnCrifto nell’ orto con Apoftoli,pur
di pietre commelTe, ficome la corni¬
ce , in parte d’ebano donatali dal
medefimo Serenifs. Principe .
Quattro Quadretti di pietra Paragone
intarlìatovi varii uccelli, foglie, e
frutti.
Vn Quadro pure di Paragone con fio¬
ri, & un Pappagallo.
V n Quadretto con un tronco d’ albero
di pietre.
Dodici altri Quadretti di pietra parte
intarlìati ,
Vn Tavolino di marmo bianco com-
melTo di gioje , con Arme de’ Medi¬
ci , e Cofpi , donato dal Serenilsimo
Gran Duca Ferdinando al Sig. Vin¬
cenzo Colpi, quando prefe in Mo¬
glie la Signora Coftanza Medici,
Genitori del Sig. Marchele: quefto
Tavolino è retto da tré figure, che
fingono marmo .
Vn' altro Tavolino ottangolo bislun¬
go d’ Ebano tutto intarfiato di Ma¬
dreperla, e legni peregrini, lavoro
fatto nella Galleria di Firenze ; nel
di cui mezo vi è un’Oriuolo, che
non impedilce il piano del mede-
fimo Tavolino, il quale è retto da
un piede di lavoro non inferiore al
medefimo Tavolino.
Intra»
JZI
C 0 S P l A N A.
Introduzione dia Capella di s. Antonio,
4 T E azioni umane per grandi, e generofe, chefianfi, e per quanto fivan-»
4 ^ tino d’aver genitrice la fola virtù , pare , che non abbiano a riconofccrfi
per nobilmente legittinie,quando in quel modo, che porta la condizione deU
l’eiTer loro, non vengano indirizzate alla prima, e (ovrana Cagione. Quella
verità adoperata a tempo da gii amici , hà potuto guadagnar la modeftia dei Sig.
Marchefe , di lo verchio timorofo d’ aver faftidito il Lettore , accioche , dopo ef-
(erli ammirato il fuo genio virtuofo, enei Palazzo Publico, e nel luo privato,
li compiaccia ancora di appa'elarlo per divoto entro il famolo Tempio di S. Pe¬
tronio nella lua Capella , dedicata al gloriofo Santo di Padova ,
2 E che ciò lia vero , il Sig. Senator Marchele Bali Ferdinando Colpi , come
più congiunto di langue all’ antichiUìnia Famiglia Saraceni, oggidì ellinta, è
lucceduto nel poUcllo della Capella di S, Antonio di Padova, che fù eretta nella
celebre Chielà , & inligne Collegiata di S. Petronio , e de U’ anno i j 1 8, alTegna-
ta a Gio. Antonio Saraceni , che l’ ornò d’ intorno con diverlì Miracoli del San¬
to , clprelsi a chiaro , e Icuro dall’ eccellente pennello di Girolamo Trevifi , tra-
mezati con ornato di fini naarmi ,de’ quali pure è compofio TAltare,!! luolo, la
cornice luperiore , e la Statua del Santo , Icolpita da Giacomo Saniovino , Scul«
toreinfigne, ricevendo polcia gentilifsimo compinaento il tutto da numerola
quantità di pietre prezìolc, che concorrono a nobilitare ftruttura così vaga,
oltre gli ammirabili Fineftroni di vetri colorati con figure per dilegno del famo^
lo Michclagnolo Buonaroti .
3 Onde defiderolo i| Sig. Marchele di farli vie più conolcere , e magnanimo
infieme , e di voto imitatore della pietà Saracena , hà prima eleguito , che deter¬
minato d’ ornar con iiqujtìte pitture, e la vojta , e tutto il vacuo , che dalla Indet¬
ta corniceinsùlpogliato,enudoappariva, Quindi lervjto dal pennello inge-
gnolodiFulgentioMondini,ediGiacomoAlborefi, Pittori di quefta Patria,
nella parte delira, all’ ingreflo della Capella medefima, hà fatto rapprelentarc
un Quadrone, checontiene il gloriolotranfito del Santo^, la cui anima vola al
Cielo, raccolta dall’ eterno Padre , che circondato da Ichiere infinite d’ Angeli ,
efprime il giubilo univerfale della Corte Celefte in paffaggio così felice .
4 Ma le l’eccellenza del pennello maellofo hà forza d’eftraere da gli occhi
de gii (pettatori una lagrima più che divota, in rimirando la Joa ve agonia dei
Santo ,ia rnedefima non è men valevole a produrre una rara maraviglia nel cuo¬
re di chi rimira nell’ angolo finiftro del Quadrone un’ Angelo, che riffoluto in¬
calza , e Icaccia il Demonio , (imbolo vagamente intefo per accennare un riftret-
to delle glorie , e prerogative inferite nell’Inno del Santo ; si quaris Mi¬
racula , c^f.
5 Vn ben finto,equafi vero sfondato ,chefovra del Quadrone Indetto fi ri¬
mira , vien riempito da d ue virtù Angolari del Santo, e cioè a dire dalla Fede , c
Purità , le quali fi lafciano vedere in atto di volare al Cielo, come , direi , obbli¬
gate aconcorrere ai Celefte Concilio, dove fi determinano le glorie più vantag-
giofe dei noftro Santo. Tutto ciò vien meglio dichiarato dalle parole, cheft
leggono nel Cartel Ione inferiore ne’ leguenti verfi ridotte.
Già paffa Antonio alla beata Corte
Ei che di Fede, e Furit ade armato
Può f cacciar pene% affanni, inferno, e morte.
\
6 Palla
jli capella
6 Paffa l’occhio ammiratore alla Volta della Capella, nc* quattro angoli
della quale , che reftano divifi da un cordone di macigno , fono rapprefentate le
Corone , che furono preparate in Cielo al Santo ; l’ una fi è quella della immor¬
talità , efprelfa colla Stola Sacerdotale , e tiene il motto animante : Stolam glori*
inàutt eumi ficgue quella della Purità, fimboleggiata col Giglio, e vi fi legge:
Lumbi e]us prxciocft-y la terza è la Dottorale denotata colla Laurea, cdavviva^
tacolle parole . Sapientiam eyts enarrabunt-, l’ ultima finalmente moftra la Pal¬
ma del Martirio ex voto , e vi Uà Icritto : Defiderium anim* ejus: pregi così ec¬
celli , e COSI proprii del Santo fi veggono foltenuti da due Angeli per ciafehedu-
no, e fono contrafegni più che chiari delle pompe cclefti, che a quell’anima
facrofanta furono apparecchiati , perche dovuti ,
7 Air incontro di quello (picca l’ altro Quadrone, nel quale è figurata la Ca«
nonizazione del Santo , compita nella Città di Spoleti da Gregorio IX. Sommo
Pontefice nell’ anno i 2 32.un’anno folamentedopolamorte del Santo : azio.
nc , che denota maggiormente la moltitudine , fiugolarità ,e grandezza de’mi-
racoli , c delle grazie a (uoi divoti pictofilsimamentc compartite. Ncll’apertu*
rapofeia del Quadrone dalla parte (uperiorerimirafì la Carità, virtù infepara-
bilc, e connaturale del Santo, il quale volando al Cielo, direfie già ipantada
gli occhi noUrì , fe la brama ardentifsima, eh’ ella tiene d’ edere dei continuo
confiderata daU’aitrui mente divota, per l’una delle glorie più celebri dei noftro
Santo , non le arreflafie rapidifsimo il volo . Entro al Cartellone , che al dilotto
è addattato , quelli verfi fi leggono:
Fer Legge di Gregorio Antonio e Santo:
E fe da eh' ei morì feorfo e un fol anno
di fua Caritade e gloria y e vanto.
8 II tutto fin qui riferito (là continuamente efpollo alla veduta di qualun¬
que defiderada vicino ammirarlo, per potere in un tempo medefimo riflettere
alla di vota generofità del noftro Sig Marchefe , il quale pure , dopo aver re(a_
unasì vada Capella dapitcureragguardevoli in ogni parte nobilmente compi¬
ta , non hà tralafciato di arricchire il facro Altare di bronzi dorati , & il Ciborio
di marmi, e di pietre preziofe, edi aggiugnere a sì prezioli donativi fei Cande¬
lieri, e Vali di Lapis lazuli , legati in argento, con la Croce pure della medefima
materia , c foftenuta da un piede compoflo di gioje , e di collocare dirimpetto al
concorfode’divoti adoratori .avanti il facro Altare, un Pabotto d’ immenfo va¬
lore, per le gioje , e pietre preziofe, legate in argento , che lo compongono ; do¬
no veramente ragguardevole , sì per l’eccedente quantità dell’argento (ommi-
niftratoviin abbondanza dalla pierà del detto Sig. Marchefe, come per le pietre
preziofe, eh’ egli ricevette dalla generofa munificenza del Serenifs. Gran Duca
Ferdinando IL G. M. per effere di vantaggio fabbricato da gli eccellenti Arte¬
fici della Galleria di Firenze. E ben fi dovevano così ricchi abbigliamenti a
quella Imagine, che con tanta copiadi graziesà arricchire ifuoi divoti. Sono,
non è dubbio alcuno, tali apparati nel concetto degli uomini ineflimabili; ma
cedano a quel Teforo d’ alcuni frangimenti del Corpo del Santo di Padova , che
donò,pcr collocarli in quella nobile Capella, l’Eminentifsimo Card Caraffa,
acquiftatidal medefimo Porporato, quando era Nunzio alla Serenifs. Republi-
ca di Venezia , e riconofciuti in fua prefenza da Monfig, Giorgio Comari , Vef-
covo di Padova, per quelli cafeati, quando d’ordine della Republica fudettafi
feparò TofTo dal medefimo Corpo del Santo, per collocarlo nella Chiefa della
Salute , come ne fa indubbitabile tellimonianza l’ autentica del fopradetto Emi-
nentiiTimo Caraffa , e come ne indica l’ infcrizione, che regidrata fi vede a tergo
del
. C 0 S P 1 A N A. ■ ifj
del Reliquiario j fatto fare a ta l’effetto dalSig.Marchefe, che appupto erutto
comporto di gioje, legate in argento, Sforo: le parole fono, hanc
4e T hcf^MTQ ^Corporis S. Antonii Pat. decerptiim Carolt/s fa^rdin^lif Ca^
rajfa. Bononia de Latere Legatus Marchiani T ordinando Cofpio purpuratum mUf
nus habere dedit Anno S, S^ó8,
P Non occorre » eh’ ioquì mi diffonda nel rammemorare la frequenza de’ de¬
voti , che concorrono a rendere confidcrabile quefto Tanto luogo colle loro pre¬
ghiere , & offerte , mentre ne fanno anche qualche teftimonianza le argenterie ,
e iraagnificiToreieri d’argento, fatti appunto dalla raccolta cle’VQti, « dalla
pietà de’ Signori Canonici, e dei nortroSig.Marchefe, ,
IO E'parimente confìderabile l’infcrizione fcolpita a caratteri d’oro dal-
runoall’altrolatodeirAra infìniflimi Bargilli, ornati pure da varietà di mat*
mi } e Diafpri , colle feguenti parole :
D, O, M,
5ACELLVM HOC D, ANTONIO PATAVINO Picatvm
:r§AR4C6Nl:NQiaiÈÌI§ AC,,.§TP5UMAII§ 0R^^A^1ENIV{^, PEmTVSXXMr
PICTYRIS, SPLENDIDQQ; CVLtV MAGMXFIpNTIVS EXORNAìMT' |
IVLI^ SARACENA PR0NEP05 J
ferdinandvs cqspivs bon. senator, et marchio
oyi A patre vINCENTIO FERDINANDI, I. M. D. E, avlico in primis accepto
A MATRE CONSTANTIA MEDICEA LEONIS XL P. M, pronepte
ERGA SERENISSIMAM MEDICE AM DOMVM
GVM SANGVINE FIDEM CVM lACTE TRAXIT OESEQVIVM .
^ AVl^ NATVS IN EANDEM A COSMO IL Mi D, OCTENNIS ADLEGTVS
ET FERDINANDO lì. MAGNO PRINCIPI ephebvs honorarivs datvs
EIVSDEM POSTEA MAGNI DVCIS CVBICVLARIVS
IN religiosa S, STEPHANI MILITIA MAIORI CRVCE INSIGNIT VS .
COMENDIS AVCTVS BAIVLIVATV ARRETINO DONATVS
BONONIA APVD LEGATOS EMINENTISS, NEGOTIOR VM SIBI CREDITOR VM GESTOR
MVLTIS IN INSVBRIAM ET AD ALIOS PRINCIPES LEGATIONIBVS FVNCTVS
AC DEMVM MARCHIONATV FERRIOLI NOBILITATVS
SINGVLA H^C ORNAMENTA HVIC LAPIDI INCISA VOLVIT
sv^ ERGA PATRONVM sanctissimvm argvmenta pietatis
EADEMQ} erga MVNIFICENTISS, princeps fidelis animi monimenta
ANNO DOMINI M, DC. LXVL
u L’epi*
5t4 £ 0 S P l A N A,
1 1 L’ epìlogo di quanto il noftto Sig. Marcbefe hà fatto , & è per fare , men¬
tre vivrà, il che è poco a merci del Santo, benché eccedala co adizione di priva¬
to Gentiluomo , viene elpreffo fopra la volta della prefeàte Capclla nc’ feguen-
ci yerfii
Luftta.no Eroe» che qui fi more
Indi al del vota, e Santo poi s* adora ^
Sacro Fernando in quefii fregi il core ,
E eoi fabbricarli a’ piedi del farro Altare la fua Sepoltura , fatta di Marmi Nobili
comtnelfi , e conforme al feguente intaglio, hà difpofto, che in tal luogo fiano
collocate le di lui Ceneri , accioche ricevano calore appreso 1* Onnipotente Dio
dalla intercelfìone di quel Santo, che fempre vivendo hà riverito per unico fuo
Incelare.
INDICE
DELLE COSE PI\r NOTABILE
Che in quello Mufeo fi defcrivono.
A
Bdelayi , una forte di Melopopone
d’Arabia, pag. Ij8.
Abitatori di Pefcara in Africa
ddneggiati dagli Scorpioni. 5 1 .
Abito delle Vergini V eflalij e qual
autorità ejfe creejfero , 5 06.
Acefali Mofìri 1 e loro defcri^ione. a 8.
Agata coir effigie d’ un’ Iride , 1 75.
Agatocle Rè di Sicilia diede il pregio alti Vafi di
terra, anteponendoli a quelli d’ argento , 265-
Alicorno,efue propriet adì. 12.
Alce ,òGranBeflia,e fue qualità. 15.
Aleffiandriniricorfia Vefpajianoper lafalute, per
ay>'vifo di Serapide. 462.
Ambra con yarii animalet ti rinchiufiyi, e come.
pag. 48.
Ametifto con fua miniera annefayi , 172.
Amianto , e come fi fili . 181.
Anello d' Ayorio , che ne forma tré tutti d’un peq;^
, ’go. 290.
Animale incognito creduto Cane mojìrifico . 24.
Anubi Deità de gliEgi’^ii, perche figurato con^
tejia di Cane . 474.
Antali , ò Entali forte di Conche . 125.
Apollo , perche figurato con afpetto gioy anile , e di
bella faccia. 489.
Aquila , perche più nobile tra' yolat ili, 40.
Aquilina , forte di pietra . 1 8 r.
Aratiyi s frutto del Brafile . 137.
Archi\, Balefire > Faretre , e Saette antiche . 240.
Armadillo ,e fuadefcrit^ione, 21.
Armellino, e fue qualità. 23.
Armi yarie da difefa antiche . 227.
Armi diyerfe da offiefa antiche Turchefche. 229.
Armi yarie fotto nome di Spade , e fimili antiche •
pag. 231.^238.
Armi yarie da fuoco antiche . 243. e 249.
Armi da guerra, e Inyentori di effe . 226.
Armi anche dagli Antichi appefe a’ T empii . 495.
Arte plajiica più delle altre nobile , e perche. 264.
Asbejio pietra incombuflihile , che fi fila. 299.
Afe centrale delle yolute d’ una Chiocciola grande
pietrificata. 160.
AJìaco Marino . 1 27.
AyoltoiOyV zcello in pregio apprejfo gli Egitti, e per.,
che . 479.
B
BAbiloni infegnarono a diyidere il giorno co’/l->
le ore . 20G.
Bacchetta d’ una pinna dorfale di una Balena ben
layorata. ~99.
Bacco ayer ayuto due Mtdri . 497»
Balena, fua Stona , e doye nafta .. 55. 60.
Baleflre antiche . 240.
Barbute , forte di Morione ufato prima delle Cela.-
te. 227.
Bafalte forte di Pietra del! Egitto , della quale era
fabbricatala Statua d’ Jfide adorata in Bologna
al tem-
INDICE DELLE COSE PIV NOTABILI.
al tempo del Gentilefmo , 1 6j.
Bafalte con geroglifici . ^ „ i66.
Bafiltfco ,oRa)a piccola y efloria [opra ciò. 8o.
Bilancia T urea da pefar Monete . 289.
Biffò d’ Ariftotile . 119.
Bi-\>alyi T eflaeei di due Conche, e loro fioria .114.
Boli dirverfi ,efue proprietà . 271.
Borfe , 0 T afche di cuojo cotto con 'varii la-vori
antiche . 297.
Buccardia reticolata, cir altre.
Buccine Marine ^arie . 96. 100,
Bue in onore di Ofiride paffuto in "Yener actione tri
Gentili , 4<54*
Buffòle da Narvigare . 255.
CAda-veri fepolti da gli Antichi con Idoli ncHe
'vifeere . 484.
Calamita , e fua fioria . 177.
Calice di -Yetro per ufo de’ Sacrificii de gli Anti¬
chi. 283.
Cama , ò Cappa lunga rinchiufa in Alahaflro .161.
Camaleonti di più forti. 37.
Camilli , che affìfteYUno alli Sacrificii , cofa fiif-
Carta Etiopica , e T urehefea . 19J.
Carte da Na'vigare , 2J5.
Cafìità de’ Sacerdoti, e Sacer doteffle , che ajfifle'vano
a gli Dii de gli Antichi . ' 508.
Catene di legno di 15. anelle per ciafeuna tutte di
impecio. 291.
Cada, e fua defcriqfione . 55.
CatlaYelenofiffimo di Babilonia, e fitta deficri:!^io-
ne. j4.
Catlddell Arabia petrea . ^5,
Ca-vallo , ò Ippopotamo Marino , e proprietà del di
lui dente . 24.
Carvallo Marino , e fitta deficri:^ione . f
Ca-vallo dagli Perfìani , e dagli Sciti offerto in Sa¬
crificio a Marte . 476.
Ceffo del Cane Care aria . 75.
Cenere del Ve fìfYio. 182.
Cerimonie ufate nella fiefii-vità d’ Ifide , e d’Ofit-
ride . 480.
Cervio, e fine Corna, 16.
Chine fi affiegnano per cjitinto Elemento il Metal-
lo, 257.
C hiocciola rtigofia maggiore , 1 08.
Chiocciole rugofie firiate. 199.
fiero .
514-
li .
I IO.
Camozza dove filtravi, e fua Caccia. 1 7.
Chiocciola nautilite periata .
III.
Cane ‘onfiecrato a Mercurio, e
perche. 473.
Chiocciole ombilicate lificie .
1 1 2.
Cane Acefalo , 0 fienz^teapo .
26.
Chiocciole Cilindroidi .
ivi.
Cane pentapode .
29.
Chiocciolette tifiate per Moneta nel Regno del Con-
Cane pefice , e fua fioria .
7h
go , ir altrove .
113.
Cane Centrini , ò pefice Porco
, e fiua deficrizio-
Chircjuinco , e fii.a deficriZfone .
21.
ne .
Cane citfìode del Corpo d’ Ifide , e d’ Ofiride .
Candeliere antico di bronco .
Il-
474‘
260.
Canochiale ,fie debbafi maggior laude al Lipperficin ,
che l ’ in-vento , ò al Gallileo , che lo perfezio¬
nò , 21 1.
Canopo Principal Deità de' Perfiani , adorato come
■vincitore del Fuoco . 485-
Cappa flriata compofla d’ arena , che moflra come è
impafìata di fugo pietrificante . 1 60.
Cappa lunga con-vertita in Alahaflro , 1 6 r .
Cappe trovanfi anche ne’ marmi . i-vi .
Cappelletti ufiati in tefìa dalle Donne di T urchia .
pag. 251.
Capigliatura agl’ Idoli Egizii,e perche . 454.
Capro adorato nell’ Egitto , e nella T ebaide , e per¬
che . 46(j.
Carbone pietrificato . 155.
Carcinite , ò Granciporo . 165.
Caricatori da Mofichetto intagliati diligentemen-
te, 289.
Carta , do've abbia prefio il nome , come fi ficrive-va Coltelliera d’ India di Madreperla, e nera, piena di
anticamente, e come fi prattichi ne’ Paefi remo- Coltelli. 289.
ti. i8j. Commodo Imperatore fiufiurpa il nome d’ Ercole, e
Carta Chinefie . 189. con cjual fondamento. 4P4*
Carta di ficor^n interiore d'albero, 192, Conca corallina echinata. 120.
Coru-
gitto. 24.
Cicogna , e fine proprietà . 42.
Cima della Cupola , eh’ era alla Mofichea di Clifi-
fia. 250.
Ch'Otta , perche -venerata dagli EgizH • 47 i-
elafe de gli Idii, cjual numero ne fioffe confiderato
da’ Gentili, e perche. 502.
Cocco delle Maldi-ve , e fua fìoria . ijj.
Cocomere reticolato d’ Egitto . 1^8.
Code di Pasìmaca Marina . 80.
Cognizione anche di ogni più barbara Nazione di
do-ver -venerar alcuno , che fioprafìi alle Creatu¬
re, (tre. 501.
Colombo pefice ,efiua fìoria , 77,
Colombo del Nilo , altra forte di pefice . 78.
Colonne , Afte , Piramidi , e cofie filmili effiere fìate.^
adorate da gli Antichi . 450.
Coltelli de’ Sacrificii , 239.
Coltelliera antica d’ avorio con varii lavori , gp- in¬
tagli, piena di Coltelli . 244.
•INDICE DELLE COSE PI V‘ 'NOTABILI.
5?<7
Xjonca. MBriata . ' J'v’i .
€oncafafadta,ep'ietrlficum.^ ' '
■^oncd^ìfcìààipiétfév'' ir\n>
'Goficadelprimo Ndutilo d’ Ariflotile , . ''¥oy.
Conche margariti fere- di rarie 'frandei^^è * li 8.
■■Cotiche Veneree, pèrìhe così dette . iti.
Conche Veneree , di prima fino all’ undecima gran-
■' de'c^c^a, ■ .t\^ iijj.
CoHchite, e fifnili fajftgeneraittrà due Conche: i '6'i.
Coperchi antichi di Lumne . ■ 3 5 <5.
■Coperchio di un’ Vrm ariticbijjlfno di brón'^o im-
■ prejJò’YtilpartódiGio-ve,efuaJhria.' 313.
Coralli diyerfi , rofio , nero , e bianco , e come ' fi 'ge-
■ neri, . . ' • • 128.
Corna di Cer-^ioinfaffite. IÌ51.
Corna , con parte del Cranio di Ga^g^ella . 1 8.
Corno di Monocerote , ò Rinoceronte , e fuo pre¬
gio , 12*
Corno di Capretto impietrito , 1 5 i •
Corno di Capriolo Marino. 18.
Corno di Bue fal-vatico , i~r>i •
Corno da gli Antichi tertutoferfirnolacrodi darvi-
:^ia, ■ 5°o-
■Corona praticata da’ Turchi 'nellmloro ora:(ioni .
pag. 151*
Crangone , '0 Sparnocchia . i-^7-
Cranio d’ Ippopotamo , ' 24.
CrifiaUi di -varie forme , e grande:i^e , do-ve , e co-
me fit generino . 172.
Crocodillo ,e fue proprietà , 30
Difcorf ) [opra li caratteri della . China ,
Thorn Frutto del Regno del Dongoh ,
• OC
E
1 89*
i 5.(5>
i<5?.
Chinite dkdue forai .
Egit^ii fceglie'vano dalle Mandrie gli Ar-
• menti adorandoli . per Deita . ' 4^5^'
Egi'^ii adorarvano V enere [otto nome d’ Ifide . 493,.,
■Elefante , e fUe doti . . io.
Elefante inimico del Rinocerote . 14.
■Elefante pietrificato tro-vato intero nelle Chiane:
d’ Aret^o . ' II.
Elefante Marino , forte d’ Aftaco . - 127.
Ercole chìfoffe ,■ e p'e,rche tanto -venerato dalla Gen-.
tilitàfràgV Iddii , : '494*
■Efchilouccif) daunaTefluggine , • 489.
E fobico., unaforte di legno , 138.
Età, che fi richiedeva , per effer inflituito Sacerdote
-da gli antichi Romani ,
■503-
F Agìuolicpr aliini d’ Egitto . , " "1-38.
Fagiuoli muffimi del Br afide . - 13 7.
Faretre antiche . . 240.
Fenici adoravano Venere per Madre' de' gl’ Id¬
dìi . 493*
Fesìe baccanali degli Antichi , e da che anno avuto
origine . 498.
Cucchiaro d’avorio, che ferve a’ Tur chi per ufo del Fiafca da polvere confiderabile per li diligenti la-
calama-jo. z86.
Cucchiaro, e forcina uniti ai un’ anello tutto di Un
pe:Z^o , bel lavoro di legno . ivi ,
^•Cuor dupplicato , trovato alcuna volta nel corpo
■umano, e di altro animale, e da che proceda. 5.
D
D
Adii’ ambra ufatì in Mof cavia. 507.
Dea Bona , perche tanto venerata dall’ antì-
■510.
e dal
251.
60.
2y.
1(53.
2 25.
caGentilità.
Decreti firmati dal Gran Sig. de’ Turchi,
primo Vifir .
Delfino , e fua proprietà .
Dente d’ Ippopotamo , e fua proprietà .
Dentali foffili , e loro virtù . 1 25.
Dentali , e T ubult de’ Ve-rmì . 153.
Dente di Scimiotto pregiato dagl’ Indiani fettecen-
to mila Scudi . 47i*
Denti , e lingue foffili . 166.
Diafpri colla fua Madre , e lavorati informa poli¬
gona natur almente . i74«
Dii confenti fiimati dodici dagli Gentilhfei mafchi,
e fei femine. . 49°*
Dii difìintì in tre gene-ri dalli Greci , e da’ Roma¬
ni. ' 485.
Difciplina d’ Asbeflo . 299.
vori intagliativi . 294*.
altra fimile d’. avorio bipartita . -9S>
Fiafche di bel lavoro . . 260,
FiafcheTmchefche di cuojo con ornamenti dora¬
ti . 295.
Fico Faraone. 13 8»
Figura d’ avorior apprefentante un Cupido . 295.
Fiumicello fui Bolognefe che pietrifica . 15 3.
Flauti di pietra Ofite , e di bujfjlo divarie forti.
pag. . ■ 222.
Fogli di carta Etiopica. . . 193.
Foglio di carta Chi'nefe . 189.
Freno per la Lafcivia. . 253.
Frutto del Dongolo detto Kabub . 137.
Frutto del Libano . ^37 •
Fungo arboreo curiofo da vedere» 145.
altro legnificato , e grande. ivi',
altro di Ce'rro fimile ad un cucchiaio. ivi .
altro , che pare una T afa . . , 147.
altro , che fembra u^n pane . ivi .
Funghi pietrificati, e dove fi generino .. .1 3 2^ i/j 3 .
G Abbia d’avorio fatta con grand’ artìfi-rfo .
pag. • 295.
Galera piccola colle fue propor-rfioni . 257.
y y 2 Galli-
J28
INDICE DELLE COSE P1V' NOTABILI.
Jdrpfcoph , Strumento da ponderar l’ acque . a 1 7.
Imperatori Romani fi per fuade'vam poter tutto ot~
tenere dagl’ Jddii , quando aye'vano fervito loro
con ajfiduità , 512.
Jmprefa ri dicala di Caligola, 90.
e per lo più in varie forme Jncenji ufati da. Sacerdoti de gl’ Idoli ^ e perche.
171, pag, jio. 514.
Jnchiofiro Chinefe di quante forti . , 189.
Jnfegna,ò bandieraTurca.da Guerra . 351.
Ippopotamo ) ò Cavallo Alarino figurato in fine del¬
lo Scetro dalli Rè d’ Egitto , e perche, 24.
Ifide invocata Deità in congiuntura d’ infirmiti ,
4<5i.
Ifide » & Ofiride creduti il principio della gener ai(to -
ne di tutte le cofe . : 480.
Gallina di due tefe , 44»
Gallo d’ India nwfirifico. 44.
Gamba d’ Elefante impietrita, 151.
Gatto di due corpi , e otto piedi , 39.
Gemme , e Crifialli , naftono d' umore analogo, non
come fa il Giaccio ,
geometriche .
Geroglifici d’ un Libro del Mejfico , 1 9 2»
Giuoco delle Pafiloni efpreffo in un ma'^gp di Carte
divifo in quattro parti , Amore , Speran'^a , Ge-
lofia ,e Timore , 304.
Giuoco delle Mufe confimile, joy.
Giuoco di Carte intagliate da Stefano della Bella,
pag, 306,
Giuoco di Tdrocchini antichi , con Arme de’ Signori
Bentivogli , quando avevano autorità di Princi¬
pe in Bologna. 307,
Giove , nome dato dalla Gentilità a qualfifia Poten¬
tato , ò Principe , che in autorità , e for‘:^e avan*
bavagli altri, 487.
Giove,perche alcune volte figurato me^o ignudo dal¬
la parte fuperiore . ivi •
Giove figurato da alcuni fen^a occhi, fen^n orecchie,
efen:^a mani ; da altri fedente , e perire • ivi ,
Giove , perche coronato con oro , e quercia , 488.
Gladiatori , e loro fpettacoli fanguinofi da chi anno
avuto origine , 495-
Globi , Celejìe , e T erreflre , 197,
Globo , che rinchiude altri lavori dentro di fé tutto
di un pec^^o , 390.
Globo d’ avorio co n dodici altri dentro, che fi vedono
da alcuni fori, tutto di un pegg^ , 0.96,
Glojfopetre, ò denti del Cane Carcaria, e dove fi tro-
• vino. 167.
Gocciole di V itro , perche fi dijfolvona in polve¬
re , 318.
Gran Beflia , e fua defcri'gìone . 1 5 •
Granchio Paguro pietrificato. I5-»
Grattatoio pratticato da Turchi . 391.
Greci non efiere fiati meno balordi de gli Egi’^ii nel-
l' Idolatria , mentre quefii adorarono atKhe uomi¬
ni facinoroft , 458,
Gruppo di Voua di Seppia pietrificato , J 5 2.
Guaperua delBrafile , forte di pefce , 87.
IBi , V ccello prima lettera dell ' Alfabeto de gli
Egi'^ii, 483.
Idolatria pullulò nel tempo di Enos, Nipote di Ada¬
mo , e figlio di Set , rinvigorendo nel dominio di
Nernbroi ,
LAcrime del Crocodilo addatarfi a gl’ Ippocri-
Lana delle pinne . 119:
Lavoro fot t ili ffimo di legno, che fembra un Tem¬
pio, 291.
Lavori di Noqi d’ India , 3 85.
Legislatori annoverati da gli Egi^ii tràgl’ Iddii .
pag, 483.
Legni ufati dagli Antichi per fabbricar Idoli , c-*
perche, 451.
Legno del Pico Faraone , 138.
Legno E fatico . ivi ,
Legno, tn cui apparifcono efprefi'e due tefie umane.
pag. 141*
Legno moflrifico. ivi.
Legno d' Ofiacanta , che naturalmente forma uncL-,
Colonna Coclide , 142,
Leone di Plinio, fpe'c^ie d’ Afiaco . 127,
Leone, Deita da gli Egi:^ii dedicata al Sole , e per¬
che , 47y.
Lettere , qual giovamento apportino al Mondo >
praticandofi anche in Paefi remoti , 1 84.
Libro Chinefe in foglio e fpreffovi la vita di Giesù
Crifio , S-c, 187,
Libro Mefficano formato tutto di Geroglifici .191,
Locttfia Marina . 1 25.
Luce-f ne Sepolcrali di terra, opinione circa Voglio
per confervarle accefe, ^25.
altre di bron'^o di bi:^:^arra forma . 331,
Lucertola fcincoide Africana,e fua defcri^tone , 3 y.
Lucchetto T ureo affai curiofo.
Lumache Faraone. iir.
Lupo figurato per Ofiride , che partito da gli Ahijfi
Infernali comparve all’uccifwne di T ifone . q66.
Idolatria fi dilatò col Tirannico Dominio di Ni- Lupoconf aerato dalli Greci al Sole, e perche, 457.
no, 4y7
Idoli , che fi feppellivano in compagnia de’ Cadave¬
ri da’ Gentili , 484,
Idoli di legno , che fembrano termini , ò fanciulli fa-
fidati , per quale Deità foffero adorati . q6o.
M
M
Adreperla , e fue proprietà . 1 1 y.
Majolica , e fuo pregio per la pittura , 278.
Mamur,
INDICE DELLE COSE PIV'
.jUfamurfio Ofeofamofo Maefiro di fondere il bron~
^0, 4-5 L-
Mani di ferro compagne con inaile dentro daflringe-
re. 2$ 2,
MantiUì ò T o^^agliolo di Pernamhmco . 292,
Manucodiatd ) ò velia Paradifo . 41.
Marchefita di due forti , e do^e rtafca . i So,
Marmi Sepolcrali con infcr legioni , jjy.
Mafcbera di ferro ufata inguerra dòpo V ufo delle
Barbute, 227.
Ma':^^eferrate y>arie • 229.
Melo moflriftcQ , 145.
Mercurio Infernale ■> come figurato, 4S0.
Mercurio degli Egi'^^ii , Segretario del Rè Ofiride ,
e itrrentore dell’ Arti . 482,
44-
NOTABILI. j2»
0
OCa quadrupede .
Olio, per confery:ar accefe le Lucerne Sepol¬
crali, dichemateriafojfecompojlo. 525.
Ombrella del Gingidio di Diofeoride .
Orbe Marino , forte di pefee . 77.
Orchite di due forti, i6S,
Orecchie Marine , . 1 2 j.
Orinoli a Sole in^>entati da Babiloni > e poi praticati
da Greci. - a 00.
DifcorfofopragUOriuoli, 202.
Orinoli Solari ■yarii . •' 205..
Oro , Deità fatto di cui gli Egit^iiintefero il Mondo
fottopojìo alle 'Marie mniat^oni del nc^cere, e del
morire, 485..
Mercurio , perche coll’ Ali , colla Borfa > col Qadu- Ofiacantafiegno che forma una Colóna Coclidetie^^.
Ofiride , perche conieertita la di lui anima in Bue , 0
quejlo adorato da gli Antichi . 4^4*
Ofiride , perche figurato colle parti genitali ignudei^.
ceo , e col Becco a’ piedi . 490.
Mefcola di metallo , per li Sacrificii . 259.
Mii'Mipira 5 ò fia Pirabebe Pefee , S6,
Militta altro non effere , che la Dea Venere , 493»
Molinello inferto in un’ ampolla , benché 1’ orificio
fiaanguflo. 291.
Molinello d’ avorio j con molti ornamenti . 295.
Moralità , che fi caya dall’ ufo de gli Specchi , 207, Oflrica grande pietrificata
Mor fi, ò freni da Ca-Mollo antichi. 255, Oflrtca coralloide . \
Mofea , ir altri infetti rinchiufi in ambra.. 48.
Mofcardino,e fue qualità. 24.
Moflri umani di -Marie forti. y. 28.
Multiplicità de’ Simolacri degl’idoli da che fia de-
riyata , 468.
Mumia , che cofa fia, i ,
Mumia di quante forti , dcree faccino , fue qualità >
Offa di Bue impietrito .
Offa d’ Elefante pietrificato .
Ofio di CaMollo Marmo, e fue proprietà ,
Oflreite,Saffo tra duegufee d’Oflricagenerato
Oy-a di Bue , cofa fiano .
Oytadi Strwi^^o.
Oy>a di Gallina moftrifiche ,
O-Ma partorite da una Donna >
e qual fia la più perfetta .
Murice Galeiforme .
Murici di -Marie forti .
Mufeo retiforme palujlre ,
N
N
Ani , perche non crefeiuti ,
%.
95.
9(5.
155»
6.
detto
468*
151.
II.
25.
irvi.
, 152.
SO»
45*
47'
252.
PAlle di ferro per ufo de’ Cefli ,
Palma Egi-^iUìdi quanta utilità fia a quelli abi¬
tanti , e fua fior ta. 13S-
Paflinaca Marina, e fuafloria, 79.
Pelo dell’ Elefante , e fue proprietà . 1 1 .
Pena, che fi darva alle V ? fiali impud iche . 507.
Penne dell' Arpoltop in qual fiima fojfero app-ceffo
gUEgf^i, 479.
Kahub.
^ 137-
Pefee Spada , e fua Storia ,
72.
Nappo di -Metro ufato ne’ Sacrificii-,
28j.
Pef :e Colombo ,efua fioria .
77*
Nappo d’ Amburgo ,
284.
Pefei a'Mer e infegnato alcune cofe all’ Arte .
54-
Naf corno , ò Rinocerote ,
Pettine di legno intugliato, fatto in Candia ,
291.
Natura ayer difegnato ne’ Pefeì molte curiofe in-
Pettini di Mofconia curiófi .
299.
'Men:^iont, 54.
Nautica , quando , e da chi irrventata .' 254.
Nautili di -Marie fpec^ie > prima , feconda > e terc^a .
pag, 10(5,
Nicolò Stenonì a'Mer notato otto ordini di denti in
unaTefiadiCane Qentrina. 75.
Nilo produce anche li CaMalli Marini. 24.
Nilo, perche dedicato ad Ofiride . 469.
Noce del Pf , frutta, del Libano , 137.
Noce mofirifica , e fior 2 a f opra ciò. 145.
Noci d^ India, e loro defer t^ione . 154.
Numa fù , che infiitui il capo delle Clajf degl’ Idii
con titolo di Sommo Pontefice . 502.
Pianelle di fmifurata grande':^'^au fate del 16^1, e
perche tralafciate . 501,
Piatti di rame bianco ufati daTurchi , 251. 250.
Piatto di legno fottilijfmo , e dipinto . 286.
Pietra 'Menturinat, 219,
Pietra luminare di Bologna , e fua floria . 278.
Pietra Serpentina detta Ofite, 177.
Pietra Alber ina . 174.
Pietra da Calce confimìle, m»
Pietra con una Croce naturalmente natarvi . ì'mì .
Pietra Formicaja. 177,
Pietra ineguale, ch'era ne’' Reni diFrancefeo I.
Duca di Modana • 1 5
Pietre
INDICE DELLE COSE PIV' NOTABILIJ
J30
Pietre Foxinite conforma di pefci imprejfi-Yi > e do-
"i-’f ji tr ovvino piu frequenti . 158.
Pietre due , eguali di pefo , e forma , troyiate in una
-vejftca umana . 155.
Pietnpcarfucome fi faccia ,e fuafloria. 147. 150.
Pina del Cembro y cb’è il Pino Tarentino di Pli¬
nio. • 1^7.
Pinne di y>arie grande'i^\e . 1 1 9.
Pirabebei'-Pefce 'Yolante . 86.
Pillacchi d’ Arabia in un ramo . 158.
Pomicie di Fulcano . 182.
Porcellana, do-ne , e come fi faccia, di quante forti , e
fua jhria. ' 275. 277.
Porco , perche confecrato a Gioy>e . 488.
Porpora , fua foria , e di quante forti . 92.
Prifma , corpo folido di crifaUo trigono . 214.
preludti rii, ò buoni, che s' apprende-rano da' T ofca-
ni. 509.
Pugnale Màgico , e difcorfo fopra di efo , 236.
R
RAdke d’ Albero , che forma un T orfo umano .
pag. 145.
Rami diyerf pietrificati.
Religione fu perflit^iof a dell’Idolatria effer fiorita più
tra gli Egi:^ii , che in altre Na:(ìoni . 45 8.
Religione de gli Auguri pafò a Romani per opera
de’ T ofcani,allora oltremodo fuperfli-^iofi . 505.
Rinucerote ,e fua defcri^ione .
Ritmomachia , ò Giuoco di Pitagora.
Rondine pefce .
Rofa di Gerico , e fua floria .
Rote da -venti .
Rota, cheafcende in un piano inclinato.
^3'
502.
85.
158.
255.
291.
SAcerdoti Egi^ii molto guardinghi a palefarele
cofe -della Religione , e perche. 450.
Sacerdoti de’ Gentili ufarono multiplicità di figure
d’ animali, per accreditar nelyolgo l’ Idolatria,
pag. 458.
Sacerdoti di più forti deflinati per li Sacrificii dalla
fuperfli^f afa Gentilità. 50^,
Sacerdoteffe F efali , quante ne furono deflinate alla
Dea Ve fa . 5 o5.
Sacri fidi de gli Antichi, e loro origine. 501.
Saette antiche . 240.
Salgemma. 182.
Saliera di la-voro Francefe tutta fmaltata con -varie
figure antica. 260.
S alierà lavorata nella China di bella forma . 261.
Salterio f rumento Muficale . 220.
Samia, Jfola dell’ Arcipelago , ove lavor afi terra.
257.
Saponaria bianca , e nera . 180.
Scacchiere di Dante Aligeri % 302.
Scarafigio Rinocerote. 50J
Scarpe di legno , form,a di bicchieri T urchi , da bere ,
P‘^g' 289.
Scarpe, di Tartaria, di Turchia, d’india , e_»
d’Etiopia. 2.99.
Scatola d’ avorio efagona torlita di maravighofo
lavoro. 295.
Scheletro del Delfino. 70.
Scodella d' Ambra. 285-.
■Scolture della Natura in alcuni Saffi rapprefentanti
F arti d' animali T errefri, ò alfre frarvagan^e .
pag. 157. fino 175.
Scorpioni di Timi fi , e loro proprietà . 51.
Scimie rice^mte per Deità dagli Egigii , e dagl' In¬
diani, e perche, 472.
Scritture T urchefche, cioè Diplomi , Patenti , Let¬
tere, Ricevute, e Conti. i^93'
Sepolcri antichi di terra cotta . 508.
Sepolcri de gli Antichi aver fervito per Tempii.
P‘^g- ' - 45 5*
Sfera Mofiavitica. 299.
S finge, cofa fia , e fuasloria. 47^’*
Simulacri delle falfe Deità de’ Gentili aver avuto
origine da’ Sepolcri,offerendo gl' incenfi agUefin-
tiEroi. 455,
Sirene,non fi ano favolo fe , 97*
Sirofano , al riferire di S. Fulgentio , fù l’ origine-.^
dell’ Idolatria p'Ceffo gli Egi^^ii . 457*
Solennità Pamilìi in onore d’ Tifalo, cofa foffero.
pag. 457.
• Solitudini de gli Ammonii producono Mumie,(La
■ come . ' ' 2.
Sparviere venerato dalla Gentilità, e perche . 459.
Sparviere confecrato al Sole , e perche. 47°*
Specchio conveffo , e concavo d’ accia]o . 212.
Specchio convejfj , e sferico di vetro grande . 215.
Spoglie Militari T urchefche . 250.
Sproni fravaganti antichi , 252.
Staffa antica memorabile . ivi .
Statera Chinefe , e fuo ufo. 290.
Strumenti Matematici di varie forti . 1 98.
Strumenti di ferro antichi. 252.
Stringa, forte- di Flauto. 221.
Stru:^:^olo, e file proprietà. • 4J.
TAbacchiere'd’ avorio con baffi rilievi.
T aglia di ferro per fcalar muraglie ,
T alco glauco , e verde .
Taf tana piccola con fite proporzioni .
T artari d’ acqua di piu forti ,
T arta-ruga dell’ Oceano .
T art aruga del T irreno .
T afchetta di ferro curiofa ,
T avola Geografica Chinefe. ' '
T avole di Cofmografia Maritima .
T aZfZfl Ti legno tifata da Mofcoviti ,
294.
252.
181.
^57*
i55‘
89.
ivi .
252.
198.
ivi.
286.
T azz<*
INDICE DELLE COSE PIV' NOTABILI.
T a:(p^a fatta di -vertebra della Balena . 6o.
T empii della Dea ejla , perche rotondi . 505.
Tepii derivati dalla magnifice-n^a de'Sepolcrù^^ f.
T ermometro , a che ferva , e fue pircp-fietà . 2 r (5.
Terra Samia, e fue proprietà. 26^.
T erra Indiana candida , ivi •
Terra Ghia. ivi,
T ejìa di Murrtia fafciata all' Egitfiaca . 4.
T ejia di una vecchia imprejfa dalla Natura in un
legno, 141.
Tefla umana imprejfa dalla Natur a in una pietra.
pag. 173.
T efla di Morte d’ avorio diligentemente intaglia¬
tela. 296.
T eSìacei fojfìli , che fi trovano ne’ monti , fe filano
prodotti dalla terra. i'$6.
T eflacei megani , e minuti in unpeqjgo di pietra^
Conòide. 161.
T ejìuggine , fue proprietà , e di quante forti. 5 7.
T iara , ornamento ufato da’ Rè Perfiani , e da’ Sa¬
cerdoti di Frigia, che cofx fila, 48 1.
Trfone,perche uccidejfe Ofiride. 4(54.
T igre cqnfecrata a Bacco da gl’ Jndia-ni . 477.
T olomeo , per virtù del vetro , vedeva le Navi
i ontano 600. miglia , 2x1.
T ortore , ò Pajlinaca Marina ,e fua Jìoria . 79.
T r appaia per prender fiere . -154.
Trionfi inventati da Bacco, 4S>7-
T urlante ufato da’ Sacerdoti T urchi . 251.
Turbinili varie forti, loi.
F
Af cello piccolo colle fue propor'gioni . 237.
V afi di Pietra Ofite , detta Serpentina, e_-»
fue proprietà . 262.
V afi di terra Samia , loro ufo, e virtù . 26-].
V afi di terra bianca d’ India, loro ufo, e virtù . 270.
Vafi di Bolo rojfo Orientale : altri dell’ Ifola del¬
l’Elba, loro ufo, e virtù. 271.
Vafidibuccaro di Portugailo y terra contro li vele¬
ni, 2JZ.
Vafi di terrà ordinaria, due di Rafaello da Fr bi¬
no, 277.
Vafograndedi metaUo alla Zimina figurato . 259.
Vafi) T ureìoefico , che fi apre in tré parti . 260.
Vafio diCriRallo di Monte, 28 J.
V afo d’ avorio con varie figure Geometriche . 293.
Vafi ) d’ avorio fi Jtilifsimo quanto la carta . ivi ,
V mere, e Mercurio,perche unite quejìe Deità. 492.
Venere chiarnata col nome di MHitta • 493 .
Venere,in quanti rnodi dipinta dagli Antichi . ivi .
V enere, chi prirno la ponefie frà le Deità . ivi.
V enere chiamata anche Libitina . 494.
Verga tenuta da Mercurio , che denoti . 48 2.
Vergini Feriali , perche dejimate al mantenimento
del Fuoco, 50 j.
Vefla Grolandica per ufo de' Sacerdoti Indiani.z^'è.
Vetro ufato anticamente a imprótar Medaglie .219
Vetro, come fi principiò a praticare. 281.
Vgna della Gra Bejiia,qu<il'è cotro il mal caduco. 1 6.
Vite doppia p7r ufo di romper ferrate . 232.
Vmbilico di Venere,ò di Mar e, e fue proprietà, 125.
Vnicorno, che fila. 12.
VnivalviT eflacei di una fola Conca, 121.
Volpe del Brafile , 23.
V olume di ficorga interiore d’ albero , 192.
Volumetti di carta T urthefica, con entravi oragioni
in lingua Araba , 193.
Volume di carta pecora idioma Italiano antico . ivi.
Vrne Sepolcrali, e dificor fio fiopra di effe. 311.
V me di vetro a-ntiche . 285.
Vfignuolo falvato da un Delfino . 6^.
Z
Occoli Indiani . 300.
Indice alfabetico deile Medaglie antiche, cheli trovano nel Mufeo,
e loro numero per ciafeuna forte, clTendo di differenti doverli.
34rfi ADriano.q^j.
26 -L\. Alefsandro
Severe. 368
39 Antonino Pio . 359
2^Auguflo. 341
5 Aureliano. 377
I Arcadio. 3 88
1 Attila. 390
6 Caligola . 34 j
2 Caracalla. ^6j
t Carine. 379
2 Caro , ivi
‘^Cefare. 341
IO Claudio Gotico,
1 9 Commodo . 36)
3 Ceslante. 38^
2 3 Collantino Magno .
pag. 382.
jCojìantino Iunior e.
P'g- 585.
1 Collante, eCoflantir
no, 389.
iCojlantino. ivi.
5 Coflango Cloro, 381.
lyCoflango. qS6.
zCrifpo. 383.
1 1 Dioclegiano . 3 80.
2 8 Dornigiano , 353.
2 Drufo . 344.
2 Elagabalo. j68.
I ^ Ere-nnio Decio .
874f
i Eraclio, 589.
2oFilippo Padre , 372.
4 Filippo Figlio ,373.
1 Floriano. 378.
6 Galba . 348»
12 Gallieno. 37 j.
2 Germanico., 343.
iGeta. 368.
2 Giuliano. 378.
^ Giujìiniano, 389.
I Giufiino . ivi ,
-2 q Gordiano. 370.
^Gragiano. 388.
Liciniano. 383.
3 Licinio Valeriano .
P‘^&‘ 375’
^ Lucio vero. q6%.
-a Magnengio . 387.
1 Magno Majfimo.q^%
2 5 Marc’ Aurelio . q 26.
1 1 Maffengio . 3 84.
2^ Majfmiano. 380.
6 Maffimino . 370.
^Majfimino. 382.
2 Nerone Claudio
Drufo ,
344*
25 Nerone.
34<5.
q Nerva.
355-
1 Numeriano.
380.
2 Onorio .
389-
2 Ottone .
349.
1 3 Probo ,
379-
i Rornu-
INDICE DELLE MEDAGLIE ANTICHE.
I Romulo filio
di Maf-
fengio .
383.
5 Settimio Seyero.367
6 T acito .
37^*
3 T eodofiio .
388.
I P. jfetrico .
379-
Ti T iberio .
343-
1 2T iberio Claudio.3-^6.
20 T ito .
351-
23 T rajano .
355*
7 T rajano Decio. 373.
2 Treboniano.
374*
é Valente .
388.
1 V alentiniano
• 337-
l8 Vejpafiano.
349-
2 Vitellio .
iyi.
I Volufiano .
375-
Medaglie di Donne
Àugufte .
“ì^^rippina Alaggio^
re. 391.
3 Crifpina Moglie di
Commodo . 3 94.
3 Cornelia Salonina .
pag. J96.
1 Domi:^ia Moglie di
Domi:^iano. 392.
I Erenma Etrufcilla.
pag. ^96.
9 F anfìina Mag. 392.
13 F anilina Min. 393.
4 Giulia Mamea. 394.
1 Giulia figlia di T ito .
pag. 391.
2 Giulia Moglie di Po-
pe)o Magno . i-vi .
1 Giulia Mefa. 394.
3 Liyiia M. d’Augufio.
pag. 391.
3 Lucilla M. di L. E~
Ho. 392.
3 Lucilla M. di L, V e~
ro . 3 94.
é Martia Ottacilla.
m- 595*
I Sabina d’ Adriano .
pag. 392.
Monete Confolari
d’Argento .
I Ca)o Gonfidio Peto .
397-
1 Cajo Egnatuleio,rvi.
I
I Cajo Memmio . i-vi.
I Cajo Norbano . i'v».
I Cajo Poftumo. ivi.
I Cajo Sulpicio . 398.
I Decio Silano . i"vi.
I ^Fabto Labeone^ .
pag. 400.
i Gabinio. 398.
I Gnejo Cornelio Len¬
tulo . iyi.
I Lucio Lucre'gioT no¬
ne . 399.
I L. Memmio Gallo .
I Lucio Fifone . h’i.
I Mirco Valerio Fon¬
tejo . i-YJ.
I Marco Vargontejo .
pag. 400.
I Marco Voltejo . i>;.
I Publio Clodio . ÌYÌ.
I Spurio Afranio. ^01.
I SI. T ermo . 400.
Incerte. 401.
Monete antiche Latine
di bronzo .
1 Cinna. 403.
5 Giano , 402.
2 LucioSaufejo. 403.
1 Lucio Surdino . ivi.
IO Marco Metello, iyi.
i^Tii^io. h>i.
I Spurio Afranio, iy>i.
3 Pefii antichi . 404.
Medaglie d’ Vomini
llluftri .
iCajoCaffto. 405.
I Gnejo Domi'^io . iy>i.
I Marco Agrippa . ìyì.
I Marco Bruto, it/.
I AlarcoFontejo..^o6.
I Publio Fontejo . h;i.
I Virgilio. n>;.
Medaglie Greche
Regali .
1 Agatocle T iranno ,
png. ^06.
I Alefs. Magno . tyi .
L F J N E DE
I Artemifia. 407.
I Dwnifio . iyi.
I Filippo Maced, ì-yì,
5 Li firn aco.
I Fifone. 408.
I Mitridate . iyi.
1 Prufiia. i-Yt.
i Seleuco. i-pi.
Medaglie Greche
non Regali .
3 Antonino il diletto
d' Adriano . 409.
3 Incognite > ma belle .
pag. ìyì.
I De’ Chii. 410.
I De’ Pegini . iyi.
I De’ Neopoliti . m.
3 De’ T urii della ma¬
gna Grecia . ìyì.
8 Altre yarie belle, ma
incognite . iyi.
3 Medaglie Ebraiche .
pag. 41 1.
Medaglie di alcuni
Sommi Pontefici .
1 Adriano VI. 413.
2 Alejfandro VI. 412.
6 Alejfandro V II, 41 <5.
2Califto III. 411.
z Clemente VII. 413.
I Clemente F7//.41 5.
Clemente IX. 417.
Giulio II. 412.
ej. Giulio III. 413.
I Gregorio XIII.
1 G regor io XV. 415.
1 Innocen-giol. 41 1.
1 Innocen. Vili. 412.
2 Innocen'gio X. 415.
2 Leone X. 412.
I Martino V. 41 1.
^ Paolo II. 412.
1 Paolo III. 413.
I Paolo IV. iyi,
1 Pio IV. 414.
I Pio V. iyi.
3SÌIÌ0V. 414.
iVrbano III. 41 1.
6 V ebano Vili. 415.
L L’ INDIC
Medaglie di Cardinali.
Aleffandro Farne fe.r{i 8.
Alfonfo Gefualdo . iyi.
Alttigi Capponi . iyi.
Antonio Santacroce.iyi.
Benenedetto Giujìinia-
no . iyi.
Bernardino Spada. ‘^19.
S. Carlo Borromeo . iyi.
Federigo d’ Hajfia . iyi.
Flayio Ghigt . iyi.
Francefeo Alidofio . tyi.
Gio. Carlo de’ Medici.
P^S' 420.
Girolamo Colonna, iyi.
Giuliano dalla Royere .
Giulio Sacchetti . iyi.
Pietro Barbo. iyi.
Profpero Satacroct . iyi.
Arcivefcovijc Vefeovi.
Alfonfo Paleotti. 420.
Ernejlo di BaYiera. iyi.
Gio. Giacomo di Sal:^-
hurgh , iyi.
Altobello Ayeroldo.e^2 1.
Ber.Ru.Co.B.Ep. iyi.
Medaglie diverlè»
cioè
D' Imperatori , Regi »
Duchi Principi , e Si¬
gnori moderni. 421,
finoa -3.3 .p.
Di Regine, e Principef-
fe. 434./:ho<i43(5.
D’ V omini lllujìri. ^36.
fiwoa^oji.
Di Donne Jlluftri. 441.
fiv0aJ^ej2.
Di Legno coniate . 443.
Di Madreperla . iyi.
Sacre , e Al or ali . 443.
fino a 446.
Monete dtyerfe de’ Se¬
coli preced enti . 445.
fino a ^-3.8.
Baffi-rilieyi Sacri. 448,
fino a 449.
Bajfi-rilieyi Profani,
iip.finoa^^^.
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